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VIVA FIDEL ! VIVA FIDEL !


Da: "Gennaro Scala"
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Oggetto: I musicisti osannano Fidel: La Russa ferma il concerto

I musicisti osannano Fidel: La Russa ferma il concerto

da Milano Luca Telese

Il Giornale, 25 settembre 2005

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=31045&START=0


La scena è di quelle che non si dimenticano: il gigante nero con la
tromba,
che poco dopo risulterà rispondere al nome di Ramon Martinez è lì, sul
palco
della festa tricolore, proprio sotto la fiamma del simbolone di An.
Alza il
suo strumento al cielo, avvicina la bocca al microfono e grida: «Vi-va
Fidel! Vi-va Fidel!». Possibile? Castro osannato alla festa di An? Che
si
tratti di uno scherzo, o forse della scena di un film girato in piena
città?
No, tutto vero.

In una serata con due colpi di scena, il primo è quello del gigante
nero; il
secondo quello di Ignazio La Russa, che un minuto dopo il trombettista,
afferra anche lui il microfono e, a sorpresa, dice.... No. cosa fa La
Russa
ve lo diremo solo alla fine dell'articolo.

Infatti, per raccontare le cose con ordine bisogna partire dall'inizio
della
serata e dall'equivoco che la segna. Gli uomini di An hanno invitato a
parlare nella loro festa alcuni dissidenti cubani per un dibattito sulle
libertà negate a Cuba.

L'ospite principale è l'intellettuale Carlos Caballero, occhialini da
miope,
baffi e fisico minuto. A seguire - per restare in tema - è prevista una
serata di musica cubana. Per l'occasione gli organizzatori sono
riusciti a
ottenere la presenza dei Sabor Tropical di Santiago de Cuba -
trent'anni di
storia e note - una delle migliori orchestre dell'isola caraibica. Solo
che
i musicisti non sanno nulla della festa in cui stanno per suonare, né
del
dibattito che precede la loro performance. Quando Caballero inizia a
raccontare che Cuba vive sotto una dittatura, dietro il palco iniziano
le
prime concitate discussioni. Forse alcuni musicisti temono la presenza
di
qualche diplomatico dell'ambasciata, sicuramente molti di loro sono
sinceramente fidelisti e lo vogliono dire. Discutono animatamente con il
loro manager, decidono che suoneranno solo se potranno dissociarsi
pubblicamente dalle parole dei dissidenti: «Noi siamo una orchestra con
trenta anni di storia, facciamo musica - dice Martinez a nome degli
altri al
microfono - ma siamo anche patrioti, crediamo nelle conquiste della
nostra
rivoluzione. Suoneremo lo stesso, ma viva Fidel!». Tutti gli altri
musicisti
alzano i loro strumenti e gli fanno il coro: «Vi-va Fidel! Vi-va
Fidel». La
platea è gelata, e non sa cosa fare: difendere i dissidenti? Tacitare i
musicisti? Come conciliare l'ospitalità e l'identità del partito? Mentre
tutti si stanno facendo questa domanda, una figura piomba sotto il
palco con
tempismo impareggiabile. È lui, La Russa. Prende il microfono e dice con
tutto il fiato che ha in corpo: «Questa è casa nostra, e noi siamo
persone
corrette non possiamo nemmeno accettare che si esalti un dittatore!
Allora
vi ringraziamo, vi pagheremo lo stesso, ma non vogliamo sentirvi
suonare,
qui, stasera!». Boato della platea, facce scure dei musicisti che
scendono
dal palco. Accorre un cordone di agenti, il responsabile delle forze
dell'ordine teme incidenti (che non ci saranno). Civilmente divisi i due
schieramenti si ritirano: i giovani di An a chiacchierare con gli
antifidelisti, i musicisti e le loro famiglie con il manager, Lucio
Laganà:
<<Siamo dei musicisti, non dei mercenari - ripete Martinez - io sono
iscritto al partito comunista cubano da trent'anni, non potevo tacere».
Passata la rabbia e chiarito l'equivoco, in tempi di grandi
contestazioni la
soluzione della festa tricolore potrebbe diventare un piccolo modello:
An
non accetta il comizio dei suonatori, ma vuole pagare egualmente; gli
oppositori anti-castristi riescono ad ottenere il massimo della
visibilità;
i suonatori castristi hanno difeso le proprie ragioni e anche loro non
hanno
accettato il compenso. Potrebbero rifarsi con il marketing involontario:
vuoi vedere che ora li invitano a tutte le feste di Rifondazione del
Pdci?
Sarebbe bello, se accadesse davvero, che si ricordassero di ringraziare
La
Russa.

COMUNICATO STAMPA

Mercoledì 5, giovedì 6 e venerdì 7 ottobre 2005, presso la Sala
Proiezioni del Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione,
della Guerra, dei Diritti e della Libertà, in corso Valdocco 4/A
(Torino), si terrà una retrospettiva dedicata al regista croato Lordan
Zafranovic.

L'iniziativa, organizzata dall'Archivio Nazionale Cinematografico della
Resistenza insieme al Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia,
prevede la proiezione di tre film (Occupazione in 26 immagini, La
caduta dell'Italia, Il tramonto del secolo/Testamento) inediti in
Italia, centrati sui temi dell'occupazione italiana nei paesi dell'ex
Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale.

Occupazione in 26 immagini (1978, Arena d’oro a Pola, in concorso a
Cannes) fu il film più visto in Jugoslavia e in Cecoslovacchia nella
stagione 1978/79. Il racconto delle atrocità commesse dai
collaborazionisti ustasa durante l’occupazione italiana e tedesca della
città di Dubrovnik nel 1941 è famoso per una memorabile scena su un
autobus in cui si scatena la ferocia degli assassini.

La caduta dell'Italia (1981, Arena d’oro a Pola, premio Jelen sempre a
Pola, e Grand Prix a Valencia, presentato a Venezia) analizza la
brutalità fascista attraverso le imprese compiute dalle truppe
d’occupazione italiane e tedesche e dai collaborazionisti ustasa e
cetnici in un’isola della Dalmazia.

Il tramonto del secolo/Testamento (1994) appartiene invece al genere
documentario, e può essere considerato la sintesi della sua opera
nell'ambito del filone storico-politico dedicato alla Seconda Guerra
Mondiale.

Il regista, presente in sala, introdurrà personalmente i film. Tutte
le proiezioni avranno inizio alle ore 17.00.

Per informazioni:
011/4380111
011/4357853
redazione@...

Torino, 22 settembre 2005

---

LORDAN ZAFRANOVIC - Maslinica, isola di Solta (Croazia), 1944

Cineasta controverso e scomodo, il suo tema o la sua ossessione è
l’analisi del male e del delitto, individuale e collettivo, a cui si
contrappone spesso il potere dell’eros.
Laureato in Lettere e Belle Arti a Spalato, pittore, completa gli studi
di regia all'Accademia di Cinema di Praga (FAMU), dove in seguito
insegna. Inizia con film amatoriali e sperimentali nel 1961 (ne
realizza una sessantina), e nel 1965 entra nel mondo della produzione
professionale di cortometraggi, con una serie di lavori (Pomeriggio,
Ave Maria) in cui già sono presenti i temi del male e della violenza
nell’animo umano.
Al lungometraggio si era già avvicinato come studente (La domenica,
1969), ma il suo primo lungometraggio importante è Muke po Mati (La
passione secondo Matteo) del 1975, premiato a Pola con il premio della
critica.
La sua opera si può dividere secondo due filoni: quello
esistenziale-metafisico-erotico – che include il già citato Muke po
Mati, Ujed andjela (1984), Haloa-praznik kurvi (1988), basato sul tema
del triangolo erotico, e Lacrimosa (1995), caratterizzato dal tema
della vendetta - e quello storico-politico, dedicato alla Seconda
Guerra Mondiale e compiuto ne La Trilogia : Okupacija u 26 slika
(L’occupazione in 26 immagini), Pad Italije (La caduta dell’Italia),
Vecernja zvona (Le campane a sera).
Okupacija u 26 slika (1978, Arena d’oro a Pola, in concorso a Cannes)
fu il film più visto in Jugoslavia e in Cecoslovacchia nella stagione
1978/79. Il racconto delle atrocità commesse dai collaborazionisti
ustasa durante l’occupazione italiana e tedesca della città di
Dubrovnik nel 1941 fu reso famoso da una memorabile scena su un autobus
in cui si scatena la ferocia degli assassini. Pad Italije (1981, Arena
d’oro a Pola, premio Jelen sempre a Pola, Grand Prix a Valenzia,
presentato a Venezia) continua ad analizzare la brutalità fascista
attraverso le imprese delle truppe d’occupazione italiane e tedesche e
dei collaborazionisti ustasa e cetnici in un’isola della Dalmazia.
La Trilogia di guerra termina con il film Vecernja zvona (1986, premio
per la regia, premio Jelen a Pola), che affronta le contraddizioni e le
tragedie di un’epoca significativa nella storia della Jugoslavia, e del
movimento comunista, quella del contrasto Tito-Stalin. Ma anche nei due
film precedenti vengono posti i temi della disuguaglianza tra gli
uomini, della ricchezza e della povertà, della consapevolezza e della
libertà, temi aperti a cui il regista non dà risposte predefinite.
Una caratteristica dei film di Zafranovic è il continuo indugiare sulla
bellezza dei paesaggi, quasi a indicare una contraddizione tra la
bellezza del mondo e la ferocia della specie umana.
La sua opera include anche la realizzazione di molti documentari, tra i
quali spiccano Antika (1972), Rad zida grad (1975) e Krv i pepeo
Jasenovca (1983), premiati al Festival del Documentario di Belgrado.
Una sintesi un po’ particolare della sua opera è il film Zalazak
stoljeca/Testament - Il tramonto del secolo/Testamento (1994): un
documentario della durata di più di tre ore, in cui si intrecciano
spezzoni di provenienza nazista e ustasa.
Si è anche dedicato a regie televisive per le televisioni di Zagabria e
Belgrado.
Dopo i cambiamenti politici degli anni '90 e la disgregazione della
Jugoslavia, si allontana dalla Croazia; a Praga, dove vive attualmente,
si dedica a nuovi progetti, spesso comunque legati alle tematiche del
territorio della ex- Jugoslavia.
Un' interessante realizzazione è il recente documentario, commissionato
dal governo della Repubblica Popolare Cinese, sulla città di Shangai
(Simfonija nebeskog grada/The Symphony of the Heavenly City) e
realizzato dalla Radio-televisione serba.

L'appassionato discorso all'ONU del Presidente della Bielorussia Alexander
Lukashenko. Di seguito il discorso completo, preceduto da alcuni brani tradotti
in italiano.

Quindici anni sono passati dalla fine del mio paese, l'Unione Sovietica.
Quell'evento ha drammaticamente cambiato l'ordine mondiale. L'Unione Sovietica,
nonostante gli errori e gli abbagli dei suoi leader, era una sorgente di
speranza e supporto per molti stati e popoli. L'Unione Sovietica forniva
il bilanciamento del sistema globale. Oggi il mondo è unipolare con tutte
le conseguenze che ciò comporta.
La prospera Jugoslavia è stata devastata ed è scomparsa dalla mappa dell'Europa.
L'infinitamente sofferente Afghanistan è divenuto un focolaio di conflitti
e traffico di droga. La macelleria irachena sta continuando anche oggi. Il
paese si è trasformato in una enorme fonte di instabilità per la regione.
Iran e Corea del Nord, Colombia, Cuba e gli altri stati sono continuamente
sotto tiro.
Se non ci sono conflitti, vengono inventati. Se non ci sono pretesti per
interventi, ne vengono creati di immaginari. Per questo fine una bandiera
molto conveniente è stata scelta, quella della democrazia e dei diritti umani.
E non nel loro senso originale dei diritti dei popoli e della dignità personale,
ma solamente ed esclusivamente nell'interpretazione della leadership degli
Stati Uniti.
Spiacevolmente, le Nazioni Unite, benché appartengano a noi tutti, vengono
usate come uno strumento di questa politica. Sto dicendo questo con particolare
amarezza e dolore come Presidente di una nazione co-fondatrice dell'ONU,
che ha sacrificato le vite di un terzo del proprio popolo durante la seconda
guerra mondiale per amore della nostra libertà e della libertà dell'Europa
e del mondo intero.
I leader di stati sovrani quali Jugoslavia e Iraq sono stati messi dietro
le sbarre in seguito ad accuse infondate, assurde e inverosimili. Questa
è una maniera comoda e opportuna per nascondere la verità sull'annientamento
dei loro paesi. Il processo Milosevic è divenuto una farsa da molto tempo.
Saddam Hussein è stato abbandonato alla mercè dei vincitori, come al tempo
dei barbari. Essi dovrebbero essere rilasciati per poter difendere liberamente
i loro diritti, l'onore e la dignità umana.

Dobbiamo essere consci che la diversità delle vie per giungere al progresso
è un valore duraturo della nostra civiltà, l'unico che può assicurare stabilità
in questo mondo.


Mr. President,
Ladies and Gentlemen,

To have an honest look at today?s world is the reason why state leaders have
convened here at the United Nations. Together we must gain the understanding
of the main thing: do we lead our countries and the mankind along the right
path? We should answer this question for ourselves and our nations. Without
that we have no chance to get out of the deadlock that we are in.
Fifteen years have passed since the break-up of my country, the USSR. That
event dramatically changed the world order. The Soviet Union, despite all
mistakes and blunders of its leaders, was the source of hope and support
for many states and peoples. The Soviet Union provided for the balance of
the global system.
Today the world is unipolar with all the consequences stemming from this.
The once prosperous Yugoslavia was devastated and disappeared from the map
of Europe.
The long-suffering Afghanistan became a hotbed of conflicts and drugs trafficking.
A bloody slaughter in Iraq is continuing to the present day. The country
has turned into a source of instability for the vast region.
Iran and North Korea, Columbia, Cuba and other states are looked at through
gun sights.
Belarus is a nation just like the majority represented in this hall. Having
emerged from the debris of the Cold War, Belarus has managed to become a
state of advanced science and technology inhabited by ten million of highly
educated and tolerant people. The UN ranked us as a developed country with
a high level of human development.
Like you, what we need from the world is peace and stability. Nothing more.
The rest we shall create ourselves through our own efforts. My country is
free from conflicts. Different nations and nationalities peacefully coexist
in Belarus each practicing religions of their own and having their own way
of life.
We do not cause any trouble for our neighbours, do not have any territorial
claims, do not try to influence their choice of the way of development.
We gave up our nuclear arms and voluntarily relinquished the rights of a
nuclear successor to the USSR.
Today we shall sign the Convention for the Suppression of Acts of Nuclear
Terrorism. We also declare that we have decided to sign the Additional Protocol
to the Agreement between the Republic of Belarus and the International Atomic
Energy Agency for the Application of Safeguards in Connection with the Treaty
on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons.
We have established a lasting and successful union with Russia as our very
close neighbour.
We build our country using our own wits and on the basis of our own traditions.
But it is obvious that this very choice of my people is not to everyone?s
pleasure. It doesn?t please those who strive to rule the unipolar world.
Wonder how?
If there are no conflicts - they are invented.
If there are no pretexts for intervention - imaginary ones are created.
To this end a very convenient banner was chosen - democracy and human rights.
And not in their original sense of the rule of people and personal dignity,
but solely and exclusively in the interpretation of the US leadership.
Has the world really become so black-and-white, deprived of its diversity
of civilizations, multicoloured traditions and ways of life meeting aspirations
of people?
Of course not! The simple thing is that it is a convenient pretext and an
instrument to control other countries.
Regrettably, the United Nations, though it belongs to us all, allows itself
to be used as a tool of such policy. I am saying this with particular bitterness
and pain as President of the country that co-founded the UN, after sacrificing
the lives of one third of its people during the Second World War for the
sake of our own freedom and the freedom of Europe and the entire world.
The Human Rights Commission keeps mechanically stamping resolutions on Belarus,
Cuba and other countries. Attempts are being made to impose such resolutions
also on the UN General Assembly.
But how can the United Nations be minding imaginary "problems" while unable
to see true disasters and catastrophes? Those which nobody other than the
UN as community of civilized nations can cope with?
Quite recently, in the room next to ours we were shown maps and graphs allegedly
depicting weapons of mass destruction in Iraq. Were those weapons found?
They do not exist. In the meantime, Iraq is bleeding, devastated, people
brought to utmost despair. Terrorists are threatening to use weapons of mass
destruction against cities in Europe and America.
Has there been an open and independent trial under UN supervision of the
Guantanamo prisoners? How many of them are there and who are they?
Who will defend the rights of the Abu Graib victims and punish all of their
torturers without exception?
Afghanistan was destroyed with rockets and bombs under the pretext of finding
Bin Laden. Was the world?s "number one terrorist" captured? Where is he now?
He is at large, but Afghanistan and Iraq territories began to generate hundreds
and thousands of international terrorists.
Foreign troops occupied the independent Afghanistan but the drugs production
grew ten-fold. Did those troops enter the country for this purpose?
Today, Belarus, Tajikistan, Russia and other former Soviet states are literally
flooded with a wave of "traditional" drugs from Afghanistan meeting a wave
of previously unknown synthetic drugs from Europe.
The leaders of the sovereign states of Yugoslavia and Iraq were put behind
bars on groundless, absurd and far-fetched accusations. This was a very opportune
way to conceal the truth about annihilation of their countries.
The trial of Milosevic was made into a caricature since long ago. Saddam
Hussein was abandoned to the winner?s mercy, like in barbarian times. There
is nobody to defend their rights except the UN, their states no longer around,
destroyed.
They should be released to be able to defend freely their rights, honour
and human dignity.
AIDS and other diseases are ravaging Africa and Asia.
Poverty and deprivation have become a real and not a virtual weapon of mass
destruction, moreover - racially selective one.
Who will be able to stop this?
Who will insist that the United States of America put an end to its attempts
against Cuba and Venezuela? These countries will independently determine
their lives.
Trafficking in persons has become a flourishing business. Sexual slavery
of women and children are seen as a common thing, almost a norm of life.
Who will protect them and bring to justice consumers of "live commodity"?
How can this disgrace to our civilization be done away with?
This, in short, is the distressing account of the transition to the unipolar
world.
Was it for that purpose that we established the United Nations?
Is it not high time for the UN to put an end to internal corruption scandals
and get down in deed to address anguish and misery of the world? The answer
to this question, in our view, is very clear.
We cannot bury our head in the sand like an ostrich.
In the end, the UN is us.
Therefore, it is up to us to take the destiny of the world in our own hands.
We must realize that the unipolar world is a world with a single track, a
one-dimensional world.
We must become aware that THE DIVERSITY OF WAYS TO PROGRESS IS AN ENDURING
VALUE OF OUR CIVILIZATION, the only one that can ensure stability in this
world.
The freedom of choice of the way of development is the main precondition
for a democratic world order. This is exactly what this Organization was
established for.
I do hope that the mighty of the world will understand this too. Otherwise,
the unipolar world will ultimately strike them back. Great American Presidents
Woodrow Wilson and Franklin Roosevelt, who stood at the roots of the League
of Nations and the United Nations, were conscious of that.
Should we agree between us on this principal point, then we would succeed
in implementing the principles of multipolarity, diversity and freedom of
choice both in reality and the UN documents that we must abide by. We would
protect the world from terrorism and the vulnerable, women and children,
from slavery. We would protect all those unprotected.
It is then that the UN would become the organization of the genuinely united
nations. This, and not the numerical increase of the Security Council membership,
is precisely the core of the UN reform.
I thank you.

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Voce jugoslava - Jugoslavenski glas


Svakog utorka, od 14,00 do 14,30 sati, na Radio Città Aperta, i valu FM 88.9
za regiju Lazio, emisija:
JUGOSLAVENSKI GLAS
Emisija je u direktnom prijenosu. Moze se pratiti i preko Interneta: http://www.radiocittaperta.it/
Kratke intervencije na telefon +39-06-4393512.
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Ogni martedì dalle ore 14,00 alle 14,30:
VOCE JUGOSLAVA
su Radio Città Aperta, FM 88.9 per il Lazio. Si può seguire, come del resto
anche le altre trasmissioni della Radio, via Internet: http://www.radiocittaperta.it/
La trasmissione è bilingue (a seconda del tempo disponibile e della necessità)
ed in diretta. Brevi interventi telefonico allo 06-4393512.
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Program - programma 27. IX. 2005


1. Jucer, danas, sutra, datumi ... da se ne zaboravi;
2. "Od Triglava do Vardara..."

1. Ieri, oggi, domani, date ... da non dimenticare;
2. "Dal monte Triglav al fiume Vardar, dal Danubio al Mare Adriatico..."

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