Informazione

(italiano / english)

Falluja: il peggior massacro americano in Iraq (LINKS)


=== ITALIANO ===

http://www.diario.it/index.php?page=wl05060100

Falluja. IL VIDEO DEL PEGGIOR MASSACRO AMERICANO IN IRAQ

In esclusiva per Diario, il video che mostra il peggior massacro
americano in Iraq. Le immagini, molto forti e adatte a un pubblico
adulto, seguono l'inchiesta sulla battaglia che ha aperto il XXI
secolo pubblicata nel numero del 27 maggio 2005 di Diario

NOTA: Il video contiene immagini crude e impressionanti, adatte
esclusivamente a un pubblico adulto.

Questo video e' stato girato a Falluja ai primi di gennaio del 2005,
quando la citta' e' stata riaperta dopo l'attacco americano iniziato
l'8 novembre 2004, denominato "Operazione Al-Fajr" ("l'alba"). È un
documento prezioso perché in quel momento la citta' era chiusa alla
stampa internazionale.
Il video e' stato consegnato al settimanale Diario dal Centro studi
per la democrazia e i diritti umani di Falluja. Diario ha pubblicato
un'ampia inchiesta sulla battaglia di Falluja il 27 maggio 2005.
"Falluja-The Day After" mostra la completa devastazione della citta'
irachena, i corpi delle vittime, le fosse comuni, la riesumazione dei
cadaveri da parte delle squadre di soccorso locali per tentare il
riconoscimento delle vittime. L'ultimo corpo mostrato dal video e' di
una ragazza di 14 anni.

Durata: 18 minuti 12 secondi.

56k RP
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=_lit.ram
56 k WMP
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=_lit.wmv
ADSL RP
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=_big.ram
ADSL WMP
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=_big.wmv
Mp3
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=.mp3

FALLUJA, THE DAY AFTER

Le immagini della piu' grande strage degli americani in Iraq, girate a
Falluja ai primi di gennaio del 2005, quando la citta' e' stata
riaperta dopo l'attacco americano iniziato l'8 novembre 2004. Il
video, consegnato al settimanale Diario dal Centro studi per la
democrazia e i diritti umani di Falluja, mostra la completa
devastazione della citta' irachena, i corpi delle vittime, le fosse
comuni, la riesumazione dei cadaveri da parte delle squadre di
soccorso locali per tentare il riconoscimento delle vittime

http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=2914

Falluja

25 maggio 2005 - Su Diario la prima grande inchiesta sulla battaglia
che ha aperto il secolo. Le vittime, le distruzioni, le testimonianze,
i documenti. per capire di che cosa parliamo quando parliamo di guerra.
di Diario

http://www.diario.it/index.php?page=wl05052501

Papà, che cosa successe a Falluja?

Su quanto è successo a Falluja durante gli attacchi dell'aprile 2004
e, soprattutto, del novembre dello stesso anno, continua a emergere
documentazione agghiacciante.
Un ampio Dossier, realizzato grazie alla collaborazione fra Diario e
Osservatorio Iraq, è stato pubblicato sul numero del settimanale del
25 maggio.
I testi integrali di interviste e testimonianze dirette (un medico
iracheno, una interprete-volontaria, un ingegnere), che non hanno
trovato posto nel Dossier per mancanza di spazio, sono riportati sul
sito , assieme a una documentazione fotografica, e al rapporto
presentato dal Centro Studi per la Democrazia e i Diritti Umani di
Falluja, nel gennaio 2004, e al successivo del marzo 2005, in un
nostro Dossier che continueremo ad aggiornare.

http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1130

APOCALYPSE FALLUJA. L'INCHIESTA DI DIARIO

Nella guerra irachena e' stata finora la battaglia piu' imponente,
sanguinosa e misteriosa: dieci giorni di assedio e distruzione di una
citta' di 350.000 abitanti per "rompere la spina dorsale" del
terrorismo. A sei mesi di distanza, insieme alla totale inefficacia
dell'operazione, emergono i particolari di un massacro imposto nel
nome della "punizione collettiva" di una citta' ribelle. L'inchiesta,
sulla scorta di testimonianze dirette e di documentazione finora
riservata, ricostruisce una storia di trattative inutili, calcoli
elettorali, disprezzo per la vita umana, saccheggi, ruberie e silenzi
postumi. Sul terreno, migliaia di morti, fosse comuni, dispersi,
sfollati e una dimostrazione della piu' moderna tecnologia bellica.
Falluja e' stato il primo esempio della guerra del nuovo secolo.
Diventera' un modello o un orrore da non ripetere?

http://www.iraqlibero.at/pag/falluja.pdf

Una testimonianza da Falluja
A cura di Adelina Bottero e Luciano Salza – 09/06/2005

Quanto segue è la trascrizione di un incontro col Dr.Mohammad Hadeed,
medico iracheno di Falluja, nei giorni scorsi in Italia per un giro di
conferenze. Come lui stesso dice: "Non sono un politico, ma un medico,
e prima ancora di essere medico sono iracheno"...

http://www.resistenze.org/sito/te/po/ir/poir5f08.htm

Gas, napalm, torture, bombe al fosforo
in un film i crimini di guerra americani a Falluja
(Sabina Morandi, Liberazione)

... Perché nei video ci sono donne, uomini, bambini. Ci
sono esseri umani resi irriconoscibili da qualche oscuro
rogo chimico, armi capaci di staccare la pelle dal corpo
in un istante, visto che questi anonimi resti umani sono
congelati nell'atto di alzarsi dal letto o di ripararsi il
viso con il braccio. Una mano stringe ancora una
catenina. Qualcosa che assomiglia a una donna tiene fra le
braccia qualcosa che assomiglia a un bambino. I filmati
"amatoriali", riorganizzati con un faticoso quanto
presumibilmente straziante lavoro da Barbara Romagnoli,
sono stati realizzati il 18 novembre 2004 nella città
ribelle di Falluja, a conclusione dell'operazione Al-Fajr
(letteralmente, l'alba) che, secondo la Us Army, avrebbe
dovuto distruggere definitivamente la resistenza irachena...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=13006&s2=26

Bombe incendiarie su Falluja
(Mike Whitney, ZNet)

...Il 28 Novembre, il commentatore politico del Daily Mirror Paul
Gilfeather, ha pubblicato un servizio che riporta: "Le truppe
statunitensi stanno usando in segreto dei gas al napalm proibiti per
spazzare via i restanti ribelli a Falluja e nei dintorni. La notizia
che il presidente George Bush ha consentito l'uso del napalm, una
miscela mortale di polistirene e benzina, proibita dalle nazioni unite
nel 1980, sbalordirà i governi di tutto il mondo"...

http://www.uruknet.info?s1=1&p=8035&s2=11

LETTERA DI UN SOLDATO AMERICANO A FALLUJA:
''QUESTA NON E' UNA GUERRA, E' UNA MATTANZA''

Un soldato americano in Irak, conosciuto come hEkLe, descrive l'orrore
dell'attacco statunitense contro Falluja. La lettera e' stata
pubblicata su GI Special, un sito quotidiano che da' informazioni e
notizie ai soldati americani ed alle loro famiglie e su Socialist
Worker online il 3 dicembre 2004

http://www.radiocittaperta.it/nuovo/scheda.php?id=14429&tipo=9

A FALLUJA USATE ARMI CHIMICHE: LO CONFERMA IL MINISTERO DELLA SANITA'
IRACHENO

Il dottor Khalid ash-Shaykhili, al quale e' stato affidato l' incarico
di accertare le condizioni di salute degli abitanti di Falluja, ha
detto che le ricerche effettuate dalla sua equipe medica provano che
le forze Usa hanno usato gas ''mostarda'', gas nervino e altre
sostanze chimiche nocive

http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=782

IL NEW YORK TIMES IN FALLUJAH
E questo lo chiamate normale?
(MIKE WHITNEY, www.comedonchisciotte.org)

Le telecamere non sono permesse a Fallujah; e così i giornalisti. Se
ce ne fossero stati avremmo avuto prove di prima mano del più grande
crimine di guerra americano degli ultimi trent'anni; il bombardamento
in stile Dresda di un'intera città di 250.000 persone. Invece,
dobbiamo affidarci a testimonianze oculari che appaiono su internet o
alle false relazioni che appaiono sporadicamente nel New York Times o
nell'Associated Press...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=11405&s2=08

Falluja: Guernica irachena
(Jonathan Steele e Dahr Jamail ( traduzione di Anna Marchi))

... Ve la ricordate Falluja? Una città di circa 300 mila abitanti che
veniva dichiarata essere la roccaforte della resistenza armata. Lo
scorso anno gli USA hanno tentato due volte di distruggere questo
simbolo della sconfitta. Il primo tentativo, in aprile, sfumò quando
alcuni politici iracheni, compresi molti di quelli a favore
dell'invasione, condannarono i raid aerei che terrorizzavano un'intera
città. Gli americani allora ritirarono l'attacco, ma non prima che
centinaia di famiglie fossero fuggite e più di 600 persone fossero
state uccise. Sei mesi dopo gli americani ci hanno riprovato...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=11385&s2=08

Il genocidio perpetrato dagli americani a Falluja
(aljazeera.net - al-Watan)

A Falluja si compì un genocidio che ora l'esercito statunitense cerca
di coprire cremando rapidamente i corpi dei civili uccisi... Una fonte
militare della NATO, ha rivelato al quotidiano saudita al-Watan, che
nei corridoi dell'organizzazione atlantica, circolano informazioni
militari, circa la perpetrazione di decine di massacri collettivi a
danno degli iracheni, da parte dell'esercito statunitente dopo le
operazioni militari contro Falluja...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=11931&s2=30


=== ENGLISH ===

http://www.diario.it/index.php?page=wl05060100#english

FALLUJA-THE DAY AFTER (ENGLISH)


This video has been recorded in Falluja in early Janury, 2005, when
the city was reopened to civilians after the American attack of
November 8th, 2004 ("Operation Al-Fajr", i. e. "the dawn").
It's an important document since the city was closed to reporters at
that moment. This video was handed over to the Italian weekly magazine
Diario by the Studies Center of Human Rights and Democracy of Falluja.
Diario issued a broad enquire on Falluja battle on May 27th, 2005.
"Falluja-The day After" shows the total devastation of the Iraqi town,
the corpses of the victims, the mass graves, the exhumation of many
corpses by local rescue teams in order to try to recognize some of the
victims. The last corpse shown in this video belongs to a 14 year old
girl.
The video lasts 18 minutes and 20 seconds.

56k RP
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=_lit.ram
56 k WMP
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=_lit.wmv
ADSL RP
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=_big.ram
ADSL WMP
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=_big.wmv
Mp3
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2914&ext=.mp3

---

In the rubble of Falluja
Nermeen Al-Mufti

Nermeen Al-Mufti accompanies a relief convoy into the city of untold
stories and unbearable pain

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=7804&s2=04

Fallujah Refugees Tell of Life and Death in the Kill Zone
Dahr Jamail, The New Standard

Baghdad , Dec 3 - Men now seeking refuge in the Baghdad area are
telling horrific stories of indiscriminate killings by US forces
during the peak of fighting last month in the largely annihilated city
of Fallujah...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=7807&s2=04

Fallujah: The homecoming and the homeless
(Patrick Cockburn and Kim Sengupta)

The Black Watch arrives back in Britain this morning ­ home in time
for Christmas as Tony Blair had promised. The regiment's five-week
mission ­ the toughest British troops have faced since the invasion of
Iraq 21 months ago ­ made possible the US assault on Fallujah, which
now lies in ruins (...) The Red Cross team ­ which entered without
escort and left before curfew ­ met no residents, apart from engineers
and technicians. The Red Cross reported that hundreds of dead bodies
remain stacked inside a potato chip warehouse on the outskirts. Some
of the bodies were too badly decomposed to be identified. Raw sewage
runs through the streets...

http://www.uruknet.info?s1=1&p=8022&s2=11

'Cleaning up' in Fallujah
(Helena Cobban)

...So if the US Army knows that "several hundred" bodies have been
warehoused in that single location-- I'm hoping it's a refrigerated
warehouse but fear it probably isn't-- then what prevents them from
either (a) arranging for a handover of these bodies to civilian
bodies outside outside of the city who could help identify them,
notify the relatives, and arrange for as proper and expeditious a
burial as possible, or at least, (b) allowing an ICRC team in to
photograph the bodies and start planning for their eventual removal
and burial? Could the reason be that the US military are embarrassed
about the condition of these bodies-- and perhaps, about the
proportion of them that seem not to be the bodies of fighters-- and
therefore don't want the ICRC to see them at all?...

http://www.uruknet.info?s1=1&p=8016&s2=11

FALLUJAH -The End Of Warfare
(ABHAY MEHTA / outlookindia.com - Iraqwar)

...The Iraqi resistance has put an end to "the end of history". A new
history is being written.Yes indeed it has been written.Not just
another chapter but an entirely new book. One may see the the
beginning of the great American retreat across the oceans, if they are
lucky. Over 50,000 American soldiers have been medically evacuated out
of Iraq till Nov. 2004 (interesting number, is it not?)...

http://uruknet.info?s1=1&p=8300&s2=21

This is our Guernica
Ruined, cordoned Falluja is emerging as the decade's monument to brutality
(Jonathan Steele and Dahr Jamail, The Guardian)

...Remember Falluja? A city of some 300,000, which was alleged to be
the stronghold of armed resistance to the occupation. Two US attempts
were made to destroy this symbol of defiance last year. The first, in
April, fizzled out after Iraqi politicians, including many who
supported the invasion of their country, condemned the use of air
strikes to terrorise an entire city. The Americans called off the
attack, but not before hundreds of families had fled and more than 600
people had been killed. Six months later the Americans tried again.
This time Washington's allies had been talked to in advance.
Consistent US propaganda about the presence in Falluja of a top
al-Qaida figure, Abu Musab al-Zarqawi, was used to create a climate of
acquiescence in the US-appointed Iraqi government...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=11348&s2=27

JAZEERA: The Horror Of Fallujah
Journalists Tell Of US Falluja Killings
(jihadunspun.com)

All is quiet in Falluja, or at least that is how it seems, given that
the mainstream media has largely forgotten about the Iraqi city. But
independent journalists are risking life and limb to bring out a very
different story. The picture they are painting is of US soldiers
killing whole families, including children, attacks on hospitals and
doctors, the use of napalm-like weapons and sections of the city
destroyed...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=11599&s2=08

Fallujah: An Unnatural Disaster
(Joe Carr, Electronic Iraq)

Today, I did what few internationals have dared to do, I went to
Fallujah. Fallujah is completely surrounded by US Forces, the only way
in or out is through one of four very restrictive checkpoints. People
normally have to wait hours, but since we had our magic US passports,
we made it through in about 45 minutes. We did not observe them
searching any cars, soldiers just held-up traffic and slowly checked
IDs. Like Palestine, these checkpoints seem to have little to do with
security and more to do with harassment and intimidation. Fallujah is
devastating to drive through. There is more destruction and rubble
than I've ever seen in my life; even more than in Rafah, Gaza...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=12171&s2=31

WITH COMPLIMENTS


Il "presidente kosovaro" Ibrahim Rugova ha conferito pochi giorni fa a
Pristina una medaglia d'oro alla ex segretario di Stato USA Madeleine
Albright.
La Albright è stata premiata per avere contribuito in maniera
determinante a scatenare i bombardamenti della NATO contro la RF di
Jugoslavia nel 1999 - violando il diritto internazionale, commettendo
crimini di guerra, e ponendo le basi per la ennesima secessione su
base etnica-razziale sul territorio jugoslavo: quella della provincia
serba, dove, dal tempo dei bombardamenti, vige infatti un regime di
apartheid e discriminazione ai danni di tutte le nazionalità
non-albanesi nonchè ai danni degli albanesi non-secessionisti.

Il "presidente kosovaro" Rugova si era già distinto, quest'anno, tra
l'altro, per avere festeggiato l'anniversario dei bombardamenti NATO
sul proprio paese.
A Pristina, vie e piazze sono state in questi anni rinominate in onore
dei leader statunitensi ed occidentali (primo tra tutti: Bill Clinton)
che ordinarono quei bombardamenti.

(a cura di IS)


--- In yugoslaviainfo @ yahoogroups.com, Rick Rozoff wrote:

http://kosovareport.blogspot.com/2005/07/albright-honoured-with-medal-in-kosovo.html

Agence France-Presse
July 5, 2005

Albright honoured with medal in Kosovo

-"Six years ago you gained your liberty. In the time
since, you have made good use of that freedom and in
the years to come you will be tested continually by
the demands of democracy," [Albright] said.
-Kosovo Albanians see Albright's efforts as crucial to
the international intervention, which went ahead
without United Nations approval and in the face of
opposition from Russia.
-Six years after the UN took control of Kosovo the
province remains economically paralysed and wracked by
ethnic hatreds, with the Serb minority in need of
constant protection from NATO peacekeepers.


PRISTINA, Serbia-Montenegro - Former US Secretary of
State Madeleine Albright was presented with a 'Golden
Medal of Liberty' during a ceremony in the Kosovo
capital Pristina.

President Ibrahim Rugova presented the medal in honour
of Albright's efforts to end a Serbian crackdown
against ethnic Albanian separatists in the breakaway
Serbian province in 1998-1999.

The war ended after a NATO bombing campaign forced
Serbian forces under then Yugoslav president Slobodan
Milosevic to withdraw. Kosovo is now a UN protectorate
but its ethnic Albanian majority still demands
independence.

"She will always be respected and loved," Rugova told
reporters Tuesday, after the decoration ceremony.

Albright also addressed the provincial assembly
Tuesday as part of her visit to promote democratic
values.

"Your name commands respect throughout Kosovo. Without
you the world would be completely different and Kosovo
wouldn't have brought its dream to fruition,"
parliamentary speaker Nexhat Daci said in his
introductory remarks.

Albright stressed economic stability, the rule of law
and minorities' rights as the biggest challenges that
Kosovo would face in the coming years.

"Six years ago you gained your liberty. In the time
since, you have made good use of that freedom and in
the years to come you will be tested continually by
the demands of democracy," she said.

"Your future is up to you, as it should be," she added
in the speech which was broadcast live by Kosovo's two
main television channels.

It is Albright's first visit to Kosovo since 1999 and
she would have been impressed by the Kosovo Albanians'
lingering affection for former US president Bill
Clinton, whose name adorns everything from hotels to
shopping malls.

Kosovo Albanians see Albright's efforts as crucial to
the international intervention, which went ahead
without United Nations approval and in the face of
opposition from Russia.

Albright arrived Monday on a three-day visit to the
province in her capacity as chairwoman of the National
Democratic Institute, a non-profit US-based
organization.

Six years after the UN took control of Kosovo the
province remains economically paralysed and wracked by
ethnic hatreds, with the Serb minority in need of
constant protection from NATO peacekeepers.

--- End forwarded message ---


http://www.tanjug.co.yu/

Tanjug (Serbia and Montenegro) - March 24, 2005


Rugova congratulates citizens on anniversary of NATO
air strikes


PRISTINA - Kosovo President Ibrahim Rugova said on
Thursday that this province "has achieved big progress
in all areas in the six years of freedom".

In a message to citizens on the occasion of the 6th
anniversary of the onset of the NATO bombardments of
the FR Yugoslavia, Rugova said that "the direct
recognition of Kosovo's independence would make that
progress even greater."

---

Da: "icdsm_italia"
Data: Dom 10 Lug 2005 18:27:03 Europe/Rome
Oggetto: [icdsm-italia] Le risorgive carsiche di Peter Handke (di I.
Slavo)


LE RISORGIVE CARSICHE DI PETER HANDKE

Considerazioni in seguito alla lettura dell'ultimo lavoro di Handke
sulla Jugoslavia

di Italo Slavo


Con il passare degli anni, diventano sempre più numerose le opere di
Peter Handke - il più grande scrittore contemporaneo di lingua tedesca
- sulla questione jugoslava.
Aveva cominciato, subito dopo lo "shock" del 1991, con il pezzo breve
"Addio al sognatore del Nono Paese" (1991, in italiano all'interno di
"Jugoslavia perchè", a cura di Tommaso di Francesco), polemizzando
duramente con Milan Kundera per avere, quest'ultimo, proclamato il suo
sostegno alla secessione slovena nel nome della "Mitteleuropa".
Un'intervista in proposito rimane pubblicata su "Ai confini e nei
dintorni del nono paese", del 1994 (ed. Braitan). Più importante, il
libro "Viaggio d'inverno sui fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina,
ovvero: Giustizia per la Serbia", e poi l'"Appendice estiva ad un
viaggio d'inverno" - entrambi apparsi in Italia con Einaudi nel 1996
e 1997. In seguito, nel 1999, si teneva la prima rappresentazione
della piéce "Viaggio in canoa, ovvero: Piéce su di un film di guerra",
amaramente sarcastica sul teatrino (quello si: teatrino delle
marionette) del giornalismo, della diplomazia e dell'interventismo
"umanitari".
Dopo la aggressione della NATO su Belgrado uscivano "Domandando tra le
lacrime" (2000), su due viaggi compiuti in Serbia nel 1999 - tradotto
in italiano come: "Un disinvolto mondo di criminali" (di nuovo per
Einaudi, 2002). Ed infine: "Attorno al Grande Tribunale" (2003, che
non ci risulta essere ancora apparso in Italia), a mo' di relazione
come osservatore al "processo Milosevic". Il tutto inframezzato da
ulteriori sporadiche interviste. E da polemiche. Recentemente, Handke
è stato di nuovo soggetto ad un violento attacco di stampa - per
l'esattezza, di nuovo da parte della Frankfurter Allgemeine Zeitung -
per aver devoluto la metà degli incassi di una sua piéce teatrale per
la causa intentata contro la NATO dalle vittime del bombardamento del
ponte di Varvarin (10 morti e ben più feriti).

Il testo "Le Tablas di Daimiel - relazione di un testimone di
passaggio sul processo contro Slobodan Milosevic", risale al gennaio
2005, ma appare solo adesso, nel fascicolo estivo del bimestrale
"Literaturen".
Handke sente di dover spiegare, con questo nuovo pezzo breve, la sua
rinuncia a comparire come testimone "a difesa" di Slobodan Milosevic.
Di fatto però lo scrittore prende spunto piuttosto dalla sua personale
esperienza di visitatore del Grande Tribunale per riassumere e
rielaborare, in queste venti pagine in lingua tedesca, un pò tutti i
suoi lavori e le sue considerazioni precedenti sul tema Jugoslavia.

Handke è uno dei circa 1600 testimoni citati "a difesa" da Milosevic.
Tuttavia: <<non mi va. Non voglio. Non posso>> comparire come
testimone per il Grande Tribunale, scrive Handke. Egli spiega di non
riconoscere la legittimità di un "tribunale" del tutto
auto-referenziale, la cui procedura cioè non ha precedenti ne' metri
di paragone. Esso è stato creato con un atto inedito, al di là di ogni
consuetudine giurisprudenziale nazionale ed internazionale: è dunque
al di fuori di ogni controllo. Al di là degli Stati, al di là delle
istituzioni, nato e confinato in uno spazio astratto, lontano
centomila miglia da qualsiasi società e senza alcun rispetto per la
divisione dei poteri nelle società reali.
Una Gilda, quella dei giudici - raffigurati in toga uno per uno in una
schiera di ritratti fotografici all'inizio della scalinata che porta
alla grande Aula 1, come fosse la galleria privata di un potente - che
non deve rispondere a nessuno.

<<La Giustizia è la Giustizia, è stata la dichiarazione di uno degli
attuali, episodici, fittizi detentori del potere in Serbia,
dichiarazione con la quale egli ha salutato il Tribunale
Internazionale e lo ha sostenuto. No, la Giustizia non è la Giustizia.
Ed "un testimone è un testimone?" No, un testimone non è un testimone.
Al limite, io mi considero un testimone di passaggio. Ed uno così -
forse non è il niente, ma certo è niente per il Tribunale.>>

D'altronde, un senso profondo di estraniazione assale chiunque, con
occhi innocenti, si avvicini al Grande Tribunale: lo spreco inaudito
di risorse (Handke ricorda l'insistenza con cui fu spinto a servirsi
delle automobili di servizio con conducente) da un lato, l'assenza dei
cittadini (le sale quasi senza pubblico, meno che mai olandese)
dall'altro; lo scenario asettico ed ipersorvegliato (le grandi
vetrate, le telecamere ed i grandi schermi) da un lato, il senso di
abbandono (la grande Aula 1 in penombra, per il solo Milosevic: <<in
effetti... benchè al primo piano, dà fortemente l'impressione di un
sotterraneo>>) dall'altro.

Chi è che frequenta questo brutto palazzone, ex sede della Camera di
Commercio olandese ma più simile ad un teatro in crisi di pubblico?

Sono solo pochissimi studenti di giurisprudenza di passaggio, assai
raramente i conoscenti degli imputati o persone interessate ai fatti,
singoli funzionari prezzolati di organizzazioni "non" governative,
pochissimi diplomatici. I giornalisti (qualcuno capita, ogni tanto, ma
si ferma con la sua troupe televisiva all'esterno dell'edificio) non
hanno bisogno di seguire le udienze - innanzitutto perchè non sono
interessati ad un reale approfondimento dei fatti (si limitano a
ripetere in centomila salse la stessa identica versione
dell'Imperatore), e poi perchè possono usufruire, se proprio vogliono
o devono, delle connessioni web e tv a circuito chiuso.

Handke spiega di essere comunque voluto andare a visitare Milosevic in
cella nell'estate 2004 - quasi contemporaneamente alla visita da parte
del giornalista del quotidiano francese Figaro (vedi l'edizione del 6
agosto 2004: "Parla Milosevic") - più che altro per un "dovere"
(testuale), un dovere di conoscenza e di chiarimento con l'ex
presidente jugoslavo.
Per parlare del suo incontro, Handke si avvale in gran parte di (e
commenta) l'articolo del Figaro, con le sue incongruenze ed ambivalenze.

Di fatto, durante l'incontro con Handke, era stato <<quasi solo
Milosevic a parlare, con tutta l'energia, la presenza di spirito, che
ben conoscevo avendo assistito al suo processo, ma con in più forse
una specie di tranquillità, non dovendo, qui nell'ufficio, contraddire
nulla o dimostrare qualcosa a qualcuno...>>
Milosevic si esprimeva in una maniera che <<non era ne' privata ne'
pubblica, piuttosto una combinazione, anzi una unione di entrambe, una
maniera così ovvia, così naturale, come non mi era ancora mai capitato
da nessun politico... mentre tutt'attorno alla prigione imperversava
una implacabile tempesta da Mare del Nord, e mi veniva da pensare alla
giornalista di Libération, che aveva contestato il mio pezzo "Attorno
al Grande Tribunale" - in cui avevo messo sotto accusa il suo giornale
- bollandolo come "non professionale" perchè io lì avevo menzionato
anche certi fiori di Scheveningen...>>

Milosevic si dilunga, dinanzi allo scrittore, seduto vicino ad un muro
con una sola finestra in alto, una finestra "senza vista" - così aveva
già notato il giornalista del Figaro -, a spiegare in che cosa
avessero consistito le sue famose, per alcuni famigerate, di fatto
completamente fraintese, visite e manifestazioni in Kosovo nel 1987 e
1989.
E Milosevic sciorina, davanti al sostanzialmente estraneo, benchè
noto, scrittore, dettagli ed estratti da articoli di giornali
occidentali.
Tre ore a spiegarsi, davanti ad un ospite che in fondo non glielo
richiedeva, quasi come per allenamento, oppure quasi come per non
perdere l'occasione, visto che questo "tribunale", di occasioni per
spiegare essendo ascoltati davvero, non ne fornisce.
Lunghe spiegazioni che sfiniscono l'ascoltatore, mentre Milosevic:
<<non un tremito della voce, non un tremore nella mano, ne' un rossore
sul volto>> - nonostante i noti problemi di pressione alta. Ed in più,
nel corso di tre ore, Milosevic fuma un paio di sigarette, ed il
caffé, preparato da lui stesso, lo offre ai suoi visitatori.

Handke vorrebbe porre domande su tutt'altro, per parlare d'altro - gli
chiede della marca di sigarette, e se senta la mancanza dei fiumi Sava
e Morava, e gli accenna alle sue visite a Pozarevac, al museo
civico... ma a Milosevic interessa portare fino in fondo il suo
discorso, il suo ragionamento. Quando Handke lo definisce "un
personaggio tragico" (pentendosene poi), Milosevic tradisce una
smorfia di irrigidimento. Addirittura appare "patetico", Milosevic,
quando - sempre nel suo tono uguale, serio, senza accenti esclamativi
- afferma che non si tratta della sua persona, ma della verità: "sarà
la verità a vincere."

<<Quello che io, sulla verità destinata a vincere, pensassi, me lo
sono tenuto per me; e non intendo parlarne nemmeno qui.>>

"Lei ritiene che sia stato solo un caso se l'accusa contro di me è
stata resa pubblica mentre gli aerei della NATO bombardavano il mio
paese?" (il 26 maggio 1999), aveva chiesto Milosevic al giornalista
del Figaro. Quest'ultimo spiegava invece candidamente al lettore che,
ci mancherebbe!, il Grande Tribunale può lavorare liberamente, in
totale autonomia, come solo nelle democrazie occidentali... Ah! Ma
Milosevic, che viene da un paese e da un partito "comunista", ai
tribunali imparziali non ci crede - dice il giornalista del Figaro.

Handke vede le cose con altri occhiali.
<<La mia "intima convinzione" mi porta non solo a ritenere che
Slobodan Milosevic sia di fronte alla corte sbagliata, ma anche che
egli sia - "innocente" proprio no (questa, come ho già detto, non è
cosa che mi riguardi), ma sicuramente: "non colpevole nel senso
dell'accusa", e neanche nel senso dell'organizzazione del processo.>>
Alcune immagini, toni ed impressioni sono bastate allo scrittore per
formarsi quella "intima convinzione": le immagini, i toni e le
impressioni dello scrittore, appunto, quelle che in letteratura dicono
tutto, condensando le verità e le personalità più profonde in poche
parole rivelatrici.

Il linguaggio sperimentale e poetico dell'Handke narratore, il suo
argomentare per impressioni, che non sente il bisogno di discernere
rigorosamente le cause dagli effetti, lo stile "girovagante" tipico di
questo autore, sono ben noti. Handke "gira attorno" ("Umkreisen") -
tra le nuvole? senza verificare l'ancoraggio col terreno? -, lasciando
cadere come gocce di pioggia queste impressioni che hanno la struttura
e la consistenza dei pensieri. Lo dice lui stesso: solo scrivendo ha
chiarito a se stesso i suoi pensieri. Pensieri, immagini, impressioni,
ahinoi confinate su di un bimestrale di letteratura, nel circuito
sostanzialmente chiuso del dibattito letterario contemporaneo (tra
"iniziati" dunque?), che aiutano a ristabilire elementi di conoscenza
solo indirettamente, in maniera traslata - per le questioni che
evocano, per la curiosità ed il discorso che suscitano, negli ambiti
in cui lo suscitano.

Questa è d'altronde l'opera artistica di Handke, ed insieme è la sua
testimonianza come intellettuale sincero - neanche "impegnato": più
semplicemente "sincero", che ritrasmette esperienze sue reali. Tanto
che Handke si dichiara esplicitamente contrario alla scrittura di una
qualsivoglia "relazione" ("Expertenzeugnis") attorno ai fatti di cui è
accusato Milosevic, relazione che pure gli era stato richiesto di
scrivere da uno degli "avvocati d'ufficio" di Milosevic. Del tutto
diffidente verso gli "specialisti" dei Balcani, Handke
comprensibilmente contesta quelle <<analisi, inevitabilmente
incatenate alle opinioni - e non semplicemente opinioni, ma vere e
proprie prese di posizione.>>
Ma si può evitare di prendere posizione? E se anche si potesse,
sarebbe lecito?

Infatti nemmeno Handke si sottrae dal prendere posizione, a modo suo:
andando a zonzo, come è uso fare, in letteratura e nella vita.
Racconta di essersi fatto lasciare apposta, dopo la visita,
dall'autista del "tribunale" (per la sorpresa di quest'ultimo) in
mezzo ad un bel nulla, per fare quattro passi. Racconta il suo
girovagare per Pristina, nella primavera 1996, ed il suo raccogliere
parole, sensazioni ed immagini, il comprendere da queste in maniera
subitanea la condizione di isolamento, di esclusione, di minoranza di
quelli che, su quel territorio, usavano l'alfabeto cirillico. Racconta
di incontri a Srebrenica nel 1993, di aver saputo dalla voce dei suoi
ospiti e dai canti del "guslar" delle devastazioni di Nasir Oric, del
massacro di Kravica (natale ortodosso 1993), della rabbia, di averne
parlato con i parenti delle vittime, serbi, illusi che il mondo
sappia! (e che contrasto con le "madri di Srebrenica", quelle
organizzate ed attivate come orologi a carica ad uso e consumo della
opinione pubblica occidentale).
Racconta dell'incontro con i profughi dal Kosovo, in una camera di un
albergo di provincia riadattata a rifugio, nella città di Negotin,
verso la Romania: nei loro spazi angusti, rinchiusi tra camere e
corridoi, senza contatti o prospettive fuori da quelle mura, senza
alcuna speranza, "assenti" per chi è all'esterno ed in qualche modo
anche a loro stessi, a sognare di riunirsi con familiari "più
fortunati" lontanissimo, in Brasile o Canada. Racconta di aver
visitato profughi anche sulla Fruska Gora, e di avere scoperto
l'atelier di un pittore, e di avere scoperto i suoi quadri viceversa
forti di speranza come quelli di Max Beckmann.

Con questo perciò in effetti termina il contributo dato da Handke al
"ristabilimento della verità": la verità di Handke è una verità
artistica. La sua può essere dunque solo una testimonianza
artistico-letteraria, non valida dal punto di vista giudiziario.
E dal punto di vista storico-politico?

Di analoga letteratura sulla distruzione della Jugoslavia, stranamente
(o forse no), c'è poco di fruibile per noi. La maggiorparte è opera di
altri "testimoni di passaggio", trovatisi ad essere scrittori per
caso, talvolta addirittura controvoglia, per la impellente necessità
di raccontare. Ci sono soprattutto, infatti, altri diari di viaggio
(in senso stretto o in senso lato) - Kurt Koepruner, Mariella Cataldo,
Jean Toschi Marazzani Visconti, Babsi Jones - che miscelano
informazione preziosa e testimonianza personale; e quest'ultima ha
necessariamente un risvolto lirico. C'è poi la poesia di Bruna
Sibille-Sizia. Sono tutti contributi di conoscenza - meglio laddove,
come questo di Handke, hanno un grande valore artistico aggiunto.

Ma gli anni passano, le "sedute" del Grande Tribunale pure, e noi
abbiamo ancora drammaticamente bisogno di conoscenza puntuale dei
fatti, oltre che di conoscenza artistica, e da queste (entrambe, se
vogliamo) abbiamo bisogno di passare immediatamente alla politica,
alla lotta politica; perchè solo "la politica" significa uscire dalla
dimensione individuale, personale o inter-personale dell'avvenimento,
per entrare in una dimensione collettiva e storica, e per potere
interpretare e dunque raccontare l'avvenimento nel suo complesso,
descrivendolo per quello che esso è oggettivamente - nel senso proprio
di: "al di là della esperienza individuale" - così che esso sia
conoscibile da tutti.

Noi abbiamo dunque ancora o avremmo drammaticamente bisogno di dati,
di date, di nomi e cognomi, luoghi, articoli di legge, circostanze:
abbiamo bisogno di uno sforzo titanico di organizzazione delle
conoscenze su questo avvenimento, su questo oggetto di analisi
(storica, politica, o artistica): "la distruzione della Jugoslavia".
E su questo invece abbiamo solo dei pezzi, dei brandelli di discorso.

Non sto parlando più solamente di Handke: sto parlando di tutti quelli
che sono, che sanno di essere testimoni (ad esempio in quanto vittime
- troppi - o in quanto conoscenti, frequentatori di vittime - troppo
inutili) del crimine epocale commesso con la distruzione della
Jugoslavia. A tutti costoro vorrei dire: usciamo dal fatto privato,
dall'"impressione sconvolgente", dallo shock di essere stati ed essere
tuttora testimoni del crimine e di non trovare mezzi, o un uditorio
adeguato, per comunicare l'esperienza traumatica - del tipo di quelle
che bisogna comunicare subito, per una esigenza direi compulsiva, per
non diventare pazzi -, e trasformiamo l'esperienza personale ed
individuale (viaggio, incontro, rabbia, adozione o amore, girovagare o
fare teatro, insomma: il "vissuto") in azione collettiva, dunque in
azione politica. Se vogliamo non solo "testimoniare", ma finalmente
rendere giustizia - che sia "per la Serbia", per Milosevic, ma meglio
ancora: per la Jugoslavia.

Le "Tablas" sono delle placide pozze d'acqua risorgiva, che affiora
nei pressi di Daimiel, nella Mancha, vicino Toledo. Frutto di un
fenomeno carsico, esse sono immerse nel verde come grandi pupille,
specchi d'acqua che nascondono le sorgenti del rio Guadiana. Lo
scrittore era a Daimiel due o tre anni fa: secondo le locandine
turistiche, per le Tablas non c'era alcun collegamento regolare via
bus o treno, perciò Handke prese una vettura privata. L'autista era
stranamente ritroso, come se la destinazione - le Tablas - fosse
insufficiente.
Quando arrivarono sul posto, le Tablas erano solo dei fantasmi: il
conducente spiegò che erano scomparse da secoli, a causa degli
interventi operati dall'uomo, per portare l'acqua sui terreni
agricoli: rimanevano solo delle zone più scure nel verde, chiazze di
umido in un terreno altrimenti asciutto che pareva la steppa. La gente
del luogo si era opposta ad una ricostruzione artificiale delle Tablas
di una volta; ed in effetti, tutto questo veniva spiegato, in fondo in
fondo, nel depliant dell'agenzia del turismo.

<<"Mi hanno tolto qualcosa - disse il guidatore - e non solo a me: a
noi." Ed involontariamente, sorpreso dalla mia stessa domanda, gli
chiesi allora della Jugoslavia... L'uomo di Daimiel si disse
"informato". Ma il suo essere informato, laggiù lontano, era diverso
da quello dei vicini... diverso anche da quello del suo connazionale
di Bruxelles, quello che, con l'eterna smorfia sul viso, aveva avuto a
che fare con la Guerra Umanitaria della NATO contro la Jugoslavia, con
commandos di bombe e missili, e da allora aveva continuato a portare e
portava tuttora quella smorfia nelle sue ripetute azioni umanitarie in
giro per il mondo. La risposta del mio interlocutore me la tengo per
me. Quella domanda magari non gliel'avrei posta, se non avessi intuito
in anticipo la risposta.>>

Handke interviene sulla questione jugoslava con ricorrenza carsica:
episodicamente, quando qualcosa del suo lavoro e delle sue riflessioni
riesce peraltro a filtrare dallo schermo dei mass-media e di un
sistema-mercato culturale sostanzialmente totalitario, privo di
generosità, privo di libertà. Ecco: il lavoro di Handke, il suo
girovagare, a ben vedere non è "tra le nuvole", non è in una qualche
intellettualistica "torre d'avorio", ma proprio al contrario,
simmetricamente: è sotterraneo, è speleologico. Le sue scoperte di
"testimone di passaggio" sono come le risorgive del Carso. Il fiume
però, quello che la nostra rabbia vorrebbe veder non solo affiorare,
ma straripare, quello rimane inesorabilmente sottoterra.

Mi si lasci aggiungere qualcosa ancora, che Handke non dice.

Dentro. La sensazione, per chi entra nel Grande Tribunale, è quella di
una dimensione surreale. Vi si svolge qualcosa che dovrebbe entrare
nella Storia, ma in una maniera tanto recitata e falsa, e nel
disinteresse totale non solo del mondo attorno, ma anche, e
sostanziale, degli addetti ai lavori, indifferenti, che resta un senso
grande di disagio. Gli argomenti affrontati nelle aule dovrebbero
essere sconvolgenti, avendo segnato il destino di circa 23 milioni di
persone: eppure il giovane borsista sorosiano che, seduto davanti alla
vetrata in quasi perfetta solitudine, segue l'udienza, sbadiglia.

Fuori. L'Olanda non ha alcun rapporto con quello che succede nel
"tribunale". L'Olanda vede o sente il "tribunale" in TV, come tutti:
se, come, e quando la TV ne da notizia. L'Olanda è un paese nuvoloso
come i cieli di Vermeer van Delft (dei quali Handke infatti parla), ma
la vita sociale sembra vivace. Ma che vita è? Per qualsiasi viandante
(ma Handke non ne parla) l'Olanda è innanzitutto il paese dei
traffici, in senso stretto ed in senso lato. È la prima cosa che si
nota! I porti, le navi, i treni, i tram, le autostrade, gli aerei e le
biciclette. I traffici: ad esempio, lo sfruttamento della
prostituzione (siete mai stati ad Amsterdam?); la compravendita di
preziosi e di droghe (leggere e pesanti), il consumo dissennato delle
merci nei grandi magazzini (ad esempio nell'area pedonale centro
dell'Aia); il riciclaggio di denaro nei grandi casino' e nei
grandissimi hotel. Quel lusso ostentato, proprio al lido dell'Aia:
proprio a Scheveningen, proprio su quelle dune del Mare del Nord su
cui hanno appoggiato il castelletto in cui ora è rinchiuso, con altri,
Milosevic - tra un boschetto, le casette basse dei ricchi, e la
spiaggia. Quel castelletto che 60 anni fa era usato dai nazisti per
rinchiudere i resistenti.
Fuori da quella prigione è l'Occidente corrotto come le puttane,
viziato come i drogati, opportunista come i giornalisti ed ipocrita
come i ricchi - l'Occidente al suo massimo stadio di cinismo. Ecco
perchè l'edificio del "tribunale" è lì, e non altrove.


==========================

ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27
00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957
email: icdsm-italia @ libero.it

*** CONTRIBUISCI E FAI CONTRIBUIRE:
Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC ***

NUOVO INDIRIZZO INTERNET:
http://www.pasti.org/linkmilo.html

IL TESTO IN LINGUA ITALIANA DELLA AUTODIFESA DI MILOSEVIC, IN CORSO
DI REVISIONE E CORREZIONE, E' TEMPORANEAMENTE OSPITATO ALLA PAGINA:
https://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm

LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)

==========================

Cipro: 60 cadaveri grecociprioti in 'Ministero' Nicosia nord

NICOSIA - I resti di almeno 60 greco-ciprioti, uccisi durante
l'invasione militare turca di Cipro dell'estate 1974, sono stati
rinvenuti, chiusi in contenitori e in ambiente refrigerato, negli
scantinati di un edificio della parte Nord della capitale Nicosia,
ancora sotto occupazione turca, che ospita la sede del cosiddetto
'Ministero degli esteri' della Repubblica turca di Cipro del Nord
(Rtcn, riconosciuta solo da Ankara, e non dalla comunità internazionale).

La macabra vicenda è stata rivelata dallo stesso leader turco-cipriota
Mehmet Alì Talat in un'intervita al quotidiano greco-cipriota
'Politis' ed ha provocato profonda emozione nella comunità
greco-cipriota dell'isola. Ci si interroga ora perchè e come sia stato
possibile che per oltre 30 anni i resti di una sessantina di loro
compatrioti siano stati 'nascosti' dalla autorità della Rtcn.

(Fonte: www.contropiano.org, 8 luglio 2005)