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www.resistenze.org - pensiero resistente - imperialismo e globalizzazione - 15-07-08 - n. 236

traduzione per www.resistenze.org di BF

 

Separatismo e costruzione dell’impero nel secolo XXI

 

di James Petras

 

24/06/2008
 
Introduzione. Il contesto storico

 

Nella storia moderna, il ‘divide et impera’ è stato l’ingrediente essenziale che ha permesso che i paesi europei, relativamente piccoli e poveri di risorse, conquistassero nazioni molto più grandi e popolose, e più ricche di risorse naturali. Si dice che per ogni ufficiale britannico in India, ci fossero cinquanta sikh, gurka, musulmani e indù. La conquista europea dell'Africa e dell’Asia fu comandata da ufficiali bianchi, combattuta da soldati neri, ambrati e gialli, affinché il capitale bianco potesse sfruttare i suoi lavoratori e quelli di colore. Le differenze regionali, etniche, religiose, settarie, tribali, comunitarie ed altre, furono politicizzate e sfruttate in modo da permettere agli eserciti imperiali la conquista dei popoli guerrieri. Negli ultimi decenni, i grandi promotori della strategia del ‘divide et impera’ nel mondo sono diventati i costruttori dell'impero statunitense. Negli anni ‘70, la Cia smise di promuovere le dubbie virtù del capitalismo e della democrazia e, finanziandole e dirigendole, passò a legarsi con le élite religiose, etniche e regionali che si opponevano ai regimi nazionali indipendenti od ostili all’edificazione dell’impero statunitense nel mondo.

 

La chiave della costruzione imperiale per via militare degli Stati Uniti segue due principi: l'invasione militare diretta e la fomentazione di movimenti separatisti che possano portare allo scontro militare.

 

La costruzione imperiale nel XXI secolo ci mostra la pratica estesa di entrambi i principi in Iraq, Afghanistan, Iran, Libano, Cina (Tíbet), Bolivia, Ecuador, Venezuela, Somalia, Sudan, Birmania e Palestina. Cioè, in ogni paese nel quale gli Stati Uniti non riescono ad instaurare un governo clientelare stabile ricorrono a finanziare e promuovere organizzazioni e leader separatisti che utilizzano pretesti etnici, religiosi e regionali per rovesciare il governo costituito

 

Coerentemente ai principi tradizionali della costruzione imperiale, Washington appoggia solamente i separatisti nei paesi che si rifiutano di sottomettersi al suo dominio imperiale, mentre si oppone ai separatisti che offrono resistenza all'impero ed i suoi alleati. Quindi, gli ideologi imperialisti non sono ipocriti né utilizzano un doppio standard (come sono accusati di fare dai loro critici di sinistra) ma mantengono pubblicamente il principio di preferenza imperiale come criterio di valutazione per i movimenti separatisti, nel concedere o negare il loro appoggio. Invece, molti presunti critici progressisti dell'impero fanno dichiarazioni universali a favore del diritto di autodeterminazione e lo applicano perfino ai gruppi separatisti più irranciditi e reazionari sostenuti dall'impero, con risultati catastrofici. Le nazioni indipendenti e i popoli che si oppongono ai gruppi separatisti appoggiati dagli Usa, vengono bombardati fino alla distruzione e sono additati come criminali di guerra. Le persone che vivono nel ‘nuovo stato’ e si oppongono ai separatisti vengono uccise o costrette all'esilio. I ‘paesi liberati’ subiscono la tirannia e l'impoverimento indotto dai separatisti appoggiati dagli Stati Uniti, e molti per la loro sopravvivenza economica si vedono costretti ad emigrare in altri paesi.

 

Nessuno, o quasi, dei critici progressisti dell'URSS che appoggiavano l’indipendenza delle sue repubbliche, ha finora espresso pubblicamente qualche ripensamento e tantomeno ha fatto delle riflessioni autocritiche, anche di fronte a decenni di catastrofi socioeconomiche e politiche negli stati secessionisti. Tuttavia, oggi questi stessi progressisti continuano a predicare grandi principi morali a quelli che contestano e respingono alcuni movimenti separatisti perché sono originati e crescono nell’intento di estendere l'impero statunitense.

 

In queste ultime decadi, il successo di Washington nella cooptazione dei così detti ‘progressisti liberali’ in appoggio ai movimenti separatisti, pronti a diventare clienti dell’imperialismo, è stato notevole e le conseguenze per i diritti umani nefaste.

 

I principali gruppi sostenuti dai progressisti europei e statunitensi sono i seguenti:

 

1. I fondamentalisti bosniaci, appoggiati dagli Usa, neofascisti croati e terroristi albano-kosovari, col risultato delle pulizie etniche e della conversione dei loro stati, prima sovrani, in basi militari Usa, in regimi clientelari e in disastri economici, distruggendo totalmente il welfare multinazionale iugoslavo.

 

2. I fondamentalisti islamici afgani, appoggiati dagli Usa, che hanno distrutto il regime politico afgano, laico e riformista, promotore dell'uguaglianza della donna e di importanti campagne anti-feudali che coinvolgevano sia uomini sia donne, di una riforma agraria generale e di ampi programmi sanitari ed educativi. Come risultato dei successi militari Usa/tribal-islamici, milioni di persone risultano morte, sfollate ed espropriate, mente i signori della guerra tribali, medievali, fanatici anticomunisti, hanno distrutto l'unità del paese.

 

3. L'invasione dell'Iraq da parte degli Usa, che ha distrutto uno stato nazionale moderno e il sistema socioeconomico laico ed avanzato di quel paese. Durante l'occupazione, l'appoggio degli Usa a movimenti religiosi e tribali, clan e movimenti etnici separatisti ha condotto all'espulsione di più del 90% della sua moderna classe scientifica e professionale ed al massacro di più di un milione di iracheni… tutto in nome della sostituzione di un regime repressivo e, soprattutto, della distruzione di un stato che si opponeva all'oppressione israeliana della Palestina.

 

È evidente che l'intervento militare statunitense promuove il separatismo come mezzo per instaurare una base di appoggio regionale. Il separatismo facilita la creazione di governi fantoccio minoritari e ha funzione di contrasto verso i paesi vicini che si oppongono alle spoliazioni dell'impero. Nel caso dell'Iraq, il separatismo curdo appoggiato dagli Usa ha preceduto la campagna di isolamento di un avversario, la creazione di coalizioni internazionali per premere e debilitare il governo centrale. Washington evidenzia come ‘atrocità dei regimi’ i casi di diritti umani, per alimentare campagne di propaganda globali. Più recentemente, ciò è diventato evidente nelle proteste teocratiche tibetane finanziate dagli Stati Uniti contro la Cina.

 

I separatisti sono sostenuti come truppe da usare per potenziali colpi terroristici, per attaccare settori economici strategici e provvedere informazioni, reali o fabbricate, come nel caso dei curdi e di altri gruppi di minoranza etnica rispetto all'Iran.

 

Perché il separatismo?

 

Gli imperialisti non ricorrono necessariamente ai gruppi separatisti, specialmente quando hanno clienti a livello nazionale che controllano lo stato. È solo quando il loro potere è limitato a gruppi, territorialmente o etnicamente concentrati, che i loro servizi segreti ricorrono a promuovere i movimenti ‘separatisti’. Gli Stati Uniti appoggiano il movimento separatista in un processo graduale, cominciando dal fare appello all'esigenza di una maggiore autonomia e decentramento, mosse tattiche essenziali per acquisire una base di potere politico locale, accumulare risorse economiche, contrastare gruppi anti-separatisti e minoranze etniche o religiose e politiche locali legate al Governo centrale (come la repressione delle comunità cristiane nell’Iraq settentrionale, represse dai separatisti curdi per i loro annosi legami con il Partito Centrale Baath, o i rom del Kosovo, espulsi e uccisi dagli albano-kosovari a causa del loro appoggio al sistema federale iugoslavo)

 

 Il tentativo di usurpare forzosamente le risorse nazionali e l’estromissione degli alleati locali del governo centrale dà luogo a scontri e conflitti con il potere legittimo del governo centrale. È a questo punto che l'appoggio esterno (imperialista) diventa cruciale per mobilitare i mass media a denunciare la repressione di ‘pacifici movimenti nazionali’, ‘che esercitano semplicemente il diritto all'autodeterminazione’. Una volta che la macchina imperiale propagandistica dei mezzi di comunicazione di massa tocca la nobile retorica dell'autodeterminazione e dell'autonomia, la decentralizzazione e l'autogoverno, la grande maggioranza delle Ong finanziate da Usa ed Europa si uniscono in coro ad attaccare gli sforzi del Governo per mantenere stabile un stato-nazione unificato.

 

In nome della ‘diversità’ e di uno ‘stato multietnico’, le Ong di obbedienza occidentale provvedono un supporto ideologico ai separatisti filo-imperialisti. Quando i separatisti hanno successo, arrivando ad assassinare e realizzare pulizie delle minoranze etniche e religiose legate al governo centrale precedente, le Ong stanno stranamente zitte o sono perfino complici nel giustificare i massacri come ‘reazioni eccessive alla precedente repressione’. La macchina propagandistica occidentale arriva a celebrare l'espulsione da parte dello stato separatista di centinaia di migliaia di persone, come avvenne nel caso dei serbi rom del Kosovo e della regione croata della Krajina con titoli come: "I serbi in fuga: se lo meritano", accompagnati da foto di truppe della Nato che sorvegliano il trasloco di famiglie indigenti dai loro paesi e città atavici verso squallidi campi nella Serbia bombardata. I politici occidentali trionfanti hanno biascicato devozioni sui massacri di civili serbi da parte del Kla; per esempio l'ex ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer, (Verdi) disse: "Comprendo il vostro dolore (a quelli del Kla), ma non dovreste lanciare granate a bambini (serbi) in età scolare"

 

Il passaggio da ‘autonomia’ all’interno di uno stato federale ad uno ‘stato indipendente’, si basa sull'aiuto fornito ed amministrato dallo stato imperialista alla regione autonoma, che consolida con ciò la sua esistenza ‘de facto’ come stato indipendente. Questo è successo chiaramente nel Kurdistan, passato dal 1991 ad oggi, da no-fly-zone dell'Iraq settentrionale a regione autonoma.

 

Il medesimo principio di autodeterminazione rivendicato dagli Usa e dai loro clienti separatisti è negato ad altre minoranze dello stesso territorio- mentre la propaganda mediatica statunitense fa riferimento ad essi come ‘agenti’o cavalli di Troia del Governo centrale.

 

Rafforzato dall'aiuto esterno imperiale, e dalle relazioni imprenditoriali con le imprese transnazionali Usa e Ue, appoggiato da forze di polizia locali paramilitari e quasi-militari (come pure da bande organizzate criminali), il regime autonomo dichiara la sua indipendenza, ed è riconosciuto poco dopo dai suoi padroni imperiali. Dopo l'indipendenza, il regime separatista offre concessioni territoriali ed installazioni per la costruzione di basi militari agli Usa. Il modello imperiale gode di privilegi di investimento, compromettendo seriamente la sovranità nazionale.

 

L'esercito di Ong locali ed internazionali raramente formula qualche obiezione a questo processo di incorporazione dell'entità separatista nell'Impero, neanche quando è lo stesso popolo liberato ad opporsi. Nella maggioranza dei casi il grado di ‘governance locale’ e di libertà di azione del regime ‘indipendente’ è minore di quanto lo fosse quando era una regione autonoma o federale nel precedente stato unitario nazionale. Spesso i regimi separatisti fanno parte di movimenti irredentisti legati a controparti in altri stati. Quando movimenti irredentistici trasversali transnazionali sfidano gli stati vicini che sono anch’essi obiettivo dei costruttori dell’impero statunitensi, servono come piattaforme per gli attacchi militari di bassa intensità statunitensi e per le attività terroristiche delle Forze Speciali.

 

Per esempio, quasi tutte le organizzazioni separatiste curde hanno elaborato una mappa di ‘Grande Kurdistan’ che copre un terzo della zona sud-orientale della Turchia, l’Iraq settentrionale, un quarto dell'Iran, parti della Siria e di ogni altro posto dove si possa trovare un'enclave curda. I reparti speciali statunitensi operano al fianco dei separatisti curdi terrorizzando le popolazioni iraniane in nome dell'autodeterminazione, e gruppi di curdi, con forte appoggio militare statunitense, hanno occupato e governano l'Iraq settentrionale e forniscono truppe mercenarie peshmerga per massacrare la popolazione arabo-irachena nelle città e nei paesi delle regioni centrali, occidentali e meridionali che si oppongono all'occupazione americana. Questi gruppi hanno iniziato la rimozione forzata dei popoli non curdi (arabi, cristiano-caldei, turcomanni, etc.) dal così detto Kurdistan iracheno confiscando loro case, poderi ed esercizi commerciali. I separatisti curdi appoggiati dagli Usa hanno creato conflitti col vicino Governo turco, e Washington, mentre cerca di tenersi i suoi clienti curdi per utilizzarli in Iraq, Iran e Siria evita di inimicarsi questo suo alleato strategico della Nato: la Turchia. Tuttavia gli attivisti separatisti turco-curdi del PKK hanno lodato gli Usa per quello che qualificano ‘colonialismo progressista’, per lo smantellamento effettivo dell'Iraq e per la formazione delle fondamenta di un stato curdo.

 

La decisione degli Usa di collaborare con l'esercito turco, o per lo meno di tollerare i suoi attacchi militari contro certe zone occupate dai separatisti curdi del PKK con sede in Iraq, fa parte della loro politica globale di dare priorità alle alleanze imperiali strategiche ed ai loro alleati contro qualunque movimento separatista che li minacci. Pertanto, mentre gli Usa appoggiano i separatisti kosovari contro la Serbia, si oppongono ai separatisti dell’Abkhazia che lottano contro il loro governo clientelare della Repubblica della Georgia. Gli Usa, mentre appoggiano i separatisti ceceni contro il governo di Mosca, si oppongono ai separatisti baschi e catalani nella loro lotta contro la Spagna, alleata di Washington nella Nato. Mentre Washington ha finanziato con larghezza i separatisti boliviani guidati dagli oligarchi di Santa Cruz contro il governo centrale di La Paz, appoggia la politica del governo cileno di repressione delle richieste degli indigeni Mapuche di diritto alla terra e alle risorse nel centro-sud del Cile.

 

È evidente che l’autodeterminazione e l’indipendenza non sono principi universali che definiscono la politica estera statunitense, né lo sono mai stati, come testimoniano le guerre degli Stati Uniti contro le nazioni indiane, i negrieri secessionisti meridionali e le invasioni ricorrenti di stati indipendenti latinoamericani, asiatici ed africani. Ciò che conta nella politica degli Usa è se un movimento separatista, i suoi leader e i suoi programmi siano funzionali o no alla costruzione dell'impero. Tuttavia la domanda inversa è sollevata di rado dai così detti progressisti di sinistra o antimperialisti: il movimento separatista o indipendentista debilita l'impero e consolida le forze antimperialiste o no? Se accettiamo che la questione determinante sia la sconfitta della macchina per ammazzare milioni di persone chiamata imperialismo statunitense, allora è legittimo valutare ed appoggiare determinati movimenti indipendentisti, come respingerne altri. Non c'è niente di più ipocrita o meno conveniente di sollevare alti principi nel prendere queste decisioni politiche. È noto che Hitler giustificò l'invasione della Cecoslovacchia in difesa dei separatisti dei Sudeti, e che una serie di presidenti statunitensi hanno motivato la spartizione dell'Iraq in nome della difesa dei curdi, o sunniti, o sciiti, o di chiunque siano i leader tribali che si prestano alla costruzione dell’impero degli Usa. Ciò che definisce la politica antimperialista non sono i principi astratti di autodeterminazione, bensì la definizione esatta dei riferimenti specifici.

 

Ad esempio, oggi in Bolivia, in nome dell'autodeterminazione e dell'autonomia, un'oligarchia di destra razzista, padrona del settore dell'esportazione agricola, si sta impadronendo del controllo della regione più fertile e ricca in risorse energetiche, che comprende il 75% delle risorse naturali del paese, espellendo e brutalizzando gli indigeni impoveriti nel processo. Bisogna domandarsi su quale base il movimento di sinistra o antimperialista possa opporsi a ciò, se non perché il contenuto di classe, di razza e di nazione di queste rivendicazioni è antitetico ad un principio più importante: la sovranità popolare basata sui principi democratici di potere della maggioranza e di eguale accesso alla ricchezza pubblica.

 

Separatismo in America Latina: Bolivia, Venezuela ed Ecuador

 

In questi ultimi anni, in America Latina i candidati sostenuti dagli Usa hanno vinto e perso le elezioni nazionali. È chiaro che gli Stai Uniti hanno mantenuto l'egemonia sulle élite al governo in Messico, Colombia, America Centrale, Perù, Cile, Uruguay ed in alcuni stati insulari dei Caraibi. Negli stati dove l'elettorato ha sostenuto gli oppositori della dominazione statunitense, come Venezuela, Ecuador, Bolivia e Nicaragua, l'influenza di Washington si appoggia su funzionari eletti a livello regionale, provinciale e locale. È prematuro affermare, come dichiara il Council for Foreign Relations, che l'egemonia statunitense in America Latina sia cosa del passato. Basta leggere i documenti economici e politici che registrano i crescenti vincoli economici e militari tra Washington ed il regime di Calderon in Messico, i regimi di García in Perù, Bachelet in Cile ed Uribe in Colombia per registrare il fatto che l'egemonia statunitense prevale ancora in importanti regioni dell'America Latina.

 

Se guardiamo oltre il livello governativo nazionale, perfino in stati non egemonizzati dagli Usa, l'influenza statunitense è tuttavia un fattore potente nel condizionare il comportamento politico della facoltosa ala destra del business, delle élite politiche finanziarie e regionali in Venezuela, Ecuador, Bolivia ed Argentina. Dalla fine di maggio del 2008, i movimenti regionalistici sostenuti dagli Usa sono stati all'offensiva, instaurando ‘de facto’ un regime secessionista a Santa Cruz, in Bolivia. In Argentina, le élite dell'agro-business hanno organizzato una serrata della produzione e della distribuzione su scala nazionale, appoggiate dalle grandi confederazioni industriali, finanziarie e commerciali, contro un'imposta sull'esportazione promossa dal governo di centro-sinistra di Cristina Kirchner. In Colombia, gli Usa stanno negoziando con il presidente paramilitare Álvaro Uribe la collocazione di una base militare alla frontiera con lo stato venezuelano ricco di petrolio di Zulia, che sembra avere l'unico governatore in carica opposto a Chávez, uno strenuo difensore dell'autonomia o della secessione. In Ecuador, il sindaco di Guayaquil, appoggiato dai media di destra e dagli screditati partiti politici tradizionali, ha proposto ‘l'autonomia’ dal Governo centrale del presidente Rafael Correa.

 

Il processo di smembramento nazionale guidato dall'impero è molto diseguale, a causa del diverso grado dei rapporti di forza politici tra il Governo centrale ed i secessionisti regionali. I secessionisti boliviani di destra sono quelli più avanzati, essendo arrivati ad organizzare e vincere un referendum, dichiarandosi un'unità governativa indipendente con il potere di riscuotere tasse, formulare la politica economica estera e creare una propria forza di polizia.

 

Il successo secessionista di Santa Cruz è dovuto all'incapacità politica e alla totale incompetenza del regime di Evo Morales e del suo vicepresidente Álvaro García Linera che, promuovendo l'autonomia per le molte ‘nazioni’ indio impoverite (indianismo), hanno finito con il favorire che gli oligarchi razzisti bianchi cogliessero l'opportunità di stabilire la loro propria base di potere separatista. Man mano che i separatisti ottenevano il controllo della popolazione locale, procedevano ad intimorire gli indios e i sindacalisti favorevoli al governo di Evo Morales, a sabotare violentemente l'Assemblea Costituzionale e respingere la Costituzione, strappando continuamente concessioni al debole e conciliatorio governo centrale di Morales. I separatisti, mentre liquidavano la Costituzione e ponevano il loro controllo sui principali mezzi di produzione e sull’esportazione, si presero altre 5 province, formando un arco geografico di sei province, più l'influenza su altre due, nel tentativo di degradare il Governo nazionale. Il regime ‘indianista’ di Morales-García Linera, composto in gran parte di ex impiegati meticci di Ong finanziati dall'estero, non ha mai usato il suo potere costituzionale formale né il monopolio legittimo della forza per fare eseguire l'ordine costituzionale e per dichiarare fuori legge e perseguitare le violazioni dell'integrità nazionale da parte dei secessionisti ed il loro rifiuto dell'ordine democratico.

 

Morales non ha mai mobilitato il paese, la maggioranza delle organizzazioni popolari della società civile, e non è nemmeno ricorso all'esercito per sconfiggere i secessionisti. Ha invece continuato a fare impotenti appelli al dialogo, e compromessi nei quali le sue concessioni all'autogoverno dell'oligarchia ha solamente confermato la loro guida del potere regionale. Come caso esemplare di mancanza di governance di fronte ad una minaccia reazionaria separatista alla nazione, il governo di Morales-García Linera rappresenta un deplorevole fallimento nel difendere la sovranità popolare e l'integrità della nazione.

 

Le lezioni boliviane di mancanza di governance devono servire da severo monito a Chávez in Venezuela e a Correa in Ecuador: a meno che non agiscano con tutta la forza della costituzione per frenare i movimenti separatisti in embrione, prima che ottengano una base di potere, dovranno affrontare anche loro la rovina dei loro paesi. La minaccia più grande è in Venezuela, dove i militari statunitensi e colombiani hanno costruito basi nella frontiera con lo stato limitrofo venezuelano di Zulia, infiltrando reparti d’assalto e forze paramilitari nella provincia, e considerano il possesso di questa provincia ricca in petrolio come una testa di ponte per privare lo stato venezuelano delle sue rimesse vitali provenienti dal petrolio e destabilizzare il governo centrale.

 

Oggi i movimenti separatisti promossi in America Latina dagli Usa sono attivi per lo meno in tre paesi. In Bolivia, l’arco di province di Santa Cruz, Beni, Pando e Tarija, hanno indetto con successo referenda provinciali per ‘l’autonomia’, che qui è il termine utilizzato per secessione. Il 4 maggio del 2008 i separatisti di Santa Cruz hanno avuto successo: con una partecipazione di quasi il 50% degli elettori censiti, hanno ottenuto l’80% di voti favorevoli. Il 15 maggio, l'elite politico-imprenditoriale di destra ha annunciato la formazione di ministeri per il commercio esterno e la sicurezza interna, assumendo così i poteri effettivi di un stato secessionista. Il governo degli Stati Uniti, rappresentato dall'ambasciatore Goldberg, ha fornito appoggio finanziario e politico alle organizzazioni ‘civili’ secessioniste di destra, attraverso 125 milioni $ di aiuto ai loro programmi gestiti dall’Aid, e decine di milioni di $ del programma anti-droga, ed attraverso il Ned (National Endowment for Democracy) ha finanziato le Ong favorevoli alla secessione. Nelle riunioni dell'Organizzazione degli Stati Americani ed in altre riunioni regionali, gli Usa si sono rifiutati di condannare i movimenti separatisti.

 

A causa della completa incompetenza e mancanza di guida politica nazionale del presidente Evo Morales e del suo vicepresidente Álvaro García Linera, lo stato boliviano si sta disintegrando in una serie di cantoni autonomi, perché già diversi altri governatorati provinciali cercano di usurpare il potere politico e gestirsi le loro risorse economiche. Fin dall'inizio, il regime Morales-García Linera firmò diversi patti politici, adottò una serie di politiche ed approvò una quantità di concessioni alle élite oligarchiche di Santa Cruz, che permisero loro di ricostruire efficacemente la loro naturale base politica di potere, di sabotare un'assemblea costituzionale eletta e minare decisamente l'autorità del Governo centrale. Il successo della destra si è prodotto in meno di due anni e mezzo, fatto particolarmente sorprendente, se si tiene in conto che nel 2005 il paese visse un'importante insurrezione popolare che depose un presidente di destra, mentre milioni di lavoratori, minatori, contadini ed indios si impadronivano delle strade. È dovuto all'assoluto malgoverno di Morales e García Linera se il paese è passato tanto rapidamente e decisamente da un stato di potere insurrezionale popolare ad un paese frammentato e diviso, nel quale un'elite agro-finanziaria separatista si è impadronita del controllo dell’80% delle risorse produttive del paese, mentre il Governo centrale solleva flebili proteste.

 

Il successo della classe dirigente regionale secessionista boliviana ha incoraggiato ‘movimenti autonomisti’ simili, guidati dal sindaco di Guayaquil (Ecuador) e dal governatore di Zulia (Venezuela). In altre parole, la sconfitta politica, costruita dagli Stati Uniti, del governo di Morales e García Linera in Bolivia, ha portato il movimento autonomista ad associarsi con gli oligarchi in Ecuador e Venezuela per ripetere l'esperienza di Santa Cruz in un processo di “separatismo contro-rivoluzionario permanente”.

 

Il separatismo e l'ex URSS

 

La sconfitta del comunismo nell'URSS ha avuto poco a che vedere con quello che l'ex responsabile della sicurezza nazionale statunitense Zbigniew Brzezinski qualificò come una "bancarotta del sistema a causa della corsa al riarmo." Fino alla fine nell’URSS, le condizioni di vita sono rimaste relativamente stabili, i programmi di welfare hanno continuato a funzionare a livelli quasi ottimali ed i programmi scientifici e culturali a ricevere una parte cospicua della spesa pubblica. Invece le elite che hanno governato dopo il sistema comunista non hanno corrisposto alla propaganda statunitense sulle virtù del libero mercato e della democrazia, come proclamavano i presidenti Ronald Reagan, George Bush padre e Bill Clinton: lo prova in modo evidente il fatto che quando hanno preso il potere hanno imposto un sistema politico ed economico né democratico né basato sulla competizione del mercato. Questi nuovi governi su base-etnica si sono rivelati simili a monarchie dispotiche, predatrici e nepotiste che hanno regalato (con le privatizzazioni) ad un pugno di oligarchi e monopoli stranieri la pubblica ricchezza accumulata durante i precedenti 70 anni di lavoro collettivo e di investimenti.

 

La principale forza ideologica che spinge l’attuale politica separatista è la politica di identità etnica, fomentata e finanziata dagli organismi di intelligence e propaganda degli Usa. La politica di identità etnica che ha rimpiazzato il comunismo, è basata su vincoli verticali tra le elite e le masse. Le nuove elite governano per mezzo di un nepotismo di tipo clánico-famigliar-religioso-mafioso, finanziato e spinto con la rapina e la privatizzazione della ricchezza pubblica creata sotto il Comunismo. Una volta al potere, le nuove élite politiche ‘privatizzano’ la ricchezza pubblica trasformandola in ricchezza familiare e convertono se stessi ed i loro complici, in una classe governante oligarchica. In non pochi casi, i vincoli etnici tra le élite e i sottoposti si dissolvono davanti al declino delle condizioni di vita, le disuguaglianze profonde di classe, i brogli elettorali e la repressione dello stato.

 

In tutti gli stati dell'ex URSS, l'unica rivendicazione delle nuove classi dirigenti in materia di legittimità sociale si basa sull'appartenenza ad un'identità etnica comune. Hanno rispolverato simboli medievali e monarchici del lontano passato, tirando fuori dell'armadio monarchi assolutisti, gerarchie religiose parassitarie, signori della guerra pre-capitalisti, imperatori sanguinari e bandiere nazionali dei giorni del feudalesimo proprietario terriero per forgiare una storia ed un'identità comuni con le masse appena ‘liberate’. Il ripetuto ricorso ai simboli reazionari del passato è del tutto appropriato: le attuali politiche di dispotismo, la rapina e i culti della personalità hanno assonanze con i guerrieri ‘storici’ del passato, i signori e le pratiche feudali.

 

Man mano che i nuovi despoti post-URSS perdono il loro lustro etnico in seguito alla pubblica disillusione generata dal rapace saccheggio nazionale e straniero della ricchezza nazionale, i leader ricorrono sistematicamente alla forza.

 

Il maggior successo della strategia statunitense di promozione del separatismo è stata la distruzione dell'URSS, non la promozione di democrazie capitaliste indipendenti vitali. Washington è riuscita nell'esacerbazione di conflitti etnici tra i russi e le restanti nazionalità, incoraggiando alcuni capi comunisti locali a separarsi dall'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ed a formare stati indipendenti nei quali i nuovi governanti potessero spartirsi la cassa del tesoro locale con i loro nuovi soci occidentali. Gli sforzi di destabilizzazione realizzati dagli Usa nei paesi comunisti, specialmente dopo gli anni ‘70 non si è misurata su un miglior standard di vita, maggior crescita industriale o su programmi di welfare più generosi. La propaganda occidentale si è concentrata invece sulla solidarietà etnica, un tema che spezza la solidarietà di classe e la lealtà allo stato e all'ideologia comunista, e ha rafforzato alcune elite filo-occidentali, specialmente tra i ‘pubblici intellettuali’ e i capi comunisti convertitisi in ‘salvatori della patria’.

 

Il punto chiave della strategia occidentale è stato soprattutto fare a pezzi l'URSS per mezzo di movimenti separatisti, senza riguardo se questi fossero formati da fondamentalisti religiosi fanatici, gangster politici, economisti liberali formati in Occidente o signori della guerra con aspirazioni ambiziose. L’unica cosa che importava era che inalberassero il bandiera separatista dell'autodeterminazione. In seguito, nel periodo post-sovietico, le nuovi elite filo-capitaliste al potere furono elevate al rango di membri Nato e stati satelliti.

 

Le politiche di Washington nel periodo post-separatista seguirono un processo in due tappe: nella prima fase, predominò l'appoggio indifferenziato a chiunque patrocinasse la disintegrazione dell'URSS; nella seconda fase, gli Stati Uniti cercarono di promuovere la fazione più favorevole alla Nato ed al libero mercato, attraverso le così dette ‘rivoluzioni colorate’, in Georgia e in Ucraina. Il separatismo fu considerato come un passo preliminare verso una tappa successiva di subordinazione all'impero statunitense. La nozione di stati indipendenti è virtualmente inesistente per i costruttori di questo impero. Nel migliore dei casi esiste come tappa transitoria da una costellazione di poteri al nuovo impero diretto dagli Usa.

 

Nel periodo seguente la disintegrazione dell'URSS, i successivi tentativi di Washington di reclutare nuove élite filo-capitaliste e di creare stati satelliti, ebbero un relativo successo. Alcuni paesi aprirono le loro economie ad uno sfruttamento sfrenato specialmente delle loro risorse energetiche. Altri, offrirono collocazioni per basi militari. In molti casi, i governanti locali cercarono di fare affari con le potenze mondiali mentre accrescevano le loro fortune private con il saccheggio.

 

Nessuna delle repubbliche ex sovietiche è arrivata a sviluppare un stato democratico indipendente che permetta di recuperare i livelli di vita che la rispettiva popolazione possedeva ai tempi sovietici. Alcuni governi sono diventati dittature teocratiche, nelle quali i notabili religiosi ed i dittatori si appoggiano mutuamente. Altri si sono convertiti in turpi dittature a base familiare. Nessuno di essi ha mantenuto la rete di previdenza sociale o i sistemi educativi di elevata qualità dell'era sovietica. Tutti i regimi post-sovietici hanno magnificato le disuguaglianze sociali e moltiplicato la quantità di imprese a carattere mafioso. I delitti violenti sono cresciuti geometricamente, fomentando l'insicurezza del cittadino.

 

Il successo del separatismo indotto dagli Usa, nella maggioranza dei casi, ha creato grandi opportunità per la rapina occidentale ed asiatica di materie prime, specialmente di risorse petrolifere. L'esperienza dei ‘nuovi stati indipendenti’, nel migliore dei casi, è stata un'illusione transitoria, mentre le elite governanti o passavano direttamente nella sfera di influenza occidentale o diventavano un mero paravento della profonda subordinazione strutturale ai circuiti di esportazione di materie prime e finanziari dominati dall’Occidente.

 

Dopo il crollo dell'URSS, gli stati occidentali si allearono con le repubbliche che più rispondevano ai loro interessi. In alcuni casi firmarono accordi con i loro governanti per stabilire basi militari, riempiendo a tal fine di prestiti le tasche del dittatore di turno. In altri casi, si assicurarono un accesso privilegiato alle risorse economiche per mezzo di imprese miste. In altri, ignorarono semplicemente agli stati con meno risorse e li lasciarono cadere in miseria e nel dispotismo.

 

Separatismo: Europa dell’est, Balcani e paesi baltici

 

L'aspetto più sorprendente della disintegrazione del blocco sovietico fu la rapidità e la sollecitudine con le quali i paesi passarono dal Patto di Varsavia alla Nato, e dal dominio politico sovietico al controllo economico di Usa e Ue in quasi tutti i settori economici importanti. Il passaggio da una forma di subordinazione politica, economica e militare ad un'altra sottolinea la natura transitoria dell'indipendenza politica, la superficialità del suo significato operativo e la spettacolare ipocrisia della nuova classe dominante- che denunciava allegramente la dominazione sovietica mentre consegnava al capitale occidentale la maggior parte dei settori economici, e destinava una parte del suo territorio alla basi Nato, fornendo contemporaneamente battaglioni di soldati mercenari per combattere nelle guerre imperiali statunitensi in una quantità assai maggiore a qualunque altra registrata durante il periodo sovietico.

 

Il separatismo in queste aree è stata un'ideologia utile per debilitare la coalizione egemone avversaria, tanto più in quanto incorporava i suoi membri in una coalizione di costruzione imperialista più virulenta ed aggressiva.

 

Iugoslavia e Kosovo: separatismo forzato

 

Il successo nella disintegrazione dell'URSS e dell'alleanza del Patto di Varsavia incoraggiò gli Usa e l'Ue a distruggere la Iugoslavia, l'ultimo paese rimasto indipendente fuori dal loro controllo nell’Europa Occidentale. Lo smantellamento della Iugoslavia fu iniziato dalla Germania dopo la sua annessione della Germania Orientale e la demolizione della sua economia. In seguito si estese nelle repubbliche di Slovenia e Croazia. Gli Usa, ultimi arrivati nella divisione dei Balcani, si concentrarono in Bosnia, Macedonia e Kosovo. Mentre la Germania estendeva la conquista per via economica, gli Usa, fedeli alla loro missione militarista, ricorrevano alla guerra in alleanza con noti gangsters terroristici albano-kosovari, organizzati nella formazione paramilitare Kla (Kosovo Liberation Army). Sotto la leadership di Bernard Kouchner, le forze della Nato facilitarono la pulizia etnica, l'assassinio e la sparizione di decine di migliaia di serbi, rom e dissidenti albano-kosovari non separatisti.

 

La distruzione della Iugoslavia è completa: la restante Repubblica della Serbia, colpita ripetutamente e divisa, è ora alla mercè degli Usa e dei loro alleati europei. Dal 2008 è risultata eletta una coalizione appoggiata dall'Ue e dagli Usa, favorevole alla Nato, e gli ultimi resti dalla Iugoslavia e della sua eredità storica di socialismo autonomo sono cancellati.

 

Conseguenze del separatismo nell'URSS, nell’Europa Orientale e nei Balcani

 

In tutte le regioni nelle quali ha trionfato il separatismo sponsorizzato e finanziato dagli Usa, le condizioni di vita sono precipitate, si è prodotto un massiccio saccheggio delle risorse pubbliche in nome della privatizzazione, e si sono raggiunti livelli di corruzione politica senza precedenti. Una cifra vicina ad un terzo della popolazione è emigrata nell’Europa Occidentale ed in Nord America, fuggendo dalla fame, dall'insicurezza personale (crimine), dalla disoccupazione e da un futuro incerto.

 

Politicamente, il tasso straordinario di gangsterismo e di crimini ha portato gli imprenditori che svolgevano attività legittime a pagare somme esorbitanti di estorsione, mentre una nuova classe di delinquenti riconvertiti in impresari si faceva carico dell'economia e firmava dubbi accordi di investimento e joint venture con imprese transnazionali dell'Ue, degli Usa e dell’Asia.

 

I paesi ex sovietici ricchi in risorse energetiche dell'Asia del centro-sud sono passati sotto il potere di dittatori opulenti, che hanno accumulato fortune di miliardi di dollari nel processo di smantellamento delle preesistenti norme ugualitarie, sanità generalizzata, istituzioni scientifiche e culturali. Le istituzioni religiose hanno acquisito un potere superiore alle associazioni scientifiche e professionali e, contro queste, hanno annullano i progressi educativi dei precedenti settanta anni. La logica del separatismo si è estesa dalle repubbliche a livello sub-nazionale, in un processo in cui i signori della guerra e i capi etnici rivaleggiano nella creazione di una loro propria entità autonoma, col risultato di guerre sanguinose, nuovi episodi di pulizie etniche e nuovo flusso di rifugiati delle zone in conflitto.

 

Le promesse degli Usa riguardo i benefici che il separatismo avrebbe apportato alle diverse popolazioni non si sono minimamente realizzate. Nel migliore dei casi l’esigua elite governante con i suoi soci hanno mietuto ricchezza, potere e privilegio a spese della grande maggioranza. Qualsiasi fossero le iniziali soddisfazioni simboliche che la popolazione delle classi inferiori ha potuto provare durante la sua effimera indipendenza, la nuova bandiera ed il potere religioso restaurato sono stati erosi dalla paralizzante povertà e dalle violente lotte interne per il potere che hanno perturbato le loro vite. La verità è che milioni di persone sono fuggite dai loro stati da poco indipendenti e hanno preferito trasformarsi in rifugiati e cittadini di seconda classe in paesi stranieri.

 

Conclusione

 

La maggiore mancanza delle Ong pseudo-progressiste e liberali nella loro difesa dell'autonomia, della decentralizzazione e dell'autodeterminazione, consiste nel fatto che questi concetti astratti eludono la fondamentale domanda storica e la concreta questione politica: verso quale classe, razza o blocco politico si sta spostando il potere? Per più di un secolo negli Usa, la bandiera dei proprietari terrieri del Sud, razzisti, di destra, che governavano con la forza ed il terrore sui neri poveri era un ‘Diritto dello Stato’, ovvero la supremazia della legge e dell'ordine locale sull'autorità del governo federale e della costituzione nazionale. La lotta tra i federali contro i diritti degli stati è avvenuta tra un'oligarchia sudista reazionaria ed una diffusa coalizione civica progressista del nord formata dai lavoratori e dalla classe media.

 

C'è una fondamentale necessità di demistificare la nozione di autonomia, esaminando le classi che la richiedono, le conseguenze della decentralizzazione del potere nei termini della distribuzione di potere, di ricchezza e di potere decisionale popolare, nonché guardando chi sono i benefattori esterni di un cambiamento dallo stato nazionale alle elite di potere locali e regionali. Invece il modo indiscriminato con cui alcuni libertari abbracciano ogni richiesta di autodeterminazione ha condotto ad alcuni dei più atroci crimini dei secoli XX e XXI. In molti casi i movimenti separatisti hanno fomentato o si sono prodotti in guerre imperialiste sanguinarie, come avvenne seguendo l’annessionismo nazista, le invasioni statunitensi dell'Iraq e dell’Afghanistan, l’invasione israeliana del Libano e la distruzione della Palestina.

 

Per chiarire il senso di termini come autonomia, decentralizzazione ed autodeterminazione, ed ottenere che queste devoluzioni di potere si muovano nella direzione storica progressista, è essenziale porsi alcune domande preventive: questi cambiamenti politici, favoriscono il potere ed il controllo della maggioranza dei lavoratori e dei contadini sui mezzi di produzione? Portano ad un maggiore potere popolare nello stato e nei processi elettorali o rafforzano invece i clienti demagoghi che difendono degli interessi dell'impero, per il quale la disintegrazione di un stato costituito porta all'incorporazione dei frammenti etnici in un impero folle e distruttivo?

 




www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - antifascismo - 13-07-08 - n. 236

traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR
 
L’Italia continua ad onorare l’aggressione e l’occupazione dell’Abissinia.

 

Le sue strade ricordano i fascisti come eroi di guerra.

 

13/07/08

 

Monumenti e nomi di vie nel sud del Tirolo, nelle Alpi e in generale in Italia settentrionale, continuano a idealizzare gli “alpini”, l’elite dei soldati italiani di montagna, gli stessi che guidarono il brutale attacco italiano e l’occupazione dell’Abissinia - più tardi divenuta Etiopia - nel 1935.

 

In particolare un monumento presso Bruneck (Brunico) eretto dal regime fascista di Benito Mussolini, sta provocando controversie ed ha messo in imbarazzo l’ambasciatore d’Etiopia in una recente visita in Italia.

 

Il monumento in questione commemora le truppe della divisione alpina “Pusteria”, rea di aver condotto attacchi con gas velenosi e numerosi assassini durante la guerra tra Italia e Abissinia. Sotto il comando dei dirigenti fascisti furono eliminati migliaia d’etiopi indifesi. Il generale alpino Pirzio Biroli disse ai suoi soldati: “Qui serve un ladro, un bruto assassino”, ed è così che gli etiopi ricordano l’azione degli alpini.

 

Il polemico monumento fu eretto nel 1936, in onore di quella guerra e degli alpini. Ma proprio nell’Italia settentrionale sono stati tanti quelli che hanno lottato, per decenni, contro quella celebrazione del governo fascista. Il primo attentato contro il monumento avvenne poco prima della fine della seconda guerra mondiale. Da allora il monumento è stato parzialmente distrutto nel 1956, 1959, 1966 e 1979. Le autorità italiane lo hanno ricostruito ogni volta.

 

Ora, Südtiroler Schützenbund - un’associazione culturale della minoranza italiana di lingua tedesca - sta guidando la lotta contro l’odiato monumento agli alpini. L’associazione è riuscita ad invitare l’ambasciatore d’Etiopia, Grum Abay, nel sud Tirolo, dove Abay ha potuto constatare di persona come ancora oggi vengano resi gli onori italiani ai criminali di guerra.

 

Non c’è solo il monumento agli alpini di Brunico che commemora l’attacco italiano contro l’Etiopia, anche il capoluogo regionale, Bolzano, ha una colonna commemorativa di quella guerra; a Bolzano vi sono strade che portano il nome di località etiopi in cui avvennero crimini di guerra e di chi li commise (Via Amba Alagi e Via Pater Giuliani).

 

Südtiroler Schützenbund ha dichiarato che nel corso di una visita cordiale di due ore, “l’ambasciatore etiope ha mostrato sorpresa per la presenza nel sud Tirolo di monumenti che glorificano i crimini condotti contro il suo popolo e nonostante il fatto che gli etiopi abbiano perdonato l’occupazione italiana, Abay ha dichiarato che lui non lo dimenticherà mai”.
La documentazione raccolta dall’ambasciatore etiope circa la presenza di tali oggetti commemorativi saranno consegnati al presidente d’Etiopia Girma Woldegiorgis, e al suo primo ministro Meles Zenawi. Il presidente etiope Woldegiorgis, per casualità, aveva combattuto con le truppe britanniche contro i fascisti durante la seconda guerra mondiale.

 

Paul Bacher, del Südtiroler Schützenbund ha spiegato che “ci aspetteremmo che lo Stato italiano prendesse le distanze dalle ideologie del passato. Un primo paso in questa direzione sarebbe l’eliminazione di tutti i resti del fascismo nel paese”.

 

Le ferite della guerra italo-abissina non si sono rimarginate completamente né in Etiopia né in Italia. Tant’è che solo recentemente, l’Etiopia è riuscita a ricuperare l’obelisco di Axum, simbolo nazionale che fu rubato dalle truppe di Mussolini durante la guerra. “L’Italia non ha ancora presentato le sue scuse all’Etiopia per i cuoi crimini”, ha dichiarato l’ambasciatore Abay.

 

Il 3 ottobre 1035 Mussolini cominciò l’occupazione dell’Etiopia, che faceva parte dell’Impero abissino ed era membro della Società delle Nazioni. Quella campagna militare servì ad Italia e Germania come prova generale per alcune tattiche militari assassine, come l’uso di gas e le fucilazioni di massa. Il medico britannico John Melly, capo della Croce Rossa Britannica presente nella zona di conflitto, si dichiarò indignato per l’orrore che regnava sul campo: “Questa non è una guerra, e neppure un bagno di sangue, è la tortura di decine di migliaia di uomini, donne e bambini indifesi con gas velenosi”. I vergognosi attacchi contro i civili furono compiuti dalle truppe alpine, così come la tortura, il saccheggio, la violenza sessuale sistematica e l’eliminazione delle truppe d’elite etiopi con i gas.

 

Le accuse di crimini di guerra contro l’Italia in una Corte Internazionale vennero evitate, ciò solo perché l’Italia cambiò in tempo bandiera nel corso della guerra mondiale. L’Italia ha concesso all’Etiopia 25 milioni di dollari a titolo di compensazioni per l’occupazione, e non ha mai emesso un atto di scuse ufficiali.

 


(srpskohrvatski / italiano)

Postilla su Srebrenica

Doppio anniversario: a ognuno le sue vittime, di questa guerra fratricida...

(a cura di Ivan per il CNJ; sul "doppio standard" usato dai paesi imperialisti a proposito dei massacri nella zona di Srebrenica si veda anche, ad esempio: 

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6094


(Fonte: Međunarodni Radio Srbije - glassrbije.org - 12. Jula 2008.)

Segnato il 16° anniversario della strage dei serbi a Podrinje

12. luglio 2008. 16:19

Sul territorio di Srebrenica e Bratunac oggi è stato segnato il 16° anniversario dalla strage di 3.500 serbi a Srednje Podrinje nella Repubblica Srpska, che durante la guerra nel 1992 e 1993 sono stati assassinati dalle forze mussulmane di Srebrenica, sotto il comando di Naser Oric. Al cimitero militare a Bratunac stamattina è stato officiato il requiem per i soldati ed i civili deceduti. La commemorazione di oggi era segnata dall’ammarezza per la sentenza liberatoria espressa in favore di Naser Oric. Dopo aver posato la ghirlanda di fiori, il presidente del governo della Repubblica Srpska Milorad, Dodik, ha detto che questa sentenza rappresenta lo specchio dei rapporti della comunità internazionale verso le vittime serbe, ed ha accusato le istituzioni internazionali e della Bosnia ed Erzegovina di non prendersi cura delle vittime serbe.

A Potocari è stato celebrato l’anniversario del massacro a Srebrenica
 
11. luglio 2008. 

Nel centro commemorativo Potocari a Srebrenica, davanti a 40 mila persone, è stato celebrato il tredicesimo anniversario del massacro della popolazione musulmana, il quale è avvenuto dopo l’arrivo dell’esercito serbo bosniaco. Secondo il tribunale dell’Aia in questo massacro sono stati uccisi all' incirca 8 mila musulmani. L’alto rappresentante in Bosnia ed Erzegovina Miroslav Lajcak ha dichiarato nel suo discorso che la comunità internazionale non smetterà mai di chiedere la giustizia per coloro che sono stati uccisi a Srebrenica. Il Tribunale internazione dell’Aia ha emesso la sentenza l’anno scorso secondo la quale il massacro a Srebrenica è stato compiuto dalle forze dell’esercito serbo bosniaco.




(Međunarodni Radio Srbije - glassrbije.org - 12. Jula 2008.)

OBELEŽENA 16. GODIŠNJICA STRADANJA SRBA U PODRINJU

Na području Srebrenice i Bratunca danas je obeležena 16. godišnjica stradanja više od 3.500 Srba Srednjeg Podrinja u Republici Srpskoj, koje su tokom ratne 1992. i 1993. godine ubile muslimanske oružane snage iz Srebrenice, pod komandom Nasera Orića.





1) What really happened in Colombia?
2) IACenter.org: Urgent Solidarity with the people of Colombia

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A setback to peace process

What really happened in Colombia?


By Berta Joubert-Ceci 
Published Jul 13, 2008 10:26 PM

Colombia made prime news around the world on July 2 like never before. We learned that former Colombian presidential candidate Ingrid Betancourt had been freed from a Marxist guerrilla group along with three U.S. Pentagon contractors—Tom Howes, Marc Gonsalves and Keith Stansell—and 11 members of the Colombian army and police.

They had been taken prisoner by the Revolutionary Armed Forces of Colombia (FARC-EP) at different times in an effort to force the government toward a political, negotiated solution of the 60-year-old Colombian conflict. FARC had proposed exchanging 500 of its members held in Colombian prisons and three in federal jails in the U.S. for the several hundred people it had held in the jungle.

More importantly, the negotiated solution would involve a treaty whereby the FARC would sit down with the Colombian government to seek avenues for a real peace with economic and social justice for the majority of the Colombian masses, who are overwhelmingly poor.


Freedom in three versions

However, the news on prime time was a distortion of the facts, concocted by the Colombian government, which is very experienced in releasing half-truths and false propaganda. It dubbed the action “Operation Jaque” (checkmate).
According to Colombian Defense Minister Juan Manuel Santos, the 15 held by the FARC were handed over to military forces disguised as members of a “humanitarian mission.” The government stressed that it was a peaceful operation with not a single shot fired by either side. Their explanation was that it was an undercover operation facilitated by “infiltrating high layers of the FARC” and making them believe that the prisoners were going to meet Alfonso Cano, the current FARC top leader, who supposedly had sent the helicopter to pick them up.
With this story, they portrayed the armed insurgency as a group in disarray after the recent deaths of three of its Secretariat members—Raul Reyes and Ivan Rios who were killed, and Manuel Marulanda, its founder, who died of natural causes.
They called it a perfect operation that signaled the end of the guerrilla group.
While Santos stressed that it was a 100-percent Colombian operation, with no involvement of foreign governments or organizations, White House spokeswoman Dana Perino stated on July 3 that it “was conceived by the Colombians and executed by the Colombians with our full support.” U.S. Ambassador to Colombia William Brownfield told CNN about the “technical support” the U.S. provided for the operation.
What was this “support”? MSNBC reported on July 3 that “On Thursday, Col. William Costello, spokesman for the U.S. Southern Command, said the command made 3,600 intelligence, surveillance and reconnaissance flights, followed up on 175 intelligence leads and spent $250 million trying.”
It then quoted U.S. officials who “spoke on condition of anonymity because they were not authorized to speak on the record and the Bush administration was adamant about giving the Colombians the credit.” These sources said, according to MSNBC, that “the U.S. Special Operations Command helped with surveillance that positively located the hostages within the past year using satellites, aircraft and ground reconnaissance—and had tracked them since then.”
A second version of what happened comes from France.
The French online news site MediaPart and Radio Suisse Romande both reported that the operation was not a rescue but a “$20-million-dollar transaction” and that the Colombian government had paid that amount—provided by the U.S. government—for the release of Betancourt and the three Pentagon contractors.
Reportedly, secret negotiations took place through the wife of one of the men in charge of watching over Betancourt. The woman had been seized by the Colombian military and forced to make her FARC husband change sides and agree to the bribe. Needless to say, the Colombian government vehemently rejects this version, but admits that it does pay for information.
Two European envoys—French diplomat Noel Saez and his Swiss counterpart, Jean Pierre Gontard—were in Colombia at the time. They had requested permission from the Colombian government to further negotiations with the FARC for the release of Betancourt, who holds French and Colombian citizenship, and the others. The Colombian government granted them permission and vowed to help the effort. This was widely known; the government itself had publicized it earlier. It had been reported in France that the two had already communicated with the FARC leadership.
Narciso Isa Conde, a Dominican left leader, has presented a third version of the events. Isa Conde is part of the Continental Bolivarian Coordinating Group and has the authority to speak on this matter since he had participated in earlier negotiations for the release of Betancourt. In a widely circulated article written July 3 and entitled “There was no such rescue,” he wrote that the operation was really “an initiative stolen from the FARC.”
Isa Conde says that the FARC was about to release the 15 to the French-Swiss team, so they had to be brought to one point from their locations in three different parts of the jungle. The detainees were to be transported in civilian helicopters to a place where they would meet with the FARC leadership in a ceremony to hand them over to the Europeans.
However, the Colombian military, with the help of U.S. surveillance, located the helicopters and substituted military pilots dressed as FARC members, wearing Che tee shirts, who kept up the pretense until all the detainees were inside the helicopters.
This certainly would explain why the rest of the guerrillas were so willing to hand over the prisoners without a shot being fired.

Role of Israel

Many reports mention how “swift” and “smooth” the operation was. Ingrid Betancourt, on her arrival in France, mentioned “the Israelis” and their “extraordinary commando operations, that resemble the coup that occurred today.”
In fact, Israel is part of Plan Colombia, the U.S. strategy to control Colombia. There is ample documentation on how the Israeli secret services Mossad and Shin Beth have assisted Uribe’s government in Colombian territory. The Israeli newspaper Maariv reported in 2007 that Gen. Israel Ziv, who had commanded Israeli forces in Gaza, was a consultant on “security” for the Colombian government.
According to a recent report in TeleSur, Colombian Defense Minister Santos traveled last February to Israel to meet with the leadership of Mossad—Israel’s equivalent of the CIA. On the same trip, he went to the U.S. to meet with Defense Secretary Robert Gates, a former CIA director.

Beneficiary: Uribe!

One thing is crystal clear. The person who gains most from this operation is President Alvaro Uribe himself.
Up to his neck in a corruption and parapolitical scandal, he needed a smokescreen. With the help of the capitalist media worldwide, but particularly the Colombian oligarchy’s media, Uribe’s administration has mounted a campaign to present him as a hero and the greatest defender of peace—even as his closest allies in government are being implicated in massacres and other crimes perpetrated by paramilitaries. Many are already serving prison time.
He really needed this, and the U.S. gave it to him.
His reelection in 2006 has been ruled illegal by the Colombian Supreme Court of Justice because he offered positions and favors to a congressmember who provided the critical vote approving his reelection, since it was not permitted in the Constitution. In spite of that, he is now proposing a referendum to change the Constitution so he can run for a third term in 2010.
His Army chief, Gen. Mario Montoya, who received a medal from the U.S. Army, was implicated in the creation of a clandestine terrorist unit in the Colombian Army. This “Anticommunist American Alliance” attacked, assassinated and took left-wing activists hostage. Montoya has a long history of criminal activity, including when he led the Joint South Task Force between 1999-2001, financed by the U.S.
Uribe’s past actions regarding people held by the FARC revealed no intent to secure their release. After the FARC unilaterally released seven prisoners late last year, Uribe bombed a FARC encampment in Ecuador where Raul Reyes was preparing the release of Ingrid Betancourt, together with the Ecuadorean government. That bombing, performed with U.S. technical aid, killed Reyes and 23 other people, including an Ecuadorean and four Mexican students.
Betancourt’s mother, Yolanda Pulecio, said at that time, “I pray that Uribe does not find my daughter” because he might “order military operations that could kill her and then justify the war saying that the guerrillas killed her.”

Human tragedy in Colombia worsens

Already this year 30 union leaders have been killed. The paramilitaries that Uribe says are “demobilized” have just changed their names from the “Self Defense Units of Colombia” (AUC) to the Black Eagles. They continue to spread terror throughout the country with total impunity.
The situation in Colombia right now is desperate for the progressive movement, which courageously keeps demonstrating and trying to build alternatives of peace and justice in the face of criminal repression by the state and horrendous violence from the paramilitary forces.
Poverty continues and increases; the privatization of essential services is preventing the masses from having access to education and adequate health care. Millions of children have to work in order to survive. Peasants, Indigenous and Afro-Colombian communities continue to face displacement. Progressive leaders continue to be targets of assassination and disappearance.
As long as these conditions exist, a guerrilla movement will also exist.

Need for international solidarity

It is not surprising that the prisoners of the FARC-EP were “freed” on the very day that U.S. presidential hopeful John McCain was visiting Colombia to assure Uribe of his support for the Free Trade Agreement, now frozen in the U.S. Congress. It was also one day after the infamous Fourth Fleet of the U.S. Navy initiated its prowling in Latin American and Caribbean waters.
The progressive movement in the U.S. owes an enormous debt to the peoples south of the Rio Grande. Wall Street and Washington are the biggest threat to the stability of the region and to the development of the progressive processes taking place there.
It would be an enormous setback for the world progressive and revolutionary forces if this brutal government doing the dirty work for U.S. imperialism were to settle firmly in Colombia, able to threaten the Venezuelan Bolivarian Revolution, Bolivia and Ecuador. It is of utmost importance to show concrete solidarity with the struggling people in Colombia who are staving off the hand of fascist dictatorship.


Articles copyright 1995-2008 Workers World. Verbatim copying and distribution of this entire article is permitted in any medium without royalty provided this notice is preserved. 
Workers World, 55 W. 17 St., NY, NY 10011
Email: ww@...


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From:    Actioncenter @...
Subject:  Urgent: Solidarity with the people of Colombia - Support the Permanent Peoples' Tribunal in Bogotá, Colombia July 21-23
Date:  July 14, 2008 6:08:03 PM GMT+02:00


IACenter.org

Political repression is on the rise in Colombia, despite recent news!
 
The international community must speak out!

 

The International Action Center issues urgent appeal for solidarity with the people of Colombia and to
support the Permanent Peoples' Tribunal in Bogotá, Colombia July 21-23

Support the fact-finding mission to investigate human rights violations in Colombia and the Tribunal!

The human rights crisis in Colombia is dire!  In the last two weeks, two trade unionists and the 10-year-old son of one of them were killed.  According to some unionists, more than 4,000 unionists have been killed in Colombia in the last 20 years.  Four million people have been displaced from their homes due to a U.S.-backed war against the civilian population and the social movement.

Progressive people, including journalists, human rights activists, community leaders and student organizers, have been killed, threatened or attacked for mobilizing against economic and political repression.

In spite of recent events in Colombia, which have captured vast media attention, the reality is that political repression by the Uribe regime goes on day-in-and-day-out against those those who oppose it.  This is not publicized by the press.  It must be publicized by all who want human rights and justice!

The attacks are carried out by forces trained, funded and endorsed by the U.S. government. It is part of a war that has dangerous ramifications against the other countries in the region.

You can help end this war by supporting the Colombian people and by demanding that the U.S. government and corporations stop supporting state terror by Colombian President Alvaro Uribe's regime.

What you can do:

Send messages of solidarity to the Tribunal!

Donate here to support the international fact-finding mission to Colombia! 

Send this email out far-and-wide to organizations and individuals to get the truth out! 

The Colombian labor union SINALTRAINAL, which represents Coca-Cola workers, and other progressive organizations  are hosting a Permanent Peoples' Tribunal in Bogotá, Colombia on July 21-23, and an international labor delegation which will visit hospitals, schools and worker centers, and meet with social organizations,

The International Action Center is working with the U.S.-Cuba Labor Exchange to take a delegation of labor, anti-war and other progressive activists on a fact-finding mission that includes participation in the Tribunal. The delegation will meet with labor and other social activists who are leading the struggle in Colombia for political, economic and social justice and equality. The trip will help participants understand how U.S. policies abroad affect workers in Colombia and in the U.S.

The fact-finding delegation will bring back the truth to activists in the U.S. about the U.S. role in Colombian repression against students, unionists, human rights activists and other progressives. This will help to build the solidarity movement with the Colombian people.


Background of Peoples' Tribunal: The Permanent Peoples' Tribunal is an international independent tribunal that examines and judges complaints regarding violations of human rights that have been submitted by the victims. The Tribunal was founded in June 1979 in Italy by legal experts, writers and other intellectuals. It followed the Bertrand Russell International War Crimes Tribunal, which held two sessions in 1967 to expose war crimes committed against the Vietnamese people.

The upcoming Tribunal session in Bogotá, entitled "Transnational corporations and crimes against humanity," will be the last held there after four prior hearings on (1) how foreign-owned agribusinesses have affected farmers and Indigenous peoples; (2) the mining companies' role; (3) the impact of transnational corporate-controlled development on biodiversity and the environment and (4) oil companies and human rights violations.

The Tribunal is an extremely important event that will help expose the dangerous, and escalating U.S. corporate-backed state repression against people's movements.

It will also reinvigorate the many peoples' movements and progressive forces with the solidarity that international delegations bring.

Edgar Paez from SINALTRAINAL says of the Tribunal's purpose: "Through this process we will increase the exposure of the relations between paramilitarism, transnational corporations and the policy of impunity and terror of the Colombian state. Its main purpose is the search for truth, justice and complete reparations. Several transnational corporations have been accused at the Permanent Peoples' Tribunal--Colombia Session, regarding their responsibility for the murder of union leaders for the violation of union freedom and the right of association."

This is a critical situation! It needs the attention and help of progressive people throughout the U.S.!

Tell your friends about it! http://www.iacenter.org/colombia/delegation

Make a donation to help send students, anti-war and community activists, and working people to document U.S.-backed abuse in Colombia.  

Help with costs of videotaping and publishing reports from the trip--and more! http://www.iacenter.org/colombia/delegation

Send messages of solidarity to the Peoples' Tribunal!  Ask community, union, religious, anti-war and other organizations and activists to email messages of support! 





(sulla oscena decisione del "Tribunale ad hoc" dell'Aia, che ha completamente assolto il principale responsabile dei tanti morti serbi a Srebrenica e dintorni, si veda: 
Si noti che la notizia è stata completamente ignorata dai media italiani. Un commento appare sul portale "Osservatorio Balcani", che coerentemente con la sua funzione "istituzionale" appare preoccupato essenzialmente di sostenere la legittimità del "Tribunale" e la campagna oramai ventennale di isolamento e colpevolizzazione della sola parte serba per lo squartamento del paese degli Slavi del Sud: 
A cura di Italo Slavo per JUGOINFO)

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junge Welt (Berlin)

11.07.2008 / Abgeschrieben / Seite 8

Schluß mit Den Haag!

Freispruch für einen Massakerhelden

Von Werner Pirker

Hätte es noch eines letzten Beweises für die Parteilichkeit des Den Haager Kriegsverbrechertribunals bedurft, dann wäre er mit dem Freispruch für den bosnisch-muslimischen Wüterich Naser Oric geliefert worden. So dürfte das auch das russische Außenministerium gesehen haben, als es das Skandalurteil zum Anlaß nahm, die Auflösung des durch die Charta der Vereinten Nationen nicht gedeckten UN-Tribunals zu fordern. 

»Dieses Tribunal ist illegal«, hatte der unter der Haager Gewaltjustiz zu Tode gekommene jugoslawische Präsident Slobodan Milosevic immer wieder betont. Illegal, weil der UN-Sicherheitsrat nicht dazu ermächtigt war, es einzurichten. Und illegal, weil es ein Strafgericht darstellt, das von den westlichen Verursachern und Förderern der Balkan-Sezessionskriege über die Verteidiger Jugoslawiens verhängt wurde. Entsprechend gestaltet sich die Rechtsprechung in Den Haag. Milosevic sah sich bis zuletzt mit dem von ihm mehrfach widerlegten Vorwurf konfrontiert, für das Gemetzel in Srebrenica verantwortlich gewesen zu sein. Obwohl er es nach der Einnahme der UN-Schutzzone durch bosnische Serben mittels zahlreicher Interventionen bei UN-Kommandanten zu verhindern suchte – in dem Wissen um den aufgestauten Haß der bosnisch-serbischen Milizen auf die Mordbrennerbanden des Naser Oric. 

Die Tragödie von Srebrenica beginnt mit der Vertreibung der Serben, die ungefähr ein Drittel der Bevölkerung ausmachten, aus Stadt und Umland. Dabei sollen 192 Dörfer verbrannt, 2800 Serben getötet und 6000 verletzt worden sein. Von serbischer Seite vorgelegte Beweise – ein Pathologe bezeugte die Identifizierung von 1000 ermordeten Serben – wurden von der Haager Siegerjustiz nicht zur Kenntnis genommen. Oric war in erster Instanz zu lächerlichen zwei Jahren verurteilt worden. Seine Schuld wurde darauf reduziert, die Mordtaten nicht verhindert zu haben. Die mittlerweile ausgeschiedene Chefanklägerin Carla del Ponte hatte immerhin 18 Jahre verlangt, obwohl auch sie dem Massenmörder den Vorwurf des Völkermordes, der bei keinem serbischen Angeklagten fehlen darf, ersparte. Für die serbische Bevölkerung in Bosnien aber ist Naser Oric die Schreckensgestalt des bosnischen Bürgerkrieges schlechthin. Allein die Nennung seines Namens ist geeignet, Angstschweißattacken und Bekreuzigungsrituale auszulösen.

Schon das erste Urteil wurde vom prowestlichen Präsidenten Serbiens, Boris Tadic als Skandal bezeichnet. Der nun ausgesprochene Freispruch des Meisters grausamer osmanischer Tötungsarten ist eine Provokation, die Serbien nicht auf sich sitzen lassen dürfte. Europa macht es der »proeuropäischen« Regierung wirklich nicht leicht. Wenn sich die Sozialisten noch einen Rest an Ehre bewahrt haben sollten, dann müßten sie ihren Verbleib in der Regierung an die Bedingung der sofortigen Aufkündung der Kollaboration mit Den Haag knüpfen.

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Neues Deutschland (Berlin)

11.07.2008 / Ausland / Seite 2

Muslimzeuge gegen Muslimkiller

Zum Jahrestag der Srebrenica-Eroberung ignorieren die Leitmedien wie gewohnt die Verbrechen an Serben

Von Jürgen Elsässer

Am 11. Juli 1995 eroberten die Serben die ostbosnische Muslimhochburg Srebrenica. Wie an jedem Jahrestag verbreiten die westlichen Leitmedien nur eine einseitige Version der Ereignisse.

»In Srebrenica hatten serbisch-bosnische Militärs im Bürgerkrieg 1995 weit über 7000 Muslime ermordet«, meldete die Nachrichtenagentur dpa gestern, rechtzeitig zum Jahrestag der Einnahme des ostbosnischen Städtchens am 11. Juli 1995. Wie in den vergangenen Jahren werden die Medien diese Zahl fleißig rapportieren und vielleicht an ein Diktum von Joschkas Fischer erinnern: Srebrenica sei das »Symbol des serbischen Faschismus«.

Kaum eine Zeitung wird darüber berichten wollen, dass die Wahrheit erheblich komplizierter ist: Im bosnischen Bürgerkrieg der Jahre 1992 bis 1995 wurden Massaker von allen Seiten begangen. Gerade Srebrenica ist ein Beispiel dafür, dass auch die von der NATO massiv unterstützten Muslime Gräueltaten verübt haben.

Dabei müssten sich die Medien im Bemühen um eine objektive Darstellung gar nicht auf serbische Quellen stützen. In diesem Jahr hat nämlich Ibran Mustafic, einer der prominentesten Muslime aus der geschundenen Stadt, seine Memoiren vorgelegt. Unter dem Titel »Geplantes Chaos« (Planirani Chaos) rechnet er darin mit den Verbrechern in den eigenen Reihen schonungslos ab. Mustafic war während des Bürgerkrieges Abgeordneter der in Bosnien regierenden prowestlichen Muslimpartei SDA des Präsidenten Alija Izetbegovic und außerdem Bürgermeister in Srebrenica.

Mustafic berichtet, wie er nach dem Fall der Stadt flüchtete und von den Serben gefangen genommen wurde. Er hält die gängige These von der tausendfachen Mordlust der serbischen Eroberer für nicht plausibel, weil diese sogar ihn, einen der prominentesten Aktivisten der Muslimpartei in der Enklave, wieder freigelassen haben. »Persönlich glaube ich, dass die Mehrzahl der Menschen, die sich (den Serben) ergeben haben, am Leben ist«, meint Mustafic. Diese Einschätzung wird unterstützt durch die Ergebnisse der Exhumierungsarbeiten. Am 16. Januar 2004 gab Dean Manning, ein mit den Grabungsarbeiten in Srebrenica beauftragter Spezialist der Anklagevertretung des Haager UN-Tribunals, als Zeuge im Prozess gegen Slobodan Milosevic folgende Zahlen an: 2541 Leichen seien gefunden worden, 70 davon konnten identifiziert werden. Das in den Medien gängige Dogma von »weit über 7000 Toten« (dpa) geht also nicht auf die Erkenntnisse des Haager Tribunals zurück, sondern auf unüberprüfbare Angaben der muslimischen Behörden.

Natürlich sind 2500 von Serben Ermordete eine schreckliche Zahl. Doch der Blutzoll, den diese ihrerseits zu entrichten hatten, war ähnlich hoch. Die Belgrader Tageszeitung »Vecernje Novosti« veröffentlichte am 30. Juni 2005 eine Aufstellung der serbischen Opfer, die in den Jahren 1992 bis 1995 in den Dörfern rund um Srebrenica massakriert worden waren. Insgesamt 3287 Personen sind mit Vor- und Nachnamen, Name des Vaters und Alter angegeben.

Mustafic berichtet in seinem Buch Einzelheiten. Demnach wurden nach Beginn der Kämpfe im April 1992 alle Serben aus der Stadt vertrieben und siedelten sich in den darum liegenden Orten an. Diese wurden regelmäßig aus der Stadt heraus überfallen und gebrandschatzt. Eigentlich war Srebrenica 1993 zur entmilitarisierten Schutzzone erklärt worden, doch Waffen wurden trotzdem ständig angeliefert. Mustafic berichtet von allein 18 Transporten, die er beobachtet hat. Nach Auskunft anderer Zeugen waren es US-Hubschrauber, die modernstes Gerät zum Kampf gegen die Serben bereitstellten

Mustafic belastet insbesondere Naser Oric schwer, den damaligen muslimischen Stadtkommandanten von Srebrenica. Er habe die Todesschwadrone befehligt und sei, dafür hat Mustafic Zeugen, persönlich an Massakern gegen Serben beteiligt gewesen. Dieser Oric wurde tatsächlich vor dem Haager Kriegsverbrechertribunal angeklagt, und Mustafic wurde als Zeuge geladen. Doch im letzten Augenblick wurde ihm die Aussage verwehrt. Kein Wunder also, dass der Schlächter »aus Mangel an Beweisen« Anfang Juli 2008 letzt-

instanzlich freigesprochen wurde. Auf Mustafic gab es mehrere Attentate, zuletzt am 25. April 2008 mitten am Tag in der bosnischen Hauptstadt Sarajevo. »Sie nannten mich Verräter«, berichtete der Überfallene. Die westlichen Medien ignorieren bislang sein Buch.




"CHE PACCHIA QUESTO KOSOVO" (PAROLA DI AL CAPONE)


Fonte: Rainews24, 11 luglio 2008

La Commissione europea stanzierà 500 milioni di euro per la ricostruzione del Kosovo
La Commissione europea stanzierà 500 milioni di euro per la ricostruzione economica del Kosovo su tre anni, sin al 2011. Lo ha annunciato il commissario Ue all'Allargamento, Olli Rehn, in apertura della conferenza dei donatori per il Kosovo a Bruxelles. La somma che l'Ue è pronta a mettere a disposizione del Kosovo comprende 350 milioni di fondi di pre-adesione già programmati per il periodo 2008-2011, oltre a 50 milioni di euro per assistenza allo sviluppo macro-economico, a cui dovrebbero ora aggiungersi altri 100 milioni. I fondi dovranno essere spesi, ad avviso del commissario Rehn, per l'istruzione, il consolidamento della democrazia e lo stato di diritto (sic), la governance (sic) e la creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo degli investimenti (sic sic). Si tratta - ha aggiunto Rehn - "di elementi chiave per la pace, la stabilità e la crescita del Kosovo, e dell'intera regione". Il commissario Ue spera di poter arrivare ad una somma complessiva di un miliardo di euro per finanziare il programma di sviluppo dell'area in tre anni, fino al 2011.



JUGOSLAVIJA JE ESTETIKA INATA
Mića VUJIČIĆ
15. lipnja, 2008.

"Ako se svako pojedinačno u svojoj republici, ‘ajde državi, u svojoj ulici, u dečjem dvorištu suprotstavi ovim zapenušanim njuškama, netalentovanim, hrabrim samo u gomili, nacionalistima, nacio-fašistima, sklopiće se Jugoslavija kao kulturna, kao sportska, kao ekonomska činjenica. Jugoslavija kao radoznalost, kao takmičenje, kao more, kao Dunav. Jer svi najbolji, svi pravi tipovi u književnosti, u nauci, u kulturi, u pozorištu i u politici, bili su Jugosloveni: Tesla, Cvijić, Njegoš, Krleža, Andrić, Matoš, Cerar, Lubarda, Stupica, Krešo Ćosić, Zafranović, Stefanovski, Sidran..."


"Se ognuno nel suo piccolo, nella propria repubblica, vabbe' diciamo nel suo Stato, nella propria via, nel cortile dei bambini, si opponesse a questi musoni assopiti, ai privi di talento, a quelli che fanno i coraggiosi solo in mezzo alla folla, ai nazionalisti, ai nazi-fascisti, allora si metterebbe insieme una Jugoslavia, come fatto culturale, sportivo, economico. Una Jugoslavia come voglia di curiosare, come una competizione, come un mare, come un Danubio. Perché tutti i nostri migliori personaggi della letteratura, della scienza, della cultura, del teatro, della politica, sono stati Jugoslavi: Tesla, Cvijić, Njegoš, Krleža, Andrić, Matoš, Cerar, Lubarda, Stupica, Krešo Ćosić, Zafranović, Stefanovski, Sidran..."

("La Jugoslavia come estetica dell'ostinazione", articolo apparso sull'ultimo numero di Feral Tribune, Spalato. Segnalato da DK)




Prava zaposlenih u Srbiji se drastično i svakodnevno krše

("I diritti dei lavoratori in Serbia si restringono drasticamente e costantemente", tanto che il quotidiano BLIC titola sulla tendenza a "lavorare gratis". 
D'altronde, anche in Serbia giunge la notizia che nuove normative della UE mirano a consentire settimane lavorative di 65 ore... Se ne è parlato anche sui quotidiani italiani, come abbiamo a suo tempo segnalato: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6073 
Qui in fondo riportiamo il pezzo che, in proposito, è apparso su Vecernje Novosti. 
Che figata, eh, il capitalismo! E che figata che è l'Europa! Altro che la brutta e cattiva Jugoslavia socialista...
Le segnalazioni sono di SKOJ e http://kmarijanvg.blogspot.com/ )


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Dnevni list "Blic":

Prava zaposlenih u Srbiji se drastično i svakodnevno krše

Radnike teraju da rade besplatno

Autor: B. Krivokapić | 06.07.2008.

Radio sam u poznatoj stranoj kompaniji. Plata je bila dobra, ali sam na poslu ostajao i 16 sati dnevno. Mesečno sam imao oko 100 sati prekovremenog rada, od čega su mi plaćali samo 32 sata, a preko toga nisu smeli da iskažu na platnom spisku, pošto nije po zakonu, pa nisu ni isplaćivali, ispričao je jedan od građana u istraživanju o poštovanju prava iz radnog odnosa koje je uradio Centar za demokratiju.

Istraživanje je realizovano u deset opština u Srbiji i pokazalo je da se prava iz radnog odnosa svakodnevno krše, a da radnici u strahu od gubitka posla i iz nepoverenja prema državnim institucijama slučajeve narušavanja tih prava najčešće nikome ne prijavljuju. Tako je građanin s početka teksta trpeo i radio prekovremeno sve dok mu, po isteku probnog rada, nije uručen otkaz sa obrazloženjem da njegove „radne i stručne sposobnosti“ ne zadovoljavaju. Nažalost, i oni koji svoje probleme prijave nadležnim službama od toga nemaju mnogo vajde.

Sudovi ne reaguju

Nakon propasti matične firme, bivša radnica Robnih kuća „Beograd“ radila je deset meseci kod privatnika koji joj je platu davao „koliko je i kada je mogao“, a radni staž nije uplaćivao. Kada je dotični „pokupio robu i pobegao“, nesrećna žena je prebačena na posao kod drugog privatnika koji je prodavao bebi opremu u prostorijama već očerupanih RK „Beograd“, takođe bez staža, ali s dodatkom u vidu ponižavanja pred mušterijama, sve do konačnog otkaza. Oba slučaja prijavljena su inspekciji, tužbe su u sudu, a kad će biti razmatrane - ne zna se.
Svetlana Vukomanović iz Centra za demokratiju kaže da je najveći problem u sudovima koji ne reaguju čak i u slučajevima na koje im ukaže inspekcija.
- Imali smo primer gde je inspektor predložio prekršajnu kaznu od 800.000 dinara, a sud je poslodavcu dosudio opomenu i novčanu kaznu od 5.000 dinara. Za rad sudova, bar kada je reč o pravima zaposlenih, najčešći komentari koje smo čuli tokom višemesečnog istraživanja bili su „nema pomoći“ i „niko im ništa ne može“ - kaže Vukomanović, ističući da najveći broj slučajeva kršenja prava iz radnog odnosa ostaje neprijavljen, pre svega zbog straha ljudi od odmazde poslodavaca i gubitka posla. Zbog tog straha mnogi pristaju da rade i u vrlo nebezbednim uslovima, pa je Srbija po broju nesreća na radu, posebno u građevinarstvu, u vrhu evropskih zemalja.

Rade klizno i besplatno

Osim što su poprilično neobavešteni o svojim pravima, zaposleni u Srbiji, kaže Svetlana Vukomanović, nisu naročito solidarni, zbog čega je mnoge slučajeve kršenja prava teško dokazati. Tipičan primer je izuzetno raširena pojava prekovremenog rada preko zakonskog maksimuma koju je, kaže Vukomanovićeva, gotovo nemoguće dokazati na osnovu pojedinačne prijave.
- Kad god da banu nenajavljeni inspektori, naiđu na obrazloženje u stilu „kod nas je radno vreme klizno“ i sl. A sve bi bilo drugačije da se grupa oštećenih radnika organizuje i zajednički dokumentuje slučaj - kaže Vukomanovićeva.
Na ovaj problem nedavno je ukazao i republički ombudsman Saša Janković rekavši da mnogi „poslodavci, pa čak i država, često koriste veliku ponudu radne snage da bi zaposlene ucenjivali, namećući im protivzakonite uslove rada i kršeći pravo na osmočasovno radno vreme“. Prema primerima iz istraživanja Centra za demokratiju, poslodavci su u tome više („Šefica odeljenja u banci u kojoj radim očekuje da svaki dan radimo prekovremeno. Kad završimo posao u 17 časova ona kaže da uvek ima šta da se radi, a ako mi ne znamo, ona će da nas uposli.“) ili manje „suptilni“ („Radila sam u više prehrambenih prodavnica i svugde je bila ista priča - mala plata, neprijavljena, nema slobodnih dana, nema godišnjeg odmora i bolovanja.“)
Nije uteha, ali tranziciono izrabljivanje prisutno je i u drugim državama. Prema proceni Sindikata trgovine Hrvatske, prodavci su tokom 2007. odradili 53,5 miliona prekovremenih neplaćenih sati uštedevši poslodavcima 1,4 milijarde kuna (nešto manje od 200 miliona evra), a „Vjesnik“ je objavio listu SDP-a (Socijaldemokratska partija) na kojoj je pedesetak firmi u kojima se najviše krše radnička prava.

Država žmuri

Iako slični spiskovi u Srbiji ne postoje, jer se problemom kršenja prava zaposlenih ne bave ni sindikati, ni država, a još manje političke partije i mediji, po ugledu na računicu hrvatskog sindikata trgovine, s dosta pouzdanosti može se utvrditi da prodavci u Srbiji godišnje „odrade“ preko 100 miliona neplaćenih prekovremenih sati i tako poslodavcima uštede više od 400 miliona evra. Kako to u praksi izgleda, najbolje znaju radnici u malim trgovinskim radnjama koji u ogromnom broju rade neprijavljeni, mada ni situacija u velikim marketima nije mnogo bolja.
Računice pokazuju da prinudni prekovremeni rad blokira zaposlenje oko 45.000 novih radnika.


Čemu služe HR menadžeri

Iako odeljenje za ljudske resurse (HR menadžer) postoji tek u malom broju firmi, po istraživanju Centra za demokratiju da se zaključiti da i ova, nešto modernija verzija nekadašnjih kadrovskih službi, najčešće nije na strani zaposlenih. O tome svedoče i sledeći primeri:
1. „Osoba za ljudske resurse nije zaštitila mene, već šefa odeljenja, a meni je rekla da sam bezobraznica i da se pravim naivna.“
2. „Obraćala sam se mejlom HR menadžeru. Odgovor nisam dobila, ali sam dobila grdnju šefice zašto sam se obraćala HR-u.“

Ne prijavljuju izrabljivanje, plaše se otkaza

U inspekciji rada kažu da se veliki broj poslodavaca ne pridržava odredbe zakona koja kaže da radnik može najviše četiri sata dnevno prekovremeno da radi, odnosno osam sati nedeljno, i da mu taj prekovremeni rad mora biti plaćen.
- Inspektorima na terenu dodatan problem predstavlja to što nigde u zakonu poslodavac nema obavezu da vodi evidenciju o radnom vremenu, tako da je teško konstatovati prekršaj. Ni zaposleni, u strahu za svoje radno mesto, neće da sarađuju s inspektorima. Na pitanje da li rade prekovremeno, obično odgovaraju da je to najviše sat vremena i da im je sve plaćeno - kaže Radovan Ristanović, direktor Inspektorata za rad, i dodaje da će ova oblast biti bolje regulisana donošenjem zakona o evidenciji na radu, koji je gotov i čeka na usvajanje novu vladu.

Najčešći primeri kršenja prava

- neisplaćivanje zarada
- rad bez ugovora
- neplaćanje prekovremenog rada
- nebezbednost radnog mesta
- neuplaćivanje penzionog i zdravstvenog osiguranja
- neplaćanje porodiljskog bolovanja
- uskraćivanje godišnjeg odmora
- psihičko i seksualno zlostavljanje

Šta kaže Zakon o radu

- prekovremeni rad ne može da traje duže od osam časova nedeljno, niti duže od četiri časa dnevno
- svaki prekovremeni rad mora biti plaćen
- minimalni godišnji odmor iznosi 20 radnih dana
- poslodavac je obavezan da vam dostavi fotokopiju prijave na obavezno socijalno osiguranje
- na konkursu ne smeju od vas tražiti podatke o porodičnom, bračnom statusu i planiranju porodice

Sudije izriču kazne ispod minimuma

Radovan Ristanović kaže da su za preduzeća i poslodavce predviđene veoma visoke kazne za neplaćeni prekovremeni rad, i to od 800.000 do milion dinara za preduzeće i od 600.000 do 800.000 za preduzetnika.
- Međutim, sudije veoma često izriču kazne ispod zakonskog minimuma i na taj način obesmišljavaju rad inspektorata za rad. Postupci traju veoma dugo i obično na kraju zastarevaju - zaključuje Ristanović.


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VECERNJE NOVOSTI

Od jutra do sutra

G. ČVOROVIĆ, 11.06.2008


RADNO vreme unutar EU moći će, ubuduće, da bude produženo do 65 sati nedeljno, pa čak i do 78 sati, ukoliko se poslodavac i radnik tako dogovore!

Ministri zapošljavanja dvadeset sedmorice saglasili su se, u sredu rano ujutro, posle nekoliko godina pregovaranja i cele noći većanja, o promeni "evropske direktive o radnom vremenu". Na snazi i dalje ostaju zakoni iz 1993. koji propisuju maksimalnu radnu nedelju od 48 sati, ali se uvodi novina koja, uz saglasnost zaposlenog, može da produži radno vreme!

Evropski zvaničnici su u poslednji čas popustili pod pritiskom Velike Britanije, koja je insistirala na legalizaciji njene "osobenosti" da radna nedelja može da se produži na čak 78 sati (6 dana po 13 sati), pod uslovom da postoji zagarantovanih 11 sati odmora dnevno!

Odluka je donesena "kvalifikovanom većinom", jer su se predstavnici pet zemalja, Španije, Belgije, Grčke, Mađarske i Kipra, uzdržali od glasanja. Sindikati i predstavnici radnika u EU ističu da se najnovijim dopunama ove direktive radnička prava vraćaju više od sto godina unazad.

KO KOLIKO RADI

NAJKRAĆE zakonom propisano radno vreme u Evropskoj uniji danas ima Francuska sa 35 sati nedeljno. Najviše, po zakonu, rade Mađari, Grci, Estonci, Letonci, Litvanci, Maltežani, Poljaci, Slovaci i Slovenci - minimum 40 sati za sedam dana.




From:   gilberto.vlaic @...
Subject: Viaggio a Kragujevac e appuntamenti in Regione
Date: July 5, 2008 5:19:19 PM GMT+02:00

Care amiche, cari amici,
vi invio  la relazione del nostro periodico viaggio a Kragujevac, che si e’ svolto nel periodo 12-15 giugno scorsi.


Vi ricordo che martedi’ prossimo arriveranno da Kragujevac i ragazzi del gruppo folk della Scuola Tecnica.
Ecco di seguito le date delle loro esibizioni. Sono state realizzate in collaborazione con le amministrazioni dei comuni interessati.

Mercoledi’ 9 luglio  ore 21 al parco di Mocco’ (Comune di San Dorligo della Valle, Trieste)

Venedi’ 11 luglio ore 21e 30 a Muzzana del Torgnano (Udine) in collaborazione con il Comune di San Giorgio di Nogaro e il circolo culturale Artetica

Sabato 12 luglio ore 21 a Sgonico (con la collaborazione della locale amministrazione)

INOLTRE la sera di Giovedi’ 10  luglio alle 20 e 30 ci sara’ una cena di solidarieta’ (costo 15 euro bevande escluse ) organizzata dalla Casa del Popolo di Sottolongera e dal Circolo Primo Maggio in Via Masaccio 24, Trieste.
Per prenotazioni telefonare al numero
040572114 dalle 17 alle 21
oppure al numero
3396587490
oppure rispondere a questa e-mail


Gilberto VLAIC
Non bombe ma solo caramelle ONLUS


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(La relazione in formato .doc, completa delle fotografie, è scaricabile dalla pagina:
https://www.cnj.it/solidarieta.htm
da cui si può accedere anche alle più recenti relazioni di viaggio di
"Non bombe ma solo caramelle".

Sugli accordi Fiat-Zastava, ed altri aggiornamenti, vedi anche: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6016 )

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RITORNO DALLA  ZASTAVA DI KRAGUJEVAC
Viaggio del 12-15 giugno 2008
(resoconto di viaggio  a cura di Gilberto Vlaic)
 

Questa relazione e’ suddivisa in quattro parti.

1      Introduzione e siti web

2      Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri

3      Alcune informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava

4      Conclusioni

 
1.  Introduzione

Vi invio la relazione del viaggio svolto tre settimane fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle (Gruppo Zastava di Trieste e sezione del Veneto) e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.
Vi ricordo  il sito del coordinamento RSU,  sul quale trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative a partire dal 1999

http://www.coordinamentorsu.it/

Trovate tutte le informazioni seguendo il link

Solidarietà con i lavoratori della Jugoslavia:

http://www.coordinamentorsu.it/guerra.htm

 

Il nostro sito e’ all’indirizzo

www.nonbombemasolocaramelle.org

ed e’ attualmente in espansione.
 
I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages

 

Ricordo che molti dei progetti in corso a Kragujevac sono realizzati in collaborazione con altre associazioni: Zastava Brescia, ABC solidarieta’ e pace di Roma, Fabio Sormanni di Milano, e Cooperazione Odontoiatrica Internazionale.

Questi sono gli indirizzi dei loro siti:

http://digilander.libero.it/zastavabrescia

http://www.abconlus.it

http://www.fabiosormanni.org

http://www.cooperazioneodontoiatrica.eu/

 

2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri

 

Giovedi’ 12 giugno 2008

Siamo partiti da Trieste verso le 9 del mattino utilizzando il solito pullmino prestato dalla Associazione di Solidarieta’ Internazionale Triestina. La delegazione era formata da Claudia, Gabriella, Gilberto e Serena da Trieste,  Stefano e Massimiliano da Fiumicello, Giandomenico da Conegliano, Maurizio da Padova e Alberto da Venezia.

Avevamo con noi 16345 relativi a 177 quote di affido, per la maggior parte in quote trimestrali da 75 euro o da 85 euro.

Inoltre 1350 euro per il progetto in corso con i lavoratori della Zastava Camion  e 1750 euro per il pagamento delle spese di trasporto del gruppo folk della Scuola Tecnica, che si esibira’ a Trieste e Friuli nel periodo 9-12 luglio prossimi.

Infine 200 euro come regalo per il centro di accoglienza per ragazzi down.

Avevamo anche una decina di pacchi ed una bicicletta per famiglie di Kragujevac, cinque valigie di medicinali, alcune scatole di vestiario e scarpe e pannoloni per adulti.

 

Il viaggio si e’ svolto senza intoppi ma abbiamo avuto molta pioggia, che durante l’attraversamento di Belgrado e’ diventata un vero diluvio. Frontiere attraversate senza alcun problema.

 

Arrivati alle 20 e come sempre, dopo i calorosissimi saluti, abbiamo passato un paio di ore nella preparazione delle buste per la consegna degli affidi e nella verifica degli appuntamenti del venerdi’ e del sabato Finalmente sul tardi cena serba con i nostri amici del Sindacato Samostalni e meritato riposo in un albergo in centro citta’.

 

Venerdi’ 13 giugno 2008

 

Ore 9: Incontro con delegati sindacali della fabbrica Zastava Camion

riadattamento di locali di proprieta’ del Sindacato

I lavoratori della fabbrica camion sono circa 900, di cui circa 800 iscritti al Sindacato Samostanli, nostro interlocutore da sempre in tutti i progetti .
All’interno del recinto della fabbrica c’e’ un vasto edificio a un piano (circa 400 metri quadrati) che in passato era stato utilizzato come teatro e palestra. E’ in abbandono da piu’ di 15 anni. Il Sindacato a dicembre scorso ci aveva chiesto di aiutare i lavoratori in un progetto molto ambizioso: attraverso lavoro volontario gratuito intendono rimettere in sesto questa struttura, da utilizzarsi poi come palestra aperta a tutti i lavoratori (e le loro famiglie) del gruppo Zastava, e non solo a quelli della fabbrica camion. E’ pero’ necessario sostenerli nell’acquisto dei materiali.
La spesa preventivata e’ di 4350 euro, cosi’ suddivisi
2400 per il tetto;
1300 per materiale elettrico;
300 per intonaci e vernici;
350 per i vetri.
Durante il viaggio di marzo scorso avevamo consegnato i primi 3000 euro.
Restavano pero’ da chiarire alcuni importanti aspetti connessi alla proprieta’ dei locali.
In questa occasione ci sono stati consegnati in originale i documenti catastali che attestano come il locale sia libero da qualsiasi vincolo e ipoteca e sia di proprieta’ esclusiva del Sindacato Samostanli.
Abbiamo potuto apprezzare la serieta’ di questi lavoratori: hanno iniziato i lavori (e dunque l’utilizzo del denaro da noi versato) solo dopo aver ottenuto il documento di proprieta’ il 22 aprile scorso.
Ci sono state consegnate rivevute per complessivi 2868 euro spesi dall’inizio di maggio.
I lavori proseguono celermente, e’ stato riparato il tetto e fatta la gettata per il pavimento; al prossimo viaggio i lavori dovrebbero essere conclusi.
Abbiamo consegnato i restanti 1350 euro; probabilmente sara’ necessario un ulteriore limitato intervento per l’acquisto dei materiali per la realizzazione di due bagni e dei caloriferi per l’impianto di riscaldamento.
 

(FOTO) Interno ed esterno del locale prima dei lavori

 (FOTO) Il tetto dall’interno: lavori ultimati (FOTO) La gettata per il pavimento

 

Ore 11: in Comune per la consegna della cittadnanza onoraria

Ad aprile scorso il consiglio comunale di Kragujevac aveva deciso di assegnarmi la citadinanza onoraria. La consegna era prevista per il 6 di maggio, giorno della festa della citta’, ma io ero ancora in ospedale. Allora e’ stata spostata alla data del viaggio della nostra delegazione.
E’ stata una cerimonia commovente, almeno per me, non retorica a detta di altri, in cui si sono ricordate le principali tappe degli interventi della nostra associazione.
Erano presenti la nostra delegazione, il presidente del consiglio comunale, alcuni consiglieri, i nostri amici del sindacato Samostanli e vari giornalisti.
Mi sono state consegnate due pergamene, in Italiano e Serbo, ed una medaglia della citta’.
Come ho ribadito nelle parole di ringraziamento, ritengo che questo sia un riconoscimento che riguarda tutta la associazione e tutti i nostri sottoscrittori e tutte le associazioni che agiscono con i nostri stressi metodi e principi.
Riporto il testo dell’intervento che ho letto in questa occasione
 

Desidero ringraziare la municipalita’ per il grande onore che mi e’ stato fatto concedendomi la cittadinanza onoraria di Kragujevac, che da molto tempo considero la mia seconda citta’; cosi’ mi sentiro’ piu’ a casa.

Ma credo anche che sia un riconoscimento importante della correttezza con cui la nostra associazione ha agito a Kragujevac in tutti questi anni, un riconoscimento che va esteso a tutti i lavoratori e a tutte le famiglie e agli enti pubblici italiani che ci hanno sostenuto nel tempo.

La nostra e’ sempre stata un azione di solidarieta’ materiale di lavoratori italiani a lavoratori serbi; inoltre abbiamo cercato di contribuire a risolvere reali bisogni sociali della citta’ di Kragujevac, trovando in queste operazioni referenti locali affidabili e competenti.

E il nostro primo riferimento in queste attivita’ e’ stato il sindacato Samostanli e il suo ufficio internazionale adozioni; sucessivamente siamo entrati in contatto con il Comune e credo che in questi anni abbiamo realizzato insieme cose importanti e essenziali.

Noi abbiamo sempre usato come guida per le nostre azioni i concetti di Lavoro, Pace, Liberta' e Solidarieta' tra lavoratori e tra popoli; spero che qualcosa di questi valori ’ rimarra’ per sempre legato a cio’ che abbiamo fatto.

 

(FOTO) La pergamena in Italiano e la medaglia

 

Ore 12 Visita al Centro per ragazzi Down 21 ottobre

Questo centro e’ giunto ormai al terzo anno di attivita’ esssendo stato inaugurato il 7 luglio 2005.
Ogni volta volta che ci andiamo e’ veramente una festa!
Sembra che tutto funzioni al meglio e senza intoppi. La direttrice Jelena ci ha consegnato come al solito tutte le ricevute relative al regalo di 250 euro che avevamo fatto ai nostri ragazzi l’ultima volta che ci eravamo visti, a dicembre 2007.
Pure in questo viaggio abbiamo consegnato un piccolo regalo di 200 euro.
Da seganlare che Branka, una delle tre collaboratrici di Jelena, si e’ spostata al nuovo Centro per ragazzi invalidi civili, insieme ad una delle ragazze utenti del Centro Down, che e’ stata assunta per lavorare nel centro invalidi. Questo e’ un grande successo delle politiche di inserimento che il centro 21 ottobre porta avanti dalla sua costituzione.
 
(FOTO) Foto di gruppo con i nostri ragazzi

 

Ore 16: Alla Scuola Tecnica di Meccanica e Trasporti.

La collaborazione con questa Scuola dura ormai da 3 anni, con grande soddisfazione reciproca.
Abbiamo apprezzato nel tempo l’importanza dei progetti da sviluppare, la correttezza con cui viene documentato il denaro speso ed il coinvolgimento dei professori e degli studenti in questi progetti.
In questa Scuola abbiamo realizzato nel 2005 la mensa per gli studenti, assieme alle associazioni  Zastava Brescia e Fabio Sormanni di Milano. Insieme alla Cooperazione Odontoiatrica Internazionale nel dicembre 2006 e’ stata iniziata la realizzazione di un laboratorio dentistico per cure gratuite agli studenti, che e’ entrato in funzione alla fine del 2007.
Potete trovare molte foto su queste iniaziative sul sito della Scuola, ai seguenti indirizzi

http://www.tsms.kg.edu.yu/index.php?option=com_content&task=view&id=358&Itemid=1

http://www.tsms.kg.edu.yu/index.php?option=com_content&task=view&id=423&Itemid=1

http://www.tsms.kg.edu.yu/index.php?option=com_content&task=view&id=359&Itemid=1

 
Inoltre il gruppo folk della Scuola si era esibito nell’estate del 2006 in tre spettacoli riuscitissimi a Trieste.
Attualmente con questa Scuola abbiamo in corso un progetto che prevede la realizzazione di un laboratorio polivalente per gli studenti (musica, pittura, teatro ecc.) rimettendo a posto circa 500 metri quadrati di una vecchia officina meccanica non piu’ utilizzata da molti anni.
Il progetto e’ portato avanti con le altre associazioni gia’ citate.
Avevamo visitato questi locali per la prima volta a marzo 2007; un nostro primo contributo e’ stato versato a giugno 2007. Fino ad ora sono stati versati 17.000 euro.
 

(FOTO) Scorcio dei locali a marzo 2007  (FOTO) Lavori in corso a settembre 2007

(FOTO) Lavori in corso a  marzo 2008 (FOTO) Lavori a giugno 2008

 

Dopo il nostro viaggio di marzo, come si puo’ intuire dal differente colore,  e’ stato realizzata la gettata per la insallazione finale del pavimento, che sara’ in materiale plastico molto resistente e sara’ messo in opera durante l’estate.
La previsione e’ di inaugurare questi locali intorno a meta’ ottobre prossimo, quando la citta’ ricordera’ la strage nazista del 21 ottobre 1941, che ho descritto in varie relazioni.
 
Poiche’ si tratta di un grosso progetto, che richiede ingenti finanziamenti, abbiamo sottoposto alla Regione Friuli Venezia Giulia un progetto di cofinanziamento sui fondi destinati  alla cooperazione internazionaleper un valore valore complessivo di 22500 euro.
Il progetto e’ stato approvato ad aprile scorso. Per i meccanismi del cofinanziamento questo  significa che riceveremo dalla regione 13500 euro mentre le nostre associazioni devono fornire la differenza, in parte come denaro e in parte come lavoro valorizzato (9000 euro).
Proprio mentre scrivo questa relazione la Regione ci ha inviato la prima tranche dei contributi, pari a 10800 euro. Anche questo progetto quindi andra’ a buon fine senza grosse difficolta’ economiche.
 
Durante la visita alla Scuola abbiamo anche discusso della prossimo arrivo a Trieste del gruppo folk della Scuola, di cui ho informato tutti quelli che ricevono questa relazione attraverso una specifica e-mail. Abbiamo consegnato al Preside i 1750 euro necessari per il pagamento del pullman con il quale effettueranno il viaggio di andatga e ritorno.
 
 
 
 

Ore 18: Visita al Centro per giovani invalidi

Questa faticosa ma interessantissima giornata si e’ conclusa con questa visita, a cui tenevo molto non avendo potuto partecipare alla precedente di marzo scorso..
Nel 2006 avevamo finanziato con 5250 euro la ristrutturazione di un locale di proprieta’ pubblica di poco meno di 100 metri quadrati in pieno centro citta’ (Via Knez Mihajlo 37) con l’intento di realizzare un centro per ragazzi autistici. Il denaro proveniva, oltre che da noi, dall’associazione Zastava Brescia, dalla ONLUS romana ABC solidarieta’ e pace e dal Comune di San Giorgio di Nogaro.
La collocazione del locale a bordo strada, senza quindi una adeguata zona di rispetto, aveva impedito l’utiizzo di questo locale da parte dei ragazzi autistici. L’assessore alle politiche sociali del Comune di Kragujevac Slavica Saveljic aveva proposto poco meno di un anno fa di utilizzarlo come  centro di accoglienza per i giovani invalidi civili della citta’ e le nostre associazioni avevano aderito a questa richiesta. Il Comune ha ricevuto in dono da altre associazioni 5 computers e i mobili  per l’arredamento.
E’ l’unico centro di questo tipo in Serbia; e’ aperto dalla mattina fino alle 21 di sera. E’ veramente affollato di utenti, che senz’altro soffrono per lo spazio troppo piccolo per loro.
Malgrado le tante difficolta’ personali, vi si respira una atmosfera veramente amichevole e coinvolgente.
E’ coordinato d Branka Ristic della Cooperativa Sociale VIVERE che aveva lavorato fino all’anno scorso presso il Centro 21 ottobre; vi lavora pure una ragazza che fino allo scorso anno era seguita dal centro per ragazzi Down; e’ pagata dalla Croce Rossa.
Vi prestano servizio alcuni volontari; le attivita’ sono svariate, molta musica, pittura, scrittura, partecipazione a eventi sportivi, giochi da tavolo...

(FOTO) L’esterno del centro  (FOTO) Uno scorcio dell’interno

(FOTO) Branka con due frequentatori del centro (FOTO) Si canta in gruppo


Avevamo ricevuto a aprile scorso elenco dei mezzi necessari per poter ampliare l’attivita’: scanner e stampante, due macchine per cucire a controllo numerico, videocamera. Nei limiti del possibile verremo incontro a queste che sono necessita’ reali; soprattutto manca un sistema di condizionamento per l’estate:  durante la nostra visita malgrado all’esterno la temperatura fosse di sono 22 gradi il caldo nella stanza era assolutamente soffocante.
 
 

 

Alle 9 visita del centro per giovani a Zdraljica

Ho scritto ormai molto su questo centro, ad iniziare dalla relazione di dicembre 2006, e non mi ripeto. In questo viaggio avevamo intenzione di iniziare il finanziamento della costruzione del parco giochi nel piazzale esterno all’edificio.

Poiche’ pero’ non e’ stato ancora risolto il problema del riscaldamento invernale abbiamo preferito soprassedere in attesa che si definisca una soluzione precisa, ritenendo da parte nostra prioritario contribuire eventualmente all’impianto di riscaldamento.

 

Alle 11 assemblea di consegna delle quote di affido
Al mattino si e’ tenuta l’assemblea per la consegna delle quote di affido, nella  grande sala della direzione.
Atmosfera festosa, come sempre.
In piu’ questa voltra grandi risate perche’ il Sindacato ha voluto regalarmi una divertente caricatura, che mi raffigura in costume della regione di Kragujevac (la Sumadija), con fascia della pace in vita e berretto partigiano con tanto di stella rossa in testa. 
 
(FOTO) La mia caricatura

La giornata si e’ conclusa con la visita a due famiglie in affido.

Una delle due ha una figlia con una grave patologia al cervello, ed e’ seguita dalla nostra associazione dall’inizio del 2002 per quanto riguarda i farmaci. Vivono in un quartiere periferico degradato, in una casa di due stanze senza servizi igienici. Non si vede nessuna speranza nella loro situazione ed e’ sempre uno strazio andare a trovarli.

La seconda famiglia e’ costituita da due figli in eta’ scolare, i genitori ed ed un nonno, che sostiene tutti con la sua pensione.

Infatti il padre e’ stato licenziato dalla Zastava auto a settembre 2007; ha 42 anni e ben poche speranze di trovare un lavoro regolare.

Durante la visita ci ha mostrato con profonda amarezza la lettera con cui la Zastava lo informa che qualora venisse richiamato al lavoro a tempo determinato la sua paga oraria sara’ di 0.87 euro all’ora.

 

Domenica 15 giugno 2008
 
Verso le 8 del mattino siamo partiti per per il rientro in Italia; il viaggio di ritorno si e’ svolto senza alcuna difficolta’ con un clima piuttosto fresco per la stagione (a Lubiana 14 gradi!).

Ci siamo fermati per una rapida visita al centro di Belgrado: viale delle Ambasciate e parco di Tasmajdan, di cui ho gia’ parlato varie volte.

Nei pressi di Zagabria abbiamo visitato il sito dove sorgeva il campo di sterminio di Jasenovac, uno dei posti piu’ terribili della seconda guerra mondiale.

Alle 8 di sera siamo arrivati a Trieste.

 

3 – Alcune informazioni generali sulla Serbia

 

Ta la relazione di marzo 2008 e questa sono successe in Serbia alcune cose importanti.

Il 17 marzo a Kosovska Mitrovica ci sono stati gravi incidenti tra i Serbi della cittadina e le truppe dell’UNMIK e della KFOR, che indicano come la secessione del Kosovo abbia destabilizzato ancora di piu’ la regione.

Il 29 aprile e’ stato firmato tra l’Unione Europea,  rappresentata da Xavier Solana (segretario NATO durante i bombardamenti sulla Serbia...) e il Presidente della Repubblica di Serbia Boris Tadic l’Accordo di Accessione e Stabilizzazione, che non avra’ in realta’ alcun effetto pratico; a molti e’ semplicemente sembrato una pesante interferenza nelle elezioni politiche, a favore di alcuni partiti politici.

Il 30 aprile e’stato firmato a Kragujevac un memorandum di intesa tra Fiat e Zastava.

Le elezioni politiche dell’11 maggio non hanno definito un quadro chiaro delle forze in campo.

 

Il memorandum FIAT-Zastava

Conviene sgombrare subito il campo da ogni possibile equivoco: non e’ un accordo gia’ operativo, ma una serie di dichiarazioni di intenti. E’ certamente piu’ credibile di tutta una serie di dichiarazioni roboanti che si sono succedute negli anni, e che sono finite nel nulla. Si puo’ ragionevolmente ritenerlo legato alla evoluzione della formazione del nuovo governo.

E’ stato firmato dal Vicepresidente della Fiat Alfredo Altavilla, dal Ministro dell’Economia Mladan Dikic,e dal SIndaco di Kragujevac Veroljub Stojanovic, alla presenza del Presidente della Repubblica.

Il documeno prevede la formazione di una impresa mista di cui la FIAT controllerebbe il 70% mentre la restante parte resterebbe di proprieta’ pubblica.

Sui giornali non c’e’ precisa concordanza sulle cifre degli investimenti previsti; riporto i dati pubblicati da Il Sole-24 Ore del 1 maggio scorso secondo il quale la cifre totale sarebbe di 700 milioni di euro, di cui 500 a carico della FIAT e 200 della Repubblica, compresi gli sgravi fiscali.

La FIAT sarebbe esonerata da tutte le tasse locali e riceveverebbe gratuitamente dalla citta’ gli eventuali terreni per una espansione degli stabilimenti.

Le previsioni si spingono a ipotizzare la costruzione dopo il 2010 di 300.000 vetture all’anno, probabilmente la 500, la nuova Topolino e la vecchia Punto.

In questo modo la FIAT si garantirebbe una forte penetrazione nell’Europa dell’Est e soprattutto in Russia, dove la Serbia puo’ esportare in esenzione doganale. In questi Paesi il mercato dell’auto e’ in forte espansione (ad esempio in Polonia del 19.5% nel primo trimestre 2008 paragonato al primo trimestre del 2007, in Romania del 23.6% per lo stesso periodo).

L’occupazione potrebbe crescere di circa 10-12 mila unita’; non va pero’ dimenticato che dal 1999 ad oggi sono staati piu’ di 20.000 gli operai Zastava licenziati; al momento attuale a Kragujevac ci sono circa 26.000 iscritti alle liste del collocamento pubblico.

Inoltre la FIAT troverebbe una classe operaia gia’ formata ed un costo del lavoro mediamente piu’ basso di 8-10 volte di quello italiano; ricordate il contratto dell’operaio che abbiamo visitato a casa sua...

Il memorandum prevede che qualora l’accordo sara’ perfezionato, verra’ inclusa un’intesa tra Fiat Iveco e Zastava Camion.

Comunque il memorandum ha generato un fatto positivo per i lavoratori: il Governo ha deciso di pagare salari e liquidazioni arretrati rimasti in sospeso per 10 o 20 milioni di euro (la cifra varia a seconda delle fonti).

Inflazione e prezzi

Il dinaro continua a essere irrealisticamente forte e non e’ significativamente cambiato negli ultimi sei mesi

L’inflazione registrata alla fine di marzo era del 7% annuo per i prezzi all’ingrosso e del 12% per quelli al dettaglio.

Da notare che questi dati non scontano ancora l’impennata totalmente l’aumento del prezzo del petrolio.

 

Ma per capire meglio come questi dati si ripercuotono nella vita quotidiana dei lavoratori e delle loro famiglie bisogna osservare l’evoluzione dei salari e dei prezzi dei generi di prima necessita’


Stipendi medi in Serbia (in dinari)
Mese Totale Produzione Altro (servizi, uffici pubblici)
Gennaio 2008 28230 27516 29582
Febbraio 2008 30982 29226 34279
Marzo 2008 30809 28929 34325
Aprile 2008 32562 30790 35865

Stipendi medi in alcune grandi citta’ a febbraio 2008
Belgrado 37839
Novi Sad 37329
Nis 25882
Kragujevac 30572
Cacak 27127
Valjevo 24705
Kraljevo 25561


L’ufficio centrale di statistica ha censito a gennaio 2008 947548 lavoratori; di questi ben 75557 pur avendo lavorato non hanno ricevuto lo stipendio.


Prezzo in dinari di generi di prima necessita’ (prezzo medio in Serbia)
Merce aprile 2007 dicembre 2007 aprile 2008
Carne di pollo 1 Kg 154 200 220
Carne di manzo 1 Kg 430 430 463
Pane 500 grammi 26 33 38
Olio di semi 1 litro 80 93 111-145
Succo di frutta 1 litro 66 77 87
Cioccolata 100 gr 62 69 77

Prezzo della benzina senza piombo al litro (in dinari)


(english / srpskohrvatski / deutsch / italiano)


Srebrenica: premiato all'Aia il responsabile dei morti serbi


(rassegne in ordine cronologico inverso)

1) COME VOLEVASI DIMOSTRARE: ASSOLTO ALL'AIA IL MACELLAIO NASER ORIC
TPI: ASSOLUZIONE ORIC, A BELGRADO SDEGNO E AMAREZZA (ANSA)
CRIMINI GUERRA: ASSOLTO COMANDANTE MUSULMANO SREBRENICA (REPUBBLICA)

2) DA BREZANI A KRAVICE PASSANDO PER BRATUNAC: 
I SERBI BOSNIACI - E SOLO LORO - RICORDANO LE VITTIME DEI MUJAHEDDIN DI NASER ORIC
Anniversario dell’assassinio di 32 civili serbi vicino a Srebrenica (30 giugno 2008)
MASSACRE OF 49 SERBIAN CIVILIANS FROM KRAVICE MARKED (5. January 2008)
Bratunac Memorial, visited only by the Serbs who come to pay their respects to the irrelevant victims, Srebrenica Serbs (byzantinesacredart.com/ - July 2007)

3) FLASHBACK: STRAGI DI SERBI PRESSO SREBRENICA, 1992-1994 
Intenzivirane istrage o ratnim zločinima Orićevih jedinica (8. maj 2007.)
BOSNIA: SREBRENICA, PUBBLICATA LISTA 3000 SERBI UCCISI (ANSA 30/6/2005)
Death Toll. Srebrenica: Opfer auf beiden Seiten (jW 8/6/2005)
BOSNIA: FOSSE COMUNI, ESUMATI RESTI DI 16 CIVILI BRATUNAC (ANSA 26/5/2004)

4) NASER ORIC, UN "EROE" PER QUESTA EUROPA OSCENA
Naser Oric condannato e liberato (IWPR/OB 4.07.2006)
Fearsome Muslim warlord eludes Bosnian Serb forces (The Toronto Star, July 16, 1995)

5) FALSIFICAZIONI E OCCULTAMENTO DEI FATTI NELLA VICENDA DI SREBRENICA
HAAG "TRIBUNAL" BLOCKS EVIDENCE REGARDING SREBRENICA AND ISLAMIC TERRORISM IN THE BALKANS (January 12, 2005)
Srebrenica Manipulations: 954 Bosnian Muslim Fighters Killed Before the End of 1994 Listed as “Srebrenica Victims” (Politika 13.10.2007.) / Под сумњом списак сребреничких жртава (Politika 13.10.2007.)


SULLA CAMPAGNA DI DISINFORMAZIONE STRATEGICA LEGATA A SREBRENICA VEDI ANCHE 
* LA RASSEGNA DI ARTICOLI, LINK E RISORSE ALLA PAGINA: https://www.cnj.it/documentazione/srebrenica.htm
* IL LIBRO Il Dossier nascosto del "genocidio" di Srebrenica: https://www.cnj.it/documentazione/srebrenica.htm#dossier
* IL RAPPORTO DEI SERBI DI BOSNIA CENSURATO DALL'"ALTO RAPPRESENTANTE": http://www.slobodan-milosevic.org/news/smorg-sreb101604.htm

SUL CARATTERE ILLEGITTIMO, FAZIOSO E CRIMINALE DEL "TRIBUNALE AD HOC" DELL'AIA VEDI ANCHE:
Processo Milosevic: un "processo alle intenzioni": http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/231
ARCHIVIO DOCUMENTAZIONE ICDSM-ITALIA: http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/
ARCHIVIO MILOSEVIC (in costruzione): https://www.cnj.it/MILOS/index.htm



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TPI: ASSOLUZIONE ORIC, A BELGRADO SDEGNO E AMAREZZA 

BELGRADO - L'assoluzione da parte del Tribunale internazionale dell'Aja per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia (Tpi) dell'ex comandante delle forze bosniache nella zona di Srebrenica, Naser Oric, e'stata accolta con indignazione, preoccupazione e amarezza in Serbia.

Il presidente Boris Tadic ha parlato oggi di decisione ''scandalosa''. La gente chiede che i criminali siano puniti adeguatamente - ha osservato Tadic - secondo il quale questa ''e' l'unica possibilita' per poter chiudere definitivamente con i conflitti in queste terre e voltare pagina una volta per sempre''.

''Con questo verdetto e' stato compiuto un nuovo crimine ai danni delle vittime innocenti di Naser Oric'' - ha detto il primo ministro uscente serbo Vojislav Kostunica, aggiungendo che con l'assoluzione dei criminali di guerra Ramus Haradinaj (ex primo ministro kosovaro) e Naser Oric, il Tribunale dell'Aja ha perso ogni legittimita'. ''Adesso e' completamente chiaro che questo Tribunale esiste solo per poter condannare i serbi per tutte le atrocita' compiute durante la guerra civile con la quale e' stata distrutta la vecchia Jugoslavia'' - ha affermato Kostunica.

''Il verdetto non contribuira' alla riconciliazione nella regione per la quale il tribunale del'Aja e' stato concepito. Siamo profondamente convinti, secondo i documenti di cui siamo in possesso, che Oric sia responsabile di quello di cui e' stato accusato'' - ha detto all' agenzia Tanjug il portavoce della procura serba per i crimini di guerra Bruno Vekaric. ''Il verdetto lascia una sensazione amara e da' ragione a coloro che sostengono che la giustizia nel Tpi si sta applicando selettivamente. Cio' e' una sconfitta del tribunale e dell'intero sistema di giustizia dell' Onu'' - ha detto da parte sua l'ex ministro della giustizia serbo Vladan Batic.

Oric e' stato il primo musulmano ad essere incriminato dal Tpi, per fatti che risalgono al 1992 e 1993 nella regione di Srebrenica e Bratunac. L'uccisione nel luglio 1995 di circa 8.000 bosniaci da parte delle forze serbo bosniache a Srebrenica e' stato il piu' grave crimine in Europa dalla seconda guerra mondiale. Ma i Serbi dicono che prima di quello che e' successo a Srebrenica le forze al comando di Naser Oric avevano ucciso 3.263 Serbi.
03/07/2008 17:19

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(si noti che Repubblica ha anche sbagliato la data della "strage")


L'Aja, 10:52

CRIMINI GUERRA: ASSOLTO COMANDANTE MUSULMANO SREBRENICA

Il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia ha assolto in appello Naser Oric, l'ex comandante musulmano bosniaco a Srebrenica che in primo grado era stato condannato a due anni di carcere per crimini di guerra. Il verdetto e' stato letto all'Aja dal giudice Wolfgang Schomburg. Oric era stato condannato nel giugno 2006 per non aver impedito che i suoi sottoposti uccidessero sei prigionieri serbo-bosniaci e ne tortutaresero molti altri tra il 1992 e il 1993. Era stato rimesso subito in liberta' perche' aveva gia' scontato la pena nei tre anni di detenzione preventiva ed era tornato cosi' a Sarajevo. Gia' membro di un reparto d'elite dell'esercito jugoslavo e guardia del corpo del presidente Slobodan Milosevic, Oric era diventato una bandiera del nazionalismo bosniaco e della resistenza ai serbi. Srebrenica fu teatro nel luglio 2005, un mese prima che Oric lasciasse il suo incarico, della strage di 8mila musulmani.

(3/7/2008)


=== 2 ===

Anniversario dell’assassinio di 32 civili serbi vicino a Srebrenica    
30 giugno 2008

Servendo il requiem, posando la ghirlanda di fiori e accendendo le candele sul lapide commemorativo a Brezani, vicino a Srebrenica, è stato segnato il 16-esimo anniversario della strage in questo villaggio, in cui le unità mussulmane hanno assassinato 32 civili serbi. Fra le persone uccise il 30 giugno del 1992 la vittima più giovane aveva 15, e la più anziana 89 anni, e tutte e 80 case serbe sono state incendiate e rase al suolo. Lo scopo delle forze mussulmane di Srebrenica era di pulire etnicamente questi territori uccidendo e scacciando tutti i serbi, e questo lo dimostra anche il fatto che precedentemente è stato dato fuoco anche agli altri villaggi serbi nei dintorni, ha evidenziato il segretario dell’Organizzazione di guerrieri di Srebrenica Milos Milovanovic. Lui ha ricordato che le forze armate mussulmane sotto il comando di Naser Oric, nell’estate del 1992 hanno raso al suolo tutti e 50 i villaggi serbi nel comune di Srebrenica, ed hanno assassinato oltre 500 civili serbi. Oltre ad Orlic che il Tribunale penale internazionale dell’Aja ha condannato a due anni di detenzione, nessuno è stato nemmeno accusato di questi mostruosi crimini.

(fonte: agenzie di stampa della Serbia, trad. e adattamento a cura di Ivan per il CNJ)

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MASSACRE OF 49 SERBIAN CIVILIANS FROM KRAVICE MARKED

05. January 2008. 17:40

The mass in the Church of St Apostles Peter and Paul and laying wreaths at the central monument in Kravice near Bratunac, the Republic of Srpska, marked the killing of 49 Serbs, executed on Christmas, January 7, 1993 by Muslim forces from Srebrenica, who at the time also wounded 86 persons. The attack against Kravice was continuation of the bloody campaign that 28th Muslim Division commenced in May 1992 under Oric’s command. Over the following two years, they killed more than 3.500 civilians and soldiers only because they were Serbs, stated President of the Veteran Organization of the RS Pantelija Curguz addressing the gathering at the monument in Kravice that is under construction in memory of 3.262 Serbs killed in the war in 1992 and 1993. Like in previous years, no international representatives attended the mass. Muslim forces from Srebrenica, under the command of Hague convict Naser Oric, attacked Kravice and neighboring villages from several directions on the dawn of Christmas Day and massacred all villagers who did not manage to escape.

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July 12, 2007

Srebrenica Serbs

Bratunac Memorial, visited only by the Serbs who come to pay their respects to the irrelevant victims, Srebrenica Serbs.

Why Haven’t You Heard of Bratunac?

Have you ever heard of Bratunac? How about any of the non-Serbs you know? Ask them. I’ll bet you nobody has. Now ask those same people if they have heard of Srebrenica.

And there you have it: the accomplishment of 20 years of unrelenting media cleansing and the most brutal propaganda assault since the end of the cold war, designed to emblazon the mind of every single Westerner with the firm belief that Serbs are subhuman villains, deviant monsters who have committed The Holocaust over the European Muslims 50 years after the WWII.

A Very Simple Script

It is a very simple script: archaically nationalistic primitive Serbs [version 1], or mighty powerful SS-like Serbian Borg armada [version 2], led by their own Hitler (Slobodan Milosevic), suddenly decided to replace Yugoslavia with the Greater Serbia, so they launched multiple aggressions on few randomly chosen Yugoslav republics — Slovenia, Croatia, Bosnia-Herzegovina and their own province of Kosovo-Metohija, in order to ethnically cleanse them of all non-Serbs. Thankfully, the “international community,” led by the US and UK, has gotten involved in time to prevent the genocides Serbs would have committed over Slovenes, Croats, Bosnian and Albanian Muslims. The “international community” has, inexplicably, failed in one small place only, the town of Srebrenica, where the Serbian army (controlled by Radovan Karadzic and Ratko Mladic) massacred [version 1] or executed in cold blood [version 2] up to 8,000 Bosnian Muslim men and boys, after, for unspecified reasons, sending their elderly, women and children to safety.

As with every badly written story, the motivations are murky and sketchy, the characters are cartoonishly two-dimensional, there is no context that would help explain any of the alleged events and the inevitable happy-end is resoundingly triumphant: the good guys win and get to punish the bad guys many times over, in a number of ways (sanctions, bombardments, “reversed ethnic cleansing,” “revenge killings,” “revenge destructions” of the churches and monasteries, seizure of the territories, the “International Tribunal” One and the International Tribunal Two, among others). As in every poorly written script, facts, logic, history and laws of gravitation are suspended and even the unresolved problem of no bodies to support the crux of the story — the alleged genocide of 7 or 8,000 Bosnian Muslim men in Srebrenica is glossed over, so as not to confuse the audience.

Atrocious fiction is as abundant in our world as certain type of spores that suffocate trees — one has to wonder why no one has launched an environmental campaign of saving the Rain Forest by prohibiting printing thousands of tons of garbage every year, for decades, that has so far destroyed at least one continent of forests and polluted the untold number of minds.

But there is another problem with this particular script: the propaganda authors are not writing merely another bad story, but the history.

Feast of the Holy Apostles Peter and Paul

Eastern Orthodox Church today celebrates Saints Peter and Paul, Chiefs of the Holy Apostles recognized as pillars of the Church, both martyred by the Roman emperor Nero, a macabre madman and cruel Christian enemy.

Fifteen years ago on the Feast of Ss Peter and Paul, Bosnian mujahedeens based in Srebrenica and led by Naser Oric stormed Serbian villages of Zalazje, Biljaca, Sada and Zagoni in Srebrenica region, massacring and killing 69 Serbian civilians and soldiers, wounding more than 70 men, women and children, while 19 Serbs from these villages are still listed as missing. On the 1992 Feast of Ss Peter and Paul, during the day’s bloody orgy, Bosnian Muslim army has pillaged, destroyed and burned all four Serbian villages. Village Zalazje still hasn’t been rebuilt and, fifteen years later, its sole inhabitants are a frail old Serbian couple, left without electricity and with no means to communicate with the outside world.

During 1992 and 1993 Bosnian mujahedeens under the command of Naser Oric have used Srebrenica “safe haven” to kill in the unimaginably monstrous ways (thus far positively identified) 3,282 Serbian civilians in the region of Srebrenica, Bratunac and Podrinje. Unlike the fictional 8,000 Srebrenica Muslims allegedly executed few years later, in July of 1995, Serbian Srebrenica victims have been identified through the DNA matched with their closest family members, and each has the first and last name, dates of birth and death, physical remains and cause of death determined by an official autopsy.

Unlike the fictional 8,000 Srebrenica Muslims, Srebrenica-Bratunac Serbs are remembered and commemorated by the Serbs alone, in a quiet ceremony neither Western media representatives, nor the “international community” officials have attended.

Like every year, Bosnian Serbs have marked the 15th anniversary of the crimes committed against Serbs, after the entire world joined the commemoration of the fictional 8,000 Srebrenica Muslims with all the pomp, pathos and righteous speeches. Serbs have gathered at the Bratunac Memorial, held a Service, laid their wreaths and flowers and remembered their dead silently, in the shadow of a massively advertised Main Event.

Then again, the Serbs have probably deserved that too.

Posted by Svetlana at 09:36 AM


=== 3 ===

Notizie Radio Belgrado, www.radioyu

08. maj 2007. 10:01

Intenzivirane istrage o ratnim zločinima Orićevih jedinica

Okružna tužilaštva u Bijeljini i Istočnom Sarajevu pokrenula su intenzivne istrage o ratnim zločinima, koje je bošnjačka Armija BiH počinila nad Srbima u regiji Birač, gde su od 1992. do 1995. godine ubijena 3.262 srpska civila. Okružno tužilaštvo u Bijeljini prikuplja dokazni materijal za zločine nad Srbima koje su muslimanske oružane snage iz Srebrenice, pod komandom haškog osuđenika Nasera Orića, počinile tokom 1992. i 1993. godine u srpskim selima kod Srebrenice i Bratunca. Među prvim predmetima istrage, koju vodi Okružno tužilaštvo iz Istočnog Sarajeva, su zločini u Gornjim Šadićima, kod Vlasenice, gde su Orićeve jedinice 15. avgusta 1992. godine ubile 10 srpskih civila. To tužilaštvo radi i na rasvetljavanju još nekoliko ratnih zločina u opštinama Vlasenica i Milići, koji su počinjeni tokom 1992. godine, u selima Neđeljišta, Klješani, Podravanje i Rogosija. Osim Orića, koga je Haški tribunal osudio na dve godine zatvora, za te ratne zločine još ni jedan Bošnjak nije odgovarao.

(maggio 2007: Intensificate le indagini sui crimini commessi nei villaggi serbi vicno a Bratunac e Srebrenica dalle unita' bosgnacche sotto il comando di Naser Oric)

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BOSNIA: SREBRENICA, PUBBLICATA LISTA 3000 SERBI UCCISI

(ANSA) - BELGRADO, 30 GIU - Una lista di 3.287 serbi uccisi dalle forze musulmane nelle vicinance di Srebrenica durante la guerra di Bosnia (1992-1995) e' stata publicata oggi da Vecernje Novosti, un influente quotidiano di Belgrado.
La lista contiene le date di nascita e morte delle vittime, tra qui il piu' giovane, Radisav Dimitrijevic, aveva 9 anni e il piu' vechio, Stanko Mitrovic, 92.
La lista e' stata redatta da diverse organizzazioni dalla Repubblica Srpska (RS, entita' serba in Bosnia). Il quotidiano anuncia che 12 luglio sara' organizata una comemorazione a Bratunac (nelle vicinance di Srebrenica), il giorno dopo la comemorazione del massacro di Srebrenica, perpetrato dalle forze serbe nel luglio del 1995.
Srebrenica, enclave a maggioranza musulmana della Bosnia orientale, protetta dall'Onu, fu circondata da forze serbe durante la guerra. Le forze musulmane basate nell' enclave fecero durante la guerra varie sortite contro villaggi serbi tra cui la piu' sanguinosa fu nel Natale ortodosso del 1993, quando uccisero 46 civili nel villaggio di Kravice.
Le forze serbe nel' enclave di Srebrenica hanno perpetrato il peggiore massacro in Europa dopo la seconda guerra mondiale, uccidendo circa 8.000 musulmani, uomini e ragazzi. (ANSA) COR

30/06/2005 15:38 

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Junge Welt, 8/6/2005

Death Toll

Srebrenica: Opfer auf beiden Seiten

Auch nach acht einhalb Jahren Grabungsarbeiten liegt die Zahl der in Srebrenica gefundenen Toten weit unter den behaupteten 7000 bis 8000. Am 16. Januar 2004 machte Dean Manning, ein mit der Leichensuche beauftragter Spezialist der Anklagevertretung des Haager UN-Tribunals, als Zeuge im Prozeß gegen Slobodan Milosevic folgende Angaben: In Srebrenica seien 2541 Leichen gefunden worden, 70 davon konnten bislang identifiziert werden. Daß es sich bei den Toten um Muslime handele, sei allerdings aufgrund der gefundenen persönlichen Utensilien zweifelsfrei.

Die serbische Seite verweist darauf, daß viele dieser Toten bei Gefechten gefallen oder Opfer innermoslemischer Vendettas geworden seien. Das stimmt – und trotzdem bleibt eine traurige Wahrheit, daß die meisten von Serben liquidiert wurden, nachdem sie gefangen und entwaffnet worden waren. Dies ergibt sich zwingend aus den bei den Exhumierungsarbeiten nachgewiesenen Fesselungen und Augenbinden der Leichen - kämpfende Soldaten werden sich diese wohl kaum im Gefecht selbst angelegt haben. Bis November 2001 wurden an 199 Leichen Augenbinden gefunden, 25 dieser Leichen waren zusätzlich gefesselt. In 314 weiteren Fällen hat man Fesselspuren an den Handgelenken nachgewiesen. Weiterhin fanden sich 47 Augenbinden und 29 Fesselungen lose in den Sammelgräbern. Auch von den übrigen Toten könnten viele exekutiert worden sein - man muß Wehrlose nicht fesseln und ihnen die Augen verbinden, um sie zu erschießen. Kurz und schlecht: Serben haben in Srebrenica scheußliche Kriegsverbrechen begangen. 

Aber sie waren in Srebrenica auch Opfer scheußlicher Verbrechen. Über die Zahl der serbischen Toten hieß es in der bosnisch-serbische Wochenzeitung “Javnost” am 23. Dezember 1995, “daß in ganz Podrinje - das Gebiet auf der bosnischen Seite der Drna zwischen Zvornik im Norden und Visegrad im Süden - 192 Dörfer verbrannt, 2800 Serben getötet und sechs tausend verletzt worden waren.” Die Zahl der verbrannten Dörfer wird vom in Srebrenica kommandierenden Blauhelm-General Karremans bestätigt. Der serbische Pathologe Zoran Stankovic berichtet: “Wir haben seinerzeit auf ebendiesem Gebiet 1.000 ermordete Serben identifiziert, wovon wir (den damaligen Chefankläger in Den Haag) Richard Goldstone in Kenntnis gesetzt haben, aber für diese Erkenntnisse hat sich niemand interessiert." (je)

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BOSNIA: FOSSE COMUNI, ESUMATI RESTI DI 16 CIVILI BRATUNAC

(ANSA) - SARAJEVO, 26 MAG - Gli esperti della commissione per la ricerca dei dispersi di Sarajevo hanno completato oggi l'esumazione, durata tre giorni, della fossa comune di Jasariste, dalla quale sono stati estratti 16 corpi di abitanti di Bratunac uccisi nel maggio 1992, all'inizio della guerra in Bosnia (1992-95). La fossa, alla cui esumazione hanno partecipato anche gli esperti forensi del Tribunale internazionale dell'Aja (Tpi), si trova tra Nova Kasaba e Milici, 120 chilometri circa a nordest di Sarajevo, nella Republika Srpska (Rs, entita' a maggioranza serba di Bosnia). Si ritiene che le vittime facessero parte di un gruppo di 32 civili della cittadina di Bratunac che nel maggio 1992 cerco' di raggiungere Tuzla ma fu catturato dalle forze serbe. Sedici di loro furono uccisi. La commissione intende riesumare nella vicina Hrncic Polje anche i resti di Mirsada e Mehida Snderovic, madre e figlia uccise nel marzo 1993. Nelle ultime due settimane gli esperti della Commissione hanno esumato un'altra fossa comune nella zona, a Zaklopaca, dove sono stati trovati 81 corpi, tra cui quelli di dieci donne e di 16 bambini tra i 3 e i 15 anni. La guerra in Bosnia ha provocato 250.000 vittime ed i dispersi registrati e tuttora ricercati dalle famiglie sono oltre 27.000, di cui il 90 per cento civili. Le commissioni bosniache per la ricerca dei dispersi hanno ritrovato ed esumato, in tutto il Paese, circa 16.500 resti umani in 300 fosse comuni e centinaia di fosse singole, ma secondo la commissione di Sarajevo sono ancora da trovare ed esumare 11-12mila salme. (ANSA). COR-GGI

26/05/2004 18:15


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http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5904/1/42/


Naser Oric condannato e liberato

Data pubblicazione: 04.07.2006 09:53

Il Tribunale dell'Aja ha condannato Oric a due anni per la responsabilità nelle morti e torture dei prigionieri serbi a Srebrenica, assolvendolo dalle altre accuse. L’ex comandante bosniaco musulmano è stato subito rilasciato, avendo già scontato la pena. Reazioni nel paese

Di Merdijana Sadovic*, Sarajevo, per IWPR, Tribunal Update, 30 giugno 2006 (titolo originale: “Oric released following conviction”) 

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta 

Naser Oric, comandante militare di Srebrenica durante la guerra, è stato condannato a due anni per non aver impedito le uccisioni e i crudeli maltrattamenti dei detenuti serbi avvenuti nelle prigioni della cittadina tra la fine del 1992 e l’inizio del 1993. [Dopo la lettura della sentenza] è stato immediatamente rilasciato, avendo già trascorso tre anni in custodia preventiva. 

Al tribunale dell’Aja l’ufficiale bosniaco musulmano è stato prosciolto da ogni altra accusa che lo riguardava, inclusa quella di non essere riuscito a punire gli autori materiali di questi crimini, perché – come ha spiegato il presidente della giuria, giudice Carmel Agius – l’accusa non ha potuto provare al di là di ogni ragionevole dubbio che egli avesse un effettivo controllo su di loro. 

Quando il 30 giugno ha ascoltato la sentenza Oric, vestito in un elegante completo blu scuro, camicia azzurra e cravatta a strisce in tinta, ha sorriso ed ha estratto dalla tasca un sigaro cubano. Non l’ha acceso però, dato che nell’edificio del tribunale è severamente vietato fumare. 

Quel gesto era per Oric il modo di celebrare la fine di un processo durato 18 mesi, a causa del quale aveva già passato più di tre anni dietro le sbarre. 

Il giudice Agius ha disposto che l’accusato venisse immediatamente rilasciato. Oric era atteso a Sarajevo per il primo di luglio. 

La galleria per il pubblico dell’aula principale del tribunale, insolitamente gremita, era piena di amici di Oric, familiari e sostenitori, che hanno tutti emesso un sospiro di sollievo alla lettura della sentenza. Alcuni tra loro hanno rivolto cenni di saluto all’accusato, che ha ricambiato sorridendo attraverso gli spessi cristalli che separano l’aula dalla galleria. 

Subito dopo l’udienza centinaia di persone a Tuzla – dove Oric ha vissuto dopo la fine della guerra – si sono riversate nelle strade per festeggiare apertamente. Ci si aspetta che i festeggiamenti continueranno al ritorno di Oric a casa. 

"Sono sollevata per il fatto che a Oric abbiano dato solo due anni, perché ciò significa che può uscire immediatamente di prigione", ha detto Almasa Hadzic, una giornalista del quotidiano bosniaco Avaz che fin dal principio ha seguito da vicino il processo. 

"Sono particolarmente soddisfatta che sia stato assolto dall’accusa di distruzione deliberata delle proprietà serbe nei villaggi intorno a Srebrenica, perché i serbi hanno spesso sostenuto che quella fosse la ragione principale per il successivo massacro di 8.000 musulmani bosniaci avvenuto in quella cittadina nel luglio 1995", ha detto. "Ora non possono più appellarsi a questo argomento". 

Com’era prevedibile, le reazioni in Republika Srpska sono state del tutto opposte. 

"E' un oltraggio", ha detto Igor Gajic, capo redattore della rivista Reporter, di Banja Luka. "Si prende di più per un incidente stradale senza vittime. Questo aumenterà solo il senso di sfiducia che i serbi già hanno verso il tribunale". 

Vasvija Vidovic, avvocato del consiglio di difesa di Oric, ha detto che il suo team farà appello contro la condanna, perché alla fine delle udienze, nell’aprile di quest’anno, aveva richiesto l’assoluzione da ogni capo d’accusa. Ma è apparsa in ogni caso soddisfatta della sentenza. 

I procuratori sembravano meno compiaciuti. Avevano chiesto 18 anni per l’accusato, e molto probabilmente anche loro presenteranno richiesta di appello. 

Oric era accusato dell’uccisione di sette serbi detenuti nella prigione di Srebrenica nel 1992 e 1993, e del maltrattamento di 11, come pure del saccheggio e della deliberata devastazione di circa 50 vicini villaggi serbi durante lo stesso periodo. 

Il suo rinvio a giudizio inizialmente includeva sei capi d’accusa. Ma due di essi – che si riferivano al presunto saccheggio di proprietà pubbliche e private – sono stati lasciati cadere l’8 giugno, dopo che i giudici hanno convenuto, al termine della fase istruttoria, che non c’erano prove a sostegno della tesi. 

All’udienza del 30 giugno, Oric è stato inoltre giudicato non colpevole della premeditata devastazione dei villaggi serbi nei dintorni di Srebrenica. I giudici hanno affermato di non ritenere che Oric fosse in grado di poter fermare le orde di civili affamati che razziavano e distruggevano le proprietà serbe nei villaggi [circostanti Srebrenica]. 

Nel disporre la condanna a due anni per Oric i giudici hanno affermato di aver tenuto conto di varie circostanze attenuanti, quali "la giovane età dell’accusato" – aveva solo 25 anni quando fu nominato comandante delle forze armate dell’enclave – la mancanza di un "vero e proprio addestramento militare", la "terribile situazione e le disperate condizioni di vita" a Srebrenica, che "peggioravano di giorno in giorno", e l’esistenza di molti gruppi armati i cui capi non sembravano riconoscere la sua autorità". 

Parlando delle imputazioni relative agli omicidi ed ai trattamenti crudeli verso i prigionieri serbi, il giudice Agius ha detto che la giuria aveva respinto le tesi della difesa, secondo cui l’accusato non poteva sapere di questi crimini dato che passava la maggior parte del tempo al fronte, combattendo contro le forze armate serbe. 

Il giudice ha sostenuto che c’erano prove sufficienti ad indicare che Oric avesse visitato la prigione della città in almeno due occasioni prima che il suo immediato sottoposto fosse nominato capo della polizia militare, e che egli aveva avuto la possibilità di vedere le spaventose condizioni in cui erano tenuti i prigionieri. Perciò, ha proseguito Agius, "aveva modo di sapere che era possibile che nella prigione i maltrattamenti si ripetessero", e avrebbe dovuto vigilare sulla cosa. 

"Ma preferì non far nulla, e questa è la sola cosa di cui è stato giudicato colpevole", ha detto Agius. 

È comunque sempre stato chiaro che il processo ad Oric sarebbe stato diverso da ogni altro processo svoltosi finora al tribunale. 

"Questa non è stata una causa facile", ha affermato il giudice Agius nell’aprile di quest’anno, sintetizzando i 18 mesi di aspri dibattimenti e reciproche accuse scambiate tra procura e difesa, le sorprendenti tortuosità, le deposizioni contraddittorie, le non risolutive prove dell’accusa e la drammatizzazione del dibattimento che hanno caratterizzato questo caso fin dall’inizio. 

Considerando il rango relativamente modesto dell’accusato – al tempo era il comandante della Difesa territoriale di Srebrenica, TO – e la portata dei crimini di cui era accusato, aveva sollevato non poche perplessità nel 2003 la decisione del tribunale di processarlo all’Aja invece di trasferire il suo caso alle corti locali. 

Dal momento che il tribunale dell'Aja avrebbe dovuto occuparsi solo dei crimini di guerra più gravi e degli imputati di più alto rango, la decisione servì solo ad alimentare i sospetti, espressi dai detrattori del tribunale, che questo fosse un processo politico inteso a dimostrare l’imparzialità della corte. In passato il tribunale era stato spesso accusato di essere anti-serbo, anche per il solo numero di imputati serbi [rispetto agli altri]. 

Quando fu arrestato Oric, il 10 aprile 2003, solo sei bosniaci musulmani erano stati incriminati fino ad allora – e due di essi furono successivamente assolti. 

Ma benché il tribunale abbia ripetutamente respinto le accuse secondo cui l’arresto ed il processo di Oric all’Aja fossero una concessione ai serbi, è sempre stato chiaro che il nome di Oric era carico di significati speciali per i suoi ex nemici. 



Sulle iniziative svolte negli ultimi anni in Italia con e su Lordan Zafranović, alle quali ha contribuito il CNJ, si veda:

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La regìa di Zafranović

Data pubblicazione: 30.06.2008 10:40

L'autore di “Occupazione in 26 immagini” racconta la propria carriera, dai circoli amatoriali ad oggi, attraverso la storia del cinema croato recente. I successi e il periodo oscuro delle guerre jugoslave. Nostra intervista

Come è iniziata la sua carriera nel mondo del cinema? 

All’università ho studiato pittura, ma parallelamente mi occupavo di cinema a livello amatoriale, in un Cine Club di Spalato. Questo periodo di attività amatoriale, durato dal 1961 al 1965 circa (quando ho cominciato a girare i miei primi cortometraggi da professionista per la Zagreb Film), mi è particolarmente caro, in quanto mi ha dato modo di lavorare con una grande varietà di materiali e fare diversi esperimenti, girando una sessantina di film, soprattutto cortometraggi. Proprio grazie al successo nella mia attività amatoriale ho poi ottenuto una borsa di studio del ministero della Cultura croato, che mi ha permesso di completare gli studi di regia all’Accademia di Cinema di Praga. Tutti gli stimoli e l’entusiasmo che avevo raccolto nel mio periodo amatoriale mi sono serviti come “materia prima” per la mia formazione accademica. A Praga ho avuto modo di studiare con degli ottimi docenti, dei veri giganti. Lì come tesi di laurea, nel 1969, ho realizzato il mio primo lungometraggio, La Domenica lavorando con la consapevolezza di girare un film per il pubblico. La totale libertà del periodo precedente tuttavia, quello amatoriale, è stata di fondamentale importanza per il nostro cinema, e non solo in Croazia. Infatti, mentre i corsi di studio professionali in ambito cinematografico sono nati solo negli anni sessanta, i Club del Cinema ed i circoli amatoriali hanno costituito un fertile humus da cui sono emersi autori straordinari come Pavlović in Croazia e Makavejev a Belgrado. 

Come si finanziavano quei circoli amatoriali? 

Nell’ex-Jugoslavia esisteva la Narodna Tehnika, una grande organizzazione con varie suddivisioni locali che assegnava dei finanziamenti statali ai circoli cinematografici, teatrali, sportivi e così via. Ad esempio, si stanziava un budget annuale che poteva essere destinato a viaggi o alla partecipazione a festival in Jugoslavia o in Europa. 

Cosa ci può raccontare del suo lavoro negli anni settanta, dopo la sua formazione?
 
Dopo essermi laureato a Praga, dove ho anche insegnato, sono tornato a Zagabria. Purtroppo però la situazione politica era cambiata e il clima era molto sfavorevole, non c’era lavoro. Allora mi sono trasferito a Belgrado, dove ho lavorato in un programma televisivo e ho realizzato un film, sempre per la televisione. Poi sono tornato di nuovo a Zagabria. Nella seconda metà degli anni settanta, oltre a diversi cortometraggi, ho realizzato alcuni tra i miei film più significativi, con la Jadran Film. Nel 1975 ho girato il mio primo lungometraggio importante, Muke po Mati (La passione secondo Matteo), premiato a Pola con il premio della critica. È stato un film un po’ controverso, c’è chi ha detto che fosse un film religioso. In realtà si trattava di un film “sociale”, con elementi religiosi al suo interno, ma non era un film cattolico. Invece nel 1978 ho realizzato Okupacija u 26 slika, un racconto delle atrocità commesse dai collaborazionisti ustaša durante l’occupazione italiana e tedesca della città di Dubrovnik nel 1941. Il film vinse l’Arena d’oro a Pola e fu presentato in concorso a Cannes, tra l’altro in un anno dove la competizione comprendeva Apocalypse Now e Fellini. Fu anche un grande successo di pubblico, il film più visto in Jugoslavia di quella stagione. 

Il cinema jugoslavo o croato degli anni settanta si ispirava a qualche modello in particolare, ad esempio quello a russo o francese? 

All’interno della Jugoslavia ogni paese conservava una propria specificità individuale, sia nell’estetica di riferimento che nell’approccio. Ad esempio il cinema serbo aveva un approccio naturalistico, molto influenzato dal neorealismo italiano; quello croato si ispirava al modello tedesco; quello bosniaco all’estetica del documentario. La Slovenia privilegiava un certo estetismo, mentre la Bulgaria guardava al classico film sovietico. Il segmento più “classico” del cinema croato è rappresentato dai film d’autore prodotti dalla Jadran Film. 

Per quanto riguarda invece la distribuzione, com’era organizzata? C’erano pressioni da parte della politica? 

Ogni repubblica aveva una propria commissione di censura, incaricata di valutare ed approvare i film in uscita. La maggioranza dei film non incontrava problemi, ma lo spettro della censura rimaneva. Una volta ottenuta l’approvazione, ciascuna casa di produzione poteva distribuire il film nel paese di competenza. A differenza di quanto purtroppo accade oggi, esisteva un sindacato dei lavoratori di settore che negoziava le condizioni di impiego tra produttore e lavoratori. C’era un sistema di retribuzione interessante, ovvero ogni membro del team di lavoro aveva l’opportunità di partecipare finanziariamente, secondo le proprie possibilità, e di conseguenza partecipare ai guadagni nella stessa percentuale. 

In che periodo è riuscito a lavorare con maggiore libertà, e quale invece è stato il periodo peggiore? 

Credo che il periodo migliore siano stati gli anni settanta, mentre negli anni novanta, con il crollo della Jugoslavia e le guerre, è iniziato un periodo da incubo. La situazione era davvero durissima, sia per la mancanza di mezzi e infrastrutture sia per il clima politico. Nel 1994, dopo aver girato Testament, un film documentario ritenuto “pericoloso” che suscitò una grande discordia perché mostrava immagini di provenienza nazista e ustaša, mi sono trovato in una situazione a rischio. Vivevo come in un bunker e il mio nome figurava su una sorta di lista di proscrizione. Alla fine ho dovuto lasciare il paese e sono tornato a Praga, dove avevo studiato. Ancora oggi, questo film non è mai stato mostrato in televisione. 

Al di là della mia storia personale, il periodo è stato catastrofico anche dal punto di vista della produzione cinematografica in generale. A parte alcune eccezioni di rilievo, come Vinko Brešan, il panorama filmico di quegli anni è desolante. Il crollo della Jugoslavia non ha portato niente di buono, e con l’inizio delle guerre i criteri artistici e qualitativi sono stati soppiantati dall’aderenza al credo nazionalista nel tentativo di produrre “puri film croati”. La conseguenza è stata un crollo della qualità e il formarsi di una sorta di “zona grigia” in cui tutti i film erano mediocri prodotti di propaganda bellica. In più, il legame tra mafia e potere politico ha creato un clima di tale depressione che mi fa male solo parlarne. 

E oggi, dopo le guerre, la situazione può dirsi migliorata? 

Diciamo che dopo Tudjman è iniziato un lungo processo di democratizzazione della società in generale, non solo del cinema. Ma il sistema cinematografico va cambiato radicalmente. Il ministero della Cultura mette a disposizione dei finanziamenti, ma sono insufficienti. Anche per questo le coproduzioni sono diventate così popolari, perché semplicemente fanno risparmiare. La televisione di Stato è un’altra potenziale fonte di supporto economico, ma è completamente sotto il controllo della politica. La privatizzazione ha distrutto le case di produzione come la Jadran Film, e non esiste più un sindacato per i lavoratori del settore, che sono lasciati a se stessi. Inoltre le possibilità di espansione del nostro mercato sono limitate: la Croazia è un paese molto piccolo, dal punto di vista linguistico gli spazi sono ristretti, inoltre mancano il denaro e le infrastrutture, a partire da quelle più basilari come le sale cinematografiche. 

Quale futuro vede per il cinema croato nei prossimi anni? 

Credo che il nostro unico futuro sia la partecipazione all’Unione Europea, sia dal punto di vista politico che cinematografico. Dovremmo aprirci sempre di più verso l’esterno, adeguarci ai criteri qualitativi europei e cercare nuovi sponsor. Sì, il legame con la tradizione europea è il nostro unico futuro, vista la carenza delle nostre istituzioni. E soprattutto, bisogna ricostruire ed educare un pubblico. Fino al crollo della Jugoslavia, il pubblico adorava il cinema locale. La guerra ha distrutto tutto, e la generazione cresciuta negli anni Novanta non conosce nemmeno la tradizione cinematografica del proprio paese. 




From: Alessandro Di Meo <alessandro.di.meo  @...>
Date: July 2, 2008 2:17:50 PM GMT+02:00
To: jugocoord  
Subject: bambini serbi

Gentile Coordinamento,
con questo messaggio siamo lieti di invitarvi all'incontro che si terrà presso la facoltà di Lettere dell'università di Roma Tor Vergata il prossimo 9 luglio, a partire dalle ore 17,30.

Nella speranza di avervi come graditissimi ospiti, porgiamo i nostri più cordiali saluti.

Alessandro Di Meo
(Un Ponte per...)


*** LA LOCANDINA DELL'INCONTRO: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/TorVergata090708.pdf ***


Incontro a Lettere con i bambini profughi di guerra

Per il settimo anno è in pieno svolgimento l'iniziativa "C'è un bambino che...", ospitalità di bambini profughi di guerra provenienti dalla ex Jugoslavia.
L'iniziativa, organizzata dalla associazione "Un Ponte per..." con la preziosa collaborazione dell'Ateneo di Tor Vergata, verrà presentata a tutto il personale docente e tecnicoamministrativo mercoledì 9 Luglio, a partire dalle ore 17,30, presso l'auditorium "Ennio Morricone" della facoltà di Lettere e Filosofia, via Columbia 1, piano terra, edificio A.
Nell'occasione, i ragazzini ospitati, insieme a loro coetanei italiani, si esibiranno in piccole performance teatrali che introdurranno alcune brevi letture tratte dal libro "Un sorriso per ogni lacrima... (voli a bassa quota in un dopoguerra jugoslavo)" di Alessandro Di Meo.
Edito da "Exorma", il libro è una raccolta di racconti, foto, emozioni legate a un decennio di attività dell'autore e di altri volontari con l'associazione "Un Ponte per..." fra profughi e sfollati di guerra della ex Jugoslavia.
All'incontro presenzierà il rettore, prof. Alessandro Finazzi Agrò, che porterà il suo annuale saluto ai ragazzini.
L'invito verrà esteso anche all'ambasciata di Serbia in Italia, al preside della facoltà di Lettere, prof. Rino Caputo, a giornalisti e redazioni di radio e tv.
A chiusura dell'evento, prevista intorno alle 18,30, si potranno assaggiare dolcetti tradizionali serbi preparati da alcune delle ragazzine ospitate, mentre, per chi vorrà, sarà possibile brindare con la Rakija!
Vi attendiamo numerosi.


                                Un ponte per...
Associazione Non Governativa di Volontariato per la Solidarietà Internazionale
                        Piazza Vittorio Emanuele II 132 - 00185 - ROMA
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