Informazione

[ This article in english:
Panorama: Prisoners of Peace (by Francesca Folda)
http://www.kosovo.com/erpkiminfo_feb04/erpkiminfo14feb04.html#1 ]

NOTA: diffondiamo questo articolo pubblicato dal settimanale
filogovernativo PANORAMA per conoscenza, avvertendo il lettore che esso
contiene bugie ed informazioni tendenziose sulla realta' passata del
Kosmet (es: "Slobodan Milosevic lanciò la sua campagna di
discriminazioni contro gli albanesi del Kosovo") dovute alla necessita'
giornalistica di giustificare la aggressione della NATO del 1999 e la
attuale occupazione imperialista dell'area. CNJ

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http://www.panorama.it/mondo/capitali/articolo/ix1-A020001022890

EMERGENZA KOSOVO: VIVERE IN UN PAESE SOTTO SCORTA


Prigionieri della pace

di  Francesca Folda

6/2/2004  

Sempre meno numerosi, sempre più poveri, sempre più minacciati: così
vivono i serbi nella regione governata dall'Onu. Dove i conflitti con
gli albanesi non si sono mai fermati. E dove, dopo Milosevic, torna
l'incubo della pulizia etnica. Al contrario.
 
Miliana ha 11 anni. Spesso fa lezione da sola perché la sua unica
compagna di classe non riesce a prendere lo scuolabus scortato dalla
polizia. Non c'è altro modo per raggiungere la scuola serba di Obilic,
una piccola enclave a pochi chilometri da Pristina. Fino al 1999 gli
alunni slavofoni erano oltre 900, oggi soltanto 45. Quasi tutte le
finestre della scuola sono protette da grate in metallo. Le altre hanno
i vetri rotti, colpiti dalle sassaiole dei kosovari albanesi che si
sono insediati nella zona, un tempo prevalentemente serba. Dalla fine
della guerra, solo in questo comune si contano 29 serbi uccisi. Gli
ultimi tre (padre e madre ultraottantenni con il figlio di 53 anni)
sono stati aggrediti il 3 giugno dello scorso anno: massacrati di
botte, accoltellati, evirati, bruciati nella loro casa.
Kosovo 2004: la regione su cui l'Onu ha giocato la scommessa per la
multietnicità di fatto è diventata un suo protettorato, affidando
l'amministrazione del paese al governo provvisorio delle Nazioni Unite
(Unmik) con 7 mila funzionari internazionali e la sicurezza a 50 mila
militari della forza di pace (Kfor).

Ma il Kosovo resta ufficialmente una provincia della Serbia, mentre la
popolazione di etnia albanese mira ancora all'indipendenza. E l'Onu
prepara la ritirata senza certo poter dire di aver vinto. Niente più
uccisioni di massa, fosse comuni, villaggi bruciati e razziati. Ma
ancora oggi c'è un'etnia discriminata, che vive nella paura, non ha
lavoro né libertà di movimento. Si sono soltanto invertiti i ruoli nei
giochi di forza tra serbi e albanesi. Stavolta sotto gli occhi della
comunità internazionale.
Albanesi e serbi del Kosovo sono divisi da tutto, non solo lingua e
religione. Oggi usano persino targhe automobilistiche e monete diverse.
Gli albanesi hanno abbracciato entusiasti la gestione Unmik, intitolato
viali a Bill Clinton, adottato l'euro e inventato un nuovo registro
automobilistico. Ma i non albanesi continuano a utilizzare targhe e
documenti della Serbia, oltre alla valuta di Belgrado. Molti di loro
vivono del sussidio mensile (circa 80 euro, ma in dinari) che il
governo serbo concede ai capifamiglia perché non lascino la regione.

Quando Slobodan Milosevic lanciò la sua campagna di discriminazioni
contro gli albanesi del Kosovo, i serbi erano circa 300 mila.
Occupavano posti di rilievo in enti pubblici, scuole, ospedali e
fabbriche. Dopo la caduta del regime sotto le bombe Nato, sono fuggiti
per evitare le ritorsioni dell'Uçk, l'esercito di liberazione albanese.
Prima che le forze militari alleate prendessero il controllo, la
violenza dei paramilitari serbi è stata ripagata con la stessa moneta:
vendette, esecuzioni, cimiteri ortodossi profanati, case bruciate. Oggi
i serbi del Kosovo sono ridotti a un terzo: molti hanno trovato le
proprie case distrutte od occupate da albanesi (che se hanno accettato
di pagarle, hanno preteso prezzi stracciati).
Ivan, ingegnere elettrotecnico, vive nella zona di Obilic: ha lavorato
11 anni in una delle due centrali elettriche a carbone che garantivano
energia a gran parte della ex Iugoslavia. Per lui non c'è più posto
(non sarebbe sicuro) tra i dipendenti albanesi. Ivan arrotonda il
sussidio di Belgrado lavorando come interprete per i carabinieri, ma a
primavera lascerà la casa dove è nato per trasferirsi in Serbia. Lo
aspettano la moglie e il figlio appena nato: a Pristina non c'è più un
ospedale dove far venire alla luce bambini serbi. Anche la sua casa
finirà agli albanesi. E allora, in questa frazione di Obilic, la nuova
pulizia etnica sotto gli occhi dell'Onu sarà compiuta.

Altro che ritorno. L'Onu aveva previsto un piano di rientri per quelli
che a tutti gli effetti possono considerarsi i profughi serbi
dell'ultima guerra balcanica. Nella valle di Osojane, in cinque paesi
ne vivevano oltre 2 mila: oggi sono 300, concentrati in due villaggi
per motivi di sicurezza, 136 alloggiati in container perché le loro
case devono ancora essere ricostruite. «Ma i giovani preferiscono
restare in Serbia o emigrare in Europa» racconta Sonja Vucovic ,
giovane pedagoga, «perché qui non hanno futuro: ha un impiego solo il
10 per cento della popolazione slava, lavorare nei campi è pericoloso e
non ci si può muovere nemmeno per vendere prodotti agricoli».
A Suvi Lukavac, nella provincia di Istok, sono state quasi ricostruite
21 case per altrettante famiglie serbe e rom rientrate con la scorta
del contingente Kfor spagnolo. Ma la procedura di riappropriazione non
è semplice: da quella che viene chiamata «go-and-see-visit» (il primo
approccio dei capifamiglia con i villaggi abbandonati) al ritorno in
case abitabili passano anche due anni. È necessario provare di essere i
legittimi proprietari dei terreni su cui erano edificate le case
distrutte e saccheggiate.

Alla lentezza della burocrazia si aggiunge un mai sopito odio etnico.
Nel 2002, in Kosovo, si sono contati 136 omicidi. Le vittime serbe sono
state 30, il 22 per cento (pur essendo solo il 10 per cento della
popolazione) . Ad agosto del 2003 l'ultimo episodio: colpi di
kalashnikov contro un gruppo di bambini serbi che giocavano lungo il
fiume a Goradzevac. Due ragazzi morti, quattro feriti. Pochi giorni
dopo era previsto il rientro di 200 profughi slavi che le autorità
internazionali si sono affrettate a cancellare.
Non è l'unico dietrofront cui è stata costretta Unmik. Il 10 dicembre
scorso, 26 serbi di Klina, una città al centro del Kosovo, scortati in
forze dai militari della Kfor, sono tornati nel loro villaggio alle
prime ore del mattino e hanno cercato di insediarsi in un grande
edificio senza tetto per ricostruire poco alla volta le loro
abitazioni. Appena si è diffusa la notizia, un centinaio di albanesi ha
raggiunto la zona impugnando spranghe e pietre: rifiutano qualsiasi
reinsediamento serbo se prima non hanno notizie certe dei familiari
«scomparsi» durante le persecuzioni di Slobodan Milosevic. Risultato? I
serbi sono fuggiti per la seconda volta (assieme alla Kfor) da quello
che era il loro villaggio. Una disfatta per l'Onu.
«Questa cosiddetta pace della Nato in Kosovo significa soltanto che la
guerra è sotto controllo, non che ci sia davvero la pace» ha scritto la
giornalista serbokosovara Marilina Veca nel libro Kosovo perduto . «Non
appena andrà via la Kfor, sarà di nuovo conflitto» è il commento della
gente comune di entrambe le etnie. La comunità internazionale sembra
prendere tempo, rinviando l'unica decisione politica che tutti
aspettano: rendere o meno il Kosovo indipendente, magari cedendo alla
Serbia la parte a nord di Mitrovica, città divisa e contesa.

«Mitrosalemme» l'hanno ribattezzata gli osservatori internazionali, una
Gerusalemme dei Balcani, con popoli uniti solo da due ponti. Pochi gli
scambi. Falliti i tentativi di mediazione. Come il grande mercato
multietnico, inaugurato il 12 aprile 2002 a metà del ponte Cambronne.
La settimana seguente i banchi erano vuoti, nessuno si è più presentato
a vendere mercanzie. Molti sostengono che sia il governo di Belgrado a
boicottare la convivenza tra le due parti. Ma ci sono anche frange
estremiste del disciolto Uçk come i Black Eagles (convertite al crimine
organizzato) che non hanno fatto mancare agguati e minacce tanto contro
i serbi quanto contro gli albanesi etichettati come «traditori».
I segnali positivi sono pochi e contraddittori. Il Kosovo police
service (la neonata polizia multietnica promossa dall'Onu) ha assunto
il controllo dei check- point sul ponte principale di Mitrovica. Ma
l'intelligence internazionale segnala vessazioni nei confronti delle
auto serbe ai posti di blocco meno simbolici della regione. A
Mitrovica, nella parte nord della città, sorgono le cosiddette Tre
torri, palazzoni di cemento armato dove famiglie di etnie diverse
vivono sullo stesso pianerottolo. Ma a Pristina c'è un solo edificio
abitato da serbi: è quello dove alloggiano anche gli stranieri dell'Onu.
La tensione è sempre nell'aria. Il sabato a Lipljan, giorno di mercato,
quando i serbi vanno a fare la spesa scortati dai soldati finlandesi. O
la domenica, quando un pullman Unmik, seguito da militari e polizia,
raccoglie a Mitrovica Nord i serbi ortodossi che vogliono assistere
alla messa nella chiesa di San Sava, la cattedrale nella parte albanese
della città. La chiesa è circondata dal filo spinato, vigilata 24 ore
su 24 da 15 soldati greci. Un carro armato è parcheggiato accanto alle
navate.

La religione è il motivo per cui i serbi non rinunciano al loro diritto
di cittadinanza in Methonia (la terra dei monasteri). È così che
chiamano la parte centrale del Kosovo, culla della Chiesa serba dal
1200, quando per la prima volta fu incoronato patriarca ortodosso uno
slavo. A Pec c'è quello che può essere considerato il «Vaticano»: un
monumentale monastero dove vivono come prigionieri l'attuale patriarca,
24 suore e sei laici. Per far arrivare i pellegrini o fare la spesa,
devono prenotare la scorta del contingente italiano Kfor. Altrettanto
accade ai 30 monaci del monastero di Decani.
Confessa padre Andrej: «Non siamo monaci di clausura, ma siamo abituati
alla vita monastica. Le famiglie serbe, invece, vivono recluse in casa
e aspettano le nostre visite per ricevere cibo e sacramenti. Come quei
malati che respirano grazie a macchinari, noi abbiamo bisogno della
Kfor e dei carabinieri della Msu per sopravvivere». Non si tratta di
manie di persecuzione. Dalla fine dei bombardamenti Nato, 116 chiese in
tutto il Kosovo (una regione grande come l'Abruzzo) sono state
distrutte o incendiate .
«Mantenere l'ordine pubblico e la legalità, promuovere il rispetto dei
diritti umani, assicurare il rientro sicuro e incondizionato dei
profughi nelle loro case in Kosovo»: questo era il mandato dell'Onu. Ma
il primo ministro kosovaro Bajram Rexhepi , ancora una volta lo scorso
22 gennaio, è stato costretto a richiamare la sua gente: «Io non
appoggio il principio della multietnicità. Ma anche se non ci amiamo, e
non siamo obbligati a farlo, io chiedo di rispettarci l'un l'altro (con
i serbi, ndr) e di evitare gli attacchi». Non chiamatela «pace».


GLI ULTIMI ATTENTATI

I più gravi episodi di violenza nei confronti dei serbi kosovari dal
2002 a oggi.

10 ottobre 2002 : feriti 2 impiegati Unmik di scorta a un convoglio
serbo diretto a Pec: una folla di albanesi li ha bersagliati con pietre
e bottiglie molotov.
16 novembre 2002 : 3 bombe contro la chiesa serbo-ortodossa di Istok.
30 novembre 2002 : 4 uomini denunciano intimidazioni e minacce da parte
delle Black Eagles per aver aperto negozi nel centro di Pristina.
8 febbraio 2003 : 4 serbi sono feriti dal lancio di una granata a
Mogila (50 km da Pristina). La polizia di Unmik arresta un albanese di
26 anni.
13 febbraio 2003 : un'esplosione distrugge il negozio e l'auto di un
serbo a Kosovska Kamenica, area controllata dai soldati americani.
3 giugno 2003 : 3 componenti della famiglia Stolic (tra cui due
ultraottantenni) vengono uccisi durante la notte nell'enclave serba di
Obilic: sono stati massacrati, i loro corpi deturpati e bruciati
nell'incendio della casa.
Agosto 2003 : due ragazzi serbi di 11 e 20 anni vengono uccisi a colpi
di kalashnikov mentre giocano nel fiume a Goradzevac. Altri quattro
ragazzi sono feriti.
31 agosto 2003 : una granata uccide un uomo nel villaggio serbo di
Cernica. La comunità lamenta soccorsi troppo lenti che non avrebbero
consentito di salvargli la vita.
10 dicembre 2003 : il rientro a Klina di 26 serbi sotto la supervisione
dell'Onu fallisce per i disordini provocati da un centinaio di albanesi
che li accolgono con il lancio di sassi. In meno di due ore i serbi
vengono accompagnati in un'altra enclave protetta.

Macedonian Newspapers

1. Tito Shockers, Fat Cats on the Beach Liven Up Macedonian Newspapers
(by C. Deliso)
2. Newcomers take on German media giant (by T. Causidis)

See also:
Rogue Newspaper Arrives in Skopje
http://www.balkanalysis.com/modules.php?name=News&file=print&sid=243


=== 1 ===

Tito Shockers, Fat Cats on the Beach Liven Up Macedonian Newspapers

Date: Sunday, February 15 @ 14:00:00 EST
Topic: Macedonia Articles


As predicted, the arrival of new competition in Macedonia’s
media game has increased not only reader choice but also editorial
creativity. Judging from what we have seen so far, the papers are
emerging from years of lethargy and the prime winner is the Macedonian
public.

On 28 January, ‘Vreme’ made its debut
[http://www.balkanalysis.com/
modules.php?name=News&file=article&sid=243] in fine form, selling out
everywhere by mid-morning. Demand was evidenced by an ironic
hand-scrawled placard in front of one kiosk, reading “nema vreme!” (no
time!).

While the physical quality of the paper (printed on smaller and
thinner paper than the others) leaves something to be desired, its
coverage so far shows a strong internationalist focus. The world news
section is almost completely made up of current reports from a variety
of foreign publications. Editorial commentary from outsiders, for
example the American and former resident Jason Miko, has begun
appearing, and special reports from Iraq by the likes of Scott Taylor
[http://www.balkanalysis.com/
modules.php?name=News&file=article&sid=178] are on the way. ‘Vreme’ is
unique in that it features foreign comics (so far, ‘Dilbert’ and
‘Calvin & Hobbes’), and perhaps most interestingly, a hand-picked
“website of the day” on the back cover.

For its part, WAZ and ‘Dnevnik’ [http://int.dnevnik.com.mk/%5d have
shown they are not planning to give ground. On 1 February, the German
media giant
[http://www.balkanalysis.com/
modules.php?name=News&file=article&sid=38%20] unveiled a new format-
basically the same except for color photos (instead of the usual black
and white) on the cover, first pages and back cover. This has allowed
for new and sensational opportunities- such as Wednesday’s story about
MobiMak fat cats on vacation
[http://dnevnik.com.mk/default.asp?pBroj=2376&stID=29019%20]. The
paparazzi aspect of the article is unclear however, as the picture- of
people sunning themselves under a palm tree on a glittering beach in
the Maldives- is taken from a distance and could be from anywhere.
Nevertheless, given the general distaste for corporate largesse in the
midst of widespread poverty, it looks as if this may help usher in a
new and more self-critical era for Macedonia- something essential for
the country’s mental health
[http://www.balkanalysis.com/
modules.php?name=News&file=article&sid=250].

Utrinski Vesnik [http://int.utrinskivesnik.com.mk/%20%5d, for its part,
has captured attention with an ongoing series that started Friday and
plays to latent Yugo-nostalgia among Macedonians: the “last words” of
Josip Broz Tito
[http://utrinski.com.mk/
default.asp?pBroj=1390&stID=7095&pR=19%0D%0A%20]. The revered leader’s
final predictions were recorded in an interview conducted with
contemporary and friend Josip Kopinic in spring of 1979, a year before
Tito’s death. Afterwards, the Party denied that the interview had taken
place and was riddled with lies. Tito said that he feared the country
would fall apart, and that there would be a war in Kosovo- both
prescient analyses. Apparently, in the last years of his life Tito was
increasingly just a figurehead in government, his power taken over by
the Committee.

Wednesday’s installment
[http://utrinski.com.mk/default.asp?pBroj=1394&stID=7526&pR=16] from
the WAZ-owned publication quotes Josip Kopinic as saying Tito’s wife,
Jovanka, had lived a double life, working for years as a KGB spy. When
senior officials confronted Tito and demanded he divorce her, he
reportedly lamented, “…don’t ask that from me. Don’t take the meat from
a live man’s bones- that hurts. Jovanka is in my heart. I love her but
I can’t forgive what she did to me.”

The day after, the paper delivered a revelation about Goli Otok
[http://int.utrinskivesnik.com.mk/
default.asp?pBroj=1395&stID=7610&pR=21]. ‘Translated as ‘the naked
island,’ but also known as the ‘island of death’
[http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/0880330554/balkanalysisc-20%5d,
this high-security prison for dissidents once hosted future Croatian
leader Franjo Tudjman, among others. According again to Josip Kopinic,
Tito was turned down for the Nobel Prize because of the prison’s
infamy. Kopinic reports the president as having said,

“…when I received the letter in Belgrade from the King of Norway, I
knew that I would not get the Prize. In that letter, he told me that
his parliament was asking me to apologize in public for Goli Otok and
the torturing of prisoners there. Actually, he wanted me to apologize
for that as being Yugoslavia’s shame. That I saw as their condition and
I didn’t agree. If he had asked me the same thing in a different way, I
would have agreed to do it. I would have organized a media conference,
and I would have told the truth about Goli Otok.”

The Tito series is symbolically compelling, in that it quite clearly
follows the model of similar retrospectives long preferred in the West,
when reminiscing on their own leaders.

It remains to be seen what will happen when the resurrected ‘Vecer’
and ‘Nova Makedonija’ enter the game in the weeks ahead. While they are
not expected to take the laurel from the front-runners, their very
presence will certainly make things more lively still.


This article comes from Balkanalysis.com
http://www.balkanalysis.com

The URL for this story is:

http://www.balkanalysis.com/modules.php?name=News&file=article&sid=255


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IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 478, January 29, 2004

NEWCOMERS TAKE ON GERMAN MEDIA GIANT

Fears of a virtual newspaper monopoly in Macedonia have prompted
several new newspapers to try their luck.

By Tamara Causidis in Skopje

Several new daily newspapers are about to hit the streets of Macedonia
in the next few days, as local media boldly take on the virtual
monopoly of a German media giant.

A daily called Vreme is due to start next week, becoming the country's
seventh Macedonian-language daily.

Within weeks two other papers, Vecer and Nova Makedonija, will also
reappear in new guises, after the government sold the formerly
state-owned titles to save them from going under.

Analysts believe the local media is determined to challenge the German
media group WAZ, which took control of 80 per cent of the republic's
print media after buying shares in Dnevnik, Vest and Utrinski Vesnik.

The three are the country's highest-circulation dailies, with a joint
circulation of about 120,000.

The newcomers believe they have a good chance of surviving in a tough
market, with solid financial backing and professional journalists.

They say the growing domination of the Macedonian media by the
Essen-based Westdeutsche Allgemeine Zeitung has opened up a space for
an alternative voice.

Dnevnik, centrist and nationalist in outlook, currently dominates the
print scene. Utrinski vesnik is a leftist paper and Vest is a tabloid.
The three titles are now managed and distributed by an umbrella
company, Media Print Macedonia, to reduce overheads.

Before it reached Macedonia, WAZ, led by the former Stability Pact
chief Bodo Hombach, took over major media outlets in Bulgaria, Croatia,
Serbia and Montenegro.

Entry into Macedonia, as in other Balkan countries, has raised concern
over the creation of a media monopoly, for the three dailies had no
serious competition when WAZ took over.

As state-owned papers, Vecer and Nova Makedonija have been failing for
years, while the tiny, independent Makedonija denes is weak and has no
influence.

The head of the project in Vreme and the main financier is Velija
Ramkovski, owner of the country's biggest independent TV station, A1TV,
with 46 per cent share of the viewing audience, according to latest
surveys.

Idea Plus DDB, a marketing agency in Skopje, bought the Vecer title at
a public bidding on December 23 for 25,000 euro while Nova Makedonija
went to the Skopje-based Zonik Company for 5,000 euro.

The new owners insist they will revitalise the formerly popular papers
and change their concepts.

Many believe the firms that bought the titles have solid finances, as
they have had to undertake to publish them for a minimum of five years.

Vecer and Vreme are seen as having a good chance of survival in the
Macedonian media scene as both papers have strong financial back-up and
will not have problems obtaining a share of the advertising market, a
main source of finance for the media.

Iso Rusi, editor of the Albanian-language weekly Lobi, told IWPR that
both Vecer and Vreme enjoyed the preconditions to secure a solid
position.

"For a daily to cover its expenditures and publishing it needs seven or
eight pages of advertisement," Rusi said. "Idea Plus as a marketing
agency that will have no problem redirecting its clients to the paper.
Vreme may have more difficulties, but they have media promotion via A1
television station, which is also owned by Velija Ramkovski."

But survival will not depend on finance alone. Analysts say the
monopoly of WAZ has created new space for alternative voices.

Although WAZ pledged not to interfere with its dailies content,
observers worry that uniting the three papers are under one company
will create pressure for a unified editorial policy.

Vreme editor, Gjorgji Barbarovski, told IWPR, "Macedonia's media scene
should not be monopolised. We do not expect a war with the three WAZ
newspapers, as there is space for all of us, but we are prepared and
aware of the competition."

The new editors say their main task will be to offer variety and add
quality to the print scene.

Klime Babunski, a media expert at the Institute for Political-Legal and
Sociological Research, told IWPR he hoped the new papers would enrich
media choice.

"It would be awful if the entire offer of daily media outlets in
Macedonia came down only to papers controlled by WAZ," he said.

The success of the new ventures hangs also on the quality of the
journalists and their impact on the media scene.

Vreme has been set up by Aleksandar Damovski, founder and former editor
of Dnevnik, who left the paper after the WAZ takeover along with nearly
20 journalists, in the ambitious quest to found a independent daily
title that would offer something new.

Editor of Vreme Jasmina Mironski told IWPR, "There is space for one
more daily that will offer something fresh, something different. I
expect that Vreme will also re-establish journalistic genres such as
analysis, research, an approach that has been neglected in the existing
papers that offer only news."

The future director of Vecer, journalist Vasko Eftov, told IWPR the
media scene urgently needed an overhaul and that the new dailies were
in a better position to offer this than WAZ. "Our advantage in
relation to WAZ is that we are small and flexible, and WAZ is slow and
massive," he said.

But Branko Gerovski, editor of Dnevnik, said the new titles would not
jeopardise the leading position of the WAZ papers, "We will create
healthy competition, so there is no need for any fears. Instead, we
need to work hard so that in the end the readers benefit."

Tamara Causidis is a journalist with Radio Free Europe in Skopje.


(...) Balkan Crisis Report is supported by the Department for
International Development, the European Commission, the Swedish
International Development and Cooperation Agency, The Netherlands
Ministry for Foreign Affairs, and other funders. IWPR also acknowledges
general support from the Ford Foundation. (...) For further details on
this project, other information services and media programmes, visit
IWPR's website: www.iwpr.net
(...) The Institute for War & Peace Reporting is a London-based
independent non-profit organisation supporting regional media and
democratic change. (...)
The opinions expressed in Balkan Crisis Report are those of the authors
and do not necessarily represent those of the publication or of IWPR.

ISSN: 1477-7932 Copyright (c) 2004 The Institute for War & Peace
Reporting

BALKAN CRISIS REPORT No. 478

(english / italiano)

Ecco la Croazia "indipendente":
"Nei supermercati ci sono solamente prodotti esteri".
Nel frattempo, gli USA vogliono imporre a tutti i costi la
partecipazione di militari croati alla loro missione coloniale in Iraq
- dopo esserci gia' riusciti per l'Afghanistan...

1. Croatian Prime Minister presses for NATO membership
2. Croatian PM Voices Support for U.S. Policy of Preemption
3. Dispacci ANSA sulla visita di Rumsfeld a Zagabria e sul possibile
invio di soldati croati in Iraq come carne da macello per gli USA

4. Croazia: import alimentare alle stelle
Nei supermercati ci sono solamente prodotti esteri. Il processo di
integrazione europea sembra aggravare la tendenza alla dipendenza.
Paradossale la situazione del turismo. La Croazia consuma, ma non
produce più cibo. (Drago Hedl per Osservatorio Balcani)


VEDI ANCHE:

La Croazia tra Washington e Bruxelles

Per gli Europei, la consegna all’Aja del generale Ante Gotovina resta
condizione indispensabile per la adesione all’Unione. Gli Stati Uniti
sono invece più interessati all’invio di truppe di Zagabria in Iraq. Il
nuovo governo fa rotta su Washington. (26/01/2004) Da Osijek, scrive
Drago Hedl

http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2766


SEE ALSO:

Back in the Good Graces of Washington
... Croatia’s new prime minister courts Washington, but at home the
public isn’t convinced that NATO, or possible deployment to Iraq, is
the way to go ...
http://www.tol.cz/look/BRR/
article.tpl?IdLanguage=1&IdPublication=9&NrIssue=1&NrSection=2&NrArticle
=11573

US Defence Secretary Meets With Croatian Officials In Zagreb
http://www.balkantimes.com/
default3.asp?lang=english&page=process_print&article_id=23045

Background Briefing on Croatia
http://www.dod.mil/transcripts/2004/tr20040208-0438.html


=== 1 ===


http://www.rferl.org/newsline/4-see.asp
Radio Free Europe/Radio Liberty - January 14, 2004

CROATIAN PRIME MINISTER PRESSES FOR NATO MEMBERSHIP

One day after meeting with top EU officials, Croatian
Prime Minister Ivo Sanader discussed his government's
plans to join the Atlantic alliance with NATO
Secretary-General Jaap de Hoop Scheffer in Brussels on
13 January, Hina reported. Sanader told reporters that
"our ambition is to receive an invitation for
membership as soon as possible," perhaps as early as
the June NATO summit in Istanbul. "Croatia is ready to
meet all the necessary criteria for membership in
NATO," Sanader added. Repeating his pledge made during
the recent general-election campaign, he stressed that
his government will place more emphasis on obtaining
NATO membership than its predecessor did. "This
government will have NATO on its agenda at least once
a month," he said. De Hoop Scheffer announced that he
will visit Croatia in the second half of May, calling
the trip "a good start." Croatia must improve its
record in instituting military reforms, cooperating
with the Hague-based war crimes tribunal, and
protecting the rights of its Serbian minority before
it can be admitted to NATO. [Ha!] PM


=== 2 ===


> http://www.dod.mil/cgi-bin/dlprint.cgi?http://www.dod.mil/news/
> Feb2004/n02092004_200402091.html

Croatian PM Voices Support for U.S. Policy of Preemption

By Kathleen T. Rhem
American Forces Press Service

WASHINGTON, Feb. 9, 2004 -- Croatia's prime minister gave a firm show
of support Feb. 8 to the U.S. policy of preemption.

During a joint press conference with U.S. Defense Secretary Donald H.
Rumsfeld, who made a brief stop in the Croatian capital of Zagreb,
Prime Minister Ivo Sanader voiced his agreement with "preventive
action."

Sanader said the war among former Yugoslav nations in the early 1990s
could have been prevented if the international community had had "the
will to undertake preventive actions to preempt (Serbian President
Slobodan) Milosevic's aggression and aggressive policies."

Tens of thousands of lives and tens of billions of dollars in damages
could have been saved "had there been the will for preventive action,"
he said.

Rumsfeld was in Europe attending an international security conference
in Munich, Germany. He stopped in Croatia for several hours before
returning to Washington late Feb. 8.

A planned trip to London was dropped from the schedule. Officials said
the London trip was to give Rumsfeld an opportunity to meet with his
British counterpart, Geoffery Hoon. The two ended up having adequate
time to meet in Munich.

In Croatia, the secretary said he has "been impressed with the progress
that Croatia has been making with respect to its objectives relating
to NATO, and certainly with respect to defense reforms."

Croatian officials have made clear their aspirations to join NATO. The
country participates in the alliance's Partnership for Peace program,
and has a Membership Action Plan with the international body.

Croatia and the other two countries with such a plan, Albania and
Macedonia, are working together toward NATO membership, a senior U.S.
defense official explained.

The United States and Croatia have had close military-to-military ties
for several years, officials said. The countries have participated in
naval exercises together, and the United States has worked to help
Croatia in defense reforms.

Croatia is working to downsize its military. These efforts are made
harder by a high unemployment rate, which has dropped over the past
few years, but remains around 18 percent.

Croatia also has been working hard to build a professional
noncommissioned officer corps and to find the right balance between
contract and conscripted service members, the official said.

A 50-member Croatian military police unit is serving with the
International Security Assistance Force in Kabul, Afghanistan, and the
Croatian government is considering sending reconstruction assets to
that country, Sanader said.

He mentioned that Rumsfeld had brought up the possibility of Croatia
sending military support to Iraq. The prime minister said his
government would give the proposal "serious consideration." In
discussions on the subject, the prime minister said, his country will
concentrate on the possibility of sending assistance in humanitarian
aspects of the mission, possibly medical care.

Sanader also expressed support for the U.S. position on the
International Criminal Court. The United States declined to endorse to
the international court, saying its guidelines are too vague and
far-reaching, and don't provide protections from political
prosecutions.

The United States is encouraging friendly countries to sign so-called
Article 98 agreements. Article 98 allows countries to make bilateral
agreements that would provide protections for American service members
and government officials against prosecution under the court.

Croatia has not signed such an agreement with the United States, but
Sanader said the Croatian government has an "understanding for the
U.S. position." He said he believes the United States would fairly
prosecute anyone who broke international laws.

"Europe, without its transatlantic partner the U.S., is incapable of
solving many of its problems," Sanader said, noting that the United
States often is asked to assist when other countries have intractable
problems. Because of this, it would then be unfair to ask for help and
then bring charges against those troops, he said.

In a light moment during the press conference, the secretary joked
about "being appreciative of the fact that (Croatia has) sent superb
basketball players to help the Chicago Bulls become famous around the
world." Rumsfeld, a Chicago native, was referring to former Bulls
player Toni Kukoc.

At the close of today's press conference, Rumsfeld said he values the
relationship the United States has with Croatia and "looks forward to
continuing to work with Croatia in a variety of different ways."


=== 3 ===


http://www.ansa.it/balcani/croazia/croazia.shtml

IRAQ: CROATI CONTRO INVIO TRUPPE, SONDAGGIO

(ANSA) - ZAGABRIA, 16 GEN - La maggioranza dei cittadini e' contraria
ad un'eventuale partecipazione della Croazia alla missione militare
in Iraq, ipotizzata dal nuovo governo di centro destra. In un
sondaggio pubblicato oggi sul quotidiano 'Jutarnji list', l'84 per
cento degli intervistati si e' detto contrario all'invio di un
contingente croato in Iraq. Per quanto riguarda le motivazioni, il
32% e' dell'opinione che la guerra e' stata voluta dagli Stati Uniti
e che percio' devono essere loro a portarla a termine come meglio
sanno, un altro 29% non approva in generale la politica di Washington
mentre il 19,4% teme che la Croazia possa diventare meta di
attacchi terroristici. Gia' l'estate scorsa l'allora governo di
centro sinistra aveva iniziato le trattative con gli Usa per l'invio
di un'unita' di forze speciali di fanteria, 80 uomini circa, che
sarebbe stata posta sotto il comando americano di Baghdad, per fare
poi marcia indietro prima della campagna elettorale per le politiche
di novembre. Il nuovo ministro degli esteri, Miomir Zuzul, che
secondo la stampa ha ottimi rapporti personali con l'amministrazione
Bush, ha riproposto di recente la questione dichiarando che ''i
soldati croati parteciperanno alle missioni Nato e, se sara'
necessario, andranno anche in Iraq''. In ogni caso il governo
dovra' chiedere l'approvazione del parlamento nel quale, almeno per
il momento, sembra difficile che possa assicurare la maggioranza dei
due terzi, necessaria per approvare delle missioni militari
all'estero. (ANSA).
COR*VD 16/01/2004 15:12

CROAZIA-USA: RUMSFELD DOMENICA A ZAGABRIA

(ANSA) - ZAGABRIA, 5 FEB - Nell'ambito del suo viaggio in Europa il
segretario alla difesa americano, Donald Rumsfeld, sara' domenica, 8
febbraio, in visita a Zagabria. Lo ha reso noto oggi il ministero
degli esteri croato. A Zagabria Rumsfeld incontrera' il presidente
Stipe Mesic, il premier Ivo Sanader e i ministri degli esteri e della
difesa, Miomir Zuzul e Berislav Roncevic. Il nuovo governo di
centro destra, arrivato al potere due mesi fa, sta intensamente
lavorando per riallacciare i rapporti con gli Usa, peggiorati l'anno
scorso dopo che Zagabria aveva rifiutato di firmare l'accordo di non
estradizione dei cittadini americani verso la Corte penale
internazionale (Cpi) e negato l'appoggio politico alla guerra contro
l'Iraq senza l'avallo dell'Onu. In seguito, pero', il
precedente governo aveva iniziato le trattative con Washington
sull'invio di un contingente militare croato in Iraq, facendo poi
marcia indietro, soprattutto dopo la reazione negativa dell'opinione
pubblica. Dal 2000 la Croazia fa parte del Partenariato per la
pace, formula di cooperazione con i paesi del Patto Atlantico
considerata l'anticamera per l'ingresso nella Nato. Zagabria spera di
completare al piu' presto tutte le riforme necessarie per aderire
alla Nato nel 2006. (ANSA). COR*VD 05/02/2004 17:05

NATO: CROAZIA, RUMSFELD IN VISITA ZAGABRIA

(ANSA) - MONACO DI BAVIERA, 8 FEB - Il ministro della difesa
statunitense Donald Rumsfeld ha lasciato oggi Monaco di Baviera per
compiere una visita in Croazia. Lo hanno segnalato fonti
statunitensi alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera
senza fornire altre indicazioni ma confermando che Rumsfeld ha
annullato una visita a Londra prevista per oggi. A questo proposito
viene fatto notare che Rumsfeld ha avuto modo di incontrare il
ministro della difesa britannico Geoff Hoon per due giorni a Monaco.
Secondo altre fonti, il ministro americano a Zagabria dovrebbe
incontrare fra gli altri il presidente Stipe Mesic per parlare di una
possibile adesione della Croazia alla Nato forse gia' nel 2006 e con
un invito da formulare al Vertice dell'Alleanza atlantica del
prossimo giugno.(ANSA). CAL
08/02/2004 12:20

USA-CROAZIA: RUMSFELD A ZAGABRIA, PER NATO E IRAQ

(ANSA) - ZAGABRIA, 8 FEB - L'avvicinamento della Croazia alla Nato,
una sua possibile partecipazione alla missione militare americana in
Iraq e l'accordo sulla non estradizione dei cittadini americani verso
la Corte penale internazionale (Cpi). Questi gli argomenti che oggi
a Zagabria sono al centro dei colloqui del segretario della difesa
americano, Donald Rumsfeld, con i dirigenti politici croati. Lo
riferiscono i media locali. La visita di Rumsfeld a Zagabria, poche
ore prima di fare ritorno in America dalla 'Conferenza sulla
sicurezza' di Monaco, e' la prima di un alto dirigente americano dopo
il 1999 e segna la ripresa dei rapporti tra Zagabria e Washington,
peggiorati lo scorso anno dopo che la Croazia aveva rifiutato di
firmare l'accordo di non estradizione dei cittadini americani verso
la Cpi e negato l'appoggio politico alla guerra contro l'Iraq senza
l'avallo dell'Onu. Durante l'incontro con il presidente Stipe
Mesic, Rumsfeld ha sottolineato il pieno appoggio degli Usa
all'ambizione di Zagabria di aderire alla Nato e, secondo un
comunicato della presidenza croata, ''espresso l'auspicio che il
governo croato prendera' in considerazione le modalita' e le
possibilita' di una partecipazione croata alla missione in Iraq''.
Mesic, che e' anche il comandante in capo dell'esercito, ha ribadito
che la Croazia e' disposta a prendere parte a missioni internazionali
della Nato ''sotto l'egida dell'Onu''. Secondo una fonte
dell'ufficio di Mesic citata dalla tv croata, Rumsfeld non avrebbe
esplicitamente chiesto l'invio di un contingente militare in Iraq, ma
avrebbe detto di sperare che la Croazia sapra' trovare il modo di
collaborazione ad essa piu' adeguato. La Croazia partecipa alla
missione Isaf in Afghanistan con 50 uomini sotto il comando tedesco
a Kabul. Durante una colazione di lavoro Rumsfeld ha incontrato il
primo ministro Ivo Sanader, il ministro degli esteri Miomir Zuzul e
il ministro della difesa Berislav Roncevic.(ANSA). COR*VD
08/02/2004 18:16

USA-CROAZIA: MISSIONE IN IRAQ, ZAGABRIA ESPRIME ANCORA RISERVE

(ANSA) - ZAGABRIA, 8 FEB - La Croazia ha espresso ancora riserve sulla
possibilita' di una sua partecipazione alla coalizione militare in
Iraq, e' decisa invece a continuare la sua missione in Afghanistan.
Lo ha dichiarato oggi a Zagabria il premier croato, Ivo Sanader, dopo
l'incontro con il segretario alla difesa americano, Donald Rumsfeld.
''La Croazia continuera' a far parte della coalizione
antiterrorismo - ha detto Sanader - ma la possibilita' di una nostra
partecipazione alla missione in Iraq deve ancora essere esaminata dal
governo che sta pensando all'invio di aiuti umanitari e sanitari''. Il
primo ministro croato ha, pero', annunciato che Zagabria sta
considerando l'ipotesi di aumentare il numero degli uomini presenti in
Afghanistan. Finora, nell'ambito dell'Isaf in Afghanistan, la
Croazia e' presente con un plotone di polizia militare forte di 50
uomini posti sotto il comando tedesco a Kabul. Ricordando che,
l'anno scorso, ancora come leader dell'opposizione ha dato il pieno
appoggio alla dottrina dell'intervento preventivo, Sanader ha detto
oggi di comprendere e sostenere la politica di lotta al terrorismo
intrapresa dagli Stati Uniti. Il premier croato ha espresso
comprensione anche per la posizione degli Usa sulla Corte penale
internazionale (Cpi). ''Gli Stati uniti vengono spesso chiamati a
intervenire in vari paesi del mondo - ha spiegato - e percio' bisogna
comprendere la volonta' di Washington di proteggere i suoi
soldati''. L'anno scorso il precedente governo di centro sinistra
aveva rifiutato di firmare l'accordo di non estradizione dei soldati
americani verso la Cpi, fatto che ha complicato i rapporti tra gli Usa
e la Croazia, specie dopo il rifiuto di dare l'appoggio politico alla
guerra contro l'Iraq. Rumsfeld ha ribadito il pieno appoggio degli
Usa all'avvicinamento di Zagabria alla Nato dicendosi ''colpito dai
risultati ottenuti dalla riforma dell'esercito croato'' avviata
alcuni anni fa per adeguarlo agli standard della Nato. Nel 2000 la
Croazia e' stata ammessa al Partenariato per la pace (Pfp), una
formula di cooperazione militare considerata l'anticamera per
l'ingresso nel Patto Atlantico. Dal 2002 Zagabria partecipa anche al
'piano d'azione per l'ammissione' (Map), una fase di prova che precede
l'adesione vera e propria. Durante il prossimo vertice della Nato,
in programma a Istambul in giugno, la Croazia auspica di ottenere
l'invito ad aderire al Patto Atlantico entro il 2006. (ANSA).
COR*VD 08/02/2004 19:14

IRAQ: CROAZIA; PER ORA SOLO TEAM SANITARI, MINISTRO ESTERI

(ANSA) - ZAGABRIA, 9 FEB - La Croazia per ora non mandera' propri
soldati in Iraq ma esiste la possibilita' che siano inviati team di
medici. Lo ha dichiarato oggi il ministro degli esteri Miomir Zuzul
interrogato su una possibile richiesta in tal senso del segretario
alla difesa americano, Donald Rumsfeld, ieri in visita a Zagabria. Lo
riferiscono i media locali. ''Della nostra partecipazione alla
missione militare in Iraq abbiamo parlato solo in generale'', ha
detto Zuzul ed ha aggiunto che prima di arrivare a una simile
decisione il governo tentera' di ottenere il consenso di tutte le
forze politiche del paese. Anche il ministro della difesa,
Berislav Roncevic, ha ribadito che ''ancora non e' stato deciso
niente, gli Stati Uniti comprendono la nostra posizione e non hanno
posto alcuna richiesta di carattere ultimativo''. Il nuovo
governo croato di centrodestra sta nelle ultime settimane lavorando
per riallacciare i rapporti con gli Usa, raffreddati dopo che Zagabria
aveva rifiutato di dare appoggio politico alla guerra in Iraq.
Una rapida adesione alla Nato, forse gia' nel 2006, e' tra gli
obiettivi strategici posti dal nuovo capo della diplomazia croata
che, secondo la stampa, ha ottimi rapporti con l'amministrazione
Bush. Secondo gli analisti il governo croato spera che la Nato e un
forte sostegno degli Stati Uniti possano aprire alla Croazia anche le
porte dell'Unione europea. L'editorialista del quotidiano 'Novi
list', Neven Santic, scrive oggi che per gli americani ''e' importante
ogni paese disposto a unirsi a loro in Iraq, anche il piu' piccolo''.
Inoltre, secondo Santic, gli Usa tengono ''ancora aperto il
'concorso' per il leader di riferimento nei Balcani, e l'instabilita'
politica di Belgrado fa crescere le chance di Zagabria, in
particolare dopo l'arrivo al potere del centro destra'', che l'anno
scorso, quando era all'opposizione, aveva espresso simpatie per la
dottrina della guerra preventiva e dato l'appoggio all'intervento in
Iraq. Per ora sembra difficile che il governo riesca ad ottenere in
parlamento la maggioranza di due terzi necessaria per l'invio di
truppe croate all'estero. E' contraria l'opposizione di centro-
sinistra e contrario e' anche il presidente Stipe Mesic che ha
ripetutamente detto che in Iraq e' possibile andare ''soltanto sotto
l'egida dell'Onu''. Lo stesso vale per l'opinione pubblica: secondo
recenti sondaggi, piu' dell'80 percento dei croati si e' espresso
contro l'invio di soldati in Iraq. (ANSA). COR*VD 09/02/2004
19:25


=== 4 ===


Croazia: import alimentare alle stelle
 
Nei supermercati ci sono solamente prodotti esteri. Il processo di
integrazione europea sembra aggravare la tendenza alla dipendenza.
Paradossale la situazione del turismo. La Croazia consuma, ma non
produce più cibo. Da Osijek, il nostro corrispondente Drago Hedl.
 

Chi va a fare la spesa in un ipermercato croato si rende conto
immediatamente che la varietà di prodotti esposti non differisce molto
da quella dei supermercati tedeschi, italiani o sloveni. Gli scaffali
sono pieni di prodotti importati: la Barilla domina il reparto della
pasta; trovare una cioccolata 'made in Croatia', tra Milka e Nestlé, è
praticamente impossibile, così come caffè che non sia Jakobs o yogurt
altro da Danone. La iniziativa avviata dalla Camera di Commercio Croata
nel 1997, dal titolo “Compra croato per sostenere i nostri posti di
lavoro” sta annegando nella ondata di prodotti stranieri, e non è
riuscita ad offrire risultati significativi.

Per quanto riguarda i prodotti alimentari, ma il discorso potrebbe
allargarsi anche ad altri generi di consumo, la Croazia è un
importatore gigantesco. Secondo la previsione di 'Poslovni tjednik',
rivista di Zagabria che analizza le tendenze dell’economia croata, solo
quest’anno l’import di alimentari salirà a circa due miliardi di
dollari americani (Usd). Nel corso del 2003, la Croazia ha importato 1
miliardo e duecento milioni di Usd di alimentari. Se la proiezione
degli analisti è corretta, e l’import in questo settore raggiunge
davvero i due miliardi di Usd nel 2004, il deficit nel commercio
agroalimentare crescerà da mezzo a un miliardo di dollari!

Quando alla fine di gennaio è venuto alla luce lo scandalo della
campagna 'Compra croato', mostrando che le mele che rientravano nella
iniziativa provenivano in realtà dalla Polonia, importate in Croazia
attraverso la Bosnia Erzegovina, il pubblico ha scoperto le cifre
dell’enorme import di frutta croato. Si tratta di circa 130 milioni di
dollari, che corrispondono esattamente a metà della domanda. I Croati
peraltro non sono dei grandi consumatori di frutta – mentre un
cittadino europeo ne consuma circa 70 chili all’anno, in Croazia la
media è sui 28 chili.

La Croazia però non importa solo la frutta che non può crescere nel
Paese a causa del clima, come quella tropicale, ma anche quella che
potrebbe produrre facilmente. Il 98% delle pere, il 70% delle pesche,
il 50% delle mele e il 40% delle fragole sono infatti importati. Per
quanto riguarda i prodotti agricoli, la Croazia può coprire il proprio
fabbisogno relativamente a sei soli prodotti: grano, vino, uova, mais,
patate e olive. Tutti gli altri prodotti, anche il pollame, la cui
produzione un tempo bastava a soddisfare la domanda del mercato, sono
ora insufficienti.

“Negli ultimi quattro anni la Croazia ha importato 25 miliardi di kune
(circa 4,1 miliardi di Usd) di cibo - afferma Ivo Loncar, parlamentare
e per lungo tempo giornalista televisivo, specializzato in agricoltura.
Se il Paese fosse organizzato meglio, potrebbe produrre cibo a
sufficienza per 25 milioni di persone, ma così come stanno le cose non
può far fronte neppure ai bisogni dei propri cittadini, che sono meno
di 5 milioni.”

Loncar sottolinea poi che, oltre alla cattiva organizzazione, lo
sviluppo della economia croata è bloccato da una fortissima lobby di
importatori che realizza alti profitti sulle tasse all’import. Questo è
il motivo per il quale la Croazia importa praticamente tutto, persino
il fieno, di cui i prati del Paese sono strapieni, basta tagliarlo.

Gli analisti dell’economia affermano che il livello di vita in Croazia
potrebbe essere straordinariamente più alto se solo lo Stato mettesse
in relazione il turismo – una delle più importanti fonti di entrate –
con l’agricoltura.

“Ai turisti stranieri che arrivano negli Hotel della costa adriatica
offriamo calamari che vengono dalla Spagna, maiale che arriva dalla
Cina, burro della Unione Europea, peperoni e pomodori olandesi e vino
italiano o macedone - dichiara un famoso economista croato. Sembra che
non siamo in grado di offrire niente oltre al mare e all’aria. Se non
siamo in grado di produrre automobili come quelle tedesche, o vestiti
di qualità e mobili come gli Italiani, possiamo almeno produrre il
cibo."

Se da un lato è vero che la Croazia mostra una tendenza all’aumento
della esportazione di prodotti alimentari, questo aumento è
insignificante se paragonato al livello di import. La Croazia esporta
per lo più tonno, zucchero, grano e granoturco, soprattutto verso la
Bosnia Erzegovina, l’Italia e il Giappone. I due terzi dell’export
croato sono diretti verso questi Paesi. La maggior parte degli
alimentari importati provengono invece dall’Italia, dalla Germania e
dall’Ungheria.

Uno dei motivi per i quali si prevede che la Croazia importerà circa
due miliardi di dollari americani di cibo nel 2004 risiede nel fatto
che Zagabria, in accordo con i negoziati condotti con la Unione
Europea, dovrà liberalizzare ulteriormente il mercato dei prodotti
agroalimentari. Dal primo maggio prossimo, la Croazia dovrà aumentare
la propria quota di import, perché in questa data la UE si allargherà
di 10 nuovi membri. Al posto della attuale quota di 1.980 tonnellate di
salsicce esente da dazi, la Croazia dovrà consentirne un import libero
di 4.600 tonnellate, e invece delle attuali 8.030 tonnellate di carne
di maiale esentasse, dovrà permetterne una importazione pari a 12.800
tonnellate. Questo significherà più prodotti alimentari di importazione
sul mercato nazionale e un ulteriore peggioramento delle condizioni dei
produttori locali, già in difficoltà nella competizione con il cibo a
poco prezzo che arriva dall’estero.

D’altro canto, alla Croazia non è consentito esportare verso la Unione
Europea neppure quei prodotti di cui dispone in abbondanza. I gelati,
ad esempio, sono ammessi nella UE solo se il Paese esportatore ha un
certificato di qualità degli ingredienti. Nel caso della Croazia,
questo significherebbe la importazione di tutto il latte necessario
alla produzione dei gelati dall’estero, dato che non possiede il
certificato di qualità necessario per il proprio latte.

Anche le grandi catene commerciali come Billa, Mercatone, Kaufland,
Mercator o Metro sono responsabili per la invasione di prodotti
dall’estero. Gli scaffali di questi ipermercati contengono solo il 20%
di prodotti croati, ma la situazione non è molto migliore neppure nei
supermercati croati come Konzum o Getro.

In questo contesto, la iniziativa 'Compra croato' ha poco senso e
sembra corrispondere più a propaganda politica piuttosto che ad un
programma organizzato per la difesa della produzione locale. E’ una
situazione che ricorda la barzelletta del ristorante che offre
“frittelle croate” fatte di latte e farina ungheresi, marmellata
tedesca e uova slovene.
 
 
» Fonte: © Osservatorio sui Balcani

Ancora su "foibe" e neoirredentismo italiano

1. Lettera Aperta di Aurelio Juri al segretario DS Piero Fassino
2. "La memoria è mia, è nostra" di Babsi Jones
3. "Parliamo di fogne" di A. Tarozzi
4. Re: [JUGOINFO] Fascio, fascino, fassino. Carissimi, ma perchè
sorprendersi? Di Alessandro Di Meo
5. Lettera al giornalista del "Sole-24 ore" ed a "Prima pagina", di
Ivan Pavicevac


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Da "La Voce del Popolo", Rijeka - Fiume, 14.2.04

http://www.edit.hr/lavoce

ESODO E FOIBE, LETTERA APERTA DI AURELIO JURI AL SEGRETARIO DS PIERO
FASSINO

«È fuori luogo parlare di espansionismo slavo»

La verità non si può accantonare solo perché così fa comodo

LUBIANA - Aurelio Juri, membro della Presidenza della Lista unita dei
socialdemocratici della Slovenia ha inviato una lettera aperta al
segretario dei democratici di sinistra Piero Fassino, riferita alle
posizioni assunte dai DS sulle vicende legate a foibe ed esodo.
Riportiamo integralmente il contenuto della missiva:
"Caro compagno e amico,
Non vi è amicizia e mutuo rispetto senza franchezza, per cui mi auguro
non me ne voglia se mi spingo a manifestare perplessità per le tue più
recenti esternazioni sulla martoriata storia del dopoguerra lungo la
frontiera italo-slovena e sulle ragioni dell'esodo dalla costa
orientale dell' Adriatico.
Pur comprendendo le motivazioni della Giornata della memoria che in
Italia avete deciso di dedicare alle sofferenze di quanti abbandonarono
le terre d'Istria, Quarnero e Dalmazia o furono in altro modo vittime
della persecuzione comunista jugoslava, non posso condividerle se
disgiunte dal contesto storico in cui l'esodo e le foibe avvennero e
cioè quello del precedente ventennio fascista e delle nefandezze
all'epoca commesse contro le popolazioni slave (in particolare la
"bonifica etnica" di Sloveni e Croati). Tantomeno vedo appropriate la
qualifica di "espansionismo slavo" che dai alla liberazione da parte
delle formazioni partigiane jugoslave dei territori occupati
dall'Italia durante il fascismo e la manipolazione di dati su esodo e
foibe non rispondenti a verità. A proposito di quest'ultime, è un falso
storico – ce lo dicono gli studiosi – dichiarare che chi vi finì
dentro, vi finì "solo perché erano Italiani". Nelle cavità carsiche
perirono tragicamente soprattutto vittime di faide ideologiche e
dell'abuso violento tipico dei periodi che seguono una lunga guerra.
A questo proposito ti invito a risfogliare le tante pagine della
relazione della Commissione storica intergovernativa italo-slovena sui
fatti della guerra e del dopoguerra nelle terre della sofferenza. E' la
"verità" più obiettiva che i più qualificati storici italiani e sloveni
in materia, dopo 7 anni di lavoro puntiglioso, sono riusciti a
raccontare e non la si può accantonare o sconvolgere solo perché in un
determinato momento così fa comodo, ti pare?!
Anzi, sarebbe ora che questa relazione entrasse nei libri di testo
delle nostre scuole, e slovene e italiane, e diventasse anche per la
politica, di sinistra e di destra, il riferimento più attendibile ogni
qualvolta si cerchi di mettere a nudo il periodo in questione e magari
giocarci sopra.
Certo della tua attenzione e comprensione, ti faccio i migliori auguri
per i prossimi appuntamenti elettorali.
Con stima"

Aurelio Juri


=== 2 ===


http://www.exju.org/comments/649_0_1_0_C/

[jutopia 04] la memoria è mia, è nostra

la “memoria condivisa” di cui si ciancia tanto in questi giorni
["foibe", definizione magica che di tanto in tanto riapre il sesamo del
revanscismo] per cominciare dovrebbe passare per il vocabolario. perché
io, prima di condividere la mia memoria con qualcuno, voglio esser
certa che ci sia un’intesa semantica sui termini che adopreremo per
celebrarla. storace, il terminator-governator della regione lazio, ha
dichiarato di attendere dal parlamento “una decisione coerente che
renda giustizia all’olocausto italiano (di istria e dalmazia)”. per
cominciare, storace non specifica che la coerenza che va cercando è
coerente solo con il suo revisionismo: quello che vuole criminalizzare
la resistenza; è una coerenza funzionale ad un’incoerenza, ché il
parlamento a cui domanda una decisione è proprio il prodotto di quella
resistenza che storace vorrebbe affossare. vedete un po’ voi se è il
caso che si sproloqui di coerenza. quindi, il termine “olocausto” che
il governator sceglie: sebbene la computisteria dei morti non sia mai
particolarmente decorosa, storace dovrebbe sapere che il termine
‘olocausto’ non è a disposizione di chiunque voglia farne un
grimaldello per scassinare le (fragili) coscienze degli ascoltatori.
olocausto, ha detto? a meno che storace non voglia rifarsi al
significato primordiale (nelle religioni del mondo antico, sacrificio
cruento in cui la vittima veniva bruciata completamente sull’altare) e
debba quindi considerarsi un novello fascio-zoroastriano, la verità è
che il lemma olocausto è per diritto storico inteso come il genocidio
perpetrato contro gli ebrei, i comunisti, gli antifascisti, gli zingari
e gli omosessuali durante la seconda guerra mondiale. genocidio
perpetrato dai progenitori culturali di storace. olocausto non è
vocabolo per tutte le stagioni: se per storace un certo numero (5000?
come al solito, il balletto delle cifre) di “infoibati” valgono un
genocidio e una shoah, storace ha smarrito l’unità di misura o, come
più probabile, non ne ha mai avuta una.  intanto fini, che prima riga
dritto a gerusalemme dove domanda perdono, e poi torna a casa col suo
perenne grugnetto da camicia nera, dice che “non esistono tragedie di
serie A e di serie B”, e gli fanno pure eco i diessini. è la frase più
insulsa che un politico possa pronunciare: l’apoteosi della demagogia,
la degenerazione del pensiero in nullità. dire che “non esistono
tragedie di serie A e di serie B”, guardate, è come dire che le idee
giuste e quelle sbagliate si equivalgono. esistono eccome, tragedie di
serie A e di serie B, e ancor di più, esistono tragedie e non-tragedie:
la resistenza causò dei morti che furono necessari alla liberazione,
alla costituzione e alla democrazia. per comprendere le dimensioni e il
peso storico di ciascuna tragedia contano i numeri, i fatti, e
soprattutto contano le motivazioni, contano le idee. l’assassinio d’un
dittatore e l’assassinio d’un ciclista – pur avendo in comune la morte
d’un uomo- non hanno lo stesso valore ideologico né lo stesso peso
storico. questo “nuovo” pensiero, che vorrebbe tutte le “tragedie”
essere di serie A, in realtà vorrebbe pigiare il tasto reset per
cancellare i risultati della storia. se tutte le battaglie sono uguali,
nessuno può più avere torto. la logica che vorrebbe “appaiare” tutte le
morti, tutte le guerriglie, tutte le vittime e tutte le rivoluzioni è
la logica del pari e patta: far diventare la vittima una vittima
assoluta e generica significa assolvere il colpevole e togliere al
fruitore della storia il diritto a una coscienza critica. state attenti
alla ‘memoria condivisa’: esiste una memoria a cui hanno diritto solo
coloro i quali credono e hanno creduto nelle idee che diedero vita a
quella memoria, che le permisero di sopravvivere. il 25 aprile non è la
festa di tutti gli italiani, né mai vorrei che lo fosse. è la festa di
quegli italiani antifascisti che lottarono, con le armi o con le
parole, per la liberazione, e degli italiani che hanno raccolto il loro
testimone, la loro bandiera: il loro pensiero, signori miei, ed il
pensiero non è un optional. in mente, quegli uomini resistenti avevano
e hanno l’internazionalismo, i diritti dei lavoratori, la pari dignità
delle donne, la libertà e l’uguaglianza, la fine della guerra. io non
metto a disposizione la mia memoria, la memoria di primo levi, di elio
vittorini, di cesare pavese e dei fratelli cervi con dei fessi che da
sempre si battono per la conservazione di valori antitetici e
incompatibili, e men che meno la voglio condividere con i nipotini
degli assassini che mandarono milioni di persone a morte nel nome di
“dio, patria e famiglia”. di quegli individui -che ancora si aggirano,
spettri per l’europa- io ho ribrezzo, scelgo di averne ribrezzo; e io
non condivido pane, vino e la mia reminiscenza con chiunque passi per
la strada. chi di voi sa di cosa parlo ha in comune con me quella
memoria, e lo incontro ogni 25 aprile a festeggiare la bellezza di
un’idea che, mi dispiace per storace, non è mai morta. gli altri,
vadano pure questuando una memoria a cui non hanno alcun diritto. ecco,
questa faccenda sulle “foibe” è a metà strada fra il solito
revisionismo ottuso e la povertà morale di chi, privo di una classe
intellettuale e privo di ideali che non siano la cieca obbedienza ad un
padrone e ad un dio coglione, deve ridursi a implorare una ricorrenza
paritaria per sdoganare i nuovi imperi come se fossero “legittimi”. la
memoria di storace sono i forni di auschwitz, il mein kampf e la
bibbia. bisogna saperla scegliere, una memoria, prima di poterne alzare
gli stendardi. si rassegni.


=== 3 ===


PARLIAMO DI FOGNE

esame di storia delle fogne (per passare rispondere bene ad almeno 2
domande su 3).

molti anni fa, certo piu di dieci, al momento in cui lo squartamento
della jugo comincio a prendere violentemente forma, un giovane leader
di un relativamente piccolo partito di minoranza, in italia, prese la
parola per dire che l'italia avrebbe potuto approfittare della
situazione per avanzare le proprie rivendicazioni contro
l'ingiustificata perdita di territori in istria e dalmazia. venne
sommerso di critiche, soprattutto da sinistra.''bell'idea!!!'', gli si
rispose ironicamente ''cosi ci andremmo a ''infognare'' nella guerra
che gia sta insanguinando la jugoslavia''.

quiz n. 1: chi era quel giovane leader?
a. fini
b. fassino
c. pannella

il giovane leader del relativamente piccolo partito di minoranza si
dette una calmata, fece carriera e il suo divento' un forte partito di
maggioranza ed egli fattosi esperto, lascio che le stesse cose che
aveva detto lui, le ripetesse solamente qualche muscolare esponente da
curva sud di quel partito, ancora un po piu giovane di lui e nel
frattempo divenuto
assessore, a suo tempo reiteratamente invitato, da sinistra, a tornare
nelle ''fogne''.

quiz n. 2: come si chiama l'assessore muscolare?
a. menia
b. illy
c. lavazza

quelle strane idee pero si diffusero ai partiti della nuova minoranza e
un ''mai stato giovane'' leader di un grosso partito di minoranza le
fece sue... cosi quelle idee sono diventate idee della grande
maggioranza del parlamento italiano e solo in pochi le ritengono oggi
tali da far ''infognare'' (non ''infoibare'', pls) chi le formula.

quiz n. 3: chi è il ''mai stato giovane'' leader?
a. fini
b. fassino
c. casini


(A. Tarozzi)


=== 4 ===


Re: [JUGOINFO] Fascio, fascino, fassino

carissimi, ma perchè sorprendersi?
fassino, insieme al "torvo" ranieri, chi se li dimentica, nel 99,
durante l'aggressione al popolo della jugoslavia mentre, insieme al
loro capo d'alema, descrivevano l'ampiezza delle fosse comuni, viste
dal satellite, grandi come laghi, dove i serbi affossavano gli albanesi
e, comunque, i diversi da loro?
Chi se la scorda la bonino mentre ci parlava del quasi mezzo milione di
profughi che vagavano disperati fra le montagne del Kosovo, in balia
delle truppe del despota milosevic? e lasciamo stare le destre
fasciste, quelle che ora "vogliono le foibe sui libri di storia". Gia
ci sono, basta andarle a cercare con l'occhio dello storico, non con
quel del fascista.
Forse erano chiaroveggenti, perchè di li a poco, centinaia di migliaia
di profughi ci furono davvero. E veri. Erano serbi, ma pure albanesi
dissidenti e di altre etnie.
Ne porteremo ancora in Italia, a Roma, la prossima estate, per il terzo
anno consecutivo. Vengono da Kraljevo, poco sopra il Kosovo, hanno una
età da veri "pulitori etnici"... partono dagli otto anni di Danijela,
ai dodici di Sonja e Danilo, passando per i dieci di Stefan, i nove di
Milisav. Sono una quindicina, di più non riusciamo. Ma sono le prove
viventi dell'infamia.
Noi, che l'infamia la ricordiamo bene, cerchiamo solo di far passare
loro dei giorni sereni, in amicizia. L'amicizia con la quale ci
accolgono le loro famiglie quando li andiamo a trovare, in quelle che
sono le loro case abituali, dove noi, civilizzati occidentali, non
passeremmo neppure una notte.
Forse, sarebbe il caso di portarceli, da fassino, ranieri (dov'è
finito) d'alema, bonino, ecc. ecc. O forse no, meglio di no.
Perchè gli vogliamo bene e non sarebbe giusto far loro conoscere questa
gentaglia!
un saluto

alessando di meo (un ponte per...)


=== 5 ===


Egregio Signor Gianfranco Fabi, giornalista de "Sole-24 ore", (spero di
aver scritto bene il Suo cognome),

Ho provato ad intervenire nella diretta di "Prima Pagina", senza
riuscirci.
La storia italiana dopo il 1918 viene insegnata ben poco, anzi fino a
tempo fà proprio per niente. Lei forse non ha avuto tempo, o non la
vuole ricordare. Quando Lei dice, o ritiene, che l'Istria sarebbe
"terra italiana" è come se dicesse che l'Alto Adige alias Sud
Tirolo sia da sempre "terra italiana". Oppure, per "Zara italiana", e'
come Gibilterra inglese. In verità, qualche cosina in più Le potrei
concedere: se vogliamo ricordare le conquiste dei romani o dei greci su
quelle coste, oppure un pò più avanti, le conquiste venete... Ma come
può Zara con un pezzetto d'intorno oltremare essere una "normale" terra
italiana?!
Ritorno alla mia Istria e alla mia città natale di Pola - Pula. Per
settanta anni fu austroungarica insieme a Fiume - Rijeka, che è stato
porto commerciale per l'Ungheria fino al 1918, mentre il porto di Pola
è stato ricostruito come porto militare austriaco. L'occupazione
italiana dura per trent'anni, dopo quella austriaca. Ecco
l'italianizzazione dei nomi e dei cognomi: Bozac (col dovuto accento
sulla "z") in Bosazzi, Fonovic in Fonio, Motika in Matticchio, Antonac
in Antonelli (Laura, l'attrice nata a Pola, i genitori originari
dell'entroterra istriano) e tanti altri... Non escluso il sottoscritto
- battezzato in chiesa slava ortodossa - da Ivan Pavicevac in Giovanni
Pavichievaz. Si può certo definire italiana la polesana Alida Valli, il
cui vero cognome e' Altenburger...
Non faccia soltanto chiacchiere in materia, egregio giornalista. La
invito a documentarsi meglio su certi tragici eventi, strascichi di
guerre terribili. Per quanto riguarda, per es., le foibe, Le consiglio
di leggere "Operazione Foibe a Trieste" di Claudia Cernigoi, Edizioni
KappaVu.
Si, tanti sono dovuti scappare da quelle terre: alcuni scappavano
perché sognavano il "miraggio" americano. Tanti, in particolare nel
1946 - 1947, optavano l'esilio per l'Italia, per poi proseguire verso
l'America, o l'Australia...
                                                
Distinti saluti, 
Ivan Pavicevac