Informazione

[NOTA: sulle posizioni recentemente espresse da P. Handke si noti tra
le altre la reazione scomposta di Mile Lasić (Danas, 24 giugno 2005,
tit. orig. "Djavoljev segrt" i "prijateljsko lice") riprodotta in
lingua italiana da Osservatorio Balcani ("Peter Handke difensore di
Milosevic" -
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/4452/1/51/ ).
Si noti che quest'ultimo sito - che si avvale del finanziamento di ONG
anti-jugoslave ed istituzioni locali e rispecchia le posizioni della
Commissione Europea - pubblica esclusivamente la critica ad Handke,
senza pero' riprodurre i testi originali di questo autore; allo stesso
modo, Osservatorio Balcani dall'inizio del "processo" a Milosevic ha
negato ai suoi lettori le trascrizioni di qualsivoglia intervento di
Milosevic in aula, conpresa l'importante "autodifesa" (vedi in fondo a
questo messaggio per il nostro link). Un "fulgido" esempio di
negazione della "par condicio", dunque. (a cura di Italo Slavo)]


Da: icdsm-italia
Data: Gio 30 Giu 2005 19:23:44 Europe/Rome
Oggetto: [icdsm-italia] Peter Handke su Milosevic


SERBIA: PETER HANDKE CRITICA TRIBUNALE L'AJA SU MILOSEVIC

(ANSA) - BERLINO, 22 GIU - Lo scrittore austriaco Peter
Handke, gia' oggetto di polemiche in passato per le sue
simpatie per la Serbia, ha criticato adesso il tribunale
dell'Onu per i crimini di guerra con sede all'Aja
contestandogli la legittimita' a condannare l'ex
presidente Slobodan Milosevic. ''Sono profondamente
convinto che il tribunale mondiale, nel modo in cui si
riunisce (e si riunisce) nella sala uno della vecchia
camera di commercio dell'Aja non serve a nulla'', ha scritto
il 62/enne Handke in un saggio di una ventina di pagine
sull'edizione di luglio-agosto della rivista tedesca
'Letterature' che esce venerdi'. Il tribunale resta
''dall'inizio, di fondo e in origine sbagliato'' e non
aiutera' ''a una virgola'' all'accertamento della verita',
afferma lo scrittore. Il tribunale dell'Onu e' stato messo in
piedi ''proprio da quelle forze e quei poteri'' che erano
parte in causa nei bombardamenti in Jugoslavia nel 1999
e nel conflitto in Kosovo. E' sua ''profonda convinzione'' che
Milosevic sia davanti al tribunale sbagliato e che
''non sia colpevole nel senso dell'accusa'', afferma ancora
Handke che si e' ripetutamente adoperato per Milosevic e lo
scorso anno lo ha anche visitato in carcere in Olanda.
Lo scrittore accusa inoltre i giudici di essere prevenuti
nei suoi confronti. A dispetto dell'insufficienza di prove e'
praticamente sicuro che Milosevic e' il principale
responsabile di una ''associazione criminale'' per il
massacro di Srebrenica nel 1995. Questo e' uno ''stravolgimento
dell'istituzione del tribunale'', sostiene. I giudici
all'Aja sono una ''corporazione che non dipende da nessuno e da
niente''. Nel 1996 Handke aveva provocato uno scandalo con la
pubblicazione del testo ''Un viaggio invernale sui fiumi
Danubio, Save, Morawa e Drina ovvero giustizia per i serbi'',
in quanto la tesi ivi contenuta era che le vere vittima delle
guerra civile in Jugoslavia sarebbero stati i serbi. La
guerra nel Balcani e' stata provocata da una ''macchina
infernale che non poteva essere fermata da nessuna delle singole
repubbliche e che e' stata ulteriormente inasprita dalla
scesa in campo unilaterale di singoli stati'', afferma. Da anni
ormai e' abituato a essere chiamato ''amico dell'assassino di
massa''. ''Ognuna delle mie frasi dove non venivano menzionati i
massacri ecc. era prova della mia complicita' con il
dittatore macchiato di sangue e macellaio del Balcani'', prosegue
nel saggio. Quanto alla visita da Milosevic in prigione a
Scheveningen, ha detto, non ha avuto ''un attimo di
esitazione'' a farla: e' stato ''un dovere'', ha spiegato. Secondo
Handke, davvero pacificatore sarebbe un processo contro
la ''guerra delle bombe della Nato''. Tutti i tribunali
del mondo non si sarebbero pero' detti competenti per
il caso. Molto piu' urgenti del processo a Milosevic
sarebbero a suo dire processi contri i politici serbi
Radovan Karadzic e Ratko Mladic, entrambe alla macchia, cosi' come
pure contro i guerriglieri bosniaco musulmani. Alla luce del gran
numero di profughi serbi si e' schierato fin troppo
tardi dalla loro parte, ha sottolineato. (ANSA). BUS
22/06/2005 20:11

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SEMANARIO SERBIO
http://usuarios.lycos.es/alexmalex/html/modules.php?name=News&file=article&sid=559
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PETER HANDKE VISITA A S. MILOSEVIC
Enviado el Miércoles, 22 junio
a las 19:17:52 por kopaonik

Peter Handke dice que La Haya no tiene
derecho juzgar a Milosevic

22.6.2005.

El escritor austríaco Peter Handke cree que el TPIY no tiene
derecho a juzgar al ex presidente serbio Slobodan Milosevic, al
que ya se le ha condenado antes de empezar el juicio, y
a´nade que a quien habría que juzgar es a la OTAN
por sus bombardeos.

Estas aseveraciones están contenidas en un ensayo de veinte
páginas del escritor, una figura controvertida por su postura
pro-serbia, que publicará la revista alemana 'Literaturen' el
próximo viernes, en su número de julio/agosto.

'Estoy convencido en lo más profundo de que el tribunal mundial,
tal como delibera en la sala Uno de la antigua Cámara Económica
de La Haya, no sirve para nada', manifiesta.

El Tribunal Penal Internacional para los crímenes de guerra en la
antigua Yugoslavia (TPIY) es algo 'equivocado en su principio,
motivo y origen', establecido 'precisamente por aquellas fuerzas
y poderes' que tomaron partido en el conflicto de Kosovo y en
los bombardeos sobre Yugoslavia en 1999, escribe Handke.

Asimismo, expresa su 'profunda convicción' de que Milosevic
está 'ante el tribunal equivocado' y 'no es culpable en el
sentido de la acusación'.

El escritor austríaco acusa a los jueces de haber condenado
a Milosevic antes de que empiece el juicio, pues pese a la
falta de pruebas ahora ya está claro que es el principal
responsable de una 'organización criminal' que es culpable de
la matanza de Srebrenica en 1995, y eso es una 'inversión
del sentido del sistema judicial'.

Handke, de 62 a´nos, ha defendido reiteradamente a Milosevic,
a quien visitó el pasado a´no en la cárcel en Holanda, y
en 1996 provocó un escándalo con su ensayo 'Eine
winterliche Reise zu den Flüssen Donau, Save, Morawa
und Drina', (UN VIAJE DE INVIERNO A LOS RÍOS DANUBIO, SAVE,
MORAVA Y DRINA O JUSTICIA PARA SERBIA - cómpralo en la
Casa del Libro
[http://www.casadellibro.com/homeAfiliado?codigoCategoria=20000&ca=847])
en el que decía que los serbios fueron las auténticas víctimas
de la guerra balcánica.

En su ensayo de 'Literaturen', Handke asevera que la guerra de
los Balcanes fue desatada por una 'máquina infernal' que no
pudo parar ninguna de las repúblicas implicadas y que se
intensificó por la toma de partido de algunos países.

Dice estar acostumbrado desde hace muchos a´nos a que le
llamen 'amigo de un asesino de masas' (en referencia a
Milosevic): 'Cualquier frase mía en la que no estaba
escrito nada de masacres empezó a mostrar de repente
mi complicidad con el dictador y carnicero de los Balcanes', se
queja.

Su visita a Milosevic en la cárcel de Scheveningen (Holanda)
la hizo 'sin dudar', pues era para él 'una obligación'.

Sí sería una contribución a la paz un proceso contra 'la guerra
de bombas de la OTAN', pero por desgracia ningún tribunal
del mundo se ha declarado competente para ello, a´nade.

original AQUI
[http://actualidad.terra.es/cultura/articulo/peter_handke_haya_milosevic_365115.htm%5d


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IL TESTO IN LINGUA ITALIANA DELLA AUTODIFESA DI MILOSEVIC, IN CORSO
DI REVISIONE E CORREZIONE, E' TEMPORANEAMENTE OSPITATO ALLA PAGINA:
https://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm

LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)

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SUDAN-DARFUR

USA, UE, Israele e Vaticano uniti nella lotta


Il complotto imperialista, la complicità pacifista

di Fulvio Grimaldi


(riquadro storico)
CRONISTORIA DI UNA DESTABILIZZAZIONE COLONIALISTA

Contrariamente a quanto si va dicendo, la cosiddetta "guerra civile"
sudanese non è iniziata nei primi anni '80, e neppure nei primi anni
'60, poco dopo l'indipendenza. Questa guerra di restaurazione
colonialista, mascherata, come suole, da conflitto interetnico o
interconfessionale, parte subito nel 1955, un anno prima
dell'indipendenza strappata alla Gran Bretagna. Stati Uniti, Gran
Bretagna, Israele e Vaticano, utilizzando basi di partenza e appoggi
garantiti via via da alterni governi collaborazionisti in Uganda,
Etiopia, Kenia, Congo ed Eritrea, inventano e armano un movimento
secessionista nel Sud minerario e biodiversificato del più grande
paese arabo e africano. Alimentano tensioni fin lì sopite tra
popolazioni minoritarie africane, che si vogliono cristiane per quanto
in massima parte animiste, e maggioranza semita araba e ne fanno un
gran parlare sui media complici e tra patiti dell'autodeterminazione
finalizzata a frantumare grandi realtà statuali multietniche,
multiconfessionali e multiculturali. La Jugoslavia risulterà mezzo
secolo dopo il modello più riuscito di questa strategia che parte come
"rivoluzione di velluto", o arancione che sia e, non bastando,
prosegue con la rivolta armata e si conclude con l'intervento
"umanitario" dall'esterno. Grandi propagandisti della "rivolta di un
Sud minacciato dall' islamizzazione" (per quanto pacificato una prima
volta da Gaafar Nimeiry grazie alla concessione di una larga autonomia
a tre provincie meridionali con capitale Juba) è la poderosa
confraternita dei Padri Comboniani, missionari apripista sotto la
dominazione britannica, nostalgici della loro manomissione su
istruzione e sanità di epoca coloniale, ansiosi di rivincita nei
confronti di uno Stato che si era appropriato di quelle istituzioni
nel segno della rivoluzione nazionale laica e sociale araba innescata
da Gamal Abdel Nasser.

Eroe dei comboniani e dei destabilizzatori neocolonialisti diventa
John Garang, generale fellone dell'esercito sudanese, che i suoi
padrini istigano a costituire l'SPLA (Sudanese People's Liberation
Army). La rivolta contro il governo centrale e la strategia di
secessione assume rinnovato vigore negli anni'80, caduto Nimeiry e
succedutegli leadership meno laiche e più intonate a un Islam di
Stato. Secessione sostenuta dalle solite potenze interessate alla
frantumazione della nazione araba, oltrechè del Sudan, a partire
sempre dalle basi logistiche e dai santuari sahariani e subsahariani.
Degenera però presto, non appena inizia lo sfruttamento dei giacimenti
petroliferi su vasta scala, in sanguinosi scontri tribali per barili
di oro nero, nei quali le forze regolari giocano un ruolo del tutto
secondario, ma che vede le stragi di persone e bestiame, la
distruzione di villaggi, la fuga di quasi tre milioni di profughi
verso Nord (!), poi tutti accampati intorno a Khartum, trasformati da
comboniani, media filoimperialisti e le solite ONG che annusano
affari, in "genocidio dei neri animisti e cristiani del Sud". E il
peso del sostegno a questi milioni di fuggiaschi neri dalle guerre di
secessione che appesantisce – altro elemento della strategia
colonialista - in misura sempre più grave il bilancio dello Stato e ne
impedisce il decollo sociale ed economico, al di là dei giudizi che si
possono dare sulla maggiore o minore bontà dei vari governi di
Khartum, che non sono qui in questione e non competono né a me, né a
tutti coloro che sputano sentenze da lontano senza aver mai dato uno
sguardo da vicino alla realtà sudanese.

Negli anni '90 entrano apertamente in gioco gli USA sotto
l'amministrazione Clinton. Il Sudan, messo in difficoltà più dalle
sanzioni allora decise al nuovo "Stato canaglia" e dal conseguente
isolamento internazionale che non dai rivoltosi eminentemente in lotta
fra loro, corre ai ripari intavolando negoziati con Garang e altri
gruppi secessionisti. Nel 1998 Clinton fa bombardare l'unica grande
industria farmaceutica, Al Shifa a Khartum, fingendo di credere che li
si stavano producendo le solite "armi biologiche e chimiche", cosa poi
provata priva di ogni fondamento da varie inchieste indipendenti. Ma
Khartum, dove governa Omar el Bashir, riesce a concludere un accordo
di pace con i secessionisti del Sud sul finire del 2002, poi
ufficializzato nel 2004, anche se a costo di pesantissimi sacrifici
sul piano della sovranità: un referendum sulla secessione dopo 6 anni,
la divisione in parti uguali della torta petrolifera, un sostanziale
autogoverno. Con sospetta coincidenza, al momento della stretta finale
nei negoziati in Kenia, sotto l'egida degli onnipresenti segretari di
Stato Madeleine Albright, prima, e Colin Powell, dopo, scoppia, nel
gennaio 2003, il bubbone Darfur, regione centro-occidentale al confine
con il Ciad, anch'essa petrolifera, esattamente lungo le linee della
destabilizzazione meridionale e con gli stessi protagonisti esterni.

Compaiono due movimenti di "liberazione", Il Fronte di Liberazione del
Sudan (mica del Darfur!), e il Movimento per l'Uguaglianza e la
Giustizia, ampiamente riforniti da John Garang, anche con i propri
veterani della secessione, e finanziati e armati attraverso il Ciad da
USA, Israele, Gran Bretagna e, ora anche, Francia e Germania. I
comboniani, punta di diamante dello schieramento "umanitario" e della
"società civile", che colpevolmente include anche la stampa della
sinistra istituzionale italiana, fanno da trombettieri dell'intervento
umanitario. Immancabilmente l'ONU fornisce l'avallo e impone nuove
sanzioni su suggerimento USA, entrano in ballo diecimila
"pacificatori" di un'"Unione Africana" (UA, già OUA), titubante ma
subalterna, la Nato affila le armi, arrivano i "consiglieri" in
uniforme del Pentagono, si prepara la scena per l'invasione e per un
nuovo Iraq. Intanto i ripetuti negoziati tra Khartum e secessionisti
vengono mandati sistematicamente a monte da questi ultimi, l'ultimo a
maggio, e le orecchie del mondo vengono assordate e istupidite dalle
solite alluvioni di orrori: stupri, villaggi incendiati, morti
ammazzati e profughi a gogò. La verità resta desertificata come tutto
il Sahel. E nel maggio del 2005 arrivano i "nostri": 220 del 183°
reggimento paracadutisti della "Folgore", quelli con alle spalle le
torture somale e le stragi della "battaglia dei ponti" a Nassiriya.


(ARTICOLO)

Quando nel 1971 per "Giorni-Vie Nuove" intervistai il presidente
Nimeiry a Khartum e poi visitai le provincie meridionali, suppostamene
in rivolta contro il governo centrale nel nome di Cristo e di un certo
odorino di petrolio che iniziava a spargersi da quelle parti, toccai
con mano quanto fossero esagerate e malintenzionate le periodiche
ondate di diffamazioni che si scaricavano, dai comboniani in testa,
sul Sudan, sulla sua unità nazionale, sulla sua politica
antimperialista e sulla sua struttura vagamente socialista, tutte cose
strappate a prezzo di spaventosi versamenti di sangue dai patrioti
sudanesi all'Inghilterra. I vari responsabili delle tribù
africano-animiste incontrati, con i Dinka, presuntamente protagonisti
della rivolta, in testa, mi parlavano con disprezzo e risentimento dei
"banditi" che, provenienti dall'Uganda e prezzolati dai colonialisti
battuti, cercavano di convincere le popolazioni, a forza di violenze e
ricatti, ad alzarsi in armi contro il proprio grande paese. Quando,
alla fine degli anni '90, col TG3, percorsi il Darfur insieme a un
competente ambasciatore italiano e a un esperto del PAM (Programma
Alimentare Mondiale), in occasione di una siccità che stava diventando
catastrofica e che vedeva fuggire, proprio come oggi, proprio verso la
capitale, ora detta sede dei persecutori, decine di migliaia di
profughi della carestia, il deserto dell'informazione su questa
tragedia umanitaria, autentica, era pari all'estensione dell'intero
Sahara. Il silenzio mondiale durò fino a quando il Darfur si aggiunse
al Sud Sudan e ad altre zone destabilizzate del continente a formare
la prossima seconda fonte di petrolio e di gas naturale degli Stati
Uniti. Una scoperta di idrocarburi fatta intorno al volgere del
millennio e che ha poi provocato un succedersi di emissari, perlopiù
provocatori e disinformatori di professione, prima solo USA e poi
anche ONU ed europei, francesi e tedeschi in testa, interessati a
quell'oleodotto in fieri che dovrebbe collegare i giacimenti del
Darfur al Ciad e poi al Camerun, sottraendo il flusso al controllo
statale e al percorso verso Port Sudan, interamente in territorio
nazionale.

Spuntano all'inizio del 2003, in rivelatrice simultaneità con lo
spegnimento, a costo di pesantissimi sacrifici per un Sudan isolato e
assediato, del focolaio cinquantennale nel Sud, i secessionisti del
Fronte di Liberazione del Sudan e del Movimento per la Giustizia e
l'Uguaglianza. Il disastro umanitario vero, determinato da una siccità
annosa e dalla trascuratezza delle agenzie di soccorso internazionali
e che ha provocato l'esodo della stragrande maggioranza di agricoltori
e nomadi, poi attribuito ai Janjaweed, milizie di autodifesa contro i
secessionisti, falsamente dichiarate agli ordini di Khartum, diventa
disastro umanitario determinato dal terrorismo del governo centrale e
delle sue "milizie" Si trascura volutamente, se non in una sparuta
corrispondenza di Le Monde Diplomatique, la natura vera di un
conflitto suscitato dalla mancanza d'acqua e dalla carestia tra
sedentari del Sud Darfur e allevatori alla ricerca di
risorse provenienti dal Nord desertificato. Ma l'attenzione
dell'opinione pubblica mondiale, nonostante gli sforzi dei comboniani
e delle altre agenzie di propaganda anti-araba e antinazionale,
soprattutto israeliane e statunitensi, resta distratta. Ci vuole il
botto. E il botto arriva via mare e porta in testa un elmetto di
foggia tedesca.

Il 29 giugno 2004, a poche miglia da Porto Empedocle, la nave tedesca
Cap Anamur chiede il permesso di entrare nelle nostre acque
territoriali con 37 disperati "sudanesi del Darfur", salvati dal
naufragio nove giorni prima, nei pressi di Malta. Il governo italiano
si oppone, per una volta a ragione giuridica, prolungando, forse non
innocentemente, per parecchi giorni una presunta tragedia che poi
risulterà una cinica commedia. La Cap Anamur avrebbe dovuto far
sbarcare i naufraghi là dove li aveva pescati, a Malta. Non si capisce
perché ne abbia prolungato le peripezie. Sulla nave si avventano
tutti, pare un buffet a Palazzo Chigi. Giornalisti di ogni
specializzazione, inviati di guerra, inviati di cronaca, inviati di
nera, inviati di rosa, inviati spie, inviati provocatori, dame di
carità, femministe dell'anti-islamismo duro. Arrivano anche i
giornali, i telegiornali, gli speciali, e ONG come fossero cavallette
su un campo da spolpare. Non manca davvero nessuno e non mancano
ovviamente, a distribuire pietas cristiana, i comboniani che si tirano
dietro, infervorati come nemmeno quando sputano su Cuba, i Medici e i
Reporter Senza Frontiere (e senza pudore). Nessuno si preoccupa di
andare a frugare nelle pieghe di una storia assai oscura, quella della
Cap Anamur, dell'omonima organizzazione umanitaria con sede a Colonia
e della

Gesellschaft fuer bedrohte Voelker (Società per i popoli minacciati)
che in Germania la fiancheggia dall'estrema destra, con particolari e
collaudate mire sull'Europa orientale, sul Tibet, sulle minoranze in
Laos e Vietnam, sui terroristi filo-USA di Al Qaida in Cecenia, sui
curdi iracheni e altri agenti dell'offensiva neocolonialista e
imperialista. E se qualcuno lo fa ("Liberazione", appunto), ne trae
spunto per esaltarne i "comprovati valori umanitari": che si tratti
della megaprovocazione antivietnamita di una Washington assetata di
vendetta, con i famigerati "Boat people" attratti verso il paradiso
capitalista dopo la viet-vittoria del 1975, o delle operazioni ancora
più sporche al largo del Kosovo a favore della mistificazione della
"pulizia etnica" di Milosevic, o ancora di interventi di
fiancheggiamento alla propaganda imperialista e guerresca dei vari
Clinton e Bush in Africa, Etiopia, Angola, Somalia, in Afghanistan,
naturalmente in Cecenia, a Baghdad e ad Haiti. Insomma ovunque ci
fosse necessità di contribuire all'irruzione del terrorismo
imperialista e alla frantumazione degli ostacoli alla sua espansione.

Non sorprendentemente i 37 profughi, che sugli schermi risultano tutti
omaccioni ben nutriti e forzuti tra i venti e i trent'anni, non sono
affatto del Darfur e nemmeno sudanesi, anche se qualcuno del Manifesto
e di Liberazione, oltrechè della ciurmaglia giornalistica di cui non
fa conto elencare le nequizie, aveva letto "nei loro occhi ancora il
riflesso degli orrori visti in Darfur, villaggi inceneriti, donne
stuprate, bambini macellati…" Sono tutti nigeriani o ghanensi,
prestatisi all'immonda sceneggiata sulla pelle delle autentiche
vittime del Darfur, pescati chissà dove, rispediti a casa e, per
quella volta, all'espulsore cronico Pisanu non si potevano dare tutti
i torti. Elias Bierdel, provocatore trentennale e capitano delle nave,
se la cava con poco, un brevissimo fermo, poi via a casa, a
pianificare altri servizi alle multinazionali del suo paese e al
capoterrorista mondiale di Washington. La rivelazione della truffa,
però, non scoraggia nessuno degli utili idioti della stampa
democratica, o di sinistra, o radicalsinistra (quanto pesa ormai più
la prima parte del termine!), anche se i toni si attenuano, forse un
minimo di imbarazzo. Passivamente, comunque, si riprendono le agenzie
dell'impero franco-britannico-germanico-israelo-statunitense e si
sparano notizie, reportage e trafiletti sul continuato "genocidio"
inflitto da Khartum al Darfur. Le cifre sono tanto altalenanti quanto
iperboliche: 70.000 morti, no 150.000, addirittura 400.000 per Human
Rights Watch, l'agenzia "umanitaria" del destabilizzatore di
professione e bandito della speculazione internazionale George Soros;
centomila profughi che nel giro di pochi mesi diventano due, tre
milioni (stranamente, di nuovo, quasi tutti attorno alla capitale del
governo assassino, Khartum. In Ciad, riserva di inviati embedded, solo
qualche migliaio, ma utilissimi, come i profughi kosovari di
"Arcobaleno", a raccontare balle che gli ingrazino di donatori e,
intanto, le telecamere.

Nel corso di tutta questa storia, sostenuta sul piano militare dai
reduci della secessione meridionale di John Garang e dai tagliagole
ex-golpisti di un Ciad del tutto asservito ai padroni occidentali, gli
USA si muovono con grande impegno e continuità, in
concorrenza-alleanza con francesi e tedeschi: si tratta di sottrarre
alla Cina sia l'85% del flusso petrolifero sudanese (il resto è del
Canada e di pochi altri paesi), sia un rapporto di affari e di
amicizia con il Sudan che ne ha fatto un motore del riscatto economico
e un argine all'isolamento e alla persecuzione
politico-mediatico-diplomatica. Sputtanata l'amministrazione Clinton
dalla rivelazione che la fabbrica farmaceutica bombardata a Khartum
nel 1998, Al Shifa, non produceva armi chimiche, ma aspirine e
medicine anti-Aids, il 19 novembre 2001 il governo USA torna alla
carica:"Siamo preoccupati del crescente interesse del Sudan per lo
sviluppo di un programma di armi biologiche". La spara grossa così
nientemeno che il noto protagonista del terrorismo diplomatico John
Bolton, poi controverso candidato alla carica di ambasciatore USA
all'ONU. Che i neonazi di Bush jr. abbiano messo la quarta lo conferma
la rinnovata accusa statunitense che il Sudan alimenterebbe il
terrorismo internazionale e albergherebbe 600 missili Scud di Saddam
(dignitosamente e coraggiosamente, il Sudan si era schierato con
l'Iraq in entrambe le aggressioni). L' Intelligence statunitense, un
impagabile ossimoro, fornisce elementi di sostegno a ritmo di tsunami:
rifiuta ripetuti inviti del governo sudanese a inviare ispettori per
verificare sia "l'appoggio al terrorismo", sia "il programma
biologico", sia il sostegno a presunte milizie assassine in Darfur
(anzi, Khartum processa ripetutamente responsabili di milizie nomadi
catturati), mentre si stende il silenzio sull'incredibile e
terribilmente rivelatrice circostanza che, nel 1996 (vedi il
settimanale inglese The Observer), catturato Osama bin Laden in
territorio sudanese, Khartum lo offrì agli statunitensi e si vide
opporre un rifiuto con l'invito, altrettanto sbalorditivo per chi
crede ancora alla versione ufficiale dell'11/9, di rimandare questo
insostituibile agente Cia in Afghanistan, magari via Bosnia e Kosovo,
a fianco della Nato, come poi risultò. Comunque, una spedizione di
investigatori Cia, FBI e del Dipartimento di Stato alla fine indaga
per 18 mesi su tutto il territorio sudanese e, ovviamente non trova
nulla, neanche quegli eccidi in Darfur di cui continuano a parlare
Powell, l'ONU, i capi italiani di una commissione ONU – Antonio
Cassese, già presidente del famigerato tribunale-fantoccio sulla
Jugoslavia all'Aja, e Barbara Contini, già governatrice sovrintendente
all'occupazione italiana di Nassiriya – e, pervicacemente le ONG e la
stampa di sinistra. A un certo punto si accredita addirittura la
notizia, atta a drammatizzare la necessità di un intervento militare,
che nel '99 Khartum avrebbe utilizzato armi chimiche contro i
secessionisti del Sud. Una balla sesquipedale, come quelle su Saddam
gassatore dei curdi (i servizi USA dimostrarono che erano stati gli
iraniani), che avvicina la prospettiva sudanese tragicamente alla
vicenda irachena, per quanto perentoriamente smentita da investigatori
ONU che raccattano campioni di suolo del tutto puliti da mezzo Sudan.

Siamo ai giorni nostri e ci possiamo scommettere che, non fosse per
l'eroica e vincente Resistenza irachena, che tiene i mercenari USA
incastrati tra il Tigri e l'Eufrate, al Sudan, ma anche al Venezuela
di Hugo Chavez, sarebbero già toccati interventi umanitari, o
operazioni terroristiche al di là della limitata sfera geografica del
Darfur. Michael Jackson, capo delle forze armate britanniche, aiutante
di campo sotto i miei occhi nella strage della "Domenica di Sangue" a
Derry, ha dichiarato lo stato di pronto intervento nel Sudan delle sue
truppe, l'Unione Africana, a corto di uomini e mezzi, invoca, su
suggerimento non innocente di varie potenze imperialiste, l'arrivo
della Nato. Un arrivo definito il 24 maggio a cena, a Bruxelles, tra
due cannonieri di rango: Condoleezza Rice e Jaap De Hoop Scheffer,
segretario della Nato e collaudato pulitore etnico in Kosovo. Poco
meno di 300 militari italiani sono stati già spediti nel Sud, a
guardia della pace, ma moltiplicati e a disposizione del Darfur
domani, l'ONU ha fatto capire che non si opporrebbe a un intervento
finalizzato a salvare le popolazioni del Darfur, gazzette imperialiste
già guardano oltre, e opportunamente imbeccate parlano della "tragedia
del popolo Nuba" nel Kordofan, contiguo al Darfur, i becchini
umanitari delle Ong e i collateralisti della sinistra sedicente
radicale e no-global sono schierati ai confini, arma vocale nella
strozza. L'ombra del Condor, di orripilante memoria latinoamericana,
tornato a volare anche lì, si sta allargando dal Congo alla Costa
d'Avorio, dal Togo alla Guinea, dall'Angola al Sudan, a tutta
l'Africa, e gli avvoltoi europei gli volano in coda. Chi li
abbatterà?


Ultimissima: le organizzazioni separatiste del Darfur hanno interrotto
per la sesta volta i negoziati di pace avviati con il governo sudanese
in Nigeria.

10 luglio 2005: A SCHIO, PER LA DEMOCRAZIA

IL COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA (CNJ) ADERISCE ED INVITA
TUTTI A SOSTENERE E PARTECIPARE ALLA MANIFESTAZIONE CHE SI TERRA' A
SCHIO IL PROSSIMO 10 LUGLIO CONTRO LA CONCESSIONE DI QUALSIVOGLIA
SPAZIO POLITICO ALLE SQUADRACCE FASCISTE E NAZISTE.

Il CNJ "si fonda su quegli stessi valori su cui e' stato fondato mezzo
secolo di vita pacifica e di sviluppo della Jugoslavia (...) a partire
dalla Guerra Popolare di Liberazione alla quale, assieme a tutti gli
altri, parteciparono anche migliaia di italiani. (...) In questo ci
sentiamo in continuita' con lo spirito della comune lotta dei
partigiani jugoslavi e italiani contro il nazifascismo." (dal
Documento Costitutivo del CNJ:
https://www.cnj.it/documentazione/documento_costitutivo.htm )
In linea con questa ispirazione, il CNJ ha recentemente contribuito ad
organizzare insieme ad altri una importante iniziativa internazionale
nel 60.mo anniversario della Liberazione (vedi:
https://www.cnj.it/PARTIGIANI).
Non foss'altro che per il grande valore simbolico della ricorrenza che
cade quest'anno, invitiamo tutti a sostenere con forza le iniziative
promosse dai compagni di Schio, riportate qui sotto in dettaglio.

1. APPELLO: Contro il fascismo, contro il razzismo - a Schio per la
democrazia
2. MANIFESTO della iniziativa

3. L'appello del Circolo di Schio del PRC: MAI PIU' FASCISMO !!!
4. ESSERE COMUNISTI: appello antifascista per la manifestazione di
Schio (Vicenza) di domenica 10 luglio

5. indicazioni per arrivare a Schio ed altri dettagli (vedi anche:
http://www.geocities.com/prcschio/ )

6. ALLARME NERO - Un recente articolo di Luciana Castellina sui
crescenti pericoli della destra in Italia e sul ruolo della Sinistra
(da Il Manifesto)


=== 1 ===

From: "Contro il fascismo - a Schio per la democrazia"
<antifascismo.schio@...>

Appello

Contro il fascismo, Contro il razzismo

A SCHIO, PER LA DEMOCRAZIA

domenica 10 luglio ore 9 piazza Duomo

Per il quarto anno consecutivo la città di Schio, insignita della
Medaglia d'argento alla Resistenza, corre il rischio di ricevere
l'insulto di un raduno di squadracce neofasciste e neonaziste
provenienti da tutto il Paese. Sinora abbiamo subito questo oltraggio,
confidando nelle autorità su cui incomberebbe il dovere di difendere i
principi sanciti dalla Costituzione. Quest'anno le nostre piazze non
possono più essere abbandonate a quanti si proclamano eredi di
un'infame storia di razzismo e barbarie, che nel Novecento precipitò
l'Italia e l'Europa in una catastrofica voragine di odio.

Questo Paese, che amiamo e che abbiamo contribuito a restituire alla
democrazia e alla dignità, vive tempi oscuri. La Costituzione
repubblicana viene sfigurata. Il lavoro - fondamento della nostra
convivenza civile – è umiliato e privato di diritti. La pace –
inviolabile principio costituzionale - è rinnegata dalle illegittime
decisioni di un governo servile, arruolatosi tra le file dei nuovi
colonialisti. La memoria della Resistenza antifascista è trascinata
nel fango. Diciamo basta!

Riteniamo dissennato sottovalutare il rischio rappresentato
dall'estrema destra che recluta seguaci nelle periferie degradate, tra
i giovani privi di orientamento e di prospettive. Non abbiamo
dimenticato la violenza fascista e sappiamo che ciò che è accaduto
potrebbe ripetersi. Per questo auspichiamo che il 10 luglio quanti
hanno a cuore la libertà e la democrazia di questo Paese scendano
numerosi in piazza a Schio.

Adesioni:

Alberto Asor Rosa
Imma Barbarossa
Paolo Beni
Rosario Bentivegna
Giorgio Bocca
Bianca Bracci Torsi
Alberto Burgio
Luciano Canfora
Luciana Castellina
Giuseppe Chiarante
Giulietto Chiesa
Odilla Dal Santo
Giorgio Fanti
Giuliano Gargiulo
Fosco Giannini
Claudio Grassi
Dino Greco
Pietro Ingrao
Lucio Magri
Lidia Menapace
Giovanni Pesce
Massimo Rendina
Gianni Rinaldini
Cesare Salvi

Per sottoscrivere l'appello inviare una mail a

antifascismo.schio@...

(le adesioni raccolte saranno trasmesse
al comitato organizzatore della manifestazione)


=== 2 ===

(Manifesto)

DOMENICA 10 LUGLIO 2005 ORE 09.00

PIAZZA DEL DUOMO – SCHIO - VI

MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA

Contro le parate neofasciste e neonaziste

Contro le politiche razziste e xenofobe

Contro il revisionismo storico

Per una società libera e multirazziale

ORE 09:00 RITROVO IN PIAZZA DUOMO

seguiranno :

corteo per le strade della città, interventi dal palco

CONCERTI ANTIFASCISTI CON :

CSCH + LOS FASTIDIOS

PROMUOVONO L'INIZIATIVA : ANPI SEZ. DI MALO, AREA ESSERE COMUNISTI PRC
ASSOCIAZIONE LAVORATORI SENEGALESI DI SCHIO, ASSOCIAZIONE PER LA PACE
COLLETTIVO STUDENTESCO SCHIO, COMITATO ANTIFASCISTA MALGA ZONTA,
COMUNISTI ITALIANI, COORDINAMENTO LIBERAZONE, GIOVANI COMUNISTI DI
RIFONDAZIONE, GRUPPO ISOLON, NUOVO CAPANNONE SOCIALE, OFFICINA 26
SETTEMBRE, PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA.


=== 3 ===

PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA

Circolo "P.Tresso" – SCHIO - VI
Con preghiera di ampia diffusione !

Schio, 22 giugno 2005

Care compagne e cari compagni,

Anche quest'anno sembra che la manifestazione fascista di Luglio a
Schio venga concessa.

A tutt'oggi, nonostante sia iniziata una raccolta firme contro questa
manifestazione, nonostante Partiti, associazioni e singole persone si
siano mosse per cercare di fare pressione sulle forze che hanno la
possibilità di impedirla, non abbiamo notizie positive in merito.

Come PRC, insieme ad altre forze politiche , associazioni e movimenti,
stiamo tentando di costruire un momento di grande mobilitazione per
Domenica 10 luglio 2005 ( data della manifestazione neo fascista ).

Lunedì sera abbiamo consegnato ai giornali un appello, firmato da
alcune delle forze che sono coinvolte nella costruzione della
contromanifestazione, affinchè venga reso noto che nel caso la
manifestazione fascista venisse concessa , le strade e le piazze di
Schio non saranno lasciate in mano ai fascisti.

Chiediamo di farci pervenire quanto prima le vostre eventuali adesioni
a questo appello e soprattutto vi chiediamo di diffondere fra tutte le
persone di vostra conoscenza la notizia che

Domenica 10 luglio 2005 alle ore 09.00 in Piazza Duomo a Schio

si svolgerà una grande contromanifestazione ANTIFASCISTA


Durante questi giorni in molti ci hanno detto che scendere in piazza
non serve a nulla, che anzi si darebbe ai mass-media la possibilità
di ribadire la teoria degli opposti estremismi.

Noi non crediamo sia così

In questi mesi le forze "politiche" convocate da Alex CIoni, e che si
riverseranno nelle strade della nostra città il giorno 10 luglio 2005,
si sono rese protagoniste di episodi di inaudita violenza. Non si
contano ormai le aggressioni a compagni/e ed a immigrati/e. Bombe
molotov e altri oggetti di devastazione sono stati usati all'interno
di numerosi centri sociali in tutta Italia.

Lo scopo ci appare chiaro: vogliono alzare il tiro dello scontro.

Questo francamente ci pare un film già visto. Lasciare che questi
episodi vengano insabbiati e messi sotto silenzio è un errore grave.
Tutte le forze politiche e sociali che hanno a cuore il fatto che non
si ritorni al clima di terrore degli anni 70 hanno il dovere politico
e morale di schierarsi contro questa preoccupante crescita diattività
(e forse anche di consensi) delle forze di estrema destra.

I giovani precari e senza futuro, soprattutto nelle grandi periferie
urbane,ma non solo, vedono in queste forze reazionarie un possibile
sfogo alle proprie frustrazioni esistenziali. Essi vengono plagiati e
fatti crescere con ideologie vecchie e pericolose. La pressochè totale
mancanza di cultura non permette loro altri sbocchi.

I Partiti, i sindacati, le amministrazioni comunali ecc.. dovrebbero
preoccuparsi innanzitutto di cercare di ricostruire un sentire sociale
(e forse anche un tessuto sociale) che ormai declina sempre di più.
Tutto è statoinfatti risucchiato dal libero mercato che non ammette
soggetti deboli, ammortizzatori sociali e soprattutto chenon ammette
cultura. Le riforme scolastiche fatte in questi anni (riforma
Berlinguer compresa) sono state in questo senso devastanti.

Invitiamo tutti coloro che condividono quanto detto a farci pervenire
la propria adesione alla manifestazione al seguente

indirizzo e-mail prcschio@... oppure via fax al 0445/531591

Grazie

Gianmarco Anzolin
Segretario PRC circolo "P.Tresso" – SCHIO

---

MAI PIU' FASCISMO !!!

Per il quarto anno consecutivo il giorno 10 luglio 2005 la città di
Schio, medaglia d'argento alla Resistenza, sarà costretta a subire
l'ennesimo insulto da parte di poche centinaia di neo fascisti e neo
nazisti provenienti da tutta Italia e dall'estero. Essi sfileranno per
le strade e le piazze della nostra città inneggiando al Duce ed al
ventennio fascista.

Chiediamo per quanto è nelle possibilità del Sindaco , al questore
ed al prefetto di impedire il ripetersi di questa insultante parata
anticostituzionale che ha il solo scopo di riabilitare politicamente i
repubblichini e di insultare la memoria della lotta di Resistenza che
ha portato la libertà nel nostro paese.

NEL CASO QUESTA VERGOGONOSA PARATA VENISSE CONCESSA PER L'ENNESIMA
VOLTA , CHIEDIAMO
ai cittadini, alle associazioni, ai movimenti ed ai partiti che ancora
si riconoscono nei valori dell'antifascismo e della libertà, di
scendere in piazza

DOMENICA 10 LUGLIO 2005

ALLE ORE 09.00 IN PIAZZA DUOMO A SCHIO

per costruire tutti assieme una grande manifestazione antifascista

· CONTRO IL FASCISMO DI IERI E DI OGGI

· CONTRO IL REVISIONISMO STORICO

· CONTRO LE POLITICHE DI ESCLUSIONE SOCIALE , RAZZISTE E XENOFOBE

· PER UNA SOCIETA' LIBERA E MULTIRAZZIALE

Promuovono l'appello : ANPI sez. di Malo, Comitato antifascista Malga
Zonta, Comunisti Italiani, Collettivo Studentesco di Schio, Giovani
Comunisti di Rifondazione , Partito della Rifondazione Comunista.

PER ADESIONI ALL'APPELLO INVIARE UN E MAIL A

prcschio@...

Hanno sino ad ora aderito :

Associazione per la pace (Schio), Associazione lavoratori Senegalesi
(Schio), ANPI (Sez. Pianoro) Associazione Argon Bloggersperlapace,
Rete Artisti contro le guerre, Novaradio (l'emittente radiofonica del
Comitato Arci di Firenze), Il Comitato Arci Empolese Valdelsa , Cub
(Vicenza), Il pane e le rose (foglio periodico di collegamento tra le
lotte nel Veneto), Il Centro Culturale Antirazzista "L'INCONTRO" (La
Spezia), Silvia De Bianchi (Progetto memoria e antifascismo
Federazione di Roma), Gino Candreva (presidente Istituto pedagogico
della Resistenza), L'ERNESTO (rivista comunista), Claudio Grassi
(Direzione Nazionale Prc e coordinatore dell'area Essere Comunisti)
Fosco Giannini (Direttore rivista L'Ernesto), Cecchinato Silvio
(Assessore alla Cultura del Comune di Cadoneghe PD), Maurizio Poletto
(direttivo regionale-Cgil-Piemonte), Adele Bernardi (direttivo
provinciale FP-CGIL Torino), Nicola Atalmi (Capogruppo PdCI Regione
Veneto), Gianni Lucini (giornalista di Liberazione), Luca Rovai
(assessore comune di Montelupo Fiorentino), Luca Guerra
(Capogruppo PdCI provincia di Milano), Aldo Manetti
(Consigliere regionale Toscana), Claudio Bicchielli (assessore Comune
di Empoli), Andrea Cavallini (Vicesindaco Comune di Vinci ), Marta
Billo ( assessore comune di Sesto Fiorentino ), Stefano Cristiano
(assessore Comune Pistoia ) Luciano Giannoni (Capogruppo PRC
provincia di Livorno), Paolo Fattori (Consigliere comunale Prato),
Mauro Gibellini (Direttore rivista "La Montagne"), Circolo "V.I.
Lenin" PRC Montecalvario (Napoli), Delfina Tromboni (storica -
segreteria provinciale PRC Ferrara), Roberto Vassallo (Capogruppo PRC
Milano zona 4), Marco Pettenella (Giovani Comunisti Verona), Gabriele
Attilio Turci (Forlì), Rosa Bellofatto (Forlì), Simone Oggioni
(Bologna), Donatella ( PRC Saronno VA) Francesco Cirigliano (Comitato
Politico Nazionale fed. di Potenza) , Bruno Steri (Dipartimento
Esteri Prc), Bianca Bracci Torsi (Direzione Nazionale PRC), Gianluigi
Pegolo (Direzione nazionale PRC), Damiano Guagliardi (Direzione
nazionale PRC), Beatrice Giavazzi (Direzione nazionale PRC), Bruno
Casati (Direzione nazionale PRC), Alberto Burgio (Direzione nazionale
PRC), Fausto Sorini (Direzione nazionale PRC), Marco Sferini
(Direzione prov.le PRC Savona), Raphael Rossi (segretario circolo PRC
Avigliana - Bassa Valle di Susa TO), Alessandro Leoni (Direzione
regionale toscana PRC) , Claudia Rosati (segreteria federazione PRC
Firenze) , Tiberio Tanzini (segreteria federazione PRC
Firenze), Ugo FALLANI (consigliere PRC al Quartiere IV° di Firenze),
Jacopo BORSI (consigliere PRC al Quartiere V° di Firenze ), Ugo
Bazzani (Segretario federazione PRC di PISTOIA), Mauro Lenzi
(Direzione regionale toscana PRC ), Paolo Fattori (Consigliere
comunale PRC Prato), Giorgio Lindi (Direzione federale PRC
Massa-Carrara ) Letizia Lindi (Coordinamento nazionale Giovani
Comunisti), Dante Giordano (Presidente del collegio dei garanti -
circolo "Rosa Luxemburg" PRC Ferrara), Enrico Giordano ( studente -
Giovani comunisti di Ferrara), Roberto Vassallo (Capogruppo PRC Milano
zona 4), Marco Pettenella (Giovani Comunisti Verona), Gabriele Attilio
Turci (Forlì), Rosa Bellofatto (Forlì), Simone Oggionni (Bologna)
Donatella (PRC Saronno VA) Francesco Cirigliano (Comitato Politico
Nazionale - fed. di Potenza) Edgardo Herbstritt Piedimulera
(Verbania), Serena Santilli ( Comitato Politico Nazionale PRC – Roma
), Giuliana Cosini (Comitato politico federale PRC Massa
Carrara), Giuditta Brattini (consigliere PRC Verona) , Quinzanini
Francesca (studentessa Verona), Circolo Prc "Geymonat" (Milano), Ezio
Simini (Comitato politico nazionale PRC), Gianmarco Anzolin
(segretario circolo PRC "P.Tresso" Schio), Francesco Luca
(coordinatore provinciale Giovani Comunisti – Vicenza), Luca Bertok (
coordinatore Giovani Comunisti - Schio ), Giuliano Ezzelin Storti (
segretario circolo PRC "Clemente Lampioni" – Recoaro), Saverio Ferrari
(Osservatorio democratico sulle nuove destre – Milano), Luigi
Tranquillino (consigliere provinciale PRC Milano), Sergio Spina
(circolo "Comunicazione e Cultura" di Roma), Ivan Zergilli (Studente
universitario Università Ca' Foscari di Venezia), Genua Fabrizio
(segretario circolo PRC di Busseto ), Ciro Risolo (Area Essere
Comunisti Federazione di Salerno), Nicola Favaro (Coordinamento
regionale Giovani Comunisti Torino) Giovani Comunisti Circolo PRC Che
Guevara (Ancona), Circolo Universitario PRC (Bologna) Agostino
Giordano (Giovani Comunisti-Bologna), Marco Sironi (Segretario
provinciale Prc Bergamo), Enrico Pellegrini (consigliere comunale
comune di Massa e Cozzale -Pistoia) Diego La Sala (coordinatore
provinciale GC Pistoia), Francesco Scirè (segretario circolo GC
"OttobreRosso" – Pistoia), Circolo PRC "PalmiroTogliatti" (Cagliari),
Enrico Lobina (Università di Cagliari), Giuseppina Tedde (Comitato
Politico Nazionale Federazione di Bologna)


=== 4 ===

ESSERE COMUNISTI: appello antifascista per la manifestazione di Schio
(Vicenza) di domenica 10 luglio

Care compagne, cari compagni,

Domenica 10 luglio prossimo il fior fiore dei gruppi neofascisti e
neonazisti italiani, convocati dallaassociazione dei "Reduci della
Repubblica Sociale Italiana" di Salò, invaderà, per il quarto anno
consecutivo, la città di Schio (VI), decorata Medaglia d'Argento per i
venti mesi di occupazione nazifascista e i mille morti che quella
zona del Veneto ha dato alla libertà del nostro paese.

L'iniziativa fu presa dagli stessi "reduci" nel 2002, per ricordare un
tragico episodio: nella notte fra il 6 e il 7 luglio 1945 alcuni
partigiani, probabilmente in seguito a voci su un'evasione
organizzata, entrarono nel carcere di Schio e fucilarono 54 fascisti
che vi erano reclusi. Un caso di giustizia sommaria non giustificabile
né giustificato, che ha dato lo spunto per una sfilata di camicie
nere, saluti romani e croci celtiche, ripetutasi nel 2003 e nel 2004,
nonostante che partiti, sindacati, associazioni resistenziali e
democratiche avessero chiesto che le autorità locali vietassero la
manifestazione. La recente dissociazione delle stesse famiglie dei 54
fascisti da ogni "strumentalizzazione politica" è servita solo a
cambiare il titolo del raduno fascista, che sarà dedicato a "tutte le
vittime delle stragi partigiane, dimenticate dall'Italia nata dalla
Resistenza" e in occasione del quale è annunciato l'arrivo di alcuni
pullman dalla Germania (reduci delle SS?).

Il circolo del Prc di Schio, oltre a partecipare a una raccolta di
firme, organizzata dall'Anpi, dai partiti di sinistra e dai sindacati,
per chiedere ancora una volta il divieto della manifestazione, ha
organizzato ogni anno un presidio di protesta. Ma oggi il carattere
nazionale assunto dalla manifestazione, insieme al sempre più
insidioso revisionismo che cerca di stravolgere e oscurare i valori
dell'antifascismo, richiedono una risposta più ampia e più forte da
parte degli antifascisti di tutta Italia.

A tutti i comunisti e in particolare ai compagni e alle compagne che
si sono riconosciuti nella mozione "Essere Comunisti" e si sentono
uniti nella memoria e nella volontà di impedire il ritorno di fascismi
comunque camuffati, chiediamo di dare la propria solidarietà a Schio e
ai suoi partigiani, partecipando alla contromanifestazione che si
terrà domenica 10 luglio alle ore 9 in piazza Duomo a Schio (VI).

Claudio Grassi
Bianca Bracci Torsi
Mauro Cimaschi


=== 5 ===

indicazioni per arrivare a Schio

Partito della Rifondazione Comunista circolo "P.Tresso" SCHIO


INFORMAZIONI UTILI PER LA MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA DEL
10/07/2005 ore 9,00 – p.zza Duomo - Schio (VI)

COME ARRIVARE A SCHIO :

Per chi proviene da Venezia o da oltre:
prendere autostrada Serenissima, direzione Milano. Sfilare Padova,
superare casello Grisignano di Zocco. Dopo alcuni km. (5 o 6) prendete
la nuova autostrada "Valdastico" e percorretela fino al Casello
Thiene-Schio (a circa 35 km.)

Per chi proviene da Bologna:
prendere l'autostrada Bologna-Padova, giunti a Padova proseguire in
direzione Milano, superata l'uscita di Grisignano di Zocco imboccare
autostrada "Valdastico. Percorretela e uscite al casello di
Thiene-Schio ( a circa 35 km )

Per chi proviene da Torino-Milano-Verona :
prendere Serenissima direzione Venezia; dopo le uscite di Vicenza
Ovest e di Vicenza Est (a 4 o 5 km. da quest'ultima) trovate una
deviazione per una autostrada che si chiama "Valdastico". Imboccatela
ed uscite al casello di Thiene-Schio ( a circa 35 km )

PER TUTTI
Una volta arrivati a uscita Thiene-Schio :

Uscire dall'autostrada e allo stop girare a sinistra. Dopo 800 metri
circa di rettifilo trovate una rotonda; alla rotonda girate ancora a
sinistra, direzione Marano Vicentino. Di qui proseguite per Schio
seguendo cartelli stradali. Da Marano a Schio sono circa 8-10 km.

APPENA ARRIVATI A SCHIO CHIEDETE INFORMAZIONI PER RAGGIUNGERE LA
STAZIONE FF.SS.dove c'è un megaparcheggio anche per pullman.

Di fronte alla stazione c'è via Battaglione Valleogra che porta dritta
in P.zza Duomo, luogo del concentramento (300 mt. circa).

Non andate per nessun motivo in direzione dell'Ospedale - stazione
delle corriere . Nelle vicinanze si trova il punto di concentramento
della manifestazione fascista !!

Se vi siete persi o avete bisogno di delucidazioni telefonate ad uno
dei seguenti numeri :

347/0158028 Gianmarco ; 329/0775390 Marco

---

Schio, 01 luglio 2005

Cari compagni e care compagne,

sul nostro sito abbiamo inserito tutte le informazioni utili rispetto
alla manifestazione antifascista del 10/07/2005 a Schio.

www.geocities.com/prcschio/

Troverete :

1 il testo del nostro appello con le adesioni aggiornate in tempo reale

2 il testo dell'appello firmato dagli intellettuali

3 il manifesto con il programma della manifestazione

4 ( per chi viene da fuori ) le indicazioni per raggiungere Schio

MOLTO IMPORTANTE : prego tutti i compagni che verranno da fuori
provincia di farci avere notizie sul possibile numero di persone che
verranno a Schio in quel giorno.

( inviateci un e mail a : prcschio@... oppure telefonateci ad
uno dei seguenti numeri 347/0158028 Gianmarco - 0445/531591 Silvia)

Al fine di organizzarvi al meglio l'accoglienza stiamo cercando
di capire il modo migliore per garantirvi un po' di cibo e un po' di
bevande. Per far questo abbiamo assolutamente bisogno di avere un
minimo di idea sul numero dei partecipanti.

Vi ringrazio anticipatamente per la collaborazione e per la grande
mobilitazione che grazie a tutti voi siamo riusciti a mettere in piedi
dopo 3 anni di parate neofasciste.

Noi tutti ci auguriamo che quest'anno la contromanifestazione sarà
un grande contromanifestazione !!!

Gianmarco Anzolin
segretario PRC circolo "P.Tresso" SCHIO


=== 6 ===

Un recente articolo sui crescenti pericoli della destra in Italia e
sul ruolo della Sinistra

Allarme nero

di Luciana Castellina

(Il Manifesto del 17/06/2005)

Mentre la sinistra è impegnata nella riflessione (talvolta sopra le
righe) sulla non violenza, la violenza dilaga e riprende anche
quellaetichettata fascista - le squadracce di picchiatori di nostra
antica memoria. L'elenco delle ultime settimane è impressionante: dal
3 giugno, quando a Bernardo fu squarciata la gola (rischia di perdere
una corda vocale) da un branco diassalitori penetrati dentro Forte
Prenestino, di aggressioni con spranghe o coltelli ce n'è stata quasi
una al giorno, vittime non solo i Centri sociali ma un Comitato per il
Sì, una sede Ds a Torre Maura, isolati cittadini. E non solo a Roma ma
a Torino, a Forlì, a Lucca, a Palermo. E poi, in questi giorni, la
tragica vicenda di Varese, cui i ministri leghisti fanno da
altoparlante, protagonisti odii e controodii razziali e un gruppo
dall'inquietante nome «Sangue e onore» che grida ai funerali
dell'ucciso: «Difendi il tuo simile, distruggi tutto il resto».

Stile, provenienza e bersaglio sono quelli degli anni `70. Ma sono le
sole similitudini con un'epoca che non potrebbe essere più diversa da
quellaattuale. Allora era la politica che generava la violenza, ora si
potrebbe dire che è la sua assenza: sono lo squallore, il vuoto della
vita di nuove generazioni senza prospettive, che inducono una violenza
generica e generale che si manifesta per le strade, nelle scuole,
naturalmente negli stadi. Le periferie urbane non sono più quelle di
un tempo, riempite da una presenza capillare dei partiti, da un
controllo del territorio garantito da un tessuto ricco di rapporti
sociali. Oggi, in quartieri dove ogni comunicazione è cessata, il
controllo è esercitato da bande che si disputano la miseria, spesso il
collocamento del precariato, un nuovo caporalato urbano.

Le violenze di natura diversa in questo scenario si mischiano, si
intrecciano. Paradigmatico il funerale di Zappavigna, leader degli
ultrà romanisti, dove il «boia chi molla» e il braccio teso si sono
confusi con la passione di chi pure, nella curva sud, fascista non è.

Tutto ciò è quel che viene chiamato «disagio sociale».

E però stiamo attenti: questo è lo sfondo. Ma su questo terreno stanno
sviluppandosi fenomeni politici allarmanti: la crescita, ovunque, di
gruppi nazifascisti organizzati, Forza Nuova in particolare ma non
solo, che diventano ogni giorno più sfrontati perché sanno di aver
acquisito omertà e legittimazione: dalla riabilitazione del ventennio
e dei «ragazzi di Salò»; dall'affossamento della Costituzione e dunque
della radice antifascista delle nostre istituzioni; dalla «normalità»
ormai conquistata da ministri che sono stati picchiatori e se ne
vantano, fino a non disdegnare di apparire alle loro manifestazioni.
Un terreno reso fertile dal razzismo latente, che la spoliticizzazione
fa emergere operando da esca, così come dalla disgregazione dei
partiti tradizionali, ivi compresa An.

Prima che si reinneschi la tragica spirale degli anni `70, quando la
violenza fu alimentata dalla necessità diautodifesa di compagni che
venivano aggrediti fuori dalle scuole e dalle fabbriche (ricordate S.
Babila?) sarebbe bene prendere sul serio quanto sta accadendo. Si
tratta di un nuovo fatto politico che aggiunge un'ulteriore buia
pennellata alla stagione che stiamo vivendo. I movimenti non possono
ignorarlo e credo anzi che questa sia per loro l'occasione, certo
difficile, per verificare sul terreno la validità della scelta non
violenta come strumento per far arretrare l'aggressione. Per
dimostrare che è con l'iniziativa politica che si batte la violenza, e
non con la sua escalation.

Ma tocca a tutti, e naturalmente in primo luogo alle forze politiche e
alle istituzioni, scendere dall'empireo della loro quotidianità
politica per misurarsi con la politica delle periferie delle nostre
città.Per non lasciare isolati ed esposti all'accoltellamento quelli
che negli ultimi anni sembravano essersi riappassionati alla voglia di
cambiare il mondo, e che oggi rischiano di disperdersi, perché
ulteriormente disillusi.

MONTENEGRO: PODGORICA, RAPPRESENTANZA COMUNE AUSTRO-UNGARICA


(ANSA) - VIENNA, 13 GIU - Austria e Ungheria hanno deciso di aprire in
comune a Podgorica, il capoluogo del Montenegro, una sede distaccata
delle loro ambasciate a Belgrado, la capitale della Serbia-Montenegro.
Il documento dell'accordo e' stato firmato oggi a Lussemburgo dal
ministro degli Esteri ungherese, Ferenc Somogyi, e dalla sua collega
austriaca, Ursula Plassnik. I due uffici di rappresentanza
austro-ungarica saranno nello stesso edificio, ha reso noto oggi una
portavoce del ministero degli Esteri a Vienna, anche se Austria e
Ungheria gestiranno le rispettive attivita' in maniera autonoma.
''Questo e' il primo accordo del genere raggiunto dall' Ungheria dopo
l'ingresso nell'Unione europea nel 2004'' ha detto al momento della
firma il ministro ungherese Somogyi, secondo il quale in questo modo
sara' possibile approfondire la cooperazione bilaterale con attivita'
comuni e proteggere in maniera piu' efficace gli interessi dei propri
cittadini. (ANSA). STE
13/06/2005 18:41