Informazione
AMICIZIA E SOLIDARIETÀ
CON I POPOLI ROM E SINTI
SOGGETTI IN ITALIA A DISCRIMINAZIONI E VIOLENZE
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di seguito il comunicato con il quale il CNJ ONLUS aderisce alle manifestazioni
indette contro gli atti di discriminazione e violenza su base "etnica" in Italia
scaricalo in "formato volantino" (PDF): https://www.cnj.it/AMICIZIA/volant080608a.pdf
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VRATITE NAM NAŠU ZEMLJU – RESTITUITECI IL NOSTRO PAESE
J U G O S L A V I J A
Tanti residenti nei cosiddetti campi rom in Italia sono profughi dalla Jugoslavia distrutta, aggredita sin dal 1991 dall'interno e dall'esterno con embarghi, ingerenze di ogni tipo e bombe (Bosnia 1994-1995, Serbia e Montenegro 1999) e ulteriormente frammentata fino a oggi (Montenegro, Kosovo)… È scioccante tanta ferocia contro un paese dove cittadini delle più varie nazionalità godevano di ogni diritto e convivevano in pace all’insegna del motto Unità e Fratellanza (Bratstvo i Jedinstvo). Il processo innescato con le scelte criminose effettuate in ambito politico-diplomatico, militare, economico, culturale dal 1991 in poi è "a valanga", poiché non possono esistere "confini giusti" a separare le genti dei Balcani. Eppure l'Italia continua ad assumersi responsabilità spaventose ad esempio concedendo ancora un nulla osta alla creazione di una nuova gabbia etnica nei Balcani: la “Repubblica del Kosovo”. Si dimostra così di non avere appreso proprio nulla da 15 anni di tragedie!
Il Kosovo è stato riconosciuto da un governo dimissionario (Prodi), spaccato al suo interno sulla questione specifica, nonostante votazioni parlamentari che impegnavano a non riconoscere dichiarazioni unilaterali di indipendenza. Si è dimostrato disprezzo anche per le istituzioni internazionali: l'ONU (violata la Risoluzione 1244, spaccato il Consiglio di Sicurezza) e persino la UE (non tutti gli Stati UE riconoscono lo “Stato” kosovaro). Ora come durante la II Guerra Mondiale il Kosovo è zona di occupazione militare dell'Italia e di altre potenze straniere. Ora come allora tali potenze fomentano l'irredentismo pan-albanese e consentono l'instaurazione di un regime di apartheid. Ora come allora si prospetta il miraggio della Grande Albania. Come durante il fascismo, la politica estera italiana non disdegna alleanze con i settori più criminali presenti sulla scena internazionale: i killer dell'UCK, trafficanti di droga, armi, organi espiantati ed esseri umani, aguzzini del loro stesso popolo al quale hanno fatto compiere un balzo indietro di almeno un secolo dal punto di vista civile e dei diritti reintroducendo il kanun.
Anche sul territorio italiano sperimentiamo in concreto gli effetti di queste politiche infami. Sin dall'inizio degli anni Novanta e fino ad oggi nelle nostre città si è palesato il massiccio afflusso di profughi che da quei territori sono venuti a cercare una vita migliore, o almeno una garanzia di sopravvivenza. Tra questi profughi ci sono centinaia di migliaia di persone di tutte le etnie da noi definite impropriamente “nomadi” che nella Jugoslavia godevano di ogni diritto nazionale e individuale, avendo casa, lavoro, previdenza. A costoro nei Balcani non è stata regalata nessuna repubblichetta perchè, evidentemente, non risponderebbe agli interessi geo-strategici delle grandi potenze: viceversa, gli esuli jugoslavi e kosovari in particolare – oltre ai rom, anche serbi, askali, gorani, "egiziani", "bosgnacchi", "turchi"… – hanno trovato rifugio in molte località italiane talvolta grazie al notevole sforzo di enti e comunità locali, talaltra dovendosi adattare a condizioni di profondo squallore. Una dopo l'altra, le ondate di fuggitivi si sono sovrapposte creando crescenti difficoltà di integrazione in un contesto sociale-politico nel quale, soprattutto adesso, la problematica dell'immigrazione è agitata in senso razzista e con finalità strumentali.
MA DOVE DOVREBBERO ANCORA SCAPPARE I ROM JUGOSLAVI??
Soprattutto i rom, che in Italia sono storicamente trattati da ultimi della scala sociale, rischiano più di qualsiasi altro gruppo: esclusi e perdenti in partenza, da secoli. In Italia i diritti di cui godevano nella Jugoslavia e negli altri paesi socialisti (es. Romania) non sono mai stati neanche lontanamente conseguiti. Viceversa, una demagogia vigliacca addita nei rom il "nemico del popolo", il capro espiatorio di tutte le insicurezze e i disagi propri di questa società ingiusta. La voce che viene adesso amplificata all'inverosimile è che "i rom rapiscono i bambini"; è una storia che circola da tempo immemorabile benché in tutta la giurisprudenza non esiste un solo caso di rom che abbiano effettivamente rubato bambini. Il nuovo "caso" è successo a Ponticelli (Napoli), e già i pogrom si sono scatenati: schiaffi e pugni contro la ragazza che – dicono – teneva in braccio un bambino non suo, e poi bombe molotov contro i campi rom – tanto sono rom, non si difenderanno… L'anno scorso una rom rumena era stata malmenata e arrestata per avere accarezzato un bambino, e poi di nuovo picchiata in carcere. E dopo i fatti di Ponticelli, in un grande magazzino di Catania si è urlato a un altro inesistente “rapimento”. Inoltre, si imputano spesso ai rom fatti delittuosi commessi da persone di altre “etnie”. Il clima instaurato dai media e dai politici è quello della caccia all'untore, quello delle urla e dei linciaggi. Come nel Medioevo contro l'”ebreo sanguinario uso sacrificare bimbi cristiani”, o contro la donna accusata di “stregoneria” e bruciata sul rogo a furor di popolo…
…O come è successo ai serbi kosovari nel 2004, accusati ad arte da media nazionalisti e razzisti di avere affogato tre bimbi albanesi, allo scopo di dare l'avvio a violenze indiscriminate contro i cittadini non-albanofoni. In Kosovo, infatti, persecuzioni e violenze di matrice irredentista si protraggono da anni sotto gli occhi quantomeno… disattenti dei soldati occidentali, spingendo i kosovari di etnia non-albanese o albanesi non-nazionalisti lontano dalla propria madrepatria. In questo si dimostra il prevalente carattere non umanitario della missione militare italiana: chiediamo perciò la fine di tali missioni neo-coloniali che costano cifre esorbitanti al provato bilancio dello Stato. Chiediamo che questi soldi così mal spesi vengano piuttosto usati in Italia per creare condizioni di vita decorose a queste persone doppiamente esuli e doppiamente vittime. Chiediamo che non si replichino da parte degli italiani gli atteggiamenti di fanatismo nazionalista e “pulizia etnica” spesso raccontati – quasi mai in modo veritiero e onesto – con riferimento al dramma jugoslavo.
A chi giustamente oggi paventa il pericolo del “diffondersi di mitologie neo-etniche ... il riaffermarsi di un senso comune razzista e di pratiche razziste di massa” facciamo notare che le premesse per giungere a queste abiezioni sussistono già da quasi venti anni: chi ha “sdoganato” lo squartamento “etnico” della Jugoslavia ha sdoganato anche il razzismo ed il revanscismo fascista nel nostro paese e in tutta Europa; chi partecipa alla spartizione delle risorse del Kosovo e dei Balcani dimostra di saper piangere solo lacrime di coccodrillo. Si risarciscano piuttosto gli jugoslavi per tutto quello che è stato loro sottratto con la perdita del loro paese: casa, lavoro, cittadinanza, speranze.
basta con l'odio e la disinformazione diffusi dai mass-media!
ritirare il riconoscimento della “indipendenza” del Kosovo!
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus
sito internet: https://www.cnj.it/
posta elettronica: jugocoord(a)tiscali.it
notiziario telematico JUGOINFO:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages
ROMA LIBRERIA ARION
VIA VENETO 42 presso Hotel Majestic Via Veneto 52
MARTEDI 3 GIUGNO 2008 ORE 18:00
La casa editrice Nutrimenti ha il piacere di invitarla alla
presentazione del libro di Alessandra Kersevan
LAGER ITALIANI
Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili
jugoslavi 1941-1943
Oltre all'autrice intervengono
Guido Crainz
Università di Teramo
Amedeo Osti Guerrazzi
Istituto storico germanico
Modera: Bruno Luverà
giornalista TG1
www.nutrimenti.net
Al “Corriere della Sera”
A proposito dei dibattiti alla Sapienza sulle foibe
Leggiamo sul “Corriere” del 31 maggio che il preside della facoltà di Lettere della Sapienza, prof. Pescosolido, motiva il suo assenso al dibattito sulle foibe organizzato dalla componente studentesca di Forza Nuova col fatto che giorni prima si sarebbe svolto, sempre alla Sapienza, “un convegno negazionista” sullo stesso tema. Come studiosi intervenuti a quella conferenza – con una breve introduzione sul revisionismo storico (Höbel) e con un’analisi del fenomeno delle foibe basata su documentazione d’archivio e una disamina degli eventi che ne costituirono il retroterra (Kersevan) – respingiamo fermamente tale definizione, peraltro lesiva della nostra dignità di studiosi. Alla conferenza erano presenti vari docenti, che possono testimoniare dell’approccio scientifico delle nostre relazioni. Contestualizzare, analizzare sulla base di documenti e provare a interpretare i fatti sono le componenti essenziali del “mestiere di storico”. Non vorremmo che fuorvianti etichette contribuissero a chiudere un dibattito che – in particolare se svolto con i metodi e gli strumenti della storiografia – è auspicabile rimanga aperto.
Alessandra Kersevan
Alexander Höbel
(sul convegno che ha visto la partecipazione di Kersevan e Höbel si veda: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6019 )
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Esprimiamo la nostra solidarietà agli studenti di Roma
impegnati e mobilitati contro l’aggressione squadristica, la falsificazione storica e che in cambio ricevono i fermi e gli arresti dagli organi preposti di quello stesso Stato che ha istituito la “Giornata del Ricordo” delle foibe e dell’esodo del 10 febbraio. Giornata che riabilita il fascismo passato e presente che nel vostro striscione avete definito “odio e aggressione” e che ha oppresso, represso, torturato, ucciso e precipitato nella guerra le masse popolari e lavoratrici del nostro paese.
Quale che sia il nome che la canaglia fascista assume oggi, sul piano istituzionale o militante, essa non ha mutato la sua sostanza reazionaria e antipopolare.
Come Comitato promotore del Convegno “Foibe: la verità. Contro il revisionismo storico”, tenutosi a Sesto San Giovanni (Mi) il 9 febbraio scorso, abbiamo ritenuto “necessaria e importante la riconquista della verità storica basata su quanto accaduto e non su come gli eredi e ispiratori del nazifascismo vorrebbero raccontarla”.
A fronte di una campagna che mira ad instaurare una vera e propria egemonia politica e culturale è necessario superare un’impostazione meramente difensiva della questione, con una risposta politica determinata e documentata alle menzogne e alle falsità di forze reazionarie e revisioniste.
In questi anni il revisionismo (da destra e da “sinistra”) ha fatto carte false pur di deformare, falsificare e cancellare la storia. Nel nome della pacificazione e della costruzione di un’artificiosa “memoria condivisa” viene condotta una campagna di stravolgimento della verità storica, tesa alla sistematica assoluzione del fascismo e alla denigrazione di chi lo ha realmente combattuto – in particolare dei comunisti, che ebbero un ruolo fondamentale nell’antifascismo e nella Resistenza – arrivando alla vergogna di mettere sullo stesso piano nazi-fascisti, repubblichini e partigiani, combattenti per la libertà e oppressori o, peggio ancora, presentando i carnefici come vittime e martiri e i perseguitati come aggressori”.
Il lavoro che abbiamo finora condotto è in controtendenza, sia nel merito della battaglia politica, che nel metodo che abbiamo perseguito, negando il fare ognuno per sé e premiando la logica di unire le forze per valorizzare l’esperienza, la conoscenza, la militanza, la forza di organizzazioni, associazioni e organismi di compagni e compagne, nella comune battaglia politica.
Il feroce attacco sferrato contro il movimento partigiano organizzato e la Resistenza affinchè non viva come elemento di coscienza, forza e prospettiva di una nuova società, deve essere contrastato con una lotta capace di unire quello che la borghesia e la sua manovalanza fascista e squadrista vuole divisi.
Il criminale di guerra generale Graziani (che non ha mai pagato per i crimini in Jugoslavia e in Africa) dichiarò: “Non è necessario vincere la guerra perché il fascismo e i fascisti possano, sia pure dietro altre bandiere, salvarsi”.
La Resistenza non è mai finita, l’unico antifascismo è quello militante!
29 maggio 2008 Comitato promotore convegno “Foibe: la verità”
(sul convegno “Foibe: la verità”, svoltosi a Milano il 9/2 u.s., si veda: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/milano090208.htm )
"Questo è un film sul Kosovo. Questo è un film sul dolore, sull'assenza di solidarietà, sull'insensibilità, sulla cecità. Non è un film su come gli albanesi hanno perseguitato i serbi. È un film su come certe cose possano accadere sotto gli occhi di tutti senza che nessuno le veda. E non solo a Ovest, ma anche qui da noi in Russia".
Con queste parole Evgenij Baranov ha presentato il suo documentario sul Kosovo, realizzato con il regista Aleksandr Zamyslev e trasmesso nel dicembre del 2007 dal primo canale della televisione russa: un'opera di poco meno di un'ora che ricostruisce le vicende storiche e umane del Kosovo e Metohija mettendo da parte la correttezza e l'opportunità politica per concentrarsi sui volti e i racconti delle persone e sulla compassione per le loro sofferenze e sventure.
Il titolo originale, "Kraj", significa provincia, e più genericamente area, zona. Si riferisce dunque al Kosovo e al suo essere storicamente provincia serba, e dunque allude all'appartenenza a un'area geografica e a un diritto al ritorno negato. Significa però anche limite, margine, orlo: "na kraju" - al limite, sull'orlo del baratro - è dove si trova ora il popolo serbo. Nella consapevolezza di non poter riunire questi significati in un'unica intensa parola, abbiamo preferito tradurlo semplicemente "terra": un termine che, per tanti protagonisti di queste storie - costretti a un doloroso esilio e all'umiliazione e all'abbandono dei campi profughi - ha perso ogni significato geografico.
Qui ne presentiamo una versione divisa in sette parti, di circa 8 minuti ciascuna.
La traduzione dal russo ed i relativi sottotitoli in italiano sono opera di Manuela Vittorelli, che ringraziamo sentitamente per la sua disponibilità.
http://byebyeunclesam.wordpress.com/2008/04/19/kraj-documentario-russo-sul-kosovo-e-metohija/
Il premier albanese: «Sicurezza garantita. Avviati contatti con un gruppo» DAL NOSTRO INVIATO TIRANA—Signor Berisha, l’Albania è disposta a costruire le centrali nucleari che vuole Berlusconi? «La mia decisione è di non escludere gli albanesi da questo grande potenziale che è l’energia nucleare. Più economica, più pulita. Manca un quadro normativo necessario, stiamo lavorando con l’Agenzia atomica di Vienna. Il progetto è avanti. Appena pronti, l’ideale sarà arrivare a un accordo coi Paesi vicini, Italia per prima. Finanzieremo col governo di Roma un impianto da costruire in Albania. E se questo non sarà possibile, ci rivolgeremo al settore privato per studiare il mercato balcanico e italiano». Qualche settimana fa, Tremonti ha detto che l’Albania è una soluzione possibile. È vero che avete già individuato un sito a Durazzo? «Il nostro Paese è aperto all’energia atomica. Aperto a chiunque. Non ne ho ancora parlato col governo italiano, perché quello precedente era antinucleare. Con Berlusconi invece cambia tutto. C’è un gruppo italiano che è venuto a discutere la possibilità d’una centrale in Albania. Ma non abbiamo ancora deciso il sito. Sappiamo solo che ci sarà». E i tempi? Il governo italiano ha parlato di cinque anni... «Dipende. Se ci sarà un accordo fra i nostri governi, cinque anni è un termine possibile». Nucleare? Po, faleminderit! Non c’è bisogno di promettere sconti fiscali ai sindaci italiani: oltre Adriatico, c’è già il «sì, grazie» dell’Albania e del suo premier, l’eterno Sali Berisha che non rinnega vecchie alleanze («Prodi resta un grande amico! ») e intanto ne cerca di nuove («Silvio è il leone della Penisola! Ha fatto tanto per l’Italia e per i suoi amici! Avremo relazioni strettissime! Lo inviterò al più presto! »), magari attraverso singolari affinità: rieletto per la terza volta capo del governo con la promessa di dimezzare le tasse, a 64 anni questo cardiologo che viene dall’Albania ghega ha in mente un Paese in offerta speciale e senza troppe preoccupazioni: «Questo Paese offre tutte le garanzie per produrre nucleare sicuro. Avremo i migliori sistemi di quarta generazione. Nessuno avrà da temere, nel Mediterraneo ». Con l’Italia, in passato ci sono stati anche progetti comuni sui rifiuti. Potete fare qualcosa per Napoli? «Questione delicatissima. Le cose sono cambiate. Oggi, importare rifiuti dall’estero è vietato dalla legge albanese. Io credo che questo veto sia imposto anche da interessi particolari, perché in questo modo il business dei rifiuti lo fanno altri Paesi. Ma l’ostacolo legale è insormontabile ». Frattini, da commissario europeo, vi promise tempi brevi per la libera circolazione in Europa. Ora però sta al governo con la Lega. Crede che manterrà? «Frattini, grande amico! Nell’atteggiamento verso gli albanesi non può cambiare. Una volta incontrai Silvio, disse a me e anche ai media: non abbiamo problemi con gli albanesi. Infatti, la situazione in Italia sta migliorando. Ci sono almeno 400mila regolari, migliaia d’imprenditori, più di 10mila studenti ». Lei è ottimista: in Italia c’è molta insofferenza... «La criminalità organizzata è un problema ovunque. Noi l’affrontiamo con tolleranza zero. Ma se si guardano i nostri indici di criminalità, sono fra i più bassi d’Europa, più che da voi. Se l’Italia usa la mano dura coi nostri criminali, anche l’Albania se ne avvantaggia. Ma l’unica soluzione al problema degli immigrati legali è dare loro uno status di minoranza ». Albanesi da tutelare come i sudtirolesi? «Dipende. Se la minoranza supera il 10 per cento della popolazione, perché non dare queste tutele? Ma l’Europa non è ancora preparata». Intanto, puntate all’ingresso nella Ue entro il 2014... «Non pongo date. Non sono un profeta. Però penso che sarà molto più veloce di quanto immaginassi ». Siete appena entrati nella Nato: ospiterete anche nuove basi militari? «Straordinario risultato! Tutto ciò che la Nato chiede, siamo pronti a farlo». La sua immagine all’estero non è buona, però. Il New York Times l’accusa di traffici illeciti. E dopo la tragedia di Gerdec, l’arsenale segreto esploso vicino a Tirana, critiche anche sugli affari della sua famiglia... «Non c’è coinvolgimento mio e della mia famiglia. E questo grande giornale che usa intercettazioni di mafiosi!... Il Times si riferisce a una fornitura di munizioni del Pentagono. Gli albanesi non c’entrano. Siamo stati i primi a bloccare quel contratto. Quando ho visto che qui si raddoppiava il prezzo di vendita delle armi agli afghani, ho chiamato il presidente Karzai e gli ho detto: potete avere tutto gratis. Tutte le munizioni che servono. L’ho fatto durante la guerra dei Balcani, con le nazioni amiche!...». A chi le davate, scusi? «È storia vecchia ormai, lasci stare. Ma l’ho fatto. Abbiamo montagne di munizioni». E poi c’è Carla Del Ponte: accusa l’Albania d’avere ospitato un lager Uck, dove si faceva traffico d’organi per finanziare la guerriglia kosovara... «Io so che ci sono 1.500 albanesi desaparecidos in Kosovo. Sono da tre anni premier, ho sempre sostenuto la Corte dell’Aja. Questa donna non fornisce prove. Probabilmente, è affascinata da Agatha Christie. Ma è una pessima imitazione. Una scelta terribile dell’Onu, nominare questa donna che ha avuto un posto di così alta responsabilità e s’è inventata tutto. Chiederemo d’agire contro di lei». Berisha da diciotto anni sulla scena: si ricandiderà? «Ci sono solo due cose che possono pensionare Berisha. Dio onnipotente e il popolo albanese. Mi piace guardare al futuro, non al passato».
le centrali nucleari per l’Italia
LE SPESE INUTILI DEL PARLAMENTO EUROPEO
SPR:HRVATSKA-PREVOD-EP U Evropskom parlamentu prevođenje s hrvatskog na srpski
ZAGREB, 28. maja (Tanjug) - Na inicijativu Doris Pak i Hansa Svobode, u Evropskom parlamentu je od juče uvedeno prevođenje s hrvatskog na srpski jezik, jer su hrvatski prevodioci izdvojeni u posebnu kabinu, odvojenu od zajednilke kabine za srpski, bosanski i crnogorski jezik, javljaju danas hrvatski mediji. Hrvatski predstavnici bili su protiv ideje Sekretarijata EP da, shodno praksi Haškog suda, obezbedi zajednički prevod na hrvatsko-srpsko-bosanskom jeziku. (Kraj)
http://www.tanjug.co.yu:86/RssSlika.aspx?14006
Agendo in base all'iniziativa di Doris Pak e Hans Svoboda, ieri, nel Parlamento UE, è stata introdotta la traduzione dal croato al serbo (SIC), cosicchè i traduttori croati sono stati collocati in una cabina a parte, separata dalla cabina congiunta per serbo, bosniaco e montenegrino (SIC SIC). L'informazione giunge dai media della Croazia. I rappresentanti della Croazia erano contrari all'idea del Parlamento UE che, sulla scia della prassi del Tribunale dell'Aja, fosse procurata una traduzione unica per la lingua croata-serba-bosniaca.
(a cura di DK)
- Il “Nuovo modello di difesa” italiano e la nascita dell’esercito professionale, figli della complessiva riorganizzazione in senso offensivo delle forze militari statunitensi e N.A.T.O.
- Le partecipazioni belliche dirette e le operazioni di “Peacekeeping”, che a partire dalla prima guerra del golfo del 1991, passando per il massacro jugoslavo del 1999, l’occupazione dell’Afghanistan nel 2001 e dell’Iraq nel 2003 hanno permesso di rodare ed affinare costantemente il ruolo ed i compiti del complesso militare / civile / industriale italiano nei vari territori occupati.
- La costruzione di una complessa macchina “civile” in grado di affiancare le truppe sui fronti di guerra, composta da O.N.G., associazionismo “embedded” e aziende “conctractor”.
- La “messa a servizio” della ricerca pubblica e privata – Università, scuole di specializzazione, C.N.R., centri studi – in funzione delle esigenze di costante sviluppo tecnologico e di know how dell’esercito professionale e delle aziende di armi e tecnologia militare.
- La parallela costituzione di una vera e propria holding delle aziende militari italiane sotto il comando di Finmeccanica, conglomerato a partecipazione e controllo pubblico (oltre il 37%).
- Il rafforzamento della presenza militare diretta N.A.T.O., statunitense ed israeliana sui nostri territori, attraverso nuove basi ed accordi militari, collaborazioni scientifiche, esercitazioni congiunte.
Un intero ceto politico si ritrova solo, abbarbicato alle proprie poltrone ed ai propri indecenti stipendi, ma completamente isolato dalle piazze, dalle aspettative tradite di milioni di ex “elettori”. Come abbiamo detto ripetutamente in questi mesi: il re è nudo, e tutti lo hanno potuto vedere nell’impietosa rappresentazione di quella piazza vuota.
I 150.000 scesi in piazza contro Bush e le politiche militariste del governo Prodi esprimono - questo è il dato di novità assoluta - una soggettività plurale indipendente da politiche estere con connotati chiaramente bipartisan....”
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Roberto Malini - Gruppo EveryOne - info@...
fonti: http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o11920 - http://www.everyonegroup.com/it
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http://www.enar-eu.org/Page_Generale.asp?DocID=15296&langue=EN
Notizia pubblicata il 22.05.08 da Reuters Italia:
Il leader della Fiamma Tricolore Luca Romagnoli, che alle ultime elezioni politiche italiane era candidato nella lista de “La Destra”, ha anche proposto “la creazione di uno Stato rom magari in un’area dell’Europa orientale” perché, ha detto Romagnoli, da quella zona proviene la maggior parte della popolazione di origine rom.
Ogni riferimento a “Der Führer baut den Juden eine Stadt...” è del tutto casuale?
Claudia Cernigoi
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- IBRA, “LO ZINGARO” - In una sua bellissima canzone, intitolata “Sally”, Fabrizio De Andrè cantava: “Mia madre mi disse/non devi giocare/con gli zingari nel bosco...”. Questo a testimoniare che il pregiudizio, l’ostilità, la diffidenza verso le comunità gitane è ancestrale e la storia ha dimostrato che sovente questa intolleranza si è trasformata in vera e propria persecuzione razziale. Cinquecentomila sono, infatti, gli zingari uccisi nei campi di Auschwitz, Dachau, Birkenau, Treblinka in quella “soluzione finale” che determinò l’eccidio di massa degli “asociali”: ebrei, comunisti, omosessuali, slavi, handicappati. Tutti coloro che erano, giustappunto, considerati incompatibili con l’ordine costituito. Negli ultimi tempi, esattamente da un anno a questa parte, i mass media nostrani hanno dato il là ad una scientifica campagna di (dis)informazione tendente a dimostrare, sulla mera e approssimativa base di fatti di cronaca nera, che i rom sarebbero una “razza delinquenziale”, predisposta geneticamente al crimine e alla destabilizzazione sociale. Gli zingari come razza non solo inferiore, ”subumana”, ma dannosa, e come tale da cancellare. Attraverso sgomberi, punizioni “esemplari”, e, magari, veri e propri pogrom imperniati sulla voluttà della cancellazione dell’altro, del diverso, dell’asociale. Tutto ciò, com’è pacifico, in barba ai principi più elementari del diritto tra cui per l'appunto l’obbligo , culturale e giuridico, di distinguere, sempre, tra persone e gruppi, tra singoli colpevoli e intere comunità, tra individui su cui eventualmente grava il peso della responsabilità penale personale ed etnie e nazionalità discriminate in blocco. Se si offusca, come sta accadendo, questa basilare distinzione i gruppi umani colpiti in quanto tali diventano colpevoli per il semplice fatto di esistere, la loro stessa presenza appare come un ingombro da rimuovere e da estirpare, un virus da sconfiggere anche con la mobilitazione “purificatrice” di chi si sente minacciato e circondato da una forza oscura e inquietante. Molte volte, però, il caso gioca brutti scherzi ai professionisti della (dis)informazione. Accade, infatti, che il campionato di calcio venga deciso dalle prodezze di un campione, figlio di profughi bosniaco-croati, di etnia rom (rom Korakhanè, per la precisione)trasferitesi in Svezia negli anni ’70: Zlatan Ibrahimovic. Ma cosa volete che importi ai mestieranti giornalai di Repubblica e del Corsera, della Rai e di Mediaset, che a decidere le sorti del campionato più bello del mondo (che fu)sia stato uno “zingaro”(così come viene affettuosamente soprannominato dai suoi compagni di squadra)? Per la nomenclatura mediatica nostrana i rom sono soltanto “ospiti”indesiderati, uomini e donne il cui valore monetario si avvicina allo zero assoluto e per i quali non si paga l’acquisto, ma l’espulsione. E cosa volete che importi agli interisti di governo come Ignazio La Russa (Ministro della Difesa che per la cronaca ha seguito la partita in un salotto ”bipartisan” insieme a Sabrina Ferilli e Flavio Cattaneo...), a Franco Servello (storico camerata di “moschetto” di Almirante e da 30 anni onnipresente ai vertici dirigenziali dell’Inter...), ai giornalisti-interisti che soffiano sul fuoco della persecuzione razziale, come Enrico Mentana che le loro gioie sportive sono dovute in buona parte ad un figlio di padre bosniaco e di madre croata che, come i tanti rom che vediamo scappare dalla giungla italica, negli anni’70 fuggirono dalla lontana Tucla, Bosnia-Herzegovina? La famiglia rom Korakahne (bosniaca) di Zlatan Ibrahimovic, è utile ribadirlo, è riuscita ad arrivare agevolmente in Svezia, democrazia molto più solida della nostra, e grazie alla diversa situazione politico-sociale-culturale è diventato uno dei più celebri calciatori del mondo. In Italia i rom devono, sono costretti a chiedere la carità per sopravvivere, a stento, e anche se ci fossero talenti, in qualsiasi campo, questi sarebbero sotterrati dai comportamenti razzisti dei vari nazisindaci “bipartisan” come Alemanno, Domenici, De Luca, Moratti (Letizia...). Ad onor di cronaca altri celebri calciatori sono di etnia rom e sinti tra i quali spicca senz’altro Andrea Pirlo (sinto italiano), capitano della nazionale campione del Mondo (!!!). Semmai bisognerebbe chiedersi perché essi non si espongano. La risposta è tautologica: hanno paura di essere discriminati. Questo è dunque, il pericolo reale e concretissimo, che oggi incombe sull’Italia declinante: lo sdoganamento del razzismo, il processo culturale per cui oggi in Italia è possibile essere e dirsi razzisti senza che nessuno si indigni, è possibile, senza contraddittorio, dire che gli immigrati ci procurano un senso di fastidio e, dunque, non li vogliamo. E poi magari votare indifferentemente per il PDL o per il PD... Che ognuno di noi si faccia moltiplicatore di questa indignazione in modo da rompere quel silenzio sulle discriminazioni anti-rom che offusca le coscienze. Per fare come Fabrizio De Andrè che nella citata canzone cantava: ”E dite a mia madre/che dal bosco non tornerò”. Silvio Messinetti ---
"La campagna razziale contro i Rom mette a rischio la loro incolumita'". Lo dichiara il gruppo Everyone sottolineando che il pregiudizio che colpisce il popolo Rom in Italia rischia di degenerare in un'indiscriminata caccia all'uomo.
A Napoli si verificano continue aggressioni nei confronti di Rom. Una baracca di via Malibran è stata data alle fiamme da una banda di razzisti e i 13 occupanti, sei adulti e sette bambini, fra cui due neonati, hanno riportato ustioni e rischiato di morire bruciati. A Ponticelli giovani armati di spranghe hanno aggredito alcuni Rom romeni. In via Argine, inseguimento di bambini Rom da parte di razzisti che nascondevano il volto dietro sciarpe. L'ultimo episodio - sottolinea l'associazione per i diritti umani - ha visto un bambino Rom di circa sei anni aggredito da una ronda in piazzetta San Domenico, schiaffeggiato, insultato e messo a forza sotto il getto di una fontana pubblica.
Da tempo il Gruppo EveryOne mette in guardia l'opinione pubblica, la stampa e i politici onesti "contro il rischio di casi montati ad arte per seminare odio contro gli zingari e aprire la strada a leggi razziali come il prossimo decreto sicurezza e le famigerate 'commissioni Rom' che ricordano analoghe istituzioni naziste. Sono provvedimenti illegittimi" continuano i tre referenti "che in sede Ue saranno stracciati in mille pezzi".
Ma gli attivisti del Gruppo EveryOne lanciano l'allarme anche riguardo ai rischi che in questo clima potrebbero riguardare anche i Rom
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