Informazione

The Center for Research on Globalization
u saradnji sa
Concordia Model UN Students Association
organizuje

javna tribina na temu:

KOSOVO
i jednostrana nezavisnost

15th of May, 2008
from 6-10pm at the Library Building of Concordia University
J.A. de Sève Cinema, local LB-125
1400 de Maisonneuve West
Montreal (Canada)

a Public Forum on self-proclaimed independence of Kosovo

Speakers / govore:

Maj.Gen. Lewis MacKenzie
Amb. James Bissett
Scott Taylor
Prof. Michel Chossoudovsky
Dr. Sunil Ram


Fiat Zastava, è il mercato o la campagna elettorale?

0) Grad Kragujevac i "Fijat" potpisali Memorandum o razumevanju / L’amministrazione e la FIAT hanno firmato il Memorandum d’intesa

1) Fiat Zastava, è il mercato o la campagna elettorale?
TOMMASO DI FRANCESCO

2) La Fiat sterza a est, intesa con la Zastava
FRANCESCO PATERNÒ


Sulle politiche antioperaie del governo di destra, i licenziamenti e le proteste della scorsa estate alla Zastava si veda:
Serbia: ennesimo durissimo attacco alle condizioni di vita dei lavoratori Zastava  (E. Vigna, settembre 2007)


Voir aussi:

Serbie : Fiat et Zastava scellent un partenariat stratégique

Le ministre de l'Économie Mlađan Dinkić et le vice-président de Fiat Alfredo Atavilla ont signé une entente de principe concernant une coopération stratégique et des investissements conjoints. Cette entente de principe, signée en présence du Président serbe Boris Tadić, permettra au géant de l'automobile italien Fiat d'acquérir 70% des actions de Zastava, tandis que l'État serbe conservera les 30% restants.



Siehe auch:

Newsletter vom 21.04.2008 - Der Nutzen der Bomben

KRAGUJEVAC/WOLFSBURG (Eigener Bericht) - Neun Jahre nach der Zerstörung der serbischen Automobilfabrik Zastava durch NATO-Bomben will die Volkswagen AG das in den Ruin getriebene Werk übernehmen...



Si veda anche:

Il gran ritorno

[Aleksandra Mijalković] Il 6 maggio scorso la firma del Memorandum sulla collaborazione strategica tra la Fiat e la Zastava di Kragujevac a cui dovrebbe seguire nelle prossime settimane l'accordo. Entro la fine dell’anno due nuovi modelli di auto italiane saranno fabbricate in Sumadija



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Grad Kragujevac i "Fijat" potpisali Memorandum o razumevanju

Predstavnici "Fijata" i grada Kragujevca potpisali su Memorandum o razumevanju kojim će ta torinska fabrika automobila biti oslobođena plaćanja lokalnih taksi i poreza u narednih 10 godina.  

(Fonte: Glassrbije / Madjunarodni Radio Serbia)

L’amministrazione e la FIAT hanno firmato il Memorandum d’intesa

06 maggio 2008. 16:11

Il vicepresidente della FIAT, Alfredo Altavilla ed il sindaco di Kragujevac Veroljub Stevanovic, hanno firmato in quella città della Serbia centrale il Memorandum d’intesa con cui quest’azienda torinese di automobili sarà esonerata dalle imposte locali per i prossimi 10 anni. Il Memorandum prevede anche la concessione gratis del terreno alla FIAT nel caso di allargamento delle capacità produttive. Dopo la firma del Memorandum, Altavilla ha detto che per la FIAT, la collaborazione con la ZASTAVA è uno dei progetti più importanti nell’ambito della strategia globale. A Kragujevac saranno prodotti due completamente nuovi modelli automobilistici che saranno venduti in tutto il mondo, ha evidenziato Altavilla. Alla cerimonia hanno partecipato anche il presidente della Serbia Boris Tadic, il vicepresidente del governo Bozidar Djelic, ed il ministro per l’economia e lo sviluppo regionale Mladjan Dinkic.


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commento

Fiat Zastava, è il mercato o la campagna elettorale?

TOMMASO DI FRANCESCO

È una notizia importante quella che arriva da Belgrado e che coinvolge il Gruppo Fiat che negli anni '50, all'epoca di Tito, contribuì a realizzare la Zastava di Kragujevac. I serbi l'hanno potuto vedere in tv. L'hanno scoperta in t v anche i sindacati che per anni si sono battuti per la salvare l'occupazione. Gli stessi che a poche ore dai raid della Nato che il 27 marzo 1999 la distrussero seminando devastazione ovunque - ci furono più di 120 feriti e molti morti tra quelli che lavorarono per mesi tra le macerie contaminate da uranio impoverito - comiciarono a ricostruirla. L'occupazione residua, da 36mila operai iniziali, è diventata di 4.900 operai (4mila alla fabbrica di automobili e 900 a quella dei camion). 
Dentro l'immensa povertà di Kragujevac che, gomito a gomito, vive la miseria della massa dei profughi fuggiti dal Kosovo, in una vasta periferia di desertificazione sociale della quale tutti i poteri in campo si sono disinteressati. Deve essere per questo che tra gli operai di Kragujevac emerge stupore, se non incredulità. Gli operai sindacalizzati, che hanno ricostruito con le loro mani gli impianti produttivi, non si fidano. «300mila vetture rispetto alle 12mila di oggi. Sembra un comizio elettorale del Partito democratico di Boris Tadic», ci dicono tre delegati sindacali raggiunti per telefono, e perfino un rappresentante del sindacato più vicino a Tadic, commenta: «Ci credo e non ci credo». Il sospetto è d'obbligo. Non solo perché le promesse qui non sono mai state mantenute. 
Il fatto è che l'annuncio in tv viene proprio il giorno dopo l'altrettanto televisivo annuncio dell'apertura dell'Ue a Belgrado con il Trattato di adesione (Asa). Un fatto tre volte ambiguo. È infatti soltanto simbolico (per ammissione dei contraenti), non entrerà in funzione, visto che è stato approvato con la clausola che non diventerà attuativo finché non saranno consegnati i super-ricercati Ratko Mladic e Radovan Karadzic. Lì in tv, accanto a Boris Tadic e mezzo governo serbo a lui legato, c'era per la Ue lo stesso Javier Solana che il 17 febbraio è corso a Pristina ad applaudire l'indipendenza unilaterale del Kosovo dalla Serbia. Una firma a dir poco di scontro con l'altra parte della Serbia, pur europeista come quella dell'escluso premier Vojslav Kostunica che grida «il nuovo governo cancellerà tutto», o quella ultranazionalista dei Radicali. Soprattutto per la scelta del momento: in piena campagna elettorale, si vota infatti per le politiche l'11 maggio. «Vogliamo entrare in Europa con il Kosovo», pensano i serbi che, per il sondaggio Gallup, si avviano a premiare al voto gli ultranazionalisti e Kostunica. A meno che non arrivi un colpo di teatro, l'«apertura» dell'Ue. E a meno che Boris Tadic, protagonista dello strappo, non voglia mandare questo messaggio agli elettori: con me tornano gli investimenti esteri.
Forse è più credibile pensare che con la joint venture Fiat Zastava ci troviamo di fronte al primato del mercato e basta. Perché, anche dopo l'accordo tra la russa Gazprom e la Serbia, c'è indubbiamente una maggiore appetibilità del mercato serbo e della sua capacità di proiezione nei Balcani e verso Oriente. Comunque, i dubbi restano. «Vogliamo lavoro e investimenti esteri - ci dicono gli operai da Kragujevac - ma il Kosovo è Serbia». Eppure i ricatti sono destinati a pesare.

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IL MANIFESTO
01 MAGGIO 2008


La Fiat sterza a est, intesa con la Zastava

Joint venture con il governo serbo, 900 milioni di euro per la fabbrica di Kragujevac. La Fiat vi produrrà a basso costo la nuova Topolino e un'auto di segmento B. Obiettivi: i mercati dell'Europa orientale

FRANCESCO PATERNÒ

La Fiat si allarga a est e annuncia un accordo di joint venture con la Zastava, storica azienda automobilistica serba controllata dallo stato e storico partner del gruppo torinese fin dagli anni '50. Gli obiettivi, a fronte di un investimento di 700 milioni di euro da parte Fiat e 200 da parte serba, sono diversi: produrre lì la nuova piccola Topolino dalla fine del 2009, per un prezzo low cost a costi low cost, e un altro modello di segmento B dal 2010, entrambe destinate a essere vendute in tutta Europa e in quella central-orientale in particolare. 
Il memorandum d'intesa firmato ieri tra il vicepresidente della Fiat responsabile delle operazioni internazionali Roberto Altavilla e il ministro dell'economia serbo Mladan Dinkic prevede una joint venture al 70% Fiat che controlli la vecchia fabbrica di Kragujevac, a circa 140 chilometri a sud est di Belgrado. Kragujevac è un sito storico per le quattro ruote dell'est: qui, nacque una simil Topolino e una ancora più simil 600, dopo gli accordi del 1954 raggiunti con la Jugoslavia di Tito. E sempre qui caddero le bombe della Nato nel 1999, che di fatto azzerarono la produzione delle Yugo e mandarono a casa la maggior parte dei lavoratori, 38.000 nell'intero gruppo di cui oggi soltanto 6.000 hanno mantenuto il posto, tra produzione di auto e camion (Zastava Kamioni, partner di Iveco, gruppo Fiat, che ne controlla il 33%). 
Secondo Dinkic, ministro uscente per una crisi di governo che ha rallentato i tempi dell'intesa mentre in Serbia si voterà in maggio, la Fiat dovrebbe produrre nello stabilimento serbo 50mila auto già nei primi mesi dopo l'intesa. Tra i modelli di cui è previsto l'assemblaggio la 500 e successivamente, ha detto Dinkic, un modello completamente nuovo, quasi certamente la nuova Topolino (nome non ancora ufficializzato), e un altro modello di segmento B, quest'ultimo mirato ai mercati dell'area Europa dell'est. La produzione complessiva a Kragujevac dovrebbe raggiungere le 300mila unità all'anno a regime, dopo il 2010. Oggi lo stabilimento serbo produce già le Punto vecchia serie (Zastava 10) su una linea portata direttamente da Mirafiori, in base a un accordo del 2005 per il quale Fiat ha cancellato il 72% dei crediti verso l'azienda serba. Con questa nuova intesa, da portare a termine nei prossimi mesi con il nuovo governo di Belgrado che uscirà dalle elezioni, il gruppo Fiat ha bruciato la concorrennza. La Zastava è stata messa sul mercato ufficialmente nel dicembre scorso, destando l'interesse - oltre che degli italiani - dei francesi di Peugeot-Citroen (Psa), del gruppo Volkswagen e della General Motors. Gli americani, tramite la loro controllata europea Opel, avevano precedentemente raggiunto un accordo con la Zastava per assemblare in Serbia il modello Astra, la cui uscita dalle linee è prevista per la fine del 2008. I mercati dell'Eruopa centro-orientali e quello in ancor più grande espansione della Russia hanno scatenato una vera e propria corsa a est dei più importanti costruttori automobilistici mondiali. 
Le ragioni sono nel basso costo del lavoro - mediamente nelle fabbriche di quest'area un operaio guadagna tra 1 e 10 euro l'ora, contro il rapporto tra i 20 e i 40 euro l'ora dell' ovest - e nella richiesta dei consumatori. Nel primo trimestre del 2008, in Polonia il mercato dell'auto è aumentato del 19,5% rispetto al 2007, del 23,6% in Romania. Le previsioni degli analisti vedono poi nella Russia numeri e percentuali di crescita che in Euroopa occidentale si possono dimenticare: le previsioni indicano che l'immenso mercato russo potrebbe superare alla fine del 2008 quello italiano, cioè il secondo d'Europa. In una nota, l'amministratore delegato del gruppo Fiat Sergio Marchionne sottolinea come l'intesa con Zastava «dimostra la nostra fiducia nella Serbia, la sua industria, le sue competenze manageriali e l'abilità dei suoi lavoratori, senza dimenticare lo stesso mercato automobilistico serbo, che consideriamo un'estensione integrale del nostro mercato domestico». Premio del giorno, l'agenzia Standard & Poor's ha promosso il rating assegnato a Fiat portando il gruppo all'« investment grade», con il rating da BB+ a BBB-, con outlook stabile.





Organhandel 

09.05.2008

BELGRAD/PRISTINA/BERLIN (Eigener Bericht) - Mit offener Wahlkampfhilfe sucht Berlin eine Niederlage seiner Parteigänger bei den serbischen Wahlen an diesem Sonntag abzuwenden. Jüngsten Umfragen zufolge haben EU-kritische Kräfte, die nach der völkerrechtswidrigen Anerkennung der Sezession des Kosovo durch die EU-Führungsmächte eine Annäherung an Brüssel ablehnen, einen klaren Vorsprung. Mit Erleichterungen bei der Visa-Vergabe und mit neuen Stipendienprogrammen will Deutschland nun Unentschiedene locken und zu EU-freundlicher Stimmabgabe verleiten. Unabhängig vom Wahlausgang drohen Auseinandersetzungen, weil Belgrad die Parlaments- und Kommunalwahlen wenigstens in den serbisch besiedelten Teilen der besetzten Südprovinz durchführen will. Die Sezessions-"Regierung" in Pristina will das nicht anerkennen. Die UNO, die eigentlich mit der Verwaltung des Kosovo betraut ist, ist wegen der Anerkennung der Sezession durch eine kleine, aber mächtige Minderheit ihrer Mitglieder nicht in der Lage, ihre Aufgabe entsprechend dem Völkerrecht zu erledigen. Unterdessen verschärfen Menschenrechtsorganisationen ihre Kritik an Pristina. Ihnen liegen neue Hinweise auf den Handel mit Organen verschleppter und ermordeter Serben durch die UCK vor. Hashim Thaci, ehemals UCK-Chef, heute von Berlin gestützter "Premierminister", war demnach Mitwisser des Verbrechens.

Übliche Praxis

Mit offener Wahlkampfhilfe sucht die Bundesregierung eine Niederlage ihrer Parteigänger bei den Parlaments- und Kommunalwahlen in Serbien am kommenden Sonntag abzuwenden. Unverhohlene Einmischung aus Berlin und Brüssel bei Urnengängen in Serbien ist inzwischen übliche Praxis; mit kosmetischen Maßnahmen sollen jeweils Stimmenverluste der prowestlichen Kräfte in Belgrad minimiert werden, mit denen aufgrund der antiserbischen Politik des Westens zu rechnen ist. Schon vor den Präsidentenwahlen zu Jahresbeginn hatten Deutschland und die EU offen interveniert und auf diese Weise zum knappen Sieg von Boris Tadic beigetragen.[1] Diesmal sind die Chancen, eine Niederlage verhindern zu können, schlechter, weil auch Tadic sich als völlig ohnmächtig gegenüber der Abspaltung des Kosovo und der weiteren Deklassierung Serbiens erwies.

Nur symbolisch

Berlin und Paris haben nun zugesagt, jeweils bis zu 100 Hochschulstipendien zusätzlich zu bestehenden Programmen an serbische Intellektuelle zu vergeben.[2] Zudem kündigt Brüssel auf deutschen Druck Erleichterungen bei der Visa-Vergabe für Serben an.[3] Der Schritt gliche, falls er vollzogen wird, nur Nachteile aus, die serbische Bürger wegen des EU-Beitritts Ungarns, Rumäniens und Bulgariens hinnehmen mussten. Die traditionell engen Kontakte der Bevölkerung Serbiens in diese Länder leiden seitdem unter teuren und aufwendigen Formalitäten, von denen die EU die Erteilung von Einreisegenehmigungen abhängig macht. Auch ein weiteres Brüsseler Angebot täuscht Vergünstigungen nur vor. Schon am 29. April hatten die EU-Außenminister ein Stabilisierungs- und Assoziierungsabkommen mit Serbien unterzeichnet, um die prowestlichen Kräfte in Belgrad zu stützen. Dabei ist die Maßnahme gänzlich irrelevant: Das Abkommen wurde nicht ratifiziert, seine Ratifizierung soll erst nach Erfüllung aller eigentlich schon für die Unterzeichnung notwendigen Formalitäten erfolgen - also zu einem Zeitpunkt, zu dem sie ohnehin schon vorgesehen war.[4]

Gesetzliche Rechte

Unabhängig vom Abstimmungsausgang führt die völkerrechtswidrige Sezessionserklärung Pristinas und ihre illegale Anerkennung durch eine Minderheit von bislang nur 40 UNO-Mitgliedstaaten zu neuen Spannungen. Prinzipiell sind laut UNO-Resolution 1244 die Vereinten Nationen für die Durchführung von Wahlen im Kosovo zuständig. Im aktuellen Fall kommen sie dieser Aufgabe nicht nach, weil einige mächtige Staaten eine Eigenstaatlichkeit des Kosovo proklamieren und serbische Wahlen dort verhindern wollen. Belgrad will sie nun wenigstens in den serbisch besiedelten Teilen des Kosovo abhalten. Weil Pristina sie nicht anerkennt, drohen neue Auseinandersetzungen. Der deutsche UNMIK-Verwalter Joachim Rücker hatte zunächst Partei ergriffen und die Wahlen eigenmächtig untersagt. Das Vorpreschen konnte jedoch durch Widerstände innerhalb der Vereinten Nationen gestoppt werden. Nun heißt es, die Wahlen dürften in den serbisch besiedelten Teilen des Kosovo stattfinden. Was danach geschehen soll, ist unklar. Die Kosovo-Serben haben angekündigt, ein eigenes parlamentarisches Vertretungsorgan zu gründen, um "ihre gesetzlichen Rechte zu verteidigen".[5] Pristina hat mitgeteilt, dies nicht hinnehmen zu wollen.

Ermittlungen gescheitert

Während die völkerrechtswidrige Sezession sowie ihre illegale Anerkennung unter anderem durch Berlin zu immer neuen Spannungen führen, verschärfen Menschenrechtsorganisationen die Kritik an der "Regierung" in Pristina. Wie Human Rights Watch (HRW) unter Berufung auf eine Buchpublikation und auf eigene Recherchen berichtet, wurden nach dem 12. Juni 1999, dem Tag, an dem die NATO in Serbien einmarschierte, bis zu 300 Menschen - zumeist serbischsprachige Bewohner des Kosovo - als angebliche Kriegsgefangene nach Albanien verschleppt.[6] Wie es heißt, wurden sie dort in Lagern interniert, wo die Mehrzahl unter Nahrungsentzug litt und geschlagen wurde, während die jüngeren und gesünderen Gefangenen Speise und ärztliche Betreuung erhielten. Die Gesünderen wurden später in ein Haus bei der albanischen Kleinstadt Burrel verbracht, wo man ihnen Berichten zufolge Organe entnahm und diese per Flugzeug ins Ausland verbrachte. Ihre Leichen wurden, so heißt es, in der Nähe verscharrt. Das Geschehen war schon vor Jahren der Chefanklägerin am Internationalen Jugoslawien-Gerichtshof, Carla del Ponte, zur Kenntnis gebracht worden. Ihre damaligen Ermittlungen waren jedoch gescheitert.

"Premierminister"

Von dem Verbrechen, das Mitgliedern der Terrortruppe UCK zugeschrieben wird, hat den Berichten zufolge auch der damalige UCK-Chef und heutige "Premierminister" der Sezessions-"Regierung" in Pristina, Hashim Thaci, Kenntnis gehabt.[7] Thaci war von serbischen Richtern bereits 1997 zu zehn Jahren Haft verurteilt worden - wegen mehrerer Morde. Der Bundesnachrichtendienst hält ihn für einen der höchsten kosovarischen Mafiabosse und für den Auftraggeber eines "Profikillers".[8] Der heutige "Premierminister" arbeitet seit Jahren mit Berlin zusammen. Schon Anfang 2006 hielt er sich zu ausführlichen Gesprächen in der deutschen Hauptstadt auf; er konferierte damals auf Einladung der Friedrich-Ebert-Stiftung (SPD) unter anderem im Auswärtigen Amt.[9] Zu diesem Zeitpunkt waren die Erkenntnisse etwa des Bundesnachrichtendienstes über den mutmaßlichen Mitwisser des mörderischen Organhandels durch Presseberichte sogar einer breiten Öffentlichkeit bekannt.

Straflosigkeit

Carla del Ponte hat die mutmaßlichen Morde zum Zwecke des Organhandels jetzt in einer Buchpublikation öffentlich gemacht. Sowohl Pristina als auch die Regierung Albaniens verweigern jegliche Untersuchung - und geraten trotz maßgeblichen Einflusses des Westens, vor allem Berlins, nicht weiter unter Druck. Der gänzlich fehlende Wille zur Aufklärung erinnert an das skandalöse Den Haager Verfahren gegen einen der mächtigsten kosovarischen Clanchefs, Ramush Haradinaj. Haradinaj, dem zahlreiche Untersuchungsberichte westlicher Polizeien und Geheimdienste eine außergewöhnliche Mafia-Karriere und zahlreiche Morde sowie weitere Verbrechen bescheinigen [10], wurde Anfang April in Den Haag gänzlich freigesprochen. Er gehört zu den engsten Kooperationspartnern Berlins und Washingtons aus dem NATO-Krieg 1999 und der folgenden Besatzungszeit.

Die Grenze

Über derlei Fälle erstaunlicher Straflosigkeit hat sich kürzlich ebenfalls Carla del Ponte geäußert. Wie die Schweizer Juristin in ihrem jüngst erschienenen Buch schreibt, hatte sie versucht, Kriegsverbrechen, die NATO-Soldaten bei der Bombardierung Jugoslawiens begangen hatten, zu verfolgen. Die NATO bremste sie kalt aus. Del Ponte berichtet als erste Insiderin offen darüber, warum der Versuch scheiterte, das Recht nicht nur einseitig als Kampfmittel zu missbrauchen: "Ich war an die Grenze des politischen Universums gestoßen, innerhalb dessen das Kriegsverbrechertribunal autorisiert war, zu funktionieren".[11]



[1] s. auch Abmontiert
[2] Bundesaußenminister Steinmeier und sein französischer Amtskollege Kouchner vereinbaren Ausweitung der Stipendienprogramme für Serbien; Pressemitteilung des Auswärtigen Amts 02.05.2008
[3] Deutschland unterstützt verstärkte kostenfreie Visavergabe an serbische Staatsbürger; Pressemitteilung des Auswärtigen Amts 06.05.2008
[4] Die EU lockt Serbien mit Aussichten auf den Beitritt; Frankfurter Allgemeine Zeitung 30.04.2008
[5] Kosovo-Serben planen eigenes Parlament; RIA Novosti 07.05.2008
[6] Kosovo/Albania: Investigate Postwar Abductions, Transfers to Albania; Human Rights Watch 05.05.2008
[7] Die Jagd der Carla Del Ponte; Neue Zürcher Zeitung 13.04.2008
[9] Sozis und Mafiosi: Kosovo-Terrorist zu Gast in Berlin; junge Welt 10.02.2006
[11] Die Jagd der Carla Del Ponte; Neue Zürcher Zeitung 13.04.2008




Bolivia: il secessionismo... croato ha fallito

1) Il referendum secessionista in Bolivia è stato un totale fallimento
Prensa Latina - 5 maggio 2008

2) EVO MORALES: "IL SECESSIONISMO HA FALLITO"
Gennaro Carotenuto - 6 maggio 2008

...sbandierano un 84% di sì ma tengono segreto il dato sull’astensionismo che avrebbe superato il 40%...

3) Sulla vera natura del cosiddetto movimento autonomista cruceno in Bolivia
Alejandro Saravia - 14 aprile 2008

...Storicamente, Santa Cruz è stata stranamente una terra d’accoglienza per il nazismo....

4) Più di 2.500 intellettuali hanno firmato l’appello in solidarietà con la Bolivia:
Nous dénonçons la conspiration pour diviser la Bolivie / The Conspiracy to Divide Bolivia Must Be Denounced

5) L'ambasciatore Usa Goldberg: dal Kosovo alla Bolivia
PABLO STEFANONI - 15 febbraio 2008

...il fatto che Goldberg abbia prestato servizio nel Kosovo, prima di arrivare a La Paz, alimenta fantasmi analoghi sulle sue intenzioni di appoggiare l'ala radicale dell'autonomismo di Santa Cruz, il cui obiettivo ultimo potrebbe essere la secessione. In un clima molto teso per la decisione degli autonomisti cruceños di indire il 4 maggio prossimo un nuovo referendum per l'autonomia - considerato un atto di sedizione dal governo centrale - è circolata un'intervista della rivista di Zagabria Globus al leader autonomista del Comitato civico di Santa Cruz, Branko Marinkovic (di origine croata) intitolata «Un croato contro gli indigeni»....


SULLA EMIGRAZIONE NAZISTA CROATA (USTASCIA) IN AMERICA LATINA SI VEDA AD ESEMPIO:


A LIRE AUSSI:

Evo Morales - "Il y a un risque de coup d'Etat" 
Evo dresse le bilan de son gouvernement et dénonce les ingérences US dans son pays



Gaston Cornejo Bascopé - Rapport sur le problème politique actuel que rencontre notre Bolivie 
Un sénateur bolivien explique la situation à ses amis étrangers



Benito Pérez - Des propriétaires prennent les armes contre la réforme agraire
Violences, provocations, coups de force : tout pour maintenir le travail forcé des communautés indiennes



Romain Migus - Emission spéciale "Bolivie" sur Radio Venezuela en direct
Légal ou pas, le référendum ? Que cache-t-il ? La Bolivie en voie de balkanisation ? En direct radio.




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www.resistenze.org - popoli resistenti - bolivia - 06-05-08 - n. 226

 

Il referendum secessionista in Bolivia è stato un totale fallimento
 
Prensa Latina
05/05/2008

 

Il presidente boliviano, Evo Morales, ha definito un totale fallimento il referendum secessionista e autonomista nel dipartimento di Santa Cruz, ed ha informato che la Corte Suprema ha già stabilito che non lo riconoscerà, perché si è trattato di un esercizio illegale.

 

Morales ha sottolineato che domenica 4 a Santa Cruz non c’è stata solo una consultazione, ma anche una forte resistenza popolare con concentrazioni di folla per l’unità nazionale in varie città, dove migliaia di persone si sono mobilitate in appoggio al Governo.

 

Durante una trasmissione televisiva diffusa in tutto il paese, Evo ha detto che il referendum promuoveva la divisione, e che nonostante le minacce e le umiliazioni è nata una grande ribellione contro i gruppi che hanno sempre manovrato il popolo di Santa Cruz sulla base delle rivendicazioni economiche.

 

Evo Morales ha dichiarato che sommando il 39% degli astenuti, i no e i voti in bianco, si supera il 50%, anche se alcuni media attribuiscono la vittoria, in una giornata marcata dalla violenza e da denunce di brogli e frodi..

 

“Questa consultazione è fallita completamente: è illegale ed è anticostituzionale. Non si può certo dire che ci sia un vincitore con più dell’80%”, ha ironizzato Evo alludendo alle dichiarazioni degli oligarchi, e si appellato a tutti i prefetti e i governatori, perché si riuniscano immediatamente con il governo a favore di un’autentica autonomia che rispetti la Costituzione.

 

(Traduzione Granma Int.)

 

Il video con la dichiarazione di Evo Morales sul fallimento del referendum in                  

 

 



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EVO MORALES: "IL SECESSIONISMO HA FALLITO"

Gennaro Carotenuto
(06 maggio 2008)

Santa Cruz, la regione più ricca della Bolivia, si è cantata e suonata il proprio referendum razzista e secessionista mascherato da autonomia e palesemente illegale per la comunità internazionale. I promotori, poche decine di famiglie che hanno sempre appoggiato dittature e neoliberismo, sbandierano un 84% di sì ma tengono segreto il dato sull’astensionismo che avrebbe superato il 40%. Ma in una giornata piena di incidenti e tensioni, l’unica cosa sicura è che la Bolivia è al bordo dell’abisso e ha bisogno della solidarietà di tutti i democratici del mondo.
A Santa Cruz si chiamano Marinkovic, Saavedra Bruno, Monasterio Nieme, Kuljis Añez, Justiniano Ruiz, Roig Pacheco, Rapp Martínez, Antelo Urdininea, Keller Ramos, Candia Mejía, Castro Villazón, Ovando, Fracaro, Sánchez Peña, Nielsen, Bauer y Elsner. Nel dipartimento di Beni si chiamano Guiteras, Llapiz, Sattori, Bruckner, Quaino, Dellien, Ávila, Nacif, Antelo, Salek. A Pando sono i Sonnenschein, Fernández, Hecker, Becerra Roca, Vaca Roca, Peñaranda, Barbery Paz, Claure, Villavicencio Amuruz. Sono i padroni della Bolivia, poche decine di famiglie, padrone di milioni di ettari di terra e che da tempo immemorabile appoggiano tutte le dittature che hanno infestato questo paese e che nel periodo più crudele del neoliberismo si sono arricchite enormemente. Sono i padroni della Bolivia bianca e razzista, che esprime il proprio rispetto per la democrazia rappresentativa chiamandone il legittimo presidente “la scimmia”.
Adesso queste stesse famiglie, gli interessi multinazionali con i quali hanno condiviso il loro dominio su milioni di boliviani, e il governo di Washington che controlla in prima persona tutto e che, come ha denunciato la giornalista argentina Stella Calloni, ha inviato a La Paz come ambasciatore Philip Goldberg, il massimo esperto statunitense in secessioni, per le quali ha lavorato in Bosnia, Montenegro e Kosovo, nascondono dietro il nome di “autonomia” il loro progetto di impedire che la nuova Costituzione voluta dalla maggioranza del paese possa essere approvata. E la nuova Costituzione non è altro che l’ultima possibilità perché la stragrande maggioranza del paese, indigena, che è stata sempre discriminata, terrorizzata, violata, impoverita, possa recuperare la propria dignità.
Lo statuto di autonomia maschera infatti una vera e propria secessione strisciante, con la quale le province ricche pretendono di sottrarre al governo centrale praticamente tutte le competenze, l’amministrazione delle risorse naturali, cominciando con il gas, la fiscalità, impedire qualsiasi tipo di riforma agraria, il controllo dei trasporti stradali, ferroviari, aerei e fluviali, le comunicazioni, la vigilanza aerea, il controllo radar sul territorio e l’ordine pubblico che sempre nelle costituzioni boliviane è toccato ai governi centrali. Non c’è in pratica al mondo nessun federalismo, nessuna autonomia, che prevede un trasferimento di poteri così vasto come quello votato domenica a Santa Cruz.
L’approvazione con un’ampia maggioranza, tra brogli e minacce della destra neonazista attivissima a Santa Cruz, era prevedibile. Meno prevedibile era la quota di astensioni, che avrebbero triplicato la media di astensioni nella regione in altre consultazioni. Tuttavia anche le astensioni non rappresentano un dato particolarmente rilevante, anche perché l’intera consultazione illegale e illegittima, nonostante nessuno ne possa nascondere il valore politico. Un vero e proprio complotto per impedire che il governo democratico legittimamente eletto –come ha affermato anche la OEA- possa governare con il suo programma progressista, integrazionista e di giustizia sociale è in corso e la Bolivia ha bisogno della solidarietà di tutti i democratici del mondo.


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www.resistenze.org - popoli resistenti - bolivia - 18-04-08 - n. 224

 

I veri interessi dietro Marinkovic, Costas e Quiroga

 

La pagliacciata autonomista
 
Alejandro Saravia - Rebelión
14/04/08

 

Sulla vera natura del cosiddetto movimento autonomista cruceno, non c’è niente di più illuminante del conto aperto che Branko Marinkovic ha con la Legge boliviana per appropriazione indebita di terre dello Stato. Avvalendosi della corruzione di funzionari e autorità statali, per un individuo o una famiglia, è stato possibile avere terreni molto estesi per cinque volte consecutive. Questo secondo le informazioni rese pubbliche dal viceministro delle Terre, Alejandro Alamraz, in merito all’appropriazione della laguna Corazon da pare dell’ineffabile paladino dell’autonomia crucena.

 

In un altro contesto, questo scippo di terreni potrebbe passare per un furto con destrezza compiuto da un personaggio abile, in un paese dove l’amministrazione e la giustizia è duttile a fronte del potere del denaro.Ma nell’ambito della convocazione di un referendum autonomista, proprio quello che propone Branko Marinkovic, si tratta di un fatto che fa luce sul futuro che attende i cruceños “autonomisti”.

 

Il cittadino dell’oriente boliviano si sbaglia, se crede che i suoi interessi saranno protetti da una oligarchia che si camuffa dietro le virtù della democrazia e della libertà. Questa oligarchia opera nei confronti delle risorse dello Stato con un implacabile istinto di saccheggio e di tornaconto personale. La prova sta nel fatto che a Santa Cruz 15 famiglie controllano mezzo milione di ettari. Nel Beni, 10 famiglie concentrano illegalmente mezzo milione di ettari. Nel Pando, 9 famiglie posseggono quasi 800.000 ettari. Si tratta dello scontro tra parti sociali: l’oligarchia orientale e la popolazione senza terra.

 

Da quando i latifondisti, quelli che hanno approfittato delle risorse del paese senza dividerle, hanno bisogno della solidarietà di chi sta sotto? Da quando la magra borghesia boliviana è paladina della democrazia e della libertà, quella borghesia personificata nei Gasser o Sanchez de Losada, che per anni ha goduto del golpismo militare?

 

Non è stato a Santa Cruz, come ricorda il giornalista de La Nación, Manuel Salazar, dove i grandi narcotrafficanti nel 1980 hanno offerto un finanziamento di 4 milioni di dollari al golpista García Mesa? A quella riunione non era presente Edwin Gasser, padrone del maggior zuccherificio e dirigente della Lega Anticomunista Mondiale (WALC), e non c’era anche Pedro Bleyer, presidente della Unione Industriale di Santa Cruz?

 

Branko Marinkovic e la parte sociale che lo ha eletto come suo portavoce, rappresenta la continuità di questa mentalità di esclusione sociale e saccheggio delle risorse dello Stato. Più che l’opinione, sono i suoi atti pubblici, la distanza fra il suo discorso e le sue azioni, ciò che da un assaggio di quello che sarà questa Santa Cruz nelle mani dei capataz locali.

 

Il discorso popolare è quello che rivela maggiormente la loro mentalità. Gabriela Oviedo, la miss Bolivia del 2004, è passata alla storia quando, con tutto il candore di uno stato di cose che non è cambiato fino ad oggi, dichiarò: “la gente che non sa granché della Bolivia, pensa che siamo tutti indios occidentali.. E’ La Paz l’immagine dominante, quella gente povera, di bassa statura e india. Io sono dell’altro lato del paese, del lato est… Noi siamo alti, siamo gente bianca e sappiamo l’inglese”.

 

Storicamente, Santa Cruz è stata stranamente una terra d’accoglienza per il nazismo. In questa città sono nati gruppi neofascisti come “I fidanzati della morte”, attivo durante la dittatura di Garcia Mesa. Ma già anni prima, la dittatura del colonnello Hugo Bánzer arrivò a coprire, proteggere e a dare la cittadinanza a un criminale di guerra nazista, Klaus Barbie, il macellaio di Lione, che più tardi, organizzerà gli attacchi paramilitari del 17 luglio 1980 contro la COB a La Paz.

 

In questa Santa Cruz del prefetto Rubén Costas, uomo alto, bianco e che sapeva l’inglese, paradigma di modernità. In questo paese desiderato dalla oligarchia cruceña non c’è posto per “gente povera, di bassa statura e india”, che non viene necessariamente dalla regione andina. Questi “poveri indios” sono i popoli indigeni Chiquitano, Ayoreode, Yuracare-Mojeño, Gwarayo e Guaraní, popolazioni che vivono a Santa Criz da cent’anni, molto prima dell’arrivo dei Mrinkovic, dei Costas o dei Quiroga. Se ci sono dei padroni legittimi delle terre di Santa Cruz, quei padroni sono i popoli indigeni. Quelli che non hanno accesso alle aule delle università private, né agli spazi ricreativi del quartiere Equipetrol, né ai saloni delle Torres Cainco. E non saranno quelli dell’Unione Giovanile Cruceñista quelli che lotteranno per una maggior giustizia e uguaglianza per i primi popoli indigeni cruceños, semplicemente perché non lo hanno mai fatto.

 

Santa Cruz deve la sua crescita economica allo stagno, cioè al lavoro dei minatori di Catavi, Llallagua, Pulacayo e Siglo XX, per citare alcuni centri minerari. Furono quegli indios aymara e quechua quelli che ebbero la silicosi perché Santa Cruz potesse lastricare le sue strade e la sua agroindustria potesse capitalizzarsi. Il lavoro dei “poveri indios” permise negli anni 70, secondo lo storico Mariano Baptista Gumucio, l’enorme espansione della agricoltura cruceña mediante crediti dello Stato destinati alla coltivazione e all’esportazione del cotone, del caffè, dello zucchero, del legno e dell’allevamento. E quando si trattò di devolvere i prestiti, fu lo Stato che assorbì i debiti dei produttori cruceños al Banco Agricolo. I boliviani che non ebbero un centesimo di quei capitali alla fine dovettero pagare circa 700 milioni di dollari. Questo travaso del debito privato all’erario pubblico fu opera di ADN, la formazione politica dell’ex dittatore Hugo Banzer e che oggi porta il nome di PODEMOS, o ROBEMOS, il che è lo stesso. ROBEMOS, guidata da Jorge Quiroga, ex consulente del Fondo Monetario Internazionale.

 

Più che un conflitto tra cittadini d’oriente contro quelli dell’occidente, in Bolivia si tratta del neoliberismo che sta lottando per schiacciare le richieste di maggior giustizia economica e sociale. Marinkovic, Costas e Quiroga difendono gli interessi delle multinazionali. La loro espressione politica è la destra, è PODEMOS, è l’avallo dell’ambasciatore statunitense Philip S. Goldberg. L’ambasciate degli USA ha dato centinaia di migliaia di dollari a una serie di organizzazioni che si oppongono alle riforme che sta portando avanti il presidente Morales. A questa destra degli oligarchi creoli, non dei cruceños, quella che ha rifiutato la mediazione della Chiesa e la mediazione di paesi come il Brasile o l’Argentina per evitare la divisione del paese.

 

In più di 180 anni di storia della Bolivia, mai un governo statunitense ha agito con la Bolivia in modo altruista. Washington ha nascosto i suoi interessi usando dittature militari o politici corrotti (Banzer - Sanchez de Losada), calpestando i diritti umani dei boliviani. E se è potuto capitare tutto questo, è stato grazie al sostegno della borghesia locale. Questo “noi siamo alti, siamo bianchi e sappiamo l’inglese” ha una dimensione politica che si manifesta nello specchietto per allodole dell’autonomismo. Non ci può essere autonomia se non siamo uguali nei diritti umani, nei diritti sociali ed economici.

 

Quello che il referendum dell’oligarchia cruceña vuole fare è la balcanizzazione della Bolivia. Marinkovic, Costas e Quiroga non fanno altro che creare le condizioni per una guerra civile sulle risorse naturali in Bolivia. Gli interessi che difendono sono quelli delle grandi corporazioni del gas e del petrolio. Sono quelli delle multinazionali che hanno già affondato la Bolivia e il Paraguay tra il 1932 e il 1935 nella guerra del Chaco, la prima guerra per il petrolio della regione. In quel conflitto, che fece 100.000 morti, furono gli indios aymara e quechua quelli che difesero le risorse petrolifere a Santa Cruz. Oggi sono quegli stessi interessi che vogliono mettere fine alla Bolivia come paese. L’attuale ambasciatore statunitense a La Paz, Philip S. Goldberg, è lo stesso che ha curato gli interessi degli USA durante la divisine della ex Yugoslavia, il paese d’origine di Branko Marinkovic. E non c’è alcun dubbio che saranno proprio gli USA, i primi a riconoscere il referendum di Marinkovic, Costas e Quiroga.

 

In fondo, il potere non è nel Palazzo Quemado, né nella Prefettura di Santa Cruz. Il potere non ce l’ha Evo Morales e neppure Branko Marinkovic. Il potere è nel popolo e in quelle parti sociali simboli o istituzioni in cui il popolo investe questo significato. Il potere sta nel popolo e nelle sue azioni collettive. Contro l’autonomia, al neoliberismo mascherato da cruceñismo, alle tre tigri dell’imperialismo Marinkovic, Costas y Quiroga, c’è una delle armi più efficaci dell’arsenale democratico dei popoli mobilitati: il boicottaggio del referendum. Viva Santa Cruz senza capataz!

 

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR


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www.resistenze.org - popoli resistenti - bolivia - 26-04-08 - n. 225

da Telesur

 
Più di 2.500 intellettuali hanno firmato l’appello in solidarietà con la Bolivia
24/04/08

 

Più di 2.500 intellettuali di tutto il mondo hanno aderito alla mobilitazione  in difesa della Bolivia sottoscrivendo il documento: “Denunciamo la cospirazione per dividere la Bolivia”, l’appello lanciato contro il referendum autonomista voluto dall’estrema destra boliviana,
L’appello circola via Internet e si trova nel sito todosconbolivia.org, promosso dalla Rete delle Reti a Difesa dell’Umanità.
Tra i suoi firmatari iniziali si trovano i premi Nobel Rigoberta Manchù e Adolfo Pérez Esquivel.
Tra le adesioni più recenti vi sono la scultrice giapponese Setsuko Ono, sorella di Yoko Ono e cognata di John Lennon; l’economista egiziano Samir Amin, il direttore del Foro del Terzo Mondo, un’associazione di intellettuali d’Africa, Asia e America Latina; lo scrittore britannico István Mészáros, cattedratico dell’Università del Sussex e autore di molte opere sull’impatto del capitalismo nell’economia mondiale. Risalta anche la firma dell’economista e sociologo statunitense Wallerstein, e Jorge Enrique Adoum, poeta, saggista e narratore ecuadoregno.
E poi, tra gli altri, Pablo González Casanova, noto sociologo e crítico messicano, premiato dall’Unesco nel 2003 con il Premio Internazionale José Martí per la sua difesa dell’identità dei popoli indigeni, e la scrittrice Rosa Regás, Premio dell’Associazione spagnola dei Corrispondenti di Stampa Estera.

I firmatari si sono pronunciati contro il cosiddetto Statuto Autonomo di Santa Cruz “per il suo carattere incostituzionale e perché attenta all’unità di una nazione della nostra America”.
L’appello invita tutte le persone di buona volontà a denunciare in ogni modo la manovra secessionista in atto, e rileva come la presa del potere di un presidente indigeno - con un sostegno popolare senza precedenti nel suo paese - e i suoi programmi di benefico popolare e di recupero delle risorse naturali, abbiano subito dovuto affrontare le cospirazioni oligarchiche e l’ingerenza imperiale. L’escalation cospirativa ha recentemente raggiunto i massimi livelli, mostrando con tutta evidenza che le azioni sovversive e a anticostituzionali dei gruppi oligarchici riflettono la mentalità razzista ed elitista di quelle forze sociali.
L’appello sottolinea anche il fatto che questa manovra costituisce un pericolosissimo precedente, “non soltanto per l’integrità di questo paese, ma per altri della nostra nazione”.

 

Hanno firmato anche il poeta nicaraguese Ernesto Cardenal, il drammaturgo spagnolo Alfonso Sastre, e lo statunitense Ramsey Clark, la cantante venezuelana Cecilia Todd, il cineasta argentino Tristán Bauer, lo studioso italiano Gianni Vattimo.
Gli scrittori Roberto Fernández Retamar, Elena Poniatowska e Noam Chomsky, i cantautori Silvio Rodríguez e Manu Chao.
Quest’appello è nato alla fine dell’incontro: “Armati di idee: Intellettuali e artisti per la pace e la sovranità”, promosso dalla Rete delle Reti a difesa dell’Umanità, che ha pure espresso appoggio al processo politico boliviano con un documento che denuncia in modo chiaro il rifiuto della manovra secessionista.

 

TeleSUR / rr - AV

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http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-28%2011:46:07&log=invites

Nous dénonçons la conspiration pour diviser la Bolivie

Adolfo Pérez Esquivel, Rigoberta Menchú, Noam Chomsky ,...


La situation en Bolivie est de plus en plus grave. Il est nécessaire de soutenir le Président Evo Morales, en signant et en faisant circuler cet appel, qui sera publié au cours de cette semaine. Voulez-vous confirmer votre soutien à cabohorquez@... ou à yamp@...
 
En Bolivie, le processus de changements pour les majorités court le risque d'être brutalement restreint. L'arrivée au pouvoir d'un président indigène, élu avec un soutien sans précédent dans ce pays, et ses programmes de bénéfice populaire et de récupération des ressources naturelles, ont dû affronter dès les premiers moments les conspirations oligarchiques et l'ingérence impériale. 
Récemment, l'escalade conspirative a atteint ses niveaux maximaux. Les actions subversives et anticonstitutionnelles avec lesquelles les groupes oligarchiques prétendent diviser la nation bolivienne, reflètent la mentalité raciste et élitiste de ces secteurs et constituent un très dangereux précédent, non seulement pour l'intégrité de ce pays, mais aussi pour celle d'autres pays de notre région. 
L'histoire montre avec une grande éloquence les terribles conséquences que les processus divisionnistes et séparatistes induits et approuvés par de puissants intérêts étrangers ont eu pour l'humanité sur tous les terrains. 
Devant cette situation nous, les signataires, voulons exprimer notre soutien au gouvernement du Président Evo Morales Ayma, à ses politiques de changement et au processus constitutif souverain du peuple bolivien. De même, nous rejetons l'appelé Statut autonome de Santa Cruz pour son caractère inconstitutionnel et pour attenter contre l'unité d'une nation de notre Amérique. 
Nous appelons toutes les personnes de bonne volonté pour qu'elles unissent leurs voix pour dénoncer, par toutes les voies possibles, cette manoeuvre divisionniste et déstabilisatrice dans une heure historique pour l'Amérique Latine. 


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The Conspiracy to Divide Bolivia Must Be Denounced

Adolfo Pérez Esquivel, Rigoberta Menchú, Noam Chomsky...

Forwarded by MICHEL COLLON - 30 of April 08

The situation in Bolivia is each day more serious. It is now our duty to support the President Evo Morales, by signing and forwarding this petition. You can give your support to cabohorquez@... or to yamp@...


The process of changes in favor of the Bolivian majority is at risk of being brutally restrained. The rise to power of an Indigenous president with unprecedented support in that country and his programs of popular benefits and recovery of the natural resources have had to face the conspiracies of the oligarchy and United States interference from the very beginning.
In recent days the increase in conspiracy has reached its climax. The subversive and unconstitutional actions of the oligarchic groups to try to divide the Bolivian nation reflect the racist and elitist minds of these sectors and constitute a very dangerous precedent not only for the country's integrity, but for oth e r countries in our region. 
History shows with ample eloquence, the terrible consequences that the divisionary and separatist processes supported and induced by

(Message over 64 KB, truncated)


SKOJ: PRVOMAJSKA PROSLAVA / NE PRIDRUŽIVANJU TAMNICI NARODA EU / NACIONALNA IZDAJA /  Savez komunističke omladine Jugoslavije srdačno čestita Dan pobede nad fašizmom!


____________________________________________________________________________
Savez komunisticke omladine Jugoslavije SKOJ - The League of Yugoslav Communist Youth SKOJ
Nemanjina 34/III , 11000 Beograd - Nemanjina 34/III, 11000 Belgrade, Serbia
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PRVOMAJSKA PROSLAVA

 

Aktivisti Nove komunističke partije Jugoslavije (NKPJ) i Saveza komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) 1.maj dan međunarodne solidarnosti radničke klase obeležili su polaganjem venca na grob istaknutog marksiste Dimitrija Tucovića na Trgu Slavija u Beogradu. Tom prilikom članovima NKPJ i SKOJ obratio se generalni sekretar Partije drug Branko Kitanović. On je u kratkom govoru podsetio na značaj 1.maja kao dana međunarodne radničke solidarnosti. Osvrnuo se i na aktuelni politički trenutak u zemlji kritikujući sramno potpisivanje Sporazuma o stabilnosti i pridruživanju imperijalističkoj tamnici naroda Evropskoj uniji i reakcionarni izborni zakon u Srbiji koji ima za cilj da spreči pojavljivanje na izborima autentičnih radničkih i narodnih predstavnika – komunista. Nakon polaganja venca članovi NKPJ i SKOJ obeležavanje 1.maja nastavili su u sedištu Partije u Nemanjinoj.

 

Petnaestak članova SKOJ, posle završetka manifestacije u sedištu Partije, organizovano je krenulo ka Trgu Marksa i Engelsa na Prvomajski protest Saveza samostalnih sindikata Srbije. Skojevci su radnicima delili Prvomajski letak, Glasnik SKOJ i nalepnice NKPJ i SKOJ. Članovi sindikata su aplauzima pozdravili pojavljivanje aktivista SKOJ na protestu i veoma rado su pristupili razmenjivanju materijala sa omladincima NKPJ. Radnici su sa oduševljenjem pozdravljali crveni barjak NKPJ. U jednom trenutku dvojica skojevaca su se probila do same bine praćeni povicima odobravanja okupljenih i razvili crvenu partijsku zastavu. Ta simbolika se nije svidela rukovodstvu SSSS pa su na mlade komuniste poslati redari a sa bine je usledio zahtev da se sa skupa uklone komunistička i ostala ideološka obeležja. Razlog za nervozu i nezadovoljstvo rukovodstva SSSS bio je taj što je desetak minuta ranije od strane radnika bio izviždan i faktički oteran sa protesta predsednik Srbije Boris Tadić koga lideri SSSS očito vide kao svog “partnera”. Posle kraćeg guranja sa redarima aktivisti SKOJ su se vratili do svoje grupe dočekani aplauzom i povicima odobravanja. Zahtev rukovodstva SSSS da se uklone komunistička obeležja nije uvažen.

 

Sekretarijat SKOJ-a

2. maj 2008.godine

 

NE PRIDRUŽIVANJU TAMNICI NARODA EU

 

Deo Vlade Srbije potpisao je u Luksemburgu sraman sporazum o stabilizaciji i pridruživanju Evropskoj uniji.Tim činom potpisinici sporazuma doborovoljno prihvataju imperijalističku okupaciju Kosova i Metohije, odnosno njegovu "nezavisnost". Vodeće zemlje EU priznale su jednostrano proglašenje "nezavisnosti" Kosova i zajedno sa NATO učestvovale u imperijalističkoj agresiji na SR Jugoslaviju.

 

Slobodoljubivi narodi sveta nikada neæe zaboraviti drske imperijalistièke agresije koje su u savezništvu  Evropska unija i Sjedinjene Američke Države počinile protiv Iraka, Avganistana i još nekih zemalja.

 

Savez komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) odbacuje potpisani sprorazum i smatra da Srbiji nije mesto u EU, imperijalističkoj tvorevini i tamnici naroda  pravljenoj u interesu krupnog kapitala.  Srbija u EU ne bi bila punopravni član, već izvor jeftine radne snage i visoko obrazovanih kadrova.

 

Perspektive koju nude komunisti nije Evropa ujedinjena na kapitalističkim osnovama, već je to ujedinjena socijalistička Evropa u kojoj će u miru i slozi živeti svi evropski narodi i u kojoj neće biti eksploatacije tuđeg rada i tlačenja naroda koje postoji u imperijalističkoj EU. Samo na taj način Evropa može krenuti putem celovitog ostvarenja principa samoopredeljenja naroda, ravnopravne saradnje, mira, bezbednosti, socijalne pravde, istinske demokratije i poštovanja prava ličnosti i kolektiva.

 

Sekretarijat SKOJ-a

29. april 2008.godine

 

 

NACIONALNA IZDAJA

 

Nova komunistička partija Jugoslavije (NKPJ) smatra da je potpisivanje od strane Borisa Tadića i Božidara Đelića Sporazuma o stabilizaciji i pridruživanju Evropskoj uniji nacionalna izdaja. Tim činom se potpisnici sporazuma dobrovoljno odriču od Kosova i Metohije, odnosno prihvataju njegovu "nezavisnost".

 

Ovakav potez čelnika Demokratske stranke ravan je, čak i gori, od potpisa vlade Cvetković-Maček sa jedne, i Hitlera i Ribentropa, s druge strane, kojim je Kraljevina Jugoslavija pristupila fašističkom Trojnom paktu. Razume se, i sudbina sporazuma i njegovih potpisnika biće ista kao i sudbina Trojnog pakta, Cvetkovića i Mačeka. I ovog puta, nema sumnje, Srbija će izdajnike staviti na stub srama i strpati u grobnicu prošlosti.

 

Sekretarijat NKPJ

29. april 2008.godine


Savez komunističke omladine Jugoslavije srdačno čestita Dan pobede nad fašizmom!

 

Na tlu kontinentalne Evrope NOVJ, je izuzimajući herojsku Crvenu armiju, bila najjača članica Antifašističke koalicije. Ona je bila osobena po mnogo čemu, između ostalog i po tome što nije stvorena kroz pokret otpora već je ponikla u masovnom narodnom ustanku s komunistima na čelu koji je faktički stvorio drugi front u Evropi.

 

Aktuelna vlast gotovo sa prezirom pokušava da sakrije istinu o slavnoj i herojskoj antifašističkoj borbi koju su predvodili komunisti i kojoj se divio ceo svet. Ona na sve načine pokušava da antifašistički otpor prikaže kao uzaludno žrtvovanje i rehabilituje snage koje su sramno izgubile rat.  Pokušava se prikriti istorijska činjenica da su jedini pravi patrioti, u toku Drugog svetskog rata, na ovim prostorima bili komunisti koji su se stavili na čelo oslobodilačkog pokreta i naroda koji nije želeo da se preda drskom i surovom nacističkom okupatoru.

 

Mi se spravom ponosimo herojskim otporom koji su naši narodi predvođeni KPJ iskazali  u borbi sa neprijateljem. Vaspitavajući se na slobodarskim i borbenim tradicijama NOR-a i socijalističke revolucije, mi ćemo kao i do sada nepokolebljivo štititi i razvijati vrednosti koje su uz ogromne žrtve, stvarale generacije naših slavnih predaha.

 

Iskreni antifašisti nikada neće zaboraviti istorijsku činjenicu da su našu zemlju oslobodili partizani predvođeni komunistima uz nesebičnu bratsku pomoć Crvene Armije, vojske Prve zemlje socijalizma, slavnog Saveza Sovjetskih Socijalističkih Republika. Nikada neće, svi iskreni antifašisti i rodoljubi, zaboraviti i to da je oslobobodilačka borba bila istovremeno i socijalistička revolucija koja je uspešno trijumfovala i nakon koje je izgrađeno pravednije drušvo i bolja budućnost.

 

Nikada ne smemo zaboraviti pale borce za oslobođenje i moramo slediti njihov herojski primer kako se treba boriti protiv okupatora i tiranije. Razlog više je taj što se fašizam u raznim svojim oblicima povampirio i danas i pokušava da zatre sve što je progesivno i humano. Međutim, fašizam je već jednom poražen, najviše zahvaljujući komunistima i SSSR,a porazićemo ga opet na isti način na koji su to uradili naši očevi i dedovi.

 
Sekretarijat SKOJ-a
9. maj 2008. god.


Riceviamo e volentieri segnaliamo:
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MEDITERRANEO FOLK CLUB
Laboratorio di studio e di ricerca sulle culture popolari- Via delle
Mura, 2 -34121 TRIESTE
Sito WEB: http://www.medfolk.it
Contatti: medfolkclub @...; rorire @...
Per informazioni:
-Rosalia: 339/6991301
-Sara: 329/7760473
-Roberta: 347/8360648

SEMINARI DI DANZE BALCANICHE
condotti dal Docente GORAN Mihajlovic
Ogni due sabati, dalle ore 20.00 alle 22.00.
Prossimi appuntamenti: 10 e 24 maggio 2008
TRIESTE -Palestra Liceo “Dante Alighieri”
via Giustiniano 7

Goran Mihajlovi´c è nato a Pozarevac (Est-Serbia) nel 1969 e vive a
Trieste. Da anni insegna le danze tradizionali della Serbia e di
tutta la Penisola Balcanica. Svolge anche dei Seminari in altre
Regioni d´Italia e ha tenuto dei corsi al Festival di
"Zingaria" (evento che si svolge regolarmente in alcune località
della Puglia da molti anni). Nella sua città d´origine -già dall´età
di 10 anni- fa parte del "Centro di Cultura", dove svolge attività
musicale (suonando alcuni strumenti tradizionali tra cui il darabuka
e il go´c) e un´intensa attività di danzatore. Il gruppo di danza
della città di Pozarevac del quale Goran è membro ("The Town
Ensemble") è molto rappresentativo per la cultura musicale serba e
spesso è chiamato a esibirsi in Festival e manifestazioni che si
svolgono in tutta Europa. Per la sua ricca esperienza, Goran può
essere considerato un custode e un autentico portatore del folklore
serbo e un conoscitore della tradizione balcanica in genere.

(slovenscina / italiano)


* Predstavitev 15. številke zgodovinske revije ZAPRUDER v Trstu - presentazione del n° 15 di Zapruder a Trieste

* Il sommario del numero 15



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From:   promemoriats @...
Subject: Predstavitev 15. številke zgodovinske revije ZAPRUDER v Trstu - presentazione del n° 15 di Zapruder 
Date: May 6, 2008 10:06:28 PM GMT+02:00


Predstavitev 15. številke zgodovinske revije ZAPRUDER v Trstu

CONFINI SENZA FINE. FRONTIERE TRA ALPI E ADRIATICO (NEOMEJENE MEJE. RAZMEJITVE MED ALPAMI IN JADRANSKIM MORJEM)

 

V času svobodnega pretoka blaga in kapitalov je svobodno premikanje človeškega blaga ovirano in se ne gradijo le “male domovine”, kot tiste, ki so nastale iz razpada bivše Jugoslavije, ampak predvsem velike trdnjave, kot je Schengenska Evropa, ki jo prav tako pretresajo nacionalizmi in lokalizmi.

Da je po koncu bivše Jugoslavije oživel italijanski revanšizem napram Slovenije in Hrvaške, še posebej s proglasitvijo t.i. “Dneva spomina na fojbe in eksodus”, ki ga je italijanski parlament skoraj soglasno izglasoval marca leta 2004, je le navidezno protislovje. S preoblikovanjem meja združene Evrope, v katero je bila sprejeta Slovenija, a zaenkrat ne Hrvaška, prihajajo na površje protislovja in nasprotja interesov, ki jih Italija skuša rešiti sebi v prid. S poglobitvijo najbolj spornih dogodkov na italijanski vzhodni meji se v tej številki revije lotevamo kočljivih vozlov tega vprašanja.

 

V Trstu bomo 15. številko revije predstavili v soboto 10. maja 2008 ob 17:00 uri v knjigarni-baru KNULP, ul. Madonna del Mare 7/a.

 

Sodelovali bodo:

člana uredniškega odbora revije Mario Coglitore in Gino Candreva (ki je tudi uredil zadnjo številko);

Claudia Cernigoi, zgodovinarka, urednica lista Nuova Alabarda  ter avtorica številnih tekstov o “fojbah”;

Boris Gombač, zgodovinar, bivši ravnatelj Narodnega Muzeja v Ljubljani in bivši član mešane italijansko-slovenske kulturno-zgodovinske komisije;

Franco Ceccotti, zgodovinar Inštituta za zgodovino osvobodilnega gibanja iz Trsta;

Giacomo Scotti, zgodovinar, avtor štervilnih zgodovinskih in literarnih tekstov, raziskovalec vprašanj vzhodne meje;

Sandi Volk, zgodovinar, raziskovalec Odseka za zgodovino Narodne in študijske knjižnice v Trstu, autor številnih tekstov o  povojnem “eksodusu” iz Istre.

 

PRESENTAZIONE A TRIESTE  DEL VOLUME:

ZAPRUDER N. 15 - CONFINI SENZA FINE. FRONTIERE TRA ALPI E ADRIATICO

Nell'epoca della libera circolazione delle merci  e dei capitali, la libera circolazione della merce umana è ostacolata e si costruiscono non solo "piccole patrie", come quelle emerse dalla disgregazione dell'ex Jugoslavia, ma soprattutto grandi fortezze, come l'Europa di Schengen, anch'essa percorsa da nazionalismi e localismi.
E' solo apparentemente paradossale che dopo la fine dell'ex Jugoslavia sia rinato il revanscismo italiano nei confronti di Slovenia e Croazia, in particolare con l'istituzione della cosiddetta "giornata del ricordo" votata da tutto il Parlamento nel marzo 2004. La ridefinizione dei confini dell'Europa unita, nella quale è stata ammessa la Slovenia ma, per ora, non la Croazia, delinea interessi contrastanti e contraddittori, che l'Italia cerca di sciogliere a suo vantaggio. Affrontiamo in questo numero, con uno  zoom centrato sulle vicende più controverse del confine orientale italiano, gli spinosi nodi della questione.

A Trieste la presentazione avverrà presso la Libreria Knulp, Via Madonna del Mare 7/a, il 10 maggio 2008 alle ore 17:00

Interverranno
per Zapruder; Mario Coglitore e Gino Candreva (curatore del numero);
Claudia Cernigoi, storica triestina, direttrice della /Nuova Alabarda/ e autrice di vari testi sulle foibe;
Boris Gombac, storico, ex direttore del museo nazionale sloveno di Lubiana e membro della commissione mista italo-slovena;
Franco Cecotti, storico dell'Istituto per la storia del movimento di Lioberazione nel Friuli-Venezia Giulia di Trieste;
Giacomo Scotti, storico, autore di vari testi di carattere storico e letterario, studioso delle problematiche del confine orientale;
Sandi Volk, storico, ricercatore della Biblioteca nazionale slovena di Trieste, autore di vari testi sull'esodo del dopoguerra.


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ZAPRUDER N. 15 - CONFINI SENZA FINE. FRONTIERE TRA ALPI E ADRIATICO
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è in distribuzione il quindicesimo numero del quadrimestrale ´Zapruder. Rivista di storia della conflittualità socialeª (gennaio - aprile 2008).
Oltre che tramite abbonamento, la rivista (160 pagine, 10 euro) è reperibile nelle principali librerie. Il tema della parte monografica è "Confini senza fine. Frontiere tra Alpi e Adriatico ".

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SOMMARIO
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EDITORIALE

Gino Candreva e Lidia Martin, Il tempo dei confini, confini senza tempo

ZOOM - Confini senza fine. Frontiere tra Alpi e Adriatico (articoli e Dietro le quinte)

Sandi Volk, Italiani tra due rive. Movimenti di popolazione in terra giuliano-dalmata
Claudia Cernigoi, Il pozzo artificiale. La questione foibe tra ricerca e uso politico
Boris Gombac, La patria cercata. La rinascita della coscienza nazionale degli slavi del sud

LE IMMAGINI

Cristiana Pipitone, Scatto d'ira. Le immagini del fondo De Henriquez

SCHEGGE

Simona Mammana, Trascendere il limite. La battaglia di Lepanto e il confine turco
Franco Cecotti, Cartografie variabili. I confini orientali d'Italia tra Ottocento e Novecento
Henry Sivak, Lo stato coloniale. Diritto, governo e regime dell'indigenato in Algeria

IN CANTIERE

Ivan Crippa, Il Pcd'I, la questione nazionale e il confine orientale (1921-1940)

VOCI

Giacomo Scotti, I confini del ricordo. Intervista su una scelta di vita (a cura di Mario Coglitore)

ALTRE NARRAZIONI

Valentina Kastlunger, Ritratto di famiglia. Intervista su Sensacuor (a cura di Valentina Picariello)

LA STORIA AL LAVORO

Livio Oddi, La revisione della 500. L'Italia nello spot della Fiat

STORIE DI CLASSE

Guido Carpi e Giuseppina Larocca, Plasmare la storia patria. La manualistica russa dalla Rivoluzione d'ottobre all'epoca post sovietica

INTERVENTI

Collettivo femminista Maistat@zitt@, Topo Seveso. Produzioni di morte, nocività e difesa ipocrita della vita
Predrag Matvejevic, Frontiere e confini
Bruno Villavecchia, Danilo Dolci: cento passi nel mondo

RECENSIONI

Vincenza Perilli (Elsa Dorlin, La matrice de la race); Paolo Raspadori (Andrea Sangiovanni, Tute blu); Gino Candreva (Rino Zecchini, Oltre la cortina di bambù); Carlo Maria Pellizzi (Silvano Ceccoli, Il ritorno di Sendero Luminoso); Giulia Quaggio (Adagio-Botti, Storia della Spagna democratica); Giovanni Scirocco (Andrea Panaccione, Il 1956)

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NUMERI FINORA PUBBLICATI:
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1. Piazze e conflittualità

2. Clio e Marte. La guerra tra storia e memoria

3. I mestieri del vivere

4. Identità in gioco. Sport e società in età contemporanea

5. Relazioni pericolose. Donne, uomini, generi

6. Frontiere della scienza. Usi e politiche della medicina

7. 007: rapporti riservati. Spionaggio e polizia politica

8. L'impero colpisce ancora. Dinamiche coloniali e post-coloniali

9. Moti di fame. Risorse, carestie, rivolte

10. Scritture fratricide. Immagini, storie e memorie delle guerre civili

11. Municipalismi e resistenze

12. Accordi e conflitti. Musica, società e politica in età contemporanea

13. Donne di mondo. Percorsi transnazionali dei femminismi

14. Percorsi di welfare


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ZAPRUDER
Storie in movimento. Rivista di storia della conflittualità sociale
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Redazione ´Zapruderª (numeri 13-15):
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Marco Adorni, Margherita Becchetti, Andrea Brazzoduro, Eros Francescangeli, William Gambetta, Paola Ghione, Lidia Martin, Cristiana Pipitone, Marco Scavino, Giulietta Stefani, Andrea Tappi.

Coordinatore di redazione: Eros Francescangeli.

Comitato di coordinamento di Storie in movimento (2008):
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Carla Pagliero, Elena Petricola, Vanessa Roghi e Andrea Tappi.


DIVERSAMENTE DA QUANTO COMUNICATO IN UN PRIMO MOMENTO, NELLA DICHIARAZIONE
DEI REDDITI 2008 (REDDITI 2007) NON È ANCORA POSSIBILE INDICARE IL CNJ ONLUS COME
BENEFICIARIO DEL "5 PER MILLE".

SIAMO MORTIFICATI PER QUESTO DISGUIDO, DOVUTO AD UN INCONVENIENTE DI NATURA
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Aspetti dell'epopea della Resistenza in Jugoslavia

1) I partigiani italiani in Jugoslavia: 40mila combattenti, nessuno li ricorda (G. Scotti)

2) Anniversario della Battaglia della Neretva


=== 1 ===

IL MANIFESTO
27 APRILE 2008


Il contributo più alto: 40.000 combattenti e 20.000 caduti. Questa fu la Resistenza all'estero, nella sola Jugoslavia, dei soldati italiani passati dopo l'8 settembre nelle file dei partigiani di Tito

I partigiani all'estero

Pagine dimenticate 
Tra le tante migliaia di partigiani italiani molti operai, contadini, ufficiali, medici, e perfino aviatori. Ma nessuno li ricorda

GIACOMO SCOTTI

Giovedì scorso a Trieste duecento nazifascisti del gruppo Gud (gruppo unione difesa) di Trieste edel Fronte veneto degli skineads, hanno celebrato davanti al monumento alla foiba di Basovizza, la loro giornata contro il 25 aprile, con tanto di ripetuti saluti romani, nelle stesse ore in cui gli antifascisti e le autorità celebravano l'anniversario alla Risiera di di San Sabba, l'unico campo di sterminio nazista in italia con annesso forno crematorio. E in mattinata nell'Hotel Milano convegno sui «crimini dei vincitori». Il 25 aprile del 2007 sempre a TRieste apparve sui muri un manifesto che recitava: «25 aprile: l'Italia è l'unico Stato al mondo che celebra una sconfitta», mentre 300 naziskin in camicia nera e con saluto romano sfilavano gridando che il 25 aprile «è la festa degli infoibatori». Altrove e in Italia vengono ricordati gli episodi di resistenza di alcune unità dell'esercito italiano a Cefalonia, in Francia e in Albania.
Ma sempre si continua a tacere sul contributo più alto dato dagli italiani alla Resistenza all'estero, quello di oltre 40.000 soldati unitisi ai partigiani in Jugoslavia. Eppure, almeno la memoria di questa partecipazione potrebbe rispondere ai tanti, troppi revisionismi e all'odio antislavo che l'estremismo fascista continua ad alimentare. Un contributo documentato in una serie di libri scritti da Stefano Gestro, Alfonso Bartolini, Gabrio Lombardi e da alcuni altri protagonisti e storici. Ricordo anche un convegno, svoltosi a Lucca nel novembre del 1980 che fruttò un denso volume di rievocazioni e saggi su Il contributo italiano alla resistenza in Jugoslavia pubblicato nel 1981 con una prefazione dell'allora Presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini. Riferendosi a un mio intervento al convegno, Pertini scrisse: «Ha perfettamente ragione Giacomo Scotti quando sostiene nella sua relazione che la nascita del nuovo esercito italiano inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale deve essere anticipata alcuni mesi prima della storica battaglia per la conquista del Monte Lungo a Cassino».
Proposi allora e ripropongo oggi di anticipare la data al 9 ottobre 1943, giorno in cui la Divisione di fanteria da montagna «Venezia» passò al completo e con tutte le armi nel II Korpus dell'Eplj. Dopo essere stata decimata in sanguinosi scontri con i tedeschi nel fallito tentativo di raggiungere la costa adriatica, si unì ai partigiani di Tito con i suoi reparti superstiti anche la Divisione alpina «Taurinense». Insieme diedero vita alla Divisione Partigiana Italiana «Garibaldi», che rientrerà in patria con poco più di cinquemila uomini, quasi tutti insigniti di Medaglie al Valore della Resistenza jugoslava.

Sui fronti, dappertutto

Con 20.000 caduti gli italiani riscattarono l'onore del loro paese, infangato dal fascismo con l'aggressione dell'aprile 1941 e con la terribile occupazione protrattasi fino al settembre 1943. Sacrificarono ventimila vite, la metà circa dei combattenti per la liberazione dei popoli della Slavia meridionale. Infatti, la Divisione «Garibaldi», che operò in Montenegro e in Bosnia, non fu l'unica a combattere sotto la bandiera italiana con la stella rossa contro il nazifascismo in quel paese. Gli italiani partigiani formarono compagnie, battaglioni, brigate ed altre divisioni in Croazia, in Slovenia, in Dalmazia e in Istria: la Divisione partigiana «Italia» operò dalla Bosnia alla Serbia e poi in Croazia fino alla liberazione di Zagabria; la Divisione partigiana «Garibaldi-Natisone» operò in Slovenia dove combatterono pure le brigate autonome «Triestina d'Assalto» e «Fratelli Fontanot»; un battaglione «Mameli» operò nel retroterra di Zara, nella II Brigata della Krajina (Croazia) fu costituito il Quinto battaglione italiano al comando del tenente Domenico Flores, siciliano; nella III Brigata dalmata (poi nella IV Brigata di Spalato) operò il battaglione italiano «Ercole Ercoli»; varie compagnie italiane furono inserite nella V e nella IV Brigata della Krajina bosniaca; una compagnia «Garibaldi» divenne il secondo nucleo della Prima Brigata partigiana macedone-kosovara combattendo nel Kosovo e in Macedonia. Troviamo poi un gruppo di artiglieria composto da più di 300 italiani nella XIII Divisione croata del Litorale croato e Gorski Kotar; un altro battaglione italiano fa parte della XIII Brigata d'assalto della 29ma Divisione dell'Erzegovina; un battaglione «Garibaldi» forte di 800 uomini, formato da soldati dei disciolti reparti di Guardie alla Frontiera, combatte per alcuni mesi alle spalle di Fiume prima di venir sbaragliato dai tedeschi ed i superstiti vengono accolti in diverse formazioni slovene e croate.

D'oltremare e del cielo

E ancora: in Istria operano i battaglioni «Giovanni Zol» ed «Alma Vivoda» anch'essi poi decimati nei primi mesi successivi all'8 settembre 1943, ed il battaglione «Pino Budicin» che opera fino alla fine della guerra in Istria, nel Gorski Kotar e altrove. Nelle formazioni croate dell'Istria, Prima, Seconda e Terza brigata della 43ma divisione, militarono altri tremila italiani singolarmente, a gruppi e plotoni, gli italiani erano peraltro sparsi in quasi tutte le formazioni partigiane jugoslave, dalla sponda dell'Adriatico fino alla Vojvodina.
Un posto speciale occupa una formazione di combattenti che varcarono spontaneamente l'Adriatico per unirsi ai partigiani jugoslavi. Giunsero e combatterono nel periodo marzo 1944-aprile 1945 dalle regioni meridionali della Penisola, arruolandosi nelle Brigate d'Oltremare costituitesi in Puglia con l'adesione di ex detenuti politici e di ex deportati dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia. Insieme a circa 30.000 sloveni e croati cittadini italiani, si arruolarono alcune migliaia di italiani «regnicoli». Ci fu un battaglione, «Antonio Gramsci» forte di 800 uomini, composto esclusivamente da volontari affluiti da Sicilia, Puglia, Calabria e da altre regioni dell'Italia meridionale.
Nelle formazioni di Tito militarono antifascisti d'ogni regione d'Italia, umili contadini, operai e professori universitari, medici e cappellani, antifascisti di vecchia data e giovanissimi, donne perfino. Particolarmente folta fu la schiera degli ufficiali medici militari passati nelle file partigiane: una quarantina di tutte le regioni italiane, ad essi vanno aggiunti sette medici, sempre italiani, arrivati volontariamente della Svizzera, fra essi il chirurgo Ennio Canevascini, altri tre giunsero sempre volontariamente dall'Italia meridionale: il mantovano Mario Viosioli, il fiorentino Ferruccio Ciappi e il ferrarese Osvaldo Toni, aviolanciati a Berane in Montenegro. Vanno ancora ricordati alcuni medici che sacrificarono la vita combattendo in Jugoslavia come il colonnnello Antonio Leccese napoletano, il capitano Sergio Chiodi di Ferrara, il tenente Bruno Di Staso bolognese e i capitani Pasquale Scibelli, Puerari e Guidi. C'erano pure due fanfare militari, composte da musicisti italiani, una nella II Brigata d'assalto dalmata e un'altra nella 50ma Divisione serba. Quattro piloti italiani si arruolarono nell'Aviazione partigiana jugoslava che ebbe in tutto una ventina di piloti: Ciro Vrabich, Mario Semoli di Monfalcone, Leonida Braga di Milano e Luigi Rugi di Zara. Quest'ultimo fu l'ultimo caduto fra i «partigiani del cielo». Non dobbiamo dimenticarli. Le loro storie parlano all'oggi.


28 ottobre 1944

Centinaia di giovani combattenti italiani parteciparono alla liberazione di Belgrado

Così il colonnello partigiano Jovan Vujosevic descrisse il ruolo degli italiani: «Gli infaticabili garibaldini giunsero a metà ottobre alle falde del monte Avala, alla periferia della capitale... Erano circa cinquecento i combattenti antifascisti italiani... Poco prima di giungere davanti a Belgrado osservavo la colonna in marcia: per le loro qualità morali e combattive, per armamento e ritmo nella marcia, per l'entusiasmo erano combattenti degni d'ammirazione. I battaglioni italiani si aprirono la strada combattendo dall'Avala all'Autocentro, dalla piazza Slavija alla via Kralj Milan, dalla via Cetinjeska alla Casa del soldato. Il battaglione Garibaldi operò sul centro e il Matteotti verso la vecchia centrale elettrica. Dopo due giorni di battaglie di strada i compagni italiani avevano già strappato importanti posizioni ai tedeschi... Via via che si occupavano le parti della città, altri volontari si univano ai due battaglioni: erano italiani che si liberavano dalla prigionia dei tedeschi e anche alcuni che, aiutati dai belgradesi, si erano per mesi nascosti in attesa di quel momento... I compagni italiani tennero testa per giorni al violento fuoco nemico. Lo fecero nell'edificio del Teatro Nazionale e in tante altre posizioni respingendo ogni controffensiva...»


=== 2 ===

Anniversario della Battaglia della Neretva


La Battaglia del fiume Neretva, nota nel mondo anche attraverso il noto film che l'ha immortalata, fu certo la più significativa tra quelle svoltesi nelle terre della Jugoslavia nel corso della II Guerra Mondiale, sia per lo scopo specifico - si trattava di salvare alcune migliaia di feriti - sia per il significato militare-strategico nell'ambito della Lotta popolare per la liberazione della Jugoslavia.

L'anniversario della Battaglia della Neretva è stato celebrato anche quest'anno in quei luoghi, presso Konjic in Bosnia-Erzegovina. Si è iniziato con la visita al Museo della battaglia per i feriti, con la deposizione dei fiori sul monumento in memoria e con il lancio dei fiori nel fiume dal ponte a Jablanica. Il componente della Presidenza della Bosnia-Erzegovina, Željko Komšić, che era presente, ha dichiarato che in questo periodo sono sempre di più "presenti la minimizzazione e denigrazione del significato della Lotta popolare per la liberazione, che fu un movimento onesto ed eroico, cui parteciparono tutti i popoli del precedente Stato unitario. Si possono anche trarre alcuni parallelismi con il conflitto che purtroppo ha avuto luogo nella nostra storia recente. Questo ultimo conflitto ha nuovamente fatto emergere i fascisti locali che hanno commesso crimini atroci, crimini di guerra e genocidio", ha detto Komšić. "Nelle posizioni importanti dello Stato si sono insediati, o lo erano, personaggi fieri della loro origine di četnitzi o ustascia e delle loro ideologie...", ha detto Komšić. 

(fonte: Agenzia Beta, 26 Aprile 2008. Adattamento a cura di DK a AM)

Il Museo locale (Muzej "Bitka na Neretvi") a Jablanica ha programmato che dal novembre di quest'anno sarà preparata una presentazione stabile della "Battaglia sulla Neretva". Si spera inoltre di poter riposizionare il leggendario ponte che è stato portato via dall'acqua alta nel 1991, continuando così con il programma del Museo, che fu interrotto per lo scoppio della guerra in Bosnia.



A margine di queste cronache, e ad illustrare chiaramente il senso delle parole di Željko Komšić sui "parallelismi" che si possono fare con il conflitto più recente, riportiamo quanto segue:
Gli spettatori della TV di Stato della BiH hanno potuto vedere un reportage con un'intervista a un ex-partigiano, combattente alla Neretva, che ha detto più o meno: "In questa battaglia abbiamo, una volta per sempre, sconfitto i cetnitzi." STOP. Nessun'altra intervista, nessuna articolazione del discorso per spiegare che, oltre ai cetnitzi, i nemici erano i nazifascisti occupanti (italiani e tedeschi) e i collaborazionisti locali, quindi anche croati e bosniaco-musulmani...
Il messaggio che la TV statale - bosniaco-musulmana e sotto controllo occidentale - ha voluto veicolare è che, oggi come oggi, i "cetnitzi", cioè i serbi, sono l'unico problema da sconfiggere. (a cura del CNJ)




BUON PRIMO MAGGIO ! 
L'augurio ci viene, tra l'altro, dall'organizzazione giovanile comunista SKOJ (NKPJ):


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PRVOMAJSKI PROGLAS SAVEZA KOMUNISTIČKE OMLADINE JUGOSLAVIJE

Radničkoj klasi, inteligenciji, poljoprivrednicima, penzionerima, ženama, studentima, učenicima, srdačno čestitamo Prvi maj - dan međunarodne solidarnosti trudbenika sveta!

Prvi maj 2008. radnička klasa Srbije dočekuje u veoma teškim i sudbonosnim okolnostima.

Rasprodata je u bescenje stranom i domaćem kapitalu gotovo celokupna privreda koju su krvlju i znojem decenijama gradili naši preci i mi sami. Na doboš se prodaju naša prirodna bogatstva. Ogromna većina stanovništva pretvara se u faktičke najamne radnike i bezemljaše stranih i domaćih kapitalista. Oko 40 hiljada firmi je u stečaju. Preko 50 odsto radno sposobnog stanovništva ne radi. Zatvoreno je više od 60 odsto industrijskih i rudarskih kapaciteta. Novopečeni tajkuni koji gule kožu sa leđa svojih zaposlenih radnike i radnice nazivaju “lenjim”. Vlade se smenjuju na vlasti ali svaka od njih sprovodi neoliberalni koncept koji radničku klasu u Srbiji čini još siromašnijom. Multinacionalne kompanije ne grade nove proizvodne kapacitete već koriste postojeće pokušavajući da ih što više eksploatišu a zaposlenima da daju što manje plate. Neoliberalni političari cinično demagoški poručuju da je loše plaćen posao bolji od nemanja posla. Isti ti neoliberalni političari imaju stotine hiljada i milione evra na svojim računima. Štite interese pljačkaškog stranog i domaćeg kapitala. Kompanije koje su još uvek u državnom vlasništvu sistematski se uništavaju i ništa se ne radi na njihovoj modernizaciji kako bi bile predate u ruke stranog ili domaćeg kapitala za što manje pare. Za sistematsko pljačkanje državne i društvene imovine pojedinci uzimaju procenat dok radnička klasa gladuje i Nastavlja se vrtoglavo zaduživanje zemlje u inostranstvu. Danas državni dug prevazilazi 20 milijardi dolara, što iznosi oko 75 odsto nacionalnog dohotka. Uništene su domaće banke.

Primena Bolonjske deklaracije razorila je naš školski sistem.

Sistematski se uništavaju društvena poljoprivredna gazdinstva, seoske zadruge i mali seoski posedi. Stvaraju se ogromne poljoprivredne latifundije od više desetina hiljada hektara, na kojima novopečeni zemljoposednici pretvaraju seljake u svoje najamne radnike.

Gotovo sva informativna sredstva su direktno ili indirektno u rukama stranog kapitala. Nameće nam se kolonijalna «kultura».

Glavni neprijatelji radničke klase danas su strani i domaći kapitalisti koji uz pomoć sebi naklonjenih političara svim silama nastoje da razbiju jedinstvo proletarijata Srbije kako bi ga pretvorili u jeftinu najamnu radnu snagu. Naša snaga leži u našoj brojnosti i spremnosti da se suprotstavimo nepravdi. Ako je radnička klasa ujedinjena i solidarna nikada je njeni neprijatelji neće uspeti razjediniti i posvađati.


PROLETERI SVIH ZEMALJA UJEDINITE SE!

ŽIVEO 1. MAJ PRAZNIK TRUDBENIKA SVETA!



Sulla giornata del 25 Aprile a Firenze si veda:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6003

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Il testo del saluto di Vladimir Kapuralin
responsabile relazioni internazionali del Partito Socialista Operaio
della Croazia:

Oggi, mentre festeggiamo l’Anniversario della Liberazione, unitamente
alla fine di una terribile guerra, dobbiamo ricordare con rispetto
tutti quelli che lottando hanno dato la propria vita, ma anche tutte
le vittime civili del terrore nazifascista. Inoltre dobbiamo
esprimere un ringraziamento a tutti i sopravvissuti che hanno
combattuto contro quelli che hanno voluto imporre il cosiddetto Nuovo
Ordine Mondiale.
Dopo ogni grande guerra la gente crede ingenuamente che la
distruzione e l’orrore che la guerra ha lasciato dietro a se
rimarranno di monito e stimolo sufficiente alla coscienza, perche’
niente di tanto irrazionale possa mai più ripetersi.
Purtroppo questo non si e’ mai avverato, nemmeno dopo la terribile
Seconda Guerra Mondiale. E non si avvererà mai, fintantoche’ vivremo
in una societa divisa in classi. Perche’ la guerra e’ il disegno
della societa’ dominante contro la classe sfruttata.
Oltre al fatto che il genere umano non ha tratto nessun insegnamento
finora dagli scontri bellici, questi scontri sono diventati ormai
sempre piu’ cruenti, mentre il numero delle perdite civili a
confronto con quelle militari è sempre crescente.
Non posso in questa sede citare esempi relativi a tutto il mondo. Ma
la guerra nei Balcani, cioe’ la barbara aggressione degli USA e della
NATO contro la Jugoslavia, nella primavera del 1999, dimostra tutta
la crudelta’ di un metodo usato nella conduzione della guerra. Lo
ripeto: una guerra condotta per il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale.
È stata questa guerra una tra le piu’ impari condotte nella nuova era
dell’umanita’. Il rapporto tra la popolazione della Repubblica
Federale di Jugoslavia e quella dei paesi della NATO era di 1 a 70.
Con l’aggressione sono stati calpestati i principi fondamentali del
sistema giuridico di ogni Stato, ed i principi su cui si basa il
Diritto internazionale, come anche la Carta delle Nazioni Unite.
Concretamente, e’ stato violato il documento di Helsinki, la
Convenzione di Ginevra, ed altri principi dell’Atto conclusivo sulla
sicurezza e la cooperazione in Europa, come anche l’Accordo
costitutivo della NATO, il quale definisce questa alleanza
“un’alleanza di difesa” che si attiva soltanto per la difesa dei
paesi membri.
Gli obiettivi dell’attacco, durato 78 giorni, sono stati non soltanto
militari ma anche, e molti di piu’, quelli civili. Sono state
bombardate scuole, ospedali, mercati, ponti. Sono morti circa in
3500, per lo piu’ civili. Durante i bombardamenti e’ stata distrutta
pesantemente l’infrastruttura economica, come anche le istituzioni
sanitarie, dell’educazione, case editrici, TV, molti monumenti e
tesori culturali. Il danno materiale si aggira sui 100 miliardi di
dollari. Le perdite militari sono state irrisorie - 13 carri armati
distrutti nel Kosovo-Metohija e un centinaio di soldati.
L’atto piu’ criminale in questa aggressione e’ stato l’uso
dell’uranio impoverito, che ha contaminato il suolo e sta
distruggendo a lungo termine la salute della gente. Testimonianza
della vera pericolosità di queste azioni sono le digrazie vissute dai
soldati dell’aggressore che sono stati a contatto con manufatti
contaminati.
L’assurdita’ del punto d'approdo della civilizzazione del XXI Secolo
e’ che quelli che si riempiono la bocca di liberta’, democrazia,
diritti civili e cosi’ via, danno vita e partecipano a simili
aggressioni in tutto il mondo. E le popolazioni che si oppongono,
sovente vengono brutalmente attaccate. E come potete constatare,
anche qui a Firenze vengono condannati a 7 anni di carcere, 13
coraggiosi giovani compagni perche’ hanno protestato contro
l’aggressione alla Jugoslavia nel 1999.
Ma non si e’ protestato soltanto a Firenze. Tutta l’Italia si e’
sollevata. Decine di migliaia di persone protestavano
quotidianamente. Le piu’ grandi manifestazioni sono state ad Aviano,
da dove gli aggressori partivano per questa barbara aggressione. Ho
avuto l’onore di partecipare personalmente due volte alle
manifestazione di Aviano, su invito dei compagni di Rifondazione di
Trieste. La prima volta era il 17 aprile 1999. Sono stato
piacevolmente sorpreso dell’ottima organizzazione e della grande
partecipazione di manifestanti. La seconda volta sono stato con l'ora
defunto Stipe Suvar, fondatore e primo presidente del Partito
Socialista Operaio di Croazia, il quale e’ stato l’unico presidente
di uno dei 90 partiti allora in Croazia, e sicuramente anche di tutto
il territorio della Jugoslavia, ad essere presente. In nome di
questo, da questo luogo, voglio ringraziare tutte le realtà italiane,
ma anche non italiane, di qualunque appartenenza politica esse siano,
per l’organizzazione e la partecipazione a queste manifestazioni.
I crimini commessi dagli USA e dalla NATO contro la Jugoslavia, sono
la continuazione di crimini analoghi commessi al servizio dell’
imperialismo, ed essi continuano tutt’oggi in Afganistan, in Irak e
altrove. Ed essi continueranno anche in futuro, fintantoche’, ripeto,
vivremo in una societa’ divisa in classi.
Percio’ la lotta per la pace mondiale va intesa come lotta contro lo
sfruttamento dell’uomo sull'uomo, per un mondo migliore e piu’
giusto, nel quale i produttori liberi saranno padroni del proprio
destino.
In altre parole il futuro del mondo e’ il socialismo, oppure la
barbarie.

Firenze, 25 aprile 2008

Vladimir Kapuralin

I RAGAZZI DI SALÒ


A Basovizza 200 militanti della destra radicale

La destra radicale ha trascorso la giornata del 25 aprile ricordando
i martiri delle Foibe. Oltre duecento persone hanno partecipato alla
manifestazione che si è svolta nel primo pomeriggio a Basovizza nel
corso della quale non sono mancati i saluti romani. È stata letta la
testimonianza «di un appartenente alla Repubblica sociale condannato
a morte dagli angloamericani».
La manifestazione, partita con una «colonna tricolore» da piazza
Oberdan, è stata organizzata dal Gruppo unione difesa (Gud) che
raccoglie alcuni movimenti della destra radicale. A Basovizza sono
confluiti suoi militanti da tutto il Friuli Venezia Giulia oltre a
quelli di Fronte Veneto Skinheads.
In mattinata all’hotel Milano, Manlio Portolan, Ugo Fabbri e Fabio
Bellani, unitamente a Roberto Fifaco un italiano che vive in Istria,
si sono alternati al microfono nell’ambito di una conferenza
intitolata «I crimini dei vincitori».
Giovedì sera invece nella sede del Gruppo unione difesa, in via
Rapicio si è svolta una serata musicale «in ricordo - così
sottolineava la nota firmata da Fabio Bellani - dei caduti fascisti e
dei cuori neri caduti negli anni ’70 e ’80».

(da Il Piccolo del 26 aprile 2008)

si veda anche la foto sul nostro sito:

https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/basovizza.htm#4

sulle manifestazioni nazifasciste che regolarmente e tranquillamente
si tengono presso il pozzo di Basovizza si veda ad esempio:

https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/basovizza.htm#3