Informazione

(slovenski / italiano)

Giorno del Ricordo: revanscismo bipartisan

0) Per infangare la Resistenza il TG3 manomette le foto dei crimini italiani nella Slovenia occupata

1) Giornata del Ricordo o giornata della mistificazione? / Dan spomina ali dan mistifikacije? 
(Gruppo Consiliare Sinistra Arcobaleno - Regione Friuli Venezia Giulia)

2) Memoria IN CAMPO
(Giacomo Scotti)

3) Libri e cartine per Alemanno
(Tommaso Di Francesco)

4) GIORNO DEL RICORDO: SE LA STORIA NON E' UN'OPINIONE
Volantino del Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia

5) NON SANNO NEPPURE DI COSA STANNO PARLANDO
Il Presidente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Lucio Toth, scavalca a destra l'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia: attacca Chiamparino per una mostra basata sulla documentazione fornita dall'ANVGD
(A. Kersevan + ANSA)

6) IL GIORNO DEL RICORDO DELLE FOIBE E DELL’ESODO E DELL’AMNESIA STORICA 
(nuovaalabarda.it)


Segnaliamo inoltre:


VOLANTINO DI PIATTAFORMA COMUNISTA per il Giorno del Ricordo 2010:

https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/volPIATTCOM2010.pdf


Incongruenze nei riconoscimenti agli "infoibati" segnalate dall'ANPI di Viterbo. I casi di Carlo Celestini e Vincenzo Gigante:

https://www.cnj.it/documentazione/paginafoibe.htm#viterbo09


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Per infangare la Resistenza il TG3 manomette le foto dei crimini italiani nella Slovenia occupata

Nei video mostrati il 10 febbraio dai telegiornali di Rai 3 e su Linea Notte, tra filmati e immagini sulle foibe sono state subdolamente inserite anche foto che documentano invece i crimini italiani nella Slovenia occupata.

Il servizio per il TG3 di Sergio Criscuoli, montato da Roberto Barbanera, si può ancora vedere al sito:   
Le foto si trovano più o meno al punto fra i minuti  2'17'' e 2'21''. Una, in cui si vedono alcune persone scavare una fossa, è la stessa che si può visionare in http://muceniskapot.nuovaalabarda.org/galleria-ita-3.php tra le tante foto dei crimini commessi dall'esercito di occupazione italiano. 

Nel suo articolo "La malastoriografia" in Revisionismo storico e terre di confine (http://www.kappavu.it/catalog/product_info.php?products_id=216) Alessandra Kersevan già aveva documentato un caso analogo: sul Messaggero Veneto, tre anni fa avevano usato una immagine della fiction "Il cuore nel pozzo" apponendo la didascalia: "Immagini d'epoca. [sic] Rastrellamenti di partigiani jugoslavi contro la popolazione" [sic].

(segnalato da Alessandra Kersevan, che ringraziamo)


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Gruppo Consiliare Sinistra Arcobaleno - Regione Friuli Venezia Giulia

Piazza Oberdan 6,  34133 Trieste telefono 040 3773257 
fax 040 362052 email:  cr.gr.sa@...



Ai mezzi di comunicazione
Con cortese preghiera di pubblicazione
COMUNICATO STAMPA

 

Giornata del Ricordo o giornata della mistificazione? 

  Da qualche anno siamo abituati, in questo paese e nell’Unione Europea “dei confini definitivamente caduti”, grazie soprattutto alla tendenza generalmente revisionista delle più svariate politiche europee della memoria - che continuano pervicacemente a confondere i crimini fascisti e nazisti in una narrazione generale sulle vittime del 20° secolo, il cosiddetto secolo dei totalitarismi -  a sentirci raccontare di tutto ed a sopportare cumuli di sciocchezze senza nemmeno indignarci. In Italia il fascismo di oggi si presenta solitamente svestito della propria uniforme e dei costumi che l’hanno caratterizzato storicamente, a volte però si traveste da “democrazia formale” ed egemonizza il dibattito e la scena mediatica nella Giornata del Ricordo.
Ogni anno crescono esponenzialmente i numeri dei presunti infoibati e delle vittime della barbarie slavocomunista, mentre le Istituzioni fanno ormai fatica a rintracciare famigliari, congiunti e discendenti di tanta umanità tragicamente perita: fossero tutte vere le affermazioni in proposito, verbali e scritte, ci dovrebbe essere almeno una certa corrispondenza tra numero di vittime ed onorificenze e medaglie assegnate…
Da ieri sembra che la Giornata del Ricordo possa servire anche per dare inizio all’ennesima campagna negazionista. Sembra che lo scrittore – giornalista Arrigo Petacco abbia affermato, nel corso di una trasmissione radiofonica RAI in prima serata, che la Risiera di San Sabba non sarebbe stata un campo di sterminio (l’unico lager nazista in Italia), ma che sarebbe una sorta di montatura storica per attenuare la tragedia delle foibe. Chissà cosa saprà dire in proposito il Presidente Napolitano...

Trieste, 11.02.2010
Igor Kocijančič
Consigliere regionale PRC – SE
Presidente gruppo consiliare La Sinistra L'Arcobaleno

--- slovenski ---

Gruppo Consiliare Sinistra Arcobaleno - Regione Friuli Venezia Giulia

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fax 040 362052 email:  cr.gr.sa@...


P.n. sredstva javnega obveščanja
Vljudno prosimo za objavo
TISKOVNO SPOROČILO 

Dan spomina ali dan mistifikacije? 

  Že nekaj let smo vajeni, v tej državi in v sklopu Evropske unije “dokončno padlih meja”, predvsem zaradi prisotne splošno revizionistične težnje raznovrstnih evropskih politik spominjanja – ki vztrajno utapljajo fašistične in nacistične zločine v brezbrežno morje brezoblične pripovedi o žrtvah 20. stoletja, tako imenovanega stoletja totalitarizmov -  da nam servirajo kakršnekoli lažne kvaziinformacije in da nas dobesedno sipajo z vsakovrstnimi neumnostmi, ne da bi se pretirano razburjali. V Italiij se današnja različica fašizma navadno predstavlja brez uniform in preoblek, ki so ga zgodovinsko okarakterizirali. Včasih se preobleče v “formalno demokracijo” in hegemonizira razpravo in medijsko sceno ob Dnevu Spomina.
Vsako leto eksponenčno raste število domnevnih infoibirancev ter žrtev slavokomunističnega barbarstva, medtem ko pristojne Inštitucije le stežka pridejo na sled sorodnikom in potomcem tolikšnega človeštva, ki je tragično preminulo: ko bi bile tovrstne trditve in zapisi blizu resnici, bi moralo obstajati neka skladnost vsaj med številom žrtev in izdanimi spominskimi kolajnami…
Od včeraj bo Dan Spomina lahko služil tudi za začetek nove negacionistične kampanje. Zdi se namreč, da je znani pisatelj in časnikar Arrigo Petacco, med potekom večerne radijske oddaje vsedržavne mreže RAI izjavil, da Rižarna pri Sv. Soboti naj bi ne bila koncentracijsko taborišče (edini nacistični lager v Italiji), ampak da bi v resnici šlo za zgodovinsko podtaknjeno verzijo, ki bi služila prav političnemu namenu, da se omili tragedija fojb. Kdove kaj nam bo o tej trditvi znal povedati Predsednik Napolitano…

Trst, 11.02.2010
Igor Kocijančič
Deželni svetnik SKP – EL
Predsednik svetniške skupine Mavrične Levice


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Memoria IN CAMPO

di Giacomo Scotti

Ogni anno, dal 2004, il «Giorno del ricordo» viene usato dalla retorica dei partiti della destra italiana che affonda le sue radici nell'ideologia fascista, per cancellare le responsabilità italiane e repubblichine nei massacri in terra slava e per ricordare foibe ed esodo dall' Istria e da Zara in modo, dice Claudio Magris, «regressivo e profanatorio». E alla fine per riattizzare gli odii nazionalistici antislavi all'origine dell'aggressione fascista del 1941


Ogni anno, a cominciare dal 2004, celebrando il «Giorno del Ricordo» per ricordare la tragedia delle foibe e dell'esodo, rischiamo inevitabilmente di guastare i buoni rapporti che intercorrono fra i popoli delle due sponde adriatiche. Nel 2007 rischiammo addirittura una crisi con la Croazia che, per fortuna, rientrò nel giro di una settimana. E poi nel 2008 con la Slovenia. Temo però che, a causa delle ferite non rimarginate, il pericolo di rotture continuerà a incombere, soprattutto se da parte italiana si dovesse continuare a ignorare la vera storia, se si continuerà a coltivare una memoria parziale, che non tenga conto dei torti subiti dagli altri, del dolore degli altri, delle tragedie altrui. Queste crisi ricorrenti, oltretutto, mettono in pericolo la coesistenza, la convivenza e la tranquillità della minoranza italiana nel territorio istro-quarnerino, di quei trentamila italiani rimasti in Croazia e Slovenia, che hanno saputo tenacemente e pazientemente costruire, insieme ai conterranei croati e sloveni, una vita di reciproco rispetto, di tolleranza, la convivenza nella multiculturalità. Bisognerebbe però cambiare linguaggio e smetterla di guardare a croati e sloveni come a dei barbari, come li chiamava Mussolini e come li definiscono i neofascisti che oggi scrivono sui muri di Trieste «slavi di merda» e «slavi boia», pensando invece a mettere in mare nuove navi traghetto accanto a quelle esistenti, di cui si servono italiani, croati e sloveni per transitare ogni giorno dall'una all'altra sponda dell'Adriatico e del confine giuliano. In Istria e nel Quarnero, le cui popolazioni hanno visto e subito nel secolo scorso tutte le violenze del fascismo e di altre ideologie nazionalistiche, aggressioni e oppressioni, fino all'esodo, si sa riconoscere il dolore di tutti, dei rimasti e degli esodati, dei profughi di tutte le popolazioni.
Le recriminazioni e i rancori tipici di una destra dalle origini fasciste e missine, oggi sono fuori della storia.
Certo, la storia non si può cancellare e non va dimenticata ma ciascun popolo deve saper fare i conti con la propria, senza sottacere o negare i buchi neri. 

Esagerare, fino all'assurdo

Non si possono giustificare i crimini commessi in Istria tra il 10 settembre e il 4 ottobre 1943 nell'insurrezione contadina seguita alla capitolazione dell'Italia, quei crimini che vanno sotto il nome di foibe; ma nel ricordarli bisognerebbe sempre condannare anche i crimini e le violenze dei fascisti; dall'una e dall'altra parte dovrebbero essere assunte le responsabilità politiche delle rispettive pagine nere del passato. Ognuno ha diritto alla memoria, ma non ci possono essere memorie condivise se basate sulla falsificazione e sul revisionismo storico, e nessuno ha diritto di usare il passato per attizzare nuovi e vecchi rancori.
Sono fuori della storia e rappresentano un'offesa terribile non solo alla verità storica ma anche alle popolazioni croate e slovene certe truculente fiction cinematografiche prodotte in Italia come «Il cuore nel pozzo» nelle quali in maniera manichea i buoni e le vittime sono tutti italiani, mentre i malvagi e gli assassini sono tutti slavi. A che scopo bollare come barbare intere popolazioni che pure soffersero l'oppressione, la persecuzione, l'aggressione, l'occupazione degli italiani? E perché poi certi avvenimenti storici dolorosi e tremendi come le foibe istriane vengono presentati al di fuori del contesto storico delle «tormentate vicende del confine orientale», senza una seria analisi storica, con l'enfatizzazione, l'esagerazione dei numeri fino all'assurdo?
Spesso, grazie a una libellistica di stampo ultranazionalistico viene elevata al rango di certezze inconfutabili un'interpretazione della storia del confine orientale che è esclusivamente politica, strumentale, centrata su una chiave nazionale e sulla mitologia nazionalistica, che non tiene conto del male arrecato agli altri e, come dicevo all'inizio, del dolore degli altri.

La barbara razza slava

Quando parlo del dolore altrui, ovvero dei cosiddetti «barbari slavi» nostri vicini di casa non alludo soltanto ai 20 anni di oppressione e repressione fascista subita dalle popolazioni croata e slovena dei territori annessi all'Italia dopo la prima guerra mondiale, repressioni che portano centinaia e migliaia di «allogeni» nelle carceri del Tribunale speciale, al confino ma anche davanti ai plotoni di esecuzione, alla cancellazione della lingua e dei cognomi sloveni e croati eccetera in tutto il territorio della Venezia Giulia e del Quarnero; non alludo soltanto ai 350.000 civili montenegrini, croati e sloveni massacrati, fucilati o bruciati vivi nelle loro case durante i cosiddetti rastrellamenti delle nostre truppe che aggredirono l''ex Jugoslavia nell'aprile 1941 occupando il Montenegro, la Dalmazia e parte della Slovenia annettendosi larghe fette di quei territori; non alludo agli oltre centomila civili, compresi donne, vecchi e bambini, che furono deportati e rinchiusi in oltre cento campi di internamento disseminati dalle isole di Ugljan, Molat e Arbe in Dalmazia fino a Gonars nel Friuli ed alle migliaia di essi che non rividero più la loro casa perché falciati dalla fame, dalle malattie e dai maltrattamenti in quei «campi del Duce». Parlo soprattutto delle vendette fasciste, dei crimini compiuti dai fascisti repubblichini italiani al servizio del tedeschi nei territori della Venezia Giulia e del Quarnero dopo l'occupazione di quelle terre da parte della Wehrmacht, della loro annessione al III Reich ovvero alla costituzione della Zona del Litorale Adriatico, dopo la prima decade di ottobre del 1943 e fino alla fine di aprile del 1945. Nella sola Istria i tedeschi, con la collaborazione della X Mas italiana, della cosiddetta Milizia Difesa Territoriale italiana inquadrata nei reparti germanici e di altre formazioni militari o paramilitari, massacrarono oltre 5.000 civili, distrussero col fuoco alcune decine di villaggi, deportarono 12.000 altri civili; e tutto ciò per «vendicarsi delle foibe», ovvero per «sterminare la barbara razza slava».
In realtà sterminarono italiani, croati e sloveni senza distinzione, all'epoca tutti cittadini italiani al di là dell'etnia. Ma oggi di questo si preferisce non parlare. Invece proprio a questa pagina orrenda dimenticata, oggi vorrei tornare per un attimo.

«Qui regna il terrore»

Il periodo che va dal 4 ottobre 1943 al 30 aprile 1945, durante il quale l'Istria fu «gestita» con le armi dai fascisti italiani e dai tedeschi, fu un continuo susseguirsi di stragi. In questi massacri, i fascisti repubblichini fecero da guida, da informatori/delatori, ma furono pure quasi sempre esecutori. Tra i reparti italiani al servizio delle SS che si distinsero nelle stragi ricordiamo il Reggimento «Istria» comandato da Libero Sauro, il reparto «Mazza di Ferro» comandato dal capitano Graziano Udovisi (Udovicich) e l'unico reparto di combattimento formato da sole donne, il Gruppo d'azione «Norma Cossetto» che alla sua costituzione fu passato in rassegna a Trieste dal segretario generale del Partito Fascista Repubblicano Alessandro Pavolini, colui che, fucilato dai partigiani italiani il 28 aprile 1945, viene oggi onorato a Rieti con una via intitolata al suo nome,
Vi risparmio la cronaca degli eccidi che indica da dieci a settanta vittime al giorno fino a raggiungere le 300 del villaggio di Lipa (30 aprile 1944) con il cielo notturno quasi sempre illuminato dalle fiamme degli incendi dei paesi. Mi limiterò ad alcuni documenti firmati dal vescovo di Trieste, Antonio Santin, grande patriota italiano oriundo di Rovigno d'Istria. Dopo aver denunciato mese dopo mese l'assassinio di vari sacerdoti istriani impiccati o fucilati dai nazifascisti, il prelato così scrisse in una nota apparsa sul settimanale Vita Nuova in data 18 aprile 1944: «Quello che avviene nell'Istria è spaventoso». «Le povere popolazioni stanno pagando un terribile contributo di sangue e di distruzione delle loro case. Lo spavento incombe su tutto e su tutti. Molti innocenti sono stati uccisi. Questo dopo la prima invasione dei partigiani e il conseguente rastrellamento che avevano giù prodotto rovine ingenti e un numero così elevato di morti. Noi assistiamo angosciati a tanta rovina». Cinque giorni dopo, il 23 aprile, Mons. Santin scrisse una lettera al comandante tedesco Wolsegger. In essa si legge:
«In gran parte dell'Istria non vi è più traccia di vita civile. Regna il terrore». «La popolazione dell'Istria è sottoposta a prove che hanno raggiunto il limite estremo dell'umana sopportazione. In vastissime zone della provincia si conduce una vita da allucinati». La gente era costretta a vivere nei fienili, in grotte, in rifugi di fortuna, per non essere presi. «Quando passano le formazioni SS allora avvengono le cose più atroci e più disonorevoli: uccisioni di innocenti trovati a casa o sul lavoro, ruberie, distruzioni di case e di beni. Cose indescrivibili e ignominose. La gente fugge terrorizzata».
Anche delle SS facevano parte, persino con funzioni di comando, fascisti italiani istriani come Bradamante, Ravegnani, Niccolini ed altri. Ecco, anche questi fatti vanno ricordati. Come va ricordato che molti dei civili massacrati in quel periodo dai nazisti e fascisti furono gettati nelle foibe.

Sdoganare la relazione condivisa

Vorrei concludere con lo sguardo volto a un futuro senza rancori. Per crearlo sarebbe bene accettare la proposta della Slovenia di sdoganare la relazione condivisa ed approvata all'inizio degli anni Duemila da una commissione paritetica di storici sloveni e italiani sul comune passato, che sta chiusa da allora negli armadi del governo di Roma; accettare la proposta avanzata nel 2007 dal governo di Zagabria e finora rimasta senza risposta di rimettere in funzione la commissione mista degli storici italiani e croati per scrivere una storia vera di quanto è avvenuto sulla sponda orientale dell'Adriatico durante tutta la prima metà del Novecento; accettare la proposta di una ricerca comune sui crimini perpetrati «prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale nell'ex Jugoslavia», appurando l'esatto o approssimativo numero delle vittime italiane, croate, slovene e montenegrine. Serve infine un gesto solenne di riconciliazione che faccia incontrare i presidenti dell'Italia, della Slovenia e della Croazia per onorare le vittime delle foibe ma anche le vittime dei massacri compiuti dagli italiani. La Slovenia e la Croazia, a livello governativo ma anche della stragrande maggioranza della popolazione, hanno più volte ammesso e finalmente condannato le stragi delle foibe e la politica jugoslava che nei primi 15 anni del dopoguerra portò all'esodo di 200.000 italiani e croati; ma non si possono tollerare i discorsi razzisti antislavi pronunciati ogni anno in Italia nel mese del «Giorno del Ricordo» da esponenti dell'estrema destra. Le foibe ci sono state, l'esodo c'è stato, ma prima ci sono state le persecuzioni italiane (fasciste) e l'aggressione fascista che portò all'annessione della cosiddetta Provincia di Lubiana (Slo) di quasi metà Croazia, dell'intero Montenegro. Resta il nostro dolore per le vittime delle foibe e per l'esodo. A livello politico Croazia e Slovenia non giustificano più quei tristi fatti con i precedenti crimini del fascismo, perché non si giustifica la vendetta. È però anche comprensibile il dolore dei figli e nipoti sloveni e croati i cui padri e nonni furono vittime del terrore italiano in uniforme fascista o addirittura al servizio del nazismo. 
È un dolore comprensibile anche quello; non si può negare a sloveni e croati di ricordare i loro morti, le sofferenze subite dai loro padri. Bombardati come sono ogni anno di questi tempi da accuse di genocidio, molti croati e sloveni ricordano a loro volta «la terribile occupazione italiana» delle loro terre, «le stragi compiute dall'esercito fascista italiano» ed aspramente rimproverano quella parte dell'Italia che non vuole ricordare i crimini italiani. Purtroppo in troppi continuano a non rimuovere i buchi neri del loro passato. 

La ferita oltre il confine

Bisogna ricordare tutto, contestualizzando la storia, senza dimenticare una parte e senza falsificarla. In Croazia, Slovenia e Montenegro, dove vivono i figli e le figlie e i nipoti delle vittime dell'occupazione italiana di quelle terre, del duro regime instaurato ancor prima per venti anni dal regime fascista in Istria ai danni dei cosiddetti «barbari slavi», c'è inevitabilmente chi si sente ferito dalla retorica dei partiti e gruppi italiani che affondano le loro radici nell'ideologia fascista e che ricordano le foibe e l'esodo dall'Istria e da Zara in modo «regressivo e oggettivamente profanatorio» come direbbe Claudio Magris, per riattizzare quegli odii nazionalistici antislavi che furono all'origine dell'aggressione fascista dell'aprile 1941 e della storia orrenda conclusasi con la sconfitta dell'Italia nella seconda guerra mondiale con la conseguente perdita dei territori ottenuti dopo la guerra del Quindici-Diciotto. Una storia orrenda, ripeto, conclusasi purtroppo anche con le foibe, con il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 e quindi con l'esodo di gran parte delle popolazioni, dai territori definitivamente assegnati alla Jugoslavia; e gli esuli, le grandi vittime, le vere vittime dell'avventura mussoliniana sulla sponda orientale adriatica, non furono soltanto italiani, ma anche croati e sloveni. Sono tredici secoli che in quelle terre si mescolano il sangue, le famiglie, i cognomi, le lingue e le culture.
Voglio ancora dire che il sangue dei vinti e dei vincitori, degli aggressori e degli aggrediti è sempre sangue umano, e va rispettato, non strumentalizzato ai fini politici. Bisogna parlarne con rispetto, senza l'ossessione e il rancore dell'offesa subita da chi vuole riconoscere il sangue versato dagli altri e le offese subite dagli altri. Con i ricordi selezionati e unilaterali si perpetua soltanto la catena delle violenze e delle vendette, si inocula nelle nuove generazioni l'odio etnico. Dobbiamo invece ricordare tutte le vittime, di ogni parte, e contestualizzare storicamente gli orrendi fatti che precedettero la seconda guerra mondiale, che caratterizzarono quella guerra di aggressione fuori i confini d'Italia. Bisogna ricordare tutto questo, come direbbe il già citato amico mio triestino Claudio Magris, «senza reticenze e senza strumentalizzazioni, senza quell'orribile calcolo dei morti cui assistiamo in Italia ogni anno». «Anche se i vostri morti fossero davvero quindicimila o ventimila, come qualcuno afferma senza esibire documenti e nominativi - ha commentato un ex partigiano croato - non si avvicinerebbero mai ai 350.000 jugoslavi massacrati». Io dico: rispettiamo tutte le vittime. Come scrisse qualche anno fa il sindaco di Muggia sul confine con la Slovenia, non vanno contrapposte foibe e guerra di liberazione dal nazifascismo. Nerio Nesladek, sindaco di quell'unico comune istriano rimasto in Italia, ritiene giustamente che «rifiutare il dialogo e continuare con le contrapposizioni - come fanno i circoli ultranazionalisti italiani di Trieste, non ci porterà da nessuna parte. Dobbiamo andare oltre le divisioni e i rancori e guardare avanti». Ben detto, io questo volevo dire.


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IL GIORNO DEl RICORDO
Libri e cartine per Alemanno

di tommaso di francesco

Dal 18 al 20 febbraio, 216 studenti delle scuole superiori di Roma saranno in «Viaggio nella civiltà istriano-dalmata», nei luoghi della tragedia delle foibe. Il viaggio della memoria «come per Auschwitz» - equiparando la Shoah, e quindi banalizzandola, alle foibe - è stato presentato in Campidoglio dal sindaco Gianni Alemanno. Scopo del viaggio è «sconfiggere qualsiasi forma di negazionismo e revisionismo», sottolineando che «per la Shoah, il negazionismo ha riguardato una minoranza. Mentre per le foibe questo è stato dominante». Gli stessi libri di storia, per Alemanno, «hanno negato o minimizzato questo evento drammatico». Il «percorso» di Alemanno, oltre Fiume e Trieste, prevede: Sacrario di Redipuglia, Cimitero Austro-ungarico, Foiba di Basovizza, Centro raccolta profughi di Padriciano, Risiera di San Saba, Sacrario di Cosala (quello dei legionari di D'Annunzio).
A proposito di «sconfiggere ogni forma di revisionismo»: ce ne fosse - al di là della Risiera di San Sabba - una di località dove i fascisti e i militari italiani massacrarono e deportarono migliaia di slavi, rom ed ebrei. Ecco alcuni luoghi della cartina dei «nostri» campi e stragi: Gonars e Visco (Udine), Uglyan e Molat in Dalmazia, Arbe-Rab (4mila donne e bambini morti di fame), Lipa con 320 civili massacrati (Fiume), Pothum (fucilati 88 uomini e tutta popolazione deportata in Italia) e in più 60 località distrutte col fuoco tra 4 ottobre e fine di dicembre '43 per «vendetta contro le foibe» con 5mila fucilati e 12mila deportati in Germania solo in quel periodo. A proposito di libri che negano le foibe, consigliamo di pubblicare un'antologia scolastica tratta da: «Dossier foibe», Giacomo Scotti, Manni 2005; «Foibe, una storia italiana», Joze Pirjevec, Einaudi 2009; «I campi del duce», S. Capogreco; «Lager italiani», Alessandra Kersevan, Nutrimenti 2008; «La storia negata» a cura di Angelo Del Boca, Neri Pozza 2009; «L'occupazione italiana dei Balcani», Davide Conti, Odradek 2008.


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GIORNO DEL RICORDO: SE LA STORIA NON E' UN'OPINIONE
 
Revisionismi e invenzioni degni del peggior oscurantismo medioevale
 
Ogni anno il 10 febbraio si celebra in Italia l'esodo e il massacro (!) degli italiani dell'Istria, del Quarnero e della Dalmazia da parte delle truppe partigiane della Lotta di Liberazione Popolare Yugoslava, negli anni immediatamenti successivi alla fine della guerra. Si parla di sradicamento nazionale degli italiani, centinaia di migliaia di espulsi, e decine di migliaia di infoibati.
 
Sfondo storico I popoli slavi, sotto il dominio fascista, erano privati di ogni diritto, furono vietate le lingue slave nelle scuole, i cognomi vennero italianizzati, gli impieghi pubblici affidati quasi esclusivamente ad italiani. Fu messo in atto un barbaro tentativo di sradicamento nazionale (questo si reale!) da parte del violento regime fascista.
 
I fatti Dopo l'8 settembre in Istria ci fu una sollevazione, un’insurrezione di contadini (croati, sloveni e italiani) che assalirono i Municipi, le case dei fascisti, di coloro che facevano parte della milizia volontaria della sicurezza nazionale, degli agenti dell’OVRA (la polizia segreta fascista) ammazzandone parecchi nelle loro case, e alcuni gettandoli nelle foibe. L’insurrezione istriana durò per circa un mese, finché non arrivarono i Tedeschi che misero a ferro e fuoco l’Istria. Le vittime dell’insurrezione furono per la maggior parte gerarchi fascisti, ma ci sono state anche vendette personali fra gente che aveva dei conti da regolare. Molti morti ci furono tra gli stessi abitanti slavi, quindi non si può dire in alcun modo che ci sia stato un odio generalizzato verso gli italiani.
 
Dalle foibe furono estratte 203 salme da parte autorità nazifasciste. Nel dopoguerra, gli storici più obiettivi hanno stimato in 500 le persone infoibate dai partigiani. Oggi il termine di infoibati viene erroneamente esteso a tutti, quindi anche alle persone che furono catturate in combattimento negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, per esempio i repubblichini della Repubblica di Salò che operavano in Istria al servizio della Gestapo e dei nazisti, o in generale i caduti italiani negli scontri con i partigiani nei territori dell'Istria e del Quarnero. Inoltre gli “storici” di estrema destra, per gonfiare le cifre, inseriscono negli elenchi nominativi degli infoibati anche vari caduti in battaglia, deportati, partigiani inclusi!
 
Gli italiani furono la maggioranza dei giustiziati perché in stragrande maggioranza erano stati italiani i podestà, i segretari del Fascio, i detentori del potere politico ed economico, i grandi proprietari terrieri ed altri esponenti del regime. Ma non mancarono, come già detto, esecuzioni di collaborazionisti slavi. Riassumendo, l'Istria ha subito in totale 17.000 morti tra vittime della repressione nazifascista, morti nei lager e caduti nella Resistenza armata, contro non più di 500 fascisti e collaborazionisti giustiziati dai partigiani.
 
Esodo Anche qui le cifre sono distorte. Se fosse vero che 350 mila persone se ne andarono dai territori in questione, non sarebbe rimasto che il 10% della popolazione locale. Gli emigrati furono in realtà 240 mila, di cui 20 mila slavi, e 40 mila funzionari venuti dall'Italia durante il fascismo. Tra gli italiani che optarono per la cittadinanza italiana (non furono “cacciati con la forza” come si vuol far credere) ci furono principalmente funzionari delle istituzioni dell'Italia fascista con le loro famiglie, che non si opposero minimamente ai crimini spietati dei seguaci del Duce. Ancora oggi in Istria c'è una forte minoranza italiana (di cui chi scrive fa parte), che conta circa 35 mila persone, e può vantare tra i suoi iscritti deputati, sindaci, assessori, vicegovernatori... Insomma non c'è stato un odio anti-italiano, semmai una forte avversione antifascista, a dimostrazione di ciò rimane il fatto che diversi italiani lasciarono l'Italia occupata dagli alleati occidentali, per trasferirsi nella Jugoslavia socialista, nella quale i diritti civili e del lavoro furono imparagonabilmente migliori, e dalla quale furono accolti a braccia aperte. Sono stati eretti inoltre molti monumenti dedicati ad eroi partigiani di nazionalità italiana.
 
Per approfondire:
 
Analizzando questi dati, ci troviamo chiaramente di fronte ad un tentativo di revisione e falsificazione della storia, perpetuata dal governo nazionalista delle destre, che in un colpo solo vuole rafforzare le campagne anticomunista, presente in tutta Europa, antislava, e di riabilitazione del fascismo.
 
Socijalisticka Radnicka Partija
Partito Socialista dei Lavoratori Croato


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DELLA SERIE: NON SANNO NEPPURE DI COSA STANNO PARLANDO

Riporto qui sotto l'ANSA sulla lettera che Toth ha scritto a Chiamparino. La mostra per cui si lamenta, «Fascismo Foibe ed Esodo» è quella fatta alcuni anni fa dall'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione, che nel quadro iniziale ha questa dicitura:

PER SAPERNE DI PIÙ
Il litoriale adriatico
nel nuovo ordine europeo 1943-1945
di Enzo Collotti (Vangelista editore)
Foibe
di Raoul Pupo e Roberto Spazzali
(Bruno Mondadori)
Esodo
a cura dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia e Dalmazia -dvd
Il lungo esodo
di Raoul Pupo (Rizzoli)

 Se ne deduce che il presidente dell'ANVGD o non sa di cosa sta parlando, o non gli vanno bene neppure le mostre che si basano sui testi prodotti dalla sua associazione. Inoltre nel suo testo scrive che la mostra: «ripropone contenuti e assunti ampiamente posti in discussione e superati dalla più avveduta storiografia contemporanea, anche di sinistra (Marina Cattaruzza, Gianni Oliva, Giuseppe Parlato, Raoul Pupo, Fulvio Salimbeni, Roberto Spazzali ed altri). Come si legge, alcuni dei professori che secondo lui metterebbero in discussione i contenuti della mostra, sono proprio coloro che hanno collaborato alla mostra (Pupo e Spazzali).

Incommentabile.

Un cordiale saluto,
Alessandra Kersevan


martedì 02 febbraio 2010 

Il Presidente nazionale dell'ANVGD Lucio Toth ha inviato un messaggio a Sergio Chiamparino, Sindaco di Torino e presidente dell'ANCI (Associazione nazionale Comuni Italiani), per sollecitarlo ad un particolare interesse delle istituzioni locali

(Message over 64 KB, truncated)



Da: minja

Oggetto: Prof.Dr.Rajko Dolecek, DrSc.  

Data: 08 febbraio 2010 3:46:40 GMT+01:00


Prof. Dr.Rajko Doleček,DrSc.                                                   Ostrava, 16.12.09.

TALKS WITH GENERAL MLADIĆ

Dear Reader,                                      

            My wife Dobra and I had the privilege to meet general Ratko Mladić repeatedly and to discuss with him many problems of Yugoslavia, especially of Bosnia and Herzegovina (BaH) and the dirty anti-Serb involvement of the official West and its media during the dismemberment of Yugoslavia in the civil-ethnic-religious war that they had fomented . The West  increased the inter-ethnic and inter-religious hatred in the former Yugoslavia. After each encounter with Mladić, I made short notes of the topics discussed. At that time I was the president of the Czech Foundation of friends of Serbs and Montenegrins. In 1996 we met  Dr.Radovan Karadžić, the president of Republika Srpska in BaH, a well-known poet and psychiatrist. He gave us two books of his poetry. When speaking about today´s shameful approach of the West to its trusted friends and allies, the Serbs, Dr.Karadžić said:

            -„It is unbelievable how the western media described us  in their absolutely one-sided, tendentious reports: out of ignorance and for money.“

            „Talks with General Mladić“ is not a General´s Biography. It covers the topics discussed with him, with some explanatory and complementary notes added.

 I was upset because the official West had made his friends and protégés out of those who had fought to the bitter end on the side of the nazis and fascists (1941-45): the Croats from the ustasha fascist Independent state of Croatia (NDH), a part of the Muslims from BaH, and theKosovo Albanians. On the other side, the official West and its powerful propaganda machine, a big part of its media, made villains out of its staunch allies, the Serbs, who had fought gallantly on their side during two big wars (1914-18 and 1941-45) with a loss of almost a third of Serbia´s population. The US journalist Peter Brock called it in his book (2006) „the dirty reporting“.The main culprit for that switch was Kohl´s Germany, whose foreign minister Hans-Dietrich Genscherwith the help of Vatican, compelled the venal European Community (later the European Union, EUto recognize at Maastricht (Dec.17, 1991) Croatia and Slovenia as sovereign and independent states, thus paving the way for recognition of Bosnia and Herzegovina and for bloody inter-ethnic and inter-religious wars. The final act of Helsinki (1975) about the non-interference in internal affairs of sovereign states was ruthlessly violated by the West. According to the French general P.M.GalloisGermany took revenge on Serbia because it fought in two wars when Germany was defeated. In 1941 the Serbs compelled Hitler to postpone his attack on USSR for 5-6 weeks and it was one of the reasons why the Germans lost the war. The US foreign secretary W.Christopher accused (1993) Germany of responsibility for the war in the Balkans.

After the collapse of the bipolar world, when the USSR lost its supremacy in the eastern  bloc, a majority of its people thought that they entered a free world, but it was  just an illusion where the media played a big part in manipulations and disinformations of the public. The governments of the so called „free world“ and its media showed a moral decadence in spreading their selfish interests and fabrications, shouting down critics.

            I was very eager to hear the opinions of general Mladić whom the western officials and a part o media started unjustly to brand him as a war criminal, without enabling him to defend himself and shouting down  any positive informations from the Serb side. It is necessary to explain why the phenomenon Mladić appeared, under which circumstances this talented, honest and brave officer became, not by his will, one of the leaders and protectors of his people in mortal danger. He became an epic hero for ordinary people, for his troops, when they had been abandonned by all. To understand this phenomenon, one must know at least some features of the Serbian history of the last 100 years, including the genocide of Serbs (700-800 000 assassinated) in the fascist ustasha state of Croatia (1941-1945) and the cruel German regime in the occupied Serbia at that time. General Radovan Radinović, a teaching professor in the Military  Academy told about his „student„ Mladić:

            -„In my opinion and experience, he is the most talented officer  we had since 1918...His greatest handicap was the fact, that he was the best warrior who was not allowed to win the war...“

            During our first meeting, general Ratko Mladić told us with a sad smile:

            -„I am the third generation of Serbs who did not know their fathers, because they had been killed in wars when their sons were too young.“ General´s father Nedja, a peasant from Bosnian mountains, was killed in 1945 in the fight with the ustashas, when Ratko was only two years old.

            Colonel Mladić was sent in june 1991 to the Serb Krajina in Croatia, to help reorganize the 9th corps of  the Yugoslav army (JNA) weakened by desertions of Albanians, Croats, Muslims from BaH and Slovenes, while the Macedonians, Montenegrins and Serbs stayed. He renewed the discipline and stopped the advance of the Croatian paramilitary groups which  had started to expel and even to assassinate the Serbs in Krajina, as they had done during 1941-45. But he was not able to stop the inter-ethnik clashes. Later, he was unanimously chosen (already as a general) on May 12, 1992, to be the commander in chief of the newly created Bosnian Serb Army (VRS).

            When speaking about the ICTY Tribunal in The Hague, Mladić said with defiance:

            -„I´ll come personally to The Hague, as soon as the American generals from Vietnam and the Britisch from the Falkland Islands will be there...“

            He told it when we spoke about the illegally created Tribunal by the Security Council of UNO (1993), because it had no mandate for such an action. It was the German foreign minister Klaus Kinkel who had suggested its formation and it was Madeleine Albright who had strongly supported its creation. From its very beginning, it became a one-sided court, a sort of a „kangaroo court“ with double standards, „a prolonged arm of the USA interests“, very unfavorable to Serbs. Diana Johnstonedescribed it in one of her papers „Selective justice in The Hague – The war crimes Tribunal on former Yugoslavia is a mockery of evidenciary rule“ (The Nation, Sept.22, 1997). There are many examples corroborating it. Nasir Orić, the Muslim commander of Srebrenica, whose men looted and destroyed up to 100 Serb villages in eastern Bosnia, killing and injuring thousands of Serbian villagers, was given a prison sentence of only TWO years. General Rasim Delić of the Bosnian Muslim army got only THREE years, while the mujaheddins under his command decapitated many Serb (and initially even Croat) prisoners. Three Kosovo Albanians, well known killers of Serbs, Romanies and pro-Yugoslav Albanians, Ramush Haradinaj (for some time the Prime Minister of Kosovo) and his brother DautFatmir Limaj (a member of Kosovo Parliament) were not even sentenced. The witnesses of their crimes were either assassinated, or just disappered, or refused to witness. Carla del Ponte, the ICTY prosecutor general, wrote about it in chapter 11 of her book (2008). Most generals of the VRS were sentenced to 20-30 years imprisonment. The well known British journalist J.Laughland called the ICTY „Rogue Court with Rigged Rules“ (The Times, June 17,1999). The high UNO representative CThornberry described openly the immoral one-sidedness of ICTY in his article „Saving the War Crimes Tribunal“ (Foreign Policy, Fall, 1996). Mladić was happy when I showed him those papers. –„Thank God, after all there are some honest journalists and media in the West!“

            General Mladić was absolutely devoted to his Serbian nation and to his troops, his popularity was tremendous. My wife and I spent a very friendly afternoon chatting at the HQ of VRS at Han Pijesak in eastern Bosnia with his top commanding officers, drinking coffee and sipping„frontovača“, a 50% plum brandy, with them.

             We had a talk with the blue-eyed general about „the meaning of the Serb history

-„As a whole, but there were some exceptions, the Serbs are honest, fair and gallant, knightly, you could say. Without those features they would not fight for 500 years against the Turkish invaders with unbelievable sufferings, when it was so easy to convert to Islam and to become „a sultan´s son“, with all accompanying privileges...“

The first two big victories in the war against Germany and Austria-Hungary (1914-1918) were won by the Kingdom of Serbia in 1914, the battle of Cer (august) and the Kolubara-Suvobor battle (november-december). The latter was won by general Živojin Mišić, who was promoted to vojvoda (field marchall) after the battle.

-„Those victories have been studied even in western Military academies, as examples of a brilliant military strategy. My cap has the same form as the cap of vojvoda Mišić,“ said Mladić proudly. In a few minutes he explained how the battles were going on. Mladić hated the war, with its killings and destructions, with its disregard for human life and with its consequent revenge and hatred. When we spoke about the famous Chinese Master SUN and his book „About the Art of Warfare“ (from the 4-5.centuries B.C.) I found in its first chapter a perfect description of the brilliant military leader Mladić:

-„The profession of a military leader means prudence, reliability, humanity, courage and hard resolutness.“

General Mladić could not understand the hypocrisy of the West, its unhumane approaches in many events, its tendency to disinform or to overtly lie.

-„In summer 1992 the western part of Republika Srpska (RS) was cut from its eastern part, from the Federal Republic of Yugoslavia, FRY (Serbia+Montenegro). In the Banja Luka hospital suddenly no oxygen in cylinders was available. The local authorities asked the West to allow the oxygen cylinders from FRY or from the West to be sent to Banja Luka. It was not allowed and 12 newborn babies suffocated...The supplies arrived when my heroic Krajina and Drina corps after severe fighting opened a corridor at Brčko, in northern Bosnia.... A group of four British parlamentarians visited (1993) RS and found an appalling health service situation. Two boys, Siniša (9 yrs) and Dejan (10 yrs), had been severely wounded by a Muslim shell at the Serb held town of Doboj. The local doctors were not able to help them. They asked the West to transport them to a western well equipped hospital in Germany, France or Italy, as it was done when Croat or Muslim children were critically injured. This urgent appeal was rejected and both boys died soon...“ The report of the four MPs was written in September 1993.

But one of the western crimes against humanity upset general a lotIt was the suspension of FRY from the World Health Organisation on May 3, 1993. It was initiated by Danmark and WHO thus became an instrument of punishment and not of help. As aconsequencethousands of babies, children, elderly people and chronically ill died in FRY, in Republika Srpska, in Republika Srpska Krajina. Infectious diseases spread.

As provocations, the Muslim government in Sarajevo organized three big explosions in Sarajevo (the bread queue massacre on May 27, 1992; the Markale I massacre on February 5, 1994; the Markale II massacre on August 28, 1995), with heavy loss of life, and accused the Serbs as perpetrators. The official West, its media (but not all of them) accepted „joyfully“ that fabrication and severe sanctions were imposed thereafter on FRY and RS by the UNO. But the honest western journalists exposed that ployL.Doyle “Muslims slaughter heir own people – Bosnia bread queue massacre was propaganda ploy, UN told“(The Independent, Aug.22, 1992); B.Volker, a French TV TF1 journalist: „The mortar bomb which killed 68 people in a Sarajevo marketplace and evoked a NATO ultimatum against the Bosnian Serbs was fired from Muslim positions, according to a UN report“ (Feb.5, 1994); HughMcManners: “Serbs ´not guilty of massacre´- Experts warned US that mortar was Bosnian“ (The Sunday Times, Oct.1, 1995). At that time, the US lt.colonel John Sray (military inteligence) published his report „Selling the Bosnian Myth to America: Buyer Beware!“(Foreign Military Studies Office, Oct.1995), exposing many western lies and fabrications. Mladić was enthusiastic to hear it. He knew from the Serb intelligence, that explosions were organized by the Muslim authorities, the latest („Markale II“) with the knowledge and approval by the official West because NATO needed a pretext to start the air raids on RS and to become practically an official ally of Croats and Muslims.

              In spring and summer 1995 a powerful Croatian army was concentrated near the borders of RS. In may and in august 1995, the Croatian Army (about 140 000 troops), well equipped by Germany, Argentina and others, attacked the Republika Srpska Krajina (about 20-30 000 troops).The planners of that aggression were the US retired mercenary generals C.E.Saint, H.Soyster and C.E.Vuono (the Professional Military Resources,Inc). The Croatian attack was supported by the Bosnian Muslim army and by NATO planes (intelligence, supplies). About 250 000 Serbs were robbed and expelled from their ancient homes, over 1 000 of them were assassinated. Serb Krajina in Croatia was devastated, its towns heavily bombarded by artillery and planes. Krajina became ethically „clear“ of Serbs. The Croatian attack happened during Croat-Serb negotiations, under UNO protection. There were no resolutions of UNO, no sanctions, there was only some sporadic official criticism. The Czech president Havel, obedient to his western mentors, did not use his phrases about truth and love against lies and hatred in the case of Serbs from Krajina.

            -„We have been in an awkward situation. A huge Croatian army and tens of thousands of Muslim troops, with NATO support, were there. The 28th Muslim division at Srebrenica (it was not demilitarized !) was a knife in our back. We had to take Srebrenica...The West used Srebrenica to divert world´s attention from the horrible crimes of Croats against the 250 000 expelled and looted Serbs in Krajina. It was Mrs Albright´s cover-up that created the fantastic fabrication,  the alleged Srebrenica massacre...During the 3 years of fighting around Srebrenica we lost about 1 200 men, while the Muslims about 2 000...Our VRS had strict orders to behave according to the international laws. There were absolutely no mass murders or mass executions. But I cannot exclude personal revenges of some of our troops from this area when they recognized among the Muslim troops the killers of their families, who had devastated their villages...

            We used our buses to transport about 30 000 civilians who wanted to leave, and Muslim soldiers who surrendered, to the position of the Muslim army near Kladanj or Tuzla. Was this a genocide? Maybe 10 000 of Muslim troops fought on trying to break through to Tuzla. Oddly enough, their commanders withdrew well in advance. Was it planned? Muslims suffered heavy losses in fighting, but thousands of them reached Tuzla. The West and the Sarajevo authorities made out of this losses during fighting  a genocide.

            The Dutch troops (the Dutchbat of appr.450 men) stationed at Srebrenica, including their commander Lt.Colonel T.Karremans and the Dutch Chief of Staff general Hans Cousy negated the official western version about genocide of Muslims in Srebrenica (H.Hetzel, Die Welt, July 12, 1996). While the Dutch defence minister J.Voorhoeve talked about more thousands of Muslim victims, the Dutch troops talked about more hundreds, up to one thousand, of Muslim troops killed in fighting. A group of the western experts (Y. Bodansky, G.Copley, P.Corwin, Sept.18, 2003) declared that  the independent forensic analyses found the 7 000 or even 8 000 alleged Muslim dead a very inflated figurethe real losses were in the range of hundreds. About 3 000 of those allegedly „killed“ Muslims took even part in BaH elections in 1996 !!!Their names were on the voting lists.

            When the Serb ex-president S.Milošević was tried (2004) in The Hague for the alleged war crimes, the French general P.Morillon (ex-commander of UNPROFOR) said that the Serbs wanted a revenge in Srebrenica for those Serbs murdered by the Muslims earlier. His statement made the Muslim regime furious. Before the war (1941-45), about 50% of inhabitants of Srebrenica were Serbs, in 1991 only about 29% of them, because thousands of them had been expelled or murdered by the Croatian ustashas and the local Muslims during the war. When the VRS entered Srebrenica in 1995, no Serbs lived there any more.

            One day general Mladić told us with some sadness in his voice:

            -„I know, that both the Muslims from BaH and the Croats hate me, especially their mothers because they see behind my name their dead sons, soldiers and, unluckily, civilians as well. And their destroyed houses, lost property. But they must realize, that THEY wanted and started to dismember this country in defiance to constitution, that they started all those destructions and killings. What could I do? Had I to allow them to kill the Serbs, as they did in the ustasha state of Croatia in 1941-45? We, the Serbs, as well as many Muslims and Croats with a pro-Yugoslav ideology did not want a war, did not start it. We did not want to secede from Yugoslavia. It was terrible that many of our pro-Yugoslav bothers, Croats and Muslims, found themselves unintentionally behind hostile barricades, driven there by  their leaders and fanatic fellow believers. Many Muslims knew that they had been originally the Serbs, before they converted to Islam.There were many Muslim prominent men, poets, writers who declared that they were the Serbs of Muslim faith.

            „Do you imagine what an orgy of  brutal murder brought to Bosnia the mujaheddins from Irak, Chechnya, Sudan, Saudi Arabia, Tunisia, etc.? They taught our Muslims how to kill in a more brutal way. They even decapitated  their prisoners, the Serbs and even the Croats when they  waged a very bloody and cruel  Croat-Muslim war (mainly in 1993).

            Generally speaking, general Mladić felt that he was a Yugoslav, he declared it during a population census in 1991. He was very angry with the Slovenes, about their dirty role in the dismemberment of Yugoslavia and their very anti-Serb attitudes.

            -„The Slovenes have forgotten how they and Croats implored the Serb royal authorities in Belgrade at the end of 1918, to be accepted by the victorious Serbia to become a part of the Kingdom of Serbs, Croats and Slovenes (SHS) and how the SHS saved the Slovenes from a final germanization and italianization. As a member of a victorious country, neither the Slovenes nor the Croats were obliged to pay reparations, otherwise they would be obliged to, because they were a part of Austria-Hungary during the war...Finally the Serb army expelled the Italians who started to occupy Slovenia, Dalmatia and parts of Croatia.Both in the Kingdom of Yugoslavia and in Tito´s Yugoslavia, the Slovenes had the highest living standard in our  country“, said Mladić angrily.

            But even Warren Zimmermann, the last US ambassador in Belgrade, who behaved in an anti-Serb, pro-Slovene way, made a few caustic remarks about the Slovenes in his article  „Origins of a Catastrophe“ (Foreign Affairs, March/April, 1995): -„Their virtue was democracy and their vice was selfishness. In their drive to separate from Yugoslavia, they simply ignored the 22 million of Yugoslavs who were not Slovenes...Contrary to the general view, it was the Slovenes who started the war...“

            One event, among others, made general Mladić sad. His memory about it recurred again and again.

            -„I am sorry about the fact that nobody in the West mentioned how the Serbs from VRS saved 40-50 000 fleeing Croats pursued (in 1993) by the“bloodthirsty“ mujaheddins. We defended them, fed them, treated them in our hospitals, we shared our food with them as their brothers, although we ourselves suffered a lot od deprivations. Their troops, including officers, solemnly promised to me, even swore,  not to use arms against their Serb brothers any more. But they did not keep their word. It made me really sad. Otherwise, my personal bodyguard was a young Croat, a sergeant of our VRS, whom I trusted completely. He was a good Yugoslav. Well, I must tell you, that we saved occasionally the Muslims as well. Usually it was from their fanatic fellow Muslims...“

            There was another aspect of the mujaheddin activities that must be mentioned. They did not want only to defend their brothers in faith from the infidels, „giaours“, but they wanted  to keep the local Muslims „on the right side of the traditional Islam“, to compel them, even by force, to conform to the ancient islamic laws and traditions. Mladić told us how some of his „normal“ muslim acquaintances were shocked to hear about all those limitations the mujaheddins wanted to impose on the muslim women. They would not be allowed to meet alone any men not related to them, they would not be allowed to show their face and hair when out of doors. –„It seemed as an anti-propaganda for Islam,“ said Mladić

            To stop the hostilities in BaH, a summit was held in Athens (May 1-2, 1993), chaired by the Greek Prime Minister K.Mitsotakis. The Presidents of Serbia S.Milošević,  of FRY D.Ćosić and of RS Dr.R.Karadžić were present. They supported the Vance-Owen plan, even Dr.Karadžić accepted it with some reluctance, only when a corridor was promised connecting the Serb cantons through the northern Bosnia. The plan divided BaH into 9 cantons (for each nation three), the tenth would be Sarajevo under a joint administration. The Parliament of RS had to ratify it on May 15th at Pale. And it was there that general Mladić addressed the guests and the RS ParliamentHis speech was fascinating, it would deserve to be in textbooks of history.

            -„This war was forced upon the Serbs, it is a civil, ethnic and religious war, we were  expelled to a place of windstorms and we were branded as „criminals“ to the world... And the same world  and the same international community did not condemn the inhuman and cruel acts by the Slovene and Croatian secessionists...We, the military, have serious worries that the international community made out of Srebrenica an international stage spectacle...All the humanitarian agencies appeal to supply Srebrenica with water without admitting that we were informing the world a whole year through that the Serbs were without water, without electricity, without the posibility to produce food...Our people breathes through a straw, we are under blockade, we cannot import drugs or oil for our agriculture.

            Gentleman, on the heroic Ozren (mountain range between Tuzla and Doboj) live more than 100 000 Serb refugees from Tuzla, from the central Bosnia, Zenica, Vareš... There was no war between the Muslims and Croats as long as they did not sign the Vance-Owen plan. Do you know that our holy place, the abyss GOLUBINKA, is in Croat hands? In 1941 the ustashas threw into it, dead or half dead, 2 000 Serbs from surrounding Serbian villages and Mostar. Their bones were lifted on Aug.4, 1991, on the anniversary of the 1941 massacre. The orthodox graveyard, church and the war memorial here were destroyed by the Croatian troops and paramilitaries in 1992, when the JNA had withdrawn...Our RS, if devided according to the V-O plan, would become undefensible...“

            After hearing general´s speech, the RS Parliament rejected almost unanimously the Vance-Owen planIt was rejected overwhelmingly as well in a later referendum. This caused a hostile reaction by president Milošević (the support of FRY to RS almost stopped), by the western politicians and media. Karadžić-Mladić relations deteriorated for some time. But later, when the US ex-president Jimmy Carter visited at the end of december 1994 Pale in RS, they were already much improved.

            -„We have not been aggressors. It was our own country, where we have lived for many centuries together with Croats and Muslims. I am not a war criminal. The Serbian people suffered a lot, unluckily nowadays from its former friends and allies (Britain, France, USA), on whose side we fought in two big wars. Almost nobody did understand the suffering of our people, its just struggle  here in Bosnia. Only the US ex-president Jimmy Carter said, during his visit to Pale, when he was sitting between Karadžić and me, that the US public is quite insufficiently acquainted with our Serb problems in BaH. But, I am proud, that the army under my command prevented the repetition of the Serb genocide in the fascist ustasha state of Croatia during 1941-1945...“

            There was one thing that neither general nor I could understand: the colossal and arrogant fabrications of the West and of their Yugoslav „clients“ (Croats, Muslims from BaH, Slovenes) regarding the alleged systemic raping of Muslim women by the Serb military, as a part of their war strategy. It was actually started by the Bosnian (Muslim) foreign minister Haris Silajdžić in autumn 1992 in Geneva, when he announced in cold blood that the Serbs have raped 30 000 Muslim women. Since that time the figure has been rising steadily. A Czech journalist Jitka Obzinova was probably a „record holder“ with her 100 000 raped  women (Czech TV2, December 5, 1992, 22,00 „Don´t Divide Bosnia“). Another prominent record holder was a US professor of law Catharine MacKinnon with her over 50 000 raped. A crazy (one mut say so) American Judy Darnell in 1993 stated that the Serbs in BaH ran 47 „rape camps“. Even the CIA and the International Red Cross looked for them and did not find them.  The Europe, including the Czech republic, was prepared to accept the „epidemic“ of thousands of poor children (they are called sometimes devil´s children) born by those raped women. But no children appeared. Prominent newpapers, periodicals (e.g.,Newsweek) published that arrogant propaganda stupidity that caused a lot of problems to the Serbs. Even the European union swallowed the bait. The numbers were poorly documented and absolutely unproven.It was finally found, by a OUN commission, that the numbers of officially accepted rapes of those ill-fated women of all three warring nations were very very much less. The Dutch professor of state law Fric Kalshoven said:

            -„People tell horrible stories because someone has told them to tell it for propaganda objectives – or because everyone is telling horrible stories...“ Professor Kalshoven wanted proof, not propaganda...

            When we talked with general Mladić about the „rape propaganda“, he  laughed at the stupidity of those who believed it, but he admitted that the „rape campaign of the West“ caused a lot of  harm to the Serbs, that it was actually just a goofy, but unluckily a successful, but very dirty ploy organized by the West and its clients from BaH and Croatia.

            -„Good heavens! If it were true, my 80 000 boys would not fight, but just chase the Muslim or Croat women. What a nonsence ! But, to be true, rapes were reported  as mostly coward and  hidious atrocities, that must be exemplary punished. But punished must be all those as well who fabricated and abused it for propaganda purposes, stimulating hatred...“

            General Mladić liked the US four-star general Charles Boyd, after I read him his paper „ To make peace with the guilty“ (Foreign Affairs, september/october 1995). We just discussed the bizarre disinformations spread by the West and its clients about the casualties, about the numbers of those killed during the war in Bosnia. General laughed when I told him, that the record holder in this respect was again our journalist Jitka Obzinova. She informed, as a reporter from BaH (Czech Radio, July 11, 1993) that the number of those killed in BaH (casualties ?) was just 500 000! But the official figure as quoted by the US and western politicians and the Sarajevo government, was 250 000, even 300 000. Nobody from the West did question the Sarajevo or Zagreb authorities, where did they got those figures from. General Boyd, the deputy commander of the US forces in Europe, put the death toll between 60-100 000. He informed that the Sarajevo authorities „decreased“ in spring 1995 the death toll to „only“ 145 000, whileGeorge Kenney, an ex-member of the State Department put the losses in BaH (1992-95) at 25-60 000 („The Bosnian Calculation“, The NYT Magazíne, Apr.23,1995). The CIA analyses were about tens of thousands. The big disinformer Bill Clinton told Americans on Nov.27, 1995. about the 250 000 killed, while the US defence secretary W.Perrytold the US Senate (July 7, 1995) that there were 130 000 dead in BaH in 1992, 12 000 in 1993, and 2 500 in 1994 (130 000 + 12 000 + 2 500 = 144 500). Who did actually lead by the nose the Americans and the world? Finally a later study from Norway put the number of dead in BaH at 80 000, the study of ICTY at 102 000. But I was not able any more to discuss it with Mladić, because he had to disappear, to hide. Two booklets were published (2005) in Belgrade: „The Book of the Dead Serbs from Sarajevo“ with 5 515 names, and „The Book of the Dead Serbs from Srebrenica-Bratunac“ with 3 262 names. It included 344 names from Hadžići, 110 from Olovo and 89 from Kladanj.

            Mladić was satisfied that his American „colleague“, the four-star general C.Boyd was a fair man, who did not hesitate to tell the truth and that he had made some caustic words about the western media anti-Serb reporting and about their window-dressing.

            Some Serb paramilitary groups caused many sleepless nights to both Mladić and Karadžić. Not all of them were helpful and welcome. Some of them included even criminal elements, psychopaths. The others treated the Croat or Muslim civilians too heavy-handedly, but it could be understood to some extent, but not permitted, even if  some of them had seen their families assassinated by the Muslims or the Croats. President Karadžić issued many orders to protect Muslims from those irregulars. I have seen many relevatnt documents about it. On the other side, some Serb paramilitaries helped a lot the unprepared and undefended Serb settlements that had been at the berginning an easy prey to the organized and trained Croat and Muslim bands, e.g.,in the northrern and eastern Bosnia.

            During our last meeting Ratko was very mad at the European union, when we talked about the criminal NATO aggression on FRY in spring 1999, with all those daily bombing raids lasting for 78 days:

            -„I cannot understand the hypocrisy of those EU countries. Their words about humanism are just a fake because they used their bombers without any UNO mandate and under fabricated pretext killed and destroyed in Serbia and collaborated with the UÇK criminals in Kosovo and Metohija. How is it possible that the Germans were killing in Serbia again? Why were the American, Belgian, Dutch, etc. goody-goodies killing our children? How is it possible that the EU democratic and liberal parliament did not stop it?

            The Czech ex-president Václav Havel had shown his face not only in BaH, but later in Kosovo and Metohija as well, promoting the independente of it. In January 2010 he was awarded the Golden Medal of Ibrahim Rugova by the president of the quasi-state of Kosovo. He was rewarded for the support of the Kosovo Albanians and obviously for his term „the humanitarian bombing“ in 1999, and for the treason of the Serbian people, if you like.

             When writing the above I was very sorry that I was not able to talk to Ratko later, to tell him e.g., about those Germans who „waged a war“ against the lies and fabrications of their own government and against NATO because of their involvement in the dirty, criminal military action against the FRY. I am sure that Mladić would hear with enthusiasm what the German publicist Jürgen Elsässer wrote in his two books about the incredible lies of his government: War Crimes – The Mortal Lies of the Federal Government and Their Victims in the Kosovo Conflict (2000); The War Lies – From Kosovo Conflict to Milošević Trial (2004). He knew how the German writer Handke liked and defended  Serbs in his novels.

            Very interesting was general´s attitude to various UNPROFOR commanding generals.

Some of them general even befriended, liked them (the Indian Satish Nambiar, the Swedish Lars-Eric Wahlgren, the Belgian Francis Briquemont, to some extent the Canadian Lewis MacKenzie). The French general Philippe Morillon was not close to Mladić, even though he showed repeatedly courageous firmness. As for the elite British 



Spezzeremo le reni all'Iran?

Due recenti interventi di Domenico Losurdo e Gianni Vattimo, sulla campagna in corso per assassinare Ahmadinejad ed effettuare "un’azione nucleare preventiva" contro l'Iran.


1) UNA MICIDIALE "GUIDA MORALE"

di Domenico Losurdo 

(da Cronache dell’Impero - http://domenicolosurdo.blogspot.com/ )

Nei giorni e nelle settimane precedenti le elezioni del 2000, l’«International Herald Tribune» riferiva compiaciuto delle difficoltà incontrate da Milosevic nello svolgimento della campagna elettorale: «Timoroso di essere assassinato, il cinquantottenne presidente appare raramente in pubblico e solo per pronunciare dinanzi ai suoi seguaci brevi discorsi sui mali del fascismo». Circa una settimana dopo, sullo stesso quotidiano un altro giornalista statunitense scriveva: non ci sarà pace nei Balcani «sino a quando Milosevic non viene tratto in inganno e colpito o trascinato via dal potere in una bara». E ora spostiamoci in Medio Oriente.
Sempre nel 2000 e sempre l’autorevole e distaccato «International Herald Tribune» annunciava giubilante: la Cia ha stanziato somme enormi «per trovare un generale o un colonnello che conficchi una pallottola nel cervello di Saddam» (cfr. D. Losurdo, Il linguaggio dell’Impero, pp. 4-5). 
Com’è noto, per conseguire l’obiettivo dell’eliminazione fisica di due capi di Stato non graditi o non più graditi, contro la Jugoslavia furono necessari una guerra e un colpo di Stato, contro l’Irak un embargo devastante e prolungato e poi una guerra. 
Veniamo all’oggi. Il «Corriere della Sera» del 10 febbraio riporta le dichiarazioni di Elie Wiesel: «Se il presidente iraniano Ahmadinejad fosse assassinato, non verserei una sola lacrima». Perché non ci fossero dubbi sul significato reale delle sue dichiarazioni, Wiesel si è preoccupato di rilasciarle alla «Radio militare israeliana». 
Ma è interessante leggere il commento della gionalista del «Corriere della Sera» (Alessandra Farkas), che riporta le dichiarazioni di Wiesel: «Mentre Teheran alza i toni dello scontro, minacciando direttamente i leader occidentali, lo scrittore e attivista sopravissuto alla Shoah non esita a proporsi come guida morale...»! 


2) IRAN, UN APPELLO CHE ALIMENTA IL FUOCO DI GUERRA

di Domenico Losurdo e Gianni Vattimo, «il manifesto» del 9 febbraio, p. 10

«Il manifesto» di sabato 6 febbraio ha pubblicato un Appello «Per la libertà di espressione e la fine della violenza in Iran». A firmarlo, assieme a intellettuali inclini a legittimare o a giustificare tutte le guerre e gli atti di guerra (blocchi e embarghi) scatenate e messi in atto dagli Usa e da Israele, ce ne sono altri che in più occasioni, invece, hanno partecipato attivamente alla lotta per la pace e per la fine dell’interminabile martirio imposto al popolo palestinese. Purtroppo a dare il tono all’Appello sono i primi:

1) Sin dall’inizio si parla di «risultati falsificati dell’elezione presidenziale del 12 giugno 2009» e di «frode elettorale». A mettere in dubbio o a ridicolizzare questa accusa è stato fra gli altri il presidente brasiliano Lula. Perché mai dovremmo prestar fede a coloro che regolarmente, alla vigilia di ogni aggressione militare, fanno ricorso a falsificazioni e manipolazioni di ogni genere? Chi non ricorda le «prove» esibite da Colin Powell e Tony Blair sulle armi di distruzione di massa (chimiche e nucleari) possedute da Saddam Hussein?

2) L’Appello prosegue contrapponendo la violenza del regime iraniano alla «non-violenza» degli oppositori. In realtà vittime si annoverano anche tra le forze di polizia. Ma è soprattutto grave un’altra rimozione: da molti anni l’Iran è il bersaglio di attentati terroristici compiuti sia da certi movimenti di opposizione sia dai servizi segreti statunitensi e israeliani. Per quanto riguarda questi ultimi attentati, ecco cosa scriveva G. Olimpio sul «Corriere della Sera» già nel 2002 (7 giugno): «in perfetta identità di vedute con Washington», i servizi segreti israeliani hanno il compito di «eliminare», assieme ai «capi dei gruppi palestinesi ovunque si trovino», anche gli «scienziati iraniani impegnati nel progetto per la Bomba» e persino coloro che in altri Paesi sono «sospettati di collaborare con l’Iran».

3) L’Appello si sofferma con forza sulla brutalità della repressione in atto in Iran, ma non dice nulla sul fatto che questo paese è sotto la minaccia non solo di aggressione militare, ma di un’aggressione militare che è pronta ad assumere le forme più barbare: sul «Corriere della Sera» del 20 luglio 2008 un illustre storico israeliano (B. Morris) evocava tranquillamente la prospettiva di «un’azione nucleare preventiva da parte di Israele» contro l’Iran. In quale mondo vivono i firmatari dell’Appello: possibile che non abbiano letto negli stessi classici della tradizione liberale (Madison, Hamilton ecc.) che la guerra e la minaccia di guerra costituiscono il più grave ostacolo alla libertà?

Mentre non è stupefacente che a firmare (o a promuovere) l’Appello siano gli ideologi delle guerre scatenate da Washington e Tel Aviv, farebbero bene a riflettere i firmatari di diverso orientamento: l’etica della responsabilità impone a tutti di non contribuire ad alimentare il fuoco di una guerra che minaccia il popolo iraniano nel suo complesso e che, nelle intenzioni di certi suoi promotori, non deve esitare all’occorrenza a far ricorso all’arma nucleare.




Il nostro compagno Kapuralin di Pola, ha scritto questa forte (e giusta) critica contro il presidente croato uscente, Stipe Mesic. Di Mesic ci siamo occupati in varie occasioni, tra cui alla trasmissione radio "Voce jugoslava". Chi fosse interessato ai commenti dei lettori dell'articolo vada su:
Ivan



NAKON JUČERAŠNJEG MESIĆEVOG ZADNJEG SLUŽBENOG POSJETA ISTRI

Piše: Vladimir Kapuralin

Kontroverzni Stipe Mesić ostvario je svoje zakonsko pravo na penziju, a koliko će on zaista biti umirovljen, ostaje da se vidi. Odlazak iz aktivne službe, po svom stilu odiše istom onom teatralanošću, kao što je bio i čitav njegov politički život, u maniru, «prirodno mudrog», neotesanog «seoskog lole». Kontroverzno  je započeo svoju političku karijeru, rušeći državu na čijem je čelu bio. To je potvrdio, podnoseći raport svome poslodavcu Tuđmanu, nakon obavljenog prljavog posla, «ja sam zadatak izvršio Jugoslavije više nema». Da nebi bilo nikakve sumnje u «kvalitetu» obavljenog posla, prihvatio se pera i napisao knjigu «Kako smo rušiliJugoslaviju». Pod pritiskom nalogodavaca iz vlastitih redova, koji su za razliku od našeg «mudrijaškog seoskog lole» shvatili kako bi se pretjerana iskrenost mogla pokazat kontraproduktivnom, za buduće licemjerne političke poteze, a jednom napisana knjiga, nije se mogla izbrisat, nije mu preostalo drugo nego da pokuša popraviti nepopravljivo i promijeni naslov u «Kako sam rušio Jugoslaviju». Pažnje vrijedan je i «biser» koji je izvalio 90-e na predizbornom nastupom pred ustaškom emigracijom u Australiji, o «dvije hrvatske pobjede». One 10. aprila uspostavom NDH i onom iz 1945. godine. Dok su kako je tada rekao «svi drugi imali samo jednu pobjedu» Po principu «bi kake, nebi kake», nezadovoljan 1994. godine napušta HDZ i osniva HND. Nakon propasti tog projekta, nastavlja lavinjat i odlazi u HNS. Pobjedom na predsjedničkim izborima 2000. godine, započinje drugo poluvrijeme njegove političke karijere, kada na krilima antifašističke retorike, biva prihvaćen, pa i idoliziran, od strane velikog broja antifašista, ali i od dijela salonske ili reformističke ljevice. To je također razdoblje, političkog paradoksa, kada ga prihvaćaju i obožavaju oni čije je rezultate, vrijednosni model i državu rušio, a osporavaju i proskibiraju oni iz čijeg je miljea proizišao, ne prežući niti da ga proglase izdajnikom.

Vješto se probijajući političkim labirintom, teško je determinirat njegovu političku konstantu. Usprkos toga što mu je gotovo cijela šira familija učestvovala u NOB-u, rušenju Jugoslavije i secesiji Hrvatske pristupio je očito iskreno. Neupitna je i njegova odanost EU i NATO-u institucijama koje štite spoj načela kapitalizma i prodora vojne i ekonomske domimacioje, razvijenog centra na zemlje tzv. nerazvijene periferije. U šahovskim rječnikom rečeno tri poteza uspio je narušiti krhke političke odnose između Hrvatske i Srbije, koji su ipak zadnjih godina išli uzlaznom linijom. Nepotrebno, je iako možda dirigirano krenuo opstruirat nastojanje Srbije da ospori zakonsku osnovu secesije i stvaranje američkog protektorata na Kosovu, pred međunarodnim sudom. U vrijeme vjerskog praznika Božića po Julianskom kalendaru, otišao je primit neko odlikovanje na Kosovo, kojime je vjerovatno nagrađen za zalaganje oko priznavanja proktektorata Kosovo, čime je kako prenose neki izvori honorirao podršku pripadnika albanske narodnosti na predsjedničkim izborima 2000. i 2005. godine. Točku na i postavio je nedavno na jednom od oproštajnih prijema, kad je izjavio, da bi u slučaju održavanja referenduma u Republici Srpskoj, ujahao u Bosnu sa vojskom. Obrazlažući to naknadno brigom za cjelovitost Bosne i Hercegovine. Imajući u vidu njegovu ulogu u razbijanju Jugoslavije 1990. godine i komadanje Srbije 2008. godine, onda njegova briga za cjelovitost Bosne, upućuje na izostanak jedinstvenih kriterija i vrlo selektivan pristup, pojedinim državnim integritetima. Sobzirom da je nažalost Hrvatska mimo odluke svojih građana postala članicom NATO, ona više nije samostalna u vojnom djelovanju izvan svojih granica. Pa bi oni koji Mesićevu izjavu doživljavaju ozbiljnim, to mogli protumačiti kao uvlačenje NATO-a u rat u Bosni, za što im on nije potreban. A oni drugi koji je ne doživljavaju ozbiljnom trebali bi se upitatin nije li «pjesnik» odaslao nečiju tuđu poruku. 

Objavljeno 06/02/10 u 10:23 AM