Informazione
Roma, venerdì 7 marzo ore 17.30
presso la Casa della Memoria e della Storia
via Francesco di Sales 5 (Trastevere)
presentazione di
L'occupazione italiana dei Balcani.
Tra crimini di guerra e mito della "brava gente" (1940-1943)
di Davide Conti
intervengono:
Massimo Rendina, Presidente dell'Anpi di Roma e Lazio
Pierluigi Pallante, storico, autore de La tragedia delle Foibe
Maro Clementi, storico dell'Europa orientale
Davide Conti, dottorando di ricerca Università La Sapienza
Nel dividere la Jugoslavia, la Germania e gli USA hanno profondamente radicato i loro interessi geo-strategici in quell’area. Ecco che Washington, D.C. e Berlino sono stati i primi governi a riconoscere gli Stati secessionisti, risultato della disgregazione della Federazione Jugoslava.
Il paradigma ristrutturante che è già stato applicato alla ex Jugoslavia è lo stesso che si intende precisamente per il Medio Oriente, un processo di balcanizzazione e di controllo economico.
Molti della maggioranza di etnia Albanese del Kosovo hanno festeggiato quello che hanno sempre pensato essere uno spostamento in avanti verso la loro auto-determinazione. Invece, la verità della questione è che la dichiarazione dell’indipendenza Kosovara è stata una dichiarazione di “dipendenza” e una camicia di forza imposta al Kosovo da parte di forze colonialiste. Senza alcun rimorso, i dirigenti Kosovari hanno trasformato il loro territorio in un avamposto degli interessi Franco-Germanici ed Anglo-Americani.
Comunque, le trattative erano destinate all’insuccesso per due ragioni evidenti: 1) i dirigenti del Kosovo sono agenti di interessi stranieri e non rappresentano gli interessi della popolazione Kosovara; 2) gli Stati Uniti e l’Unione Europea erano determinati a istituire e consolidare un altro protettorato nella ex Jugoslavia.
La Costituzione della Bosnia è stata scritta da “esperti” Statunitensi ed Europei nella base della Air Force USA a Dayton, Ohio. Chossoduvsky , in modo appropriato, etichetta la Bosnia-Erzegovina come una entità neo-coloniale. Sono le truppe NATO ad avere il controllo sulla Bosnia-Erzegovina, per assicurare in modo stretto l’imposizione di un nuovo modello di struttura di società, politico ed economico.
Inoltre, la ricerca di Chossudovsky mette in luce il fatto che chi presiede effettivamente il governo Bosniaco, l’Alto Rappresentante, e il Presidente della Banca Centrale della Bosnia sono entrambi stranieri, scelti con attenzione dall’Unione Europea, dagli USA e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI).[1] Questa è chiaramente una ri-emanazione di una amministrazione coloniale. Questo modello è stato replicato con qualche variazione anche nelle ex Repubbliche della Federazione Jugoslava. Il maggiore ostacolo alla completa applicazione di questa agenda è la volontà popolare dei cittadini della ex Jugoslavia, in particolar modo dei Serbi.
La Serbia, come un’isola di resistenza, costituisce l’ultimo bastione di indipendenza rimasto della ex Jugoslavia e nei Balcani, ma perfino in Serbia esiste un modus vivendi, per cui la gente ha fatto un contratto parziale di adesione con l’agenda economica straniera, che le consenta di continuare nel suo stile di vita ancora per un po’ di tempo. Comunque, questo accordo non è destinato a durare a lungo.
Per di più, l’interferenza straniera e l’intervento militare sono stati giustificati sulla base di un falso umanitarismo. Non è una coincidenza che sia stato imposto dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti un “Alto Rappresentante” a governare l’Iraq sotto occupazione, quindi riproducendo il modello applicato alla Bosnia-Erzegovina, che è caratterizzato da un “Alto Rappresentante” imposto dall’Europa. Lo schema dovrebbe cominciare a diventarci familiare in modo impressionante!
Sull’onda dell’invasione Anglo-Americana dell’Iraq, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno istituito l’Ufficio per la Ricostruzione e l’Assistenza Umanitaria (ORHA), che si è trasformato in seguito nell’Autorità Provvisoria della Coalizione.
Chi si è trovato alla testa di questa Autorità è stato denominato come “Rappresentante Speciale”, “Governatore”, “Inviato Speciale”, perfino “Console”.
Le giustificazioni per imporre una amministrazione di occupazione in Iraq, come pure in Bosnia-Erzegovina, all’inizio sono state umanitarie e di stabilizzazione nazionale. In realtà, i principali obiettivi dell’Autorità Provvisoria della Coalizione erano di decentralizzare lo stato e di mettere in atto un programma di massicce privatizzazioni delle risorse e delle ricchezze dell’Iraq.
In Bosnia-Erzegovina, le fratture in questa regione avvenivano su linee etniche e religiose: Serbi, Croati, e Bosniaci; Cristiani e Musulmani. A queste divisioni di varia natura etnico-religiosa bisogna aggiungere le divisioni fra i Cristiani:gli Ortodossi d’Oriente contro i Cattolici Romani.
Una simile strategia del “divide et impera” è stata applicata anche in Iraq, dove è stato replicato lo stesso modello, sfruttando fratture etniche e settarie: Arabi, Curdi, Turcomanni, Assiri, ed altri; Sciiti contro Sunniti. Proprio come nella ex Jugoslavia, anche il sistema economico Iracheno centralizzato veniva demolito dall’amministrazione di occupazione. Sotto l’occupazione Anglo-Americana e la sua Autorità Provvisoria della Coalizione sono entrate in Iraq compagnie straniere in una seconda ondata di invasione straniera, con presa del potere economico. Questo progetto neo-coloniale si basa su due costrutti interdipendenti: uno scenario militare realizzato dalla NATO e un processo di ristrutturazione politica, economica e sociale messo in atto dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea nei paesi occupati, con l’aiuto di leader locali corrotti.
Questo processo di dissoluzione, che ha implicato l’utilizzazione della forza militare, è stato il modus operandi in tutta la ex Jugoslavia. Gli attori chiave che stavano dietro a questo processo sono i soliti attori, gli USA, la Germania, la Gran Bretagna e la Francia, che si sono spartiti il bottino della guerra e della colonizzazione economica nella ex Jugoslavia. La NATO e l’Unione Europea sono stati gli agenti di questo processo per conto di queste quattro potenze Occidentali.
Rispetto agli avvenimenti in Jugoslavia, si sono innescate profonde implicazioni. Si è reso evidente che la legge della giungla e il principio che “il diritto sta nel potere” sono i veri ideali della politica estera dell’Unione Europea e dell’America. Dalla Somalia, Sudan, ed Iraq, fino alla Federazione Russa e all’Asia Centrale, è stato creato un pericoloso precedente. L’obiettivo è quello di frantumare e dividere.
La Cina ha protestato per il timore che Taiwan (la cinese Taipei) possa dichiarare l’indipendenza sulla base del precedente del Kosovo. L’Indonesia, Sri Lanka, Sudan, Spagna, la Georgia, la Repubblica dell’Azerbaijan, e la Russia hanno manifestato la loro opposizione, dati i loro movimenti separatisti, come le Tigri Tamil e il gruppo separatista Basco dell’ETA.
La Russia argomenta che, se gli USA e l’Unione Europea riconoscono l’indipendenza del Kosovo, allora, sulla base del medesimo principio, deve essere riconosciuta anche l’indipendenza dell’Abkhazia e dell’Ossezia Meridionale.
Gli effetti dell’indipendenza del Kosovo sono stati presi in accurata considerazione anche dai leader dell’Armenia e della Repubblica dell’Azerbaijan, in relazione al conflitto per il Nagorno-Karabakh. Nei casi della Transnistria, del Nagorno-Karabakh, dell’Abkhazia e dell’Ossezia Meridionale, le quattro regioni separatiste ritengono di avere ben più robusti motivi per un riconoscimento ufficiale da parte della Comunità di Stati Indipendenti (C.I.S.), Russia, e Nazioni Unite.
Dalla Prima Guerra Mondiale, gli Stati dell’Europa dell’Est e del Medio Oriente di maggior estensione territoriale e più potenti sono stati progressivamente suddivisi in Stati più piccoli e più deboli. Questo processo era parte di un progetto coloniale, che ancora sussiste, per il controllo della zona centrale dell’Eurasia, di vitale importanza.[2]
Qualsiasi sia il caso, l’ipocrisia dell’Unione Europea e degli Stati Uniti nelle relazioni internazionali è messa in risalto dal riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.
La maggioranza Armena nel Nagorno-Karabakh ha dichiarato l’indipendenza il 10 dicembre 1991. Eppure, questa Repubblica secessionista e auto-determinatasi non gode dell’appoggio ne’ degli Stati Uniti ne’ dell’Unione Europea, a differenza del Kosovo.
“Indipendenza” del Kosovo: Washington insedia una nuova colonia nei Balcani
(Message over 64 KB, truncated)
Tue Feb 19, 2008 4:04 pm (PST) - http://groups.yahoo.com/group/yugoslaviainfo/message/8463
Prezzo libro: 18.00 €
Le ordinazioni si possono fare contattando direttamente l'editrice Kappa Vu s.r.l. (via Bertolo, 4 - 33100 Udine), tel. 0432 530540, fax 0432 530140, o via e-mail: info@...
Trovate maggiori informazioni sulla collana "Resistenza Storica" e sulle edizioni KappaVu nel sito www.kappavu.it
La prossima presentazione pubblica del libro sarà a Trieste giovedì 6 marzo, alle ore 17.30 presso il Circolo della Stampa.
CHI FOSSE INTERESSATO AD ORGANIZZARE INCONTRI DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO ALLA PRESENZA DELL'AUTORE E' PREGATO DI SCRIVERE A pol.vice@... INDICANDO UN RECAPITO TELEFONICO.
S. Flounders: Serbian resistance to U.S. NATO role
1) In Serbia: Mass resistance to U.S. NATO role
2) Kosovo : Pourquoi il n'y aura en fait aucune indépendance
Also listen:
Kosovo, Serbia and Washington's imperialist agenda
Sara Flounders, co-director of the International Action Center, at a Workers World Forum,
NYC, Feb. 22, 2008.
(AUDIO FILE. Running Time 22:09)
http://www.workersdaily.org/podcast/audio/sf22Feb2008.mp3
=== 1 ===
http://www.workers.org/2008/world/serbia_0306/
In Serbia
Mass resistance to U.S. NATO role
By Sara Flounders
Published Feb 28, 2008 10:25 PM
In the final analysis, history is never decided by resolutions, laws or proclamations.
It is decided by explosive mass movements that churn up from below in response to
intolerable conditions and outrageous events.
---
On Feb. 24 hundreds gathered in front of the White house to oppose the latest U.S. attack
on Serbia, organized by the STOP (Stop Terrorizing Orthodox Peoples) Coalition. Major
protest demonstrations were held in Geneva and Zurich, Switzerland; Vienna, Austria;
Athens, Greece; Vicenza, Italy; Montreal and Toronto; Cleveland and Chicago. This week
demonstrations will continue, including a major demonstration in front of the U.N. on
March 2 from 2 to 4 p.m.
---
An angry and enormous demonstrationestimates range from a half million to well over a
million peoplein Belgrade, the capital of Serbia, on Feb. 21 has changed the terms of the
debate about Kosovo.
Following this colossal outpouring in opposition to Washington's theft of the Serbian
province of Kosovo, thousands of people in Belgrade stormed the U.S. Embassy and set
fires in it. The British, German, Croatian, Belgian and Turkish embassies were also
attacked. Western franchises, including 10 McDonalds plus Nike stores and 50 other
outlets, along with bank windows, were targeted by angry youths. There were nights of
running street battles with riot police.
Thousands demonstrated at border crossings between Serbia proper and Kosovo. Two
border crossings were destroyed, one by fire, the other in an explosion. All these actions
sent a sharp messagethat the U.S. decision to establish a direct colony in Kosovo by
recognizing its "independence" would be challenged by an explosive movement that has
gone much further than just the official Serbian government statement of opposition.
An article in the New York Times of Feb. 25 worried that Washington may have
underestimated the Serbian response. It said that policy makers in Washington and
Brussels fear that the angry opposition may be "destabilizing for the entire region."
Entitled "Serbian Rage in Kosovo: Last Gasp or First Breath?" the article reflected many
other news commentaries: "The world is waiting to see whether the riots on Thursday were
the final spasm of anger in Serbia or the first tremor in a new Balkan earthquake."
Of course, it is the danger of a new Balkan earthquake that U.S. corporate power fears.
It certainly appears that the U.S. government has once again underestimated opposition to
its criminal policies. Washington had considered that its long-announced decision to
recognize a new mini-state in the Balkans could not be opposed. It was considered a fait
accompli.
Although Kosovo might for a time lack official U.N. endorsement, it was thought that
quick recognition by the U.S. and European Union, along with funding and continued
stationing of international forces, would overwhelm Serbian opposition.
Washington is so used to having its arrogant way and violating international agreements
even the terms that the U.S. itself dictated on NATO expansion, borders and national
sovereigntythat it is shocked to find serious opposition.
Certainly many politicians in Serbia, anxious for Serbia to join the EU, were not disposed
to make more than a symbolic opposition. But the angry response of the entire Serbian
population has changed the very ground under this latest imperialist land grab.
Struggle heating up
EU staff and other forces are now withdrawing from the northern part of Kosovo, around
the town of Mitrovica, which has been divided between areas that are either majority
ethnic Serbs or majority ethnic Albanians. Other national groupings also live in Kosovo. All
have been historically oppressed, recently by Western European and U.S. imperialists,
earlier by feudal empires.
At the bridge over the Ibar River in Mitrovica, there has been a weeklong standoff between
the Kosovo Police Service, a multi-ethnic force, and U.N. police. The KPS police have
refused to serve under the new Kosovo-declared state. Dozens of busloads of protesters
have come to the border of the province to support rallies against Kosovo's separation.
Meanwhile U.S./NATO forces, called KFOR, have moved to seal the border with armored
vehicles and tanks to halt an influx of potential protesters.
Once again the challenge in Europe to the crushing backward drag of U.S. imperialism,
whose threats and pressures have undone numerous socialist states, including Yugoslavia,
has come from the Serbian mass movement.
Solidarity demonstrations all across Europe, Canada and the U.S. were held on Feb. 24,
and were to continue through the week.
For many the very hypocrisy of the U.S. position alerted them to its having a more sinister
motive than wanting to grant independence to Kosovo. After all, the U.S. has refused to
allow the independence of Puerto Rico despite more than 100 years of struggle, yet it was
the first country to recognize Kosovo's independence from Serbiaon the very day that
the unilateral declaration was made.
International opposition
Both Russia and China, which hold veto power on the U.N. Security Council, made it clear
that they would not allow the U.N. to endorse the forcible theft of Kosovo from Serbia.
They expressed grave concern about the dangerous precedent it set in further fracturing
nation states around the world that are targeted by imperialist intervention.
The unilateral declaration was a direct violation of the U.N. Charter, other international law
and even the terms of U.N. Security Council Resolution 1244, drafted by the U.S. after 78
days of bombing Serbia in 1999. Despite the lack of U.N. approval, the U.S., Germany,
France and Britain recklessly went ahead with the recognition of Kosovo.
Opposed to the recognition are Serbia, Russia, China, Spain, Greece, Venezuela, Bolivia,
Portugal, Slovakia, Malta, Bulgaria, Romania, Cyprus, Sri Lanka and Armenia. A number of
other countries have not yet made a decision, despite intense U.S. pressure.
President Hugo Chávez said Venezuela would join other countries in condemning the
declaration. "This cannot be accepted. It's a very dangerous precedent for the entire
world," he said.
Bolivia also refused to recognize Kosovo's independence. President Evo Morales compared
Kosovo separatists to the leaders of four eastern resource-rich Bolivian states who have
U.S. encouragement in demanding greater autonomy, in an effort to fracture and halt
progressive changes coming from the federal government.
On Feb. 22, Russian envoy to NATO Dmitry Rogozin said on state-run Vesti-24 television
that Kosovo's split from Serbia was the result of an "imperialistic American effort to divide
and rule."
Rogozin made an ominous warning that could hardly be ignored. He said that the Russian
military might get involved if all the EU nations recognize Kosovo as independent with
U.N. agreement. If that happens, Russia "will proceed from the assumption that to be
respected, we have to use brute military force."
On Feb. 24 Russian Foreign Minister Sergei Lavrov was in Belgrade with current Deputy
Prime Minister Dmitri Medvedev, who is Vladimir Putin's likely successor as president.
They came to make Russia's position clear.
Medvedev said, "It is unacceptable that for the first time in the post-war history, a
country which is a member of the United Nations has been divided in violation of all
principles used in resolving territorial conflicts.
"We proceed from the understanding that Serbia is a single state with its jurisdiction
spanning its entire territory and we will stick to this principled stance in the future.
"It is absolutely obvious that the crisis that has happened and is the responsibility of those
who have made the illegal decision will unfortunately have long-term consequences for
peace on the European continent."
Medvedev signed an agreement to build a section of South Stream gas pipeline through
Serbia. The line will carry Russian gas through the Balkans to the Mediterranean Sea. A
business agreement between Serbia's national oil company, NIS, and OAO Gazprom, the
Russian energy giant, was also consolidated.
Kosovo is not independent
It is essential to explain again and again when discussing this issue of U.S. recognition of
Kosovo's "independence" that Kosovo has not gained a shred of self-determination or
even minimal self-rule, even on paper.
Unless this is continually explained and repeated, many political activists who defend self-
determination for oppressed nations might naively support "independence" for Kosovo.
The plan under which Kosovo becomes "independent" establishes an old-style colonial
structure in its rawest form. Kosovo will actually be run by an appointed High
Representative and by administrative bodies appointed by the U.S., the EU and NATOthe
U.S.-commanded military alliance.
Imperialist administrators will have direct control over all aspects of foreign and domestic
policy. They have control over the departments of Customs, Taxation, Treasury and
Banking. They control foreign policy, security, police, judiciary, all courts and prisons.
These appointed Western officials can overrule any measure, annul any law, and remove
anyone from office in Kosovo.
Several possible schemes are at the root of this latest flagrant U.S. violation of
international law. Separating Kosovo from Serbia further fractures the entire region. This
has been U.S. policy toward the Balkans, Eastern Europe and the former Soviet Republics
since the 1991 collapse of the Soviet Union. As weak, divided, warring mini-states, their
opposition to U.S. corporate domination becomes more difficult.
The recognition of Kosovo also divides and frays relations in the EU Washington is certainly
not opposed to sowing dissension among forces that are both allies and imperialist
competitors. The U.S. has fractured the EU over this, because one-third of its 27 members
are against this move.
Setting up a government in Kosovo where the U.S. has full authority to write the laws and
treaties also consolidates the Pentagon's continued hold on a major new military base in
KosovoCamp Bondsteel. It also provides unlimited access and, most important, a
transfer of ownership of the rich resources of the region, including oil and gas which has
just been discovered.
Camp Bondsteel
A massive new U.S. military baseHalliburton-built Camp Bondsteelis the Pentagon
anchor in the region. Near the Macedonian border, it covers more than 1,000 acres and
comprises more than 300 buildings. It overwhelms tiny Kosovo, a province smaller than
the state of Connecticut.
The location was chosen for its capacity to expand. There are suggestions that it could
replace the U.S. Air Force base at Aviano in Italy.
Thousands of U.S./NATO troops can be comfortably stationed there. The base can easily
house its 7,000 U.S. military forces, along with thousands of private contractors. U.S.
military personnel leave Bondsteel in helicopters or large heavily armed convoys.
The camp is located close to vital oil pipelines and energy corridors that are now under
construction, such as the U.S.-sponsored Trans-Balkan oil pipeline and what is known as
energy Corridor 8.
The U.S. began planning the building of Camp Bondsteel long before its bombing of
Yugoslavia in 1999, according to Col. Robert L. McClure, writing in Engineer: The
Professional Bulletin for Army Engineers. Another document, "U.S. Army Engineers in the
Balkans 19952002," is available online and contains photos and descriptions of the base
plans. (web.mst.edu)
At Camp Bondsteel there is the most advanced hospital in Europe, theaters, restaurants, a
water purification plant, laundries and shops along with a mass of communication
satellites, antennae and menacing attack helicopters.
The people who live in the area surrounding the camp suffer from 80 percent
unemployment. Halliburton subsidiary Kellogg Brown and Root pays Kosovo workers, when
it hires them, a meager $1 to $3 per hour. More than 25 percent of the Albanian Kosovo
population has been forced to emigrate abroad in order to send home remittances to their
families.
Under the U.S. occupation, more than 250,000 Serbs, Roma, Turks, Goranies and other
peoples of this rich, multi-ethnic province have been forced out of Kosovo and are not
permitted to return.
Rich resources in Kosovo
U.S. corporations are well aware of the rich resources of Kosovo. There are extensive
mines for lead, zinc, cadmium, lignite, gold and silver at Stari Trg, along with 17 billion
tons of coal reserves. The once state-owned Trepca mining complex was described by the
New York Times of July 8, 1998, as "the most valuable piece of real estate in the Balkans."
It included warehouses, smelting plants, refineries, metal treatment sites, freight yards,
railroad lines and power plants. Before the 1999 U.S./NATO bombing, followed by the
occupation of Kosovo, it was the largest uncontested piece of wealth in Eastern Europe not
yet in the hands of U.S. or European capitalists.
And they are still fighting over who will get to exploit it. Since NATO forces occupied
Kosovo, almost this entire mining and refining center has been closed down. It sits idle
while the many nationalities who once worked there have been dispersed.
Now an even greater source of newly discovered wealth is making Western corporations
anxious to have an uncontested grip on the province.
On Jan. 10 Reuters reported that Swiss-based Manas Petroleum Corp. had announced that
Gustavson Associates LLC's Resource Evaluation had identified large prospects of oil and
gas reserves in Albania, close to Kosovo. The assigned estimates of the find are up to
2.987 billion barrels of oil and 3.014 trillion cubic feet of natural gas.
Clearly U.S. corporations feel they have a big stake in the region. They have made many
backroom deals and secret promises to Germany, France and Britain to gain their
acquiescence.
But this is a good time to remember how ripe for the picking Iraq looked to Halliburton
and Exxon in 2003. It seemed easy to get the compliance of many countries, even if
Washington couldn't secure a U.N. Security Council vote despite its lies to that body.
The U.S. is hardly the first empire to underestimate the power of an aroused mass
movement to overturn its plans. Imperialist arrogance and overreach can lead to serious
miscalculations.
People in every struggle for full rights and national sovereignty have an interest in
defending and standing in solidarity with the heroic resistance that the people of Serbia
have shown in the past week. This struggle could open a new day of resistance to U.S.
corporate rule across Eastern Europe and the Balkans.
Sara Flounders was in Yugoslavia during the 1999 U.S./NATO bombing to expose these
devastating attacks on the civilian population. She is a co-author and editor of "NATO in
the Balkans" and "Hidden Agenda: U.S./NATO Takeover of Yugoslavia," available at
Leftbooks.com.
Articles copyright 1995-2007 Workers World. Verbatim copying and distribution of this
entire article is permitted in any medium without royalty provided this notice is preserved.
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=== 2 ===
The original english text:
Washington gets a new colony in the Balkans
By Sara Flounders - Feb 21, 2008
http://www.workers.org/2008/world/kosovo_0228/
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5923
---
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-02-
28%2010:51:04&log=invites
Kosovo : Une nouvelle colonie pour Washington, un contrat juteux pour Halliburton
Pourquoi il n'y aura en fait aucune indépendance
Sara Flounders
Lorsqu'on examine de près la toute récente « déclaration d'indépendance» de la province
serbe du Kosovo et la reconnaissance immédiate de cette dernière en tant qu'État par les
États-Unis, l'Allemagne, la Grande-Bretagne et la France, il importe avant tout de savoir
trois choses.
Primo, le Kosovo n'obtient aucune indépendance ni la moindre autodétermination. Il sera
gouverné par un haut représentant et des institutions désignés par les États-Unis, l'Union
européenne et l'Otan. Une espèce de vice-roi à l'ancienne et des administrateurs
impérialistes détiendront le contrôle sur sa politique étrangère et intérieure.
L'impérialisme américain a tout simplement renforcé son contrôle direct sur une colonie
intégralement dépendante située au cur des Balkans.
Secundo, la reconnaissance immédiate du Kosovo par Washington confirme une fois de
plus que l'impérialisme américain entend enfreindre absolument tous les traités ou
accords internationaux qu'il a signés jusqu'à ce jour, y compris les accords qu'il a sortis
lui-même et imposés à d'autres par la force et la violence.
La reconnaissance du Kosovo constitue une violation directe d'une telle loi, en l'occurrence
la Résolution 1244 du Conseil de sécurité des Nations unies, que les dirigeants de la
Yougoslavie ont été forcés de signer pour mettre un terme aux 78 jours de
bombardements subis par leur pays en 1999. Même cet accord imposé stipulait « la
garantie par tous les États membres de la souveraineté et de l'intégrité territoriale » de la
Serbie, une république de la Yougoslavie.
La reconnaissance illégale du Kosovo, cette semaine, a été condamnée par la Serbie, la
Russie, la Chine et l'Espagne.
Tertio, la domination par l'impérialisme américain ne rapporte rien au peuple occupé.
Après neuf années d'occupation militaire directe par l'Otan, le Kosovo a un taux de
chômage atterrant de 60 %. Il est devenu la plaque tournante du trafic international de
drogue et des réseaux de prostitution en Europe.
Les centres industriels (mines, usines, fonderies, raffineries) et les chemins de fer jadis
très actifs de cette petite région riche en ressources sont tous à l'arrêt, aujourd'hui. Sous
l'occupation de l'Otan, les ressources du Kosovo ont été privatisées de force et vendues à
de grosses multinationales occidentales. Les rares emplois du Kosovo consistent presque
uniquement à travailler pour l'armée d'occupation des États-Unis et de l'Otan ou pour les
agences des Nations unies.
La seule construction importante au Kosovo s'appelle Camp Bondsteel. C'est la plus grosse
base américaine construite en Europe depuis une génération. Évidemment, c'est
Halliburton qui a décroché ce contrat. Camp Bondsteel contrôle les routes stratégiques du
pétrole et autres voies de transport de toute la région.
Plus de 250.000 Serbes, Rom et personnes d'autres nationalités ont été chassés de cette
province serbe depuis qu'elle est passée sous le contrôle des États-Unis et de l'Otan.
Quasiment un quart de la population albanaise a également été forcée de s'en aller afin
de chercher du travail ailleurs.
La mise en place d'une administration coloniale
Examinons le plan que le Kosovo doit suivre pour accéder à son « indépendance ». Non
seulement il viole les résolutions de l'ONU, mais il prévoit également une structure tout à
fait coloniale. Il est similaire au pouvoir absolu détenu par L. Paul Bremer au cours des
deux premières années de l'occupation de l'Irak par les États-Unis.
Comment ce plan colonial a-t-il vu le jour ? Il a été proposé par les mêmes forces
responsables de la dislocation de la Yougoslavie, des bombardements de l'Otan et de
l'occupation du Kosovo.
En juin 2005, le secrétaire général des Nations unies, Kofi Annan, faisait de l'ancien
président finlandais Marti Ahtisaari son envoyé spécial chargé de diriger les négociations à
propos du statut final du Kosovo. Ahtisaari n'est pas vraiment un arbitre impartial, quand
il s'agit de l'intervention américaine au Kosovo. Il est président émérite du Groupe
international de crise (ICG), une organisation financée par le multimilliardaire George
Soros et soutenant l'expansion et l'intervention de l'Otan en même temps que l'ouverture
des marchés aux investissements américains et européens.
Le conseil d'administration de l'ICG comprend deux personnages officiels américains clés,
responsables des bombardements au Kosovo : le général Wesley Clark et Zbigniew
Brzezinski. En mars 2007, Ahtisaari a transmis sa Proposition complète de résolution des
statuts du Kosovo au nouveau secrétaire général des Nations unies, Ban Ki-moon.
On peut lire les documents de mise en place d'une nouvelle forme de gouvernement au
Kosovo sur unosek.org/unosek/en/statusproposal.html.
Un résumé est également disponible sur le site Internet du département d'État (=
ministère des Affaires étrangères) américain : state.gov/p/eur/rls/fs/100058.htm
Un représentant civil international (RCI) sera désigné par les officiels américains et
européens en vue de superviser le Kosovo. Ce fonctionnaire pourra rejeter ou annuler
n'importe quelle mesure ou loi et déboulonner n'importe qui de ses fonctions, au Kosovo.
Le RCI pourra exercer le contrôle entier et final sur les départements des douanes et des
taxes, ainsi que sur le trésor et la banque.
L'union européenne installera une mission de politique sécuritaire et défensive (PSDE) et
l'Otan, de son côté, assurera une présence militaire internationale. Ces deux corps
désignés auront le contrôle de la politique étrangère, de la sécurité, de la police, de la
justice et de tous les tribunaux et prisons. Ils bénéficient en outre d'une liberté d'accès
immédiate et totale à toutes activités, opérations ou documents au Kosovo.
Ces corps et le RCI auront le dernier mot à propos des délits et des personnes pouvant
faire l'objet de poursuites; ils peuvent rejeter ou annuler toute décision qui aura été prise.
La plus grosse prison du Kosovo se trouve à la base américaine, Camp Bondsteel, où des
personnes sont détenues sans la moindre accusation, sans surveillance ou représentation
judiciaire.
La reconnaissance de « l'indépendance » du Kosovo n'est que la dernière étape d'une
guerre américaine de reconquête poursuivie sans relâche depuis des décennies.
Diviser pour régner
Les Balkans ont toujours été un assemblage hétéroclite de nombreuses nationalités,
cultures et religions opprimées. La Fédération socialiste de Yougoslavie, apparue après la
Seconde Guerre mondiale, comprenait six républiques dont aucune n'avait la majorité. À
sa naissance, la Yougoslavie était nantie d'un héritage issu des antagonismes
inlassablement exploités par les Turcs ottomans et par l'Empire austro-hongrois, puis des
ingérences de l'impérialisme britannique et français et, enfin, d'une occupation fasciste
par les Allemands et les Italiens durant la Seconde Guerre mondiale.
Le peuple serbe subit des pertes très importantes, au cours de cette guerre. Un puissant
mouvement de résistance dirigé par les communistes et composé de toutes les
nationalités ayant souffert de diverses façons, s'était constitué contre l'occupation nazie
et toute intervention de l'extérieur. Après la libération, toutes les nationalités coopérèrent
et s'engagèrent dans la mise sur pied de la nouvelle fédération socialiste.
En 45 années et, alors qu'au départ elle ne couvrait qu'une région appauvrie, sous-
développée et en proie à de fréquents conflits, la Fédération socialiste de Yougoslavie
allait se développer en un pays stable doté d'une base industrielle, de soins de santé et
d'un système d'enseignement accessible à toutes la population.
Avec l'effondrement de l'Union soviétique au début des années 1990, le Pentagone sortit
immédiatement des plans prévoyant l'expansion agressive de l'Otan vers l'Est. Diviser
pour régner, telle devint la politique américaine dans l'ensemble de la région. Partout, des
forces procapitalistes de droite furent financées et encouragées. Dans le même temps que
l'Union soviétique fut émiettée en plusieurs républiques séparées, affaiblies, instables et
généralement en conflit, la Fédération socialiste de Yougoslavie tenta de résister à cette
vague réactionnaire.
En 1991, alors que l'attention du monde se concentrait sur les bombardements
dévastateurs de l'Irak par les États-Unis, Washington encouragea, finança et arma les
mouvements séparatistes de droite dans les républiques de Croatie, de Slovénie et de
Bosnie de la Fédération yougoslave. En violation des accords internationaux, l'Allemagne
et les États-Unis reconnurent rapidement ces mouvements sécessionnistes et
approuvaient la création de plusieurs mini états capitalistes.
En même temps, le capital financier américain imposa de sévères sanctions économiques à
la Yougoslavie, afin de mettre son économie en faillite. Washington décida alors que
l'Otan était la seule force à même de ramener la stabilité dans la région.
L'armement et le financement de l'UCK, un mouvement d'extrême droite, dans la province
serbe du Kosovo, débutèrent à la même période. Le Kosovo n'était pas une république
distincte de la Fédération yougoslave, mais une province de la république de Serbie.
Historiquement, il avait été l'un des foyers de l'identité nationale serbe, mais avec une
population albanaise qui n'avait cessé de croître.
Washington lança une véhémente campagne de propagande prétendant que la Serbie
menait elle-même une campagne de génocide massif contre la majorité albanaise du
Kosovo. Les médias occidentaux ressassèrent à l'infini des histoires de fosses communes,
de viols et de brutalités en tout genre. Des fonctionnaires américains prétendirent même
qu'entre 100.000 et 500.000 Albanais avaient été massacrés.
Sous l'administration Clinton, des fonctionnaires des États-Unis et de l'Otan sortirent un
ultimatum outrageant: la Serbie devait accepter immédiatement une occupation militaire et
renoncer à toute souveraineté sur le Kosovo, sans quoi elle allait devoir affronter le
bombardement par l'Otan de ses villes, villages et infrastructures. Lors des négociations
qui eurent lieu à Rambouillet, en France, le Parlement serbe vota le refus des exigences de
l'Otan et les bombardements commencèrent.
En 78 jours, le Pentagone largua 35.000 bombes à sous munitions, utilisa des milliers de
projectiles radioactifs contenant de l'uranium appauvri, ainsi que des obus perceurs de
bunkers et autres missiles de croisière. Les bombardements détruisirent plus de 480
écoles, 33 hôpitaux, de nombreux dispensaires de soins, 60 ponts, en même temps que
des sites industriels, des usines chimiques, des centrales électriques et la totalité du
réseau d'électricité. Ce fut le Kosovo, c'est-à-dire la région que Washington était censé
libérer, qui subit les pures destructions.
Finalement, le 3 juin 1999, la Yougoslavie fut forcée d'accepter un cessez-le-feu ainsi que
l'occupation du Kosovo.
S'attendant à découvrir des cadavres partout, des équipes médicolégales originaires de 17
pays de l'Otan et organisées par le tribunal de La Haye pour les crimes de guerre,
retournèrent en tous sens le Kosovo occupé. L'affaire prit tout l'été 1999 mais les équipes
ne découvrirent que 2108 corps, et de toutes nationalités. Certains avaient été tués par les
bombardements de l'Otan, certains au cours de la guerre entre l'UCK et la police et
l'armée serbes. Par contre, les équipes médicolégales ne découvrirent aucune fosse
commune et en purent produire la moindre preuve de massacre ou de « génocide ».
Ce démenti surprenant de la propagande impérialiste provient d'un rapport rendu public
par la principale accusatrice du Tribunal pénal international pour l'ancienne Yougoslavie,
Carla Del Ponte. Il fut publié, mais sans publicité aucune, dans le New York Times du 11
novembre 1999.
La propagande rabique de génocide et les histoires de fosses communes étaient aussi
fausses que les allégations futures prétendant que l'Irak possédait et fabriquait des «
armes de destruction massive ».
Via des guerres, des assassinats, des coups d'État et des embargos économiques,
Washington est parvenu aujourd'hui à imposer une politique économique néolibérale à la
totalité des six anciennes républiques yougoslaves et à les briser pour en faire des mini
états instables et appauvris.
L'extrême instabilité et la pauvreté effarante que l'impérialisme a apportées à la région
constitueront à longue échéance les semences de son propre effondrement. L'histoire des
réalisations de la Yougoslavie au moment où elle jouissait d'une véritable indépendance,
de souveraineté dans l'unité et d'un développement socialiste se réaffirmera d'elle-même
dans le futur.
Traduit par Jean-Marie Flémal pour Investig'Action
24/02/2008, Workers.org
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Sara Flounders, codirectrice de l'International Action Center, s'est rendue en Yougoslavie
durant les bombardements américains de 1999 et elle a rédigé des rapports dénonçant les
attaques américaines contre des cibles civiles. Elle est coauteur et éditrice des ouvrages : «
Hidden Agenda-U.S./NATO Takeover of Yugoslavia » (L'agenda caché des États-Unis et de
l'Otan à propos de la reprise de la Yougoslavie) et « NATO in the Balkans » (L'Otan dans
les Balkans).
Le Kosovo et la géopolitique des Balkans
par Pierre Hillard*
28 FÉVRIER 2008
Depuis
Paris (France)
L’indépendance du Kosovo, le 17 février 2008, marque un tournant dans les Balkans. Une forêt de drapeaux albanais, états-uniens et anglais claquait dans les rues de la nouvelle capitale, Pristina. Ça et là, un « Danke Deutschland » (« merci l’Allemagne ») décorait les frontons de plusieurs bâtiments rappelant le rôle incontournable de Berlin dans la naissance du nouvel État. La reconnaissance de la dernière province de la fédération yougoslave semble clore le démantèlement de ce pays commencé au début de la décennie 1990. En fait, la destruction de cette fédération entre dans un vaste plan de recomposition territoriale et économique des Balkans en liaison avec la Mer noire et le Proche-Orient.
La Yougoslavie doit être détruite
La destruction de ce pays est due à l’Allemagne. En effet, dès les années 1970, les autorités politiques bavaroises sous la direction du ministre-président Franz-Josef Strauss ont organisé de multiples contacts avec les dirigeants slovènes et croates. Il s’agissait de détacher économiquement les États du Nord de la Yougoslavie afin de les intégrer à l’économie occidentale, en premier lieu l’Autriche et l’Allemagne. L’instrument qui a permis à Berlin d’entamer la désintégration de ce pays est passé par une « Communauté de travail » (Arbeitsgemeinschaft), Alpen-Adria [1]. Créée le 20 novembre 1978, cette Communauté regroupe différentes régions issues de différents pays. Outre la Bavière, on y retrouve des régions suisses, autrichiennes et italiennes. À cela, il faut y ajouter depuis la chute du Mur de Berlin les régions hongroises, mais aussi les provinces du Nord de l’ancienne Yougoslavie. Forte d’une superficie de 306 000 km2, cette entité territoriale se dégageant progressivement de l’autorité des différents États prend en charge des domaines comme l’aménagement du territoire, les transports ou encore l’agriculture. Cette dynamique se renforce d’autant plus en raison de l’action de l’Association des Régions Frontalières Européennes (l’ARFE), institut germano-européen, dont l’objectif déclaré est de transformer les frontières nationales en simples tracés administratifs [2].
Le prélude à la sécession de la Slovénie et de la Croatie commença en 1987 quand l’État yougoslave se trouva au bord de la faillite dans l’incapacité d’honorer ses dettes. Cette situation obligea le gouvernement du pays à se placer sous les fourches caudines du Fonds monétaire international (le FMI). Ce fut le commencement de la fin. En effet, le gouvernement allemand en profita pour arguer du fait que la Slovénie et la Croatie, régions plus riches par rapport à celles du Sud, avaient plus de chance d’entrer dans l’Union européenne (à l’époque la CEE). Ce chant de sirène eut l’effet escompté. En juin 1991, les deux républiques du Nord yougoslaves déclarèrent leur indépendance. Cette dernière fut reconnue expressément par le ministre des Affaires étrangères allemand, Hans-Dietrich Genscher en décembre de la même année. Sa détermination entraîna celle des autres pays européens allumant ainsi le brasier yougoslave. En fait, l’action déterminante de l’Allemagne en faveur du démembrement de l’État yougoslave fut précédée en juillet 1991 par Alpen-Adria qui, lors d’une session plénière le 3 juillet 1991, déclara : « Les membres de la communauté de travail d’Alpen-Adria suivent avec une grande inquiétude l’escalade de la violence en Yougoslavie menaçant la paix en Europe (…). Ils considèrent comme de leur devoir d’agir, dans le cadre de leurs possibilités, au fait que le droit à l’autodétermination des peuples de Yougoslavie soit reconnu et que les décisions émanant d’organes démocratiquement élus soient respectées. Ils soutiennent avant tout les efforts démocratiques et non-violents des États membres de Slovénie et de Croatie à réaliser leurs droits à l’autodétermination. Ils sont convaincus que ces républiques ont le droit de revendiquer l’indépendance, la liberté et la solidarité au sein de la Communauté de travail Alpen-Adria » [3]
L’éclatement de la Fédération yougoslave aboutit à l’émergence de multiples unités indépendantes. Les accords de Dayton, signés en 1995, ont fixés temporairement les frontières de ces nouvelles entités nées dans le sang. Cependant, l’affaire n’était pas close avec le cas kosovare. Cette province autonome serbe, véritable foyer de la civilisation de ce pays, s’est vue peuplée progressivement de musulmans en provenance d’Albanie. Réclamant une indépendance face à Belgrade, les représentants albanais du Kosovo ont reçu un soutien complet de la part de l’Union fédéraliste des communautés ethniques européennes (l’UFCE), institut européen mais en fait allemand promouvant une organisation ethnique de l’Europe. Bénéficiant de l’appui d’un haut fonctionnaire du ministère de l’Intérieur allemand [4], l’UFCE a soutenu totalement les revendications kosovares [5]. Réunie sous l’appellation « Union des Kosovars », cette dernière a reçu un appui de Berlin tout en ayant son siège aux … États-Unis dans l’État de l’Illinois [6]. L’intervention militaire de l’OTAN, en mars 1999, fit plier la République yougoslave qui désormais se vit imposer une réorganisation de son espace géographique.
Les Balkans, zone de transit
La grande « faute » du président serbe Milosevic aux yeux des mondialistes est d’avoir refusée de rentrer dans l’organisation politique et financière prônée par la communauté euro-atlantique. En fait, la destruction de la Yougoslavie a permis une complète réorganisation de l’espace politique, économique et militaire. Sitôt la guerre de 1999 terminée, les États-Unis se sont lancés dans la construction d’une base militaire au Kosovo, la plus moderne et la plus importante d’Europe : Bondsteel. Pouvant abriter jusqu’à 7 000 soldats, cette base ultra-moderne est en mesure de surveiller l’ensemble du territoire balkanique, mais aussi la Mer noire et la Turquie. Premier employeur de Kosovars, cette présence états-unienne fidélise le tout nouveau gouvernement indépendant à Pristina. En termes plus clairs, le Kosovo est une annexe du territoire américain en Europe. Cette volonté états-unienne de s’impliquer dans cette zone s’explique en raison de l’importance cruciale de l’acheminement des hydrocarbures en provenance de la Mer Caspienne, plus exactement de Bakou. Parmi les nombreux oléoducs et gazoducs, nous pouvons relever le transbalkanique Burgas-Vlore, le BTC (Bakou, Tbilissi-Ceyhan), Blue Stream, Nabucco, … en concurrence avec le gazoduc russe, Southstream.
La politique états-unienne consiste à contrôler les Balkans, en passant par l’Asie centrale jusqu’au Proche-Orient. Cela passe obligatoirement par une balkanisation de toute cette zone selon la bonne vieille tradition « divisez pour mieux régner ». La parcellisation de l’Europe en raison de l’application des textes germano-européens se double de la volonté d’éclater les États du Proche-Orient en une multitude d’entités ethniques et religieuses. Cette ambition a été présentée officiellement par la revue militaire AFJ (Armed Forces Journal) en juin 2006 sous la plume de Ralph Peters, ancien officier du renseignement. En fait, ces travaux s’appuient largement sur ceux de l’islamologue britannique Bernard Lewis très proche des néo-conservateurs [7]. L’importance de sécuriser l’acheminement du pétrole et du gaz entre le Proche-Orient et les Balkans explique aussi la volonté de mettre sur pied une eurorégion de la Mer noire. Ce concept a été particulièrement développé lors de multiples réunions entre le très influent Bruce Jackson, proche des milieux néo-conservateurs, et les instances européistes. Comme le rappelle avec clarté le représentant états-unien : « La Mer noire est la nouvelle interface entre la communauté euro-atlantique et le grand Moyen-Orient » [8]. Par conséquent, on comprend plus aisément toute l’importance d’une indépendance du Kosovo qui, par l’intermédiaire de sa base US, sera pour Washington un véritable porte-avion quadrillant l’ensemble de cette zone.
Les événements précipitant le Kosovo vers l’indépendance avaient été annoncés lors des colloques réunissant les députés du Parlement européen et ceux du Congrès des États-Unis. En effet, dans le cadre du Transatlantic Legislators Dialogue (TLD), une réunion du 18 au 21 avril 2006 à Vienne annonçait déjà la couleur. Comme le présente le rapport final du TLD : « La délégation américaine se concentre sur la question du Kosovo et indique que la semi-indépendance du Kosovo n’est pas le bon choix. C’est l’autodétermination qui devrait être appliquée, et que la Serbie doit devenir un pays normal, pleinement intégré dans la communauté internationale ». Cette même délégation états-unienne précise « qu’il y a, bien entendu, un problème plus vaste : chaque langue, chaque dialecte doit-il disposer d’un drapeau et d’un pays indépendant ? » [9]. En tout cas, c’est un peu tard pour y penser.
La reconnaissance de la souveraineté du Kosovo par les principales puissances occidentales est un véritable tournant dans les relations internationales. En effet, suite à la guerre de 1999, la résolution 1244 du Conseil de sécurité affirmait reconnaître l’intégrité du territoire serbe, Kosovo inclus, ce dernier bénéficiant d’une forte autonomie. La violation flagrante de cette résolution laisse le droit international en miettes. A quoi bon rédiger des résolutions qui seront piétinées ? Qui plus est, la reconnaissance de ce nouvel État ouvre largement la boîte de Pandore. Que répondre aux autres régions en Europe et partout dans le monde souhaitant obtenir leur indépendance ? Dans l’esprit du mondialisme, ennemi des États-nations, l’émergence de cet État préfigure une chute de dominos en série destructeurs de l’intégrité territoriale de nombreux pays. On aurait voulu faire exprès que l’on ne s’y serait pas mieux pris. Mais justement, il faut croire que les Al Capone du mondialisme l’on fait en toute connaissance de cause. En ce début de XXIè siècle, aucun pouvoir humain n’est en mesure d’arrêter la construction de la Tour de Babel.
Docteur en science politique. Dernier ouvrage publié : La marche irrésistible du nouvel ordre mondial |
[1] Pierre Hillard, Minorités et régionalismes, Paris, éditions François-Xavier de Guibert, 4è édition, p. 242 et suivantes.
[2] Ibid., p. 235.
[3] Ibid.,
[4] Ibid., pp. 184, 336 et 373.
[5] Ibid., p. 152.
[6] Ibid., p. 374 (la liste totale de ces mouvements indépendantistes est présentée à partir de la 2è édition).
[7] Sur l’origine de ce document, lire L’Effroyable imposture 2, par Thierry Meyssan, éditions Alphée, 2007, pp. 217-224.
[8] Pierre Hillard, La marche irrésistible du nouvel ordre mondial, Paris, Editions François-Xavier de Guibert, novembre 2007, p. 61.
[9] Ibid., p. 65.
Nonostante commenti sfavorevoli e proteste, compreso il richiamo dell'ambasciatore serbo, la Svizzera ha annunciato di riconoscere lo "Stato del Kosovo". Questa mossa criminale, dal punto di vista del diritto internazionale, appare in effetti molto legata a questioni interne: il piccolo paese ospita più di centomila kosovari albanofoni, nella categoria provvisoria di richiedenti asilo, o permesso umanitario. Tutto questo ora cambierà: con il riconoscimento del Kosovo da parte della Svizzera, la comunità kosovara dovrà andarsene... (segnalato da DK)
http://www.tanjug.co.yu:86/RssSlika.aspx?10366
Švajcarska priznala nezavisnost Kosova
ŽENEVA, 27. februar (Tanjug) - Švajcarska je danas priznala Kosovo i Metohiju i saopštila da će uskoro uspostaviti diplomatske i konzularne veze sa srpskom pokrajinom koja je jednostrano proglasila nezavisnost 17. februara...
=== 1 ===
Ich vertrete in dieser Sache keine Partei. Ich bin mithin auch kein
serbischer Parteigänger, als der man bald einmal hingestellt wird, folgt man
nicht einem verbreiteten auch links-grünen mainstream. Ich bin im Vorstand
der Gesellschaft Schweiz Islam, vertrete mithin in der Schweiz die
Interessen der Kosovo Albaner bezüglich Religionsfreiheit, Schulförderung
etc.. Hingegen war ich nie der Meinung, die Serben trügen an der Zerstörung
Jugoslawiens die massgebliche Schuld, sie beruhte vielmehr auf einer
Verkettung sehr vieler Ursachen. Innerhalb der grünen und linken Szene in
diesem Lande beschlägt dies eher einen Minderheitsstandpunkt, das stimmt.
Zur Frage der Anerkennung der Unabhängigkeit, stehen folgende Ueberlegungen
im Vordergrund:
-Eine Unabhängkeitserklärung mit völkerrechtlicher Relevanz kann nicht
einseitig erfolgen. Die des Kosovo erfolgte zur Unzeit und gegen die
Beschlusslage der massgeblichen völkerrechtlichen Institutionen. Für die
Unabhängigkeit gerade zum jetzigen Zeitpunkt gibt es nicht eine
völkerrechtlich legitime Voraussetzung. Was völkerrechtlich gilt, kann nur
nach rechtspositivistischer Auffassung geklärt werden - es gelten die in
Kraft stehenden durch die zuständigen Organe des Völkerrechtes erlassenen
Rechtssätze.
- Die nötigen Voraussetzungen der UNO liegen nicht vor. Das Argument, die
UNO sei nicht handlungsfähig wegen des Vetos Russlands und auch Chinas,
sticht nicht. Die Grundlagen der UNO gelten in allen anderen Fällen auch.
Ein Sonderrecht, wenn andere Staaten in Vetoposition sind, für sich
abzuleiten, gehört seit langem zur Spezialität der amerikanischen (und
israelischen) Aussenpolitik und ist neu ein besonderes Markenzeichen der
Bush Administration, für welche die UNO gar nicht existiert - siehe
Golfkrieg, Iran- und Israelpolitik. Für Grüne, die sich als Vorreiter des
Völkerrechts verstehen, kann dies nicht Massgabe sein.
- Die Unabhängigkeitserklärung wäre nie erfolgt, wäre die Regierung Thaci
von den USA nicht auf Grund eigener strategischer Interessen - und später
einem Teil der EU - Sarkozy war anfänglich zurückhaltend, nun hat er
endgültig mit der gaullistischen Tradition Frankreichs gebrochen - geradezu
zu diesem Schritt gedrängt worden. Dass die Schweiz in diesem unrühmlichen
Spiel mit mischelte, ist ein Kapitel für sich.
- Von einer europäischen Dimension zu sprechen, ist unpräzis und evoziert
falsche historische Voraussetzungen. Im Kosovo kumulieren gegen Russland
gerichtete handfeste amerikanische Militär- und Oelinteressen: Gas- und
Oel-Pipeline vom kaspischen Meer in das Mittelmeer, neuer Militärstützpunkt
mit 6'000 GI's.
- Das Selbstbestimmungsrecht war für die USA bislang ohnehin noch nie
massgeblicher Faktor ihrer Aussenpolitik, rekurrieren sie darauf, dient dies
einzig der Kaschierung eigener Hegemonialpolitik. Europa seinerseits
bekundet heute aus eigenen Sicherheits- und Rohstofinteressen keinerlei
Interesse an alter und vor allem an neuer Militärpräsenz der Amerikaner in
Europa. Diese richtet sich gegen die neuen Realitäten der Gewichte der
Weltpolitik bezüglich der Aufteilung der Ressourcen und zielt auf die
weitestmögliche Ausschaltung Russlands und indirekt auch Chinas in der
Rohstoffpolitik. Die amerikanische Kosovo Politik ist diesbezüglich mit
ihrer Iranpolitik identisch.
- Es war nota bene auch nicht die EU, die die USA zum Sonderstatus im Kosovo
eingeladen hätte. Von einer europäischen Zukunftsperspektive in
Ex-Jugoslawien zu sprechen, tönt zwar gut, verkennt aber die Entwicklung
seit 1990. Das postjugoslawische Staatengebilde kann bei bestem Willen nicht
als positiver Ausfluss einer Friedenspolitik der EU charakterisiert werden.
Die Zerschlagung Jugoslawiens zielte auf die Zerschlagung eines
multiethnischen Staates, wofür endogene, hauptsächlich aber eben auch
exogene Konstellationen massgeblich waren.
- Deutschland und alsbald die damalige EU, waren an der Zerstückelung
Jugoslawiens, für die es keinen Grund gab, schon gar nicht einen
europäischen, von allem Anfang an beteiligt. Vorerst schien es, als ginge es
um eine neue Grenzziehung Europas entlang der Grenze der Drina, mithin eine
Ausgrenzung des christlich orthodoxen Teiles entlang der ehemaligen Grenzen
Oesterreich- Ungarns - die Brücke von Ivo Andric lesen. Die von Deutschland
erzwungene vorschnelle Anerkennung Kroatiens und Sloweniens setzten ein
falsches Fanal, eigne wirtschaftliche Interessen waren fraglos mit im Spiel.
Fast machte es zudem den Anschein, als sei Deutschland wieder in die
Position weiland Bismarck's zurückgefallen. Die neuen antiserbischen Töne
glichen sich fast wörtlich an jene der Bismarck Zeit an.
- Damit verband sich das Interesse der USA, die Einflusssphäre Russlands zu
schwächen. Der Kosovo war an der Seite Kroatiens, des Hauptfeindes der
Serben, was sich auf Grund der eigenen Unterdrückungssituation, die niemand
leugnet, wiederum von selbst verstand. Die amerikanischen Sonderinteressen
eines neuen möglichen Stützpunktes in geopolitisch zentraler Lage kamen
zusätzlich hinzu.
- Natürlich entwickelte sich eine Eigendynamik, bei der die serbische
Politik zum Debakel wesentlich mit beitrug, sie kann indes nicht als haupt-
oder gar alleinschuldig angesehen werden. Nachdem die Schranken gefallen
waren, war jede "Volksgruppe" auf ethnische Säuberung des von ihr
reklamierten Territoriums aus, die christlich orthodoxen Serben, die
katholischen Kroaten und die muslimischen Bosnier, nun auch die muslimischen
Kosovo Albaner (s.u.).
- Dass das damals nicht gesehen wurde, erscheint auf Grund des Jubels nach
dem Fall der Mauer als noch einigermassen verständlich, es heute einfach
auszublenden, macht eine Analyse im mindesten unvollständig. Richtig ist:
die Geschichte darüber ist noch nicht geschrieben - was umso mehr zur
Vorsicht gegenüber Einseitigkeiten mahnt. Aber es mehren sich gewichtige
Stimmen der Kritik am blinden Vorgehen Deutschlands und der EU - zum
Beispiel jene Helmuth Schmidts.
- Deshalb ist es aus zwei Gründen falsch, die europäische
Zukunftsperspektive, die durch die Unabhängigkeit des Kosovo's forciert
würde, in den Vordergrund zu stellen. Zum einen, weil der Kosovo vornehmlich
eine nicht auf europäische Interessen ausgerichtetes "US-Protektorat" ist
und weiterhin sein wird. Zum anderen, weil die EU bislang keine glaubwürdige
Perspektive für alle Länder Ex Jugoslawiens entwickelt hat.
- Zudem: die Spanier wissen, warum sie gegen die sofortige Anerkennung sind,
obgleich die EU nie die Unabhängigkeit Katalaniens oder des Baskenlandes
gegen Spanien anerkennen würde. Das gleiche gilt für Nordirland. Die EU
verfügt bezüglich einseitiger Unabhängigkeitswünschen mithin über überhaupt
keine einheitliche Strategie.
- Die Anerkennung des Kosovo's erfolgt heute nur, weil die EU gegenüber den
USA einmal mehr ins Hintertreffen geraten ist, und zu eigenständigen
Lösungen nicht fähig war. Nicht die EU hat den Gang der Entwicklung
diktiert, sondern die USA! Insofern ist es gerade nicht so, dass die
Europäer hier ihre eigene Situation klären, sie werden vielmehr zu
"Geklärten".
- Als Randnotiz: Wer würde in der Schweiz eine einseitige
Unabhängkeitserklärung des Jura ohne Einbettung in ein Abkommen mit der
Eidgenossenschaft hinnehmen, obgleich objektiv die drei Voraussetzungen für
die Unabhängigkeit objektiv ebenfalls erfüllt wären.
- Mit der Anerkennung des Kosovo als unabhängiger Staat werden früher oder
später alle nicht albanischen Minderheiten de facto vertrieben. Die
Staatsgründung basiert mithin de facto auf ethnischer Säuberung, um die zu
verhindern anfänglich der Westen in den Krieg zog - in der Essenz sind sie
nun fast durchgängig verwirklicht, pikanterweise ist heute Serbien (ohne
Kosovo) der Staat mit den meisten ethnischen Minderheiten.
- Den gegenteiligen Beweis hätten die jetzige kosovarische Regierung und die
Schutzmächte erbringen können und müssen. Ihr diesbezügliches Versagen ist
eklatant. Nun zu bekennen, sich für die Rechte der Minderheiten vehement
einzusetzen, ist bestenfalls gut gemeint, vorgebracht, weil natürlich dieser
Schwachpunkt von niemandem negiert werden kann. Die Realpolitik der
Beteiligten hat ihn aber negiert. Wer den Kosovo in seiner forcierten
Unabhängigkeit bestärkt, nimmt die Vertreibung in Kauf.
- Der Kosovo kann nicht einfach als originärer Sonderfall bezeichnet werden.
Wer dies vertritt, übernimmt einfach den historischen Standpunkt der Albaner
(des Kosovo), der sich - mindestens in dieser Einseitigkeit - kaum
historisch belegen lässt. Völkerrechtlich jedoch war und ist der Kosovo ein
Teil von Serbien. Jede Ethnie, die für sich die staatliche Unabhängigkeit
reklamiert, wird sich zur Legitimation als originären Sonderfall bezeichnen.
- Man kann mithin für oder gegen die Unabhängigkeit des Kosovo sein, aber
man kann nicht im Ernst sagen, die Situation präsentiere sich
völkerrechtlich anders als in Kurdistan, im Baskenland, im Jura oder in
Nordirland. Eine andere Qualität beschlägt das Recht auf einen eigenen Staat
Palästinas. Da geht es nicht um Sezession, sondern um die Beendigung der
Besatzung und die Rückkehrmachung der Massenvertreibung. Immerhin liegt seit
1967 die UNO Resolution 242 vor, weder die USA noch die EU haben sich
indessen bislang ernsthaft zum Handeln gemüssigt gesehen, was nur zeigt, wie
wenig berechtigt diese Staaten sind, sich auf universale Prinzipien zu
berufen.
- Die Unabhängigkeit des Kosovo's wird früher oder später zur Realität
werden. Es besteht indessen kein Grund, deren einseitigen Forcierung gegen
das Völkerrecht zum Durchbruch zu verhelfen. Das gereichte Europa nicht zur
Stärkung, sondern brächte es in den unrühmlichen völkerrechtswidrigen Sog
der Amerikaner gegenüber dem Rest der Welt. Im jetzigen Jubel geht das
vielleicht unter. Alsbald werden aber die Töne kritischer.
- Für die Schweiz, die bislang unter Bundesrätin Calmy-Rey in den letzten
zwei Jahren bezüglich Anerkennung eine unrühmliche Rolle gespielt hat, was
von Teilen unserer Fraktion auch öffentlich zum Ausdruck gebracht wurde,
besteht kein Grund zur Anerkennung in den nächsten Tagen. Die Lage der
Minderheiten hat sich nicht geändert, es gibt keinen völkerrechtlichen
Status. Schliesslich stellt sich aber auch die Frage: wie kann ein de facto
Protektorat unabhängig sein? Es ist an der zeit, dass die Schweiz ihre
diesbezügliche Politik überdenkt.
- Es müsste auch ausführlicher dargelegt werden, was die innenpolitischen
Gründe für eine sofortige Anerkennung wären. Ohnehin muss geklärt werden, ob
und wie die bisherigen Sonderbeziehungen der Schweiz im Kosovo
weiterbestehen sollen. Ich verweise auf die Ablehnung der Grünen einer
Weiterführung von Swisscoy - für die SP ist deren Fortsetzung gerade Teil
ihrer Anerkennungsstrategie, was unterschiedliche Ausgangspositionen
markiert!
- Natürlich gäbe es auch zum heutigen Gesicht des Kosovo, eine Mischung
zwischen amerikanischem Protektorat und hypermafiösen Strukturen,
zusätzliches zu sagen. Paradoxerweise ist es die DEA, die amerikanische
Drogenbehörde, welche den Kosovo als einer der weltweit grössten
Drogenumschlagplätze bezeichnet. Niemand soll mithin sagen, mit der
Unabhängigkeit des Kosovo entstehe in Ex Jugoslawien ein zukunftsträchtiger
Staat auf eigenwirtschaftlicher und rechtsstaatlicher Grundlage.
ALS FAZIT BLEIBT: WER JETZT ANERKENNT, WIDERSETZT SICH DEM VOELKERRECHT, BEGEUNSTIGT DIE VERTREIBUNG VON MINDERHEITEN UND PROTEGIERT EIN PROTEKTORAT DER USA UND VON TEILEN DER EU.
Seltsamerweise ist für einige die Moral auf der Seite des Kosovo. Was zeigt,
dass eben endlich das Völkerrecht und nicht die Moral vorrangig sein sollte.
Da sind wir wieder beim Streit Luhmann - Habermas.
2) LA PROPOSTA DI AHTISAARI PER IL KOSOVO: INGIUSTA E DI OSTACOLO ALLA PACE (maggio 2007)
LA PROPOSTA DI AHTISAARI PER IL KOSOVO:
INGIUSTA E DI OSTACOLO ALLA PACE
Di Johan Galtung – Hakan Wiberg – Jan Oberg
Sin dal mese di febbraio (2007) questo articolo è stato diffuso a parecchi quotidiani ma è stato stampato solo dallo svedese Aftonbladet e dal danese Jyllands Posten
E’ stato proposto a ciascuno dei seguenti giornali che o non hanno risposto – per la maggior parte – o hanno declinato la proposta: The Guardian (Interventi liberi e servizi speciali), the Wall Street Journal (quale risposta a una lettera a favore dell’indipendenza del Kosovo), The Sunday Teleghaph, The Washington Post, New York Times, International Herald Tribune, Politiken e Berlingske Tidende (Danimarca), Dagens Nyheter (Svezia).
Quale pensate possa essere la ragione per la quale nessuno di questi giornali, che si sono distinti per la loro indipendenza, ha mostrato il minimo interesse per esso?
a) E’ scritto male.
b) Gli autori non sanno quello di cui parlano.
c) Gli autori pensano ci siano altre soluzioni oltre a quella suggerita da potenti governi occidentali, inclusi quelli che hanno bombardato la Serbia e il Kosovo nel 1999.
d) Gli editori dei giornali non pensano che il problema del Kosovo sia o possa diventare rilevante.
e) L’articolo critica la copertura data dai media a questo conflitto.
f) Gli editori sono sovraccaricati di proposte e leggono solo alcuni degli articoli che vengono loro proposti, spesso quelli di persone in vista, potenti e conosciute.
g) Se questo punto di vista iniziasse a diffondersi, le persone potrebbero iniziare a chiedere se il bombardamento della Nato sia stata la cosa giusta da fare.
h) Tutti sanno che il caso del Kosovo è unico nella politica mondiale. Non ci sono alternative alla sua indipendenza e, così, non c’è nulla che meriti realmente di essere discusso.
i) Non viene detto nulla che non sia già stato detto in migliaia di articoli sul Kosovo.
j) Altre ragioni?
Noi accogliamo volentieri il vostro punto di vista, non solo a proposito dell’articolo ma anche su come pensate che i media si occupino di conflitto, guerra e pace.
11 maggio 2007
Il mondo occidentale ha una stampa libera, e una stampa libera può presentare diversi punti di vista. Perché allora la storia del Kosovo è stata è stata rappresentata così uniformemente negli ultimi 15 anni? E perché la proposta di mediazione di Martti Ahtisaari per lo status futuro del Kosovo – e la copertura mediatica data ad essa – è così parziale e non obiettiva?
Un resoconto imparziale dovrebbe includere la prospettiva dei Serbi, dei Rom e delle altre minoranze presenti in Kososvo, non soltanto quella della maggioranza albanese.
E’ certamente vero che la Serbia, sotto Milosevic, represse duramene gli Albanesi del Kosovo. L’altro lato della medaglia è che questi (gli Albanesi del Kosovo – ndt) furono estremamente propensi a una visione nazionalista e secessionista sin dalla loro collaborazione con Mussolini. Quando, nel 1974, Tito diede loro probabilmente la maggiore autonomia di cui qualsiasi minoranza abbia goduto, essa fu vista da molti Serbi come una politica anti – serba, poiché ricompensava la ribellione (degli Albanesi - ndt) avvenuta lo stesso anno. Inoltre, è certamente nobile prendersi cura dei diritti delle minoranze ma la comunità internazionale non si è mai interessata allo stesso modo di analoghe repressioni sui civili serbi in Croazia, Bosnia e Kosovo.
E’ indubbiamente vero che la Serbia ha avuto un potere militarizzato e poliziesco. Ma i resoconti costantemente omettono che la piuttosto riuscita lotta nonviolenta degli Albanesi del Kosovo fu annientata da USA e Germania quando, dal 1993, essi hanno clandestinamente cominciato ad armare gli estremisti albanesi del Kosovo e creato l’UCK (Ushtria Clirimtare E Kosoves o anche KLA – Kosovo Liberation Army), alle spalle del leader del movimento nonviolento Ibrahim Rugova.
E’ sicuramente ragionevole che i governanti serbi debbano essere processati come possibili criminali di guerra. Ma i resoconti costantemente omettono che l’attuale Primo Ministro del Kosovo, Agim Ceku, fu il comandante dell’esercito Croato durante l’operazione della Sacca di Medak nel 1993, dove ogni essere umano vivente e ogni animale fu ucciso; che come tale egli partecipò alle operazioni con le quali 200.000 cittadini Serbi della Croazia furono scacciati nel 1995.
Ceku fu un leader dell’UCK e la Nato non ha disarmato l’UCK. Il mondo ha voltato i già ciechi occhi da un’altra parte quando 200.000 serbi del Kosovo sono stati espulsi; poi l’UCK provocò una situazione di violenza nel Sud della Serbia e la guerra in Macedonia.
E’ indubbiamente vero che qualcosa come 800.000 Albanesi fuggirono dal Kosovo nel 1999. Essi lo fecero perché a) imperversava la guerra tra le truppe serbe e quelle dell’UCK con i suoi 20.000 ben armati combattenti; b) le armate serbe li mandarono via; C) le bombe della Nato caddero per 78 giorni. La prova che supportava le argomentazioni di Bill Clinton a giustificazione dei bombardamenti – che Milosevic avesse un piano, simile a quelli di Hitler, per espellere 1,5 milioni di Albanesi, non è mai stata prodotta. La maggior parte dei media amplificarono questa manipolazione psicologica in favore della guerra.
Gli albanesi del Kosovo sono tornati indietro. I serbi no. Così per l’Europa il problema maggiore rispetto ai rifugiati è con la Serbia. E’ un fiasco di proporzioni himalaiane e una sconfitta morale per le Nazioni unite, l’Unione Europea, la Nato e l’Osce – gli attuali governatori del Kosovo – che essi abbiano fallito nel creare le condizioni per consentire il giusto ritorno dei Serbi, dei Rom e delle altre minoranze.
E’ sicuramente vero che gli albanesi del Kosovo hanno sofferto. Ma sostenere che questa sofferenza significa a) che la Serbia ha perso la sua sovranità sulla provincia per sempre (una sovranità sottolineata nella Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite) e b) che il Kosovo deve quindi divenire il secondo stato Albanese indipendente in Europa è di una eccezionalità pericolosa. Che cosa si deve dire allora a proposito della sofferenza in Tibet, Cecenia, Kurdistan, Palestina, Abkhazia, Ossezia del Sud, Tamil Eelam, nella provincia basca, nell’Irlanda del Nord, nella parte Nord di Cipro, o in Serbia?
Sono tutti destinati a divenire indipendenti passando attraverso i bombardamenti della Nato e la successiva “magica” mediazione di Ahtisaari?
E’ particolarmente bizzarro il caso della Serbia. Nel 2000 i cittadini della Serbia multietnica deposero in modo nonviolento Milosevic, il loro leader durante la guerra. Croati, Musulmani e Albanesi ancora celebrano i loro. Gli attuali leader del Kosovo erano i leader durante la guerra, e noi dobbiamo essere assolutamente sicuri che essi non siano né criminali di guerra né mafiosi prima di premiarli con uno stato indipendente.
La proposta di Athisaari è stata commissionata da poteri politici privi di capacità professionali di mediazione e di risoluzione dei conflitti. E’ il risultato di lungo periodo di alcuni fatti: che la comunità internazionale non ha mai compreso la complessità della Yugoslavia, che non ha facilitato una soluzione negoziata nei primi anni ’90, quando una soluzione era possibile, che non ha mai utilizzato gli stessi principi per risolvere gli stessi problemi e che ha creduto che la pace potesse emergere ignorando una delle parti in conflitto, bombardando un territorio conteso in modo inaudito ed occupandolo.
Gli avvocati dell’indipendenza del Kosovo avrebbero dovuto usare creatività ed empatia.
Immaginare che Athisaari potesse offrire alla Serbia cose come una compensazione economica per i bombardamenti e le sanzioni patite, un pagamento per poter accettare un Kosovo al di fuori del patrimonio della Serbia, affittato per dare spazio alla gigantesca base americana Bondsteel e con pattuglie di confine serbo – albanesi.
Immaginare che egli potesse suggerire delle negoziazioni circa l’autonomia interna del Kosovo rispetto alle altre regioni della Serbia più a nord, e aperto una via veloce di adesione della Serbia e del Kosovo alla UE.
Immaginare che egli negasse ai leader di guerra oggi presenti in Kosovo l’enorme nuovo esercito che essi vogliono; che destabilizzerà la regione e minaccerà la Serbia e gli altri paesi confinanti.
Prima di incolpare i Serbi e la Serbia per le proteste per il piano di Anthisaari e della politica occidentale, trovate uno stato sovrano i cui leader del tempo di pace non protesterebbero per tale arroganza. Il piano di Anthisaari è ingiusto, non intellettualmente accettabile e non praticabile. In quanto strumento al servizio degli interessi di una miope politica occidentale, esso creerà instabilità, miseria e, molto facilmente, violenza.
Gli autori sono soci Transnational Foundation for Peace and Future Research, TFF, in Svezia. www.transnational.org. Ognuno di essi ha seguito gli sviluppi, e periodicamente operato nei conflitti nella ex Yugoslavia per più di 30 anni.
Behind Bars in America 2008
L'ultimo rapporto del 'Pew's Center on the States' afferma che, per
la prima volta nella storia, più di un adulto ogni 100, negli Stati
Uniti, è adesso in prigione
http://www.pewcenteronthestates.org/report_detail.aspx?id=35904
"A new report by Pew's Public Safety Performance Project details how,
for the first time in history, more than one in every 100 adults
in America are in jail or prison—a fact that significantly impacts
state budgets without delivering a clear return on public safety..."
(segnalazione: DK)