Informazione

(english / italiano)

2 Agosto, la memoria dello sterminio dei Rom


Sullo stesso argomento si vedano anche documenti, link e commenti alla nostra pagina dedicata:
ed in particolare la discussione sulla appropriatezza o meno del termine "Porrajmos" per lo sterminio dei Rom:

N.B.: Nella testimonianza di Čena Husejnović, contenuta nel video segnalato qui di seguito, sono menzionati un paio di volte i "cetnizi". E' possibile che i cetnizi serbi abbiano contribuito al rastrellamento dei Rom jugoslavi nelle fasi in cui furono alleati dei nazifascisti, ma è anche possibile che la testimone confonda "cetnizi" con "ustascia": in ogni caso, è assodato che il sistema concentrazionario imperniato attorno al campo di Jasenovac era gestito dagli ustascia croati ed i cetnici non ebbero alcun rapporto con lo sterminio perpetrato in quei luoghi.


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Idea Rom Onlus

1 agosto 2016

COMUNICATO STAMPA - 2 AGOSTO: A QUANDO IL RICONOSCIMENTO ITALIANO DEL PORRAJMOS?

Tutti conoscono la parola Shoah, quasi nessuno Porrajmos, il grande divoramento: lo sterminio dei Rom e dei Sinti perpetrato da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. In tale periodo circa 500.000 Rom vennero uccisi all’interno dei campi di concentramento, mentre se ne stimano altre centinaia di migliaia trucidati durante rastrellamenti, rappresaglie e deportazioni.

ll termine può essere tradotto come "grande divoramento" o "devastazione". Questo disegno genocida è definito da Rom e Sinti anche con il termine Samudaripen, che significa letteralmente "tutti morti, sterminio”.

Nel 1944 venne pianificata la liquidazione di tutti i Rom internati nello “Zigeunerlager” di Auschitz-Birkenau, ma il 16 maggio i Rom, organizzandosi e munendosi di qualsiasi attrezzatura potesse essere usata come arma di difesa, riuscirono momentaneamente a contrastare le SS. Fu l’unica rivolta mai registrata, e tutt’ora quasi sconosciuta, in un campo di concentramento nazista.

L'eliminazione dei Rom fu tuttavia solo posticipata al 2 agosto dello stesso anno quando, in una sola notte, 2.897 tra uomini, donne e bambini trovarono la morte nel crematorio numero 5, quello più vicino allo “Zigeunerlager”.

Gli ebrei italiani, tra cui Pietro Terracina (http://linkis.com/www.rainews.it/dl/ra/WeGxE), testimoniano quella notte collocando questo evento tra i loro ricordi più tristi. I Rom erano coloro che suonavano, cantavano, e con le voci dei propri bambini regalavano un po' di vita a Birkenau; dopo la loro eliminazione il lager cadde nel silenzio.

Ai processi di Norimberga nessun Rom venne chiamato a testimoniare, non vennero riconosciuti risarcimenti di alcun tipo e l’intera vicenda scivolò lentamente nell’oblio collettivo. 

Solo a partire dagli anni ’70 le rappresentanze Rom di tutta Europa, riunite in vari congressi mondiali, iniziarono a rivendicare il riconoscimento della propria minoranza e di alcune date simboliche fra cui quella del 2 agosto in memoria del Porrajmos.

La Germania tra il 1980 e il 1998 riconobbe progressivamente lo sterminio dei Rom, approvando alcuni risarcimenti per i familiari delle vittime mentre, nel 1994, avvenne un altro importante riconoscimento ufficiale con la commemorazione pubblica allo U.S. Holocaust Memorial Museum di Washington. 

Nel 2012 a Berlino venne poi inaugurato un memoriale per i Rom e i Sinti sterminati durante la seconda guerra mondiale e in questi ultimi anni in tutta Europa, autorità di vario livello e organizzazioni della società civile, hanno iniziato a celebrare la ricorrenza del 2 agosto. 

Il 15 aprile del 2015 il Parlamento Europeo ha infine approvato la Risoluzione 2015/2615 (RSP) con cui si riconosce la persecuzione ed il genocidio dei Rom durante la seconda guerra mondiale e con cui si invitano gli Stati membri a fare altrettanto (http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do…).

Ma quest’anno solo il Governo Spagnolo, unico in Europa, ha deciso di commemorare in via ufficiale la memoria dello sterminio dei Rom (http://www.west-info.eu/…/per-la-prima-volta-il-2-agosto-s…/http://www.msssi.gob.es/gabinete/notasPrensa.do?id=3995). 

In Italia finora solo alcune realtà hanno assunto iniziative ufficiali e tra questi il Comune di Monserrato (CA) con un monumento in piazzale della Pace, quello di Pistoia con una targa in piazza della Resistenza, quello di Mantova con una mostra inaugurata nel 2015 all’interno della propria stazione ferroviaria.

Il Comune di Torino, pur non avendo mai ricordato il Porrajmos, è però l'unico ad aver però riconosciuto in Italia iI Romanò Dives (Ia Giornata Internazionale dei Rom che si celebra l'8 aprile), con la Mozione n. 9 del 3 marzo 2011 (http://www.comune.torino.it/delibere/2009/2009_02060.html), nonostante per tale ricorrenza non abbia mai pero assunto alcuna particolare iniziativa a differenza di quanto fatto da altre autorità europee ed americane (qui, ad esempio, il messaggio video del Segretario di Stato USA Hillary Clinton in occasione di uno degli ultimi Romano Dives: http://bcove.me/mbs2dj1q). 

Ma il mancato riconoscimento della propria minoranza, soprattutto nella sua memoria storica, per i Rom può generare ulteriore esclusione e segregazione sociale, ostacolando la restituzione di dignità alle centinaia di migliaia di vittime subite nei periodi più bui della storia.

Proprio per questi motivi viene rinnovato l'appello affinché le istituzioni italiane riconoscano, attraverso la memoria del Porrajmos, la persecuzione ed il genocidio dei Rom durante la seconda guerra mondiale.

Idea Rom, l’associazione delle donne Rom di Torino già insignita di una Targa d’Onore del Presidente della Repubblica, quest'anno ricorda la ricorrenza con un'edizione speciale del proprio TG Rom (http://www.tgrom.it - https://www.facebook.com/TgRomltalia/) dedicandola interamente alia storia e ad una testimonianza sulle atrocità commesse nel campo di concentramento di Jasenovac (Croazia), lager quasi sconosciuto nonostante durante la seconda guerra mondiale sia stato il terzo per dimensioni e numero di internati, oltre che il più cruento per le modalità d’uccisione delle vittime.

Torino, 1 agosto 2016


IDEA ROM Onlus
c/o Centro Studi Sereno Regis
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Fax +39.011.82731123 - E-mail idea.rom@...
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TG Rom http://www.tgrom.it/ - https://www.facebook.com/TgRomItalia/


TG Rom - Edizione 13 del 30/07/2016
Questa settimana: Čena, il Porrajmos e Jasenovac: una voce per la memoria

Special Edition for Porrajmos - English Version (Tg Rom, 1 ago 2016)
This is a special edition of TG Rom all about Porrajmos and concentration Camp of Jasenovac.



(français / italiano)

La NATO prepara la aggressione alla Russia

1) Communiqué du Sommet de l’OTAN à Varsovie : préparer le crime d’agression (par Christopher Black)
2) La NATO accerchia la Russia – da “Avante!”
3) La NATO è la maggiore minaccia per l’Europa (di António Abreu e Eric Draitser)


Si veda anche:
Vertice NATO a Varsavia e proteste (Rassegna JUGOINFO del 17.7.2016)


=== 1 ===

ORIG.: NATO’s Warsaw Communiqué: Planning the Crime of Aggression (18.07.2016 Author: Christopher Black)
http://journal-neo.org/2016/07/18/nato-s-warsaw-communique-planning-the-crime-of-aggression/


http://lesakerfrancophone.fr/communique-du-sommet-de-lotan-a-varsovie-preparer-le-crime-dagression

Communiqué du Sommet de l’OTAN à Varsovie : préparer le crime d’agression

Par Christopher Black – Le 18 juillet 2016 – Source New Oriental Review


J’ai été avocat de la défense la plus grande partie de ma vie professionnelle et je n’ai pas l’habitude de recueillir des preuves pour engager des poursuites, mais les circonstances m’ont incité à ouvrir un dossier pour le procureur de la Cour pénale internationale, ou peut-être un futur tribunal citoyen. Ce dossier contient la preuve que les dirigeants de l’OTAN sont coupables du plus grave crime contre l’humanité, le crime d’agression. Je voudrais partager avec vous quelques brèves notes intéressantes provenant de ce fichier, que je soumets à votre réflexion.

L’Article 8bis du Statut de Rome, le statut régissant la Cour pénale internationale, stipule :

Aux fins du présent Statut, on entend par « crime d’agression » la planification, la préparation, le lancement ou l’exécution par une personne effectivement en mesure de contrôler ou de diriger l’action politique ou militaire d’un État, d’un acte d’agression qui, par sa nature, sa gravité et son ampleur, constitue une violation manifeste de la Charte des Nations Unies.

Le communiqué de l’OTAN publié à l’issue du congrès de Varsovie le 9 juillet est la preuve directe d’une telle planification et préparation et donc d’une conspiration par les dirigeants de l’OTAN pour commettre des actes d’agression contre la Russie. Cela ferait l’objet d’un acte d’accusation de la Cour pénale internationale contre les dirigeants de l’alliance militaire si la procureure de la CPI était effectivement indépendante, ce qu’elle n’est pas. Et bien sûr, si les articles relatifs aux crimes d’agression étaient en vigueur, ce qui ne se produira pas avant le 1er janvier 2017, le cas échéant, sous les articles du Statut de Rome.

Néanmoins, le problème technique de la juridiction qui empêche l’émission d’une inculpation contre les dirigeants de l’OTAN en ce moment, ne légitime pas la planification et la préparation d’actes d’agression contenus dans le communiqué de l’OTAN ni ne réduit le poids moral du crime d’agression défini dans le Statut et les principes de Nuremberg, parce que le crime d’agression est le crime de guerre suprême.

Selon leurs propres mots, imprimés en noir sur blanc dans leur communiqué du 9 juillet, les dirigeants de l’OTAN, chacun d’entre eux, et les états-majors entiers des forces armées de chacun des pays de l’OTAN, sont coupables du crime d’agression. Le fait qu’il n’y ait pas d’organe efficace devant lequel ils puissent être traduits en justice est sans rapport avec le fait du crime commis. Ils sont les ennemis de l’humanité et, inculpés ou non, ils sont des hors-la-loi internationaux qui doivent être identifiés en tant que tels et appelés à rendre des comptes à leurs propres peuples.

La preuve de leurs crimes est bien évidemment antérieure à ce communiqué et consiste en années d’actes commis par les puissances de l’OTAN depuis que l’Union soviétique s’est dissoute ainsi que le Pacte de Varsovie, en vertu de l’accord dit Acte fondateur OTAN–Russie de 1997, selon lequel l’OTAN ne s’étendrait dans aucun des pays formellement membres du Pacte de Varsovie ou de l’URSS, ni n’y installerait d’armes nucléaires. L’OTAN a continuellement brisé cet accord depuis lors et a commis, en tant qu’organisation ou par des groupes de ses États membres, des actes d’agression contre la Yougoslavie, l’Afghanistan, l’Irak, la Libye, la Russie (pendant l’attaque de la Géorgie contre l’Ossétie du Sud et en soutenant les groupes terroristes tchétchènes en Russie même), l’Ukraine et la Syrie, chaque acte d’agression étant appuyé par des campagnes de propagande massives pour tenter de justifier ces crimes en répandant cette propagande auprès des peuples qu’ils sont censés informer.

Ces mêmes puissances ont commis et commettent d’autres actes d’agression contre la République populaire démocratique de Corée, l’Iran et la Chine, et augmentent continuellement leur planification et leur préparation pour agresser ces pays. Ces plans sont aussi étalés dans le communiqué de l’OTAN, mais la plus grave menace pour l’humanité est la menace existentielle immédiate contre la Russie, contre laquelle la partie principale de ce communiqué est dirigée.

Le communiqué de l’OTAN est de fait une déclaration de guerre à la Russie. Il n’y a pas d’autre manière de l’interpréter.

Il y a plusieurs mois, j’ai déclaré que nous pouvions considérer l’accumulation des forces de l’OTAN en Europe de l’Est, le coup d’État de l’OTAN qui a renversé le gouvernement de Ianoukovitch en Ukraine, la tentative de s’emparer de la base navale russe à Sébastopol, les attaques immédiates contre les civils ukrainiens dans les provinces orientales qui refusaient d’accepter le coup d’État de l’OTAN, la propagande constante contre la Russie en tant qu’agresseur et la guerre économique menée contre la Russie sous couvert de sanctions est l’équivalent d’une seconde Opération Barbarossa, le nom donné à l’invasion de l’Union soviétique par le Troisième Reich en 1941. J’hésitais à le décrire ainsi, mais les faits étaient là et d’autres ont reconnu maintenant que l’analogie est correcte. Et exactement comme les dirigeants du Troisième Reich ont été finalement tenus pour responsables de leurs crimes à Nuremberg, les dirigeants du nouveau Reich que les Américains et leurs États vassaux projettent d’imposer au reste d’entre nous devraient l’être aussi.

Au paragraphe 5 du communiqué et après, ils commettent la première partie de leur crime en définissant de prétendus actes agressifs de la Russie, dans lesquels, dans tous les cas, ils sont les véritables agresseurs.

Au paragraphe 15, ils déclarent, après quelques sornettes à propos du partenariat entre l’OTAN et la Russie :

« Nous regrettons que malgré des appels répétés des Alliés et de la communauté internationale depuis 2014 pour que la Russie change de cap, les conditions à cette relations n’existent pas actuellement. La nature des relations de l’Alliance avec la Russie et les aspirations à un partenariat seront subordonnées à un changement clair et constructif des actions de la Russie, qui doit démontrer son respect du droit international et de ses obligations et responsabilités internationales. Jusque là, nous ne pouvons pas revenir au business as usual. »

Ce qu’ils veulent dire en parlant du changement de cap de la Russie est, bien sûr, qu’elle fasse ce qu’ils ordonnent, et le « respect du droit international » ne signifie rien d’autre que de se plier aux diktats de l’OTAN. Le monde a vu ce qui est arrivé à la Yougoslavie quand le président Milosevic a eu le courage de lui dire d’aller se faire voir, alors que Madelaine Albright lui présentait sa longue liste de revendications, y compris l’occupation de la Yougoslavie par les forces de l’OTAN et le démantèlement du socialisme, suivi par le choix d’obéir ou d’être bombardé. Le gouvernement yougoslave avait le droit et, en plus,  le courage, de la défier, et donc les dirigeants de l’OTAN ont activé les casseurs de jambes, les exécuteurs et les assassins qui servent dans leurs armées et ont commencé la destruction massive d’un membre fondateur du Mouvement des non-alignés.

Nous l’avons vu à nouveau en Afghanistan, envahi sous le prétexte juridique qu’il hébergeait un supposé criminel, Ben Laden, qui n’a jamais été accusé de crime [accusé, si. Reconnu coupable, jamais. NdT] et qui travaillait sous le commandement de l’armée étasunienne au Kosovo en 1998-1999, luttant contre le gouvernement yougoslave.

Nous l’avons vu avec l’Irak, sommé de remettre des armes qu’il n’a jamais eues, puis attaqué avec choc et effroi, une démonstration de puissance militaire conçue non seulement pour l’Irak mais pour le monde entier : voilà ce que nous vous ferons si vous ne jouez pas le jeu.

Nous l’avons vu avec le président Aristide à Haïti en 2004, lorsque des soldats américains et canadiens l’ont arrêté en pointant les fusils sur lui et l’ont exilé, l’ enchaînant en Afrique, pendant que le monde regardait ailleurs. Nous l’avons vu en 2010, lorsque le président Laurent Gbagbo a été arrêté par les Français et jeté dans les marécages de la Cour pénale internationale. Nous l’avons vu en 2011, lorsque l’OTAN a détruit la Libye socialiste et nous voyons aujourd’hui comment ils tentent la même chose contre la Syrie et l’Irak, l’Iran, la Corée du Nord, la Chine et, le plus important, contre la Russie.

Le paragraphe 15 n’est rien d’autre qu’un diktat, « obéis-nous ou nous ne pourrons pas retourner au statu quo » ce qui signifie, en fin de compte, la guerre.

Suit alors une longue série de paragraphes pleins de mensonges et de distorsions sur des événements tous imputés à la Russie. Ils savent que ce sont des mensonges et des distorsions, bien sûr, mais le principe est que ces communiqués sont générés à Washington comme outils de propagande destinés à être cités encore et encore dans les médias occidentaux et mentionnés par leurs diplomates et leurs politiciens dans tous les discours.

Au paragraphe 15 et ensuite, ils se réfèrent à leurs plans pour leur nouvelle Opération Barbarossa, l’accumulation des forces de l’OTAN en Europe de l’Est. Ils l’appellent le Plan de préparation à l’action. En d’autres termes, tous ces paragraphes exposent leurs plans pour préparer leur capacité logistique et stratégique dans le but d’attaquer la Russie. Qu’ils aient l’intention de le faire est maintenant clair, avec le placement de systèmes anti-missiles en Pologne et en Roumanie et bientôt sur le flanc sud-est de la Russie en Corée, des missiles destinés à garantir le succès d’une première frappe atomique sur la Russie par les forces nucléaires de l’OTAN. Les systèmes anti-missiles sont conçus pour intercepter tous les missiles de représailles lancés par les survivants en Russie. Mais, comme le président Poutine l’a relevé, ils peuvent aussi être utilisés directement de manière offensive.

Ils soulignent ensuite que les armes nucléaires sont une partie importante de leur stratégie, et déclarent dans le paragraphe 53 :

« La position de l’OTAN en matière de dissuasion nucléaire repose aussi, en partie, sur les armes nucléaires déployées en avant par les États-Unis en Europe et sur les capacités et l’infrastructure fournies par les Alliés concernés. » La crainte est qu’avec les récents exercices en Pologne et dans l’Arctique − dans lesquels l’usage de frappes aériennes pour lancer des armes nucléaires telles que des missiles de croisière nucléaires pointés sur la Russie − a joué un rôle important − les États-Unis et leurs alliés de l’OTAN projettent et préparent une attaque nucléaire sur la Russie. C’est la seule conclusion possible, puisqu’il est clair que la Russie n’a aucune intention d’attaquer aucun pays en Europe de l’Est ou ailleurs. Donc l’excuse donnée que la présence d’armes nucléaires en Europe est une dissuasion contre l’agression russe est clairement un mensonge et, par conséquent, leur présence ne peut avoir qu’un seul but : être utilisées pour une attaque.

La preuve est devant nous, le dossier est complet. Il est posé sur un bureau, il prend la poussière, il n’est d’aucune utilité pour personne, excepté le tribunal de l’opinion publique, et qu’est-ce que ça vaut, ces jours ci ? Mais peut-être que quelqu’un, là-bas, le prendra, le mettra au point et le donnera à un tribunal, peut-être quelqu’un du peuple, pour le peuple, mis en place par le peuple, pour juger ceux qui projettent de détruire le peuple, qui peut agir rapidement avant que le crime d’agression final soit commis contre la Russie ; contre nous tous.


Christopher Black est un juriste pénaliste international basé à Toronto, il est membre du Barreau du Haut-Canada et il est connu pour un grand nombre de cas très médiatisés portant sur les droits humains et les crimes de guerre, en particulier pour le magazine en ligne New Eastern Outlook.

Traduit par Diane, vérifié par Wayan, relu par Catherine pour le Saker francophone


=== 2 ===

http://www.marx21.it/index.php/internazionale/pace-e-guerra/27059-la-nato-accerchia-la-russia

La NATO accerchia la Russia

15 Luglio 2016
da “Avante!”, settimanale del Partito Comunista Portoghese

Traduzione di Marx21.it

Le esercitazioni militari della NATO Sea Breeze 2016, nel Mar Nero, sono iniziate l'11 luglio, dopo il vertice di Varsavia a cui hanno partecipato delegazioni di 28 paesi dell'Alleanza.

Le esercitazioni, che coinvolgono 25 navi e circa 1.700 militari di Bulgaria, Grecia, Romania, Turchia e USA, dureranno una settimana e rappresentano un altro passo nella scalata del confronto con la Russia. Non è stato certo un caso che il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, abbia annunciato al vertice di Varsavia che la decisione di ampliare la presenza aerea e marittima dell'Alleanza nella regione del Mar Nero sarà presa in autunno.

La stampa russa, a sua volta, ha informato che la Russia potrebbe rispondere con l'installazione nel Mar Baltico e nel Mar Nero di due nuovi radar “Girasole”, con la capacità di monitorare la zona costiera fino a circa 200 miglia nautiche, mentre il Cremlino ribadiva che “è assurdo parlare di una minaccia da parte della Russia”, mettendo in chiaro che il rafforzamento della presenza della NATO nel Mar Nero costringerà il paese ad assumere misure per garantire la sicurezza nazionale.

La “questione russa” è al centro della strategia degli Stati Uniti per la NATO, ma è ben lontana dal generare unanimità tra i partners dell'organizzazione, ha sottolineato il giornale nordamericano The New York Times. Secondo il giornale, paesi come Germania, Francia e Italia si dimostrano riluttanti sia verso le sanzioni economiche nei confronti di Mosca che in relazione alle iniziative militari che si sostiene essere indirizzate a “contenere la Russia”. Il primo ministro italiano Matteo Renzi ha partecipato recentemente al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, il presidente della Francia François Hollande ha riconosciuto la necessità della cooperazione con la Russia e il ministro degli Affari Esteri della Germania Frank-Walter Steinmeier ha criticato le esercitazioni militari della NATO in Polonia, osserva il The New York Times.

Secondo l'ex rappresentante permanente degli USA presso la NATO, Nicholas Burns, la “questione russa” potrebbe portare a divisioni tra i paesi dell'Alleanza. “Sono rimasto impressionato da tanta divergenza all'interno della leadership europea”, ha detto, citato da Sputnik.

La cooperazione tra Atene e Mosca in settori quali l'energia, il turismo e la difesa, e in particolare il progetto congiunto per produrre Kalashnikov in Grecia, è un'altra pietra nella scarpa della NATO, che potrebbe “pregiudicare seriamente la capacità dell'Alleanza di presentare un fronte unito in grado di impedire una possibile aggressione russa”, come ha dichiarato una fonte dell'Alleanza al The Telegraph.

Tali contraddizioni, a cui si aggiunge la recente ripresa delle relazioni commerciali tra la Russia e la Turchia, un altro membro dell'Alleanza Atlantica, non ha tuttavia impedito a Jens Stoltenberg di dichiarare, l'8 luglio, che la NATO dislocherà quattro battaglioni nei paesi Baltici e in Polonia nel 2017, con truppe di USA, Canada, Germania e Regno Unito, e di garantire che le relazioni con la Russia continueranno ad essere basate sulla “difesa” e sul “dialogo”.

Negli ultimi anni, la NATO ha costruito diverse nuove basi militari e ha rafforzato i suoi contingenti nell'Europa dell'Est. Secondo Jens Stoltenberg, l'organizzazione è ora più forte che mai dai tempi della Guerra Fredda.

=== 3 ===

http://www.marx21.it/index.php/internazionale/pace-e-guerra/27078-la-nato-e-la-maggiore-minaccia-per-leuropa

La NATO è la maggiore minaccia per l’Europa

27 Luglio 2016
di António Abreu | da resistencia.cc

Traduzione di Marx21.it

Con le sue ultime decisioni, la NATO pone sull’orlo del conflitto nucleare una serie di paesi dell’est europeo con circa un centinaio di milioni di abitanti. La guida della NATO, gli Stati Uniti, è lontana dal luogo del conflitto, ancora una volta nella storia, e mostra disprezzo per la vita di tante persone innocenti!

Al vertice dell’8 e 9 luglio a Varsavia, e con le più grandi esercitazioni militari mai realizzate in Europa, che erano cominciate giorni prima, diverse sono state le decisioni gravi, come riferito da molti commentatori come Eric Draitser*.

Particolarmente grave è l’espansione della presenza militare della NATO, con basi permanenti e sistemi di scudo anti-missile lungo le frontiere della Russia, particolarmente in Polonia e nei paesi baltici, Estonia, Lettonia e Lituania. Sulla base di una presunta minaccia russa che si sarebbe manifestata quando questo paese ha accettato l’integrazione nel territorio della Federazione Russa della Crimea, decisa a stragrande maggioranza dalla sua popolazione in un referendum, o quando la Russia ha appoggiato le popolazioni russe del Donbass, aggredite, come in Crimea, dalle orde fasciste che gli USA avevano scatenato a sostegno del golpe in Ucraina.

I sistemi anti-missile includono la presenza di soldati nordamericani e, “per non molestare” la popolazione di questi paesi, la NATO “concede” loro la rotazione dei battaglioni corazzati e che siano essi (e non gli USA) ad avere il comando - il che è un’ipocrisia, dal momento che il comandante generale della NATO è sempre uno statunitense.

Per impedire qualsiasi interpretazione positiva della ripresa delle riunioni del Consiglio Russia/NATO, un cacciatorpediniere dotato di un sistema di missili teleguidato, USS Ross, equipaggiato con l’avanzato sistema di difesa missilistica Aegis, è entrato in azione nel Mar Nero e si è diretto verso il porto della città ucraina di Odessa, per unirsi alle esercitazioni marittime internazionali Sea Breeze 2016.

La NATO conosce bene la posizione della Russia in merito a questo atto provocatorio. “Distruggeremo queste armi. La Russia non tornerà mai a combattere sul proprio territorio”, ha dichiarato lo scorso 13 luglio a Der Spiegel Serghey Karaganov, del Ministero degli Affari Esteri russo.

Putin si è affrettato a rispondere alla provocazione, dando l’indicazione di procedere all’ispezione dello stato di preparazione al combattimento delle forze russe e dei loro arsenali. Il nuovo segretario generale della NATO, Stoltenberg, ha reagito dicendo che non si sta provocando il ritorno alla “guerra fredda” e che nessun paese membro della NATO si trova sotto minaccia.

Tuttavia, la decisione è stata presa e l’installazione in Polonia e Romania, fin da ora, di sistemi anti-missile non è rimasta senza risposta. Un arsenale russo è stato installato a Kaliningrad, enclave russa tra Polonia e Lituania, abitata da 400.000 persone.

La NATO, comunque, è chiaramente indebolita sul piano dell’opinione pubblica. Ed è per questo che, prima e dopo il vertice, essa continua con una narrazione relativa agli interventi in Iraq e Afghanistan che omette le tragedie che le popolazioni di questi due paesi hanno sofferto a causa loro. E che, ancora una volta, non ha avviato una riflessione in merito alla fallita previsione sul fatto che la fine dei paesi socialisti dell’est europeo avrebbe fatto cessare le tensioni internazionali e promosso i diritti umani, la pace e la prosperità. Oggi è chiaro alla maggioranza di coloro che avevano creduto a tali aspettative che la NATO, ormai a briglia sciolta, è stata solo una macchina da guerra che paesi dell’Europa, del Medio Oriente e del Nord Africa hanno pagato ben caro.

La NATO fu creata nel 1949, per corrispondere militarmente al Piano Marshall e più tardi alla Comunità Economica Europea (CEE), per essere uno strumento di minaccia nei confronti dei sovietici e per dissuaderli dall’appoggiare i comunisti occidentali, usciti dalla guerra con il prestigio del loro ruolo eroico, e a volte decisivo, nella liberazione dal nazi-fascismo. Ha cercato di essere sempre, nella pratica, il braccio armato dell’Unione Europea.

Di fronte all’aggressività della NATO, il paesi socialisti crearono nel 1955 il Patto di Varsavia e in seguito il Comecon, con somiglianze, ma non coercitiva come la CEE. I due patti militari posero fuori dalla sfera di influenza della Carta delle Nazioni Unite le loro forze armate accettando, in entrambi i patti, di collocare le proprie truppe, in pratica, sotto il comando, degli USA e dell’URSS.

Nel 1998, la NATO ha condotto la sua prima guerra. E soprattutto contro un paese europeo e piccolo, dopo lo smembramento sanguinoso della Jugoslavia, la Serbia (ho avuto la possibilità di stare a Belgrado sotto i bombardamenti della NATO). Gli USA hanno creato la mafia terrorista kosovara che hanno formato nella base turca di Incirlik, che ora ha avuto un ruolo di rilievo nel golpe in Turchia della settimana scorsa.

Sebbene la maggior parte delle persone abbia considerato naturale che la NATO potesse estinguersi dopo la fine del Patto di Varsavia e della “minaccia sovietica”, dopo l’11 settembre 2001 l’alleanza è stata rilanciata per combattere il terrorismo. Ma, una volta ancora, al vertice di Varsavia la questione del terrorismo non ha richiamato che retorica. Il fermo coordinamento internazionale della lotta contro il terrorismo, che sta intensamente frequentando l’Europa, è passato in secondo piano.

Nel 2011, la NATO ha coordinato la caduta del regime libico e l’uccisione selvaggia di Muammar Gheddafi (come già era stato fatto con Saddam Hussein). Nel 2012, ha coordinato lo scatenamento degli interventi contro la Siria, a partire dal Comando Alleato di Terra di Smirne, pure in Turchia. E dato che la NATO ha cominciato ad agire fuori dall’Europa, presto sono stati integrati nell’Alleanza altri paesi di questa area: Kuwait, Qatar, Giordania, Israele e Bahrein.

Al vertice di Varsavia, gli USA hanno dovuto ascoltare la voce del presidente francese, mentre l’Inghilterra ha rifiutato di aumentare il suo contributo finanziario. Ma sono solo noccioline rispetto a ciò che sarebbe richiesto ai dirigenti europei per fermare la bestia.

Già mesi fa, il Dipartimento di Stato aveva reclamato la quadruplicazione del bilancio destinato a finanziare le citate misure di rafforzamento della NATO. L’amministrazione degli Stati Uniti desidera che i partner della NATO rafforzino le loro contribuzioni, questione che è oggetto di discussione.

Attualmente, ogni membro deve pagare il 2% del suo PIL per acquistare armi in linea con le norme della NATO…che si trovano solo presso i fornitori degli USA!!!...Le industrie nazionali di armamento, nel frattempo, sono state messe da parte. Tuttavia, mentre la Russia ha già ricostruito e modernizzato la sua industria degli armamenti e la Cina è in procinto di raggiungere gli stessi livelli di qualità e produzione, gli Stati Uniti e la NATO stanno gradualmente marcando ritardi.

Sono proprio le debolezze degli USA, che si estendono a diversi settori, che possono scatenare azioni con gravi conseguenze per l’umanità.

Fonte: AbrilAbril

*Eric Draitser è fondatore di StopImperialism.org e commentatore di CounterPunch Radio. ericdraitser@...





(english / srpskohrvatski / italiano)

Jihad dal Kosovo
... la scoperta dell'acqua calda continua ...


0) Altri link e flashback sul Kosovo come punto di irradiazione del jihadismo

1) Kosovo's Daesh Camps Act as Creche for Young Terrorists / Isis, il campo di addestramento in Kosovo? È a due passi dalla base americana della Nato / Kosovo: Daesh addestra i terroristi sotto gli occhi di Nato e Ue

2) Nikolic: “Il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo sarà un modello per la formazione dello Stato Islamico”

3) GEN 2016: Sventato attentato jihadista al monastero di Decani / Uhapšeni pri pokušaju napada na Dečane

4) GEN 2016, ALLARME IN ITALIA: Albania crocevia dei jihadisti (La Stampa) / Velika opasnost u Italiji od džihadista iz Balkanske Brigade

5) FLASHBACK 2006: Abu Hamza: Bill Clinton zahtijevao je da se naselimo na Kosovu [Ai jihadisti bosgnacchi "Clinton chiese che ci trasferissimo in Kosovo"]


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ALTRI LINK E FLASHBACK SUL KOSOVO COME PUNTO DI IRRADIAZIONE DEL JIHADISMO:

Albanian women from Kosovo province training ISIS terrorists (January 30, 2016 – Grey Carter)
Security experts claim that women mostly start fighting for ISIS while following their husbands, but there are those that think it is their moment to join the “holy mission”...
SOURCES: 
http://www.novosti.rs/vesti/naslovna/dosije/aktuelno.292.html:229464-Krici-iz-podruma-strave

Jihad dal Kosovo? Che bella scoperta... (Dicembre 2015)
0) LINKS: Flashbacks / News / Par Daniel Salvatore Schiffer
1) 4 arresti tra Brescia e Kosovo. La 'mente' del gruppo, un cittadino kosovaro che ha vissuto diverso tempo in Italia
2) Inside Kacanik, Kosovo's jihadist capital (The Telegraph, 23 Aug 2015)

KOSOVO, IL PICCOLO ISIS D'EUROPA (Dicembre 2015)

KOSOVO – CORRIDOR FOR RADICAL ISLAM INFLUX INTO EUROPE, SAYS DIPLOMAT IN MOSCOW (November 3, 2015 – by Grey Carter)
Kosovo could become a corridor for radical Islam breaking into Europe since the European Union is not yet ready to solve the migrant problem, Serbian ambassador to Russia Slavenko Terzic said on Tuesday...
https://theremustbejustice.wordpress.com/2015/11/03/kosovo-corridor-for-radical-islam-influx-into-europe-says-diplomat-in-moscow/
ORIG.: http://tass.ru/en/world/833748

Circa 20 famiglie kosovare sono andate in Iraq e Siria per combattere nelle file dell’Isis (20. 07. 2015.)

STATO ISLAMICO DELL’IRAQ E DEI BALCANI (in JUGOINFO 28/6/2015)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8333



Isis: il reclutamento in Kosovo passa dalle Ong (di Dino Garzoni | 07 Aprile 2015)
Sono finanziate da Arabia ed Emirati. Arruolano ragazzi minorenni per 400 euro. E trasformano i più meritevoli in spietati jihadisti. Pagandoli fino a 30 mila euro...
http://www.lettera43.it/esclusive/isis-il-reclutamento-in-kosovo-passa-dalle-ong_43675164282.htm
Kosovo, il nuovo "serbatoio" di estremisti islamici al di là dell'Adriatico (di di FABIO POLESE, 20 ottobre 2014)
Una nuova frontiera dell'estremismo islamico. A settembre, in un blitz a Pristina, sono finiti in manette quindici seguaci dell'Isis - lo Stato islamico guidato da Al-Baghdadi. Secondo gli investigatori costituivano la spina dorsale di una rete che ha fatto arrivare in Iraq e in Siria più di 150 volontari pronti a combattere e a morire. Tra gli arrestati nove sono imam delle moschee di Pristina...
I nuovi jihadisti vengono dal Kosovo. Le esecuzioni postate su Facebook (di PAOLO FANTAUZZI, 8 settembre 2014)
Centinaia di combattenti partiti per Iraq e Siria. Decine di fondamentalisti arrestati. Sedici vittime accertate. Un kamikaze saltato in aria a Bagdad. E un leader dell’Isis che pubblica sui social le decapitazioni. A sei anni dall’indipendenza, l’ex provincia serba si sta rivelando una fucina di terroristi...
http://espresso.repubblica.it/internazionale/2014/09/05/news/i-nuovi-jihadisti-vengono-dal-kosovo-nei-balcani-ci-sono-20-cellule-terroristiche-1.178937

I TAGLIATORI DI TESTE SCHIPETARI DELL'ISIS (in JUGOINFO del 13.8.2014)
Armi da Croazia, Bosnia e Kosovo per i terroristi anti-siriani (JUGOINFO del 2.3.2013)

SUI TERRORISTI SIRIANI ADDESTRATI DALL'UCK IN KOSOVO:

Nov. 24, 2004 – Dan: AL-QAEDA IS BUILDING TERRORIST CAMPS IN KOSOVO (by M.B Trajkovic)
http://www.slobodan-milosevic.org/news/dan112404.htm

Apr. 25, 2004 – Borba: MILITANT ISLAMIST TRAINING CAMPS IN BOSNIA AND KOSMET (by Madeline Zapeezda)

March 19, 2004 – New Kosovo Violence is Start of Predicted 2004 Wave of Islamist Operations (by Gregory R. Copley – Defense & Foreign Affairs Daily)
The major wave of violence instigated in the Kosovo region of Serbia on beginning on about March 14, 2004, and escalating dramatically through March 18, 2004, is the start of the forecast series of unrest, guerilla warfare and terrorist activity planned by radical Islamist leaders in Bosnia, Albania, Iran and in the Islamist areas of Serbia, and directly linked with the various al-Qaida-related mujahedin and terrorist cells in the area...

Feb. 1, 2004 – Associated Press: ARMY INTELLIGENCE CHIEF SAYS AL-QAIDA IN KOSOVO
https://groups.yahoo.com/neo/groups/globalobserver/conversations/messages/3635


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Kosovo's Daesh Camps Act as Creche for Young Terrorists

22.7.2016

There are at least five Daesh military training camps in Kosovo, located in remote areas near the self-proclaimed republic's border with Albania and Macedonia, a source close to the intelligence services told Sputnik.


In an interview with Sputnik, a source close to the intelligence services singled out at least five Daesh (ISIL/ISIS) training camps, located in remote areas near Kosovo's border with Albania and Macedonia.
The largest camps are located in areas adjacent to the towns on the Urosevac and Djakovica line as well as the Decani district, the source said, adding that the smaller camps were tracked in the Prizren and Pec regions.

A total of 314 Kosovo Albanians along with Daesh terrorists are now fighting government troops in Syria and Iraq, among them 38 women, according to the source.

As for the recruitment, it takes in two stages; the first is conducted by non-governmental organizations that operate in Kosovo and at numerous private schools, the source said.

"The future Daesh terrorists are 'brainwashed' there and they also learn Arabic and study the Koran, something that is followed by so-called 'combat practice' training, headed by former members of the Kosovo Liberation Army (KLA). They typically teach the rookies to wage guerrilla warfare and handle guns, among other things," according to the source.

"In addition, each camp has several Daesh terrorists who decide on sending the rookies to the war or preparing them for the role of suicide bombers," the source said, citing about 70 Kosovo Albanian families who decided to join Daesh.

The source also warned of the possible spread of such camps to Macedonia and in Bosnia, where about 800 jihadists arrived during the wars in the 1990s. As far as Macedonia is concerned, the country is just beginning to grapple with the problem, the source said, referring to Macedonian villages which were earlier KLA centers and which have already been turned into Daesh training camps.  

In 2013, the Western Balkans Security Issues news website [ http://www.wbrc.rs/?page_id=351 ] warned of the territory of Kosovo and Albania being used for Daesh training camps, something that was recognized by Kosovo authorities only a year later. 

Meanwhile, the source has told Sputnik that the training process dates back to 1999, when al-Qaeda terrorists were involved in training the KLA militants in Kosovo.

In a separate interview with Sputnik earlier this week, Fadil Lepaja, director of the Center for Balkan Studies in Pristina, shared the view that with Kosovo's borders with Albania and Macedonia existing only on paper, tracking Islamists' training camps is almost impossible.
He noted that tackling Daesh supporters is a global problem, rather than one limited to Kosovo and Albania. Even though NATO's mission in Kosovo (KFOR) and all relevant services keep a watchful eye on those who have returned from the war in Syria, it is hard to foresee everything, according to him.

Kosovo declared independence from Serbia in 2008 after spending several years under UN administration. It is recognized by Washington and many EU member nations.

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Isis, il campo di addestramento in Kosovo? È a due passi dalla base americana della Nato


Secondo gli 007 di Pristina lo Stato islamico ha nel Paese almeno cinque campi di esercitazione. E il maggiore è proprio vicino a Bondsteel, la più grande struttura militare fuori dagli Usa. A fare da docenti, alcuni ex militanti dell’Uck, gli “eroi” della guerra con la Serbia

DI PAOLO FANTAUZZI
27 luglio 2016
Almeno cinque campi, di cui - se non tutto - l’impressione è che si sappia molto. Se la presenza di cellule fondamentaliste nell’area dei Balcani è cosa nota (due anni fa l’Espresso ne aveva censite una ventina in tutta la regione), adesso arriva la conferma dell’esistenza di un livello superiore. Prevedibile, per alcuni versi, ma finora mai resa nota più o meno ufficialmente: la presenza di campi di addestramento dell'Isis in Kosovo.

Dove gli aspiranti jihadisti di etnia albanese, oltre a studiare l’arabo e il Corano, imparano a maneggiare le armi, si esercitano col tiro e apprendono nei boschi le tecniche di guerriglia. Sotto la supervisione di ex paramilitari dell’Uck, l’esercito di liberazione dei tempi della guerra con la Serbia, considerati autentici eroi in patria (statue dedicate ai combattenti si trovano praticamente in ogni città).

Secondo fonti di intelligence citate dall’agenzia russa Sputnik i principali campi allestiti dallo Stato islamico sono a Ferizaj, Gjakovica e Dečani, mentre altri più piccoli sarebbero stati individuati a Prizren e Pejë. Anche senza conoscere la geografia del luogo, è importante tenere a mente alcune di queste località perché rappresentano l’emblema dell’incapacità occidentale di prevenire la diffusione del radicalismo islamico, visto che il Kosovo è tuttora una nazione sotto tutela Nato in cui risiedono migliaia di militari dell’alleanza atlantica. Il simbolo di questa “disfatta” è rappresentato proprio dalla città di Ferizaj, 100 mila abitanti non lontano dal confine con la Macedonia: a Sojevë, pochi chilometri fuori dal capoluogo, c’è infatti Camp Bondsteel. Realizzato nel 1999 ai tempi della guerra, col suo perimetro lungo 14 chilometri, è attualmente la più grande e costosa base americana mai costruita al di fuori degli Stati Uniti dalla guerra del Vietnam, in cui si calcola che vivano circa 7mila fra soldati e impiegati civili.

Una presenza tanto massiccia, però, non solo non ha rappresentato un deterrente per l'Islam radicale, ma non è nemmeno riuscita a impedire che l’area diventasse un centro nevralgico di reclutamento: nell’agosto 2014, nella più grande operazione mai condotta dalle autorità kosovare, su 40 terroristi arrestati ben 11 provenivano dalla città di Ferizaj. Del resto c’è poco da meravigliarsi: in passato a Camp Bondsteel, secondo una versione mai smentita, ha lavorato anche Lavdrim Muhaxheri, il comandante della famigerata “brigata balcanica” al servizio del Califfo, noto per le sue atrocità (come le esecuzioni postate su Facebook raccontate dall’Espresso). E per la base Usa sarebbe passato pure Blerim Heta, un kamikaze che poi si è fatto saltare in aria a Bagdad.

Altra città-simbolo è quella di Gjakovica, che invece è non lontana dal confine con l’Albania: nell’aeroporto cittadino ha sede il distaccamento aeronautico Amiko (Aeronautica militare italiana in Kosovo). Neppure in questo caso il controllo dei cieli da parte della missione Kfor ha impedito che l’Isis dilagasse e impiantasse nei paraggi un suo campo di addestramento, stando alle informazioni dell’intelligence. Esattamente come a Pejë, dove sorge il Villaggio Italia, e Prizren, dove la presenza dell’Alleanza atlantica è altrettanto massiccia. E pure a Dečani, dove la Nato controlla insieme alle Nazioni unite il trecentesco monastero ortodosso serbo, patrimonio Unesco, dai rischi delle violenze dell’etnia albanese. Del resto le minacce non mancano. A gennaio, ad esempio, quattro uomini sono stati fermati davanti all’entrata e trovati in possesso, a bordo della loro auto, di un kalashnikov, una pistola e diverse munizioni. Da dove venivano? Sarà una coincidenza ma a eccezione di uno, tutti erano originari proprio delle città in cui si trovano i campi di addestramento: Ferizaj, Gjakovica e Prizren.

D’altronde basta guardare ai numeri per rendersi conto di quanto la penetrazione del radicalismo islamico in Kosovo rappresenti un problema troppo a lungo sottovalutato. Secondo i dati forniti nei giorni scorsi dal ministro dell'Interno, Skender Hyseni, almeno 57 foreign fighters sono morti in combattimento, una quarantina sono stati fermati prima che potessero partire, 102 sono stati arrestati sospetti di attività terroristica e altri 17, benché a piede libero, sono sotto indagine. E al seguito dei combattenti (almeno 300 quelli di etnia albanese, stimano le organizzazioni indipendenti) ci sarebbero anche 38 donne e 27 bambini.

Il tutto, in una regione di due milioni scarsi di abitanti, grande quanto l’Abruzzo, a poche centinaia di chilometri in linea d’aria dalla Puglia e soprattutto autoproclamatasi indipendente dopo un intervento militare che doveva servire a portare la sicurezza e la pacifica convivenza nel Paese. 

Invece, solo a scorrere le cronache degli ultimi mesi, c'è da riflettere.

La settimana scorsa a Pristina per terrorismo sono stati condannati in cinque, con pene comprese fra 4 e 13 anni di carcere: avevano giurato fedeltà all’Isis e stavano preparando un video da diffondere in rete per dimostrare la presenza dello Stato islamico anche nel Paese. E che i simpatizzanti non manchino lo dimostra anche la scritta, ritrovata lo scorso marzo sulla facciata della chiesa ortodossa di San Nicola, sempre nella capitale: “Isis is coming”, l’Isis sta arrivando, scritto in inglese perché fosse più chiaro. Forse non proprio una casualità, dal momento che quel giorno ricadeva il dodicesimo anniversario delle violenze che nel 2004 portarono all’incendio di numerosi luoghi di culto della minoranza serba. Senza contare che proprio in Kosovo erano le menti della cellula jihadista stroncata a dicembre dalla Procura di Brescia. Obiettivo: disintegrare l’Europa e imporre la sharia.

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Kosovo: Daesh addestra i terroristi sotto gli occhi di Nato e Ue


di Redazione Contropiano, 28 luglio 2016

Quando denunciamo le responsabilità europee e statunitensi nella nascita e nella crescita delle organizzazioni jihadiste che stanno seminando il terrore dal Medio Oriente all’Europa, dall’Asia all’Africa non ci riferiamo soltanto al fatto che decenni di guerre, destabilizzazione, embarghi e interventi imperialisti di vario tipo hanno creato il terreno fertile affinché un numero sempre maggiore di musulmani si aggreghino allo Stato Islamico, ad al Qaeda o a Boko Haram.

In alcuni casi le responsabilità sono dirette, esiste una precisa filiera che parte dai governi e dagli stati maggiori dei paesi membri dell’Unione Europea e degli Stati Uniti e che arrivano fino alle reti del terrore che le organizzazioni jihadiste creano nei territori.
Ne abbiamo parlato in passato della presenza del jihadismo nella penisola balcanica. Una penetrazione che risale agli anni ’90, quando l’amministrazione statunitense e le potenze europee, Germania in primo luogo, soffiarono sulle divisioni etnico-religiose già esistenti nell’allora Jugoslavia per destabilizzare uno stato che nel corso di alcuni anni, dopo guerre civili sanguinose e criminali missioni militari occidentali, ha cessato di esistere.

Un’operazione che ha potuto contare sull’attiva e interessata collaborazione delle petromonarchie e poi della Turchia, che hanno riversato miliardi di dollari sulla Bosnia, sulla Macedonia, su alcune province della Serbia come il Kosovo e il Sangiaccato, per favorire l’affermazione di forze fondamentaliste ed in alcuni casi esplicitamente jihadiste da utilizzare per allungare i tentacoli dell’Arabia Saudita sui Balcani. Abbiamo parlato più volte, nei mesi e negli anni scorsi, della penetrazione dello Stato Islamico particolarmente in Kosovo ed in Macedonia, dove la sigla terroristica ha potuto contare sulle infrastrutture, mai sciolte del tutto, ereditate dai gruppi della guerriglia albanese tuttora in parte attiva e caratterizzata da una identità sempre più integralista islamica.

Negli ultimi giorni nuove notizie hanno suscitato allarme sulla reale entità della presenza jihadista nel narcostato creato dalla Nato e dalle petromonarchie. I campi di addestramento dello Stato Islamico in Kosovo sarebbero ben cinque, e si troverebbero a Ferizaj, Gjakovica, Dečani, Prizren e Pejë. Qui centinaia di aspiranti jihadisti, per lo più di etnia albanese provenienti da vari paesi, oltre a studiare l’arabo e una versione paranoica del Corano, imparano ad usare le armi e gli esplosivi e varie tecniche di guerriglia, addestrati da alcuni uomini del Califfato e da ‘ex’miliziani dell’Uck, il cosiddetto “esercito di liberazione” kosovaro che grazie alla guerra scatenata dall’Alleanza Atlantica contro la Jugoslavia nel 1999 riuscì ad imporsi nell’ex provincia autonoma di Belgrado diventata ‘indipendente’.

Il tutto avviene in un piccolo territorio che di fatto è ancora un protettorato dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea, istituzioni che in Kosovo possono contare sulla presenza di varie basi militari, di centri di comando e di controllo, di decine di migliaia di militari, osservatori e funzionari civili. Ad esempio il campo di addestramento di Daesh di Ferizaj si troverebbe a pochi chilometri da Camp Bondsteel, la più grande base militare che gli Stati Uniti abbiano mai realizzato fuori dal proprio territorio dopo la guerra del Vietnam, che ospita mediamente 7000 tra soldati e impiegati civili. Vicino a Gjakovica, altra città kosovara che ospita uno dei campi di addestramento del Califfato, ha sede il distaccamento aeronautico Amiko (Aeronautica militare italiana in Kosovo), il che non ha impedito che Daesh proliferasse ad un passo dalle installazioni della missione Kfor. E lo stesso avviene a Pejë, dove sorge il Villaggio Italia, e a Prizren, dove la presenza dell’Alleanza atlantica è altrettanto consistente.

Quando lo Stato Islamico non era ancora considerato un problema dagli Stati Uniti, Lavdrim Muhaxheri, il comandante della famigerata “brigata balcanica” di Daesh, ha lavorato a Camp Bondsteel, e lo stesso dicasi per Blerim Heta, un kamikaze albanese che si è poi fatto saltare in aria a Baghdad. 

La vicenda è stata riportata a galla da alcuni reportage realizzati da alcuni media internazionali dopo l’arresto di quattro cittadini kosovari accusati di essere membri della rete terroristica dello Stato Islamico. Notizie di arresti sono frequenti in Kosovo, in Macedonia, in Bosnia, nella stessa Serbia. Secondo i dati forniti nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno kosovaro, Skender Hyseni, almeno 57 foreign fighters sono morti in combattimento, una quarantina sono stati fermati prima che potessero partire, 102 sono stati arrestati perché sospettati di aver partecipato ad attività terroristiche.

Ma a finire in manette sono solo una piccola percentuale dei miliziani del Califfato o degli aspiranti jihadisti, mentre la maggior parte continuano ad operare indisturbati nelle enclavi fondamentaliste balcaniche.


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Nikolic: “Il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo sarà un modello per la formazione dello Stato Islamico”

Posted on 01/02/2016 by Milica Minovic

“A coloro che hanno costituito lo stato islamico è stato da modello il riconoscimento del Kosovo come uno stato indipendente”ha detto da Tomislav Nikolic, Presidente della Serbia in un’intervista al quotidiano etiope “Capitol” di Addis Abeba, dove Nikolic è attualmente presente in occasione del summit dell’Unione africana. Il presidente Nikolic ha sottolineato che i negoziati della Serbia con il Kosovo e l’Unione europea sono in una situazione molto delicata.
Egli ha stimato che il riconoscimento del Kosovo come uno stato indipendente è servito da modello a coloro che hanno formato lo Stato Islamico. “Mi sembra che il riconoscimento di tale cosiddetto Stato (Kosovo), creato attraverso il terrorismo, è servito a coloro che hanno formato il cosiddetto Stato Islamico”, ha detto Nikolic, aggiungendo che tutti noi possiamo testimoniare il fatto che lo Stato Islamico è riconosciuto da alcuni paesi nel mondo.
“La situazione riguardo il Kosovo è molto complessa. Siamo in buona fede e nel desiderio di contribuire a un dialogo aperto con il Kosovo al più alto livello. E ‘difficile negoziare con il Kosovo, quando questo sostiene di aver creato uno stato indipendente e quando i negoziati si svolgono in Unione europea, i cui principali membri hanno riconosciuto la sua indipendenza”, ha detto Nikolic. Egli ha detto che anche i negoziati tra Belgrado e l’Unione europea sono in una situazione delicata ed questo è a causa dei negoziati col Kosovo. 
“Prima di entrare nell’Ue come membro, abbiamo l’obbligho di arrivare a un accordo col Kosovo. Questo accordo difficilmente sarà possibile, perché la Serbia non riconoscerà mai l’indipendenza del Kosovo. Noi comunque potremmo ammettere la sua specificità “, ha detto Nikolic.
Come riportato da Tanjug, il presidente ha sottolineato che il movimento separatista dell’UCK è stato designato come terrorista dagli Stati Uniti nel 1998., mentre dopo nel 1999, la Serbia è stata bombardata al fine di riconoscere la indipendenza di Kosovo, il che la Serbia certamente non voleva, ma dopo la comunità internazionale con “questi stessi terroristi ” cerca di stabilire uno stato nel Kosovo.
“Il Consiglio di sicurezza non riconoscerà mai questo stato come indipendente, perché ci sono grandi paesi contro come la Russia e la Cina, e spero che fino al 2017, anche grazie a un rappresentante dell’Etiopia come membro non-permanente del Consiglio, non potranno mai accettare e metteranno un veto come sul desiderio degli altri di fare del Kosovo un membro delle Nazioni Unite” ha detto il presidente.

(Politika, 31.01.2016)


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http://www.tio.ch/News/Estero/Cronaca/1068415/Estremisti-islamici-armati-arrestati-al-monastero-di-Decani/

Estremisti islamici armati arrestati al monastero di Decani

L'arresto è avvenuto nella tarda serata di ieri in una operazione congiunta da parte della polizia kosovara e dei militari della Kfor, la Forza Nato in Kosovo

31/01/2016

PRISTINA - Quattro estremisti islamici armati sono stati arrestati davanti all'ingresso principale del monastero di Visoki Decani, in Kosovo. Come riferiscono i media a Belgrado, si tratta di quattro kosovari di etnia albanese provenienti da altrettante località del Kosovo.
L'arresto è avvenuto nella tarda serata di ieri in una operazione congiunta da parte della polizia kosovara e dei militari della Kfor, la Forza Nato in Kosovo. Nella loro auto sono stati rinvenuti un fucile Kalashnikov, una pistola e un quantitativo di munizioni, oltre ad alcuni libri di contenuto estremista islamico.
L'abate di Visoki Decani Sava Janjic ha detto che tale episodio è l'ulteriore dimostrazione che la presenza delle truppe Kfor è ancora vitale per la sicurezza del monastero, che è incluso nella lista del patrimonio mondiale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco).Is
Il direttore dell'Ufficio governativo serbo per il Kosovo Marko Djuric ha espresso grande preoccupazione, invitando le autorità di Pristina a contrastare il crescente estremismo religioso in Kosovo invece di fare polemiche e ritardare in tutti i modi la creazione dell'Associazione delle comunità serbe in Kosovo. (ats ansa)

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Attentato sventato al monastero di Decani (di Emanuele Rossi, 01/02/2016)
Sabato 30 gennaio, intorno alla 9 di sera, quattro persone sono state fermate davanti al monastero ortodosso di Visoki Decani, in Kosovo. L’azione congiunta della ‪Kosovo Police (KP) e della ‪‎KFOR‬ (la forza di peacekeeping Nato che si trova sul posto dalla fine della guerra del 1999) ha bloccato una Volkswagen Golf bianca targata Uroševac (Ferizaj) davanti al cancello principale del monastero, e dopo il controllo dei documenti s’è scoperto che i quattro uomini portavano con sé una AK47 Kalashnikov, una pistola e diverse munizioni. Tra i contenuti del veicolo, diversi testi di predicazione islamica radicale. Secondo le notizie pubblicate dai media locali, i quattro uomini sarebbero kossovari provenienti da diverse parti del paese: Gnjilane, Uroševac, Prizren e Djakovica...
Izvor: www.kurir.rs 

(VIDEO) ONI SU UHAPŠENI PRI POKUŠAJU NAPADA NA DEČANE: Pogledajte kako su sprovedeni na saslušanje

Crna Hronika 16:04, 02.02.2016

Osnovni sud u Peći odredio je meru pritvora od 30 dana za četiri osobe koje su uhapšene u blizini manastira Visoki Dečani, potvrdila je danas za prištinske medije sutkinja prethodnog postupka Violeta Usaj Rogova.

Ne propustite...

• DETALJI HAPŠENJA ISPRED MANASTIRA DEČANI: Uhapšeni islamisti ratovali u Siriji

• ALBANSKI TERORISTI HTELI DA POBIJU SRPSKE MONAHE: Detalji paklenog plana!

• SPREČEN TERORISTIČKI NAPAD NA VISOKE DEČANE: Uhapšena četvorica naoružanih islamista

Ona je navela da su oni osumnjičeni za posedovanje oružja bez dozvole, što je potvrdila i tužilac Osnovnog tužilaštva u Peći, Valjbona Hadjosaj.

Iznoseći obranu, osumnjičeni su priznali da su posedovali oružje, ali su kazali da su krenuli da kampuju u planinama Dečana.

Prilikom hapšenja u blizini manastira Visoki Dečani osumnjičeni su imali  u automobilu kalašnjikov sa 20 metaka i jedan pištolj, navedeno je u odluci o sprovodjenju istrage.

Osnovno tužilaštvo u Peći sumnja da je jedan od četvorice uhapšenih u subotu kod manastira Visoki Dečani borio u Siriji, dok je drugi uhapšeni pokušao da otputuje na Bliski istok ali je sprečen i vraćen na Kosovo.

Četvorica uhapšenih pojavili su se pred Osnovnim sudom u Peći, ali je proces protiv njih prekinut zbog završetka radnog vremena suda, u 16:00 časova. Dodaje se da tužilaštvo u Peći još nije pribavilo dokaze da su osumnjičeni želeli da izvrše teroristički napad, već se za sada terete za posedovanje oružja bez dozvole.

Iznoseći odbranu osumnjičeni su priznali da su posedovali oružje, ali su rekli da su krenuli da kampuju u planinama Dečana. Prilikom hapšenja u blizini manastira Visoki Dečani [ http://www.kurir.rs/pretraga?q=de%C4%8Dani ] osumnjičeni A.Y, A.K, K.K i K.A, za koje se u medijima navodi da su pripadnici vehabijskog pokreta, imali su u automobilu kalašnjikov sa 20 metaka i jedan pištolj belgijske proizvodnje, navodi se u odluci o sprovođenju istrage.

Tužilac Valbona Disha- Haxhosaj je pred sudom izjavila da su ispunjeni svi uslovi da se njima odredi pritvor i ocenila da osumnjičeni mogu biti odgovorni i za oružani napad na kuću jednog Srbina u selu Berkovo, u opštini Klina na dan kada su uhapšeni.

Ovo navođenje tužioca je negirano od strane okrivljenih. Dalje je tužilac navela sumnje tužilaštva da je osumnjičeni A.Y. učetsvovao u ratu u Siriji, dok je drugi osumnjičeni A.K. sprečen u Istanbulu u pokušaju odlaska na ratište u Siriji. Sud u Peći očekuje da se u narednih 48 sati donese odluka da li će optuženi ostati u pritvoru ili će se braniti sa slobode.


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UZBUNA U ITALIJI

Preti nam velika opasnost od džihadista iz BALKANSKE BRIGADE

Beta | 02. 01. 2016

Italijanske vlasti i službe bezbednosti su dale znak za uzbunu jer je utvrđeno da "opasnosti od terorizma ne vrebaju samo iz Libije i Sirije, već se novi teroristički front protiv Italije otvorio na istoku, opasnost se zove Balkanske brigade… i pretnja stiže preko Albanije i Kosova".
To danas piše italijanski list Stampa, pozivajući se na izvore italijanskih bezbednosnih službi i Kfora na Kosovu, gde, prema podacima NATO snaga, ima preko 900 islamističkih terorista.
Torinski dnevnik ukazuje na to da se "malo zna, ali eksplozija džihadističkog žara medju albanski govorećim stanovništvom veoma brine evropske, američke i blistoistočne antiterorističke službe".
"Mreže albanskih džihadista, čije su vođe harizmatični imam, vrbuju pristalice u albanskoj dijaspori u Evropi, uključujući Italiju".
A, piše Stampa, "sa Kosova potiče, srazmerno stanovništvu, najveći broj stranih džihadista iz Evrope koji se bore u Siriji i džihadisti Albanci zauzimaju visoke položaje medju borbenim formacijama kalifa Al Bagdadija", vodje terorističke "Islamske države Sirije i Iraka".
Italijanski list ukazuje na to da je i sam premijer vlade u Rimu Mateo Renzi rekao da je zazvonilo na uzbunu zbog opasnosti "balkanskog džihadizma", ali su i jordanske službe bezbednosti upozorile da "je Jordan jedna od najviše zabrinutih zemalja zbog izrastanja fronta džihadista Kosovo-Albanija".
"Mreža džamija i ekstremističkih imama u Albaniji veoma brine našu zemlju, a najveći broj evropskih džihadista je prošao preko Prištine i Tirane", dodaje Stampa, ukazujući na činjenicu da su italijanske vlasti od januara do decembra 2015. godine proterale 65 imigranata, ilegalaca ili lica s dozvolom boravka, pošto je utvrdjeno da su u sprezi s teroristima.
"Tih 65 muškaraca i žena su pripremali atentate i koristili našu zemlju kao operativnu bazu za sejanje terora u Evropi", dodaje se.
Neki od njih su, kazuju podaci italijanskih obaveštajaca, bili "usamljenji vukovi… za razliku od dobro uhodanih i ideologijom islama zadojenih klanova koji se šire Balkanom, gde vehabitski islam prodire svakodnevno snažno i zabrinjavajuće".

Albanija je ono što je Belgija za Francusku

"Balkanska ruta islamista ima snažne veze s Italijom i direktno stiže u našu kuću, a naše antiterorističke snage pomno prate krugove balkanskih fundamentalista, svesni koliko su oni operativno opasni", objašnjava Stampa.
I prenosi upozorenje rimskih vlasti da su "stvari otišle toliko daleko da se strahuje da je Albanija postala ono što je Belgija za Francusku: uporište s jatacima i logistikom odakle se planiraju napadi".
Iako je, kako ukazuje torinski list, islam na jugoistoku Evrope ranije smatran umerenim, pad komunizma i sukobi su otvorili put prodoru vehabističke indoktrinacije i velike količine novca iz Saudijske Arabije, Katara i još nekih zemalja Zaliva.
"Nove generacije balkanskih imama su obučene uz stipendije i školovanje u fundamentalističkim centrima na arabijskom poluostrvu, pa su oni po povratku došli i u nove džamije izgradjene parama zemalja Zaliva (100 džamija je za deset godina izgradjeno samo na malom Kosovu), odakle su širili svoj vehabistički otrov", kaže se u članku Stampe.

Hiljadu Albanaca se bori na strani islamista

"Dvadeset godina kasnije, regrutovanje i odlazak džihadista u Siriju je izneo na videlo taj proces, stranih boraca albanskog življa, koji ratuju u redovima Islamske države ili Džabhat al Nusre, ima preko hiljadu (Kfor navodi da ih je 900 s Kosova, 150 iz Albanije, a pedesetak iz redova albanske manjine u Makedoniji".
Stampa prenosi i saznanja evropskih i američkih obaveštajnih službi da su mreže tih džihadista "veoma savremeno opremljene, često tesno povezane s moćnim domaćim organizovanim kriminalom".
"To su operativno spremne lokalne ćelije, dobro snabdevene novcem i oružjem, sa snažnim porodičnim vezama što prodor unutar njih čini veoma teškim", piše list.
"Domaće snage reda i bezbednosti, često bez sredstava i na udaru optužbi za korupciju, čine ono što mogu, a tu je Albanija znatno delotvornija od Kosova i Makedonije", zaključuje Stampa.

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L’Isis cerca reclutatori nei Balcani: “Devono conoscere l’italiano” (di MARCO GRASSO, 13/01/2016)
Due inchieste svelano una rete dall’Albania ad Ancona. Offerti duemila euro al mese per arruolare jihadisti...
http://www.lastampa.it/2016/01/13/esteri/lisis-cerca-reclutatori-nei-balcani-devono-conoscere-litaliano-bX0hR9zp4yj5I11PWNkjlJ/pagina.html

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Propaganda e reclutamenti, Albania crocevia dei jihadisti 

Il network di moschee e imam radicalizzati preoccupa il nostro Paese. La maggior parte dei combattenti europei passati da Pristina e Tirana

di LORENZO VIDINO da WASHINGTON [sic!], 2.1.2016

Sconosciuta ai più, l’esplosione di fervori jihadisti tra le popolazioni di lingua albanese suscita crescenti preoccupazioni tra le agenzie anti-terrorismo europee, americane e mediorientali. Network jihadisti albanesi capeggiati da carismatici imam reclutano tra le comunità della diaspora albanese d’Europa, Italia inclusa. Il Kosovo ha il numero più alto d’Europa di foreign fighters in Siria rapportato alla popolazione. E jihadisti di etnia albanese ricoprono alte cariche tra le milizie del califfo al Baghdadi,  
 
LA FINE DEL COMUNISMO  

Nonostante il Sud-Ovest dei Balcani sia da sempre terra di un islam moderato e laico, il problema traccia le sue radici agli Anni 90. Con la fine del comunismo - sotto il quale l’islam in Albania, unica nazione al mondo dichiaratasi ufficialmente atea, era pressoché sparito - i Balcani divennero terra di conquista del proselitismo di matrice wahabita. Inizialmente arrivati per fornire aiuti umanitari durante i sanguinosi conflitti dell’epoca, enti benefici e religiosi sauditi (World Assembly of Muslim Youth), kuwaitiani (Revival of Islamic Heritage Society) e di altri Paesi del Golfo crearono un network di moschee, centri studi e ong il cui vero obiettivo era quello di diffondere un’interpretazione ultra-letterale e militante dell’islam alle popolazioni locali. Forti dei petrodollari cominciarono a ottenere consensi tra i più giovani, afflitti da disoccupazione e povertà, e spesso attratti sia dal forte messaggio del wahabismo che dalle opportunità che queste organizzazioni offrivano. 
Una nuova generazione di imam balcanici si è formata grazie a generose borse di studio nelle scuole più fondamentaliste della penisola araba. E, una volta ritornati in patria, hanno trovato nuove moschee costruite con soldi del Golfo (100 costruite in appena 10 anni solo nel piccolo Kosovo) dal cui pulpito diffondere il veleno jihadista. 
Venti anni dopo, la mobilitazione per la Siria mette in luce il prodotto di queste dinamiche. I foreign fighters di etnia albanese, tutti militanti con lo Stato Islamico o Jabhat al Nusra, sono circa 1000 (900 dal Kosovo per le forze Kfor della Nato, 150 dall’Albania e una cinquantina dalla minoranza albanese in Macedonia). I loro network sono sofisticati, spesso intrecciati a quelli della potente criminalità organizzata locale. Sono cellule operanti a livello locale, ben finanziate e armate, con forti legami familiari interni che ne rendono difficile la penetrazione. Le forze dell’ordine locali, spesso prive di mezzi e accusate di corruzione, fanno quello che possono e l’Albania è molto più efficiente di Kosovo e Macedonia. 
Nonostante questi problemi negli ultimi tempi alcune inchieste hanno alzato il velo sui network jihadisti locali. Nel marzo 2014 le autorità di Tirana hanno smantellato un sofisticato network dedito alla propaganda e al reclutamento, guidato da due imam, Bujar Hysa e Genci Balla. Tra i loro collaboratori, vari affiliati dello Stato Islamico specializzati nel far passare aspiranti jihadisti dall’Europa alla Siria.  
 
I LEGAMI CON L’ITALIA  

E alcuni di essi, incluso Hysa stesso, hanno forti legami con l’Italia. La pista balcanica, infatti, arriva direttamente a casa nostra. Le nostre unità anti-terrorismo monitorano gli ambienti fondamentalisti balcanici, consapevoli della loro pericolosità operativa. Fino al punto da temere che l’Albania diventi quello che il Belgio è per la Francia: la retrovia logistica da dove pianificare attacchi. 
 
«LE AGENZIE DI VIAGGIO»  

Imam radicali albanesi come Shefqet Krasniqi della grande moschea di Pristina, ora sotto inchiesta in Kosovo, passano spesso nelle nostre moschee per recitare i loro sermoni. E più indagini recenti hanno dimostrato come i network albanesi presenti nel Centro-Nord siano tra i più attivi nel reclutamento per la Siria, non solo tra i connazionali ma fungendo anche da «agenzia di viaggio» per giovani nordafricani e convertiti italiani che altrimenti non troverebbero l’aggancio giusto per unirsi allo Stato Islamico.  
Era infatti albanese la pista che consentì ad Anas el Abboubi, adolescente bresciano di origine marocchina, di lasciare l’Italia dopo essere stato rilasciato dal tribunale del riesame e divenire uno dei primi foreign fighters nostrani. L’inchiesta bresciana aveva svelato una sofisticata rete basata in Albania, ma con propaggini in Lazio e Piemonte. Figura centrale di quel network era Lavdrim Muhaxheri, ex dipendente della Nato in Kosovo che si era unito allo Stato Islamico e che assurse a star mediatica nella galassia jihadista per video in cui appariva con teste mozzate di soldati siriani. Ed era albanese anche il network che ha reclutato la convertita parteno-brianzola Maria Giulia Sergio, che ora vive nel Califfato insieme al marito, l’albanese Aldo Kobuzi.  
L’Islam «made in Albania» rimane un modello di tolleranza. Ma venti anni di propaganda estremista hanno attratto una parte di musulmani albanesi, siano essi nei Balcani o nelle varie diaspore, generando un nuovo fronte di rischi per il nostro Paese.


Vecernji list, 06.07.2006 23:05

Abu Hamza, vođa mudzahedina u Bosni i Hercegovini, kojima bi iduci tjedan moglo biti oduzeto državljanstvo te zemlje, tvrdi:

Bill Clinton zahtijevao je da se naselimo na Kosovu

Autor Zdenko Jurilj

Ako državni parlament idućeg tjedna prihvati dopune Zakona o državljanstvu BiH, 500-tinjak naturaliziranih bosanskohercegovačkih državljana podrijetlom iz arapskih zemalja, koji su u vrijeme rata bili pripadnici brigade El-Mudžahid, moglo bi ostati bez putovnica. Zbog straha od povratka u Egipat, Siriju, Tunis, Pakistan, Irak, Maroko, Alžir... gdje ih, prema tvrdnjama mudžahedinske zajednice, zbog ratovanja u BiH čekaju višegodišnje zatvorske kazne, pokrenuta je inicijativa o utemeljenju udruge Ensarije, uz pomoć koje bi se borili za zadržavanje državljanstva. Sirijac Al Husin Imad zvani Abu Hamza, glasnogovornik mudžahedina u BiH, u eksklu

(Message over 64 KB, truncated)

(srpskohrvatski / english.

All'interno del verdetto di colpevolezza, emesso in marzo dal "Tribunale ad hoc" dell'Aia contro Radovan Karadzić, sono contenute di fatto le formule assolutorie che scagionano Slobodan Milošević dalle accuse per le quali fu posto sotto processo e giustiziato extra lege dallo stesso "Tribunale". Tra l'altro, la sentenza riporta che tanto Milosević quanto Karadzić erano inizialmente a favore della integrità della Jugoslavia; Milosević si oppose alla eventuale discriminazione, all'interno della Repubblica Serba di Bosnia, dei Musulmani che fossero "per la Jugoslavia", e dichiarò che "tutti i membri delle altre nazioni e nazionalità devono essere protetti" e che "la discriminazione non è nell'interesse dei Serbi". )


ICTY Exonerates Slobodan Milosevic for War Crimes

1) Hague Tribunal Exonerates Slobodan Milosevic for Bosnia War Crimes Ten Years Too Late (by Andy Wilcoxson)
2) Момир Булатовић: ВЕЛИЧИНА СЛОБОДАНА МИЛОШЕВИЋА
3) Madeleine Albright's Criminal Enterprise (by William Dorich)


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Hague Tribunal Exonerates Slobodan Milosevic for Bosnia War Crimes Ten Years Too Late


The UN war crimes tribunal has determined that the late Serbian president was not responsible for war crimes committed in Bosnia during the 1992-95 war. The judges determined that Slobodan Milosevic was not part of a "joint criminal enterprise" to victimize Bosnian Muslims and Croats.

Written By: Andy Wilcoxson
18 July 2016 - www.slobodan-milosevic.org 

The International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia (ICTY) in The Hague has determined that the late Serbian president Slobodan Milosevic was not responsible for war crimes committed during the 1992-95 Bosnian war.

In a stunning ruling, the trial chamber that convicted former Bosnian-Serb president Radovan Karadzic of war crimes and sentenced him to 40 years in prison, unanimously concluded that Slobodan Milosevic was not part of a joint criminal enterprise to victimize Muslims and Croats during the Bosnian war.

The March 24th Karadzic judgment states that "the Chamber is not satisfied that there was sufficient evidence presented in this case to find that Slobodan Milosevic agreed with the common plan" to permanently remove Bosnian Muslims and Bosnian Croats from Bosnian Serb claimed territory.[1]

The Karadzic trial chamber found that "the relationship between Milosevic and the Accused had deteriorated beginning in 1992; by 1994, they no longer agreed on a course of action to be taken. Furthermore, beginning as early as March 1992, there was apparent discord between the Accused and Milosevic in meetings with international representatives, during which Milosevic and other Serbian leaders openly criticised Bosnian Serb leaders of committing 'crimes against humanity' and 'ethnic cleansing' and the war for their own purposes."[2]

The judges noted that Slobodan Milosevic and Radovan Karadzic both favored the preservation of Yugoslavia and that Milosevic was initially supportive, but that their views diverged over time. The judgment states that "from 1990 and into mid-1991, the political objective of the Accused and the Bosnian Serb leadership was to preserve Yugoslavia and to prevent the separation or independence of BiH, which would result in a separation of Bosnian Serbs from Serbia; the Chamber notes that Slobodan Milosevic endorsed this objective and spoke against the independence of BiH."[3]

The Chamber found that "the declaration of sovereignty by the SRBiH Assembly in the absence of the Bosnian Serb delegates on 15 October 1991, escalated the situation,"[4] but that Milosevic was not on board with the establishment of Republika Srpska in response. The judgment says that "Slobodan Milosevic was attempting to take a more cautious approach"[5] 

The judgment states that in intercepted communications with Radovan Karadzic, "Milosevic questioned whether it was wise to use 'an illegitimate act in response to another illegitimate act' and questioned the legality of forming a Bosnian Serb Assembly."[6] The judges also found that "Slobodan Milosevic expressed his reservations about how a Bosnian Serb Assembly could exclude the Muslims who were 'for Yugoslavia'."[7]

The judgment notes that in meetings with Serb and Bosnian Serb officials "Slobodan Milosevic stated that '[a]ll members of other nations and ethnicities must be protected' and that '[t]he national interest of the Serbs is not discrimination'."[8] Also that "Milosevic further declared that crime needed to be fought decisively."[9]

The trial chamber notes that "In private meetings, Milosevic was extremely angry at the Bosnian Serb leadership for rejecting the Vance-Owen Plan and he cursed the Accused."[10] They also found that "Milosevic tried to reason with the Bosnian Serbs saying that he understood their concerns, but that it was most important to end the war."[11]

The judgment states that "Milosevic also questioned whether the world would accept that the Bosnian Serbs who represented only one third of the population of BiH would get more than 50% of the territory and he encouraged a political agreement."[12]

At a meeting of the Supreme Defense Council the judgment says that "Milosevic told the Bosnian Serb leadership that they were not entitled to have more than half the territory in BiH, stating that: there is no way that more than that could belong to us! Because, we represent one third of the population. [...] We are not entitled to in excess of half of the territory ñ you must not snatch away something that belongs to someone else! [...] How can you imagine two thirds of the population being crammed into 30% of the territory, while 50% is too little for you?! Is it humane, is it fair?!"[13]

In other meetings with Serb and Bosnian Serb officials, the judgment notes that Milosevic "declared that the war must end and that the Bosnian Serbsí biggest mistake was to want a complete defeat of the Bosnian Muslims."[14] Because of the rift between Milosevic and the Bosnian-Serbs, the judges note that "the FRY reduced its support for the RS and encouraged the Bosnian Serbs to accept peace proposals."[15]

The Tribunalís determination that Slobodan Milosevic was not part of a joint criminal enterprise, and that on the contrary he "condemned ethnic cleansing"[16] is of tremendous significance because he got blamed for all of the bloodshed in Bosnia, and harsh economic sanctions were imposed on Serbia as a result. Wrongfully accusing Milosevic ranks right up there with invading Iraq only to find that there werenít any weapons of mass destruction after all. 

Slobodan Milosevic was vilified by the entire western press corps and virtually every politician in every NATO country. They called him "the Butcher of the Balkans." They compared him to Hitler and accused him of genocide. They demonized him and made him out to be a bloodthirsty monster, and they used that false image to justify not only economic sanctions against Serbia, but also the 1999 NATO bombing of Serbia and the Kosovo war. 

Slobodan Milosevic had to spend the last five years of his life in prison defending himself and Serbia from bogus war crimes allegations over a war that they now admit he was trying to stop. The most serious charges that Milosevic faced, including the charge of genocide, were all in relation to Bosnia. Now, ten years after his death, they admit that he wasnít guilty after all ñ oops.

The ICTY did nothing to publicize the fact that they had cleared Milosevic of involvement in the joint criminal enterprise. They quietly buried that finding 1,303 pages into the 2,590 page Karadzic verdict knowing full well that most people would probably never bother to read it. †

The presiding judge in the Radovan Karadzic trial, O-Gon Kwon of South Korea, was also one of the judges in the Slobodan Milosevic trial. Milosevicís exoneration by the Karadzic trial chamber may be an indication of how the Milosevic chamber would have eventually ruled, at least on the Bosnia charges, if Milosevic had lived to see the conclusion of his own trial.

Itís worth recalling that Slobodan Milosevic died under a very suspicious set of circumstances. He died of a heart attack just two weeks after the Tribunal denied his request to undergo heart surgery in Russia.[17] He was found dead in his cell less than 72 hours after his attorney delivered a letter to the Russian Ministry of Foreign Affairs in which he said that he feared he was being poisoned.[18] 

The Tribunalís official report on the inquiry into his death confirmed that, "Rifampicin had been found in a blood sample taken from Mr. Milosevic on 12 January 2006." And that "Mr. Milosevic was not told of the results until 3 March 2006 because of the difficult legal position in which Dr. Falke (the Tribunalís chief medical officer) found himself by virtue of the Dutch legal provisions concerning medical confidentiality."[19]

The presence of Rifamicin (a non-prescribed drug) in Milosevicís blood would have counteracted the high blood pressure medication he was taking and increased his risk of the heart attack that ultimately did kill him. The Tribunalís admission that they knew about the Rifampicin for months, but didnít tell Milosevic the results of his own blood test until just days before his death because of "Dutch legal provisions concerning medical confidentiality" is an incredibly lame and disingenuous excuse. There is no provision of Dutch law that prohibits a doctor from telling the patient the results of his own blood test -- that would be idiotic. On the contrary, concealing such information from the patient could be seen as malpractice. 

This all gives rise to well-founded suspicion that powerful geopolitical interests would rather Milosevic die before the end of his trial than see him acquitted and have their vicious lies exposed. U.S. State Department cables leaked to Wikileaks confirm that The Tribunal did discuss Milosevicís medical condition and his medical records with U.S. Embassy personnel in The Hague without his consent.[20] They clearly didnít care about medical confidentiality laws when they were blabbing about his medical records to the American embassy. 

Itís an unsatisfying outcome that Milosevic has been quietly vindicated for the most serious crimes that he was accused of some ten years after his death. At a minimum financial compensation should now be paid to his widow and his children, and reparations should be paid to Serbia by the western governments who sought to punish Serbia in order to hold Milosevic "accountable" for crimes that their own Tribunal now admits he wasnít responsible for, and was in fact trying to stop.



[1] ICTY, Karadzic Judgment, 24 March 2016, Para. 3460
http://www.icty.org/x/cases/karadzic/tjug/en/160324_judgement.pdf >

[2] Ibid., Footnote 11027

[3] Ibid., Para. 3276

[4] Ibid., Para. 2709

[5] Ibid., Para. 2710

[6] Ibid., Para. 2685

[7] Ibid., Para. 2687

[8] Ibid., Para. 3288

[9] Ibid., Para. 3284

[10] Ibid., Para. 3289

[11] Ibid., Para. 3295

[12] Ibid., Para. 3290

[13] Ibid., Para. 3297

[14] Ibid., Para. 3293

[15] Ibid., Para. 3292

[16] Ibid., Para. 3280

[17] ICTY Case No. IT-02-54 Prosecutor v. Slobodan Milosevic, Decision on Assigned Counsel Request for Provisional Release, February 23, 2006

[18] Text of Slobodan Milosevicís Letter to the Russian Ministry of Foreign Affairs 
http://www.slobodan-milosevic.org/news/sm030806.htm >

[19] Judge Kevin Parker (Vice-President of the ICTY), Report to the President of the ICTY: Death of Slobodan Milosevic, May 2006; ∂ 31, 76
http://www.icty.org/x/cases/slobodan_milosevic/custom2/en/parkerreport.pdf >

[20] U.S. State Dept. Cable #03THEHAGUE2835_a, " CTY: An Inside Look Into Milosevicís Health and Support Network" 
https://wikileaks.org/plusd/cables/03THEHAGUE2835_a.html >



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Говор Момира Булатовића на седници Скупштини удружења „Слобода“

ВЕЛИЧИНА СЛОБОДАНА МИЛОШЕВИЋА

(26.05.2012.)

Треба почети са захвалношћу људима који су у тешким временима и незахвалним приликама водили Удружење „Слобода“. Ја одавно не учествујем у политичком животу,али у разговору са пријатељима из „Слободе“, са задовољством сам прихватио ову дужност .
Досадашњи резултати „Слободе “, нису импресивни али да будемо искрени, право је чудо и да постојимо у условима у којима смо деловали и били . 
Испричаћу вам један детаљ, за кога мислим да га и ви доживљавате, а мени се догодило на једној бензинској пумпи у Рашкој. Младић који је точио гориво ми је рекао да локална радио станица два пута дневно емитује последње јавно обраћање Слободана Милошевића грађанима из 2000 године . Рекао ми је да се масовно слуша зато што се никада теже није живело, а да је у Милошевићевом обраћању тада тачно предвиђено шта ће и како ће да нам се деси . И каже ми тај млади човек, који ће тог дана остати без посла, пошто сам му ја последњи купац који сипа гориво, да нико тада није био ни свестан тих пророчанских речи. С друге стране, на једном међународном научном скупу одржаном ових дана у Бијељини, о коме наша јавност није обавештена,јер су у питању Руси и њихов долазак на просторе Балкана, један млад, образован и бриљатан човек причао је како су они као матуранти, пре него ће добити дипломе отишли у војни одсек, задужили оружје и отишли да бране земљу и слободу. Када се вратио, разредна, онако одушевљена, му је рекла: „Ух, па ти си жив“. Дечко је тада имао потребу малтене да се извине. Узвратио сам му да треба да зна ко му је тада спасио живот и вратио га кући живог и здравог. Да је било по ономе како су се тада одвијале прилике; да није било мира у Дејтону и Слободана Милошевића, он не би седео ту, нити би било Републике Српске. И та свест се данас полако прима.
Искрен да будем ја нисам давао неки велики допринос Удружењу „Слобода “, али сам много више ја добио, него што сам дао у оној доследности која нас је овде све окупила. Ми смо имали привилегију да нисмо морали да поклекнемо ни пред било каквим теретом или било каквим искушењима. Зато знам када размишљамо о општим стварима, свако од нас може да буде миран и да каже: на правом смо путу.Схватиће се то пре или касније.
Величина Слободана Милошевића је била заправо у томе што се наслањао на најасније тековине и државне традиције, народа и земље које је представљао. То се не цени у датим политичким приликама, али не може да буде заборављено, уколико опстаје народ и држава. Код Слободана Милошевића у тим бескрајним и мени драгоценим данима, где смо се дружили и сарађивали, научио сам једну реченицу коју стално понављам. Он је говорио:„Момо , политика се не заснива на моралу, али је незамислива без морала“. И морал је био та одредница која се сада негде препознаје. А нарочито се добро препознаје онда када се изгуби .
Чини ми се да данас живимо у приликама када све више народа вапи за неким подсећањима и наш задатак је управо у томе. Ми смо давали онолико колико смо знали и могли у одбрани Слободана Милошевића у Хагу, који се одбранио на један бриљантан и чудовишан начин, плативши страшну и велику цену. А пошто сам био поред њега тих задњих дана, знам да је био потпуно миран и потпуно уверен у победу. Како је почео, тако је и овоземаљски живот завршио у једном снажном убеђењу .
Наш задатак је да наставимо са обиљежавањем свих ових вредности, да наставимо са праћењем датума који су непосредно везани за живот и судбину Слободана Милошевића. Да покушамо да изнађемо начина да ту елементарну истину о односу државе према тим људима изведемо на чистац. Покушаћемо да разговарамо са представницима Владе Србије и надам се да ћемо и ту направити неки искорак. Можда ће нам време ићи у прилог . 
Али овде постоји једна тужна истина , која је најтужнија због Србије – да ми данас у Србији имамо три врсте удовица, а требало би да буде само једна једина врста удовица.Требало би да држава поштује жене независно од тога да ли су оне биле са Јосипом Брозом, Слободаном Милошевићем или Зораном Ђинђићем. И то ћемо покушати да објаснимо људима из Владе .
Ми немамо политичких амбиција, нити желимо да се уплићемо у политички живот. Ми ходамо у духу са временом. Данас има много људи који су спремни да се укључе и помогну. Треба да успоставимо такав систем у који ћемо пропуштати нове људе на бази опредељења које они имају, а то је да наставе да се боре за оне вредности које већ сад симболизује Слободан Милошевић. Зато више нема потребе објашњавати шта стоји иза тога .Млади људи то најбоље знају. Зато је наш задатак да покушамо да одговоримо том изазову, рекао је на крају Момир Булатовић , нови председник Удружења „Слобода „


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Madeleine Albright's Criminal Enterprise

By William Dorich

March, 2016—The UN war crimes tribunal has determined that the late Serbian president was not responsible for war crimes committed in Bosnia during the 1992-95 war. The judges determined that Slobodan Milosevic was not part of a “joint criminal enterprise” to victimize Bosnian Muslims and Croats.

The verdict of this Kangaroo Court in The Hague should not only outrage the people of Serbia, we should be seeing screaming headlines from all of those in the media that became the judge, jury and executioners of Slobodan Milosevic. The biased court to prosecute war crimes only for the war in former Yugoslavia was a ruse as the court totally ignored the real genocide in 1945 when 1.5 million Serbs, 60,000 Jews and 47,000 Roma were exterminated as the disgusting prejudice of the media fanned the flames for 96,400 victims on all sides in Former Yugoslavia in the 1990’s. This is the same media that profited from 8 years with their claim of “250,000 death in Bosnia,” a total media hoax.

At the DePaul University Law School in Chicago Mahmoud Cherif Bassiouni, an Egyptian-born Muslim and specialist in international law gathered 65,000 documents of so-called “war crimes,” a biased propaganda ploy paid for by Hungarian billionaire George Soros. Those documents sit on the floor today at The Hague and are treated as irrelevant trash.

Kalshoven, a prominent professor of international law at the University of Leiden, criticized the legal veracity of “evidence” of 20,000 alleged mass rapes gathered by the European Parliament’s Warburton Commission in 1993. Much of the same so-called evidence, derived from Bosnian government sources in Sarajevo and continuously embellished and recycled by hundreds of journalists and humanitarian organizations, found its way to the final report from the Commission of Experts to the U.N. Security Council and was forwarded to The Hague in May 1994. Bassiouni’s resurrection of rape estimates and numerical extrapolations were deceptions, said Kalshoven, in the campaign to exact “justice” against the Serbs using this biased research from DePaul. “It was just a number, just guesswork,” said Kalshoven.

The DePaul project’s yield of “65,000 documents” was produced, using Bassiouni’s “multiplier effect,” a comparatively modest roster of just 5,000 incidents of murder, rape, torture, kidnapping, mass graves and prison camps. Expected to produce evidence to support earlier claims of “50,000 rapes against Muslim women” from Bosnian government propagandists, the DePaul research ranged uncertainly between 500 to 1,673 alleged victims—but eventually fell back on its earlier investigation by the Commission of Experts which documented only 105 cases of rape. The rush to judgment was detoured through unthinkable shortcuts in comparison with the American judicial system, it included:

• Allowing substantial forfeiture of defense rights to cross-examine witnesses.
• Disallowing the rights of accused to confront their accusers.
• Permitting liberal use of hearsay and minimized requirements for production of forensic evidence if not allowing its outright absence.
• Depreciation of guarantees as equal protection under the law.
• And more repugnant to most of the thinking of the American legal system, the Tribunal with its selective oversight could bring defendants to trial again after acquittals therefore eliminating protection from double-jeopardy.

Conspicuously silent since March, 2016 and The Hague verdict are The New York Times, The Washington Post, The Los Angeles Times, CNN and The Times of London to name a few of the Partisan journalists who participated in “Advocacy” journalism to the detriment of Slobodan Milosevic and his right to “Equal Justice Under the Law” as etched over the doorway of the U.S. Supreme Court.

Where are the voices of Christiane Amanpour of CNN, Roy Gutman and John Burns who received a Pulitzer for their lies and deceptions in Bosnia? Where is Nicholas Burns and Amanpour’s husband James Rubin who was a regular on CNN spewing lies against Milosevic “guilt” for 8 years? Where is Carla Del Ponte when you need her? Where is Joan Phillips and Charles Lane who advanced their careers by promoting their own brand of propaganda? 

Where is James Harf of Ruder/Finn PR who made millions promoting known lies and fabrications for the Croat and Muslim governments? Where is Chris Hedges, Charlene Hunter Galt, media charlatans like Maggie O’Kane who broke the “camp story” in the British press...Do any of these hypocrites have a conscience to confess that they were part of a media conspiracy to destroy Serbia to assist the real “Criminal Enterprise” of Madeleine Albright’s State Department and Hillary Clinton’s desire to move Monica Lowinsky off of the front pages as she encouraged President Clinton to violate the UN Charter, the Helsinki Final Act, the Geneva Conventions and the NATO Treaty to bomb the Serbs then lie about entering Bosnia under “Sniper Fire”?

Where is Tom Post who wrote the infamous front page article in Newsweek about “50,000 Bosnian Muslim Rapes”? Where is Sylvia Poggioli who skillfully wrote disinformation in the Neiman Report at Harvard, a piece of disinformation crap? Where is John Pomfret of the Washington Post who claimed he saw “4,000 men and boys from Srebrenica who made their way to safety in Tuzla,” his silence appears as though the media has gone into hiding as they continue to screw the Serbian people who are owed an explanation why the media used their power to distort the crisis to sell newspapers that helped to murder the Serbian president?

Where is David Rohde whose books and articles demonized the Serbian people with great cunning? And where is Carol Williams of the Los Angeles Times who wrote more hateful journalism, anti-Orthodox and pro-Catholic dogma in one year than most journalists could get away with in a decade?

And finally, where are creatures like Minna Schrag, Senior American prosecutor who was on loan to The Hague Tribunal from a New York law firm and who told international law scholars, “It was a novel experience to be deciding precedent on rules of evidence and procedure during impromptu conversations in the hallways at the Yugoslav Tribunal.”

If the media and the legal system is this corrupt and Serbians run for cover from the truth, then they deserve the contempt of a world that was hell bent to conspire against them—a world that deliberately manipulated the facts to demonize Serbs with collective guilt, unseen in Europe since Hitler, these are the monsters who made the word “Serb” synonymous with evil, an ugly process being used even today as they all congratulated themselves and give each other awards for being clever and deceitful as they cynically conspired to pull off media crimes against Serbia in violation of human rights that they professed to be defending. 

May they all rot in hell for this hideous stage managed legal charade. Albright, the stage manager, should be standing in the dock at The Hague along with General Wesley Clark and William Jefferson Clinton.


Wm. Dorich is author of six books on Balkan history.