Informazione


Sulla figura storica di Gavrilo Princip e sul tema di "Sarajevo 2014" si veda anche la ulteriore documentazione e le poesie, raccolte alla nostra pagina https://www.cnj.it/documentazione/gavrilo.htm :

• Note sulla iniziativa "Sarajevo 2014" e su Gavrilo Princip
• Гаврило Принцип: Сарајево, 1914 / Gavrilo Princip: Sarajevo, 1914 / Gavrilo Princip: Sarajevo, 1914
• Kusturica: Lo storico Clark paragona "Mlada Bosna" ad Al-Qaeda / Kusturica: Istoričar Klark "Mladu Bosnu" uporedio sa Al Kaidom
• San / A Dream


---

Peace Event Sarajevo 2014: perché non aderire

Gianmarco Pisa

L’idea di un Evento di Pace a Sarajevo in occasione del centenario della prima guerra mondiale e del lungo ventennale della guerra di Bosnia è stata dettata da alcune circostanze e da una ispirazione di fondo. La circostanza è indubbiamente legata alla ricorrenza: a cento anni di distanza dalla Grande Guerra (1914-2014) essa può costituire l’occasione di una riflessione su un secolo breve a lungo attraversato da guerre e conflitti ed a venti anni da uno dei lunghi anni della Guerra di Bosnia (1992-1995) può alimentare la memoria e la riflessione e indurre spunti e sollecitazioni preziose per un secolo nuovo all’insegna della pace e della giustizia, della solidarietà e dell’amicizia tra i popoli. 

È proprio su questo terreno che, sin dalla sua indizione, il “Sarajevo Peace Event 2014” non ha mancato di suscitare dubbi e perplessità, di alimentare resistenze e divisioni anziché solidarietà e amicizia, di finire per accendere polemiche e lacerazioni, in una direzione paradossalmente eguale e contraria a quella mostrata nei suoi intendimenti dichiarati. Il tutto, sin dall’ispirazione di fondo: quella di fare in terra di Bosnia qualcosa di analogo a quanto realizzato in occasione dei Saloni per la Pace di Parigi nell’ambito delle celebrazioni e delle iniziative inquadrate nel programma della Decade delle Nazioni Unite per una Cultura di Pace e Non-violenza (2001-2010); col rischio di fare dell’evento di Sarajevo più una vetrina dei grandi “donatori inter-nazionali” che una occasione utile al “lavoro di pace”. 

Sin dalla dichiarazione programmatica, infatti, l’Evento di Pace di Sarajevo attesta come l'anno 2014 segna il 100 ° anniversario dell'inizio della prima guerra mondiale, che è stata innescata dall'assassinio dell'erede al trono austriaco a Sarajevo il 28 giugno 1914. Questa può essere vista come una data simbolica per un secolo di "cultura della guerra e della violenza", con due guerre mondiali e innumerevoli guerre regionali - tra cui quella nei paesi dell'ex Jugoslavia negli anni Novanta, quando Sarajevo ha sofferto l'assedio della città nella "ultima guerra in Europa" - così come per il dominio globale della violenza strutturale e culturale

Una dichiarazione nella quale l’uccisione di Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico (della potenza allora occupante, in Bosnia) è considerata alla stregua di un mero assassinio e, di conseguenza, l’azione di Gavrilo Princip (irredentista serbo-bosniaco, patriota e rivoluzionario) ridotta ad una mera azione terroristica (secondo la vulgata bosniacca e austriaca che ha fatto di un movimento di liberazione, Mlada Bosna, la “Giovane Bosnia”, né più né meno di un movimento violento, estremista e terrorista). 

Ciò è bastato ad alienare all’organizzazione del “Sarajevo Peace Event 2014” il favore della gran parte della opinione pubblica serba, con non pochi intellettuali che si sono assai negativamente espressi contro l’operazione di falsificazione e di manipolazione che sovrintende all’evento del 2014, e con lo stesso vertice politico e istituzionale della Repubblica Serba di Bosnia (una delle due entità delle quali si compone la Bosnia Erzegovina all’indomani degli Accordi e della Costituzione di Dayton, 1995) che ha prima stigmatizzato la separazione e il non coinvolgimento dei serbi di Bosnia e quindi formalmente invitato i serbi di Bosnia a non aderire e a non partecipare ad un evento di tale natura. 

Preoccupazioni analoghe sono state ribadite, al più alto livello, anche dal premier serbo, il socialista Ivica Dacic, che è tornato in particolare sulla questione della revisione e della mistificazione della storia, e sulla campagna di denigrazione ed emarginazione dei serbi, che vorrebbe metterli, in un modo o nell’altro, ancora una volta, sul banco degli imputati, bollandoli come nazionalisti e guerrafondai ed attribuendo loro il grosso delle colpe e delle responsabilità per la destabilizzazione che ha portato alla prima guerra mondiale. 

Il 99° anniversario della famosa battaglia di Cer, celebrato lo scorso 19 Agosto con i più alti onori militari e statali a Tekeris, vicino Loznica, nella Serbia occidentale, come la battaglia in cui l’esercito serbo ha segnato la prima vittoria per le forze alleate contro l'esercito austro-ungarico durante la stessa prima guerra mondiale, ha costituito l’occasione e la cornice, per le massime autorità statali serbe e in primo luogo per il premier Dacic, per tornare sulla questione e puntualizzare la posizione.

Rivolgendosi ai cittadini riuniti nell’occasione, Dacic ha detto che la Serbia deve lottare per la verità sulla Grande Guerra, cento anni dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, e deve contrastare il tentativo in corso di “revisione” della storia. Ha inoltre espresso la preoccupazione che, nella celebrazione del 100° anniversario della prima guerra mondiale a Sarajevo, i serbi siano ancora una volta “messi ai margini” ed accusati di incitamento del più grande conflitto armato della storia moderna.

Tali tentativi sono stati rinnovati con maggiore insistenza anche nel corso degli ultimi mesi, in modo da incolpare i serbi per l’assassinio di Sarajevo, in cui i membri della organizzazione irredentista, Mlada Bosna, hanno colpito il principe austro-ungarico Francesco Ferdinando e la moglie il 28 giugno 1914. Il fatto di collocare in tale evento l’inizio reale del conflitto mondiale dimostra il tentativo di falsificazione in atto e la strumentalizzazione dell’evento stesso. Un fatto che viene ignorato in questo contesto è che l’assassinio di Sarajevo è stato utilizzato come scusa e pretesto per le tendenze imperialiste e per i piani di aggressione da parte dell’Austria-Ungheria e della Germania, come è stato ricordato da Dacic.
 
Tale processo di autentico, negativo, “revisionismo storico”, passa sia per la lettura strumentale della storia, sia per le iniziative che intendono muoversi sul terreno del ricordo, della memoria e del simbolico. Dacic ha ricordato che vi sono annunci che indicano l’intenzione, da parte delle autorità cittadine, di erigere un monumento in onore di Francesco Ferdinando a Sarajevo, aggiungendo che questo potrebbe rappresentare una “sanzione” della revisione della storia in atto e che deve essere evitato. Ha infine ricordato che Gavrilo Princip e gli altri partecipanti ai fatti di Sarajevo non erano solo serbi, ma membri del movimento jugoslavo, per l’unità degli Slavi del Sud, che ha raccolto molti croati e molti musulmani.

Questo è il motivo per cui è importante, per preservare una memoria corretta e limpida degli eventi che hanno avuto luogo cento anni fa, ricordare e illustrare i contenuti degli eventi e il reale svolgimento dei fatti e trasferirli correttamente presso le più giovani generazioni. Non va dimenticato che i serbi sono stati tra le maggiori vittime nella prima guerra mondiale e hanno dovuto affrontare, in quella circostanza, il peggior ultimatum che un Paese abbia potuto, sino a quel momento, imporre a un altro Stato. 

Le maggiori potenze dell’epoca hanno preso parte all'aggressione alla Serbia, e la Serbia avrebbe continuato a subire aggressioni a sfondo imperialistico anche negli anni a seguire, come dimostrano l’invasione e il bombardamento di Belgrado ad opera dei Nazisti nel 1941, nel corso della seconda guerra mondiale, e l’ultimatum di Rambouillet e l’aggressione della NATO contro l’intera Serbia nel 1999, guerra per la quale si stimano danni complessivi per oltre cento miliardi di dollari. Per intendersi, l’intero Prodotto Lordo della Serbia, nel 2013, è di poco superiore ai quaranta miliardi di dollari complessivi. 

Tutto questo ovviamente non intende mettere in discussione la “buona fede” di chi, animato sinceramente dalla volontà di offrire un contributo fattivo alla promozione di un percorso internazionale di pace e giustizia, ha inteso confermare la propria adesione all’evento, tra cui, anche alcune associazioni italiane impegnate sul tema della pace e della nonviolenza. È semmai il “combinato disposto” dei detti, inaccettabili, presupposti e del susseguente, preoccupante, panorama di supporter, a dare ragione a quanti, giudicando inammissibile che attori poco limpidi o apertamente compromessi con le politiche dominanti di guerra e di aggressione, possano farla da protagonisti, ne hanno preso le distanze.  

USAID è il sostenitore e lo sponsor principale delle organizzazioni bosniache che coordinano il processo; l’Open Society di Georg Soros è tra i principali supporter e finanziatori di una ampia platea di organizzazioni e fondazioni che sono sin dall’inizio nella rete dei promotori dell’evento; alcuni tra i protagonisti hanno tra i propri sponsor e supporter, sia a livello di organizzazioni sia a livello di progetti, ambasciate straniere non esattamente indifferenti al passato (storico e recente) e al presente della complessa vicenda di guerra dei Balcani, tra cui l’Austria e in particolare la Francia e laGermania

Quest’ultima, come è stata il principale sponsor delle secessioni unilaterali che, tra il 1991 e il 1992, hanno inaugurato la stagione lunga e sanguinosa della disgregazione della Jugoslavia, è oggi il principale finanziatore della “cabina di regia” istituzionale che sovra-intende al complesso delle celebrazioni del centenario e uno dei motori della ridda di eventi che sono in cartellone al 2014. Se tale è l’inaugurazione di un nuovo secolo all’insegna di “pace e nonviolenza”, c’è davvero poco di cui nutrire speranza.


(una versione abbreviata di questo articolo è stata pubblicata anche ai siti:
http://firstlinepress.org/sarajevo-2014-commemorazioni-di-pace-commemorazioni-di-guerra/ 
nonché sul quotidiano online Liberazione, accessibile pero' solo agli abbonati) 




Via Facebook riceviamo da Mark Bernardini, e volentieri diffondiamo:

"Vi scrivo perché ormai è ufficiale: il 31 dicembre verrà chiusa la radio italiana “La Voce della Russia”. Perdiamo uno dei pochissimi canali di informazione, che ha sempre illustrato non solo le attività bilaterali, ma anche quelle degli italiani in Russia. La sensazione è che l’Italia venga declassata a Paese secondario, nelle relazioni internazionali della Russia. Solo che non è una decisione dello Stato, o del governo, o dei ministeri competenti, bensì solo ed esclusivamente del presidente della radio (non di quella italiana), che afferma addirittura che gli ascoltatori si contino sulle dita di una mano. Vorrei che leggeste la lettera del nostro capo redattore, che vi allego, per poi, se lo riterrete opportuno e possibile, aggiungere anche la vostra voce alle tante che già manifestano il loro rammarico (ambasciata, consoli onorari, banche, imprenditori, singoli ascoltatori). Grazie in ogni caso."

---

От: Александр Прохоров <prokhorov59 @ mail.ru>

Отправлено: суббота, 7 сентября 2013 г. 20:01

Тема: Fwd: La redazione radiofonica italiana de “La Voce della Russia”

Важность: Высокая

Gentile Sig.

Volevamo informarla che il 31 dicembre 2013 cesseranno le trasmissioni in italiano de “La Voce della Russia”.

Ci sembra che si tratti di una decisione profondamente errata, in quanto questa radio è profondamente radicata nel territorio e rappresenta praticamente l’unica fonte di informazione obiettiva sulla Russia.

Una decisione inoltre che va contro la tendenza generale che vede la radiofonia in costante sviluppo. Oltre a decine di migliaia di stazioni radio che operano in Italia da ogni centro abitato, potenziano la loro presenza, aumentando le ore di trasmissione in italiano, le emittenti straniere fra cui citiamo soltanto Radio Capodistria e Radio Pechino che trasmettono 24 ore su 24.

La fine delle trasmissioni in italiano de La Voce della Russia sarebbe profondamente negativa sul piano politico specialmente alla luce dei prossimi avvenimenti come:

o  L’Anno incrociato del turismo Italia – Russia
o  Le Olimpiadi di Soci
o  Il forum euroasiatico sull’innovazione e l’internazionalizzazione del 17-18 ottobre a Verona
o  Il vertice bilaterale italo – russo del 26 novembre a Trieste
o  L’anno 2014 dedicato alla cultura in Russia
o  Il semestre di presidenza italiana in seno all’UE nella seconda metà del 2014
o  Senza dimenticare della politica italiana relativa al Medioriente.
La tendenza principale nell’azienda è quella di passare dal formato “radio” a quello semplicemente elettronico, che limiterà la fruizione degli utenti ad articoli sprovvisti del formato vocale. Come ci hanno scritto in precedenza molti ascoltatori de “La Voce della Russia” dall’estero, l’eliminazione delle onde corte è vista come un passo verso la chiusura definitiva ed uccide la nostra radio, negando la possibilità di far arrivare informazione nuova, alternativa e fresca nei diversi Paesi esteri. L’idea che notiziari on line di varia natura possano sostituire la viva voce della radio è profondamente velleitaria e rappresenta in realtà la chiusura definitiva di una importante e unica forma di informazione.

La nostra redazione ha bisogno del vostro aiuto per impedire questo imperdonabile epilogo.

Noi siamo convinti della vostra solidarietà che potete dimostrare rendendo noto il problema ai massimi vertici del nostro Paese al fine di poter ottenere un valido aiuto.

Come? Basta scrivere una lettera elettronica, in russo, italiano o inglese, ai siti del Presidente (http://www.kremlin.ru, andando nella sezione “mandare una lettera”) e al Ministro degli Esteri Lavrov (sul sito http://www.mid.ru, andare nell’angolo in alto a sx “question e-mail”).

Essendo questa un’informazione confidenziale, la preghiamo di non rispondere sulla posta interna della radio ma all’indirizzo mail da cui ha ricevuto la presente lettera.

Cordialmente

La redazione radiofonica italiana de “La Voce della Russia”

Alexander Prokhorov



(srpskohrvatski / italiano)

5 ottobre 2000-2013: Golpe atlantista in Serbia

1) Milena Arežina - Istina o petom oktobru 2000
2) Gregory Elich: Guerra segreta. L’intervento USA e UE in Jugoslavia (2002, estratti)
3) Belgrado, 2 ottobre 2000. Il Presidente Milosevic si rivolge alla Nazione


13 anni fa - il 5 ottobre 2000 - in Jugoslavia un colpo di Stato sobillato dagli Stati Uniti d'America (che finanziarono lautamente i teppisti di OTPOR) e dalla Unione Europea (che vezzeggiò la nuova classe dirigente iper-liberista e corrotta legata al FMI) abbatté il governo delle sinistre ed avviò il paese all'ulteriore smembramento. 

Gli effetti del colpo di Stato si vedranno presto: nel 2003 anche il nome della "Jugoslavia" viene cancellato dalle mappe europee; nel 2006 il Montenegro, con un referendum truccato ma "coperto" dalla UE, secede; nel 2008 USA e buona parte dei paesi UE riconoscono il Kosovo come *settimo* "Stato indipendente" frutto dello squartamento della Jugoslavia. Il governo del Kosovo, dove dal dal 1999 vige l'apartheid nei confronti delle nazionalità non albanesi, è affidato alla cricca di mafiosi e tagliagole reduci dell'UCK...


=== 1 ===

Pitanja i odgovori - Milena Arežina - Istina o petom oktobru 2000 - 05.10.2013


Di Milena Arežina raccomandiamo il libro

Noć prevare – dan izdaje
(La notte dell'inganno - il giorno del tradimento)

Scanner Studio, Beograd 2004

Di professione magistrato, Milena Arezina (autrice ed editrice) narra nei minimi dettagli gli avvenimenti legati alle elezioni anticipate ed al famigerato 5 ottobre 2000.
La figura di Milosevic qui appare ingenua, addirittura vittima ignara di un complotto e di un tradimento ben orchestrato. Un uomo sostanzialmente isolato, o almeno manipolato da consiglieri senza scrupoli vendutisi al miglior offerente.
Milena Arezina come magistrato è nota per la sua coraggiosa lotta contro i mostruosi brogli delle privatizzazioni in Serbia. Il piu noto è il caso della Galenika. Per questo rischiò di essere uccisa il 9 ottobre dalla mafia del "democratico" Djindjic, e fu licenziata dopo che tutta la documentazione dei processi da lei condotti fu fatta sparire dal suo ufficio.
Un libro da non perdere, una testimonianza autentica - utile
sopratutto per quelli che seguono professionalmente le cose jugoslave.

DOWNLOAD: http://www.sarovic.com/pdf/noc_prevare_dan_izdaje.pdf

http://www.nedeljnitelegraf.co.yu/novi/arezina.html
http://www.svedok.co.yu/index.asp?show=39410
http://groups.yahoo.com/group/srpski_svet/message/2413?viscount=100
http://komunist.free.fr/arhiva/jun2004/nkpj_01.html
http://www.srpskapolitika.com/drugi_pisu/2005/270.html


=== 2 ===

The original text in english can be found at:     
http://www3.sympatico.ca/sr.gowans/elich1.html


What's Left, 8 Novembre 2002

Guerra segreta: l’intervento USA e UE in Jugoslavia

di Gregory Elich

[ESTRATTI]

[...] Ciò che gli USA volevano per davvero, comunque, era la Jugoslavia intera, non solo un altro pezzo. Il Segretario di Stato Madeleine Albright si aspettava e chiedeva dimostrazioni di piazza per abbattere il governo se le elezioni non l’avessero soddisfatta. Al meeting di Banja Luka nella primavera del 2000, Albright espresse disappunto per il fallimento degli sforzi passati di rovesciare il legalmente eletto governo jugoslavo. Albright disse che sperava che le sanzioni spingessero il popolo ad “accusare Milosevic per le loro sofferenze." Una esasperata Albright si chiedeva: "che cosa ferma la gente dallo scendere nelle strade?" Indicando che gli USA aspettavano il pretesto per intervenire, aggiunse: "Ora bisogna che accada in Serbia qualcosa che l’occidente possa appoggiare." (30)
Ogni contingenza era pianificata nell'ambito della campagna  differenziata di destabilizzazione da parte USA. Alla fine fu lo scenario preferito di George Tenet che venne scelto. Un processo elettorale distorto dall’intervento occidentale, assieme a moti di piazza, alla fine  buttarono giù il governo della Jugoslavia.


Gli USA pomparono 35 milioni di dollari nelle tasche dell’opposizione di destra nell’anno precedente le elezioni del 24 Settembre 2000. Tale impegno includeva trasmissioni per le radio dell’opposizione, e computers, telefoni e fax per molte organizzazioni. I media di destra ricevettero altri 6 milioni dollari dall’Unione Europea durante questo periodo. Due organizzazioni sotto l’ombrello del National Endowment for Democracy, il National Democratic Institute e l’International Republican Institute, diedero 4 milioni di dollari per una campagna porta a porta e  programmi elettorali. (31) Funzionari USA assicuravano ai media dell’ opposizione che "non avevano nulla da preoccuparsi riguardo alle spese di oggi" poiché molto di più era in arrivo. (32) Subito dopo le elezioni, Il parlamento degli USA decretò una legge che autorizzava il versamento di altri 105 milioni di dollari per i partiti di destra e i loro media in Jugoslavia. (33) Organizzazioni come l'International Republican Institute e l’Agency for International Development misero molti milioni di dollari nelle tasche di Otpor, rendendo il piccolo gruppo di studenti dell’opposizione una grande forza. Nel momento in cui la data delle elezioni veniva annunciata  in Jugoslavia, Otpor aveva stampato già 60 tonnellate di materiale elettorale. (34)

La settimana prima delle elezioni, l’Unione Europea inviò un "Messaggio al popolo serbo" in cui si annunciava che una vittoria per il candidato dell’opposizione Vojislav Kostunica avrebbe portato all’eliminazione delle sanzioni. "Perfino se Milosevic fosse rieletto democraticamente", affermava un funzionario dell’UE, le sanzioni sarebbero rimaste.  Questa era una potente pressione verso un popolo impoverito e  devastato da anni di sanzioni occidentali. (35)
Il funzionario del Dipartimento di Stato USA William Montgomery  notava: "Raramente si è impiegato tanto fuoco, energia,  entusiasmo, denaro – ogni cosa - quanto ne è stato impiegato in Serbia nei mesi prima della caduta di Milosevic." (36) 
Ancor prima delle elezioni, funzionari occidentali accusavano  il governo jugoslavo di frode elettorale, piantando i semi della distruzione.

Nei giorni delle elezioni ed in seguito, la coalizione detta Opposizione Democratica della Serbia (DOS) proclamò  la vittoria del proprio candidato. Funzionari USA incoraggiavano l’opposizione ad indire delle dimostrazioni di massa, perfino prima che fossero annunciati i risultati ufficiali. In pratica ogni giorno la DOS dichiarava differenti percentuali per il proprio candidato. A un certo punto parlarono del 57 per cento. Due giorni dopo le elezioni, il 26 settembre, la DOS dichiarava che Kostunica aveva avuto il 54.66 percento dei voti, sulla base del 97.5 per cento dei voti scrutinati, ma che 130.000 voti "e i voti dal Kosovo e Montenegro" non erano stati considerati dalla DOS. Il giorno dopo, la DOS annunciò che Kostunica aveva il 52.54 percento dei voti. Il dato era basato, dissero, sul 98.72 per cento degli scrutini. Stavolta, il portavoce dello Staff Elettorale della DOS, Cedomir Jovanovic, cambiò di tono, dichiarando che gli scrutini da fare erano quelli dei militari e quelli postali. Secondo Jovanovic, il 26 settembre, 5.093.038 voti su un totale di 5.223.629 voti erano stati scrutinati, per un totale del 97.5%. Sulla base del totale fornito da Jovanovic, ciò avrebbe significato che meno di 64.000 schede sarebbero state scrutinate il giorno seguente, quando fu dichiarato un conteggio pari al 98.72 percento. Assumendo che Kostunica abbia perso tutti questi voti, la sua percentuale sarebbe dovuta scendere a 52.75, comunque più alta dell’annunciato 52.54%.
Il DOS si avvantaggiò della confusione proveniente da tali significative  differenze sui totali. Il 26 settembre, Jovanovic annunciò che Kostunica aveva avuto 2.783.870 voti, ed il giorno seguente dichiarò che, quando tutti i voti sarebbero stati contati, "Kostunica avrebbe avuto 2.649.000 voti." Quattro giorni dopo, Jovanovic dichiarò 2.424.187 voti per Kostunica, e poi il 2 ottobre il portavoce dell’opposizione Zoran Sami abbassò ulteriormente il totale a 2.414.876, con una percentuale del 51.34%. In seguito, Sami disse che il risultato finale mostrava 2.377.440 voti e una percentuale del 50.35% per Kostunica. Esclusi da tali conteggi erano i voti dal Kosovo e dei rifugiati dal Kosovo.
I media occidentali accettarono acriticamente le dichiarazioni della DOS, proclamandole precise e risultanti da meticolosi scrutini, e grida di frode si alzarono invece contro il Governo jugoslavo.  Chiaramente c’erano state delle frodi. I dati forniti dalla stessa DOS indicano chi stesse commettendo la frode. (37)

Nonostante le dichiarazioni in senso contrario dei media occidentali, il conteggio ufficiale dei voti fu ampiamente pubblicizzato in Jugoslavia. Vojislav Kostunica ottenne il 48.96 percento dei voti, mancando di poco il 50% richiesto per la vittoria al primo turno. Il Presidente Milosevic ottenne il 38.62 percento. Un secondo turno elettorale per i due maggiori candidati venne indetto l’8 ottobre. (38) Appoggiati dai funzionari occidentali, Kostunica e la DOS si rifiutarono di partecipare al secondo turno, dichiarando che avevano già vinto. La DOS presentò proteste prima alla Commissione Elettorale  Federale, e poi alla Corte Costituzionale. Chiedevano, tra l’altro, l’annullamento dei voti dei rifugiati dal Kosovo, e quelli dal Kosovo stesso, dove il Presidente Milosevic aveva ottenuto un vantaggio ampio. La Corte Costituzionale sostenne la proposta di Milovan Zivkovic, membro della Commissione Elettorale Federale,  per riesaminare il voto di tutti i distretti per eliminare i dubbi. (39) Fu la minaccia del riconteggio dei voti a motivare la riduzione quotidiana dei voti e delle percentuali dichiarate dalla DOS per i suoi candidati. La percentuale finale che la DOS annunciò era vicina a quella dei risultati ufficiali. Tuttavia, la DOS  si rifiutò di includere i voti dal Kosovo e quelli dei molti rifugiati dal Kosovo, con il pretesto che il voto in Kosovo chiudeva alle 16:00 invece che alle 20:00. Secondo la DOS, la chiusura anticipata dei seggi avrebbe invalidato tutte le schede di questi votanti.  Solo eliminando i voti dei residenti e rifugiati del Kosovo la  DOS potè proclamare una vittoria attorno al 50 per cento per Kostunica.

Più di 200 osservatori internazionali di 54 paesi monitoravano le elezioni. Gli osservatori seguirono ogni stadio delle elezioni, incluso il conteggio del voto e la correlazione dei risultati. Uno degli osservatori, il Ministro degli esteri greco Carolos Papoulias, concluse: "Tutti quelli che hanno annunciato ampie frodi, come [il commissario agli esteri dell’UE] Javier Solana, hanno sbagliato" e il voto si è svolto in “modo impeccabile."
Atila Volnay, un osservatore ungherese, disse che la sua delegazione aveva visitato molte sezioni elettorali e  confermava la presenza dei rappresentanti dell’opposizione nelle commissioni elettorali, e che "non ci potevano essere anomalie."  Una delegazione di tre persone del Socialist  Labour Party del Regno Unito dichiarò che la Commissione Elettorale Federale "ha fatto di tutto per assicurare che la gente potesse votare senza intimidazioni ed in modo normale," ma che delle irregolarità erano state rilevate in Montenegro. "Abbiamo ricevuto molti rapporti di prima mano da persone che dichiarano di essere state minacciate [dai sostenitori di Djukanovic] che avrebbero  perso il lavoro se fossero andate a votare." La delegazione notò anche che "molti rifugiati dal Kosovo sono stati deliberatamente esclusi dalle liste elettorali del Montenegro" e che la delegazione "può solo concludere che tali tattiche di intimidazione e condizionamento erano destinate ad avvantaggiare la cosiddetta Opposizione Democratica." Il capo della delegazione russa, Konstantin Kosachev, disse che "erano soddisfatti perchè non era stata possibile in pratica  alcuna  falsificazione su larga scala delle elezioni in Jugoslavia." 
Una dichiarazione finale degli osservatori afferma che "Il voto  si è svolto in modo ordinato e tranquillo" e che, "nell’opinione di molti era eguale o superiore a quelli dei loro paesi." (40)

Dato il vantaggio elettorale al primo turno, una vittoria di Kostunica era certa per l’8 ottobre. Quindi, perché Kostunica rifiutò di partecipare al secondo turno? Come risultato delle elezioni del 24 settembre, la coalizione di sinistra aveva ottenuto 74 dei 137 seggi nella Camera dei cittadini e 26 dei 40 seggi nella Camera delle Repubbliche. La coalizione di sinistra aveva già la maggioranza nel Parlamento serbo, la cui  rielezione era prevista l’anno dopo. Sarebbe stato dunque impossibile per la DOS attuare il proprio programma, visto che i poteri del Presidente soro piuttosto limitati. Solo un golpe avrebbe permesso alla DOS di superare i limiti legali e di giungere al governo per regnare senza opposizioni. Il direttore elettorale di Kostunica, Zoran Djindjic, chiamò allo sciopero generale. "Noi dovremo paralizzare ogni istituto, scuola, teatro, cinema, ufficio" e "far scendere in piazza tutti." (41) I sostenitori della DOS ovunque nel paese seguirono la sua chiamata, fermando alcuni settori dell’economia, mentre dimostrazioni di massa si avevano in tutta la Serbia. Lo scenario di Madeleine Albright divenne realtà, nel momento in cui i dimostranti si misero a chiedere la rimozione del governo.

Secondo l’opposizione, almeno 10.000 sostenitori armati della DOS si unirono alla manifestazione finale a Belgrado. L’assalto al Parlamento Federale e alla Radio-Televisione  della Serbia fu guidato da gruppi e da squadre speciali di ex-soldati. Velimir Ilic, sindaco dell’opposizione di Cacak, guidò gli assalti. "La nostra azione era stata pianificata in precedenza" spiegò in seguito. "I nostri scopi erano assai chiari; prendere il controllo delle istituzioni chiave del regime, incluso il parlamento e la televisione." Ilic stabilì anche precedenti contatti con poliziotti rinnegati che assistettero i miliziani di Ilic. (42) E’ probabile che la CIA fosse coinvolta nella pianificazione dei ben coordinati attacchi. Dopo che forze speciali armate ebbero aperto la strada verso il Parlamento Federale, ad esse fecero seguito una massa di ubriachi, supporter della DOS, che irruppero nell’edificio, distruggendo suppellettili e computer e devastando il Parlamento. I poliziotti vennero attaccati e  bande di ubriachi, spesso armati di pistole, sciamarono nelle strade. 
Le ambulanze, che portavano i poliziotti feriti negli ospedali, venivano fermate dagli attivisti della DOS, che chiedevano di consegnargli i poliziotti feriti. Dopo che la Radio Televisione della Serbia a Belgrado venne occupata, essa pure fu incendiata. In tutta la Serbia, gli uffici del Partito Socialista di Serbia (SPS) e della Sinistra Unita Jugoslava (JUL) vennero demoliti. I socialisti vennero minacciati e picchiati, molti furono minacciati per telefono. A Kragujevac, dieci socialisti vennero legati e picchiati per ore. Gli sgherri  della DOS si spinsero fino a casa di Zivojin Stefanovic,  il presidente del Partito Socialista di Leskovac. Dopo aver saccheggiato e distrutto le proprietà di Stefanovic, diedero fuoco alla sua casa. (43)

Mentre la teppaglia capovolgeva e bruciava le auto della polizia, vandalizzando  case e picchiando la gente, Kostunica annunciava: "La Democrazia è arrivata in Serbia. Il Comunismo è caduto. Era proprio ora." (44)
Stabilendo le loro credenziali democratiche, gli attivisti della DOS occupavano sistematicamente i media di sinistra della Jugoslavia. I giornali di sinistra, stazioni radio e televisioni vennero riconvertite in strumenti della destra. Una cultura dei media già ricca  e diversificata, rappresentante l’intero spettro politico, venne sottoposta alla cappa dell’uniformità e della propaganda per la DOS. Bande di sgherri della DOS rimossero con la forza il management delle imprese statali, delle università, di banche ed ospedali delle città di tutta la Serbia. I  ministri del governo vennero spinti alle dimissioni, e la DOS creò un comitato di crisi per svolgere le funzioni del governo, scavalcando il Parlamento Federale e i ministeri governativi. Gli agenti della DOS minacciarono apertamente di aumentare le violenza di strada come mezzo per spingere il Parlamento Serbo ad accordare nuove elezioni, un anno in anticipo rispetto alla scadenza.

I funzionari occidentali non potevano nascondere la loro soddisfazione. Imprese statunitensi ed europee aspettavano il momento per impadronirsi delle imprese di Stato. Il programma economico della DOS era tracciato da una organizzazione denominata Gruppo 17+.
Il loro piano, Progetto per la Serbia, chiedeva una rapida transizione a una piena economia di mercato.
Immediatamente dopo il golpe, la European Bank for Reconstruction and Development subito annunciò piani per aprire un  ufficio a Belgrado. "E’ importante che siamo sul posto subito" spiegava il portavoce della banca Jeff Hiday. "Sospettiamo che ci saranno parecchie privatizzazioni e ristrutturazioni." (45)

Giorni prima del golpe, il Presidente Milosevic aveva avvertito che la DOS era uno strumento della campagna della NATO per imporre un controllo neocoloniale sulla Jugoslavia. Milosevic indicava che i paesi vicini, che erano già vittime dei diktat dell’Occidente, "si sono rapidamente impoveriti in modo tale da distruggere ogni speranza di una società più giusta ed umana" e che l’Europa Orientale vede “una grande divisione tra una maggioranza povera e una ricca minoranza." Inevitabilmente, disse, "tale quadro includerebbe anche noi." (46)

Sola e isolata, la Jugoslavia aveva resistito alla dominazione imperiale, opponendosi alle secessioni, alle sanzioni, alle guerre, ed alle operazioni coperte [cioè: attuate dai servizi segreti, ndt] volute dall'Occidente. Viceversa, essa rimase indipendente e mantenne una economia a carattere prevalentemente sociale. Le più potenti forze del pianeta si schierarono contro di essa, e per un decennio la Jugoslavia resistette. Il golpe della NATO ha spazzato via tutto. In uno dei suoi primi atti da presidente, Kostunica si è unito al Patto di Stabilità dei Balcani. Il suo ministro delle privatizzazioni, Aleksandar Vlahovic, ha annunciato un piano per la privatizzazione di 7.000 aziende... "Mi aspetto che in quattro anni da oggi, le proprietà sociali saranno totalmente eliminate", spiegava Vlahovic, chiarendo che la privatizzazione delle aziende maggiori era appena iniziata. (47) I milioni di dollari con cui l’Occidente  aveva riempito le tasche degli agenti della DOS avrebbero fruttato elevati dividendi.


30) Borislav Komad, "At Albright's Signal," Vecernje Novosti (Belgrade), May 18, 2000.

31) George Jahn, "U.S. Funding Yugoslavian Reformers," Associated Press, September 29, 2000.
Jane Perlez, "U.S. Anti-Milosevic Plan Faces Major Test at Polls," New York Times, September 23, 2000.
"U.S., EU Generous to Foes of Milosevic," Associated Press, October 1, 2000.

32) Steven Erlanger, "Milosevic, Trailing in Polls, Rails Against NATO," New York Times, September 20, 2000.

33) "U.S. House Votes to Fund Yugoslavia's Opposition Movement," CNN, September 25, 2000.

34) Roger Cohen, "Who Really Brought Down Milosevic?" New York Times Magazine, November 26, 2000.

35) Geoff Meade, "Cook Backs EU Over Oust Milosevic Message," London Press Association, September 18, 2000.

36) Roger Cohen, "Who Really Brought Down Milosevic?" New York Times Magazine, November 26, 2000.

37) "DOS Claims Kostunica Leading Milosevic with 54.66 to 35.01 Percent of Vote," BETA (Belgrade), September 26, 2000.
"DOS Announces Kostunica Clear Winner with 98.72 Percent Data Processed," BETA (Belgrade), September 27, 2000.
"Federal Electoral Commission - DOS Election Staff Misinformed Public," Tanjug (Belgrade), October 3, 2000.
"Who Lies Kostunica?" statement by the Socialist Party of Serbia, October 11, 2000.

38) Federal Republic of Yugoslavia web site, www.gov.yu "Total Election Results," and "The Federal Elections Commission Statement." Both statements were removed following the coup.
"Final Results of FRY Presidential Election," Tanjug (Belgrade), September 28, 2000.

39) "Yugoslav Constitutional Court Holds Public Debate on DOS Appeal," Tanjug (Belgrade), October 4, 2000.
"DOS Requests Annulment of 142,000 Kosovo Votes," BETA (Belgrade), September 29, 2000.

40) "Contrary to EU Claims, Yugoslav Elections a Success: Greece," Agence France-Presse, September 26, 2000.
"210 Observers from 53 States Commend FRY Elections," Tanjug (Belgrade), September 27, 2000.
"Foreign Observers Say Elections Democratic and Regular," Tanjug (Belgrade), September 25, 2000.
"Yugoslav Elections - a Lesson in Outside  Interference," Socialist Labour Party statement.
Broadcast, Mayak Radio (Moscow), October 2, 2000.
"'A Fair and Free Election,' International Observers Say," statement by international observers.

41) Misha Savic, "Milosevic Will Take Part in Runoff," Associated Press, October 5, 2000.

42) Richard Boudreaux, "A Mayor's Conspiracy Helped Topple Milosevic," Los Angeles Times, October 10, 2000.
"Cacak Mayor Says He Led Assault on Yugoslav Parliament," Agence France-Presse, October 8, 2000. 
Jonathan Steele, Tim Judah, John Sweeney, Gillian Sandford, Rory Carroll, Peter Beaumont, "An Outrage Too Far," The Observer (London), October 8, 2000.
Gillian Sandford, "Army Units Claim Credit for Uprising," The Guardian (London), October 9, 2000.

43) "Information for the Public," statement by the Socialist Party of Serbia, October 7, 2000.
"Group of Demonstrators Demolished the House of the District Head," BETA (Belgrade), October 6, 2000.

44) "Protesters Storm Yugoslav Parliament," Associated Press, October 5, 2000.
"Good Evening, Liberated Serbia," The Times (London), October 6, 2000.
"Milosevic's Party HQ Ransacked by Protesters," Agence France-Presse, October 5, 2000.

45) Jelena Radulovic, "Yugoslavia's Kostunica Sets Economic Goals for New Government," Bloomberg, October 7, 2000.
"Brains Behind Kostunica Have a Plan," Sydney Morning Herald, October 2, 2000.
Stefan Racin, "Yugoslavia's Opposition Outlines Economic Plans," UPI, September 27, 2000.

46) "Yugoslav President Milosevic Addresses the Nation," Tanjug (Belgrade), October 3, 2000.

47) Beti Bilandzic, "Serbia Eyes New Privatization Law by April," Reuters, January 28, 2001.


Gregory Elich ha pubblicato decine di articoli sui Balcani e l’Asia negli USA, in Canada ed Europa, in pubblicazioni come Covert Action Quarterly, Politika, Junge Welt, Dagbladet Arbejderen, Science&Society, Swans, e altre. Le sue ricerche sugli interventi della CIA in Jugoslavia sono state il soggetto di articoli dei giornali della Germania, Norvegia e Italia, incluso Il Manifesto. È stato coinvolto nelle attività per la pace fin dalla guerra del Vietnam, ed è stato coordinatore del Committee for Peace in Yugoslavia.
È stato membro della delegazione USA in visita in Jugoslavia dopo la guerra della NATO, e membro della delegazione di Margarita Papandreou, la prima occidentale a volare con la compagnia aerea nazionale irachena a Baghdad in sfida alle sanzioni.


(Adattamento del testo a cura del CNJ, sulla base di una traduzione pervenutaci da A. Lattanzio)


=== 3 ===

Ovaj tekst na srpskohrvatskom
Cette texte en francais
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/567
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/565
This text in english:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/494



Il Presidente Milosevic si rivolge alla Nazione

Belgrado, 2 ottobre 2000 - (Tanjug) - Il Presidente della R.F.J. Slobodan Milosevic lunedì 2 ottobre 2000 si è rivolto alla nazione attraverso la radiotelevisione serba:

---

Cari concittadini,

nell'attesa del secondo turno delle elezioni colgo l'occasione per esporvi la mia opinione sulla situazione politica ed elettorale nel nostro Paese, e in special modo in Serbia.
Come voi sapete, da dieci anni sono in corso manovre per porre tutta la penisola balcanica sotto il controllo di alcune potenze occidentali. Buona parte di questo lavoro è stato compiuto mediante l’insediamento di governi fantoccio in alcuni paesi, trasformati in paesi a sovranità limitata, cioè privati a tutti gli effetti di sovranità.
A causa della resistenza opposta dal nostro Paese a una tale sorte, siamo stati sottoposti a tutte le forme di pressione alle quali un popolo può essere sottoposto nel mondo contemporaneo. Queste pressioni sono andate via via crescendo in quantità ed intensità. 

Tutta l'esperienza accumulata dalle grandi potenze nel 
corso della seconda metà del XX secolo nell'arte di rovesciare governi, provocare disordini, fomentare guerre civili, screditare o liquidare coloro che lottano per la libertà nazionale, ridurre le nazioni e gli stati sull'orlo della miseria - tutto ciò è stato applicato contro il nostro Paese e il nostro popolo. 
Tutto quello che è stato organizzato attorno a queste elezioni fa parte quindi della persecuzione organizzata contro il nostro Paese e il nostro popolo, perchè il nostro Paese e il nostro popolo costituiscono una barriera contro lo stabilirsi di un dominio totale nella penisola balcanica.

Da molto tempo è presente in mezzo a noi un raggruppamento che, con il pretesto di orientare i partiti politici di opposizione, rappresenta gli interessi di quei governi che sono stati protagonisti delle pressioni contro la Jugoslavia e specialmente contro la Serbia. Questa lobby si è presentata a queste elezionisotto il nome di Opposizione Democratica Serba (D.O.S.). Il suo vero capo non è il suo candidato alla presidenza. Da molti anni il suo capo è il presidente del Partito Democratico, collaboratore dell'allenza militare che ha scatenato la guerra contro il nostro Paese. Egli non ha neanche potuto nascondere la sua collaborazione con quelsta alleanza. Nei fatti, tutto il nostro popolo è al corrente del suo appello alla NATO perchè continuasse a bombardare la Serbia per tutto il tempo necessario a spezzarne la resistenza. Il cartello che si è così organizzatoper le elezioni rappresenta gli eserciti e i governi che hanno appena condotto la guerra contro la Jugoslavia. Rappresentando quegli interessi, ha lanciato alla opinione pubblica il messaggio che, con loro al potere, la Jugoslavia sarebbe uscita da ogni pericolo di guerra e di violenza, sarebbe riavviata la prosperitàeconomica, il tenore di vita sarebbe migliorato visibilmente e rapidamente, la Jugoslavia sarebbe reintegrata nelle istituzioni internazionali, e via dicendo.

Cari concittadini, è mio dovere mettervi pubblicamente in guardia e per tempo sulla falsità di queste promesse e sul fatto che la situazione è ben diversa. E’ proprio la nostra politica che garantisce la pace, mentre la loro provoca conflitti incessanti e violenza e vi dirò perchè.
Con l’instaurazione di un governo appoggiato o direttamente insediato dalla comunità dei paesi riuniti nella NATO, la Jugoslavia diventerebbe inevitabilmente un Paese il cui territorio verrebbe rapidamente smembrato.
Queste non sono soltanto le intenzioni della NATO. Queste sono le promesse pre-elettorali della Opposizione Democratica Serba. Noi l'abbiamo ascoltato dalla bocca dei suoi stessi rappresentanti: 

- il Sangiaccato otterrebbe l'autonomia che un membro della coalizione, leader di un'organizzazione separatista musulmana, Suleiman Ugljanin, reclama da dieci anni- e che significherebbe, nei fatti, la separazione definitiva del Sangiaccato dalla Serbia.

- Le loro promesse comprendono anche l'ottenimento da parte della 
Vojvodina di un'autonomia che non soltanto la separerebbe dalla Serbia e dalla Jugoslavia, ma la trasformerebbe nei fatti in parte integrante della vicina Ungheria.

- Nello stesso modo, altre regioni sarebbero separate dalla 
Serbia, e anche alcune zone di frontiera. La loro annessione da parte degli Stati confinanti costituisce da lungo tempo un imperativo per questi paesi, che continuano ad incitare le loro minoranze presenti in Jugoslavia a contribuire all'integrazione di queste parti del nostro Paese negli Stati vicini.

- Nel quadro di questa politica di smembramento della Jugoslavia, 
il Kosovo sarebbe la prima vittima. Il suo status attuale sarebbe dichiarato legale e definitivo. Questa sarebbe la prima parte del suo territorio cui la Serbia dovrebbe dire addio, senza poter neanche sperare che questa parte della sua terra le possa mai essere restituita.

- Il resto del territorio che continuerà a chiamarsi Serbia 
verrebbe occupato da forze militari internazionali, USA o comunque straniere, che tratteranno il nostro territorio come loro zona di esercitazioni militari e loro proprietà, da controllare secondo gli interessi della potenza che disloca il proprio esercito di occupazione. Abbiamo visto casi di controllo simili, e le loro conseguenze, negli scorsi decenni, e specialmente negli ultimi dieci anni in molti paesi nel mondo e ultimamente purtroppo anche in Europa, per esempio nel Kosovo, nella Repubblica Serba di Bosnia, in Macedonia, per restare intorno a noi. Il popolo della Serbia subirebbe la stessa sorte dei Kurdi, con la prospettiva di essere sterminato ben piùrapidamente dei Kurdi, essendo meno numeroso e muovendosi su un territorio assai più ristretto del loro.

- Quanto al Montenegro, il suo destino sarebbe lasciato nelle 
mani della mafia le cui regole del gioco i cittadini dovrebbero conoscere: ogni infrazione alla disciplina e soprattutto ogni opposizione agli interessi mafiosi è punita con la morte, senza alcun diritto di appello.

Vi ho descritto il destino della Jugoslavia in caso di accettazione dell’opzione NATO per il nostro paese, con l'intento di mettervi in guardia che oltre e più della perdita territoriale e all’umiliazione del popolo, noi ci troveremo tutti a vivere in un clima di continue violenze. I nuovi proprietari degli antichi territori dello Stato di Jugoslavia e gli occupanti del restante territorio serbo terrorizzerebbero, come è nella natura delle cose, le popolazioni dei territori che andrebbero ad occupare.
Nello stesso tempo, il popolo serbo stesso si batterebbe continuamente per ristabilire uno Stato serbo nel quale potersi riunire.
Queste potenze non vogliono la pace e la prosperità nei Balcani. Esse vogliono che questa sia una zona di conflitti permanenti e di guerre che servano da alibi a far perdurare la loro presenza. 

Un governo fantoccio è una garanzia certa di violenze, forse 
anche di molti anni di guerra. Di tutto salvo che di pace. Solo il nostro governo indipendente può garantire la pace.
Non solo questo. Tutti i paesi che si sono trovati in condizioni di sovranità limitata e con governi sotto l'influenza di potenze straniere si sono rapidamente impoveriti in misura tale da distruggere ogni speranza di relazioni sociali più giuste e umane. La divisione radicale tra una maggioranza povera e unaminoranza ricca: questo è il quadro che l’Europa orientale ci presenta da diversi anni ormai, come tutti possono constatare. La stessa cosa accadrebbe anche a noi. Anche noi, una volta sottoposti al comando e al controllo di quelli che dominerebbero il paese, avremo in breve un'immensa maggioranza di gente nella più estrema povertà, con una prospettiva di uscirne molto, molto incerta e lontana. La minoranza ricca sarebbe composta da un’elite di profittatori del mercato nero, cui sarà concesso di arricchirsi solo a patto di sottostare ciecamente al potere di chi deciderebbe del destino del nostro Paese.
La proprietà sociale e pubblica sarebbe rapidamente privatizzata, ma i nuovi padroni, come l’esperienza dei paesi vicini dimostra, sarebbero di regola stranieri. Tra le rare eccezioni figureranno 



Apprendiamo dalle agenzie della scomparsa di Vo Nguyen Giap, uno dei protagonisti della storia del novecento e simbolo della lotta di liberazione dei popoli di tutto il mondo. Se ne è andato un grande dirigente del movimento comunista e antimperialista mondiale. Un grande stratega della “Guerra di popolo” che ha saputo sconfiggere due formidabili eserciti imperialisti, dando così un contributo decisivo alla liberazione del Vietnam. 

Pensiamo che il miglior modo di ricordare la vita e l'opera di Giap, sia riproporre l'articolo che il compianto compagno Sergio Ricaldone [ http://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-italia/22559-compagno-ricaldone-non-ti-dimenticheremo-mai.html ] - che con Giap aveva instaurato un rapporto di collaborazione e amicizia durante gli anni della lotta di liberazione contro l'imperialismo statunitense – scrisse in occasione del 100° compleanno della grande figura vietnamita.

Al popolo del Vietnam e al suo Partito Comunista porgo le più sentite condoglianze, a nome dell'intera redazione di Marx21.it

Mauro Gemma
Direttore di Marx21.it

 



GIAP, IL GRANDE STRATEGA DELLA GUERRA DI POPOLO

di Sergio Ricaldone

Si continua a dire che il comunismo è morto. Celebrando il compleanno di Giap e guardando al Vietnam di oggi direi che il comunismo è un soggetto politico e ideale assai difficile da seppellire.

La lunga vita di Van Nguyen Giap coincide con lo spazio temporale della storia contemporanea del Vietnam durante il quale il popolo vietnamita, per riconquistare l’indipendenza nazionale, ha dovuto lottare contro gli eserciti delle quattro maggiori potenze imperialiste del 20° secolo: quello francese, quello giapponese, quello inglese e quello americano. Tutte le generazioni vietnamite del 900’ sono state segnate e coinvolte da questo titanico confronto. Tutte le classi, ogni ceto sociale: gli intellettuali tradizionalisti, poi i modernisti, gli operai, i contadini, i bonzi, i preti cattolici e le diverse etnie. Nessuna forma di lotta è stata esclusa: scioperi, manifestazioni, forme diverse di cultura popolare, rituali religiosi, alfabetizzazione di massa. Ma solo quando si è potuta formare una strategia politica di lunga durata e di largo respiro, patriottica e socialista, e di intense relazioni internazionali, la scelta dell’opzione militare, imposta dalle circostanze storiche, è stata quella che alla fine ha prevalso e deciso le sorti del paese. Ciò è diventato possibile solo dopo la formazione nel 1930 del partito comunista indocinese e dall’emergere di due figure dirigenti di formazione marxista leninista e di eccezionale spessore politico, quali Ho Ci Minh e Giap, che hanno saputo portare a sintesi, rendendole complementari e vincenti, le loro geniali intuizioni politiche e militari.

Fino agli inizi degli anni 50 il Vietnam, nella sua dimensione geografica, storica e politica era scarsamente presente nell’immaginario collettivo della sinistra europea. Era ancora un paese marginale, conosciuto da pochi col suo vecchio nome coloniale, Indocina, collocato ai margini del campo socialista. L’indipendenza del Vietnam proclamata da Ho Ci Minh il 2 settembre 1945 era stata una parentesi di breve durata e pressoché ignorata dai mass media. Il suo popolo di guerriglieri era stato costretto a disperdersi nella giungla nel 1946 dalle cannonate della flotta, dai carri armati e dai bombardieri francesi, Braccato dai tagliagole della Legione straniera (imbottita di ex SS), sembrava non avere scampo. Nessuno sospettava che da quell’improvvisato esercito di “contadini straccioni”, affamati e peggio armati, potesse nascere un movimento di liberazione guidato da un gigante del pensiero strategico, di nome Giap, che nei decenni successivi, dopo 30 anni di guerra, sarebbe riuscito a mettere in crisi politica e militare la più grande potenza imperialista della storia contemporanea.

Il velo di mistero che avvolgeva quella “piccola” porzione di mondo chiamata Indocina fu sollevato dal movimento di lotta iniziato in Francia contro la “sporca guerra” d’Indocina nel nome di Henry Martin, il coraggioso marinaio francese che, nei primi anni 50, con il suo rifiuto di imbarco su una nave da guerra destinata in Vietnam, aveva scatenato la furibonda reazione dello Stato Maggiore di Parigi e della destra colonialista. Fu cosi, soprattutto a livello di movimenti giovanili comunisti, che cominciammo a conoscere quel movimento di liberazione che, pur operando in un paese molto più piccolo della Cina, finì per assumere nei decenni che seguirono un ruolo decisivo e trainante dei movimenti di liberazione e delle rivoluzioni antimperialiste che hanno inciso non poco sui cambiamenti geopolitici del pianeta e sulle lotte del movimento operaio in occidente.

Le corrispondenze di guerra del grande giornalista australiano Wilfred Burchett ci resero poi familiari i nomi di Ho Ci Minh e di Van Nguyen Giap e quello delle città, dei fiumi e delle vallate dove si stava consumando, sconfitta dopo sconfitta, il disperato tentativo della Quarta Repubblica di mantenere in vita uno degli epigoni dell’ormai traballante impero coloniale francese.

7 maggio 1954, Diem Bien Phu. Il nome e la leggenda di Van Nguyen Giap e quello dei suoi cento anni di vita è fortemente legato all’esito di quella battaglia. Difficile, anche per i miei usurati neuroni, dimenticarlo. Nel tardo pomeriggio di quel giorno i guerriglieri di Giap, ormai diventati un esercito, sferrano il loro ultimo attacco contro i francesi assediati da circa sessanta giorni nel loro ormai piccolo perimetro difensivo. Poi, dopo 9 anni di guerriglia e di battaglie campali, un silenzio surreale cala su quel lontano altopiano del Tonchino, al confine con il Laos. Non si spara più. La battaglia di Diem Bien Phu è finita, il generale francese De Castries annuncia la resa delle sue truppe e il governo di Parigi, sostenuto militarmente da Washington, incassa la più umiliante delle sconfitte. La potenza soverchiante dell’Armèe e l’impiego della ghigliottina a “full time” non sono bastati a restaurare il dominio coloniale della 4° Repubblica.

Dopo Diem Bien Phu tutto diventa possibile. L’esempio del Vietnam dilaga: in Algeria, Cuba e altrove altre rivoluzioni incalzano. Le conseguenze di quella sconfitta imperialista peseranno a lungo nei decenni successivi e il Vietnam assumerà una posizione centrale negli sconvolgimenti in atto nel vecchio mondo coloniale e la strategia della “guerra di popolo” in un paese contadino arretrato elaborata da Giap sarà assunta a modello dai movimenti di liberazione del terzo mondo. Il suo significato è sintetizzato dalle parole di Giap pronunciate dopo quella battaglia: “Il nostro popolo e il nostro esercito hanno vinto un nemico molto più potente grazie alla loro ferma determinazione di combattere e vincere per conquistare l’indipendenza nazionale, la terra ai contadini, la pace e il socialismo. La guerra di popolo condotta da un esercito popolare è una conquista decisiva, più importante di qualsiasi arma, per i paesi d’Asia, Africa e America Latina. Il popolo vietnamita è fiero di avere contribuito alla liberazione dei popoli fratelli. (…) Nessun esercito imperialista può vincere un popolo, seppure debole, che sappia ergersi risolutamente e lottare unito sulla base di una giusta linea politica e militare”. 

Queste poche parole confermano la genialità delle sue intuizioni militari, mai fini a sé stesse, ma poste al servizio, con grande intelligenza tattica, di una strategia politica rivoluzionaria e antimperialista di cui Ho Ci Minh è stato il leader comunista più prestigioso.

Lo stesso giorno della resa di Diem Bien Phu si stava svolgendo a Milano, presso il teatro Anteo, una grande assemblea di quadri comunisti della città alla presenza di Palmiro Togliatti, segretario generale del PCI. Mentre stavo svolgendo il mio intervento alla tribuna a nome della FGCI arriva di corsa un giovane compagno dall’Unità e mi consegna un dispaccio della Reuters che annunciava la resa dei francesi. Un boato di applausi accolse quell’annuncio. Tutti i compagni in piedi sfogarono il loro grande entusiasmo per quella vittoria percepita come un passaggio centrale del collasso che già stava disgregando i vecchi imperi coloniali. Incrociando lo sguardo di Togliatti seduto alla presidenza notai una punta di scetticismo per quel po’ po’ di entusiasmo, forse giudicato eccessivo per ragioni sulle quali tornai a riflettere nei giorni successivi. Quella vittoria militare di Giap appariva infatti come una sfida troppo temeraria all’imperialismo (non tanto a quello francese in fase declinante, ma soprattutto a quello americano) rispetto alle scelte di realpolitik compiute da Mosca e dal movimento comunista in tema di rapporti internazionali, basate sulla “coesistenza pacifica tra i due sistemi” e il rispetto delle “zone di influenza” concordate a Yalta. La valutazione dei rapporti di forza da parte del Cremlino, dopo la raggiunta parità atomica con gli USA, escludeva una rottura con il nemico storico e sanciva il mantenimento del precario equilibrio bipolare per una fase non breve su cui si reggeva il rapporto tra Washington e Mosca negli anni della guerra fredda. Intendiamoci, le motivazioni di quelle scelte non erano affatto banali. Il poderoso blocco di paesi socialisti euroasiatici che si era formato dopo la seconda guerra mondiale lungo la rispettabile distanza di 10 fusi orari, dal fiume Elba all’Oceano Pacifico era alle prese con enormi difficoltà. Pur essendo un territorio immenso liberato dal nazifascismo e dal dominio imperialista, soprattutto per merito dell’Unione Sovietica e della Cina Popolare, era impegnato a risollevarsi dalle tremende distruzioni della seconda guerra mondiale e ad evitare che le minacciose dimensioni della nuova guerra di Corea e le continue provocazioni anglo americane a Berlino sfociassero in una guerra nucleare. Il mantenimento della pace era pertanto considerata una priorità assoluta. Una esigenza peraltro sempre condivisa dai comunisti vietnamiti, che però erano altrettanto attenti ad individuare le possibili brecce e i punti deboli nel rigido schema “bipolare” attraverso le quali far passare il diritto dei popoli oppressi dal colonialismo di poter lottare con qualsiasi mezzo (inclusa la lotta armata) per la propria indipendenza nazionale. Una evidente e lungimirante anticipazione che il riconoscimento delle “diversità” era la condizione per mantenere unito il movimento comunista internazionale. Diritto questo che, dieci anni più tardi, verrà apertamente riconosciuto e sancito da Togliatti nel famoso “memoriale di Yalta”.

La “guerra di popolo” teorizzata da Giap arriva al suo vittorioso epilogo nella primavera del 1975. In poco più di trenta giorni l’Armata popolare e i guerriglieri vietcong riusciranno a compiere la marcia di circa mille km., dal 18° parallelo al delta del Mekong, che li separa dalla vittoria. In rapida sequenza vengono liberate le città vietnamite che per parecchi anni hanno occupato le prime pagine di tutto l’apparato mass-mediatico planetario. Huè, Da Nang, Quan Tri, Khe San, Dong Ha, le città rese tristemente celebri da tanti anni di guerra, sono rapidamente liberate, una dopo l’altra, dalla travolgente avanzata dell’Armata Popolare di Giap. 

Poi, finalmente, dopo 4952 giorni, la lunga guerra di liberazione contro gli Stati Uniti d’America ed il loro esercito fantoccio, consuma le sue ultime ore. E’ il 30 aprile 1975, un giorno che il popolo vietnamita continua a ricordare con legittimo orgoglio. Al levar del sole quattro colonne corazzate si mettono in marcia per sferrare da quattro direzioni l’attacco finale a Saigon, la capitale sudvietnamita. E’ l’ultimo giorno di una guerra di liberazione durata trent’anni. I cento blindati della Brigata 203 attestati a Ho Nai hanno ricevuto l’ordine, dal comando mobile di Bien Hoa dell’Armata Popolare, di conquistare il “grande ponte di Saigon”, poi di dividersi in due tronconi e di marciare a tutto gas verso il palazzo presidenziale, ultima roccaforte nemica nel centro della città. E’ da poco passato mezzogiorno quando il carro 843, un T54 di fabbricazione sovietica, ancora coperto da uno strato mimetico di foglie di cocco, comandato dal capocarro Bui Quang Tanh, sfonda il cancello del palazzo presidenziale di Doc Lap e accoglie la resa di quel che resta dell’esercito fantoccio. Lo sfacelo è totale e la resa degli ultimi combattenti sudisti, ormai sconfitti e abbandonati dai generali del Pentagono, assume tratti di involontaria comicità: escono tutti in mutande e a braccia alzate dal portone principale dell’imponente palazzo simbolo di un potere profondamente detestato dal popolo vietnamita.

La disfatta militare è completa, la fuga degli americani molto più caotica e umiliante di quella dei francesi dopo la disfatta di Dien Bien Phu. Memorabili le immagini degli ultimi marines e dei loro collaborazionisti che si aggrappano disperatamente agli elicotteri in fuga dal tetto dell’ambasciata americana. La guerra di liberazione durata trent’anni è finita e Giap, il vincitore, potrà passeggiare tranquillamente, pochi giorni dopo, nel centro di Saigon, insieme a due compagni “bodoi”, entrare nei bar e parlare con la gente senza essere riconosciuto (proviamo ad immaginare un gesto analogo del capo del Pentagono per le vie di Bagdad o quelle di Kabul). Quella passeggiata simboleggia il punto culminante di una vita spesa per il popolo e in mezzo al popolo. Sicuramente uno dei suoi momenti più alti e gratificanti.

Da quel giorno il Vietnam è diventato una nazione unita e indipendente, socialista e moderna e nessuno ha mai più osato sfidare l’Armata popolare costruita da Giap. Persino Mac Namara, l’ex capo del Pentagono che aveva iniziato e guidato la guerra di aggressione contro il Vietnam, ha dovuto riconoscere la grandezza del personaggio. Indimenticabile l’incontro ad Hanoi e la stretta di mano, vent’anni dopo la fine della guerra, tra i due ex nemici: Robert Mc Namara che riconosce la condotta criminale degli USA e chiede scusa a Giap e al popolo vietnamita. Il più ambito riconoscimento ad un popolo che ha insegnato a tutti la rara virtù che libertà e indipendenza non sono mai merci barattabili.



(srpskohrvatski / italiano)

Iniziative segnalate

1) Selezione di appuntamenti delle edizioni KAPPA VU - dal 4 al 25 ottobre 2013
2) Program manifestacije Dani AVNOJ-a u Jajcu 2013 / Programma manifestazioni per il 70.mo di Jajce (29.XI.1943.)
3) 24. марта 1999.-2014.: Петнаестогодишњица / Verso il 15.mo Anniversario della infame aggressione dei paesi NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia 


=== 1 ===

Selezione di appuntamenti KAPPA VU di ottobre!


Venerdì 4 – ore 20.30 – presentazione del volume REPRESSIONE ANTIPARTIGIANA IN FRIULI – LA CASERMA PIAVE DI PALMANOVA E I PROCESSI DEL DOPOGUERRA di Irene Bolzon, alla sede degli Alpini presso l’Area Festeggiamenti di SANTA MARIA LA LONGA; introduce Clara Gruer, con la partecipazione di Alessandra Kersevan

Domenica 6 – dalle 10.00 in poi fino a sera – saremo presenti con il nostro banchetto per la vendita all’iniziativa culturale “Ri-Leggi”, proposta nella suggestiva cornice della 19° Festa d’Autunno organizzata dalla Pro-Loco C.I.L. di Feletto Umberto nel Parco di Villa Tinin, nel centro di FELETTO UMBERTO

Lunedì 7 – ore 20.30 – presentazione del volume ROMANO IL MANCINO E I DIAVOLI ROSSI di Pierluigi Visintin e a cura di Alessandra Kersevan, presso la Sala Conferenze di Villa Dora a SAN GIORGIO DI NOGARO, nell’ambito delle commemorazioni per il centenario (esatto!) della nascita di Gelindo Citossi Romano il Mancino promosse dal Coordinamento Antifascista Friulano

Venerdì 11 – ore 20.30 – presentazione del volume LA BANDA COLLOTTI. STORIA DI UN CORPO DI REPRESSIONE AL CONFINE ORIENTALE D’ITALIA di Claudia Cernigoi, presso la Sala dei Gessi della Società Operaia di CIVIDALE DEL FRIULI, evento in collaborazione con Anpi e circolo culturale Iskra

Venerdì 25 – ore 18.00 – presentazione del volume L’ATTIVITA’ CLANDESTINA DEL CLERO SLOVENO DURANTE IL FASCISMO di Egon Pelikan, presso la Sala del Consiglio Comunale in Piazza Unità a RONCHI DEI LEGIONARI. Introdurrà Lucia Giurissa dell’Associazione Culturale Apertamente e dialogheranno con l’autore Monica Rebeschini e Giovanni Tomasin


=== 2 ===

Programma manifestazioni per il 70.mo di Jajce (29.XI.1943.)


Program manifestacije Dani AVNOJ-a u Jajcu 2013


28.11. (četvrtak)
- Otvaranje naučnog skupa na temu: Drugo zasjedanje AVNOJ-a i državnost zemalja nasljednica Jugoslavije 1943.-2013. 

29.11. (petak)
- Otvaranje izložbe crteža Božidara Jakca
- Otvaranje izložbe fotografija i dokumenata
- Promocija knjige
- Prigodno predavanje

30.11. (subota)
- Doček gostiju (posjetilaca iz drugih gradova) ispred Muzeja II zasjedanja AVNOJ-a i prigodan muzički program (limena glazba, kulturno-umjetnička društva iz Jajca, rock band)
- Polaganje vijenaca na Spomen-fontanu
- Svečana akademija povodom 70 godina II zasjedanja AVNOJ-a 
- Cjelovečernji koncert horova

01.12. (nedjelja)
- Organiziran obilazak kulturno-historijskih i prirodnih znamenitosti grada Jajca,
- Ispraćaj gostiju ispred Muzeja II zasjedanja AVNOJ-a


=== 3 ===

Verso il 15.mo Anniversario della infame aggressione dei paesi NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia 


СТОП  ЗА  ЗЛОЧИНЕ  НАТО

Није добро стање на планети у времену које живимо. Има видљивијих, што би рекли конференцијаши, помака у потоњим данима, али све то није довољно за миран сан и сигурну сутрашњицу.

Војни напади на суверене државе под лажним оптужбама, беспримерно ракетирање читавих народа, изазивање грађанских и верских ратова са несагледивим последицама, свргавање легално изабраних власти и довођење подесних и подобних политичких и идеолошких гарнитура, непрестано злокобно звецкање оружјем и зарад отимања богатих природних ресурса и проширивања господства – општи су, на жалост, именитељи ситуације на светској сцени.

КО  ДА ЗАБОРАВИ 1999?

Србија је на сопственим плећима пребродила 1999.године тежак период, читавих 78 дана, кад су чланице НАТО, без најаве рата и мериторне одлуке Савета безбедности ОУН, брутално бомбардовале служећи се циничном лозинком ”Милосрдни анђео”.

То време, кад је убијено више од две хиљаде људи и онеспособљено и десет пута више, уништена готово сва привредна инфраструктура, порушени мостови, исечени пруге, путеви и далеководи, сравњене болнице, школе, дечји вртићи, никад неће исчилити из памћења Србије. Али ни жеља да се такви организовани злочини, под маском залагања за људска права и ширења тобожње демократије, никад и нигде више не смеју да понове.

Мора да дође и време кад ће за недела одговарати и разни државници и њихови поклисари који су подастирали неистине како би унапред оправдали милитантне акције и сејали смрт на српским просторима, а сада то исто, под непромењеним заставама и унапред наученим пројектима, чине на разним континентима.

СУБНОР Србије, у заједништву са својим колективним члановима, респектабилним Београдским форумом за свет равноправних и Клубом генерала и адмирала, у интензивним је припремама за обележавања петнаесте годишњице НАТО агресије на нашу државу.

Тим поводом је прецизиран програм, о коме се расправљало на састанку коме је руководио Живадин Јовановић, председник Београдског форума и дугогодишњи дипломата, министар иностраних послова.

СКУП  ИЗ  ЦЕЛОГ  СВЕТA

Централна манифестација одржаће се 22.и 23. марта 2014.године у Центру Сава. И биће посвећена миру у условима глобалног интервенционизма, милитаризације и светске кризе.

Тема обележавања значајног датума у историји Србије, петнаестогодишњице агресије НАТО, окупиће најзначајније личности из света и наше земље, угледне научне, културне и јавне раднике, представнике независних нестраначких групација, партнерских удружења са разних континената. Многи су већ сада, неколико месеци унапред, потврдили учешће сватајући и уважавајући разлоге за такво квалитетно окупљање и потребу да се чује одлучна реч у корист мира и разумевања.

Организатори су предвидели и изложбу фотографија о последицама НАТО агресије, као и смотру документарних филмова о злочинима над српским народом и трајном уништавању објеката приликом ракетирања бомбама напуњеним и радиоактивним супстанцама са несагледивим дугорочним последицама по здравље становништва.

СУБНОР Србије, Београдски форум за свет равноправних и Клуб генерала и адмирала Србије већ дуже време су у непрестаној акцији да Влада Србије и Градска скупштина легализују и визуелно упристоје већ постојећи Споменик, вечну бакљу слободе, на Ушћу у Београду, у знак сећања на све жртве нелегалне акције НАТО током 1999.године.

Споменик на Ушћу, где поменуте и уопште антифашистичке организације и људи добре воље и поборници мира и правде, сваког марта, на дан почетка агресије, одају пошту пострадалим.

То ће се засигурно догодити и 24. марта 2014. Уз наду да ће се тада, уз народ, меморијална свечаност одржати и у присуству и сарадњу органа државе чији су представници, иначе, чврсто обећали да ће тако бити.





STUDENTSKE I OMLADINSKE MOBILIZACIJE

1) Dosta laži, dosta prevara, dosta Bolonje! - Javno finasirano besplatno obrazovanje je jedni izlaz! (Studentski front Beograd)

Mobilitazione studentesca a Belgrado per l'Università pubblica e gratuita: "Basta con Bologna!" (= il processo di armonizzazione dei vari sistemi di istruzione superiore europei, che in effetti ne prevede la aziendalizzazione: http://it.wikipedia.org/wiki/Processo_di_Bologna‎ , http://www.unibo.it/it/internazionale/accordi-e-network/bologna-process/bologna-process )

2) U Ateni završen 39. festival Odigitis uz tisuće simpatizera iz cijelog svijeta - Borba za socijalizam se nastavlja (Andrea Degobbis)

Cronaca del Festival della Gioventù Comunista -KNE- ad Atene


=== 1 ===


уторак, 01. октобар 2013.

DOSTA LAŽI, DOSTA PREVARA, DOSTA BOLONJE! - JAVNO FINASIRANO BESPLATNO OBRAZOVANJE JE JEDNI IZLAZ!

Proteklih dana bili smo svedoci “ispitivanja pulsa” progresivnog studentskog pokreta od strane, Vlade Srbije, Narodne skupštine, SKONUS-a (kerova na lancu buržoaskih akademskih vlasti), sa ciljem određivanja najpogodnijeg trenutka za sprovođenje reakcionarne bolonjske reforme, odnosno finalnog obračuna sa siromašnim studentima, koji u uslovima kapitalističke restauracije u Srbiji, čine ogromnu većinu akadamaca. Studentski front (SF) i ovog puta, u kratkim crtama, naglašava štetni uticaj potpunog promašaja, kojeg nijedan ozbiljan univerzitet u Evropi nije prihvatio, tzv. „Bolonjske deklaracije“, retrogradnog procesa obesmišljavanja studija, njihovog pretvaranja u kurseve, a znanja u robu. Značajno je istaći da su oni koji uporno obmanjuju studente upravo Vlada Srbije, Ministarstvo prosvete i tzv. „zvanični“ studentski predstavnici (izabrani od strane jednog procenta studenata). Pred početak ovog semestra resorno ministarstvo je najavilo ponovno povećanje školarina, uz istovremeno smanjenje broja ispitnih rokova i povećanje neophodnog proseka za ostvarivanje prava na studentsku stipendiju. Dakle. najnoviji paket mera koji je usmeren na dalju destrukciju studentskog standarda i pretvaranje obrazovanja u privilegiju bogatih. Sve to, još jednom, potvrđuje da je postojeći državni kurs Srbije usmeren isključivo ka što temeljnijem implementiranju divljačkog kapitalističkog sistema, koji u potpunosti ne mari za socijalnu pravdu i ljudsko dostojanstvo. Sve je to, razumljivo, rezultiralo ogromnim nezadovoljstvom studenata, dok su predstavnici SKONUS-a želeli su da se istaknu kao “prva linija odbrane” studentskog standarda i kao jedina studentska organizacija koja može uticati na odluke Ministarstva prosvete. Oni su pobedonosno mahali postignutim dogovorom sa predstavnicima buržoaskog režima. Vreme je pokazalo, kao je Studentski front i ranije isticao, da je to ništa drugo do najobičnija laž i prevara. Podsećanja radi, planirane nakaradne mere bile bi sprovedena još 2011. godine da glas nisu digli progresivni studenti sa Filozofskog i Filološkog fakulteta i Više elektrotehničke škole, koji su tri sedmice organizovali herojsku blokadu fakulteta, čije uprave uz podršku buržoaskih vlasti danas pljačkaju studente. Pobuna je tad pretila da se raširi vrlo brzo, zbog čega je brutalno ugušena na Filozofskom fakultetu u Novom Sadu, kada je obezbeđenje zaustavilo studente da uđu u svoju zgradu. Da se studentski opravdani bunt nije smirio, najbolje je pokazala prošlogodišnja pobuna studenata Likovnih umetnosti u Beogradu koji su dve nedelje držali pod blokadom taj fakultet iz kojeg je proizašla saradnja sa progresivnim kolegama sa drugih fakulteta Beogradskog univerziteta. Ta saradnja rezultirala je masovnim protestom za besplatno i javno finasirano obrazovanje, koji su buržoaski mediji uglavnom ignorisali. Kada su pojedini fakulteti odlučili da ipak povećaju školarine, borbeni studenti su blokirali rektorat Beogradskog univerziteta, nakon čega je povećanje školatrina obustavljeno. Studenti su uspeli da se povežu sa svojim prirodnim saveznikom, radnicima, tako da je blokadu Rektorata podržali levičarsko orijentisani Udruženi sindikati Srbije „Sloga“. Buržoaska vlast, uplašena većeg socijalnog bunta, traži svog trojanskog konja i pronalazi ga u - SKONUS-u, organizaciji takozvanih „studentskih predstavnika u čijim redovima ima veliki broj karijerističkih kadrova vladajućih stranaka čiji je cilj bespogovorno izvršavnje naredbi i sprovođenja interesa režima. U SKONUS-u su zastupljeni i predstavnici opozicionih buržoaskih stranaka, koji takođe kao i oni koji zastupaju interese vlasti, bezuslovno podržavaju reakcionarnu “Bolonjsku deklaraciju”. Svi oni studentsku borbu pokušavaju da prisvoje i prikažu kao svoj uspeh, što čine uz obilatu pomoć buržoaskih medija. Činjenica je, zapravo, to da dok su progresivni studenti blokirali fakultete, protestovali, bili izloženi nasilju i represiji, SKONUS i ostali „zvanični“ studentski predstavnici sedeli su u svojim foteljama izvršavajući zapovesti svojih buržoaskim nalogodavaca. Sada su sve maske pale. Jasno se vidi da Ministarstvo prosvete, kao i SKONUS imaju isti cilj, konačni obračun sa siromašnim studentima. Stoga će Studentski front, kao i u ranijim protestima stajaati u prvim borbenim redovima odbrane studentskih prava! Naš jedini izlaz je da odbacimo retrogtradnu “Bolonjsku deklaraciju”, zbacimo karijeristički i buržoaski SKONUS i druge lažne prestavnike studenata koji rade u interesu kapitalističkog režima. Potrebno je da u cilju stvaranja širokog društvenog fronta krenemo u svakodnevnu, organizovanu borbu, tražeći savez sa sindikatima, srednjoškolcima, seljacima, penzionerima i svim drugim ugroženim slojevima društva. Krajnje je vreme da kažemo: Dosta laži! Dosta prevara! Dosta „Bolonje“! Javno finasirano obrazovanje je jedini izlaz! Studenti, a ne klijenti! Znanje nije roba! 

Studentski front Beograd, 2.oktobar 2013. godine


=== 2 ===


U Ateni završen 39. festival Odigitis uz tisuće simpatizera iz cijelog svijeta - Borba za socijalizam se nastavlja

Andrea Degobbis
vrijeme objave: Nedjelja - 29. 09. 2013 | 19:00
Od 19.-21. 9. u Ateni se održao završni dio 39. festivala 'Odigitis', organiziran od strane Komunističke Omladine Grčke (KNE), podmlatka Komunističke Partije Grčke (KKE).

Festival 'Odigitis' je nazvan po centralnom glasilu Komunističke omladine Grčke. Tijekom ljeta tradicionalno obilazi sve Grčke gradove, a centralni trodnevni završni dio održava se u Ateni i Solunu. Festival je po osnovi četiri desetljeća dugoj tradiciji, po brojnosti učesnika, kao i po svom sadržaju, sasvim pouzdano jedinstven na području Balkana, a vrlo moguće i u svijetu.

Mjesto završnog održavanja je veliki 'Antonis Tritsis' park u zapadnom predgrađu Atene, koji je godinama zapušten kako bi ga korumpirana lokalna vlast mogla rasprodati za sitne pare. Impozantna organizacija, sa 4 pozornice, kazalištem za djecu, štandovima raznih političkih i socijalnih subjekata (KNE i njoj povezanih organizacija), izložbama povijesti komunističkog i partizanskog pokreta i njegove uloge u oslobodilačkom ratu i nakon toga u građanskom ratu u Grčkoj, bila je i semantički upotpunjena ikonografijom artikala koji su se nudili i muzičkom i video produkcijom.

Cilj tog festivala je upoznati građane sa političkim programom i borbom koju vode KKE, KNE, i njihovih organizacionih frontova: žena, studenata, udruga malih poljoprivrednika, sindikata PAME, sastavnog dijela Svjetske federacije klasno orijentiranog sindikata WFTU koja se bori ne samo za bolje radne uvjete, nego mobilizira radnike i nezaposlene u borbi protiv izrabljivačkog sistema, protiv fašizma, ali i za prava obespravljenih i porobljenih naroda, Palestinaca i drugih, Grčkog komiteta za mir na Balkanu, sastavnog dijela Svjetskog mirovnog vijeća WPC, Anti NATO centrom i ostalim sagržajima.

Ali cilj je bio i dokazati kako se 'Tritsis' park može valorizirati za opće dobro; koncertima zabaviti prisutne, ali i boriti se protiv povijesnog revizionizma koji teži k demoniziranju komunizma, informirajući članove i građane, ali i mlade, o velikim dostignućima raznih socijalističkih pokreta.

S područja bivše Jugoslavije na festivalu su nastupili delegati SKOJ-a podmladka Nove Komunističke Partije Jugoslavije iz Srbije, i Mladih Socijalista podmladka Socijalističke Radničke Partije iz Hrvatske. Svi delegati su u parku imali svoj štand gdje su mogli predstaviti i dijeliti vlastiti materijal, kao i razgovarati sa zainteresiranim Grcima i s ostalim inozemnim kolegama o stanju u državama iz kojih dolaze.

Grčki komunisti u stanju su organizirati i sprovesti ovakve upečatljive akcije, prvenstveno zahvaljujući tijesnim kapilarnim vezama s grčkom radničkom klasom i svim segmentima društva. U partiji vlada disciplina, ozbiljnost,otvorenost i odgovornost. KKE je kadrovska stranka, u njoj ne vlada propuh, t.j. nije otvorena karijeristima i hvatačima magle, kao što to je bio SKJ, sa poznatim ishodom, nego član-pretendent mora proći kroz barem godinu dana "observacije", ili godinu dana omladinskog staža, da bi postao član partije.

Takva kadrovska ustrojenost daje organizaciji puno veću snagu nego obična stranka 'd'opinione', jer efikasna revolucionarna organizacija mora biti prisutna u društvu, mora voditi, mobilizirati, imati jasnu ideološku poziciju. A ne samo imati uvjerenje u ispravnost jedne političke opcije, i pasivno čekati, izlazeći samo na izbore. To mora biti škola i našim komunističkim i radničkim strankama. Komunistički aktivisti su oni koji moraju neposredno informirati građane i radnike o aktualnom političkom, društvenom, i privrednim zbivanjima, o kojima mainstrem mediji ne govore.
KKE oscilira između 5-8% glasačke podrške, čime je konstantno zastupljena u nacionalnom parlamentu i u većini gradskih i regionalnih vijeća, što je prava iznimka trenutne situacije europskih Marksističko-Lenjinističkih stranaka. Međutim, prava snaga KKE nije u glasačkoj podršci, nego u unutarnjoj snazi, u strastvenom, dosljednom, i požrtvovnom aktivizmu u sindikatu, u medijima (partija ima svoj dnevnik, portal, i televizijski kanal, u sindikatu, na radnim mjestima, u školama i na sveučilištima, u podršci radnika i građana marginaliziranih predgrađa, koja bi se mogla pridružiti borbi KKE i KNE u slučaju daljnjeg i ekstremnog oštrenja klasnih proturječnosti i nasilnosti sistema, fenomeni koji su već prisutni u grčkom društvu (siromaštvo je u porastu, kao i ubilački državno-korporacijski sponzoriran fašizam).

Zato gledamo na Grčke komuniste kao na inspiratore i uzore u ostvarivanju potrebne klasne borbe za ukidanje kapitalističkog sistema, od kojega se više ništa progresivno ne može očekivati. Samo nam generalna socijalna revolucija - koja mora biti temeljena na znanstvenom organiziranju privrede i društva - može donijeti puni razvitak, jednakost, i svjetski mir.

Andrea Degobbis




LA CROAZIA SOTTO IL CONTROLLO DEL SERVIZIO SEGRETO TEDESCO

1) SOTTOMISSIONE ASSOLUTA
Intervista ad Antun Duhacek, capo dei servizi segreti di Tito
di JUERGEN ELSAESSER - dal giornale KONKRET, novembre 2002

2) IL CASO PERKOVIC
La Germania impone alla Croazia "europea" l'estradizione dell' ex agente segreto e padre dell'attuale consigliere per la sicurezza del Presidente. Perkovic è accusato dai tedeschi di aver fatto eliminare nel 1983 un croato passato al servizio dei tedeschi...


=== 1 ===

Um den originellen Text zu lesen:

TOTALE UNTERORDNUNG
Interview mit Antun Duhacek, dem Geheimdienstchef von Tito
Interview: JUERGEN ELSAESSER - in: KONKRET, November 2002


---

SOTTOMISSIONE ASSOLUTA

Intervista ad Antun Duhacek, capo dei servizi segreti di Tito

JUERGEN ELSAESSER

Dal giornale KONKRET, novembre 2002
(trad. di M. Jovanovic Pisani per CNJ-onlus)


"Lei ha distrutto la Jugoslavia!", ha detto il presidente croato Stipe Mesic, all'inizio di ottobre, rivolgendosi a Milosevic dinanzi al Tribunale ONU dell'Aia. In questa maniera Mesic ha cercato di deviare l'attenzione dalle colpe proprie e da quelle dei burattinai tedeschi: è l'opinione di Antun Duhacek, suo connazionale, che sotto Tito era il capo dei servizi segreti jugoslavi.

Elsässer: Il ruolo della Germania nella distruzione della Jugoslavia all'inizio degli anni Novanta è stato rilevante, innanzitutto per quanto riguarda il riconoscimento diplomatico delle repubbliche secessioniste di Croazia e Slovenia, attuato contro la stessa posizione dei partner della NATO. Quali informazioni hanno i servizi segreti sui dettagli?

Duhacek: La posizione della Germania fu sostenuta dall'Italia, dall'Austria e dal Vaticano. Il BND [servizi segreti tedeschi, ndT] coordinò il sostegno ai secessionisti e, alla fine degli anni Ottanta, prese la guida operativa diretta dei servizi segreti croati all'estero - che "de jure" erano ancora parte dell'intelligence jugoslava UDBA, tuttavia "de facto" erano fuori dal controllo di Belgrado già dall'inizio degli anni Settanta. In occasione di un incontro personale tra il ministro degli Esteri federale Genscher ed il capo dei servizi segreti croati Josip Manolic, nel febbraio 1990, alla vigilia delle elezioni in Croazia - che allora apparteneva ancora alla Jugoslavia - Genscher ha promesso 800 milioni di marchi tedeschi. Manolic voleva avere in mano subito il denaro, il futuro presidente Franjo Tudjman ed il suo allora stretto collaboratore Stipe Mesic attesero con apprensione. Infine, i soldi fluirono solo poco dopo le elezioni nel marzo del 1990. Persone dei servizi segreti tedeschi consegnarono gli 800 milioni di marchi a Zagabria, in contanti.

 Elsaesser: Dev'essere stata una valigia abbastanza pesante...

Duhacek: I tedeschi hanno ottenuto in cambio un compenso. Manolic è pervenuto a febbraio del 1990 con il BND ad un ampio accordo segreto. Esso in sostanza consisteva in tre punti:
 1. Collaborazione tra il servizio segreto croato controllato da lui ed il BND che procederà sia contro la Jugoslavia che contro la Serbia.
2. Il BND mette a disposizione dei suoi collaboratori croati tutti i risultati militari che esso e il suo servizio amico della Nato raccolgono nella e sulla Jugoslavia, per esempio sulla situazione nell’Esercito Jugoslavo, il movimento delle sue truppe ecc. Questo sarebbe stato per Zagabria un grande vantaggio alla vigilia del conflitto militare che poco dopo comincerà.
3. Manolic mette una parte dei suoi informatori e collaboratori informali, per esempio a Belgrado, direttamente sotto il BND.


Elsaesser: Erich Schmidt-Eenboom nel suo libro Der Schattenkrieger [Il combattente nell'ombra] sulle attività del BND sotto Klaus Kinkel, in molti punti si riferisce a Lei. Egli però dice che già „poco prima della morte di Tito a Zagabriatutte le decisioni su questioni strategiche erano prese solo in accordo con i referenti BND e rappresentanti ustascia.“ Questo succedeva all’inizio degli anni Ottanta.

Duhacek: Si trattava di stretti contatti, ma dovevano svolgersi allora in modo nascosto. La fase calda comincia solo alla fine degli anni Ottanta, quando dall’apparato, costruito in segreto da Manolic e dal suo“tutore” Ivan Krajacic, nasce il servizio segreto del nuovo Stato croato. Da circa maggio del 1990 funziona questo servizio segreto come unappendice del BND. La parte tedesca ha preteso una totale sottomissione delle prestazioni del servizio croato e l’ha ottenuta. Per esempio, i tedeschi decidevano quali emigranti croati dovevano avere i passaporti. Come è noto, dopo il 1945 tanti attivisti del movimento fascista degli ustascia hanno dovuto lasciare il paese e vivere sparpagliati per tutto il mondo. Il BND ha stabilito nel 1990 quali, in questo quadro estremista, potessero essere muniti di passaporti per poter tornare. Questi reduci si sono poi inseriti nel governo del nuovo Stato croato pagando - 300.000 marchi tedeschi circa costava il posto di un impiegato ministeriale. Il presidente Tudjman ha contato molto su questa gente.


Elsaesser: I legami stretti di Tudjman con il BND da una parte e con vecchi fascisti ustascia dall’altra parte si palesano nella persona di Ernest Bauer. Jugoslavo di origine “volksdeutsch” [termine per indicare la minoranza di origine tedesca in Jugoslavia; durante la Seconda Guerra Mondiale dalle loro file si formarono molte unità schierate al fianco di Hitler; ndT], Bauer durante la Seconda Guerra Mondiale era stato colonnello del servizio segreto ustascia UNS, fu poi assunto dal capo del BND Reinhard Gehlen per il quale riattivò la sua rete di agenti a Zagabria, che guidò fino agli anni Novanta. Quando nel 1990 Tudjman fonda il suo partito nazionalista croato HDZ, con il quale avrebbe governato lo Stato secessionista per quasi tutti gli anni Novanta, nel corso dei quattro giorni del congresso fondativo risiede presso Bauer. Dopo essere diventato presidente, Tudjman pone il vecchio uomo dei servizi segreti come suo incaricato speciale presso l'Ufficio stampa federale a Bonn.

Duhacek: Ci sono esempi che descrivono ancora meglio il potere del BND sui suoi partner croati. Il BND ha preteso nel 1993/1994 un repulisti nel servizio segreto croato.. Tutti quelli che provenivano dalla tradizione partigiana se ne dovevano andare. Inoltre, si deve sapere che l'intero progetto di Tudjman - il nuovo Stato croato con tutte le sue istituzioni - aveva inizialmente un carattere di compromesso. Il nazionalismo croato e l’ostilità contro la Jugoslavia erano i comuni denominatori; su questa piattaforma si sono incontrate forze che avevano combattuto l'una contro l’altra durante la Seconda Guerra Mondiale, e cioè i nazional-comunisti e i fascisti ustascia. Ora, il BND ha preteso che i primi se ne andassero. Perciò Josip Manolic fu indebolito nelle strutture dei servizi segreti, e Stipe Mesic lasciò con lui e con gli altri, frustrato, il partito di Tudjman HDZ e fondò un suo partito.


Elsaesser: Questo lo ha preteso il BND?

    
Duhacek: Tudjman ha perfino ammesso questo. Nel 1994 scrisse della sua rottura con Manolic: “Quando si è arrivati ad una simile situazione con il signor Manolic, allora devo anche aggiungere che – nel 1992, quando fummo formalmente riconosciuti, ma ancora eravamo senza reali amici - vennero da me dei rappresentanti di una delle potenze principali del mondo e dissero: ‘Signor presidente, Lei è probabilmente cosciente che deve costruire una nuova struttura di difesa e di sicurezza. Noi siamo pronti ad aiutarLa, però, per favore, senza Jozo Manolic.’


Elsaesser: Ma cosa doveva avere il BND contro Manolic? E’ stato proprio lui che nel 1990 ha consegnato ai tedeschi il servizio segreto croato.


Duhacek: Il BND diffidava delle persone che provenivano dalla tradizione partigiana, le quali avevano combattuto contro i tedeschi per quattro lunghi anni. Al BND quelle non apparivano affidabili, perlomeno non sul lungo termine. Prenda il caso di Manolic: è decorato con la medaglia partigiana di “Combattente della prima ora”. Oppure di Mesic: il quale ha veramente ammesso che nel 1991 aveva contatti con il BND. A quei tempi era Presidente del Presidium dello Stato jugoslavo...


Elsaesser: ...e il BND lo aiutò ad essere il più distruttivo possibile in quella funzione.


Duhacek: Sicuro, però Mesic nella Seconda Guerra Mondiale ha perso 16 familiari uccisi dai fascisti. Egli non era affidabile, agli occhi dei tedeschi


Elsaesser: Però, dalla citazione di Tudjman non è chiaro chi ha preteso la sostituzione di Manolic. Egli dice solo: “rappresentanti di una delle potenze principali del mondo”. Forse potrebbero essere stati gli americani che, dopo essere stati inizialmente contro il riconoscimento degli Stati secessionisti, con l’inizio della presidenza di Clinton hanno cambiato corso per ottenere una loro influenza a Zagabria, e per questo motivo hanno voluto destituire il pro-tedesco Manolic?


Duhacek: No, gli americani non hanno avuto alcuna influenza. I tedeschi erano assolutamente dominanti. E quando nel 1995 consiglieri militari americani dirigevano l’offensiva croata per la conquista della Krajina (e la cacciata del popolo serbo), lo facevano secondo la volontà dei tedeschi. Kohl e Genscher non volevano sporcarsi le mani, un impegno militare tedesco allora non sarebbe stato politicamente popolare. Ma i tedeschi hanno rifornito i secessionisti croati di armi, innanzitutto dalle riserve dell’arsenale dei paesi ex socialisti: la Polonia, la Cecoslovacchia, la DDR.


Elsaesser: Nel frattempo in Croazia il partito di Tudjman HDZ ha perso voti, Mesic nel 2000 è diventato presidente. I tedeschi hanno perso la loro influenza, dunque? Mesic, secondo quanto che descrive Lei, deve essere stato abbastanza arrabbiato con il BND.


Duhacek: Si sono messi d'accordo. Mesic non può senza i tedeschi, e i tedeschi non possono senza di lui, almeno per il momento è così. Tudjman è morto, il suo braccio destro Gojko Susak, primo ministro della Difesa, anche. E che Mesic adesso si impegni per far tornare in Croazia qualcuno dei 300mila serbi espulsi, è ragionevole anche per la Germania, il principale partner economico: territori come la Krajina e la Slavonia sono spopolati dal periodo della pulizia etnica a causa dei nazionalisti croati, così un terzo del paese è economicamente arido.


Elsaesser: In Croazia Lei è ricercato con mandato di cattura. Perchè?


Duhacek: Perchè in parecchi libri ed articoli dei giornali ho rivelato come è stato realizzato il nuovo Stato croato. Specialmente mi rimproverano che io da croato di nascita abbia detto queste cose.


Elsaesser: Infatti, questo è insolito. Lei è un traditore della patria?


Duhacek: La mia patria è la Jugoslavia. Quando [nel 1941, ndT] i nazisti hanno occupato la Jugoslavia, mi sono messo dalla parte dei partigiani. Comunista sono diventato solo più tardi.

Quando i nazionalisti croati intorno a Tudjman con gli ex complici dei nazisti, gli ustascia, si sono accinti di nuovo alla distruzione della Jugoslavia, ho difeso il mio paese per la seconda volta. E quando la nuova Croazia si è apprestata a cacciare i serbi, mi sono messo a loro disposizione nel 1991 in Slavonia, come consigliere militare. In fondo, questa era la regione dove io da partigiano avevo combattuto.


Elsaesser: Milosevic La vuole invitare come testimone all’Aia. Ci andrà?

Duhacek: Quando la notizia alcune settimane fa è apparsa sui giornali, sono stato subito di nuovo minacciato di morte. Ma io non mi faccio intimorire, andrò lì quando sarò chiamato dal Tribunale.


Elsaesser: Nella fase di cui abbiamo parlato, Lei non era più in servizio attivo. Da dove ha tratto le Sue informazioni riguardo a Genscher ed ai suoi 800 milioni di marchi tedeschi?


Duhacek: Un uomo dei servizi segreti non è mai fuori servizio. Le mie fonti, come Lei capirà, non le posso menzionare. Ma da croato conosco naturalmente molti croati, sin dentro ai ministeri, anche oggi. Sia Krajacic, il padrino di Tudjman, sia Manolic, al momento della fondazione del movimento secessionista li conoscevo particolarmente bene. Con Manolic, prima della sua morte, ho avuto circa 200 conversazioni di parecchie ore. Come uomo dei servizi segreti egli era un talento puro. Durante la Seconda Guerra Mondiale aveva lavorato sia per il Komintern sia per la Gestapo. Già da allora cominciava a tramare a favore del secessionismo.

Elsaesser: E perchè Le ha raccontato tutto questo?


Duhacek: Forse per ragioni sentimentali. Egli proviene da un villaggio vicino al mio, ho accolto io nel 1941 sua sorella nel Partito Comunista, con suo fratello frequentavo il Ginnasio e poi abbiamo combattuto da partigiani insieme.

Antun, quando scriverai di me, non essere avaro nelle lodi”, mi disse sul letto di morte, “poichè io sono stato un piccolo Dio e il mio unico desiderio era una Croazia pulita”


Sul personaggio: Antun Duhacek (al centro nella foto) nello Stato Maggiore dell’Armata Popolare Jugoslava, Belgrado 1945. Dal 1950 Duhacek ha lavorato per il servizio segreto jugoslavo UDBA e dal 1955 fino al 1968 ne è stato il Direttore. Dal 1969 fino al 1974 è stato deputato al parlamento della repubblica di Croazia ed anche portavoce per le questioni delle nazionalità. Dal 1991 fino al 1994, nella guerra civile in Croazia ed in Bosnia, ha svolto funzioni da consigliere militare dei serbi. Dal 1998 vive in Jugoslavia [La Repubblica Federale composta dalle sole Serbia e Montenegro, istituita nel 1992. ndT].


=== 2 ===

BERLINO E BRUXELLES LANCIANO L’ULTIMATUM PER LA “SPIA DI TITO” 

di Stefano Giantin, da "Il Piccolo" del 7 agosto 2013

Il segnale più forte era giunto alla vigilia dell’ingresso nell’Ue. «Ho altri impegni», aveva fatto sapere la Cancelliera Merkel al Gotha politico croato, che la immaginava come ospite d’onore dei grandi festeggiamenti per l’adesione di Zagabria. E ora, dopo quel gran rifiuto, la Croazia è pronta a ricevere una nuova bastonata dal suo (ex) miglior amico in Europa, la Germania. Ancora una volta tutto per colpa della “spia di Tito”, l’anziano Josip Perkovic, già alto papavero dei servizi jugoslavi e, secondo Berlino, responsabile dell’eliminazione del dissidente [SIC, in realtà un ex manager dell’INA messosi al servizio della Germania] Stjepan Djurekovic, fuggito in Germania nel 1982 con un carico di scottanti segreti e fatto fuori dagli uomini di Perkovic, sulla cui testa pende per questo un mandato di cattura della procura di Karlsruhe.
Ma la Croazia – solo pochi giorni prima dell’ingresso nell’Ue -, ha modificato la legge sull’estradizione, limitandola ai soli croati ricercati per fatti compiuti dopo il 2002. Djurekovic era stato ammazzato nel 1983. Perkovic salvato in corner. Una mossa, quella croata, che da subito aveva fatto inalberare Berlino. La “legge Perkovic” deve essere quanto prima adeguata alle regole Ue, con l’estensione della possibilità di estradizione per crimini pre-2002, anno dell’introduzione del mandato di cattura europeo, la richiesta tedesca. Non ricevendo risposte da Zagabria, la Germania ha così da qualche giorno investito della questione la Commissione europea, ha rivelato il quotidiano Vecernji List. Commissione che, con una lettera firmata dalla vicepresidente Viviane Reding, ha avvertito Zagabria. «Entro il 23 agosto attendo di ricevere la vostra promessa che la legge verrà cambiata» e di sapere quando ciò avverrà. Se non sarà così, Bruxelles potrebbe punire la Croazia con «misure appropriate». Prima «un congelamento» di parte dei fondi Ue. Poi, se Zagabria farà ancora orecchie da mercante, via all’“opzione nucleare” [SIC], la sospensione del diritto di voto nel consesso europeo.
Ma perché la Croazia è pronta a rischiare a tal punto per una vecchia spia? «Perkovic è il simbolo di quella parte dei servizi pronta ad aiutare Tudjman, che aveva bisogno di professionisti nella creazione dello Stato croato», chiarisce Žarko Puhovski, fra i maggiori filosofi e analisti nazionali. E «il figlio di Perkovic è uno dei consiglieri per la sicurezza del presidente Josipovic», suggerisce poi Puhovski. Ma va anche detto che «il sistema giudiziario tedesco non è così puro». Negli Anni Novanta «ultranazionalisti croati, ex killer di agenti segreti jugoslavi, furono lasciati tornare in Croazia dalla Germania, liberi», chiosa l’analista, che prevede poi che difficilmente «la legge sarà cambiata» già ad agosto, causa istituzioni in vacanza. L’autunno? Sicuramente caldo, nella Croazia preoccupata da un futuro europeo incerto. E da storiche amicizie messe a rischio da uno scomodo servitore di più padroni.

---

SPAZIO SCHENGEN A RISCHIO PER LA CROAZIA

di Silvano Silvani, da “La Voce del Popolo” del 12 settembre 2013

“La Croazia deve modificare la legge sul mandato di cattura europeo, meglio nota come Lex Perković, perché in caso contrario i rapporti tra Zagabria e Bruxelles ne risentiranno ancora per lungo tempo”. Questo l’ennesimo monito lanciato dalla vicepresidente della Commissione europea e commissario alla Giustizia, Viviane Reding. Secondo la vicepresidente, Zagabria ritoccando la legge due giorni prima del suo ingresso nell’Unione europea ha non soltanto violato le regole, ma ha anche tradito la fiducia accordatale dagli altri 27 Paesi membri.
Viviane Reding ha ribadito che la Commissione europea dispone di tutti gli strumenti necessari per verificare se la Croazia adeguerà le sue leggi agli standard comunitari. Se ciò non dovesse avvenire, ha avvertito la vicepresidente, scatteranno la sanzioni previste dall’articolo 39 del Trattato di adesione della Croazia all’Unione europea.
Una delle misure potrebbe essere rappresentata dal congelamento dei fondi europei, in primo luogo nel settore della giustizia e degli affari interni. Questo potrebbe portare, molto probabilmente, a un rallentamento dell’entrata della Croazia nello spazio Schengen. In altre parole, a causa della Lex Perković, i controlli di polizia ai valichi tra la Croazia e gli altri Paesi dell’Unione potrebbero rimanere ancora a lungo, con tutti i disagi che questo comporta, ad esempio per i flussi turistici.
Intanto il Capo dello Stato, Ivo Josipović, ha dichiarato che non pensa assolutamente ad esonerare dall’incarico il suo consigliere per la sicurezza, Saša Perković il quale, stando a quanto riportano alcuni media, potrebbe trovarsi in conflitto d’interessi se dovesse venire avviata l’inchiesta nei confronti di suo padre, Josip Perković. Al termine dell’incontro con i cittadini a Dugo Selo, Josipović ha quindi smentito una possibilità del genere, riportata ieri dal quotidiano “Novi List”, che si richiama a fonti dei Banski dvori. Ha spiegato ai giornalisti che Saša Perković non svolge nessun lavoro che possa essere collegato con il caso in questione.
“Il caso, se e quando verrà aperto, sarà in mano alla giustizia. Ho già detto e lo ribadisco che nessuno deve sobbarcarsi il peso degli eventuali peccati dei propri genitori”, è stato categorico. “Lo ripeto, non esonererò il mio consigliere per la sicurezza. D’altra parte, è molto strana questa politica che viene condotta tramite fonti non meglio identificate che costantemente, allo stesso giornale, dettano alcune cose”, ha ribadito il Capo dello Stato.
Secondo Josipović, inoltre, “dipende dall’accordo con l’UE” quando entreranno in vigore le modifiche alla Legge sul mandato di cattura europeo. Rispondendo alla domanda se sia sufficiente quanto annunciato dal premier Zoran Milanović (ovvero l’approvazione delle modifiche di legge nelle prossime settimane e la loro entrata in vigore appena nel luglio dell’anno prossimo), il Capo dello Stato, Ivo Josipović, ha ribadito che bisogna accordarsi con Bruxelles e che non è necessario creare grandi problemi. Di pari passo al braccio di ferro con Bruxelles, assistiamo quindi a una continuazione del tiremmolla tra Banski dvori e Pantovčak, ossia tra le massime cariche dello Stato. E dire che non siamo in un regime di coabitazione, in quanto sia il premier sia il presidente provengono dallo stesso partito...

---

Leggi anche:

“Liti coniugali” tra Bruxelles e Zagabria
di Drago Hedl - 20 settembre 2013

<< ...  Perković, dopo il crollo della Jugoslavia, aveva organizzato e guidato i servizi segreti del nuovo stato croato e riporta la dichiarazione del giornalista Željko Peratović che ha indagato sul lavoro dei servizi jugoslavi e croati, il quale afferma che Perković conosce molte cose su uomini importanti della Croazia, “quelli che si sono occupati dell’importazione di armi e si sono arricchiti, ed ora sono tycoon oppure hanno ancora una forte influenza politica”... >>






All’attenzione di ANPI e ANVRG: SULLA ONORIFICENZA A TITO

Posted on 1 ottobre 2013 by admin
 

Da: Dieci Febbraio <diecifeb @ diecifebbraio.info>

Oggetto: All’att.ne di ANPI e ANVRG

Data: 25 luglio 2013 09.48.27 GMT+02.00

A: info @ anpi.it, comitatonazionale @ anpi.it, anpisegreteria @ libero.it, ufficiostampa @ anpi.it, camiciarossa @ virgilio.it, annita.garibaldi @ fastwebnet.it

 
 
Spett.li 
Ass. Naz. Partigiani Italiani (ANPI)
Ass. Naz. Veterani e Reduci Garibaldini (ANVRG)

Riportiamo in calce il documento recentemente prodotto dalla ANVGD (Ass. Naz. Venezia Giulia Dalmazia) con il quale si richiede “al Presidente Napolitano, al Presidente del Consiglio Letta e all’Ufficio Cerimoniale del Quirinale” di revocare la onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana a suo tempo (1969) conferita al maresciallo TITO, rectius Josip BROZ, dall’allora presidente Saragat.

L’iniziativa della ANVGD va respinta e denunciata nella maniera più energica per i motivi di merito, di metodo e di opportunità che andiamo sinteticamente ad esporre nel seguito.

Riteniamo che le vostre Associazioni siano le più titolate a rispondere nella necessaria maniera a questa operazione di riscrittura revisionista della Storia, che è motivata da cieco furore ideologico. Nel porre una questione apparentemente solo specifica e simbolica, la ANVGD getta invece generale discredito sul movimento antifascista e partigiano più forte e massiccio che si sia sviluppato in Europa nel corso della II Guerra Mondiale, quello jugoslavo, e colpendone il leader politico e militare infanga l’insieme dei valori e delle speranze che quel movimento ha rappresentato. Nello specifico jugoslavo la ANVGD sceglie di schierarsi dalla parte dei perdenti, dalla parte dei nazionalismi, che allora come oggi hanno minato la convivenza delle genti balcaniche. La ANVGD insulta così non solo i valori di Fratellanza e Unità cui la Resistenza jugoslava si richiamò sempre, sia testualmente che nella realtà dei fatti, ma anche proprio lo spirito unitario, internazionalista e anti-nazionalista che la Resistenza Europea nel suo complesso ha inverato.

Le vostre Associazioni hanno per finalità istituzionale quella di tutelare le memorie ed i valori delle Resistenze europee, di sottolinearne il carattere unitario e di ribadire le ragioni delle parti che, in quel conflitto disumano voluto dal Fascismo e dal Nazismo, si allearono assieme per la vittoria della libertà e della giustizia sociale. In particolare per quanto riguarda l’Italia, è vostro compito istituzionale-statutario quello di tramandare la memoria del sacrificio dei combattenti “garibaldini”, partigiani italiani in Jugoslavia, che dopo l’8 Settembre a decine di migliaia scelsero di stare dalla parte giusta, coordinando le proprie azioni con quelle dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia guidato da Tito. In proposito ha scritto opportunamente Sandro Pertini:

« La nascita del nuovo esercito italiano “inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale” deve essere anticipata, alcuni mesi prima della storica battaglia per la conquista di Monte Lungo a Cassino, al 9 ottobre 1943, quando il Generale Oxilia, Comandante della Divisione di Fanteria da montagna “Venezia”, forte di dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe di attaccare i nazisti, coordinando le azioni militari con l’esercito popolare di liberazione della Jugoslavia.

(…) Emerge l’imponente contributo offerto dagli italiani alla lotta per la liberazione della Jugoslavia: per numero, perchè si è parlato di circa 40mila italiani coinvolti nella lotta partigiana; per mezzi, ricordo l’armamento, l’assistenza tecnica e logistica offerta dalle unità italiane all’esercito di liberazione jugoslavo. Con commozione rilevo sopra a tutto il grande sacrificio di vite umane compiuto dagli italiani: di 24mila soldati italiani che l’8 settembre 1943 costituivano gli effettivi delle divisioni “Venezia” e “Taurinense” furono meno di 3500 i sopravvissuti.

Il contributo italiano, dunque, alla liberazione della Jugoslavia si colloca tra i maggiori che le Nazioni alleate e cobelligeranti fornirono a quelle forze partigiane e ripete un momento particolarmente significativo per l’amicizia e la collaborazione italo-jugoslava(…) L’avventura fascista aveva interrotto la fratellanza tra i due popoli che si era instaurata non soltanto negli anni duri della prima guerra mondiale, ma nel pieno del Risorgimento italiano, quando Giuseppe Mazzini nel 1857 pubblicò le sue “Lettere slave” e previde con estrema lucidità che il moto d’indipendenza degli Slavi del Sud sarebbe stato il più importante, dopo l’italiano, per l’Europa futura. » [Introduzione di Sandro Pertini a “Il contributo italiano alla Resistenza in Jugoslavia”, Atti del convegno di studi tenuto a Lucca il 21 giugno 1980. Istituto Storico Provinciale Lucchese della Resistenza. Lucca: Maria Pacini Fazzi Editore, 1981.]

Il carattere mistificatorio e anti-partigiano della operazione della ANVGD impone probabilmente dei passi formali e simmetrici, inclusa forse la scrittura di una memoria o contro-istanza da presentare agli stessi referenti istituzionali e da pubblicizzare ampiamente. Tale contro-istanza dovrebbe a nostro avviso evidenziare almeno le seguenti MOTIVAZIONI:

DI MERITO

Le gravissime accuse rivolte dal dr. Antonio Ballarin contro la figura di Tito sono tutte grossolanamente false.

Non è mai esistito piano jugoslavo per la “pulizia etnica” degli italiani, ma viceversa il movimento di liberazione jugoslavo, così come la Repubblica federativa che da esso scaturì, ebbero carattere eminentemente multinazionale e internazionalista.

Ad attestare questo è anche la semplice logica dei numeri: nel caso di Gorizia, cosa abbia a che fare l’arresto di 650 persone su circa 40.000 abitanti con una ipotetica “pulizia etnica”, in un contesto in cui tutta l’Europa era falcidiata da massacri di enormi proporzioni, è un mistero. La permanenza in Istria e Dalmazia di decine di migliaia di italiani dopo la seconda guerra mondiale e fino ad oggi, con tutte le loro prerogative culturali ed il pieno godimento dei diritti politici, sta a dimostrare l’insussistenza delle velenose accuse di Ballarin.

Il dr. Ballarin omette ogni riferimento concreto per un presunto ordine di «eliminazione degli elementi legati al fascismo e/o dichiaratisi antititoisti»: in effetti non può indicare alcun documento, perché non esiste nessun ordine del genere. Da quale fonte deriverebbero queste «stime più acceditate» e in base a quali elementi? La stessa categoria dei “titoisti” è dal punto di vista storiografico insussistente fino al 1948, quando con la rottura tra la Jugoslavia ed il Cominform si determinò effettivamente uno schieramento, che nulla però aveva a che fare con le nazionalità, ma divise invece i comunisti tra tendenze opposte.

Il suddetto ipotetico “ordine di eliminazione” non è mai esistito e peraltro non esiste alcun elemento che possa indicare Tito quale ispiratore di simili politiche di sterminio “etnico” o “politico”. La “presunzione di colpevolezza” della ANVGD nei confronti di Tito è una abiezione dal punto di vista storiografico ed è un puro pregiudizio ideologicamente connotato.

D’altronde, il 4 luglio 1941 non venne affatto proclamata una generica mobilitazione, ma il PC jugoslavo chiamò i popoli jugoslavi all’insurrezione, da condurre peraltro per gradi e inizialmente con azioni limitate: fu cioè l’atto con cui si diede inizio alla Resistenza antifascista in tutte quelle terre. Il modo sospettoso ed ingiurioso con cui il dr. Ballarin vi fa riferimento parla da solo in merito alle convinzioni ed alle finalità dell’estensore.

DI METODO 

L’istanza del dr. Ballarin non a caso si sofferma su possibili trucchi legali che consentano il ritiro dell’onorificenza. Trucchi legali, perché una tale eventualità non è contemplata dalla normativa specifica per un soggetto defunto, defunto peraltro dopo anni di governo pacifico caratterizzato da ottimi rapporti nel difficile contesto internazionale, e specialmente ottime relazioni di vicinato con l’Italia. I due paesi rafforzarono ulteriormente la loro amicizia negli anni successivi alla attribuzione dell’onorificenza, risolvendo annose questioni e dilemmi confinari che avevano avuto origine ben prima della II G.M. e si erano protratte ancora negli anni della Guerra Fredda. Con il Trattato di Osimo nel 1975 Italia e Jugoslavia pervenivano ad accordi storici con mutuo vantaggio: l’onorificenza attribuita da Saragat preludeva a quel clima di collaborazione e di fratellanza che ad Osimo avrebbe trovato una sanzione diplomatica. Il ritiro della onorificenza, legalmente insostenibile, sarebbe un atto di grave scorrettezza postuma non motivato da fatti successivi al 1969, ed il tradimento di quei sentimenti e aspirazioni alla pace che al tempo di presidenti come Saragat e Pertini si cercò di realizzare.


(slovenscina / italiano)

Iniziative segnalate

1) Roma-Firenze: "Ivo Andrić – scrittore e/o diplomatico"
2) Trieste-Trst 7/10/2013: INCONTRO SULLA SITUAZIONE DELLA RICERCA NEL CAMPO DEL PATRIMONIO STORICO / SREČANJE NA TEMO STANJA NA PODROČJU RAZISKOVANJA ZGODOVINSKEGA IZROČILA


=== 1 ===

Esposizione all’Ambasciata serba a Roma

26. 09. 2013. - L’esposizione del Museo della città di Belgrado “Ivo Andrić – scrittore e/o diplomatico” verrà aperta stasera a Roma alla galleria dell’Ambasciata di Serbia. All’apertura della mostra prenderanno parte l’ambasciatrice Ana Hrustanović, la professoressa dell’Università “La Sapienza” Francesca Bernardini, il professore dell’Università “Roma Tre” Mauro Miccio e l’autrice dell’esposizione Tatjana Korićanac. La prossima tappa dell’esposizione sarà Firenze, in occasione delle Giornate della cultura balcanica nel mese di ottobre. La mostra è stata aperta con l’appoggio del Ministero della cultura e dell’informazione...

---

http://ansamed.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/cultura/2013/09/27/Italia-Serbia-Ivo-Andric-ponte-Roma-Belgrado_9368373.html

Italia-Serbia: Ivo Andric ponte tra Roma e Belgrado

Ambasciata dedica mostra a scrittore. Dassù, sempre più uniti

(ANSAmed) - ROMA, 27 SET - Ivo Andric, scrittore, diplomatico e intellettuale europeo. Giunge nella sede dell'ambasciata di Serbia a Roma la mostra itinerante dedicata all'intellettuale jugoslavo premio Nobel nel 1961 per Il ponte sulla Drina. Una esposizione documentaria che ripercorre la vita e la carriera dello scrittore "nato in Bosnia, di fede cattolica, serbo per adozione e jugoslavo per appartenenza", come lo stesso Predrag Matvejevic lo definì, che tra il 1922 e il 1923 soggiornò a Trieste, dove lavorava al consolato del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Curata da Tanja Koricanac e organizzata dal Museo della città di Belgrado, la mostra storico-documentaria è stata presentata per la prima volta a Gorizia nel 2010. Ad accompagnare il visitatore lungo il percorso, testimonianze inedite di Andric e riflessioni tratte dai suoi taccuini. Un'occasione per ribadire i forti legami che esistono tra Roma e Belgrado, ha ricordato inaugurando ieri sera la mostra l'ambasciatore di Serbia in Italia, Ana Hrustanovic. "Ivo Andric - ha detto - si mosse da Est a Ovest, da Bucarest a Madrid, da Parigi a Ginevra, da Berlino a Roma e questa mostra segue i suoi passi. Non a caso, però, il suo itinerario inizia e finisce proprio qui, in Italia, ponte naturale con l'Unione europea".
Concretamente, "speriamo che entro la fine dell'anno o all'inizio dell'anno prossimo la Serbia possa iniziare formalmente i negoziati con l'Ue". La certezza di potere contare su "di un ponte affidabile come l'Italia", ha proseguito la diplomatica, "rende il tragitto molto più facile e se vogliamo piacevole". Auspicio condiviso anche dal viceministro degli Esteri, Marta Dassù, che si è detta convinta della data di apertura dei negoziati prevista per gennaio. "Siamo sempre più uniti - ha ribadito - non soltanto per i nostri legami passati, ma anche presenti e futuri". Prossima tappa, ha concluso Dassù, il vertice bilaterale di Ancona del 10 ottobre.(ANSAmed).


=== 2 ===

Da:  Trieste USB <trieste@ usb.it>

Oggetto:   invito a incontro pubblico sulla situazione della conservazione e della ricerca nel campo del patrimonio storico /vabilo na javno srečanje na temo stanja na področju ohranjanja in raziskovanja zgodovinskega izročila

Data:  18 settembre 2013 10.39.45 GMT+02.00



http://www.diecifebbraio.info/2013/09/trieste-trst-7102013-incontro-sulla-situazione-della-ricerca-nel-campo-del-patrimonio-storico-srecanje-na-temo-stanja-na-podrocju-raziskovanja-zgodovinskega-izrocila/


Trieste-Trst 7/10/2013: INCONTRO SULLA SITUAZIONE DELLA RICERCA NEL CAMPO DEL PATRIMONIO STORICO / SREČANJE NA TEMO STANJA NA PODROČJU RAZISKOVANJA ZGODOVINSKEGA IZROČILA


Trieste/Trst 12.9.2013
 
Spoštovani 
naša sindikalna organizacija - Temeljna sindikalna zveza / Unione Sindacale di Base - prireja v ponedeljek, 7. oktobra 2013, ob 17h, v dvorani A3 (3. nadstropje) Višje šole modernih jezikov za tolmače in prevajalce (bivši Narodni dom), ul. F. Filzi 14, v Trstu, javno srečanje na temo stanja na področju ohranjanja in raziskovanja zgodovinskega izročila, s posebnim ozirom za primer Odseka za zgodovino Narodne in študijske knjižnice (zaprtje prostorov, nedostopnost gradiva, odpust zadnjega zaposlenega, izničenje osebja). Po mnenju našega sindikata je nujno, da se razvije široka in razvejana javna razprava o ohranjanju zgodovinskega spomina in kulturnih dobrin, o zaposlovanju in delu na področju kulture in znanosti ter o zapletenih odnosih med skupnostjo (manjšinsko in širšo), njenimi predstavniškimi organizacijami ter političnimi institucijami tudi v vidivku možnih rešitev sedanje precej kritične situacije. Na srečanju so predvideni kratka posegi odgovornega vsedržavnega vodstva USB za področje raziskovanja in USB Trst o primeru Odseka za zgodovino Narodne in študijske knjižnice ter drugi posegi o pomenu ohranjanja zgodovinskega bogastva slovenske manjšine, o realnosti dela na področju zgodovinskega raziskovanja, o stanju nekaterih pomembnejših zgodovinsko raziskovalnih in arhivskih ustanov in o stvarnoti zasebnih zbirk in muzejev.  Sledila bo debata. Poskrbljeno bo za simultano prevajanje iz slovenščine v italijanščino in obratno. Vljudno vas vabimo, da se udeležite našega srečanja.
Lep pozdrav
za USB – Zaposleni v zasebnem sektorju
Willy Puglia
 
Spettabile
L' Unione Sindacale di Base (USB) di Trieste organizza lunedì 7 ottobre 2013, alle ore  17, a  Trieste in via Filzi 14 (Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori, ex Narodni dom), aula A3 (3° piano) un incontro pubblico sulla situazione della conservazione e della ricerca nel campo del patrimonio storico, con un particolare riguardo alla vicenda della Sezione storia della Biblioteca nazionale slovena e degli studi (chiusura dei locali, inaccessibilità del materiale, licenziamento dell'ultimo dipendente, azzeramento del personale). E' opinione di questo sindacato che si imponga un'ampia ed articolata riflessione pubblica sulle questioni della conservazione della memoria storica, delle istituzioni culturali e scientifiche, del lavoro in campo culturale e scientifico e dei complessi rapporti fra comunità (slovena e non), le sue articolazioni rappresentative e le istituzioni anche al fine di individuare possibili soluzioni alla non rosea situazione attuale. L'incontro prevede l'intervento di un responsabile nazionale USB del settore ricerca, un intervento di USB Trieste sulla situazione della Sezione storia della Biblioteca nazionale slovena e degli studi nonché altri interventi sull'importanza della tutela del patrimonio storico della minoranza slovena, sulla realtà del lavoro nel campo della ricerca storica, sulla situazione di alcuni dei maggiori enti regionali di conservazione e ricerca e sulla realtà di musei e raccolte privati, il tutto seguito da un dibattito. Sarà assicurato il servizio di traduzione simultanea dall'italiano allo sloveno e viceversa. Vogliate accogliere il nostro cordiale invito a partecipare al nostro incontro. 
Cordiali saluti
per USB – Lavoro privato
Willy Puglia



===

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

=== * ===



Invita i tuoi amici e Tiscali ti premia! Il consiglio di un amico vale più di uno spot in TV. Per ogni nuovo abbonato 30 € di premio per te e per lui! Un amico al mese e parli e navighi sempre gratis: http://freelosophy.tiscali.it/


(francais / italiano)

Ispettori dei miei stivali

1) L'inganno degli "ispettori internazionali" (G.Zambon)
2) Moscou accuse les inspecteurs de l'ONU de "parti pris" sur l'attaque chimique en Syrie (AFP 18/9/2013)
3) L’attacco chimico a Ghuta: dove sono finiti i bambini?
4) Haisam detto Abu Omar, il "nuovo italiano" che piace tanto a Bersani e al PD


LINK: 

Bachar al-Assad gagne la bataille de la communication

Al-Qaeda en Siria disfrutando de una carpa de USAID!


=== 1 ===


L’INGANNO DEGLI „ISPETTORI INTERNAZIONALI“
 
La storia delle cosiddette ispezioni internazionali è molto istruttiva.

Tutti ricordiamo come gli „ispettori internazionali“ durante la guerra decisa dalla NATO con l’obiettivo dello smembramento della Federazione Jugoslava dettero un esempio da manuale di come si possa ingannare l’opinione pubblica.
Non solo si prestarono spudoratamente a omologare come stragi di civili imputate ai serbi diversi fatti d’arme dove i serbi erano innocenti o addirittura vittime (primo bombardamento al mercato di Sarajevo, secondo bombardamento al mercato di Sarajevo, Racak, Srebrenica)  ma si spinsero sino a comunicare alla NATO le coordinate GPS degli obiettivi militari serbi da colpire.

La tattica seguita durante i preparativi della guerra in Iraq fu ancor più raffinata.
Gli agenti dei servizi segreti dei paesi occidentali che operarono in Iraq nelle vesti di ”osservatori internazionali”, dopo aver setacciato il paese in lungo e in largo, non avendo trovato traccia alcuna delle armi di distruzione di massa con le quali “la libera stampa” continuava incessantemente a terrorizzare l’opinione pubblica mondiale, decisero di abbandonare improvvisamente il paese dichiarando davanti alle telecamere di essere costretti a farlo, perché le autorità irachene non collaboravano e anzi ostacolavano i loro movimenti.
Interrogato dieci anni dopo sulle ragioni che lo avevano spinto a mentire in maniera tanto plateale, il signor Butler, capo degli osservatori internazionali, dichiarò candidamente: “non potevo deludere i miei superiori”.
 
E che dire oggi dell’operazione di inganno cui si prestano gli osservatori internazionali in Siria?
Abbiamo atteso, giorno dopo giorno, il loro verdetto.
Eravamo soggettivamente convinti, sulla base di ragionamenti induttivi, che mai e poi mai il governo siriano sarebbe stato tanto sciocco da far coincidere con l’arrivo degli osservatori internazionali l’uso di quelle armi chimiche che, sin dall’inizio del conflitto, esso si era solennemente impegnato a impiegare soltanto contro le truppe straniere se queste avessero tentato di invadere il paese.
Ma la nostra non era –come si suol dire- una “certezza matematica”. Per questo attendevamo con ansia il “verdetto” degli osservatori.
Ma i giorni passavano e gli “osservatori” tacevano. Già questo loro prolungato silenzio era motivo di dubbio e preoccupazione. A quali enormi pressioni politiche venivano essi sottoposti? Nessuno è in grado dirlo.
Ed ecco finalmente con una decina di giorni di ritardo la “notizia bomba”: gli osservatori internazionali dichiarano di aver trovato traccia di sostanze chimiche proibite nei dintorni di Damasco! Che prodezza, che temerarietà!
Gli osservatori internazionali confermano dunque, nientepopodimeno... un fatto di cui siamo a conoscenza e che entrambi i partiti in lotta erano concordi sin dall’inizio di denunciare!
Una simile “incredibile” notizia è stata accompagnata dalla solita stampa di regime con l’ineffabile commento “...agli osservatori internazionali non era stato assegnato il compito di stabilire la responsabilità dell’uso delle armi chimiche”.
 
Kafka era solo un dilettante. Una simile assurdità può solo essere spiegata nel senso che i veri responsabili dell’uso delle armi chimiche non possono e non devono venir denunciati.
 
Saranno governi “democratici” e le agenzie di stampa imboccate dal Mossad, a trarre, dalle scarne dichiarazioni dei miopi osservatori internazionali, le necessarie conseguenze.
Giorno dopo giorno, aumentando il proprio “volume di fuoco” le fonti d’informazione hanno lavorato l’opinione pubblica e i “non addetti ai lavori”, cioè la maggioranza della popolazione è convinta che a usare i gas sia stato Assad.
 
Lontane e indistinte sono le dichiarazioni di Carla Del Ponte, risalenti ad alcuni mesi or sono e subito dimenticate: “tutto fa credere che siano stati i “ribelli” ad usare le armi chimiche”.
Quella stessa Carla Del Ponte che compariva tre volte al di’ sui teleschermi per condannare la brutalità e le colpe dei serbi e  di Milošević dal pulpito di un tribunale NATO con sede all’Aja, viene invece ora sistematicamente oscurata e ignorata dagli zelanti giornalisti dell’impero...
 
Giuseppe Zambon


=== 2 ===


Moscou accuse les inspecteurs de l'ONU de "parti pris" sur l'attaque chimique en Syrie

 MOSCOU, 18 sept 2013 (AFP) - La Russie a accusé mercredi de "parti pris" les inspecteurs de l'ONU qui ont enquêté sur une attaque chimique en Syrie, et a affirmé avoir reçu de Damas des éléments appuyant la thèse d'une provocation des rebelles.
 "Nous sommes déçus, c'est le moins qu'on puisse dire, de l'approche qui a été celle du secrétariat de l'ONU et des inspecteurs de l'ONU qui se trouvaient en Syrie, qui ont préparé leur rapport de manière sélective et incomplète, sans prendre en compte des éléments que nous avions à plusieurs reprises signalés", a déclaré le vice-ministre russe des Affaires étrangères Sergueï Riabkov, cité par les agences depuis Damas.
 "Sans avoir un tableau complet de ce qui se passe ici, on ne peut considérer les conclusions auxquelles sont parvenues les inspecteurs de l'ONU que comme des conclusions politisées, de parti pris et unilatérales", a-t-il déclaré.
 Le diplomate russe, arrivé à Damas mardi soir, a souligné que les inspecteurs avaient rédigé leur rapport sur l'attaque du 21 août près de Damas "sans chercher d'éléments sur trois autres cas, ce à quoi les appelait la partie syrienne, et ce à quoi nous les appelions nous-mêmes".
 Il a ajouté que des "éléments" avaient été transmis aux Russes par la Syrie pour appuyer la thèse d'une provocation des rebelles. 
"Les éléments (de preuve) correspondants ont été transmis à la partie russe", a-t-il déclaré.  "Il nous a été dit qu'ils témoignaient du fait que les rebelles sont impliqués dans l'attaque chimique", a ajouté M. Riabkov. 
"La Russie a commencé l'analyse de ces informations complémentaires. Nous ne pouvons pour l'instant faire de conclusions, mais (...) nous sommes enclins à considérer avec le plus grand sérieux les éléments de la partie syrienne sur l'implication des rebelles dans l'attaque du 21 août", a-t-il encore déclaré.
 "Les experts russes se chargent de l'analyse (de ces éléments). Nous considérons que cela va permettre de renforcer les témoignages et les preuves de l'implication des rebelles dans le recours à l'arme chimique", a encore déclaré M. Riabkov.


=== 3 ===


L’attacco chimico a Ghuta: dove sono finiti i bambini?

RETE VOLTAIRE | MOSCA (RUSSIA)  | 21 SETTEMBRE 2013

Il rapporto delle Nazioni Unite, pubblicato all’inizio di questa settimana, sul presunto utilizzo di armi chimiche nella zona di Ghuta a Damasco, il 21 agosto 2013, ha chiarito molte questioni ma ha lasciato senza risposta le domande fondamentali: chi ha compiuto l’attacco e chi sono le vittime?
Il gruppo di ispettori delle Nazioni Unite guidato dal prof. Ake Sellstrom, sostiene di aver raccolto “prove convincenti dell’utilizzo di razzi superficie-superficie contenenti gas nervino Sarin...”, razzi del calibro di 140 mm sarebbero stati lanciati da una località non specificata, da qualche parte “nel nord-ovest.” [1] Il rapporto indica che il gruppo di ispettori fosse protetto da forze dell’opposizione nei siti di indagine e che tali aree “…erano state visitate da altri individui, sia prima che durante l’indagine“. Si afferma inoltre che “frammenti e altre possibili prove sono chiaramente state manipolate prima dell’arrivo della squadra investigativa.” Gli esperti si sono inoltre lamentati del “periodo di tempo assai limitato per condurre un’indagine dettagliata”.
Secondo una ricerca di New Oriental Outlook, il calibro dei razzi suggerisce che un lanciarazzi multiplo di fabbricazione sovietica BM-14, da 140 mm, sia stato probabilmente utilizzato per bombardare Ghuta orientale. Questo lanciarazzi, progettato nel 1951, in precedenza faceva parte dell’arsenale dell’esercito siriano, fino a quando non fu sostituito decenni fa dai più recenti lanciarazzi BM-21 (Grad, calibro 122 mm, progettato nel 1963) e Tipo 63 (da 107 mm) di fabbricazione cinese. Tuttavia, solo i vecchi BM-14 sono ampiamente disponibili nella regione e sono stati utilizzati, per esempio, dai ribelli algerini negli anni ’90 e dai taliban nel 2000. Sono molto compatti e potrebbero facilmente esser stati segretamente trasportati in una qualsiasi posizione, quella notte fatale, anche nella zona controllata dalle forze governative. Pertanto la posizione presunta della piattaforma di lancio è insignificante, quando si sarebbe potuto utilizzare un qualsiasi punto della periferia abbandonata di Damasco, che si trovasse entro il suo raggio d’azione.
Un altro dettaglio è stato reso pubblico, l’etichetta trovata su una testata. Mikhail Barabanov, esperto del Centro russo per l’analisi delle strategie e delle tecnologie, ha commentato che questa etichetta corrisponde a quelle dei razzi prodotti nel 1967 a Novosibirsk (Russia). Ci si potrebbe giustamente chiedere perché l’esercito siriano avrebbe lanciato un razzo vecchio di 46 anni, quando ha abbondanti scorte di armi moderne e molto più affidabili. E’ anche interessante notare che la produzione di armi chimiche in Siria ha avuto inizio nel 1990, quando impianti chimici furono costruiti presso Damasco, Homs, Hama e Aleppo. Così, quei razzi, pieni di agenti chimici, devono essere datati alla stessa epoca o successiva. Se la data di produzione di un razzo non corrisponde alla data di produzione del suo agente chimico, è ovvio che la testata sia stata riempita in un laboratorio sotterraneo, o anche in un luogo improvvisato. Ciò è pienamente in linea con la prima prova riguardante l’uso di armi chimiche rudimentali da parte dei ribelli in Siria. Quindi, nonostante le affermazioni affrettate di Washington secondo cui il Rapporto delle Nazioni Unite accusa le forze governative siriane quali unici possibili responsabili dell’attacco chimico a Ghuta orientale, il 21 agosto, i veri dati del rapporto sembrano dimostrare il contrario: l’attacco è stato condotto dai ribelli e dai loro mandanti, in un classica operazione false flag volta ad attirare le forze militari straniere in un intervento in Siria. Elaborando le notevoli osservazioni di George Galloway durante la storica sessione del parlamento inglese sulla Siria, a fine agosto, vorremmo affermare che “lanciare un attacco con armi chimiche a Damasco, il giorno in cui il gruppo di ispettori chimici delle Nazioni Unite arrivava a Damasco, usando un lanciarazzi obsoleto, dovrebbe portare a una nuova definizione della follia.”
E ora, le vittime chi sono? Il rapporto della Squadra di Supporto Internazionale di Musalaha (Riconciliazione), in Siria (ISTEAMS) [2], sostiene che basandosi sulle testimonianze oculari e prove video, le zone colpite fossero state in gran parte abbandonate dai residenti locali, nei giorni precedenti l’attacco. Eppure, il filmato diffuso mostra un gran numero di vittime molto giovani. Il rapporto analizza a fondo quasi tutti i video rilevando che furono postati su YouTube il giorno dell’attacco, rivelando anche una serie di fatti che sfidano la versione nota di questa tragedia. Per esempio, perché ci sono così tanti bambini non identificati tra coloro che furono colpiti, in quei video? Perché non ci sono quasi donne? Perché alcuni dei video mostrano chiari segni di sofisticate sovrapposizioni? Perché, in molti casi, gli stessi individui vengono indicati sia morti che vivi? Dove sono i 1458 cadaveri, oltre agli otto la cui sepoltura è stata documentata? Finora non abbiamo avuto dirette e chiare risposte a queste domande.
Tuttavia, la relazione dell’ISTEAMS fornisce la prova terribile che potrebbe far luce sulla vera storia oscura dietro la spaventosa manipolazione mediatica di Ghuta orientale. Si parla del rapimento di decine di civili alawiti poco prima degli attacchi chimici, a Lataqia, da parte di Jubhat al-Nusra, la più potente organizzazione terroristica che opera in Siria. Il 4 agosto, circa 150 donne e bambini furono rapiti da 11 villaggi nelle montagne di Lataqia. Finora non c’è stata alcuna informazione sulla loro condizione e il loro destino. Di seguito è riportato l’elenco completo dei nomi dei bambini sotto i 15 anni rapiti:
Muhammad Qamal Shihad (9), Rand Qamal Shihad (11), Nasr Qamal Shihad (7), Nagham Jawdat Shihad (13), Nathalie Jawdat Shihad (5), Bashar Jawdat Shihad (2), Hamza Ahmad Shihad (9), Amer Ghassan Yahya (8), Haydar Nazim Shihad (12), Zein Nazim Shihad (3), Mehrez Baraqat Shihad (13), Bachar Imad al-Sheiq Ibrahim (12), Ahmad Imad al-Sheiq Ibrahim (13), Jafar Imad al- Sheiq Ibrahim (14), Jafar Adam Ismail (2), Yazan Haydar Haydar (11), Dua Wail Mariam (neonato), Ala Wail Mariam (neonato), Ahamad Ayman Mariam (neonato), Farah Ayman Mariam (neonato), Marah Ayman Mariam (neonato), Mohammad Ayman Mariam (neonato), Dala Ayman Mariam (neonato), Haydar Fayyad Mariam (neonato), Qodor Mazen Traybush (neonato), Dina Munzer Darwish (neonato), Bana Munzer Darwish (neonato), Sham Munzer Darwish (neonato), Ali Baraqat Darwish (neonato), Abdel Qarim Baraqat Darwish (neonato), Abir Baraqat Darwish (neonato), Taym Hani Shquhi (1), Luqman Bassam Fatim (9), Nibal Bassam Fatim (8), Sylvia Bassam Fatim (6), Ghaydak Wafiq Ibrahim (10), Moqdad Wafiq Ibrahim (14), Alaa Nazim Selim (neonato), Rima Nazim Selim (neonato), Rasha Nazim Selim (neonato), Limar Ramiz Selim (neonato), Salim Ramiz Selim (neonato), Shamas Ramiz Selim (neonato), Sali Ramiz Selim (neonato), Tim Azab Selim (neonato), Batul Samir Selim (14), Luqain Talal Selim (15), Wajad Talal Selim (neonato), Jawa Talal Selim (neonato), Hanin Talal Selim (neonato), Rima Talal Selim (neonato), Hussein Ayman Ibrahim (3), Zahra Ayman Ibrahim (8), Mariam Ayman Ibrahim (5), Batul Ghassan al-Qusayb (15), Wakar Ghassan al-Qussayb (14), Sandas Ghassan al-Qussayb (13), Zeina Adnan Fatima (6), Hussein Adnan Fatima (4).
Nel caso in cui almeno uno di loro sia identificato da parenti sopravvissuti, nel materiale video di Ghuta orientale, ci dovrebbe essere una base legale sufficiente per includere Jabhat al-Nusrah e altri gruppi ribelli in Siria, nelle liste per le sanzioni dell’ONU e per una procedura giudiziaria nazionale ed internazionale.

Fonte 
Oriental Review (Russia)

       

Traduzione di Alessandro Lattanzio (Sito Aurora).


=== 4 ===

*** non conosciamo gli autori del blog e giriamo solo per opportuna conoscenza ***

---


 
SE MARTIN LUTHER KING FOSSE ISCRITTO AL PD AVREBBE UN INCUBO.....NON UN SOGNO (MATTEO RENZI)
 
[VAI ALLA URL ORIGINALE PER LE FOTO: http://informare.over-blog.it/m/article-120013911.html
 

Parliamo di Hasam Abu Omar, legato alla famiglia di Nour Dachan presidente emerito dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, la famigerata UCOII che è dietro alla costruzione di tutte le moschee italiane. La stessa associazione alla quale, solo due giorni fa, Kyenge ha promesso l’8 per 1000.  E Nour Dachan ha interessanti frequentazioni con il Pd, nel quale con altri, sponsorizza lo Ius Soli e la cosiddetta rete G2, quella delle ‘seconde generazioni’ alla Balotelli.E una delle espressioni della rete G2 è un personaggio che della UCOII – della sua organizzazione giovanile – è stato presidente: l’attuale parlamentare democratico Khalid Chaouki. Quello che vuole lo Ius Soli e il cibo halal alla bouvette di Montecitorio. Parte della attuale maggioranza di governo.E’ lo stesso Abu Omar immortalato in compagnia di Bersani ad una manifestazione romana insieme ad altri 10 “attivisti” legati al “Coordinamento dei siriani liberi di Milano”  che avevano attaccato l’ambasciata siriana   

 Haisam detto Abu Omar arrestato e subito dopo rilasciato a Roma il 10 febbraio 2012 dopo che insieme ad Ammar Bacha , legato alla famiglia di Nour Dachan presidente emerito dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, immortalato in compagnia di Bersani ad una manifestazione romana e altri 10 “attivisti” legati al “Coordinamento dei siriani liberi di Milano” avevano attaccato l’ambasciata siriana nella capitale come si puo vedere in questo video; qui il terrorista rilascia dichiarazioni dopo la sua scarcerazione; qui l’attacco all’ambasciata ripreso dagli stessi e caricato sui canali degli oppositori siriani in Italia.Dopo quei fatti, i militanti “pro democrazia” furono identificati, interrogati e infine ascoltati dal giudice monocratico Marina Finiti che li ha rinviati a giudizio per direttissima il 15 marzo 2012 imponendo loro l’obbligo di firma, essendo infatti indagati per danneggiamento aggravato, violazione di domicilio e violenza privata aggravata. Quest’ultima imputazione si riferiva all’aggressione dei due vigilanti in servizio all’interno dell’ambasciata.Intanto a Roma il ginecologo Feisal al Mohammed dissidente siriano capitolino a capo dell’Unione dei coordinamenti per il sostegno della rivoluzione in Siria, dopo essere stato avvertito da una telefonata alle sei del mattino dei “fratelli milanesi”, si occupo’ anche della loro difesa, rintracciando gli avvocati Simonetta Crisi e Amedeo Boscaino. Qui in seguito i commenti della giornalista anconetana e figlia del presidente emerito dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia: “Il prossimo 15 marzo a Roma verrà giudicato il gruppo di attivisti per i diritti umani in Siria che il 10 febbraio scorso ha assalito l’ambasciata di Damasco nella capitale italiana. Il gesto, dall’alto valore simbolico, è stato fatto in nome del diritto alla vita del popolo siriano ed è stato dedicato alle donne, ai bambini, ai giovani, all’intero popolo, che sta pagando con la vita la scelta della libertà e della democrazia. L’ambasciata siriana rappresenta il governo siriano, quindi coloro che stanno massacrando il nostro popolo e, di conseguenza, non rappresenta chi crede nel diritto alla sacralità della vita umana. La bandiera dell’indipendenza, invece, ci rappresenta, mi rappresenta, rappresenta il futuro di pace e libertà della Siria. Asmae Dachan”.Dopo il 15 marzo non si hanno notizie certe sull’esito della sentenza delle autorità italiane ma poco dopo come si puo’ notare in questo video alcuni dei 12 attivisti si recarono in Siria per imbracciare le armi al fianco dei terroristi che la insanguinano con i loro massacrando la popolazione civile.Nel video ottenuto dal “The New York Time” girato vicino Idlib in Siria nell’aprire 2013  dove si vedono sette uomini a torso nudo, inginocchiati e con la faccia rivolta verso il suolo. Sono ufficiali dell'Esercito siriano, dietro di loro, altri nove uomini tra i quali si può notare sulla sinistra Haisam “Abu Omar”. Inizia così il video che un ex ribelle siriano ha fatto recapitare al New York Timesalcuni giorni fa. Le immagini mostrano in diretta l’esecuzione di sette soldati dell’esercito di Assad. Nelle immagini si vede il leader di questo commando, il trentasettenne Abdul Samad Issa, ordinare ai suoi compagni l’uccisione dei sette ufficiali.Ci chiediamo come sia stato possibile che le nostre autorità  abbiano permesso la fuga di questo terrorista dal  territorio nazionale permettendogli di continuare a commettere crimini. Ci chiediamo inoltre se la nostra magistratura sta indagando su questo assassino e infine ci chiediamo se Bersani, la Kyenge e tutto il PD non si vergognano. Almeno un pò.  Almeno si rendono conto di avere a che fare con degli assassini ? Sono questi i nuovi italiani di cui farnetica la ministra Kyenge?

 

Continua su:  Ed ecco le foto di Hasam Abu Omar e Bersani insieme...

http://informare.over-blog.it/article-ed-ecco-le-foto-di-hasam-abu-omar-e-bersani-insieme-120014522.html

THU 12 SEP 2013


---


Thursday 12 september 2013

SE MARTIN LUTHER KING FOSSE ISCRITTO AL PD AVREBBE UN INCUBO.....NON UN SOGNO

(MATTEO RENZI)



Nel caso i nostri "amici" del PD intendessero negare quanto contenuto nell' articolo: 

Spara alla nuca dei prigionieri: il nuovo italiano che piace tantoa Bersani e al PD

http://informare.over-blog.it/article-spara-alla-nuca-dei-prigionieri-il-nuovo-italiano-che-piace-tanto-a-bersani-e-al-pd-120013911.html

 

  

ECCO DELLE BELLE FOTO DI HASAM E BERSANI INSIEME
HASAM E' QUELLO CON GIACCA SCURA E T-SHIRT BIANCA

GIACOMO FILIBECK SCRIVE IN UN COMUNICATO STAMPA A SUA FIRMA: 
"Si sostiene nell'articolo che sul palco con Bersani ci fosse tal Hasan Abu Omar, personaggio che si sarebbe distinto per efferati omicidi nel conflitto che sconvolge da più di due anni la Siria. 
Il problema è che la persona indicata, “quello con la giacca scura e la t-shirt bianca”, sarei io, al tempo responsabile per il Medio Oriente del partito. 


GLI ABBIAMO RISPOSTO QUI:  

Caso Hasam "Abu Omar": il Pd non ci sta e si spiega...ci spieghiamo pure noi

http://informare.over-blog.it/article-articolo-senza-titolo-120041197.html

(deutsch / italiano / english)


SYRIAN REPETITION OF “KOSOVO WAR” PUTS MANKIND UNDER THREAT


1) Slobodan Milosevic International Committee: SYRIAN REPETITION OF “KOSOVO WAR” PUTS MANKIND UNDER THREAT / DIE WIEDERHOLUNG DES "KOSOVO-KRIEGES" IN SYRIEN BEDROHT DIE GANZE MENSCHHEIT

2) Andrew Levine: DALLA RUSSIA SENZA AMORE / FROM RUSSIA WITHOUT LOVE


Vedi anche / see also:

VIDEO: Assad Interview
Charlie Rose was granted exclusive access to interview Syrian President Bashar al-Assad about the alleged use of chemical weapons and his response to threat of war from the United States... (Aired: 09/09/2013 - 58'28")
http://video.pbs.org/video/2365076639/


=== 1 === 


*** ENGLISH:

http://milosevic.co/231/syrian-repetition-of-kosovo-war-puts-mankind-under-threat/

SYRIAN REPETITION OF “KOSOVO WAR” PUTS MANKIND UNDER THREAT


Friday, 20 September 2013 09:31


Statement by the Slobodan Milosevic International Committee

The world is facing one of the gravest threats in its history. Aggression against Syria by hordes of terrorists trained, supplied and paid by the Western Corporate Empire – US with its NATO, Zionist and Wahhabite proxies, threatens to turn into full scale war that will ignite a powder keg in the Middle East and trigger a nuclear war between America and Russia.

The American and western propaganda machine has used the phrase “positive Kosovo experience” to try to justify its aggression. Indeed, the aggressions against Yugoslavia/Serbia and Syria have many things in common – from sending extremists from abroad to destabilize harmonic multiethnic societies, to lies about the “regime” disseminated by Western media and politicians, turning the treatment of the nation’s leader from respected partner and “factor of peace” into “butcher” and “dictator”.  Finally, when the terrorists are almost defeated, the threat of massive use of American and vassal state military force appears, bypassing the UN Security Council. The false stories of massacres of civilians by the regime, were used to demonise Serbia as we saw at Racak, just as they have been used at Ghouta to demonise the Syrian government. These propaganda techniques are themselves war crimes and are designed to generate support for the planned aggression. In addition, the Syrian people, like the Serbian people who bravely resisted the US&NATO aggression in 1999, are united around their government and its determined resistance.

But there is a major difference – the world is not the same as it was in 1999.  The financial mechanisms that western imperialist capital has used to exploit the world for its profit are broken. The USA and the EU are experiencing severe economic, social and moral convulsions. Another major war is needed to maintain America’s supremacy as the armed enforcer of western capital. If America can kill and destroy with impunity, the collapse of western finances would be delayed, and countries in fear of its power would keep using the worthless dollars and taking credits from the vampire-banks. The attempt at world dictatorship of western oligarchy would continue. But the balance of forces has shifted.  China, India, Brazil have grown quickly into sovereign economic, political and military powers. America and its principal ally Britain are in steep decline. In spite of the controlled western mainstream media, people around the globe reject imperialist aggression and war propaganda, influencing their governments to distance from the dangerous American war threat, so even the British Parliament voted against the war for the first time in more than 200 years. And most importantly, Russia has recovered its ability and determination to act again as a sovereign superpower, and has accepted the challenge of facing and resisting the monster empire, not only for its own interests, but on behalf of mankind threatened by a new fascism.

The “democratic” face of Dr. Jekyll is revealed, once again, as the capitalist, imperialist, “neo-liberal”  mask of Mr. Hyde in all its depravity. The imperialists, acting through all their various secret societies, Trilateral commissions, Bilderberg groups, banksters, narco-mafias, are now openly acting in favor of death and against the people of the world and the people of America itself in order to save their power. Their true aims are exposed. Their empire is doomed. All free nations and free people everywhere from Latin America to China, have found their voices long suppressed by fear. They must unite now, resist and win – a just World, based on International Law, and the respect for humanity that we all had hoped would be established after the victory over fascism in 1945. One cannot serve good and mammon.



*** DEUTSCH:

Die Wiederholung des "Kosovo-Krieges" in Syrien bedroht die ganze Menschheit.
 
Stellungnahme des Internationalen Komitees Slobodan Milosevic
 
Die Welt sieht sich einer der größten Bedrohungen der Geschichte ausgesetzt. Die Aggression gegen Syrien, verübt durch Terrorbanden, die vom westlichen Monopolimperium -- den USA und ihren Lakaien: der NATO, den Zionisten und Wahabiten -- ausgebildet, ausgerüstet und bezahlt werden, droht in einen regulären Krieg umzuschlagen, der das Pulverfaß des Nahen Ostens entzünden und einen Atomkrieg zwischen den USA und Rußland auslösen könnte.

Zur Rechtfertigung des bevorstehenden Angriffs hat die westliche Propagandaindustrie sich der Phrase von den "positiven Erfahrungen im Kosovo" bedient. Tatsächlich haben die Angriffe gegen Jugoslawien, bzw. Serbien und Syrien viele Gemeinsamkeiten -- angefangen mit der Einschleusung ausländischer Extremisten zur Destabilisierung harmonischer mulitethnischer Gesellschaften bis hin zu Lügen über das "Regime", mit denen westliche Medien und Politiker ehemals respektierte Partner und "Friedensmacher" in "Schlächter" und "Diktatoren" verwandeln. Wenn die Terroristen schließlich fast besiegt sind, wird unter Umgehung des UNO-Sicherheitsrates mit militärischer Gewalt seitens der USA und ihrer Vasallen gedroht. Falsche Massakeranschuldigungen wie im Fall Racak wurden zur Dämonisierung Serbiens benutzt, so wie jetzt Ghouta zur Dämonisierung der syrischen Regierung benutzt wird. Diese Propagandamethoden stellen selbst Kriegsverbrechen dar und sollen die Unterstützung der Öffentlichkeit für die geplanten Angriffe sichern. Zudem steht das syrische Volk geschlossen hinter seiner Regierung, die entschlossen Widerstand leistet, so wie das serbische Volk 1999 heldenhaft dem US-NATO-Angriff standhielt.

Allerdings gibt es einen entscheidenden Unterschied: Die Welt ist heute eine andere als 1999. Die finanziellen Hebel, die der westliche Imperialismus zur Ausbeutung der Welt angewandt hat, funktionieren nicht mehr. Die USA und die EU erleiden schwere wirtschaftliche, soziale und moralische Erschütterungen. Die USA brauchen wieder einen großen Krieg, um ihre Rolle als bewaffneter Vollstrecker der westlichen Kapitalherrschaft zu beweisen. Solange die USA unbehelligt töten und zerstören können, kann der Zusammenbruch des westlichen Finanzsystems aufgeschoben werden, die anderen Länder verwenden aus Angst den wertlosen Dollar und nehmen Kredite bei den Blutsaugerbanken auf. Die westliche Oligarchie greift weiter nach der Weltherrschaft.  Aber das Kräfteverhältnis hat sich verschoben. China, Indien und Brasilien haben schnell wirtschaftliche, politische und militärische Macht, und damit Souveränität erlangt. Die USA und ihr wichtigster Verbündeter Großbritannien sind im Niedergang begriffen. Trotz der Propaganda der gleichgeschalteten westlichen Medien lehnen die Menschen auf der ganzen Welt die imperialistischen Aggressionen und die mit ihnen einhergehende Propaganda ab. Selbst das britische Unterhaus hat zum ersten Mal in mehr als 200 Jahren gegen einen Krieg gestimmt. Und vor allem hat Rußland seine Fähigkeit und Entschlossenheit wiedergefunden, wie eine souveräne Supermacht zu agieren. Es nimmt die Herausforderung an, dem Monsterimperium Widerstand zu leisten -- nicht nur im eigenen Interesse, sondern stellvertetend für die gesamte Menschheit, die sich von einem neuen Faschismus bedroht sieht.

Wiedereinmal kommt hinter dem "demokratischen" Gesicht Dr. Jekylls die kapitalistische, imperialistische, "neo-liberale" Fratze Mr. Hydes in all ihrer Obszönität zum Vorschein. Die Imperialisten, vertreten durch Geheimgesellschaften wie Trilaterale Kommission, Bilderberger, Bankster, Drogenmafia, treten nun offen für den Tod ein und gegen die Völker der Welt, ja sogar gegen das US-amerikanische Volk selbst, um ihre Macht zu erhalten. Ihre wahren Ziele sind enthüllt. Ihr Reich ist dem Untergang geweiht. Die freien Nationen und Völker von Lateinamerika bis nach China haben ihre lange unterdrückte Stimme wiedergefunden. Sie müssen sich vereinigen, Widerstand leisten und eine gerechte Welt erkämpfen, die auf dem Völkerrecht und dem Respekt vor dem Menschen gründet, auf dessen Triumph wir schon 1945  nach dem Sieg über den Faschismus gehofft hatten. Man kann nicht zugleich dem Guten und dem Mammon dienen.


=== 2 ===


*** ITALIANO:

http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/22824-dalla-russia-senza-amore.html

Dalla Russia senza amore

di Andrew Levine* | da www.rebelion.org Fonte www.counterpunch.org
Traduzione di Sandro Scardigli per Marx21.it

Il deus ex machina che ha salvato Obama e il mondo

Nei drammi dell’antichità greca e romana, i drammaturghi che scoprivano di aver portato i loro personaggi a situazioni senza uscita ricorrevano talvolta ad un colpo a effetto drammatico chiamato Deus ex Machina. Apparendo dal nulla, un Dio entrava in scena calando da una macchina simile a una gru e risolveva il problema.

Nè Vladimir Putin nè Sergei Lavrov (ministro degli Esteri russo) assomigliano molto alle divinità greche (nonostante la vanità di Putin) ma Barack Obama, essendosi cacciato in una situazione disperata simile a quelle dei personaggi tragici di Euripide, adesso farebbe bene ad offrire a entrambi uno o due sacrifici non tanto per gratitudine (visto che lo hanno fatto passare da fesso), ma perché lo hanno tirato fuori, come facevano gli dei delle tragedie, da una situazione apparentemente disperata, salvando il mondo da una sorte peggiore.

Ovviamente la soluzione prospettata da Putin e Lavrov potrebbe fallire; non dovremmo mai “mal-sottostimare”, per citare George Bush, l’inettitudine della diplomazia statunitense Clinton-Kerry. Ma forse (e ripetiamo forse) Obama non verserà altra benzina sulle fiamme dell’incendio siriano.

L’uso di gas nervini in guerra è vietato dal diritto internazionale ed è giusto che sia così. Anche le numerose orribili armi apparse dopo la Prima Guerra Mondiale – bombardieri, missili da crociera, prodotti chimici che bruciano la pelle umana, proiettili all’uranio impoverito, droni armati, ecc. – dovrebbero venire proibite.

Ci sono inoltre le armi nucleari, armi di distruzione di massa per antonomasia, di gran lunga più orribili di tutte le altre messe assieme.

Trasformare in un feticcio un divieto in vigore da quasi un secolo e cercare di fermare il progresso morale su questo punto è, a dir poco, singolare. Ma non importa: a differenza dell’indignazione morale simulata, trarre le conseguenze logiche e morali non è il punto forte del nostro Presidente.

Le prove addotte a dimostrazione della presunta violazione, da parte del governo siriano, del divieto di usare armi chimiche in guerra non dimostrano niente. Ne esistono anche a carico dei gruppi ribelli che combattono il governo, ma anche queste non sono schiaccianti. Vale la pena notare che l’Amministrazione di Obama ha molto da guadagnare se il mondo, o per lo meno l’opinione pubblica statunitense ed europea, pensano che Washington abbia le mani pulite e che il vero colpevole sia Assad.

Il piano di Obama era in ogni caso quello di scatenare una guerra non provocata e non dichiarata contro la Siria, uno Stato sovrano.

Secondo il Codice di Norimberga sui crimini di guerra, iniziare una guerra d’aggressione è “il supremo crimine internazionale, che si differenzia dagli altri crimini di guerra in quanto ne è la precondizione e li comprende tutti”.

In altre parole, Obama vorrebbe punire un ipotetico crimine di guerra commettendone uno molto più grave.

L’incoerenza di questa posizione fa addirittura passare in secondo piano quanto sia ridicola l’idea che proprio gli USA, fra tutti i Paesi, godano del prestigio necessario per imporre il rispetto del diritto internazionale.

Obama se ne rende conto? Forse si perché, a differenza del suo predecessore, non è un ignorante e nemmeno stupido od ottuso. Ma non c’è traccia di questa consapevolezza nel suo discorso televisivo del 10 settembre, pronunciato nella Sala Est della Casa Bianca.

Va quindi detto che la palese insostenibilità della sua posizione non ha niente a che vedere con il suo benvenuto voltafaccia, operato approfittando dell’opportunità. È quasi certo che le ragioni di questa mossa siano state più banali.

Forse temeva che i pretesti addotti a giustificazione dell’attacco potessero avere un effetto boomerang, magari non subito, ma abbastanza presto da danneggiare la sua politica e il resto del suo mandato presidenziale. Quel che successe a G. W. Bush potrebbe accadere anche a lui.

Forse temeva l’opposizione della gran parte dell’opinione pubblica. Senza dubbio lui e i suoi accoliti disprezzano l’opinione pubblica al pari dei capitalisti dei quali fanno gli interessi. Ma a tutto c’è un limite.

E deve averlo preoccupato anche il fatto che, dopo aver chiesto l’approvazione del Congresso, ci sarebbe voluto molto tempo ad ottenerne il voto favorevole. Doveva quindi accettare, o affrontare una crisi costituzionale.

Dal momento che l’unico motivo che lui e l’impero che dirige avevano per minacciare la Siria era la salvaguardia del loro prestigio, l’accettazione della proposta russa non è stata una scelta piacevole. L’alternativa però dev’essere certamente apparsa molto peggiore ad un politico che si nutre dell’adulazione delle anime belle liberal, volutamente cieche.

Quando Lavrov ha esposto la sua proposta è apparso chiaro a quasi tutti che la guerra aveva a che vedere con la “credibilità” e niente altro. Nessuno, al di fuori della ristretta cerchia di stupidi interventisti umanitari che circonda Obama, era così sciocco da credere che il vero obiettivo fosse aiutare il popolo siriano o, almeno, di far rispettare il diritto internazionale.

Nessuna delle parole pronunciate martedì sera da Obama nella Sala Est può servire a far cambiare opinione a chicchessia su ciò che è assolutamente ovvio.

Possiamo solo fare ipotesi su quel che è successo dietro le quinte. Non lo sapremo con certezza finché non verranno scritte le memorie o fino a quando il buon esempio di Edward Snowden non sarà seguito da qualcuno che ha accesso a documenti riservati che interessino l’opinione pubblica. Tutto quel che possiamo dire per il momento è che Obama si è visto miracolosamente offrire una scappatoia dal vicolo cieco in cui si era cacciato da solo.

Ora non ha altra scelta che approfittarne.

La diplomazia russa si sta dimostrando in questo frangente ad un livello molto più alto della nostra. Sa cogliere le opportunità che le si presentano, stabilire dei punti fermi, usare l’astuzia. I nostri dirigenti sanno solo commettere errori. Se rimangono a galla è solo fortuna.

I russi sono un gradino sopra di noi anche nel rispetto dei diritti e dei doveri internazionalmente riconosciuti. Sicuramente il motivo per cui un arrabbiatissimo Obama ha ostentatamente rifiutato i precedenti sforzi di Mosca per trovare una soluzione diplomatica alla situazione da lui creata, (quando parlò di una “linea rossa” che Assad non doveva azzardarsi ad oltrepassare) è stata la concessione da parte della Russia dell’asilo umanitario a Snowden .

Le informazioni fornite da Snowden hanno evidenziato quanto lo spionaggio e il controllo sociale siano dilagati nell’Era di Obama. Ma c’è di più: hanno messo in imbarazzo il regime di Obama, o “Amministrazione”, come i nostri ideologi e lacchè si ostinano a chiamarla.

Dal punto di vista del Presidente è una cosa imperdonabile. Pertanto qualsiasi Stato si rifiuti di consegnare Snowden alla “giustizia” statunitense dev’essere indotto a sottomettersi con le minacce o, se queste si dimostrano inutili, deve essere messo all’indice, come ha fatto esplicitamente con la Russia, Stato che si è dimostrato all’altezza delle circostanze.

Ma la condotta ipocrita e insinuante di Obama costituisce un ennesimo esempio della sua inettitudine che ha vanificato, ancora una volta, i suoi sforzi. Venendo in aiuto a lui e al mondo, i russi hanno finora dimostrato un tatto impressionante. Si tratta, insieme ad altri aspetti dell’arte della diplomazia, di una virtù sconosciuta al Dipartimento di Stato Clinton-Kerry.

I professionisti del pregiudizio e gli sponsors mediatici di Obama stanno lavorando duramente per far passare lo sconsiderato passo falso di John Kerry – oggetto di molte battute sarcastiche dietro le quinte – come un’apertura verso una soluzione.

Sostengono, come ha fatto lo stesso Obama, che il regime di Assad ha accettato (di distruggere il suo arsenale di armi chimiche, ndt) soltanto grazie alla ferma determinazione degli USA di ricorrere alla forza. Sono perfino arrivati a dire che la loro intenzione era questa fin dal principio. La loro mancanza di senso del ridicolo non ha limiti.

Il Cremlino li ha per ora lasciati dire le loro insensatezze ed ha dichiarato che la proposta di porre le armi chimiche siriane sotto il controllo internazionale per poi distruggerle è nata durante la recente riunione del G20 a San Pietroburgo (nei colloqui Obama-Putin e negli incontri Kerry –Lavrov precedenti e successivi al vertice).

Probabilmente è andata così, ma certamente non è mai stata presa in considerazione da parte del nostro Presidente, intento a sguinzagliare i suoi droni, un uomo al quale non importa un fico secco di salvare i bambini o di far rispettare il diritto internazionale. Per Obama si tratta di mantenere la credibilità. Questo è tutto. Il resto è chiacchiericcio buono per le pubbliche relazioni.

Dal momento che i russi capiscono perfettamente che se Obama non salva la faccia tutto è perduto, perchè non lo hanno lasciato rivendicare meriti che non ha? Se è quel che serve per prevenire tutti i disastri che deriverebbero dall’attacco militare “limitato” alla Siria che stava per sferrare…che così sia. Lasciategli il suo momento di gloria da “Missione Compiuta”: nessuno gli crederà in ogni caso.

Putin ha vinto questo round e gli apologeti di Obama possono girare la frittata come vogliono ma il loro uomo ha perso e alla grande.

Magari la prossima volta che Washington riterrà urgente rimodellare la geografia politica del Medio Oriente gli istigatori, neocons, interventisti umanitari, politici militaristi, imperialisti al suo servizio, ci penseranno due volte. Se ciò avvenisse, qualcosa di buono sarebbe venuto da questo deplorevole episodio.

*Andrew Levine è Senior Scholar nel Institute for Policy Studies. Autore di The American Ideology (Routledge) e Political Key Words (Blackwell), così come di molti altri libri di filosofia politica. Il suo libro più recente è In Bad Faith: What’s Wrong With the Opium of the People E’ stato professore di Filosofia della University of Wisconsin-Madison e professore ricercatore de filosofia nella Università del Maryland-College Park. Ha collaborato a Hopeless: Barack Obama and the Politics of Illusion (AK Press).</

(Message over 64 KB, truncated)


Scarica in formato pdf:
STRATEGIA DELLA TENSIONE IN ISTRIA: LA STRAGE DI VERGAROLLA
di Claudia Cernigoi - settembre 2013

---




LETTERA DELLA REDAZIONE A “IL PICCOLO”, 16 SETTEMBRE 2013:

 
Scriviamo in merito alle lettere pubblicate su “Il Piccolo” del 12 settembre scorso riguardanti la Conferenza Stampa che la nostra Redazione ha organizzato il 7 settembre a Trieste, per presentare il saggio recentemente apparso sul nostro sito internet intitolato “Strategia della tensione in Istria. La strage di Vergarolla, alla presenza dell’autrice Claudia Cernigoi e della storica Alessandra Kersevan.
Non ci soffermiamo sull’intervento di Gianclaudio de Angelini che ha definito le nostre collaboratrici “famigerato duo negazionista Kersevan-Cernigoi”, espressione sulla quale le dirette interessate valuteranno se agire a termini di legge. Riteniamo più interessante la lettera di Renzo de’ Vidovich, presidente dell’Associazione dalmati italiani nel mondo delegazione di Trieste, che dopo avere definito Kersevan e Cernigoi “due note sostenitrici della propaganda titina”, usando un frasario che sembra riesumato pari pari dagli anni ’40, ha citato un articolo pubblicato nel giornale da lui diretto (“Il Dalmata”) in cui sono nominati alcuni presunti responsabili della strage di Vergarolla. È molto interessante quella citazione di de’ Vidovich, perché a pag. 64 del libro Top Secret, indicato come fonte, non si fa parola né dell’808° Battaglione di Controspionaggio da lui nominato (che, come spiegato nell’articolo di C. Cernigoi, dipendeva dal SIM, ma non faceva parte dei Carabinieri, benché molti agenti ed ufficiali fossero carabinieri, ed oltretutto, secondo il ricercatore Giuseppe Casarrubea, tale organismo sarebbe stato tra quelli controllati da James Jesus Angleton, il dirigente dell’OSS, poi CIA), né tantomeno vi sono riportati i nomi dei presunti responsabili trascritti da de’ Vidovich, i quali peraltro non sono menzionati in alcuna pagina di quel libro, a giudicare dall’Indice dei nomi.
Dunque, de’ Vidovich non può avere letto in Top Secret quanto ha scritto nella sua lettera. Le domande che si pongono allora sono: qual è la sua vera fonte? e perché non la cita correttamente?
Riteniamo peraltro che queste due lettere pubblicate da “Il Piccolo” – l’una inaccettabile per toni e per l’assenza di contenuti di merito, l’altra dai contenuti quantomeno strani, come testé spiegato – , così come il lungo articolo di Paolo Radivo, ripreso da “L’Arena di Pola”, eludano completamente le questioni poste dalle nostre collaboratrici in Conferenza Stampa. Questo è probabilmente anche la conseguenza della carenza di informazione da parte del vostro giornale, che nella cronaca di lunedì 9 settembre (a firma Ugo Salvini) non ha evidenziato quello che era l’oggetto della conferenza stampa (l’articolo su Vergarolla pubblicato nel nostro sito), preferendo presentare l’iniziativa - della quale esiste registrazione audio – come una mera polemica con la presidente Serracchiani, mentre le relatrici avevano subito chiarito che lo scopo dello studio non era fare un attacco politico a Serracchiani ma piuttosto fare un chiarimento storiografico su di una tragedia che viene ancora oggi strumentalizzata a scopi politici: tale intento ha evidentemente messo in agitazione i sostenitori di “verità conclamate” mai dimostrate che sembrano ispirarsi al goebbelsiano “ripeti cento volte una menzogna e diventerà una verità”.
Chiediamo pertanto al Direttore de “il Piccolo” di pubblicare questa nostra nota esplicativa, sia per diritto di replica alle lettere di cui sopra, sia ai sensi dell’art. 8 della legge n. 47 d.d. 8/2/48, in quanto nell’articolo pubblicato risultano attribuite alle due relatrici affermazioni contrarie a verità.

La Redazione del sito www.diecifebbraio.info