Informazione

NEO-LINGUE


Imperterriti, continuano! Nell'ambito della riscrittura della
geografia linguistica dei Balcani in senso micronazionalista si sono
inventati adesso l'"albanese-kosovaro" - SIC. Una lingua che non può
esistere come tale, a meno che non si intenda la lingua "albanese",
cioè la lingua delle popolazioni schipetare che abitano anche in
Kosovo. Ma in Kosovo si parla pure serbocroato (davvero "politically
idiot" la dizione "serbo-croato-bosniaco"!), e lingue e dialetti rom,
turchi e macedoni... (a cura di IS)

(si veda anche la nostra pagina sul "minculpop linguistico" scatenato
nei Balcani dal 1990 in poi:
https://www.cnj.it/CULTURA/jezik.htm )

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Fonte: www.osservatoriobalcani.org

Corsi di serbo-croato-bosniaco e albanese-kosovaro
IPSIA - Istituto Pace Sviluppo Innovazione ACLI organizza corsi base
di conversazione delle lingue serba-croata-bosniaca e albanese-
kosovara, in particolare rivolti a volontari. I corsi inizieranno a
novembre e si terranno il martedì sera dalle 21:00 presso la sede di
IPSIA Milano in via della Signora 3. Ogni lezione avrà un costo di
2,00 euro a persona e verrano forniti i supporti didattici.
Iscrizioni da effettuarsi via email entro il 27 ottobre 2006. Info:
IPSIA Milano - Telefono: 02 7723285 - Email: terre.liberta@...

 From:   cpiano  @...

Subject:  L'atomica coreana è solo un albero nella foresta del riarmo nucleare in Asia
Date: October 13, 2006 9:12:38 AM GMT+02:00

L'atomica coreana? 

E' un solo albero dentro la foresta del riarmo nucleare dell'Asia e soprattutto del Giappone


Dossier a cura della redazione di Contropiano


C'è da rimanere impressionati dalla manipolazione della realtà a cui stiamo assistendo nell'analisi e nell'informazione sulla crisi nucleare in corso con la Corea del Nord. Questa manipolazione tende a piegare la realtà dando l'immagine di uno stato canaglia in mano ad una leadership capricciosa, irritabile e inaffidabile. Le c ose non stanno così perchè nessuna leadership scherza con leggerezza sulle armi atomiche. Ma soprattutto si omettono le cause di una tensione nell'area che è venuta crescendo (con scarsa attenzione) negli ultimi anni dovuta ad una accelerazione impressionante del riarmo, della nuclearizzazione e della politica aggressiva del Giappone nell'area asiatica.

In questo piccolo dossier riportiamo - prendendoli da fonti insospettabili - alcuni documenti che pure hanno circolato e che sono a disposizione di giornalisti, uomini politici, diplomatici etc.. Ne abbiamo fatto una sintesi e ne abbiamo sottolineato i passaggi significativi che sono sotto gli occhi di tutti. Le fonti sono un saggio apparso sul nr. 1/1999 della rivista Limes, dedicato a "Asia Maior" curato da  Paolo Cotta-Ramusino e Maurizio Martellini e il sito www.paginedidifesa.it vicino allo Stato Maggiore Difesa italiano. In più vi rinviamo ai numeri 1/1998 e 2/1999 di Contropiano (ascaricabili in Pdf dall'archivio del nostro sito) e vi abbiamo aggiunto una scehda cronologica dei maggiori incidenti accaduti tra il 2003 3 il 2006 nelle centrali nucleari giapponesi.

I dati che si ricavano sono impressionanti (es. la potenza nucleare della Corea del Nord è trentacinque volte inferiore a quella del Giappone) e rivelano come gli esperti della regione asiatica, già da tempo avessero colto la questione più rilevante cioè il riarmo e la nuclearizzazione del Giappone. La nostra posizione è nota: siamo per il disarmo nucleare globale e lo smantellamento delle armi atomiche chiunque le possieda. Per sostenere questa tesi siamo stati ai blocchi della base di Comiso nei primi anni Ottanta, abbiamo manifestato alle basi di Aviano, Ghedi, La Maddalena. Sosteniamo le forze che propongono la denuclearizzazione del Medio Oriente e della penisola coreana. Sosteniamo il movimento che chiede lo smantellamento delle novanta bombe nucleari operative tuttora installate in Italia (ad Aviano e Ghedi).

Ma se in Asia la crisi nucleare precipiterà, che almeno si sappia che la Corea del Nord non è la sola responsabile e che l'escalation della guerra preventiva (oggi sostenuta pubblicamente anche dal Giappone) è la causa e non la conseguenza del riarmo di alcuni paesi minacciati dall'imperialismo statunitense e dai suoi alleati. La crisi nucleare con l'Iran - così come quella con la Corea delNord - sono emblematici di questa realtà.

La redazione di Contropiano

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Il Giappone spinge per un intervento militare contro la Corea del Nord

TOKYO - I rappresentanti dei cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu (Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna e Cina) daranno vita oggi insieme al Giappone a una riunione nel corso della quale proseguirà l'esame delle possibili sanzioni contro la Corea del Nord per il test nucleare annunciato da Pyongyang. In qualità di presidente di turno del Consiglio di sicurezza dell'Onu, il Giappone intende adoperarsi assieme agli Stati Uniti per aprire la strada a un intervento militare in Corea del Nord. Lo indica oggi l'agenzia giapponese 'Kyodo' citando informazioni ottenute al Palazzo di vetro a New York. In base a tali informazioni, il Consiglio dovrebbe adottare in tempi brevi una risoluzione di condanna della Corea del Nord contenente un riferimento all'articolo 7 della Carta dell'Onu, che prevede sanzioni internazioni e la possibilità di un intervento armato. (Fonte. agenzia stampa Swiss.info del 10 ottobre 2006)

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Scrivono nel loro saggio su Limes "La bomba virtuale: a che serve il plutonio giapponese" Paolo Cotta-Ramusino eMaurizio Martellini (n.1/1999)

Oggi il Giappone è il terzo produttore mondiale di energia nucleare (dopo USA e Francia) con un 30% del fabbisogno energetico coperto dall'energia nucleare. La dimensione del programma nucleare giapponese e' dunque imponente, ma l'interesse per l'energia nucleare non e' limitato al solo Giappone e riguarda, in misura maggiore o minore, numerosi Paesi asiatici che devono fronteggiare un crescente squilibrio energetico.  Sullo stato attuale dell'energia nucleare e sugli sviluppi probabili, e' utile confrontare le stime "ufficiali" dei Paesi dell'Asia nord-orientale che prevedano una forte crescita della produzione di energia nucleare (Tabella 1).


TABELLA 1

Dati attuali e previsioni ufficiali sulla capacita' degli impianti nucleari civili nella regione nordorientale dell'Asia, in Giga-Watt (GW).

 
1998
2010
Giappone
45.3
70(*)
Corea del Sud
12.0
26(*)
Corea del Nord
0
2
Taiwan
5.1
8
Cina
2.1
20(*)

(*) Stime piu' ralistiche appaiono essere: Giappone 55-60 GW, Corea del Sud 23 GW, Cina 10-12 GW

Dati forniti contenuti nei "Proceedings of the International Symposium on Energy Future in the Asia/Pacific Region" March 27-28 1998 Honululu" e cortesemente forniti da Suzanne Jones (Dept. Nuclear Engineering, UC Berkeley)


Ciò significa che la Corea del Nord ha una capacità nucleare che è 35 volte inferiore a quella del Giappone (NdR)

Il Giappone oggi possiede 55 unita' per la produzione di energia nucleare in 18 localita'. Non possiede tuttavia miniere di uranio e quindi anche il suo programma di sviluppo dell'energia nucleare e' dipendente dall'importazione di materie prime.  Con la motivazione ufficiale di voler ridurre in prospettiva la dipendenza energetica dall'estero il Giappone ha dunque lanciato da tempo un vasto programma per l'acquisizione di larghi quantitativi dell'altro combustibile nucleare cioe' del Plutonio.

Il plutonio e' un elemento artificiale prodotto in tutti i reattori nucleari dove l'uranio-238 viene trasformato per successiva cattura di neutroni in plutonio di diversi isotopi (239, 240, 241, 242) a seconda dal periodo di esposizione. In un reattore nucleare il combustibile nucleare usato ("spent fuel") consiste in uranio, prodotti di fissione, plutonio. La separazione del plutonio prende il nome di riprocessamento.

Solo l'isotopo 235 dell'uranio (che costituisce lo 0.7 % dell'uranio naturale) e' sottoposto a fissione nucleare in un reattore "normale" ovvero del tipo LWR (= Light Water Reactors, cioe' reattore raffreddato ad acqua) e dunque solo questo isotopo contribuisce alla produzione di energia.

Il plutonio (in varie combinazioni di isotopi) puo' essere usato essenzialmente in due modi diversi come combustibile nucleare:

  1. in ossidi misti di uranio e plutonio (MOX) per certi tipi di reattori LWR al posto dell'ossido di solo uranio
  2. come combustibile in reattori FBR (Fast Breeder Reactors). In questi reattori il flusso di neutroni veloci prodotto dalle reazioni nucleari del nucleo di plutonio viene assorbito da uno strato di Uranio-238 che si trasforma in plutonio. Questo viene poi riprocessato e rimesso nel nucleo del reattore. In questo modo il FBR trasforma l'uranio 238 in un combustibile nucleare. Anche un reattore LWR produce plutonio, solo che un FBR ne produce molto di piu'.

Un reattore FBR ha un nucleo molto compatto raffreddato da un metallo liquido che e' di regola il sodio. Questo e' una delle principali sorgenti di problemi per i reattori FBR: perdite di sodio diventano drammatiche perche' questo metallo si incendia a contatto con aria o acqua. Una perdita di sodio implica necessariamente la chiusura per un periodo (in genere lungo) del reattore. L'unico reattore FBR giapponese funzionante (quello di Monju nella prefettura di Fukui) e' stato bloccato a seguito della rottura del sistema di raffreddamento - con perdita di 640 Kg. di sodio -, avvenuta l'8 Dicembre 1995. Da allora il reattore e' fermo e il programma di costruzione di FBR in Giappone sostanzialmente sospeso.


Nostra scheda redazionale


I ripetuti incidenti nucleari nelle centrali del Giappone confermano una accelerazione forzata del processo di nuclearizzazione del paese. Vediamo la cronologia:

4 luglio 2003

Un incidente di dimensioni e danni ancora ignoti è avvenuto stamani poco prima delle 12.00 locali (05.00 italiane) nella centrale giapponese di Tsuruga sul mar del Giappone dotata di un prototipo di reattore nucleare di nuovo tipo Fugen.

Agosto 2004

Tre incidenti alle centrali atomiche in Giappone, uno dei quali è costato la vita a 4 persone.

17 maggio 2006

Incidente nucleare in Giappone dovuto a una fuga radioattiva: è avvenuto nella ex centrale di Mihama, nella provincia occidentale di Fukui. La centrale era stata chiusa nel 2004 dopo una sciagura in cui quattro operai erano morti e altri sette erano rimasti feriti.

Il Giappone ha dunque pianificato da molto tempo l'accumulo di un gran quantitativo di plutonio ottenuto sia da impianti di riprocessamento costruiti in Giappone che dal riprocessamento del combustibile nucleare giapponese effettuato in impianti europei.

Nella tabella, si riportano l'evoluzione della disponibilita' di plutonio giapponese gia' riprocessato (separato). La disponibilita' totale comprende sia il plutonio collocato in Giappone, che quello collocato in Europa (Francia e Gran Bretagna).


 

Evoluzione delle disponibilita' di plutonio giapponese (in tonnellate)

 
Disponibilita' totale
Plutonio collocato in Giappone
fine 1993
10.9
                4.7
fine 1994
13.1
                4.6
fine 1995
16.1                       
                4.7
fine 1996
20
                5
fine 1997
24
                5

Fonti: elaborazioni varie basate su dati della STA (Science and Tecnology Agency) giapponese (2)


Se l'accumulo giapponese di plutonio e' impressionante e senza paragone con nessun altro paese che non possegga armi nucleari, meno chiaro e' il significato complessivo di tale accumulo.  Innanzitutto esiste oggi a livello mondiale un surplus di plutonio (dovuto tra l'altro allo smantellamento delle testate nucleari) e quindi il costo del riprocessamento del plutonio e' scarsamente giustificabile. Poi il Giappone ha pianificato l'accumulo di larghi quantitativi di plutonio in previsione di un ampio piano di costruzione di reattori FBR che e' sostanzialmente bloccato.

Infine il riprocessamento del plutonio non elimina il problema delle scorie nucleari, semplicemente crea diversi tipi di scorie nucleari con i ben noti problemi connessi. Ma il problema specifico di cui vogliamo discutere e' la relazione tra un economia basata sul plutonio e la proliferazione nucleare.

L'isotopo di elezione per la costruzione di bombe nucleari e' l'isotopo 239. Il plutonio si dice weapon-grade se ha un contenuto superiore al 93% di isotopo 239. Tipicamente il plutonio riprocessato dal combustibile di un impianto nucleare civile ha un contenuto di isotopo 239 dell'ordine del 60% e si dice reactor-grade.

Ora tutti gli isotopi del plutonio, con la sola eccezione dell'isotopo 238, possono essere usati per produrre armi nucleari. La costruzione di armi nucleari con plutonio reactor-grade e' in genere meno efficiente (o piu' difficile) dato l'alto grado di fissione spontanea dell'isotopo 240 che puo' ridurre la potenze esplosiva iniziando la reazione a catena prematuramente.

Tuttavia il plutonio reactor-grade puo' essere utilizzato sia da un gruppo di tecnici non sofisticato nella produzione di un ordigno rudimentale della potenza di qualche kiloton o anche da un paese tecnologicamente avanzato nella produzione di armi sofisticate e potenti sostanzialmente con le le stesse caratteristiche di quelle che utilizzano plutonio weapon-grade (3).

E' opportuno ricordare che si puo' costruire una bomba nucleare con 1-6 Kg. di plutonio weapon-grade e probabilmente con meno di 10 Kg. di plutonio reactor-grade. Dunque i quantitativi di plutonio accumulati dal Giappone (25 tonnellate di plutonio e altrettante in arrivo nei prossimi anni) appaiono decisamente significativi e comunque sufficienti a costruire molte centinaia di testate.

A questo bisogna aggiungere che il Giappone possiede un struttura tecnologica particolarmente avanzata, che lo metterebbe in grado, se necessario, di procurarsi una forza nucleare consistente con un preavviso di pochi mesi se non poche settimane. A questa forza nucleare potrebbe con altrettanta facilita' accoppiarsi una forza missilistica considerevole.

Dunque lo stato del Giappone e' quello di potenza nucleare virtuale; possiede il materiale fissile, le conoscenze tecnologiche, la struttura industriale per diventare rapidamente una potenza nucleare. Si puo' paradossalmente anche definire il Giappone come una potenza nucleare in uno stato di zero allerta, in cui cioe' le testate nucleare sono totalmente disassemblate e separate dai missili.

Quello che manca perche' il Giappone diventi una potenza nucleare effettiva e' una decisione politica in tale senso. Come e' ben noto, ora tale decisione politica non c'e' e quindi la capacita' nucleare militare del Giappone resta interamente virtuale.

Due punti occorre sottolineare:

  • quanto detto prima e' perfettamente compatibile con il fatto che il Giappone e' estremamente scrupoloso nel rispetto delle normative internazionali per il controllo del materiale nucleare e nella cooperazione con i vari organismi internazionali di controllo, in primis con l'IAEA.
  • la posizione del Giappone come potenza nucleare virtuale non e' unica all'interno dei paesi tecnologicamente avanzati. Analogo discorso si potrebbe fare, ad esempio, per la germania o per altri paesi dell'Europa occidentale. Tuttavia quello che caratterizza il Giappone e' da un lato il grande quantitativo di plutonio accumulato e dall'altro la posizione geostrategica del Giappone che e' diversa e, sotto molti aspetti, piu' critica di quella, ad esempio, dei paesi europei. Si pensi alla minaccia missilistica e nucleare della Corea del Nord, alla presenza di un una grande potenza nucleare come la Cina che compete con il Giappone sul piano economico, sul piano dell'acquisizione di risorse energetiche e con cui i rapporti sono caratterizzati da difficolta' di varia natura compresi alcuni problemi lasciati irrisolti dai tempi dell'ultimo conflitto sino-giapponese.

In ultimo vorremmo osservare come lo sviluppo di un esteso ciclo del plutonio ponga intrinsecamente problemi a proposito della proliferazione nucleare.

Innanzitutto i rischi connessi al furto o al trafugamento del materiale nucleare fissile aumentano con l'aumentare del materiale fissile immediatamente usabile nella preparazione di bombe. Poi la diffusione del ciclo del plutonio puo' indurre gli altri paesi della regione a lanciarsi nella strada del riprocessamento del plutonio, indipendentemente dalla convenienza economica, per un effetto imitativo motivato dal desiderio di acquisizione di prestigio tecnologico e politico. Emblematico in questo senso e' il desiderio della Corea del Nord di acquisire una capacita' nucleare civile (si ricordi l' "agreed framework" tra USA e Corea del Nord del 1994).

In un articolo pubblicato sul numero di luglio agosto 1998 della rivista "Foreign Affairs" l'ex primo ministro giapponese Morihiro Hosokawa sostiene la necessita' generale di una riduzione della presenza di truppe americane in Giappone e, allo stesso tempo, sottolinea "E' interesse degli Stati Uniti quello di mantenere la sua allenza col Giappone e continuare a provvedere un ombrello nucleare, se non vuole che il Giappone si ritiri dal trattato di non-proliferazione e sviluppi il proprio deterrente nucleare".

La possibilita' di costruire un deterrente nucleare autonomo e' stata in passato presa variamente in considerazione, in Giappone come in molte altri Paesi.

Interessante e' una dichiarazione rilasciata da un alto funzionario del Ministero degli esteri giapponese, riportata nel 1992 dal giornale Asahi Shimbun(4):

" La mia personale opinione e' che il Giappone non dovrebbe abbandonare l'opzione nucleare come sostegno alla sua forza diplomatica. Il Giappone dovrebbe acquisire una capacita' nucleare, ma mantenere una politica non-nucleare per il momento. Per questo il Giappone deve accumulare plutonio e sviluppare la tecnologia missilistica."

Un argomento che viene spesso riportato a proposito del Giappone e' la cosidetta allergia atomica, cioe' il fatto che, come unico Paese che ha subito un attacco nucleare, il Giappone non potrebbe concepire la costruzione di una forza nucleare. Ora e' evidente che l'opinione pubblica ha una forte ostilita' verso le armi nucleari. Tuttavia nel 1969 un sondaggio condotto dal giornale Yomiuri Shimbun rivelava che solo l'8% degli intervistati credeva che il Giappone non avrebbe posseduto l'arma nucleare nel 2000 (5). Il Giappone ha poi atteso 6 anni prima di ratificare (1976) il tratto di non-proliferazione nucleare. Nel 1995 e cioe' in un clima di dopo guerra fredda, un sondaggio della Nikkei mostrava che l'11% degli intervistati era convinto che il Giappone avrebbe acquisito un arsenale nucleare entro un decennio (5).

Dunque l'allergia nucleare e' presente in Giappone, ma non e' certo assoluta. Inoltre non e' detto che questa allergia duri indefinitamente, anche quando la generazione cha ha sperimentato direttamente le conseguenze della bomba sara' sparita.

Tra i possibili elementi che potrebbero spingere il Giappone a considerare una eventuale nuclearizzazione citiamo (6):

  1. Perdita di fiducia nella protezione nucleare degli Stati Uniti
  2. Interruzione del processo di disarmo nucleare
  3. Aggravamento della situazione politico-militare nella area nordorientale dell'Asia.

Per procedere ad un eventuale nuclearizzazione il Giappone dovrebbe indubbiamente superare molti ostacoli, tra cui il ritiro dal trattato di non-proliferazione e la rinuncia ai "tre principi non-nucleari" (rifiuto di costruzione, possesso e introduzione nel paese di armi nucleari) che sono stati solennemente assunti dalla Dieta nel 1971 come base politica, ma che, si noti, non sono mai stati trasformati in legge (7). La stessa costituzione Giapponese (art.9) non proibisce l'acquisizione di armi nucleari, purche' cio' avvenga con intenzioni puramente difensive.

Un eventuale cammino verso il nucleare militare dovrebbe prevedere o l'utilizzo del plutonio reactor-grade o, forse piu' probabilmente, la preparazione apposita di plutonio weapon-grade. In entrambi i casi, avverte Kumao Kameko (7), si tratterrebbe di una violazione degli accordi internazionali stabiliti tra Giappone e USA, Canada, Francia, Gran Bretagna, Australia che prevedono un uso esclusivamente pacifico delle tecnologie, degli strumenti e del combustibile nucleare importato dal Giappone.

L'obiezione comunque piu' forte ad una decisione di nuclearizzazione del Giappone resta comunque una motivazione politica complessiva. La decisione di acquisre armi nucleari non puo' essere certo presa alla leggera da nessun Paese e questo e' vero in particolare per il Giappone.

Quindi il Giappone oggi si limita a ricordare al mondo e ai Paesi vicini che e' in grado, se necessario, di procedere ad una rapida ed ampia nuclearizzazione. E questo monito e' evidenziato dalle capacita' tecnologiche e sottolineato dalla grande accumulazione di plutonio.

Come ha detto nel 1993 il Ministro degli Esteri Muto "Se la Corea del Nord sviluppa armi nucleari e diventa una minaccia per il Giappone, prima c'e' l'ombrello nucleare americano su cui possiamo fare affidamento. Se questo non basta, avere la consapevolezza che `noi possiamo farlo' e' importante" (8).

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Vediamo invece quanto riporta Andrea Tani sul sito www.paginedidifesa.it del 24 giugno 2002

 

Secondo l'International Herald Tribune del 13 giugno 2002, il Segretario Generale del Governo nipponico Yasuo Fukuda - personaggio molto influente e ascoltato dell'establishment, una specie di eminenza grigia del Premier Koizumi - è diventato il più autorevole alto funzionario dell'Amministrazione di Tokio ad invocare per il suo Paese, l'unica grande Potenza asiatica a non avere armamento atomico, il superamento del tabù nucleare. Fukuda ha dichiarato che la Costituzione giapponese "non esclude il possesso dell'arma atomica". Aggiungendo che "i tempi sono cambiati a tal punto che si comincia a pensare di rivedere la stessa Costituzione per adeguarla ai nuovi scenari". Gli stessi scenari "potrebbero portare in certe circostanze l'opinione pubblica a richiedere che il Giappone acquisisca una autonoma capacità nucleare", ampiamente a portata della moderna e sofisticata tecnologia dell'industria nipponica (9)

Si ricorderà che il Paese del Sol Levante è anche quello che possiede il maggior numero di reattori nucleari autofertilizzanti, gli unici in ambito civile a produrre plutonio in quantità ragguardevole. Poiché non si tratta del modo più economico di generare elettricità dall'atomo, è più che evidente che la posizione di Fukuda (che peraltro appartiene ad una importante dinastia politica del suo Paese) viene da lontano e stupisce solo chi vuole stupirsi a tutti i costi. (10)

Scrive uno dei massimi esperti militari della regione del Pacifico, Paul Dibb, direttore del Centro per gli Studi Strategici di Camberra, "Peace looks fragile in Asia" che, a differenza del teatro europeo, una guerra maggiore fra grandi Paesi è tutt'altro che impensabile in questa regione, che vanta, nel settore militare, un record dietro l'altro. Ospita i maggiori contenziosi fra Stati del mondo contemporaneo: il citato India-Pakistan, l'India-Cina, quelli fra le due Coree e le due Cine (con gli Stati Uniti sullo sfondo di entrambi), la disputa sul petrolio del mar Cinese meridionale, che interessa otto Paesi, l'irrisolta questione delle isole Curili fra Giappone e Russia e, se vogliamo, anche la polveriera mediorientale, che si protende con tutte le sue propaggini dal Maghreb alla Corea del Nord. Insieme a quelli minori si arriva a più di una ventina di conflitti potenziali. (11)

L'Asia è il più munito campo trincerato del globo, con dieci milioni di soldati in armi. Dal 1985 le spese militari vi sono aumentate del 30%, nonostante la crisi economica del '97-'98. Più della metà dei proliferatori nucleari, chimici e biologici del mondo appartengono a questa area geopolitica. Se si considerano gli Stati Uniti come Paese asiatico ad honorem, per i loro vasti interessi e coinvolgimenti nell'area, fra le prime cinque potenze militari del pianeta, quattro giacciono nella regione. Il Giappone, una di esse, è il secondo o il terzo erogatore di spese per la difesa del mondo, a seconda di come rileggono le cifre russe. Anche se come abbiamo visto possiede solo armamenti convenzionali. A peggiorare le cose, non esistono in questa parte di mondo sistemi collettivi di sicurezza simili alla Nato, né trattati multilaterali per la riduzione delle tensioni (12)


NOTE

(1) Ad esempio nel periodo 1971-1995 la regione OECD del Pacifico (Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda) ha avuto un incremento annuo di domanda energetica del 2.6% confrontato al 1.2% dell OECD - Nord America e al 1.3% dell'OECD - Europa

(2) Si veda tra l'altro Japan's Nuclear Future, Selig S. Harrison editor, Carnegie Endowment for International Peace (1996), Washington DC e il web site del CNIC (http://www.jca.ax.apc.org/cnic/english/data/)

(3) US DOE "Non proliferation and Arms Control assessment of Weapons-Usble Fissile Material Storage and Excess Plutonium Disposition Alternatives" USGPO (1997), Washington DC

(4) Japan's Nuclear Future (op. cit) pag. 76

(5) citato in K.Calder, Pacific Defense, (1966) W. Morrow & Company

(6) Questi fattori sono stati esplicitati dal Prof. Fuji Kamiya della Accademia Nazionale di Difesa, come riportato in Bunraku Yoshino "Japan and Energy Security" (address to the Energy Security Group, Council on Foreign Relations, Washington DC March 14, 1995)

(7) Kumao Kaneko " Nuclear Weapons, Japan and Asian Security" The Tokai University Journal no. 26, pag. 153-170 (1966)

(8) Japan's Nuclear Future (op.cit) pag. 29

 (9) International Herald Tribune, 13 giugno 2002

 

(10) Pagine di Difesa, 24 giugno 2002

 

(11) International Herald Tribune del 19 giugno 2002

 

(12) Pagine di Difesa, 24 giugno 2002
 

ODO GELLI FAR FESTA


Marco Travaglio sull'intervista di Maurizio Costanzo al signor
Vittorio Emanuele Savoia

ODO GELLI FAR FESTA

di Marco Travaglio
da l'Unità del 3 ottobre 2006

L'intervista di Maurizio Costanzo (tessera P2 n. 1819) a Vittorio
Emanuele di Savoia (tessera P2 n. 1621) su Canale 5 diretto da
Massimo Donelli (tessera P2 n. 2207) e di proprietà di Silvio
Berlusconi (tessera P2 n. 1816) è stata un momento di grande
televisione.
Sia per l'atmosfera di gaia rimpatriata, sia per un certo qual
retrogusto di buon tempo antico. Tutto passa, tutto scorre, ma
l'ancoraggio alla miglior tradizione nazionale non viene mai meno: la
P2, se Dio vuole, è viva e lotta insieme a noi.

Prossimamente su questi schermi: Costanzo intervista Gelli (remake
del celebre tete à tete sul Corriere del 5 ottobre 1980), Costanzo
intervista Cicchitto, Costanzo intervista Berlusconi (ma questa
dobbiamo averla già vista da qualche parte). Domenica i due
muratorini fingevano di non conoscersi. Si davano del lei.

Fratello Maurizio, con fare paterno, anzi fraterno, dispensava
buffetti al fratello Vittorio, trattato un po' come il fratello
scemo: "Principe, attento alle cattive compagnie, che poi la
trascinano sulla cattiva strada". "Dottore, la ringrazio di questa
opportunità e dei buoni consigli". "Principe, abbiamo letto le sue
telefonate, non crede di doversi scusare?". "Ma certo, Dottore, sono
stato coinvolto senza saperlo, avrò fatto delle cattive scelte, degli
errori, me ne pento e me ne scuso". "Principe, che umiltà! Questa non
me l'aspettavo, è una cosa molto importante". "Dottore, mi scuso con
le donne, cosa si farebbe senza...". "Principe, dovrebbe scusarsi
anche con i sardi". "Ma certo, l'ho già fatto e scritto". "E poi,
principe, ci sarebbe quel ragazzo, Hamer, morto a cavallo". "Oh,
dottore, m'è dispiaciuto molto il decesso di quel povero ragazzo, ma
io non c'entravo nulla. Sa, io sono stato sempre armato soltanto di
buone intenzioni". "Ma principe, non dica così, per carità...".
Chi vedeva la trasmissione s'è fatto l'idea che il cosiddetto
principe sia stato arrestato a Potenza per qualche parolaccia
telefonica.

Purtroppo l'accusa parla di associazione a delinquere finalizzata
alla corruzione (per i traffici al casinò di Campione) e allo
sfruttamento della prostituzione (per le ragazze dell'Est che il
gentiluomo si faceva procurare da una gang di malfattori). Senza
contare la lettera anonima commissionata a un malavitoso contro il
direttore di Novella 2000 Luciano Regolo, con scritto: "Sei morto".
Insomma, non l'hanno arrestato per quel che ha detto, ma per quel che
ha fatto. Solo che quel che ha fatto non lo racconta mai nessuno. Nel
migliore dei casi, si sorvola. Nel peggiore, si mente.

Lunedì scorso Vespa ha parlato a lungo dell'inchiesta di Potenza col
ministro Mastella, accusando i magistrati di passare i verbali
degl'interrogatori ai giornali, che li pubblicano l'indomani: una
balla colossale, visto che mai dalla Procura di Potenza è uscito un
solo interrogatorio di indagati che non fosse già pubblico, cioè
depositato ai difensori, o al gip, o al Riesame, o contenuto in
un'ordinanza di custodia. Vespa aggiunse che i magistrati avevano
perseguitato il povero principe con domande intime sulle sue
abitudini sessuali e avventure extraconiugali, mettendolo in cattiva
luce con la mogliettina che l'aspettava trepidante a casa.

"Manco fosse indagato per sfruttamento della prostituzione", commentò
l'insetto, ignaro del fatto che il Savoia è indagato proprio per
sfruttamento della prostituzione. Mastella, che in teoria sarebbe il
ministro della Giustizia e ha già sguinzagliato gl'ispettori a
Potenza, non aveva nulla da obiettare nemmeno alla seconda
superballa, raccontata - fra l'altro - da un giornalista in plateale
conflitto d'interessi, visto che era stato immortalato dalle
intercettazioni di Potenza mentre concordava col portaborse di Fini
un'intervista "cucita addosso" al leader.

Grazie all'Ordine dei giornalisti che ha sospeso per 12 mesi un
giornalista-spione sul libro paga del Sismi e per pochi mesi tre
firme telecomandate da Moggi, sappiamo che certe cose non si possono
fare, anche se chi le fa rischia poco o nulla.

(english / italiano)

GLI ASBURGO ANCORA E SEMPRE IN GUERRA CONTRO LA SERBIA



Otto d'Asburgo-Lorena è un vecchio novantatreenne, tuttora accecato
dall'odio nei confronti dei suoi nemici di gioventù: jugoslavi e serbi.

L'ultima uscita pubblica di questo noto rappresentante della
aristocrazia nera europea, pangermanica e neocarolingia, è stata in
Kosovo ("Kosova").

A Pristina, fianco a fianco con il criminale di guerra Agim Ceku,
Otto d'Asburgo ha scoperto una targa dedicata alla famiglia imperiale
austriaca ed ha ribadito il suo appoggio alla secessione della
provincia, come ulteriore passo nel processo di squartamento dei
Balcani secondo criteri nazionali-razziali.

D'altronde, Otto è il leader del movimento revanscista pangermanico
Paneuropa, che mira rimodellare il nostro continente secondo schemi
neofeudali ( http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/
2134 ). Negli scorsi anni, sulla questione jugoslava ha detto tra
l'altro:

"I croati, che sono nella parte civilizzata dell'Europa, non hanno
niente a che spartire con il primitivismo serbo nei Balcani. Il
futuro della Croazia risiede in una Confederazione Europea cui
l'Austria-Ungheria puo' servire come modello" (il 15 agosto 1991 su
"Le Figaro", Francia)

"Gia' negli anni Trenta, il diplomatico francese Pozzi aveva ammonito
che era un crimine costringere la civile Croazia a sottomettersi alla
Serbia, che aveva ancora tanto da imparare" (su "Globus", Croazia, il
16/6/1995, pg.6 - http://zagreb.matis.hr/books/blackhand/article.htm )

"Capibanda come Aidid in Somalia e Milosevic in Serbia hanno la
stessa ideologia ed agiscono nello stesso modo. Se l'Occidente vince
nell'ex-Jugoslavia, sara' una vittoria non solo contro il governo
totalitario di Belgrado, ma contro tutti i banditi del mondo" (sul
giornale spagnolo ABC, maggio 1994)

Rieccolo dunque, il "civilizzatore" dei Balcani, a sponsorizzare i
nazifascisti locali.

(a cura di IS)

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http://news.yahoo.com/s/afp/20061006/en_afp/
kosovoaustriaroyals_061006191721

Agence France-Presse
October 6, 2006

Kosovo town square named after Austrian royal family

PRISTINA, Serbia - The coat of arms of the Austrian
royal family, the Habsburgs, was unveiled in the
Kosovo town of Decane on a square that was named after
the family, local media reported.
The family's 93-year-old representative, Otto Von
Habsburg-Lothringen, attended the ceremony and
unveiled the plaque with local officials.
During a two-day visit to the UN-run province of
Kosovo, Von Habsburg met senior international and
local officials in the capital Pristina, including
Prime Minister Agim Ceku.
He said he supported the desire of Kosovo's ethnic
Albanian majority to gain independence from Serbia.
"Kosovars should be proud of their place. Their
friends will support them in achieving their desire
for an independent state integrated into the
European Union," he said.
Technically still part of Serbia, Kosovo has been
administered by the United Nations since 1999, when a
NATO bombing campaign ended Belgrade's military
offensive against ethnic Albanian separatists.
Serbia considers Kosovo to be the cradle of its
history and culture and strongly opposes any bid for
independence.