Informazione
https://www.cnj.it/solidarieta.htm
da cui si può accedere anche alle più recenti relazioni di viaggio di
"Non bombe ma solo caramelle")
From: gilberto.vlaic @ elettra.trieste.it
Subject: Relazione viaggio a Kragujevac
Date: April 12, 2008 9:22:55 PM GMT+02:00
Care amiche, cari amici,
come alcuni di voi sanno, in questo periodo ho avuto alcuni problemi di salute.
Per questo motivo vi invio con molto ritardo rispetto al solito la relazione del
nostro periodico viaggio a Kragujevac, che si e' svolto un mese fa dal 13 al 16 marzo.
Vi ricordo le seguenti due cose:
PRIMO
potete devolvere a
NON BOMBE MA SOLO CARAMELLE
il vostro 5 per mille.
E' sufficiente che scriviate il codice fiscale dell'associazione nell'apposito riquadro
nella vostra dichiarazione dei redditi
Il nostro codice fiscale e' 90019350488
SECONDO
Il prossimo viaggio a Kragujevac si svolgera' esattamente tra due mesi
nel periodo 12 15 giugno prossimi. Vi prego di versare per tempo le vostre quote!
Ricordate per favore che da gennaio scorso le banche non chiedono piu' il
codice CAB e ABI (seguito dal cc)
ma chiedono il codice IBAN
Il codice IBAN della nostra associazione e'
IT18 E089 2802 2020 1000 0021 816
Vi invio i miei piu' cordiali
anche a nome di tutti i nostri ragazzi in affido
e a nome di tutti quelli che usufruiscono dei
progetti che sono stati realizzati a Kragujevac.
Gilberto VLAIC
Non bombe ma solo caramelle ONLUS
---
RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC
Viaggio del 13-16 marzo 2008
(resoconto di viaggio a cura di Gilberto Vlaic)
Care amiche, cari amici, per la prima volta in molti anni non ho partecipato
al periodico viaggio dell'associazione a causa di una malattia.
Preparo questa relazione sulla base degli appunti e delle informazioni che
mi hanno passato le persone che vi hanno partecipato.
Per me e' stato particolarmente doloroso non poter partecipare a questo viaggio;
marzo infatti segna l'anniversario dell'inizio dei bombardamenti della NATO
(24 marzo 1999) a cui si aggiunge quest'anno la dichiarazione unilaterale
di indipendenza del Kosovo.
Questa relazione e' suddivisa in quattro parti.
1 Introduzione e siti web
2 Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri
3 Alcune informazioni generali sulla Serbia
4 Informazioni sulla fabbrica Zastava
1. Introduzione
Vi invio la relazione del viaggio svolto tre settimane fa a Kragujevac per la
consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe
ma solo Caramelle (Gruppo Zastava di Trieste e sezione del Veneto) e al
Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.
Vi ricordo il sito del coordinamento RSU, sul quale trovate tutte le notizie
sulle nostre iniziative a partire dal 1999
http://www.coordinamentorsu.it/
Trovate tutte le informazioni seguendo il link
Solidarietà con i lavoratori della Jugoslavia:
http://www.coordinamentorsu.it/guerra.htm
Il nostro sito, ancora un po' spoglio, e' all'indirizzo
www.nonbombemasolocaramelle.org
I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale
per la Jugoslavia, all'indirizzo:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages
Ricordo che molti dei progetti in corso a Kragujevac sono realizzati in
collaborazione con altre associazioni: Zastava Brescia, ABC solidarieta' e
pace di Roma, Fabio Sormanni di Milano, e Cooperazione Odontoiatrica Internazionale.
Questi sono gli indirizzi dei loro siti:
http://digilander.libero.it/zastavabrescia
http://www.abconlus.it
http://www.fabiosormanni.org
http://www.cooperazioneodontoiatrica.eu/
2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri
Giovedi' 13 marzo 2008
Il solito pullmino prestato dalla Associazione di Solidarieta' Internazionale
Triestina e' partito in orario alle 8 e 30. La delegazione era formata da Claudia,
Serena, Sergio di Trieste e da Stefano da Fiumicello. Boba di Napoli era
arrivata al mattino a Belgrado ed e' stata recuperata, un po' avventurosamente,
lungo l'autostrada che attraversa Belgrado.
La delegazione aveva 14855 euro per le 175 quote di affido da distribuire,
per la maggior parte in quote trimestrali da 75 euro o da 85 euro.
L'associazione Zastava Brescia ci aveva chiesto di distribuire per loro conto
10 quote da 350 euro ciascuna (3500 euro).
Inoltre vi erano 3000 euro da consegnare al Sindacato Samostalni della Zastava
Camion, e 4000 euro per la Scuola Tecnica di Meccanica e Trasporti.
Una decina di pacchi di regali da parte di altrettanti donatori italiani per le
famiglie di ragazzi in affido, ed alcune scatole di scarpe usate, di giocattoli
e di vestiario nuovo.
Infine pezzi di ricambio per la strumentazione dentistica entrata in funzione
negli ultimi mesi, per 4800 euro di valore.
Il viaggio si e' svolto senza alcun intoppo, con un clima quasi primaverile.
Dopo la preparazione delle buste per la consegna degli affidi e la verifica
degli appuntamenti del venerdi' e del sabato, ottima cena serba con i nostri
amici del Sindacato Samostalni.
Venerdi' 14 marzo 2008
Ore 19: visita alla scuola materna `'Nada Naumovic''
Avevamo visitato questa scuola per la prima volta a settembre 2007, quando ci
fu chiesto di contribuire al recupero del grande terreno che la circonda.
Mentre l'interno dell'asilo e' mantenuto in ottime condizioni, il giardino
necessita di un intervento molto radicale.
A dicembre avevamo consegnato a questo scopo 3000 euro, come nostro
contributo al progetto di recupero, dividendo in parti uguali questa spesa
con l'associazione Zastava Brescia; questa donazione e' adesso ricordata da
una apposita targa affissa su un muro della scuola.
In occasione di questa visita ci e' stato consegnato il preventivo analitico di tutti
i lavori da svolgere, che assommano a circa 30.000 euro; noi comunque ci
fermeremo a questa donazione. I bambini hanno preparato per la nostra delegazione
un delizioso spettacolino.
(FOTO: Due scorci del giardino)
Ore 10: incontro con i delegati sindacali della fabbrica Zastava Camion
riadattamento di locali di proprieta' del Sindacato
I lavoratori della fabbrica camion sono circa 900, di cui circa 800 iscritti al
Sindacato Samostanli, nostro interlocutore da sempre in tutti i progetti.
All'interno del recinto della fabbrica c'e' un vasto edificio a un piano (circa 400
metri quadrati) che in passato era stato utilizzato come teatro. E' in abbandono
da piu' di 15 anni. Il Sindacato a dicembre scorso ci aveva chiesto di aiutare i
lavoratori in un progetto molto ambizioso: attraverso lavoro volontario gratuito
intendono rimettere in sesto questa struttura, da utilizzarsi poi come palestra
aperta a tutti i lavoratori (e le loro famiglie) del gruppo Zastava, e non solo a quelli
della fabbrica camion. Hanno pero' necessita' che li si sostenga nell'acquisto dei
materiali.
Durante l'incontro di dicembre avevamo chiesto che ci fossero forniti i documenti
sulla proprieta' dei locali ed i preventivi esatti.
A febbraio abbiamo ricevuto tutti i documenti richiesti; la cifra necessaria
e' piuttosto bassa, viste le dimensioni del locale e lo stato di completo abbandono.
Il totale e' di 4350 euro, suddivisi in
2400 per il tetto
1300 per materiale elettrico
300 per intonaci e vernici
350 per i vetri.
Abbiamo consegnato al segretario del Sindacato 3.000 euro come anticipo,
riservandoci un secondo contributo a giugno prossimo, quando verificheremo
lo stato di avanzamento lavori.
Resta ancora da ricevere una trascrizione catastale.
(FOTO: La consegna del contributo; Esterno del locale; Due viste dell'interno al
momento attuale)
Ore 11 Visita alla Scuola Tecnica di Meccanica e Trasporti
La collaborazione con questa Scuola dura ormai da 3 anni, con grande
soddisfazione reciproca.
Abbiamo apprezzato nel tempo l'importanza dei progetti da sviluppare,
la correttezza con cui viene documentato il denaro speso ed il coinvolgimento
dei professori e degli studenti in questi progetti. La nostra visita ha coinciso
con i 154 anni dalla fondazione della Scuola la delegazione e' cosi' stata
coinvolta nei festeggiamenti.
Ricordo che il progetto che abbiamo attualmente in corso, in collaborazione
con Zastava Brescia, Associazione Sormanni di Milano e ABC Solidarieta' e Pace
di Roma prevede la realizzazione di un laboratorio polivalente per gli studenti
(musica, pittura, teatro ecc.) rimettendo a posto circa 500 metri quadrati di una
vecchia officina meccanica non piu' utilizzata da molti anni. Avevamo visitato
questi locali per la prima volta a marzo 2007, e versato un nostro primo contributo
a giugno 2007. In questo viaggio abbiamo versato ulteriori 4000 euro, portando
cosi' il contributo fino ad ora versato a 15.000 euro.
(FOTO: Scorcio dei locali a marzo 2007; Lavori in corso a settembre 2007;
Lavori in corso a marzo 2008)
Come vedete dalle foto molto e' stato gia' fatto, ma molto resta da fare.
Sono stati sgomberati i vecchi macchinari presenti, rifatto l'impianto elettrico,
eseguiti i lavori edili necessari, fatte le tramezzature e la tinteggiatura.
Manca ancora l'intervento sul pavimento e poi bisognera' pensare agli arredi.
Abbiamo sottoposto alla Regione Friuli Venezia Giulia un progetto di
cofinanziamento del valore complessivo di 30.000 euro sui fondi della
Regione per la cooperazione internazionale; se sara' approvato la Regione
concedera' 18.000 euro, mentre gli altri 12.000 dovranno essere finanziati
dalle associazioni partecipanti, in parte come lavoro valorizzato ed in parte in denaro.
In questa scuola e' attivo anche un progetto di odontoiatria sociale; insieme
alla Cooperazione Odontoiatrica Internazionale abbiamo realizzato un
laboratorio dentistico che, malgrado le difficolta' di sdoganamento che
abbiamo incontrato (abbiamo comunque ancora una autoclave ferma in
dogana da settembre scorso), ha iniziato a operare a fine gennaio; il personale
lavora su due turni ed e' distaccato presso la Scuola dal servizio odontoiatrico
del Policlinico di Kragujevac.
Ore 16: Visita al Centro per giovani invalidi
Forse ricorderete che nel 2006 avevamo finanziato con 5250 euro la ristrutturazione
di un locale di proprieta' pubblica di poco meno di 100 metri quadrati in pieno
centro citta' (Via Knez Mihajlo 39) con l'intento di realizzare un centro per
ragazzi autistici. Il denaro proveniva, oltre che da noi, dall'associazione Zastava
Brescia, dalla ONLUS romana ABC solidarieta' e pace e dal Comune di San Giorgio
di Nogaro.
La collocazione del locale a bordo strada, senza quindi una adeguata zona di
rispetto, aveva impedito l'utiizzo di questo locale da parte dei ragazzi autistici.
L'assessore alle politiche sociali del Comune di Kragujevac Slavica Saveljic aveva
proposto alcuni mesi fa di farne un centro per gli invalidi della citta'. Il Comune
ha ricevuto in dono da altre associazioni 5 computers e i mobili per l'arredamento;
il Centro sta funzionando a pieno ritmo. Ci auguriamo che abbia lo stesso successo
del centro 21 ottobre per ragazzi Down che abbiamo inaugurato tre anni fa.
(FOTO: L'esterno del centro e la targa che ricorda il contributo delle nostre
associazioni; Due scorci all'interno: l'angolo biblioteca e l'angolo computer)
Proprio mentre scrivo questa relazione ci e' arrivata una richiesta di aiuto da parte
del Centro per ulteriori strumenti da acquistare per un suo migliore funzionamento.
Ore 17: visita al Centro per giovani di Zdraljica
Si tratta di un centro che abbiamo realizzato in un quartiere operaio periferico, dove
non esiste nessuno spazio possibile di aggregazione per gli abitanti.L'edificio che lo
ospita e' di proprieta' pubblica ed ha una superficie di 170 metri quadrati. E' stato
inaugurato a settembre 2007.
Ormai il centro funziona; durante la visita la nostra delegazione ha potuto incontrare
un gruppo di bambini che stava seguendo un corso di alfabetizzazione informantica
e vedere sulla porta di ingresso il primo manifesto che riporta l'orario di apertura e
le prime attivita' in corso.
Non siamo ancora in grado di sapere se riusciremo a finanziare in tempi brevissimi
la realizzazione del parco giochi per bambini nella zona a prato antistante il Centro,
ma credo che sara' uno dei nostri impegni prioritari.
(FOTO: Corso di informatica; Manifesto del Centro)
Ore 18: Incontro alla Scuola Infermiere `'Sestre Ninkovic''
(i progetti di odontoiatria sociale)
Questi progetti sono stati descritti in modo molto dettagliato nelle relazioni degli
ultimi tre anni.
Il laboratorio dentistico installato presso la scuola infermiere e' l'ultimo dei sei che
sono stati realizzati a Kragujevac in collaborazione con la Onlus Cooperazione
Odontoiatrica Internazionale.
La relazione di giugno 2007 descrive in dettaglio questa Scuola e il nostro progetto
di collaborazione; e' anche riportato l'accordo firmato tra tutti i soggetti che
hanno partecipato alla realizzazione di questo laboratorio odontoiatrico.
Anche qui, come nella Scuola Tecnica, il materiale per realizzarlo e' giunto con
i camion partiti da Trieste ad agosto e a novembre 2007; il processo di
sdoganamento e' risultato particolarmente lungo e laborioso; la poltrona
dentistica e la strumentazione accessoria sono stati installati a dicembre scorso.
Ricordo che questo laboratorio odontoiatrico ha un duplice scopo: didattico
per le studentesse della Scuola e per fare prevenzione sulle stesse.
In questo viaggio abbiamo consegnato strumentazione nuova necessaria per
il pieno funzionamento del laboratorio che ha ha iniziato a operare a fine gennaio
con personale del servizio odontoiatrico del Policlinico di Kragujevac. distaccato
presso la Scuola. Penso che con il prossimo viaggio, a giugno, potremo avere le
prime statistiche di utilizzo.
Sabato 15 marzo 2008
Alle 11 assemblea di consegna delle quote di affido
Al mattino si e' tenuta l'assemblea per la consegna delle quote di affido, nella
grande sala della direzione. Come sempre atmosfera festosa, anche se, a sentire
i membri della nostra delegazione, la mia assenza e' stata piuttosto sentita. La
televisione di Kragujevac ha registrato una lunga intervista con Stefano. I giornalisti
hanno chiesto informazioni dettagliate sulla nostra campagna di affidi e sui progetti
che portiamo avanti; il tutto e' stato poi trasmesso nel telegiornale serale.
La giornata si e' conclusa con la visita ad una unica famiglia, con un figlio in affido
a Serena e Sergio.
Domenica 16 marzo 2008
Verso le 8 del mattino la delegazione e' partita per il rientro in Italia; il viaggio di
ritorno si e' svolto senza alcuna difficolta' ed alle 6 di sera il furgone e' finalmente
arrivato a Trieste.
3 Alcune informazioni generali sulla Serbia
Come in ogni relazione di viaggio concludo con un aggiornamento di alcuni indicatori
economici.
Inflazione e prezzi
Il dinaro continua a essere irrealisticamente forte, il cambio contro euro e' di circa
82 a 1; a dicembre scorso era 80 a 1.
Il livello programmato di inflazione per il 2007 era del 6.5%; alla fine dell'anno e'
giunto a 10.1%
Nei primi due mesi del 2008 l'inflazione e' stata rispettivamente del 0.9 % e del
0.7 %
Ma per capire meglio come questi dati si ripercuotono nella vita quotidiana dei
lavoratori e delle loro famiglie bisogna osservare l'evoluzione dei prezzi dei generi
di prima necessita'.
Prezzo in dinari di generi di prima necessita'
Merce Febbraio 2007 Febbraio 2008 Aumento %
Latte 1 litro 41-43 58-61 41
Olio di semi 1 litro 80 115 44
Pane 500 grammi 26 30 15
Coscia maiale 1 chilo 270 315 17
Questi prezzi fanno si' che per la maggior parte delle famiglie serbe (dove sia
presente un reddito da lavoro) la spesa per alimenti e per le bollette dei servizi
assorbe circa il tre quarti del reddito disponibile.
La situazione diventa molto piu' pesante per i pensionati, vista la forbice sempre
piu' ampia tra pensioni e salari.
La situazione diventa assolutamente drammatica per i disoccupati e per i
numerosissimi profughi esistenti nel Paese.
Livello del salario e della pensione medi dal 2003 al 2007 (al netto di imposte
e contributi) registrati nel mese di novembre di ciascun anno
Anno Salario Pensione Rapporto pensione/salario
2003 12254 8476 0.70
2004 15052 10084 0.67
2005 18697 12340 0.66
2006 23148 14285 0.62
2007 29546 15996 0.54
Commercio con l'estero nel 2007 e previsioni fino al 2010 in milioni di euro
2007 2008 2009 2010
Importazioni 14603 17106 19814 22645
Esportazioni 8423 10582 13311 16437
Prezzi dei carburanti al litro (in dinari)
dicembre 2007 marzo 2008
Benzina senza piombo 91.40 99.80
Diesel 78.00 85.00
Eurodiesel 85.10 92.80
Gas 46.90 50.00
4 Informazioni sulla fabbrica Zastava
Ricordo che a settembre del 2007 sono stati licenziati i 4522 lavoratori che
erano ancora in cassa integrazione.
Hanno ricevuto una liquidazione di 240 euro per anno lavorato pregresso.
Non esiste alcun piano di loro reinserimento lavorativo, ma sono semplicemente
stati iscritti all'ufficio di collocamento pubblico; si sono cioe' aggiunti agli altri
oltre 20.000 disoccupati gia' presenti a Kragujevac.
Zastava Auto, alcuni dati relativi all'anno 2007
Al 31-12-07 i lavoratori erano 3886.
La produzione di auto Zastava e' stata di 9008 vetture, il 12% in meno del
piano di produzione iniziale; la produzione e' diminuita di un terzo rispetto
all'anno 2006. La produzione nel 2007 e' stata pari al 14.7% della produttivita'
degli impianti.
Nel 2007 sono state vendute 10811 vetture, attingendo dunque alle scorte di
magazzino, ma comunque il 21% in meno delle vendite pianificate all'inizio
dell'anno. Al 31-12-07 erano rimaste a magazzino 805 auto.
Per quanto riguarda la Zastava Camion sono stati prodotti 359 camion di cui
350 venduti.
Nei primi tre mesi del 2008 sono stati prodotti 74 camion e venduti 71.
From: CentroStudiTransizioneSocialismo @yahoogroups.comDate: March 17, 2008 2:42:00 PM GMT+01:00Subject: Cina e TibetDa: vilici74Cari compagni,
In queste ore da destra a manca sono diventati tutti sinologi e
difensori della "causa tibetana". Io più umilmente mi permetto di
segnalarvi questo testo, pubblicato nel 1997 e disponibile in rete
all'indirizzo
http://www.tibetinfor.com/english/services/library/serialise/h_status/menu.htm
Il titolo è "The Historical Status of Tibet, China" edito dalla China
Intercontinental Press. Data la difficile reperibilità del testo
consiglio vivamente i compagni interessati a farsene una copia.
Sviluppo di una precedente monografia, il testo esamina storicamente
la vicenda del popolo tibetano dai primi contatti durante la dinastia
Tang a oggi, con dovizia di dettagli e con uno spessore raramente
riscontrabile nella pubblicistica occidentale sull'argomento.
Di particolare interesse il capitolo 5 relativo alla costruzione del
mito dell'"indipendenza tibetana" e il capitolo 8 relativo al rispetto
dei diritti umani in Tibet sotto il regime lamaista feudale, ma nel
complesso tutto il libro è interessante.
Con saluti comunisti,
Paolo Selmi
Introduction
Chapter I:Relations Between the Han and the Tibetans During the Tang and Song Dynasties
Chapter II:Relations Between the Emperor of the Yuan Dynasty and the Princess of Dharma of the Sagya Sect of Tibetan
(1)Godan and Sapan
(2)Kublai and Pagba
Chapter III:Ming Dynasty's Policy of Enfieffment and Tribute-Related Trade
Chapter IV The Sovereign-Subject Relationship Between the Qing Dynasty Emperor and the Dalai Lama
(1)Emperors Shunzhi and Kangxi With the 5th Dalai Lama
(2)Emperor Kangxi, Yongzhen and Qianlong With the 6th and 7th Dalai Lama
(3)Emperor Qianlong, Jiaqing, Daoguang and Tongzhi With the 8th-12th Dalai Lama
(4)Emperors Guanxu and Xuantong With the 13th Dalai Lama
Chapter V British Invasion and the Birth of the Myth of "Tibetan Independence"
(1)First British Invasion
(2)Second British Invasion
(3)British Move to Cultivate Pro-British Forces in Tibet
Chapter VI Tibet is Not an Independent Political Entity During the Period of the Republic of China
(1)Yuan Shi-kai and the 13th Dalai Lama
(2)The Bankrupt "Simla Conference" and the Invalid Convention
(3)The Tibetan Army's First Eastward Invasion
(4)Around the Gansu Delegation's Entry Into Tibet
(5)The 13th Dalai Lama Awakens
(6)Gongjor Zhongnyi and the Tibet Office in Nanjing
(7)The Tibetan Army's Second Eastward Invasion
(8)The Demise of the 13th Dalai Lama and Huang Musong's Entry Into Tibet
(9)The Reincarnation of the 13th Dalai Lama and Wu Zhongxin's Entry Into Tibet
(10)Dagzha Comes to Power and the Razheng Event
(11)Tibetan Delegates at the Asian Relations Conference
(12)Visits by the Tibetan "Commercial Delegation"
(13)July 8 Event
Chapter VII The Founding of the People's Republic of China and the Peaceful Liberation of Tibet
(1)The Chinese Communist Party's Policy for Nationlities and Policy for Peaceful Liberation of Tibet
(2)PLA Troops Who Serve the Tibetans Whole-Heartedly
(3)The Local Government of Tibet Refused Peace Talks and the PLA Was Forced to Fight the Qamdo Battle
(4)The Signing of the 17-Article Agreement and the Peaceful Liberation of Tibet
Chapter VIII Armed Rebellion in Tibet Opposed the Democratic Reform Through Which Serfs Win Human Rights
(1)The Tibetans Enjoyed No Human Rights Under Their Feudal Overlords in Old Tibet
(2)The Reactionary Ruling Class in Old Tibet Refused ti Grant Human Rights to the Broad Masses of Tibetans
(3)Armed Tibetan Rebels Barbarously Violated Human Rights
Chapter IX Tibetan People Acquired Ultimate Human Righes Through Quelling of Rebellion and Conducting the Democratic Reform
(1)Putting Down the Armed Rebellion
(2)Democratic Reform
Chapter X Tibetan Institutes Regional National Autonomy and Needs No "Self-Determination"
Chapter XI The 14th Dalai Lama's Illegal "Government-in-Exile" Is a Destabilizing Factor for Asia
Chapter XII Achievements in Construction and Development
(1)Economic Construction
(2)Cultural Construction
(3)Freedom of Religious Belief
Concluding Remarks
Postscript
Adesioni
Domenico Losurdo, filosofo
Gianni Vattimo, filosofo
Luciano Canfora, storico
Carlo Ferdinando Russo, direttore della rivista "Belfagor"
Angelo d’Orsi, storico
Ugo Dotti, storico della letteratura italiana
Guido Oldrini, filosofo
Massimiliano Marotta, presidente della Società di studi politici
Federico Martino, storico del diritto
Fosco Giannini, senatore PRC, direttore della rivista “l’Ernesto”
Fausto Sorini, membro del Comitato politico nazionale del PRC, direzione area “l’Ernesto”
Sergio Cararo, direttore della rivista “Contropiano”
Alessandro Leoni, Segreteria regionale toscana PRC
Valter Lorenzi, Rete nazionale “Disarmiamoli!”
Luca Gorlani, educatore, Chiari (BS)
Marco Benevento, Direttivo FIOM Roma Nord
Manlio Dinucci
Luciano Vasapollo, docente Università La Sapienza, Roma
Stefano G. Azzarà, Università di Urbino
Filippo Lai, ricercatore, Cagliari
Pilade Cantini
Vincenzo Simoni, Segretario nazionale dell’Unione Inquilini
Alfredo Tradardi, ISM-Italia
Francesco Zardo, giornalista e scrittore
Marie-Ange Patrizio, psicologa e traduttrice, Marsiglia
Giancarlo Staffolani, Collettivo “B. Brecht”, Veneto orientale
Andrea Fioretti, FLMU-CUB Sirti/assemblea lavoratori autoconvocati
Andrea Martocchia, astrofisico, INAF-IASF Roma
Serena Marchionni, bibliotecaria, Fac. Matematica, Università di Bologna
George Philippou, Atene
Luigi Pestalozza, musicologo
Libero Traversa, della redazione di “Marxismo Oggi”
Sergio Manes, editore (La Città del Sole)
Antonella Ghignoli
Andrea Parti
Aldo Cannas, Cagliari
Hisao Fujita Yashima, professore associato di Analisi Matematica, Università di Torino
Marco Ghioti
Leo Giglio
Armando Gattai, Prato
Niccolò Zambarbieri, Giovani Comunisti di Pavia
Claudio Del Bello, editore (Odradek)
Lin Jie
Mauro Gemma, redazione di Resistenze.org
Antonio Ginetti, Pistoia
Riccardo Fabio Franchi, studente, Bologna
Silvio Marconi, antropologo, operatore di cooperazione allo sviluppo e intercultura, Roma
Francesco Saverio de Blasi, ordinario di Analisi Matematica, Universita' di Roma "Tor Vergata
Claudia Cernigoi, giornalista, Trieste
Z. Shiwei
Edoardo Magnone, chimico, Italy-Japan Joint Laboratory on Nanostructured Materials for Environment and Energy (NaMatEE) and "Research Center for Advanced Science and Technology" (RCAST), University of Tokyo
Rosanna Deste
Marco Costa – PRC, Assessore ai Lavori Pubblici, Comune di Busana (RE)
Fulvio Grimaldi, giornalista
Antonio Casolaro, Caserta
Antonio Caracciolo, ricercatore di Filosofia del Diritto, Università di Roma La Sapienza
Alessandra Orlandini, infermiera, Ancona
Gianni Monasterolo, musicista e poeta
Stefano Franchi, segreteria PRC Bologna
Marina Minicuci, giornalista
Francesco Maringiò, coordinamento nazionale Giovani Comunisti/e
Adriano Benayon, Brasília, Brésil
Francesco Rozza, Caserta
Gian Mario Cazzaniga, professore di Filosofia morale, Università di Pisa
Annie Lacroix-Riz, storica
Simone Bruni, operatore e mediatore socio-culturale per Arci Toscana
Marianna Gorpia, segretario PdCI Empoli
Sergio Ricaldone, redazione della rivista “l'Ernesto”
Luca Sbano
Anna Capecchi
Dante Franchi, capogruppo consiliare PRC Marzabotto (BO)
Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano
Elena Ulivieri, studentessa
Vincenzo Brandi, ricercatore Enea
Emilio Desiderio
Giulietto Chiesa
Yuri Borgianni, Capogruppo PRC Consiglio Comunale Poggibonsi (SI)Loriano Checcucci, Segretario Circolo PRC "G.K. Zhukov", Poggibonsi (SI)
Crocini Rosanna, Pistoia
Comaguer (Comité Comprendre et Agir contre la Guerre), Marseille
Francesco Pappalardo - Medico del lavoro – Piombino
Francesco Romano - RSA Prov. Napoli
Daniel Antonimi, secrétaire international Pôle de Renaissance Communiste en France
Marco Beccari, Roma
Massimo Marcori, Impiegato, Torino
Donato Antoniello, Assessore al lavoro e istruzione del comune di Nichelino (TO)
Artemis Torres, pesquisadora, Brasil
Cesare Allara, Comitato di Solidarietà col Popolo Palestinese di Torino
Massimo Zucchetti, ordinario di impianti nuceari, Politecnico di Torino
Arianna L'Abbate, ricercatrice
Marilisa Verti, giornalista
Walter Ranieri, pittore, Bari
Giuseppe Lanzavecchia, Roma
Clemente Granirei, segretario circolo Lenin PRC NapoliChiara Francesca Mazzei, docente di storia e filosofia
Miriam Pellegrini Ferri Presidente G.A.MA.DI.
Spartaco Ferri, partigiano della Brigata Garibaldi
Paolo Valentini, studente di biologia
Enzo Valentini, segretario G.A.MA.DI.
Stefano Friani, Segreteria PRC Livorno
Luca Rossi, aderente Coordinamento Progetto Eurasia
Francesco Dragonetti, Coordinamento Giovani Comunisti di Bologna
Diletta Marzo, Giovani Comunisti Bologna
Matteo Cavallaro, studente di Scienze Politiche, Torino
Roberto Capizzi, Coordinamento Giovani Comunisti, EnnaAndré Luis Travassos, Ciências Sociais, Universidade Estadual de Londrina - PR
Pino Binda, partigiano comasco, Milano
Enzo Proverbio, antifascista, Milano
È giusto invitare le autorità cinesi alla moderazione di fronte alla rivolta dei monaci tibetani, ma non si può pretendere che la Repubblica popolare tolleri che una sua regione sia governata da una teocrazia. La Cina, con l' introduzione del mercato, sta sviluppando a tappe forzate la sua economia (e di conseguenza la società) e la modernizzazione del Tibet è parte integrante del progetto. Il boicottaggio delle Olimpiadi inasprirebbe i rapporti con quella che fra pochi decenni sarà la maggiore potenza economica mondiale. D' altronde non sono affatto convinto che il mancato boicottaggio rappresenterebbe, come molti sostengono, un tradimento dei nostri valori; trovo anzi singolare pretendere, in nome della cultura occidentale, che società e civiltà arcaiche vengano trattate come reperti archeologici da conservare a ogni costo per la delizia di turisti e antropologi. Del resto, è proprio il rifiuto da parte di Stati e culture di uscire dal medioevo per entrare nella modernità che spesso costituisce l' ostacolo maggiore al dialogo e alla coesistenza.
giorgio.vergili@ fastwebnet.it
Caro Vergili,
L a sua lettera coglie un punto a cui l' opinione pubblica occidentale non ha prestato molta attenzione. È possibile che gli esuli tibetani, cresciuti lontano dalla madrepatria, stiano facendo una battaglia democratica per i diritti umani e civili del loro Paese. Ed è evidente che il Dalai Lama si accontenterebbe di un Tibet autonomo, soggetto all' autorità politica di Pechino e tuttavia libero, al tempo stesso, di coltivare le proprie tradizioni culturali e religiose. Ma la violenta rivolta dei monaci a Lhasa e in altre province cinesi dove abitano importanti comunità tibetane, è stata una insurrezione conservatrice. Sappiamo che la Cina ha sempre considerato il Tibet una insopportabile anomalia e ha fatto del suo meglio per alterare la composizione demografica della regione favorendo l' insediamento nel territorio di una nuova popolazione han (così hanno fatto, incidentalmente, molti Paesi europei, fra cui l' Italia, quando si sono impadroniti di terre di confine abitate da minoranze che appartenevano a un diverso ceppo nazionale). Ma fu subito evidente che la Repubblica popolare non avrebbe mai tollerato, all' interno dei propri confini, una Santa Sede del buddismo himalayano, un regime feudale e religioso come quello sorto molti secoli fa sull' altopiano tibetano. La situazione si è ulteriormente complicata quando la grande modernizzazione cinese ha finalmente investito il Paese. Quando visitai il Tibet nel 1981, il rapporto fra i tibetani e l' amministrazione cinese era congelato dallo stato di arretratezza economica della provincia. Gli occupanti e i sudditi sembravano avere concluso una tregua che nessuno, in quel momento, aveva interesse a rompere. Ma lo sviluppo economico, da allora, ha creato turismo, commercio, iniziative industriali. Durante una visita organizzata dal governo di Pechino dopo le agitazioni dello scorso marzo, i corrispondenti stranieri hanno fatto due constatazioni interessanti. In primo luogo si sono accorti che i monaci tibetani, contrariamente alla loro reputazione occidentale, non sono cultori della «non violenza» e ne hanno dato la prova con una furia devastatrice che ha colto di sorpresa le forze di polizia. In secondo luogo hanno compreso che la loro rivolta non era diretta soltanto contro i cinesi, ma anche contro una classe emergente di tibetani che stanno sfruttando i vantaggi della modernizzazione. Quello a cui abbiamo assistito, in altre parole, non è, se non in parte, uno scontro fra democrazia e dittatura. È anche il segno di una frattura sociale che si è aperta all' interno della società tibetana. Non è necessario essere marxisti o anticlericali per osservare che la Cina recita in questa faccenda, sia pure con i modi intolleranti di un regime autoritario, la parte della modernità e che i monaci, come si sarebbe detto una volta, quella della reazione.
Romano Sergio
Pagina 43
(10 aprile 2008) - Corriere della Sera
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ed in particolare la galleria di immagini sulla storia della Grande Albania nazifascista:
https://www.cnj.it/documentazione/KOSMET/foto.htm
Calusca City Lights & CSOA Cox 18
Via Conchetta 18 Milano
Domenica 13 aprile 2008
ore 16,30
CACCIA ALLO ZINGARO
Attualità della resistenza Rom
nell’occhio del ciclone repressivo e securitario
"Pacchetto sicurezza" e "Patto di legalità": cosa sono, cosa comportano, quali sono i loro obiettivi?
Canea razzista, molotov contro i campi, guerra ai poveri, sgomberi a ripetizione, espulsioni... Come contrastare questa ondata di fango?
Rom e Gadgi ne discutono insieme
Partecipano:
Associazione Carlo Cuomo, campagna "Via Adda non si cancella",
compagni di Torino e Bologna, promotori delle manifestazioni "Rompere il silenzio",
e delegazioni dai vari campi Rom milanesi
- Proiezione del documentario "Via Adda non si cancella"
- Mostra fotografica su "I Rom nella Resistenza"
Il Responsabile per le Relazioni Internazionali: Vladimir Kapuralin
Il Presidente: Ivan Plješa
From: Vladimir KapuralinDate: April 6, 2008 12:23:28 PM GMT+02:00Subject: Statement of SWP of Croatia
SOCIJALISTICKA RADNICKA PARTIJA HRVATSKE
SOCIALIST WORKERS' PARTY OF CROATIA
Zagreb, 22. III 2006
STATEMENT
REGARDING THE REPUBLIC OF CROATIA´S RECOGNITION OF KOSOVO
The Autonomous Kosovo and Metohia District´s secession from the main country in accordance with directives issued by the USA, NATO and EU, is considered glaring violant of International law, the OUN Declaration, as well as the Badminter Committee´s Resolution and therefore is percepted as a serioous and threatening precedent that could erupt in new conflicts within the region, as well as in other neuralgic zones wherever it might get patterned aiming at unsolved national issues and territorial aspirations enforced realization.
Kosovo secession could not be regarded as peoples right to selfdetermine and secede, since Albanians have alredy had their country, and Albanians living in Kosovo have their legitimate rights fully effectuated through wide autonomy. The independence of Kosovo could be eventually accepted by both poples´ consent, but unilaterally by no means.
Thereupon our consideration is that Kosovo and Metohia is an inalineable part of the Republic of Serbia and we deny Resolution of the Republic of Croatia on that recent creation´s recognition, anticipating that act could bring some negative implications onto mutual national and regional relations within Croatia itself too.
Responsible for International Relations President
Vladimir Kapuralin Ivan Plješa
Il sesso è procreazione
Pur essendo vissuto da monaco per tutta la vita, il Dalai Lama vede nel matrimonio una delle vie maestre per la felicità. «Troppe persone in Occidente hanno rinunciato al matrimonio - dice -. Non si rendono conto che si tratta di sviluppare reciproca ammirazione, profondo rispetto, fiducia, e consapevolezza dei bisogni di un altro essere umano. Le relazioni che vanno e vengono con facilità rendono più liberi ma meno appagati».
Pur essendo noto per i suoi punti di vista umani e tolleranti, il Dalai Lama è sorprendentemente critico nei confronti dell’omosessualità. È male, dice, per un buddhista. «No assoluto. Senza sfumature. Una coppia gay mi è venuta a trovare, cercando il mio appoggio e la mia benedizione. Ho dovuto spiegar loro i nostri insegnamenti. Una donna mi ha presentato un’altra donna come sua moglie: sconcertante. Al pari dell’uso di certe pratiche sessuali fra marito e moglie. Usare gli altri due buchi è sbagliato». A questo punto il Dalai Lama si volge al suo interprete per assicurarsi di aver utilizzato le parole inglesi corrette per discutere di questa delicata materia. L’interprete annuisce in maniera appena percettibile.
«Un amico occidentale - riprende il Dalai Lama, infervorandosi - mi ha chiesto che male possa mai venire da due adulti consenzienti che fanno sesso orale, se a loro piace. Ma lo scopo del sesso è la riproduzione, secondo il buddhismo. Gli altri buchi non creano vita. Non posso condonare questo genere di pratiche». Si mette a ridere quando quando cambio argomento e gli parlo dei tentativi occidentali di accedere a una maggiore spiritualità attraverso lo yoga, i massaggi e l’agopuntura. «Queste sono solo attività fisiche - dice -. Per essere più felici bisogna passare meno tempo a pianificare la propria vita, e accettare di più quello che viene».
Il Dalai Lama è stato criticato per essersi troppo concesso alle lusinghe dell’Occidente: frequenta troppo le celebrità, dicono i suoi detrattori, ed è troppo disponibile a farsi fotografare su riviste frivole accanto alla duchessa di York o personaggi del genere. «C’è chi mi trova una brava persona, e c’è chi crede che io sia un ciarlatano: ma sono solo un monaco» dice con un largo sorriso. «Non ho mai chiesto a persone come Richard Gere di venire a trovarmi, ma sarebbe assurdo fermarle. Ci vengono tibetani, indiani, malati di Aids, persone religiose, politici, attori e principesse. Il mio atteggiamento è dare a ognuno un po’ del mio tempo: se posso contribuire in qualche modo alla loro felicità, ne sono felice a mia volta». Molte donne occidentali che si mettono in fila per essere benedette gli dicono di non voler parlare con lui di niente di particolare. «Incontro donne che in passato hanno abortito perché pensavano che un figlio avrebbe rovinato le loro vite. Un bambino sembrava loro insopportabile, ma adesso sono diventate più vecchie e incapaci di concepire. Mi sento così triste per loro». Il Dalai Lama dice loro che hanno bisogno di riscoprire la forza interiore. «L’Occidente oggi è debole, non sa fronteggiare le avversità e ha poca compassione per gli altri. Ma le persone possono trovare la maniera per contrastare le forze negative. Se invece si sovraccaricano di responsabilità riguardo ai loro problemi personali, diventano sempre meno fiduciose». Il Dalai Lama non crede che si debba necessariamente essere religiosi per avere una vita ricca di significato. «Però bisogna avere una morale e puntare a sviluppare le qualità basilari dell’umanità. Io non voglio convertire la gente al buddhismo, tutte le grandi religioni, se interpretate correttamente, hanno lo stesso potenziale di bene»
Tuttavia la religione si è fatta cattiva, ci sono fanatici che predicano l’odio... «Il fondamentalismo è terrificante perché è basato sull’emozione anziché sulla ragione. Impedisce alle persone di pensare da individui e di perseguire il bene del mondo. Questo nuovo terrorismo è stato provocato soprattutto da invidia e frustrazione nei confronti dell’Occidente, che in tv appare così sviluppato e di successo. Alcuni leader fuori dall’Occidente usano la religione per reagire a tutto questo». I terroristi, dice il dalai Lama, vanno trattati umanamente, «altrimenti il problema si aggraverà. Se c’è un Bin Laden oggi, presto ne avremo dieci. Terrificante. Uccidi dieci Bin Laden e l’odio si diffonderà».
Che cosa pensa della guerra in Iraq? «Il metodo è stato violento. La violenza dà risultati imprevedibili, può produrre un’infinità di altri problemi» risponde il Dalai Lama, a cui la religione vieta di uccidere anche solo una zanzara.
Benché non approvi la guerra in Iraq, il Dalai Lama ammira il presidente Bush. «È un uomo schietto - dice -. Nel nostro primo incontro mi trovai davanti a un vassoio pieno di biscotti. Il Presidente mi offrì immediatamente quelli che gli piacevano di più e da quel momento ci siamo intesi. Nella visita successiva Bush non se la prese quanto io fui perentorio riguardo alla guerra. E nella terza occasione, alla casa Bianca, fui sorpreso dalla sua conoscenza del buddhismo».
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Il Consiglio dell’Unione Europea il 10.4.2006 ha previsto «a possible EU crisis management operation in the field of rule of law and possible other areas in Kosovo», con l’obiettivo di una pianificazione in vista di una transizione in Kosovo, e precisamente di «a smooth transition between selected tasks of the United Nations Interim Administration Mission in Kosovo (Unmik) and a possible EU crisis management operation in the field of rule of law and other areas»[1].
Successivamente, il 14.9.2006 il Consiglio dell’Unione Europea ha istituito un gruppo di lavoro in vista di una successiva missione in Kosovo[2].
Il 4.2.2008 il Consiglio dell’Unione Europea, nominando lo European Union Special Representative (Eusr) in Kosovo, ha stabilito: «The mandate of the Eusr shall be based on the policy objectives of the EU in Kosovo. These include to play a leading role in strengthening stability in the region and in implementing a settlement defining Kosovo's future status, with the aim of a stable, viable, peaceful, democratic and multi-ethnic Kosovo, contributing to regional cooperation and stability, on the basis of good neighbourly relations; a Kosovo that is committed to the rule of law and to the protection of minorities, and of cultural and religious heritage»[3].
Il 4.2.2008 il Consiglio dell’Unione Europea ha anche istituito la European Union Rule of Law Mission in Kosovo, Eulex Kosovo, stabilendone i compiti: «Eulex Kosovo shall assist the Kosovo institutions, judicial authorities and law enforcement agencies in their progress towards sustainability and accountability and in further developing and strengthening an independent multi-ethnic justice system and multi-ethnic police and customs service, ensuring that these institutions are free from political interference and adhering to internationally recognised standards and European best practices»[4].
Il 16.2.2008 il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso l’inizio della European Union Rule of Law Mission in Kosovo, Eulex Kosovo. Secondo il provvedimento, «The mission, which will be conducted under the European security and defence policy (Esdp), will assist Kosovo authorities, judicial authorities and law enforcement agencies in their progress towards sustainability and accountability and in further developing and strengthening an independent multi-ethnic justice system and multi-ethnic police and customs service, ensuring that these institutions are free from political interference and adhering to internationally recognised standards and European best practices»[5].
Nessuno di questi provvedimenti dell’Unione Europea fa esplicito riferimento alla creazione di uno Stato del Kosovo, ma con la promessa di assistenza – in cui si nomina il Kosovo ma non la Serbia, da cui il Kosovo il 16.2.2008 ancora non aveva dichiarato l’indipendenza – per la creazione di sistemi indipendenti nel campo giudiziario, doganale e di polizia, i provvedimenti dell’Unione Europea hanno oggettivamente incoraggiato il distacco del Kosovo.
Un documento importante in tema di strategia di sicurezza europea, e quindi in tema di Pesd, è Un’Europa sicura in un mondo migliore. Strategia europea in materia di sicurezza, Bruxelles 12.12.2003[6] (noto anche come «documento Solana»), a cura dell’Ufficio del segretario generale del Consiglio dell’Unione Europea e alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. A proposito dei Balcani, vi si legge: «Grazie ai nostri sforzi in concertazione con gli Stati Uniti, la Russia, la Nato e altri partner internazionali, la stabilità della regione non è più minacciata dall'incombere di un grave conflitto», e «Dovremo continuare a lavorare per rendere più strette le nostre relazioni con la Russia, che rappresenta una componente di primaria importanza per la nostra sicurezza e la nostra prosperità». Ma più in generale il documento dice: «Siamo impegnati nella salvaguardia e nello sviluppo del diritto internazionale. Il quadro fondamentale in cui si collocano le relazioni internazionali è la Carta delle Nazioni Unite. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha la responsabilità primaria del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. Rafforzare le Nazioni Unite e dotarle dei mezzi necessari perché esse assolvano alle loro responsabilità e agiscano con efficacia rappresenta una priorità dell'Europa». La missione Pesd in Kosovo, malgrado ciò che il documento Solana si riprometteva, non è stata concertata con la Russia, ed anzi gravi frizioni proprio con la Russia sono seguite alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo ed al suo riconoscimento da parte di alcuni Stati europei. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu non è stato coinvolto prima della dichiarazione di indipendenza del Kosovo, e l’integrità territoriale della Serbia ha subìto un’offesa, con compromissione del diritto internazionale e delle relazioni internazionali.
Il dovere della pace
Lo statuto del Tribunale militare internazionale (cd. Tribunale di Norimberga), allegato all’atto che lo istituisce, ossia all’Accordo di Londra dell’8 agosto 1945, prevede, oltre ai crimini di guerra ed a quelli contro l’umanità, i crimini contro la pace. Li definisce l’art. 6 (a): «Crimes against peace: namely, planning, preparation, initiation or waging of a war of aggression, or a war in violation of international treaties, agreements or assurances, or participation in a common plan or conspiracy for the accomplishment of any of the foregoing».
Con la risoluzione 95 dell’11.12.1946[9] l’Assemblea generale dell’Onu ha confermato i principi di diritto internazionale riconosciuti dallo statuto del Tribunale militare internazionale, cd. Tribunale di Norimberga («affirms the principles of international law recognized by the Charter of the Nürnberg Tribunal»). Inoltre, su incarico dell’Assemblea generale (risoluzione 177 del 21.11.1947[10]), nel 1950 la Commissione di diritto internazionale dell’Onu ha stabilito il testo dei Principi di diritto internazionale riconosciuti nello statuto e nel giudizio del Tribunale di Norimberga (cd. Nürnberg principles, Principi di Norimberga).
L’Assemblea generale dell’Onu (risoluzione 488 del 12.12.1950[11]) ha preso atto dei Nürnberg principles e ha incaricato la Commissione di predisporre il Draft Code of offences against the peace and security of mankind. Il Draft Code è stato predisposto nel 1954. L’art. 1 ribadisce la responsabilità delle persone fisiche: «Offences against the peace and security of mankind, as defined in this Code, are crimes under international law, for which the responsible individuals shall be punished». L’art. 2 elenca i fatti che costituiscono offesa alla pace e alla sicurezza dell’umanità, fra cui:
In tema di tutela della pace, e di rispetto delle singole nazionalità europee e dei singoli poteri pubblici locali, ha rilevanza anche la Carta di Nizza del 7 dicembre 2000. Secondo il suo Preambolo, «I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni». Inoltre, «L’Unione contribuisce al mantenimento e allo sviluppo di questi valori comuni, nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli europei, dell’identità nazionale degli Stati membri e dell’ordinamento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale».
La Carta di Nizza ha efficacia anche nel diritto interno italiano. Della Carta ha tenuto conto più volte la Corte costituzionale: sent. 8.11.2006 n. 394 del 2006; sent. 23.10.2006 n. 393 del 2006; sent. 3.5.2006 n. 190 del 2006; sent. 24.10.2002 n. 445 del 2002; sent. 11.4.2002 n. 135 del 2002. Della Carta ha tenuto conto anche la Cassazione in sede penale: Cass. SS. UU. 30.1.2007, dep. 5.2.2007 n. 4614; Cass. 15.11.2006, dep. 15.1.2007 n. 564; Cass. SS. UU. 26.3.2003, dep. 13.5.2003 n. 21035. La stessa Cassazione ha tenuto conto della Carta anche in sede civile: Cass. 5.3.2003, dep. 6.4.2004 n. 6759; Cass. 5.3.2003, dep. 6.4.2004 n. 6760; Cass. 20.12.2001, dep. 10.12.2002 n. 17564. Anche gli statuti di alcune Regioni italiane, contengono riferimenti alla Carta di Nizza.
La risoluzione 1244, gli Accordi di Rambouillet, l’autogoverno provvisorio
La risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu 1244 del 10.6.1999[25] aveva l’obiettivo di risolvere «the grave humanitarian situation in Kosovo, Federal Republic of Yugoslavia», e – pur prevedendo «the establishment, pending a final settlement, of substantial autonomy and self-government in Kosovo, taking full account of annex 2 and of the Rambouillet accords (S/1999/648)» – riaffermava «the commitment of all Member States to the sovereignty and territorial integrity of the Federal Republic of Yugoslavia…». Quindi, malgrado una previsione di autonomia, la risoluzione non prevedeva il distacco del Kosovo dallo Stato di cui faceva parte (prima la Repubblica federale di Jugoslavia, poi la Serbia), ma anzi tutelava l’integrità di quest’ultimo.
Anche negli Accordi di Rambouillet[26], cui faceva più volte riferimento la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu 1244 del 10.6.1999, le premesse ribadiscono «the commitment of the international community to the sovereignty and territorial integrity of the Federal Republic of Yugoslavia». Negli stessi Accordi, l’art. 1.2 dell’Interim Agreement for Peace and Self-Government in Kosovo dispone che «The national communities […] shall not use their additional rights to endanger the rights of other national communities or the rights of citizens, the sovereignty and territorial integrity of the Federal Republic of Yugoslavia…». E fra le premesse della Constitution, si esprime il desiderio di «establish institutions of democratic self-government in Kosovo grounded in respect for the territorial integrity and sovereignty of the Federal Republic of Yugoslavia».
Il Constitutional Framework for Provisional Self-Government in Kosovo del 15.5.2001[27] prevede: «Kosovo is an entity under interim international administration which, with its people, has unique historical, legal, cultural and linguistic attributes. Kosovo is an undivided territory throughout which the Provisional Institutions of Self-Government established by this Constitutional Framework for Provisional Self-Government (Constitutional Framework) shall exercise their responsibilities». Quindi neppure le norme delle istituzioni provvisorie prevedono che il Kosovo diventi uno Stato, e si limitano invece a configurare una «entity». Oggi, invece, vi è il rischio che la garanzia del Constitutional Framework, secondo cui «No person shall be obliged to declare to which Community he belongs, or to declare himself a member of any Community», venga travolta proprio dalla dichiarazione di indipendenza, che verosimilmente costringerà i serbi del Kosovo a cercare tutela in una più spiccata dichiarazione di identità.
La dichiarazione di indipendenza del Kosovo non è prevista neppure dai provvedimenti dell’Unione Europea, anche se alcuni di essi possono essere interpretati con qualche ambiguità. Infatti, senza programmare il distacco del Kosovo dalla Serbia, sembrano consentire un oggettivo sostegno a quell’obiettivo.
Di fatto, alla dichiarazione unilaterale di indipendenza sono seguiti riconoscimenti di alcuni Stati, fra cui quello dell’Italia, ma non di altri, ed è stata esasperata una conflittualità locale già esistente, creando contrasti internazionali più vasti. La creazione o l’esasperazione di conflitti è ormai da anni il percorso con cui si giunge alla guerra, anche in Europa. Peace-keeping, peace-enforcing, peace-making, unilateralismo interventista (un caso di scambio fra sostantivo e aggettivo), ingerenza umanitaria, guerra umanitaria, intervento umanitario, guerra preventiva, guerra chirurgica, guerra al terrorismo, sono tra le voci più frequenti della recente tassonomia bellica. E purtroppo la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, come riportato da tutti gli organi d’informazione, è stata seguita da violenze, incendi, sommosse, anche con perdite di vite umane, e da prese di posizione – fra cui quelle di potenze come la Russia e la Cina – i cui toni perplessi o addirittura ostili inducono alla massima preoccupazione. Non è da escludere che persino alle recentissime, sanguinose vicende in Tibet – pur dipendenti da altre cause – abbia offerto un indiretto contributo politico l’incoraggiamento all’indipendenza del Kosovo.
Conclusioni
Appare utile che il Consiglio superiore della magistratura ed il Consiglio della magistratura militare possano riconsiderare la richiesta formulata dal Ministero per gli affari esteri e, tenuto conto degli altri elementi qui indicati, approfondire il tema valutando se sia compatibile con la legalità internazionale la partecipazione di magistrati italiani alla missione in Kosovo.
Roma, 21 marzo 2008
dott. Luca M. Baiada
giudice del Tribunale militare di Roma
dott. Domenico Gallo
consigliere della Corte di cassazione, Roma
[24] La Corte cost. (sent. 28.6.1985 n. 193 del 1985), dichiarando l’illegittimità costituzionale del reato di illecita costituzione di associazioni aventi carattere internazionale (art. 273 c.p.), ha rilevato che secondo l’art. 11 Cost. «l'Italia promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte, fra l'altro, allo scopo di ripudiare la guerra... come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e di affermare (persino limitando la propria sovranità) un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Ebbene, l’idea di un “Parlamento mondiale per la sicurezza e la pace” e di una “Confederazione europea dell'ordine giudiziario”, oggetto dell’imputazione, nel processo penale da cui è sorto l’incidente di legittimità in esame, sembra effettivamente corrispondere – indipendentemente dalla sua effettiva efficacia – allo scopo che la Costituzione tutela».
Cosa era il Tibet prima dell'avvento del socialismo?
Il Tibet è uno dei luoghi più remoti del pianeta. E' un altopiano nel cuore dell'Asia, separato dal sud Asia dalle più alte montagne del mondo, l'Himalaya. Sei catene montuose dividono la regione in valli isolate. Il Tibet era appartenuto alla Cina da circa 700 anni, ma la mancanza di comunicazioni l'aveva isolato dalla Cina e dal mondo.
Il buddismo penetrò nel Tibet nel secolo VII [1]. Il principe Strong-tsan-gampo, artefice dell'unità del Tibet, usò questa religione nella sua opera di unificazione. Per molto tempo il buddismo fu la religione dell'aristocrazia feudale mentre il popolo praticava riti di sciamani e di clan (religione Bon o Bon-po).
A partire dal secolo IX il buddismo si diffuse nel popolo sotto la forma mahayana. All'inizio del secolo X il partito antibuddista sostenuto dalla vecchia aristocrazia feudale diede vita a persecuzioni contro i buddisti. Ma i buddisti riuscirono ad assassinare il re Lang-darma e vincere.Nel secolo XI il buddismo vinse definitivamente sotto la forma di una nuova corrente denominata tantrismo. Durante i secoli XI e XII furono costruiti in Tibet numerosi monasteri buddisti con una moltitudine di monaci denominati lama. Nel 1271 Kublai Khan, fondatore della dinastia mongola degli Yuan (1270-1370), nominò ministro degli affari civili e religiosi il capo della setta buddista più importante del Tibet. La dinastia cinese dei Ming, che regnò dal 1368 al 1644, protesse similmente la religione buddista ma attuò una politica di frammentazione del paese che la indebolì. Sorse una corrente buddista riformatrice che impose una disciplina monacale severa e l'obbligo portare vestiti e protezioni gialle. Tutto il potere si concentrò nelle mani di due gerarchi supremi: il Panchem-rimpoche e il Dalai-rimpoche (futuro Dalai Lama). Entrambi furono dichiarati incarnazioni delle divinità buddiste più venerate.
Nominalmente l'autorità massima del Tibet era rappresentata dagli imperatori cinesi che riscuotevano le tasse e nominavano funzionari incaricati prelevarle, però i gerarchi buddisti avevano localmente molta influenza. Nel 1639-1640 il mongolo Gushi assassinò il principe locale e trasferì tutto il potere secolare al Dalai Lama. All'inizio della dinastia dei manchú la Cina ristabilì la relativa sovranità sul Tibet ma il potere reale rimase nelle mani del Dalai Lama e, pricipalmente, nelle mani dei lama supremi che lo circondavano. Nel Tibet si affermò una forma particolare di regime feudale nella quale i grandi signori (monaci e secolari) dominavano una massa di contadini privati dei diritti e il potere politico era monopolizzato dai gerarchi buddisti. Al vertice della gerarchia c'era il Panchem-Lama considerato padre spirituale del Dalai Lama che era quello che esercitava il potere temporale. Un autore cinese ha scritto che "solo 626 persone possedevano il 93% della terra e della ricchezza nazionale e 70% dei yakes [2] nel Tibet. Fra loro 333 erano capi dei monasteri e autorità religiose e 287 autorità secolari (contando la nobiltà e l'esercito) e sei ministri di gabinetto [3]. La classe alta era formata da circa il 2% della popolazione e il 3% erano i loro agenti: soprintendenti, amministratori della loro proprietà e comandanti dei loro eserciti privati. L' 80% erano servi, il 5% gli schiavi e 10% erano monaci poveri che lavoravano come contadini per gli abati e pregavano. Nonostante la presunta regola lamaísta della non violenza questi monaci erano frustati continuamente.
Oggi, l'attuale Dalai Lama si presenta al mondo come un uomo sacro al quale non interessano le cose materiali. La realtà è che era il proprietario principale dei servi del Tibet. Secondo la legge era proprietario di tutto il paese ed i relativi abitanti. In pratica la sua famiglia disponeva di 27 proprietà immobiliari, 36 prati, 6.170 servi e 102 schiavi.
Le orribili condizioni di vita delle masse popolari.
La vita dei servi di tibetanos prima di 1949 era breve e durissima. Tanto gli uomini che le donne lavoravano nelle mansioni più sacrificate e nel lavoro forzato, chiamato ulag, per 16 o 18 ore al giorno. Dovevano dare ai proprietari (che non lavoravano) il 70% della raccolta. Non potevano usare le stesse sedie, le stesse parole, né gli utensili dei proprietari. Erano puniti con le frustate se toccavano una certa cosa del proprietario. Non povano sposarsi né lasciare una proprietà senza permesso del padrone. I servi e le donne erano considerati animali parlanti che non avevano diritto di guardare in faccia i padroni. L'esperto studioso del Tibet A. Tom Grunfeld riferisce di una una figlia dei proprietari i cui servi la alzavano per farla salire e scendere le scale [4]. Gli schiavi erano percossi, non li nutrivano e li uccidevano di lavoro. Nella capitale Lhasa i bambini si compravano e si vendevano.
La parola donna, kimen, significava stato inferiore di nascita. Le donne dovevano pregare "che io abbandoni questo corpo femminile e rinasca come uomo". I gerarchi religiosi impedivano loro di alzare gli occhi oltre il ginocchio di un uomo. Era comune bruciare le donne per essere "streghe", spesso perché esse praticavano i rituali della religione Bon. Partorire gemelli era prova che una donna si era accoppiata con uno spirito malvagio e nella campagna era frequente che bruciavano la madre e i gemelli appena nati. Un uomo ricco poteva avere molte spose e un nobile con poca terra doveva dividere una donna con i propri fratelli.
Il popolo ha sofferto costantemente di freddo e di fame. Prima della liberazione nel Tibet non c' era elettricità nè strade nè ospedali né quasi scuole. Molti servi diventavano malati a causa della denutrizione mentre alcuni monasteri accumulavano ricchezze ed bruciavano quantità elevate di alimenti come offerte. La maggior parte dei neonati moriva prima di compiere un anno. La mortalità infantile nel 1950 era del 43%. Il vaiolo colpiva un terzo della popolazione e nel 1925 sterminò 7 mila abitanti di Lhasa. La lebbra, la tubercolosi, il gozzo, il tetano, la cecità, le malattie veneree e le ulcere causavano grande mortalità. La speranza di vita nel 1950 era di 35 anni.
Le superstitioni diffuse dai monaci li convincevano ad essere contro agli antibiotici. Essi dicevano ai servi che le malattie e la morte erano causati dai peccati e che l'unica maniera di prevenire le malattie era pregare e dare i soldi ai monaci.
I signori feudali mantenevano il popolo nell'ignoranza più completa per meglio sottometterlo e per lavargli il cervello. Nel 1951 il 95% della popolazione era analfabeta. La lingua scritta serviva solo per il culto religioso.
Il sistema feudale impediva lo sviluppo delle forze produttive. Non permetteva l'uso degli aratri di ferro, estrarre il carbone, pescare, cercare, né realizzare innovazioni sanitarie di nessun tipo. Non c' erano nè comunicazioni nè commercio né nessuna industria pur elementare. Mille anni prima, quando il buddismo è stato introdotto, si calcola che nel Tibet vivevano 10 milioni di persone, ma nel 1950 ce n'erano solo due o tre milioni.
Come è arrivato il Socialismo nel Tibet?
Il partito comunista della Cina (PCC) si pose un problema rispetto al Tibet: il tremendo ritardo e la dominazione feudale rendeva impossibile lo scoppio di una ribellione dei servi senza un aiuto esterno. Ma era necessario intervenire nel Tibet prima che si trasformasse in un fortezza della controrivoluzione da dove le classi dominanti cinesi abbattute, i signori feudali locali e l'imperialismo potessero mettere in pericolo la giovane Repubblica Popolare Cinese (RPC). I feudali lamaisti erano stati compiacenti con i colonialisti britannici che entrarono a Lhasa nel 1904 dall'India e con il tentativo nordamericano di riconoscere il Tibet "indipendente" nel 1949 con una rappresentanza all'ONU. L'esperienza pratica lasciava prevedere che, come in altri posti, la classe dominante locale si sarebbe alleata con le forze imperialistiche per combattere il nemico comune, la rivoluzione socialista trionfante.
I comunisti sapevano che la rivoluzione non può essere esportata in un altro paese con le baionette di un esercito occupante ed è per questo che si adoperarono con tatto e prudenza per creare le condizioni di un movimento rivoluzionario ben radicato nelle masse popolari tibetane. L'esercito popolare di Liberazione (EPL), esercito di contadini rivoluzionari forgiati durante 20 anni di combattimenti e diretti dal PCC, avanzò verso le pianure tibetane nell' ottobre del 1950
Nel Chambo sconfisse facilmente l'esercito inviato dai feudali tibetani ma là arrestò la sua avanzata e trasmise loro un messaggio con una proposta: Se il Tibet si fosse integrato nella Repubblica popolare cinese (RPC) il governo dei proprietari dei servi (chiamato di Kashag) avrebbe potuto continuare a governare nel tempo sotto la direzione del governo centrale popolare. I comunisti non avrebbero abolito le pratiche feudali né avrebbero preso misure contro la religione fino a che la popolazione non avesse sostenuto i cambiamenti rivoluzionari. L' EPL avrebbe protetto le frontiere per evitare un intervento imperialistico. Il governo feudale accettò la proposta e firmò "l'accordo dei 17 punti" che riconosceva la sovranità cinese e si applicava nelle zone suttomesse al Kashag e non in altre zone tibetane, dove viveva la metà della popolazione [5]. I 26 di ottobre del 1951 l' EPL entrò pacificamente a Lhasa guidato dal generalei Zhang Guojua.
La cospirazione controarivoluzionaria dei lamaisti nobili.
Logicamente i feudali non accolsero i comunisti con le braccia aperte, ma cominciarono a cospirare per provare a perpetuare il loro sistema di dominazione. Fecero il possibile per rendere nemico ai lòro servi l' EPL: sparsero voce che i comunisti usavano il sangue dei bambini tibetani come combustibile per i loro camion, li accusavano di "uccidere i cani" per eliminare i cani rabbiosi che terrorizzavano la gente,... Determinati monasteri furono trasformati in centri di attività controrivoluzionaria e in magazzini segreti di armi che la CIA nordamericana inviava dall'India. La CIA stabilì un centro di addestramento degli agenti tibetani nel campo Hale delle Montagne Rocciose in Colorado per la sua grande altitudine. Inoltre tibetani mercenari furono addestrati nelle basi yanki di Guam e di Okinawa [6]. Complessivamente gli USA hanno addestrato militarmente 1.700 tibetanos durante gli anni 50 e 60.
L'EPL aveva l'ordine rigoroso di rispettare la popolazione, la sua cultura e le sue credenze, persino i suoi timori superstiziosi che non potevano essere sradicati rapidamente. I servi furono sorpresi quando furono contrattati per una paga per costruire una strada che collegasse il Tibet con le province centrali. Parecchi servi giovani furono incoraggiati ad istruirsi negli istituti per le minoranze nazionali nelle città dell' est della Cina e imparare la lettura, la scrittura e la contabilità. Cominciarono ad arrivare merci che migliorarono la vita della popolazione come tè e fosforo, arrivarono i primi telefoni, telegrafi, trasmettitori e le presse e le prime scuole. Nel 1957 6.000 allievi frequentavono 79 scuole primarie. Gruppi di medici cominciarono a trattare e curare la gente compresi i nobili e le mentalità cominciarono a cambiare.
I latifondisti feudali videro in pericolo il loro potere ed organizzarono le prime ribellioni armate nel 1956. Nelle zone in cui vigeva l'accordo dei 17 punti i comunisti incoraggiavano i servi a smettere di pagare il fitto ai monasteri ed ai nobili, la qualcosa esasperava questi ultimi. Nel marzo del 1959 avvenne una ribellione in grande scala sostenuta dalla CIA che che inviò i suoi agenti addestrati e lanciò carichi di munizioni e di mitragliatrici dai velivoli C-130 dell'aeronautica nordamericana. I monaci e i loro agenti armati attaccarono la guarnigione dell' EPL a Lhasa. I comunisti risposero non solo militarmente ma pricipalmente politicamente. Mille studenti tibetani ritornarono rapidamente dagli istituti per le minoranze nazionali per partecipare ad una grande campagna di cambiamenti rivoluzionari.
La sconfitta del feudalesimo nel Tibet.
Il governo del Kashag che aveva sostenuto la ribellione fu sciolto. In tutte le regioni si crearono degli organi di potere chiamati "uffici per reprimere la sommossa". Il nuovo governo si chiamò "comitato preparatorio per la regione indipendente del Tibet". Fu abolito l'ulag, il lavoro forzato e la servitù. Gli schiavi dei nobili furono liberati. I conspiratori principali furono arrestati. La donna fu liberata dalla poligamia e della poliandria. I servi smisero di pagare l'affitto ai monasteri e la metà di questi dovettero chiudere. I nomadi di un isolato accampamento chiamato Pala si levarono in armi contro il partito del Dalai Lama [7].La giornalista britannica Sara Flounders scrive che "milioni di contadini poveri si mobilitarono per espellere gli antichi latifondisti" [8]. I servi anziani hanno ricevuto 20 mila scritture e bestiame della terra, decorati con le bandierine rosse e l'immagine del presidente Mao.
Dopo la sconfitta della ribellione, il Dalai Lama numero 14, chiamato Tenzin Gyatso, fuggì in esilio accompagnato da 13 mila persone della nobiltà e dell'alto clero lamaista con i propri schiavi, guardie armate e carovane dei muli caricati di ricchezze. La CIA lo trasformò in un simbolo della guerra contro la rivoluzione socialista ed il Partito Comunista. Il Dalai Lama istituì nella città dell'India di Dharamsala "un governo in esilio". A partire dal 1964 figura nella lista dei salariati della CIA che gli assegnò un importo annuale di 180 mila dollari nel quadro di un programma per demolire i regimi comunisti. Il suo "governo" riceveva annualmente 1.7 milione dollari. Durante gli anni 90 continua a ricevere i soldi della CIA.
Da allora questo reazionario continua ad avere un grande supporto dalla lobby anticinese nordamericana, dall'industria di Hollywood che produce le pellicole della propaganda a suo favore [9], dalla Fondazione Nazionale per la Democrazia (schermo della CIA) che finanzia il Fondo Tibet, la radio Voce del Tibet e la campagna internazionale per il Tibet. Nel 1987 fu ricevuto dalla commissione "dei diritti umani" del senato nordamericano. Nell' agosto del 1999 il Dipartimento di stato nordamericano organizzò la sua visita a New York.
I settori anti-comunisti occidentali, come il giudice spagnolo Garzón, denunciano pubblicamente la Cina per il presunto "genocidio" commesso nel Tibet dal 1959. Questo "genocidio" compare nella propaganda anticinese ma nessuno ha fornito la più piccola prova. Tali settori sono quelli che spinsero nel 1989 affinché gli fosse assegnato il premio Nobel "della pace"[10], premio che hanno ricevuto criminali di guerra ben noti come il Henry Kissinger, Menahem Beguin e Simón Peres.
Anche se il buddismo proibisce uccidere e tutte le forme di violenza, l'attuale Dalai Lama ha sostenuto calorosamente la guerra della NATO contro la Iugoslavia del 1999. Durante quell'anno a Santiago del Cile si dichiarò contro la persecuzione del criminale Augusto Pinochet.
Egli si trova posizionato perfettamente nel campo degli sfruttatori e dei nemici del popolo. Anche se gode di un' aureola di santità ed è considerato un dio, non è più che uno strumento efficace della controrivoluzione e dell'imperialismo. Per essere accettato dai suoi alleati ha riformato alcune delle tradizioni più orribili ed ha adottato il discorso cinico "dei diritti umani" che ripetono anche gli assassini del governo d'Israele, i militari fascisti colombiani e altri vassalli degli statunitensi, ma il sistema politico che rappresenta è una dittatura religiosa nella quale non esistono diritti politici per le donne né per chi dubita della sua autorità. Per esempio, la setta tibetana dei Shugden formata da cento mila persone esiliate in India che non riconoscono questa autorità è sistematicamente emarginata e perseguitata. Molti occidentali afflitti e disorientati dalla società borghese, si sentono illusamente attratti dal misticismo lamaista, che provoca il beneficio di buoni commerci dei tibetani.
Le autorità cinesi gli offrono di aprire il dialogo in cambio del riconoscimento dell'appartenenza del Tibet alla RPC.
Il Tibet oggi.
Nel 1980 il segretario generale del PCC Hu Yaobang ha visitato Lhasa. Nel settembre del 1987 ebbe luogo a Lhasa un' insurrezione dei monaci nazionalisti che assalirono una stazione di polizia. Nel 1988 ci furono altri disordini. Nella primavera di 1989, nel contesto di un movimento controrivoluzionario in tutta la Cina, sostenuto dall'imperialismo, avvenne una nuova ribellione a Lhasa che portò ad arresti ed alla proclamazione della legge marziale. Nel 1996 e 1997a Lhasa esplosero bombe. La tragedia che hanno conosciuto le popolazioni dell'ex URSS alle quali la controrivoluzione capitalistica ha strappato tutti i propri diritti e che hanno subito guerre civili di devastazione (ci ricordiamo delle guerre di Chechenia, Daguestán, Moldavia, la Georgia, Tayikistán, Nagorno-Karabaj,....) è stata evitata dalla decisa determinazionee del PCC sostenuto dalle masse popolari.
L'accusa che la RPC forza la popolazione a limitare la sua crescita demografica è negata da entrambi gli antropologi nordamericani che abbiamo citato e che hanno fatto indagini nel Tibet nel 1985 e nel 1988 per incarico della National Geographic Society [11]. Le donne tibetane non sono forzate ad avere un unico figlio, come è il caso della maggioranza del popolo cinese.
Il Tibet è oggi una regione indipendente dell' ovest della RPC che, come tutta la parte occidentale del paese, conosce un minore sviluppo economico e sociale rispetto alle province della costa dell'est. Il 15% della popolazione è povero ma solo 3 distretti della regione appartiengonoe ai 63 più poveri della RPC. Un Fondo per la riduzione della povertà nel Tibet sviluppa programmi contro la povertà. Il governo prova a innescare il progresso economico di questa regione. Nel 1967 funzionavano 67 fabbriche in tutto il Tibet; nel 1975 250 aziende producevano beni di consumo di base: pentole a pressione, attrezzi, piccoli oggetti elettrici,... . Nel 1993 c' erano 41.830 piccole imprese. A Lhasa oggi sono attive parecchie fabbriche (di ceramica, di cemento e di birra) e numerosi stabilimenti e officine (tessile, di mobili, tappeti...). E' stata costruita la ferrovia più alta del mondo che mette fine all'isolamento storico tibetano. Dal 1999 al 2020 si prevede di aumentare la produzione elettrica 3 volte e quella industriale 14 volte. Internet permette agli abitanti delle valli più appartate, ubicate a 4.500 metri di altitudine, di collegarsi con il mondo. I militanti comunisti tibetani sono promossi [12]. L' 80% dei quadri dirigenti sono tibetani. La lingua e la cultura tibetana godono di protezione speciale. Si prova a dare impulso al turismo come fonte di sviluppo economico. I contadini tibetani, liberati della servitù feudale, sviluppano nel regime di contratto familiare, le parcelle di terreno che sfruttano per l'agricoltura e il bestiame.
Il PCC considera con ragione che la religione deve essere sottomessa all'ordine sociale socialista [13] e non essere un ariete per la controrivoluzione e la guerra civile come è accaduto nei vecchi paesi socialisti dei Balcani, della Polonia, del Caucaso, dell'Afghanistan e del centro dell'Asia. È per questo che la religione lamaista è autorizzata e rispettata purchè non si trasformi in in un centro organizzato della lotta contro l'ordine socialista che conseguentemente significa appartenenza del Tibet alla RPC.
Le donne tibetane godono di molti più diritti che nell'India, nel Pakistan, nel Nepal e nell'Afghanistan e di moltissimi più diritti che nell'antico Tibet feudale.
Le masse in generale similmente godono di più diritti: nel 1999 c'erano 2.632 medici, 95 ospedali comunali e 770 cliniche. La mortalità infantile è nel 1998 del 3%. La speranza di vita è di 65 anni. C' è un operatore sanitario ogni 200 abitanti. Nel 1997 a Lhasa è stato inaugurato un ospedale moderno. La scolarizzazione dei bambini arriva all' 82% e si realizza in cinese e tibetano. I cittadini cinesi della nazionalità di maggioranza si sono stabiliti nelle città del Tibet e i tibetani emigrano nelle zone più sviluppate alla ricerca di un maggiore benessere economico. E' possibile trovare degli oggetti di arte e decorativi tibetani nelle vie del centro di Chang-Chun, provincia cinese di Jilin (che si trova nella parte opposta della Cina n.d.t.). Ma il Tibet non è "invaso" da 2 milioni di coloni (di etnia) Han (la più numerosa tra le etnie che popolano la vasta Cina, n.d.t.) come dice la propaganda anticinese. Secondo il censimento dell' ottobre 1995 il Tibet conta 2.389.000 abitanti dei quali soltanto il 3.3% è di origine Han [14], meno che nel 1990 che era del 3,7% [15]. Nel 1949 si aveva l' 1% di Han. Secondo un rapporto del servizio di investigazione del congresso nordamericano la popolazione Han nel Tibet era nel 1989 del 5%.
Popolazione tibetana (in milioni) in base ai censimenti fatti dalla RPC.
1964 1982 1990 1995
Regione Autonoma Tibet 1.209 1.706 2.096 2.389
Popolazione tibetana 2.501 3.874 4.593
* studioso ed esperto dei problemi delle nazionalità, per diversi anni è stato il responsabile esteri di Herri Batasuna