Informazione

Albania/Grecia

1. Rivendicazioni pan-albanesi contro la Grecia
(ANSA 15/3/2004)
2. Quando il calcio fa geopolitica
(Osservatorio Balcani, settembre 2004)

Vedi anche / SEE ALSO:

Greek minority in Albania: American Hellenic Institute

Statement in Response to the State Department's Publication of False
and Misleading Census Data for the Greek Minority in Albania

http://www.unpo.org/news_detail.php?arg=23&par=1060


=== 1 ===

ALBANIA: PROTESTE PER RESTITUZIONE PROPRIETA' IN GRECIA

(ANSA) - TIRANA, 15 MAR Alcune centinaia di albanesi di originari
della Cameria, territorio nel nord-ovest della Grecia abitato fino
alla seconda guerra mondiale da albanesi, hanno protestato oggi a
Tirana davanti alla sede del parlamento e quella della Commissione
europea per chiedere la restituzione delle loro proprieta'.
La popolazione di Cameria venne cacciata dalle proprie terre e
perseguitata dalle autorita' greche alla fine della seconda guerra
mondiale. Circa 70 villaggi abitati dagli albanesi vennero svuotati,
i beni confiscati e la popolazione espulsa con l'accusa di aver
collaborato con i fascisti e con i tedeschi.
Gli albanesi della Cameria chiedono l'intervento del parlamento
albanese e dell'Unione Europea, di cui la Grecia e' membro, per
riavere le loro proprieta', anche perche' alla fine di quest'anno
dovrebbero scadere gli effetti di una legge del governo di Atene per
il riconoscimento dei patrimoni. Chi non avra' presentato richiesta
entro questo termine, perdera' ogni diritto legale sulla proprieta'.
Il parlamento greco non ha ancora ratificato l'abolizione dello
stato di guerra fra Albania e Grecia, formalmente ancora in vigore
dal 1944. Gli albanesi accusano Atene di ritardare questa ratifica
proprio per non procedere alla restituzione dei beni ancora trattati
al pari di bottino di guerra. (ANSA) BLL-COR 15/03/2004
18:24

http://www.ansa.it/balcani/fattidelgiorno/200403151824141903/
200403151824141903.html


=== 2 ===

http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=3359

Albania-Grecia: quando il calcio fa geopolitica

Il 4 settembre l’Albania batte la Grecia 2 a 1, partita valevole per la
qualificazione ai mondiali del 2006. Gli Albanesi di tutto il mondo
festeggiano la vittoria, ma in Grecia le cose finiscono male e si
riaccendono tensioni latenti tra i due paesi

(09/09/2004)

Di Indrit Maraku

Era dalla guerra in Kosovo che l’orgoglio albanese sembrava sfumare
sempre di più, ma è bastata una partita di calcio per farlo sfociare
ovunque nel mondo. Il 4 settembre l’Albania ha battuto a Tirana 2-1 la
Grecia campione d’Europa, ed ovunque è esplosa la festa. Le bandiere
rosse con l’aquila nera hanno acceso le strade di Tirana, Pristina,
Skopje, Londra, New York, ecc. Ma ad Atene agli emigranti albanesi non
è stato permesso di festeggiare. Scontri tra la tifoseria albanese e
quella greca si sono registrati in tutte le maggiori città elleniche,
mentre un giovane albanese è stato accoltellato a morte da un suo
coetaneo greco nell’isola di Zakinthos.

Una storica sfida

L’attesa era grande e già un una settimana prima Tirana aveva
cominciata ad arrossirsi dalle bandiere che spuntavano in ogni angolo.
Il giorno prima della partita – valida per la qualificazione al
campionato del mondo del 2006 - la tifoseria, gran parte della quale
proveniente dal Kosovo e dalla Macedonia, aveva iniziato i
festeggiamenti per le strade della capitale. I greci speravano di
sfatare una tradizione che non li ha mai visti vincere a Tirana, mentre
la nazionale albanese puntava a mantenere il primato dell’imbattibilità
a casa sua che dura ormai da due anni.

Oltre alle due squadre, in competizione erano anche i due tecnici,
entrambi tedeschi: Hans Peter Brigel per l’Albania e Otto Rehhagel per
la Grecia, acerrimi nemici dai tempi in cui allenavano insieme il
Kaiserslautern in Germania. Ma la vera rivalità era geo-politica:
nonostante gli ottimi rapporti politici tra i due Stati, il
tradizionale antagonismo dei due popoli non è mai svanito. Come se non
bastasse, uno stimolo in più è arrivato anche dal Governo albanese. Il
Premier Fatos Nano aveva promesso un premio di 500 mila dollari in caso
di vittoria. Vista la singolare delicatezza dell’incontro, la polizia
sin dall’inizio ha predisposto eccezionali misure di sicurezza per
proteggere gli oltre 3000 tifosi greci.

I festeggiamenti

L’arbitro spagnolo Gonzales fischia: 2-1, l’Albania batte per
l’ennesima volta la Grecia, togliendo la corona ai campioni d’Europa.
Un fiume di 300 mila persone scende in piazza a festeggiare, bloccando
ovunque le strade della capitale albanese. Con la bandiera nazionale in
mano, la festa si propaga in tutte le altre città del Paese, mentre
arrivano le prime notizie di festeggiamenti da Pristina e da altre
città del Kosovo. Anche a Skopje e a Tetovo colonne di automezzi con la
bandiera rosso-nera hanno circolato per le vie delle due città. Per
festeggiare la vittoria con la Grecia sono scesi per strada pure gli
emigranti albanesi a Londra e a New York. In quest’ultima, circa 400
albanesi hanno addirittura bloccato per un po’ di tempo la
metropolitana della città, ma le autorità americane pare abbiano capito
la loro gioia e non hanno intrapreso nessun azione nei loro confronti.

…ma in Grecia non è permesso!

Pensando di vivere in un Paese membro dell’Ue e della Nato, dove
festeggiare sarebbe dovuto essere più che legittimo, anche gli oltre
500 mila emigranti albanesi che da anni lavorano in Grecia hanno
pensato di uscire per le strade delle città nelle quali vivono,
unendosi così al coro di “Vittoria!” dei loro compaesani in tutto il
mondo. Ma per le autorità elleniche garantire questo diritto pare
essere troppo difficile! Centinaia di cittadini albanesi si sono
radunati ad Atene in piazza “Omonia”, un luogo in cui quotidianamente
vanno a cercare lavoro, ma sono stati attaccati da alcuni tifosi greci,
in furia per la perdita della loro squadra. La polizia greca ha tentato
di disperdere la folla, usando i manganelli ed il gas lacrimogeno,
anche nei confronti di chi quella notte voleva soltanto festeggiare.
Inutile, poiché gli scontri tra le due tifoserie si sono spostati per
le vie della capitale greca. A decine anche le macchine con targhe
albanesi andate a fuoco. Lo stesso scenario si è ripetuto anche a
Salonicco e in tutte le maggiori città dello Stato balcanico. Il
risultato è di 300 albanesi finiti in ospedale, dei quali 10 in coma.

Ma la festa è stata fatale per un giovane albanese di 20 anni che
viveva nell’isola di Zakinthos. Gramoz Palushi è stato accoltellato a
morte da un suo coetaneo greco perché aveva osato tenere pubblicamente
in mano la bandiera albanese, mentre esultava insieme ai suoi amici.
Gli stessi che hanno raccontato ai giornalisti che il primo aiuto
medico per il giovane emigrato è arrivato con mezz’ora di ritardo.

Le reazioni

Sensibilissimi verso l’ondata di violenza in Grecia i media albanesi, i
primi ad informare e protestare di quello che accadeva. Poi è toccato
alle autorità di Tirana. Il Parlamento albanese ha tenuto un minuto di
silenzio in onore delle vittime, protestando, in una dichiarazione
approvata all’unanimità, verso le autorità elleniche. Il Ministro
dell’Interno, Igli Toska, si messo subito in contatto col suo omologo
greco chiedendoli di far cessare la violenza nei confronti degli
albanesi, mentre l’ambasciatore greco a Tirana è stato chiamato al
Ministero degli esteri per dare spiegazioni.

Anche il Governo greco, tramite il suo portavoce, ha condannato la
violenza anti-albanese. Un consigliere del Premier Karamanlis ha
dichiarato che responsabile dell’accaduto era il Governo di Tirana che
aveva promesso alla squadra un premio di 500 mila dollari, facendola
diventare “una questione d’onore”!

Duri anche la maggior parte dei media greci, parte dei quali sotto
inchiesta per incitamento all’odio. “Eleftherotipia”, uno dei maggiori
quotidiani del Paese, definisce la violenza post-partita come “la
seconda sconfitta entro la stessa notte”. Mentre gli opinionisti greci
esprimono la loro preoccupazione per l’immagine “ormai rovinata” della
Grecia creatasi durante l’Olimpiade.

Le autorità elleniche non hanno iniziato nessun indagine “perché
mancano le deposizioni”, ha fatto sapere Theodhori Rusopulos, portavoce
del Premier greco. E come è successo ogni qual volta che negli ultimi
15 anni ci sono stati dei problemi tra i due Stati, è scattato il
famigerato ricatto denominato “Fshesa” (La scopa). Un’operazione della
polizia greca che rimpatria violentemente gli emigranti albanesi: circa
300 quelli cacciati tra martedì e mercoledì.

» Fonte: © Osservatorio sui Balcani

UN PICCOLO PASSO PER DASSAULT, UN GRANDE PASSO PER L'Humanité


La rituale festa del giornale del Partito Comunista Francese,
L'Humanité, si è svolta lo scorso fine settimana a Parigi. Quest'anno
l'occasione era particolarmente importante, trattandosi del centenario
dalla fondazione: e si è vista in effetti una mastodontica kermesse,
con aspetti fieristici, da supermercato del divertimento e da luna
park, che peraltro stridevano parecchio con la gravità del momento che
si sta vivendo a livello internazionale. Ma la nota forse più surreale
è stata la sponsorizzazione di una grande fabbrica di armi, che detiene
una percentuale di proprietà del quotidiano e la cui pubblicità
campeggiava sfacciatamente sul programma ufficiale della festa, come ci
spiega Michel Collon...


Un petit pas pour Dassault,
un grand pas pour L'Humanité

MICHEL COLLON

Surréaliste, la fête du journal communiste L'Humanité, où je me
trouvais ce week-end à Paris. Quand vous aviez, de stand en stand, fait
le plein de tracts appelant à la lutte ouvrière pour le progrès social,
la justice et la paix, vous aviez la possibilité de rassembler ce lourd
paquet dans un sac plastique. Généreusement offert par... la société
française d'armement Dassault, sponsor officiel de la Fête ! Oui, un
des hommes les plus riches de France. Qui pour mieux vendre ses canons,
fait main basse sur tous les éditeurs et tous les médias français qu'il
peut. Avec censure à la clé. Un petit pas publicitaire pour Dassault,
un grand pas vers la chute finale pour L'Humanité.
Malencontreuse coïncidence ? Non, quand vous ouvrez le programme
officiel de la fête, la première page qui se présente à vos yeux, c'est
une pub pleine page pour une autre multinationale de l'armement : EADS.
Avec les symboles de toutes ses armes qui ont déjà assassiné aux quatre
coins de la planète : l'hélico de combat Eurocopter, l'avion de combat
Eurofighter, le système d'espionnage Gladio, le missile Meteor. Sans
oublier l'Airbus A400M, qui peut transporter des centaines de soldats
français au coeur de l'Afrique afin que les multinationales y gardent
leur pouvoir de piller ses richesses...
Bref, on se serait cru à un vulgaire Salon de l'armement, et on doute
que les membres de base aient été consultés sur cette orientation.
Triste pour un journal dont le fondateur Jean Jaurès disait à l'époque
« Le capitalisme porte en lui la guerre, comme la nuée porte l'orage » !

(14/9/04) Bientôt les images de ceci sur : www.michelcollon.info

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c/o GAMADI, Via L. Da Vinci  27
00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957
email: icdsm-italia @ libero.it

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC

sito internet:
http://www.pasti.org/linkmilo.htm
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Source:  alerte-otan  @yahoogroups.com

    Date : Wed, 15 Sep 2004 18:51:29 +0200
      De : "Roland Marounek"
   Objet : Stephen Gowans sur le procès Milosevic

15 septembre 2004

Le procès Milosevic

Contre ces lois, la législation internationale (et Milosevic) n'ont pas
l'ombre d'une chance

par Stephen Gowans

http://www3.sympatico.ca/sr.gowans/trial.html

Traduction de J-M Flémal


Il serait naïf de s'attendre à autre chose, là-bas, qu'à un verdict de
culpabilité, dans l'affaire Milosevic, ne serait-ce que parce que le
procès - organisé par les mêmes parties dont l'intérêt dans le
démembrement de la Yougoslavie a finalement amené un président
démocrate à lui faire la guerre au printemps 1999 - a servi un but
clairement politique dès son commencement.

Tout ce qui concerne le tribunal, depuis sa genèse jusqu'à son statut
légal et jusqu'à l'échec de l'accusation à citer des preuves ou des
témoignages établissant que Milosevic a ordonné des crimes de guerre,
voire un génocide - pue.

Mais, dans ce cas, à quoi vous attendez-vous ?

Le tribunal apparaît comme étant une sorte de courtoisie ficelée dans
un emballage cadeau de la part des mêmes affabulateurs qui ont surpassé
Bush dans le mensonge en prétendant que des centaines de milliers de
Kosovars d'ethnie albanaise avaient été exterminés par les équivalents
démoniaques des nazis - les Serbes, prétendument assoiffés de sang et
partisans des épurations ethniques.

Cette prétention relevait uniquement du cinéma politique, un fait
attesté par la réalité : jamais la moindre preuve d'un génocide, à
l'instar des armes de destruction massive en Irak, n'a été découverte.

Cela fait aujourd'hui des années que les journaux traditionnels nous
abreuvent régulièrement de comptes rendus d'officiers de police, de
journalistes et de médecins légistes qui se sont rendus au Kosovo pour
collecter des preuves de génocide et qui sont en revenus pleins
d'amertume parce qu'on s'était moqué d'eux et à cause également de la
mauvaise volonté de l'Otan et des fonctionnaire du tribunal à entendre
parler de la moindre chose qui allait à l'encontre de ces mensonges
soigneusement manigancés.

Qui plus est, bien qu'il ait disposé d'une année entière pour préparer
son procès contre Milosevic et deux ans pour citer des centaines de
témoins, le tribunal n'est pas parvenu à exhiber un canon fumant -
quelque preuve ou témoignage que l'ancien président yougoslave ait
ordonné le moindre crime de guerre ou crime contre l'humanité.

En outre, cela n'a même pas pénétré les crânes de la gauche politique,
qui continue à croire que se moquer de Milosevic revient à monter sur
ses grands chevaux plutôt qu'au mieux, faire preuve d'ignorance
grossière ou, pire, à commettre un acte de pusillanimité politique.

Mais alors, si l'on s'attend à beaucoup de choses de la part de la
section américaine de la gauche - actuellement  préoccupée à faire
pencher les élections en faveur d'un démocrate promettant de rattraper
l'échec de Bush à s'occuper militairement des deux membres restants de
l'Axe du Mal -, cela revient à s'attendre à un verdict de
non-culpabilité dans le procès Milosevic : c'est la voie la plus sûre
vers la désillusion.

La dernière insulte à la justice faite à La Haye n'est autre que la
décision du juge président, Patrick Robinson, d'imposer un conseiller à
Milosevic. Robinson s'est empressé de montrer que lui aussi avait tiré
ses leçons de l'affaire Milosevic.

Je dis « lui aussi » parce que le premier à prétendre avoir tiré une
leçon importante était Salem Chalabi, neveu d'Ahmad Chalabi. Ce
dernier,  qui, naguère, avait la côte et, aujourd'hui, est tombé en
disgrâce et tente de s'insinuer à nouveau dans les bonnes grâces, était
le dirigeant du Congrès national irakien et le descendant d'une famille
qui, dans le temps, fut l'une des plus riches de l'Irak. Salem, le
neveu, a été chargé de monter un tribunal pour crimes de guerre en vue
de juger Saddam Hussein, tribunal qui, selon ses dires, serait conçu de
façon à « montrer que nous avons tiré les leçons du procès de Milosevic
», à savoir, ne pas laisser l'accusé prendre la parole, en raison des
révélations trop embarrassantes qui pourraient s'échapper de sa bouche
et mettre à mal tout ce qui, dans la cause soigneusement élaborée de la
guerre, peut servir de prétexte du jour.

Ce problème - soulevé, dans l'affaire Milosevic, par les plaintes
prétendant que l'accusé passait son temps à faire des discours
politiques - a été soigneusement traité par le juge Robinson, qui n'est
pas tant un juge, mais surtout un agent politique affublé d'un rôle
prépondérant au sein d'une troupe spécialisée dans le théâtre politique.

Imposer un conseiller à un accusé constitue une violation des lois
internationales d'usage et une violation, en effet, des statuts mêmes
du tribunal (voir "International Tribunal or Star Chamber? The ICTY's
decision to impose counsel on Slobodan Milosevic" - « Tribunal
international ou Chambre étoilée ? La décision de l'ICTY d'imposer un
conseiller à S.M. »). Lui-même, Robinson a déjà pris des mesures, par
le passé, contre une motion de poursuite visant à imposer un conseiller
à un accusé, et il avait cité à ce propos la législation internationale
et les règles mêmes du tribunal !

Que Robinson ait retourné sa veste et engagé le tribunal dans une
position légalement intenable, est à peine surprenant. Le tribunal est
soutenu par l'Otan, qui a violé la législation internationale et sa
propre charte en vue d'attaquer la Yougoslavie, et le tribunal -
pourquoi n'y a-t-il pas de tribunaux pour crimes de guerre en ce qui
concerne les guerres américaines contre le Vietnam, l'Afghanistan et
l'Irak ? - est lui-même illégal. La loi n'a déjà pas été un élément de
dissuasion auparavant, pourquoi le deviendrait-elle maintenant ?

Les seules lois qui comptent ici- et je le dis sans vouloir trop
ressembler à l'un de ces démagogues bavards et gesticulants dégoisant
son socialisme au coin d'une rue fort animée - sont celles qui poussent
les nations capitalistes développées à étendre leur domination
économique aussi loin qu'elles le peuvent, sans le moindre égard pour
les barrières de la souveraineté nationale ou pour les lois
internationales qui pourraient se trouver dans leur chemin.

« Nous agirons multilatéralement là où nous le pourrons, et
unilatéralement là où nous le devrons », avait fait remarquer un jour
la secrétaire d'Etat de Clinton, Madeleine Albright, proposant ainsi
une bonne description de la façon habituelle d'agir de l'administration
Bush - et de toute autre administration américaine.

Pour être plus complète, elle aurait pu ajouter :

« Nous agirons également dans la légalité là où nous le pourrons, et
dans l'illégalité là où nous le devrons, mais nous agirons chaque fois,
légalement ou illégalement, dans les intérêts de l'ouverture des
marchés, de la garantie des occasions d'investissement et de la
possibilité d'accès aux matières premières, y compris le pétrole, parce
que nous sommes obligés d'agir de la sorte.

Ceci ne figure pas dans les lois américaines, mais c'est une loi quand
même, une loi à laquelle tous les pays capitalistes, y compris les
Etats-Unis, doivent obéir, qu'ils soient dirigés par des conservateurs,
des libéraux ou des social-démocrates.

Ne pas le faire signifierait que nous serions écrasés et dépassés par
nos rivaux, qui agissent également en vue d'ouvrir les mêmes marchés,
de s'assurer les mêmes possibilités d'investissement, de s'assurer
l'accès aux mêmes matières premières, y compris les mêmes sources de
pétrole.

Nous ne serons ni écrasés ni dépassés. Par conséquent, là où des
économies fermées doivent être ouvertes et annexées, là où des régions
productrices de pétrole, où que ce soit dans le monde, doivent être
dominées, là où des pipelines doivent être protégés et là où il faut
installer des concessions minières, nous agirons en utilisant tous les
moyens à notre disposition. »

Avec la disparition du socialisme en Europe, une Yougoslavie laissée
seule contre une Otan en chasse n'avait pas l'ombre d'une chance.

Milosevic - lui-même, autant dire laissé seul, y compris par ceux qui
s'étaient intéressés de près à Wesley Clark, nominé malheureux en tant
que candidat démocrate à la présidence, et le véritable boucher de
Belgrade - n'a pas eu l'ombre d'une chance. En fait, il n'a aucune
chance.

C'était une reconnaissance implicite de ce qui précède (en même temps
que le fait que ce procès est un simulacre et qu'il fallait faire en
sorte que le procès aille très vite, par conséquent, et qu'on lui
épargne le risque d'être transformé en plate-forme politique au profit
de Milosevic) que d'avoir imposé ce conseiller, qu'on impose le silence
à l'accusé et qu'on sabote sa cause.

[ in italiano / en francais:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3812 ]


http://komunist.free.fr/arhiva/sep2004/collon.html
Arhiva : : Septembar 2004.

Tradicionalna smotra komunističkih partija u Parizu

prevod: Olga Darić

Proslava komunističkog dnevnika "L'Humanité" kojoj sam prisustvovao
prošlog vikenda u Parizu zaista je živi nadrealizam. Obilazeći štandove
i sakupljajući brošure i letke sa borbenim pokličima za socijalni
napredak radničke klase, za mir i pravičnost, pruža vam se prilika da
svu tu hrpu materijala složite u prikladnu najlon kesu koju vam
velikodušno poklanja Daso (Dassault), francuska ratna industrija i
zvanični sponzor proslave. Gospodin Daso je jedan od najvećih bogataša
Francuske. Da, to je onaj koji je bacio laso na gotovo sve medije i
izdavačke kuće u zemlji zarad što boljeg plasmana svojih topovnjača i
zaveo bespoštednu cenzuru. Mala reklama za Dasoa a za "L'Humanité"
krupan korak ka sigurnoj propasti.

Da nije po sredi bahata greska? Ne! Otvorite zvanični program tog
komunističkog lista, pa ćete već na samom početku opet naći preko
čitave stranice reklamu za jednu drugu vojnu multinacionalnu kompaniju:
EADS upriličenu u simbolima oružja koje se već širom sveta pokazalo
kroz svoj krvavi učinak: vojni helikopter Eurokopter, borbeni avion
Eurofajter, raketa Meteor, sistem za špijunažu Gladio, Erbus A400M,
zahvaljujući kojem na stotine francuskih vojnika biva transportovano u
samu unutrašnjost Afrike kako bi multinacionalnim kompanijama bilo
zagarantovano pravo na nesmetanu pljačku prirodnog blaga tog kontinenta.

Čovek bi mogao pomisliti da se obreo na kakvom prozaičnom sajmu ratne
tehnike i teško da je baza po tom pitanju konsultovana. Žalosno za
novinu čiji je osnivač, Žan Žores, u svoje vreme govorio: KAPITALIZAM
NOSI RAT, KAO OBLAK KIŠU.

Michel Collon
www.michelcollon.info