Informazione

SEGNALIAMO IL SITO:

> http://www.realitymacedonia.org.mk

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I dispacci ANSA che seguono sono leggibili su:

> http://wwww.ansa.it/balcani/macedonia/macedonia.shtml

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MACEDONIA: GB, CRITICHE A MISSIONE NATO E GOVERNO
(ANSA) - LONDRA, 28 AGO - Suscita polemiche in Gran Bretagna la missione
della Nato in Macedonia. Le obiezioni, catalizzate dalla morte del
soldato Sapper Ian Collins, piovono sul governo laburista da tutte le
parti: i conservatori vogliono spiegazioni, alcuni giornali criticano
apertamente, il padre del soldato ucciso a sassate da una banda di
ragazzi dice che il figlio non doveva essere mandato li' a morire.
Questa ondata di malumore e' assolutamente insolita per la Gran Bretagna
dove in genere le missioni militari vengono affrontate da stampa e
opinione pubblica con baldanzoso spirito guerriero. A suscitare le
maggiori perplessita' e' che la partecipazione britannica alla missione
'Raccolto Essenziale' e' stata decisa a parlamento chiuso e con il
governo praticamente in vacanza. Tony Blair, nel sud della Francia con
la famiglia, non tornera' a Londra prima di qualche giorno, il ministro
della Difesa Geoff Hoon e' negli Usa e il ministro degli Esteri Jack
Straw, che giovedi' andra' a Skopje, e' tornato oggi frettolosamente in
citta'. L'incarico di replicare alle critiche e' stato affidato ad un
portavoce di Downing Street il quale ha smentito che Blair, Straw e Hoon
non siano stati ''strettamente coinvolti'' nella decisione di mandare le
truppe in Macedonia. ''Si sono sempre mantenuti in stretto contatto con
l'evolversi della situazione'', ha affermato il portavoce. Il quale ha
aggiunto che ieri il premier ha parlato al telefono con il presidente
macedone Boris Trajkovski e che Straw si e' sentito sia con il
segretario generale della Nato George Robertson che con il ministro
degli Esteri macedone Llinka Mitreva. Intanto pero' i due candidati alla
leadership del partito conservatore, Iain Duncan Smith e Kenneth Clarke,
hanno siglato un momentaneo armistizio per chiedere insieme che il
governo fornisca piu' informazioni sull'intervento britannico in
Macedonia. Un intervento apertamente criticato oggi da un editoriale
dell'autorevole quotidiano 'Daily Telegraph', nel quale si afferma, tra
l'altro, che alcune unita' britanniche sono in Macedonia ''soltanto
perche' altri paesi che avevano promesso truppe finora non hanno
mantenuto l'impegno''. ''E - continua il giornale - malgrado il rapido
mutare dei termini del dispiegamento, il governo rimane vago sulle sue
intenzioni''. Duro anche il commento del padre del militare ucciso:
''non credo che i nostri soldati debbano essere li'. Il Kosovo era
differente, c'era gente innocente che soffriva. Questa e' una guerra
civile con due fazioni che si combattono'', ha affermato Kevin Collins.
Opinione condivisa dal quotidiano 'Daily Mail'' che in un editoriale
pone due domande al governo: ''cosa stanno facendo in Macedonia i nostri
soldati e perche' la decisione di mandarli e' stata presa senza neppure
un minuto di dibattito parlamentare?''. (ANSA). RN
28/08/2001 18:02

MACEDONIA: TESTIMONE A TIMES, CONOSCO CHI HA UCCISO SOLDATO
(ANSA) - LONDRA, 28 AGO - Sarebbero dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni i
responsabili della morte del militare britannico vicino a Skoplje. Il
Times riporta la testimonianza di un giovane meccanico macedone che
avrebbe assistito all'agguato mentre tornava a casa. Sima Stojic, questo
il nome del testimone di 18 anni, ha detto che un gruppo di giovani,
circa una decina, stava aspettando il passaggio del veicolo militare e
che un ragazzo, di cui dice di conoscere il nome, avrebbe lanciato un
blocco di cemento contro la vettura proprio mentre passava sotto un
ponte. Il blocco ha sfondato il parabrezza e colpito violentemente il
soldato che era alla guida del mezzo. Un capitano che gli sedeve a
fianco non ha riportato ferite.
''Cinque giovani - ha raccontato il testimone- erano su un ponte
cercando di individuare le vetture militari che si avvicinavano. Gli
altri stavano pronti con il blocco di cemento. Ho visto uno di loro
prendere il blocco, alzarlo sopra la testa e poi lanciarlo proprio
contro la vettura''. Il veicolo sarebbe scivolato per una quindicina di
metri e poi si sarebbe rovesciato. A quel punto i giovani macedoni
sarebbero scesi dal ponte avrebbe cominciato a tirare sassi contro la
vettuta, ma all'arrivo di altri mezzi militari della Nato sarebbero
scappati. BI
28/08/2001 11:28

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MACEDONIA: ORTODOSSI RAGGIUNGONO MONASTERO IN ZONA UCK (2)
(ANSA) - LESOK (MACEDONIA), 28 AGO - Un prete ortodosso ha celebrato un
rito religioso sulle macerie della chiesa devastata dall'esplosione, ma
l'intera cerimonia e' stata osservata dall' alto da almeno due
guerriglieri dell' Uck mimetizzati tra la vegetazione in cima a una rupe
che incombe sulla spianata del monastero. Almeno uno dei due combattenti
sembra essere armato, e tra i fedeli che partecipano al rito si e' fatta
strada la convinzione che siano cecchini. All' ingresso del piccolo
villaggio di Lesok, dove molte case di proprieta' macedone risultano
incendiate o devastate, sosta una camionetta della task-force Harvest
della Nato. Conclusa la messa i fedeli stanno lentamente lasciando la
zona dopo aver acceso decine di candele tra i ruderi della chiesa.
(ANSA). BLL/FV
28/08/2001 13:28

MACEDONIA: ORTODOSSI RAGGIUNGONO MONASTERO IN ZONA UCK
(ANSA) - LESOK (MACEDONIA), 28 AGO - Un gruppo di alcune centinaia di
macedoni ortodossi ha potuto raggiungere oggi il monastero di
Lesok, nella Macedonia nord-occidentale, per celebrare la festa della
Madonna dell' Assunta, che rappresenta il Ferragosto ortodosso, in una
delle zone fino a pochi giorni fa occupate dalla guerriglia albanese: lo
ha constatato un giornalista dell' Ansa sul posto. I fedeli si sono
radunati intorno alle macerie di una delle tre chiese che ci sono all'
interno del complesso religioso e che due settimane, rimaste dopo
l'attentato di due settimane fa e attribuito ai guerriglieri dell' Uck.
Il convoglio di macedoni, partito da Skopje nelle prime ore del mattino,
ha sostato a lungo a Tetovo prima di poter proseguire e raggiungere
senza incidenti Lesok. Per arrivare nella zona del monastero, il
convoglio ha attraversato il quartiere di Drenovec, tutt'ora controllato
dai guerriglieri dell' Uck, che tuttavia non hanno creato loro alcun
problema. (ANSA). BLL/FV
28/08/2001 12:55

MACEDONIA: GERMANIA; SCONTATO SI' BUNDESTAG A INVIO TRUPPE
(ANSA) - BERLINO, 28 AGO - Appare sempre piu' scontato un si' domani al
voto del Bundestag sull'invio di soldati tedeschi in Macedonia:
dopo le resistenze dei giorni scorsi, l'opposizione cristiano
democratica Cdu-Csu ha infatti annunciato che domani fotera' in favore
dell'intervento Nato. Oggi, in riunioni dei vertici e dei gruppi
parlamentari, tutti i partiti decidono in via definitiva sul voto
domani. Un'ampia maggioranza del parlamento pare sempre piu' probabile.
Il placet delle unioni e' stato annunciato dal capogruppo Cdu-Csu
Friedrich Merz dopo una riunione stamane dei vertici dei gruppi
parlamentari. La decisione, ha precisato, e' avvenuta di intesa con la
leader Cdu Angela Merkel, che nei giorni scorsi aveva avuto diversi
contatti con il cancelliere Gerhard Schroeder. L'avallo definitiva alla
decisione sara' preso in una riunione di tutto il gruppo stasera. Merz
stesso e il suo vice Michael Glos, della Csu bavarese, partiranno
domani, dopo la riunione straordinaria del Bundestag, per un sopralluogo
in Kosovo. Giovedi' vogliono seguire la partenza dei soldati tedeschi
per la Macedonia. Giovedi' scorso il governo rosso-verde aveva deciso
l'invio di 500 soldati della Bundeswehr in Macedonia nell'ambito dell'
intervento Nato. La decisione, a differenza di quasi tutti gli altri
paesi Nato, deve essere ratificata in Germania dal parlmento, che
votera' domani in una seduta straordinaria. Fino alla fine la
maggioranza era a rishcio: voci critiche fra i Verdi, circa 30 deputati
della sinistra Spd contrari, e forti riserve nell'opposizione Cdu-Csu e
liberale (Fdp). Per prima ha cambiato idea la Fdp. Poi e' seguita
l'unione, che in primo luogo reclamava maggiori finanziamenti per le
truppe. In cambio di qualche concessione del governo, la Cdu-Csu, anche
per non risultare il solo partito assieme ai post- comunisti della Pds a
votare contro l'intervento Nato, ha dato ora l'ok e scongiurato cosi' un
debacle politica. (ANSA). BUS
28/08/2001 12:43

MACEDONIA: DISARMO, CIVILI MACEDONI BLOCCANO RITIRO SOLDATI
(ANSA) - SKOPJE, 27 AGO - Civili macedoni hanno innalzato barricate
questa mattina intorno a un quartiere di Tetovo, citta' di maggioranza
albanese nella Macedonia nord-occidentale, per impedire il ritiro dalla
zona di soldati della forza di sicurezza macedoni previsto invece dal
piano di disarmo della Nato. Secondo quanto ha riferito Radio Skopje le
barricate sono state erette nel quartiere Koltuk, unico a maggioranza
macedone della citta'. Ieri il primo ministro Ljuco Georgevski aveva
detto di essere contrario al ritiro delle truppe macedoni ''fino a
quando i terroristi albanesi non avranno consegnato definitivamente
tutte le armi''. (ANSA). BLL-COR/FCC
27/08/2001 09:20

MACEDONIA: BALLETTO DI CIFRE SULL'ARSENALE DELL'UCK/ ANSA
(ANSA) - SKOPJE, 26 AGO - La Nato ha oggi indicato che sono 3.300 le
armi che la Task force in Macedonia iniziera' a raccogliere da domani.
Ma sui numeri del disarmo dei guerriglieri dell'Uck, da giorni e' in
atto un vero e proprio balletto delle cifre. Eccole. NATO - Nelle sue
prime stime l'Alleanza aveva parlato di circa 3.000 pezzi da ritirare.
Dopo l'accordo di venerdi con l'Uck la cifra era salita a 3.500. Oggi il
generale Gunnar Lange, comandante della Task force, ha detto che le armi
da prendere in consegna sono 3.300. L'arsenale comprende 2 carri armati,
2 veicoli blindati, 6 sistemi di difesa antiaerea, 130 tra mortai e
anticarro, 210 mitragliatrici e 2.552 fucili da assalto. Al calcolo
vanno poi aggiunte 600 tra mine e granate, e oltre 111.000 munizioni.
GOVERNO MACEDONE - Le autorita' di Skopje hanno fornito numeri
nettamente discordanti da quelli della Nato ed hanno sempre parlato di
decine di migliaia di pezzi. Il premier Georgievski ieri ha 'sparato' la
cifra di 80.000. Tornando a contestare le stime dell'Alleanza, oggi e'
sceso a una stima di 60.000 armi. GUERRIGLIERI UCK - La guerriglia
albanese inizialmente aveva detto di possedere solo 2.300 pezzi.
Nell'accordo con la Nato ha finito per accettare un tetto piu' alto,
anche se lontano dalle stime del governo. JANE'S DEFENCE WEEKLY - Nel
suo numero di ieri, il settimanale britannico specializzato in problemi
militari fornisce un proprio quadro e sostiene che i pezzi che la Nato
dovrebbe ritirare sono circa 24 mila cosi' ripartiti. Fucili d'assalto:
8.000 Mitragliatrici: 250 Fucili di precisione 200 Mortai: 200 Bazzoka:
50 Lanciarazzi anticarro: 100 Fucili semiautomatici: 15.000 (ANSA).
COR-ZU
26/08/2001 20:04

MACEDONIA: SCONTRO TRA NATO E GOVERNO SU NUMERI DISARMO/ANSA
(dell'inviato Carlo Bollino) (ANSA) - SKOPJE, 25 AGO - Il numero di armi
che la Nato si aspetta di raccogliere dalla guerriglia albanese in
Macedonia e' ''ridicolo'', il disarmo non bastera' a far finire la
guerra e il parlamento potrebbe persino bocciare le riforme
costituzionali contenute nel piano di pace: a missione Nato ormai
avviata, il premier Ljubco Georgevski gela la comunita' internazionale e
lascia intravedere i contorni di quella ''trappola'' nella quale i
militari dell'Alleanza atlantica rischiano di finire. Non c'e' ancora un
accordo tra autorita' macedoni ed esperti della Nato sulla misura del
disarmo che da lunedi' iniziera' a partire dalla regione settentrionale
di Kumanovo, una delle piu' colpite dai combattimenti dei mesi scorsi.
Qui,dove probabilmente dalla prossima settimana opereranno anche i
soldati italiani, la guerriglia albanese si dice pronta a consegnare a
militari francesi e britannici le prime mille armi. Ha detto all'Ansa il
comandante Sokoli, leader locale della guerriglia: ''Il nostro disarmo
e' praticamente gia' iniziato, abbiamo raccolto i nostri armamenti nel
comune di Lipkovo e lunedi' li consegneremo alla Nato''. Il disarmo, ha
detto Sokoli, riguarda finora due ''brigate'' dell'Uck, per un totale di
circa 1.500 uomini. ''Questa prima consegna - ha aggiunto - costituisce
all'incirca un terzo del nostro arsenale''. Ma e' proprio su questo
punto che e' esploso lo scontro tra autorita' macedoni e Alleanza
atlantica. Gli esperti della Nato avrebbero infatti concordato con l'Uck
la consegna di circa 3.500 armi in tre fasi successive, cifra definita
''ridicola'' dal premier Ljubco Georgevski. Il primo ministro ha
affermato che ''secondo i nostri calcoli, i terroristi albanesi devono
consegnare almeno 80 mila armi'' e che adesso ''spetta alla Nato
correggere le sue stime''. Il portavoce della task force 'Raccolto
essenziale', Barry Jhonson, ha spiegato che sono in corso ''negoziati
con le autorita' macedoni sul calcolo delle armi'', le cui divergenze
sarebbero da attribuire ''alla diversita' di criteri adottati''. In
pratica i macedoni avrebbero numerato anche mine, bombe e granate mentre
l'Alleanza atlantica nel suo computo (che tuttavia resta coperta da
segreto militare e percio' trapelata solo in modo approssimativo) ha
compreso soltanto le armi in senso stretto: pistole, fucili,
mitragliatori, mortai. Georgevski non sembra avere dubbi. ''Cinque mesi
ha - ha spiegato - nel solo villaggio di Sellce (vicino a Tetovo - ndr)
la nostra polizia sequestro' tremila armi. Oggi, cinque mesi dopo, sento
parlare della stessa cifra per l'intero paese. Noi non possiamo
consentire che in Macedonia avvenga il disarmo fatto dalla Nato in
Kosovo o nella Serbia meridionale, dove infatti la pace non e' mai
cominciata''. Secondo il premier ''questo disarmo e' poco serio e non
bastera' a far finire la guerra''. Georgevski, che ha detto apertamente
di 'non credere nella missione'' della Nato, ha poi lanciato l'ultimo
avvertimento. ''Non mi aspetto - ha dichiarato - che le modifiche
costituzionali (previste dal piano di pace - ndr) ottengano in
parlamento l'appoggio di tutti i deputati''. Il primo ministro e' anche
il leader della Vmro-Dpmne, partito nazionalista che detiene in
parlamento la maggioranza relativa, e il problema che solleva e' di
importanza cruciale. Ieri il comandante militare dell'Uck, Gezim
Ostreni, ha avvertito che se il parlamento non approvera' le riforme
concordate, la guerriglia interrompera' la consegne delle armi e il
conflitto potra' riprendere.(ANSA). BLL
25/08/2001 20:42

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OSKAR LAFONTAINE CONTRARIO ALL'INVIO DI TRUPPE TEDESCHE


Die Bundesregierung hat beschlossen,
Bundeswehr-Soldaten nach Mazedonien zu entsenden. Hier
ein Kommentar von Wiktor Glasunow.

Bundeskanzler Schr�der unterbrach seine Reise durch
die �stlichen Bundesl�nder, um einer Sondersitzung der
Bundesregierung in Berlin beizuwohnen, weil die Sache
au�erordentlich ist. Es handelt sich um die Entsendung
von Hunderten deutschen Soldaten in einen weiteren
"neuralgischen Punkt" - nach Mazedonien zur Teilnahme
an der Nato-Operation "Essential Harvest" ("Wichtige
Ernte"). Schr�der legte sich Rechenschaft dar�ber ab,
da� diese Veranstaltung wichtig ist, und sagte die f�r
die n�chste Woche geplante Reise nach Lateinamerika
ab.

Auf den ersten Blick sieht alles harmlos aus. Das 3
500 Mann starke Nato-Kontingent hat in Mazedonien die
Aufgabe, Waffen einzusammeln, die die albanischen
Freisch�rler freiwillig abgeben sollen. Es soll keinen
Zwang und um so mehr keinen Waffeneinsatz gegen�ber
den Widerspenstigen geben.Man wird die Waffen nehmen,
die man freiwillig abgeben wird. F�r die ganze
Operation sind 30 Tage geplant. Wenn irgendwelche
ernsten Konflikte entstehen, werden die Nato-Soldaten
einfach Mazedonien sofort verlassen. Diese Operation
ist eher ein Spaziergang.

Man sagt: "Auf dem Papier war alles glatt, aber man
die Schluchten vergessen, die man passieren mu�".Trotz
des Abkommens �ber die Feuereinstellung in Mazedonien
schie�t man dort nach wie vor. Jeden Tag. Davon
�berzeugte sich auch der Oberbefehlshaber der
Nato-Truppen US-General Rolston. Aber er hielt das
Risiko f�r annehmbar und empfahl dem Nato-Rat, ein
Kontingent zu entsenden. �brigens gibt es in diesem
Kontingent keine Amerikaner. Sonst w�re der Amerikaner
vielleicht vorsichtiger. Der Brite Robertson, der
Nato-Generalsekret�r, denkt etwas anders. Er spricht
von einem bestimmten Risiko, mit dem die Operation
"Essential Harvest", die jetzt beginnt, verbunden ist.
Engl�nder bilden die Mehrheit des Nato-Kontingents. In
der Bundeswehr ist man durchaus nicht sorglos
gestimmt. Als Oberst Bernhard Gertz vor Journalisten
sprach, sagte er, da� die bevorstehende Beteiligung
deutscher Soldaten an der Operation zum Einsammeln von
Waffen bei den albanischen Freisch�rlern in Mazedonien
viel gef�hrlicher als die Mission im Kosovo sein wird.
Gertz ist der Meinung, da� 30 Tage f�r die Operation
nicht ausreichen werden. Nach Ansicht eines anderen
Bundeswehr-Obersten, der sich auf die Reise nach
Mazedonien vorbereitet und anonym bleiben wollte, wird
das die gef�hrlichste Operation in der Geschichte der
Bundeswehr sein. "Die Beteiligung an dieser Aktion ist
f�r uns und unsere Verb�ndeten ein Spiel mit dem
Feuer", meint der Oberst.

Die Milit�rs kennen sich in solchen Sachen aus. Sie
wissen �brigens genauso wie die Politiker, da� es
imLager der mazedonischen Albaner viele Unvers�hnliche
gibt, die mit den unterzeichneten Abkommen nicht
einverstanden sind. Sie werden sich kaum harmlos
verhalten. Um so mehr werden sie die Waffen nicht
abgeben. General Klaus Reinhard befehligte seinerzeit
die KFOR-Truppen im Kosovo. Er wei� aus eigener
Erfahrung, was das Einsammeln von Waffen auf
freiwilliger Grundlage bedeutet. Er meint, da� in
Mazedonien das Problem nicht im Einsammeln von Waffen,
sondern in den separatistischen Bestrebungen
derjenigen besteht, die hinter den Freisch�rlern
stehen. Nach Ansicht des Generals ist die Konzeption
der friedlichen Regelung auf dem gesamten Balkan
vonn�ten. "Man mu� die Hauptherausforderung erwidern
und die Pl�ne der Freisch�rler in Bezug auf die
Unabh�ngigkeit von Kosovo durchkreuzen, unterstrich
der General. Erst dann wird man den Separatisten, die
von "Gro�albanien" tr�umen, den Boden entziehen".

Der General sieht der Sache auf den Grund. Die
Rebellion in Mazedonien ist eine Ableitung von dem
Kosovo-Separatismus. Die meisten Freisch�rler in
Mazedonien sind Kosovaren.Sie erhalten die Waffen vor
allem aus Kosovo. Sie werden zum Beispiel heute ihre
Waffen abgeben und morgenandere Waffen erhalten.Dazu
wei� niemand, welche Vorr�te die mazedonischen Albaner
haben. In der Nato nennt man eine Zahl, und in Skopje
eine andere, die zwei-drei Mal so hoch ist. General
Reinhard h�lt die Erkl�rungen westlicher Politiker
�ber ein einfaches Einsammeln von Waffen bei den
Extremisten in Mazedonien f�r eine reine Illusion.

Aber die Regierung Schr�der hat den Beschlu� gefa�t,
an dieser illusorischen, aber gef�hrlichen Ma�nahme
teilzunehmen. Freilich hat der Bundestag das letzte
Wort. Die Parlamentarier werden sich in der n�chsten
Woche zur Sondersitzung versammeln. Obwohl man sagt,
da� der Ausgang der Abstimmung unbestimmt ist, scheint
es uns, da� man dem neuen Marsch der Bundeswehr auf
den Balkan gr�nes Licht geben wird, obwohl es in der
Bundeswehr viele Gegner gibt. Sie gibt es auch unter
den Sozialdemokraten. Ihr ehemaliger Leiter Oskar
Lafontaine warnt: "Derjenige, der im Bundestag f�r die
Entsendung deutscher Soldaten nach Mazedonien stimmen
wird, mu� wissen, da� diesmal dem Leben deutscher
Soldaten eine ernste Gefahr droht".

"Die Stimme Ru�lands", 27.08.2001

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PULIZIA ETNICA ANTI-SLAVA NELLA MACEDONIA OCCIDENTALE

The Daily Telegraph
August 28, 2001

The targeting of civilians has been less overt and
systematic than in neighbouring Kosovo, where tens of
thousands of Serbs and gypsies have been forced out.
But local Macedonians say that the fear created by the
guerrillas' terror tactics is tantamount to ethnic
cleansing.
"It is a repeat of the Kosovo script. Their aim is
ethnic cleansing and genocide."

Villagers flee racial purge by Albanian guerrillas

Ethnic cleansing haunts Macedonia, reports Julius
Strauss in Tearce

THE Matex clothing factory in the rebel-held village
of Tearce was the main employer of local Macedonians.
A little more than a week ago it was razed to the
ground.

Only the blackened, metal frames of sewing machines
and chairs show where the seamstresses worked.

Glass skylights were shattered by the heat of the
flames. In the guardhouse, drawers were ripped out,
and official papers and clothes scattered on the
floor.

Macedonian houses in the village fared little better.
Several had been torched, others peppered with
automatic fire. Two cafes and a general store had been
looted and wrecked.

Outside one an ice cream freezer stood, the cones and
ice lollies giving off a sickly-sweet odour in the
summer heat.

Of the 1,200 Macedonians who lived in this village
until a month ago, only a few dozen are left.

"Their houses burned down because the electrical wires
became too hot and they caught fire," smirked Samir
Hyseni, the 29-year-old proprietor of the Sport cafe,
who was wearing a Manchester United football shirt.
His friends sniggered.

As Nato began the task of collecting weapons from
ethnic Albanian guerrillas, evidence was emerging of a
widespread terror campaign by the rebels.

They have kidnapped dozens of Macedonian men, put to
the torch scores of Macedonian houses and looted many
more.

In the past five days alone they have also blown up an
Orthodox church in the village of Lesok and they are
the prime suspects behind a dawn explosion at the
weekend which almost levelled a motel, killing two men
who worked there.

The targeting of civilians has been less overt and
systematic than in neighbouring Kosovo, where tens of
thousands of Serbs and gipsies have been forced out.
But local Macedonians say the fear created by the
guerrillas' terror tactics is tantamount to ethnic
cleansing.

"It's an unseen terror," said Jovan Milovanovski,
whose 19-year-old son Robert was kidnapped near the
village of Lesok on July 23.

Today Jovan, who has not heard from his son since,
lives in a sparsely furnished room at a refugee centre
in Skopje which he shares with his wife Ljubica, two
remaining children and a stranger.

He said: "Two hours after the kidnapping we packed up
and left. We had only the clothes we were standing
in."

The five share three beds, have an hour of hot water a
day and wash their clothes in an old, red bucket. Each
day Jovan travels to a road blockade set up by angry
Macedonian refugees on the main road to Kosovo while
Ljubica visits various relief organisations seeking
news of her son.

She said: "Robert was such a quiet boy. He didn't
drink or socialise. Even the Albanians loved him. They
said he was a child like no other."

Budimir Apostolski, an official who lives in the
front-line town of Tetovo, says he has another 52 such
cases on his books.

On Sunday evening the guerrillas released about 12
hostages, including an American Macedonian, but many
more missing people remain unaccounted for.

Yesterday, the Red Cross said another seven Macedonian
civilians had been released. Mr Apostolski said: "And
all we ask is to get them back. If they dead we want
their bodies returned."

One local man was kidnapped only days after his
wedding. His distraught bride walks the streets of
Tetovo each day visiting the local branches of the Red
Cross, the United Nations refugee agency and any other
organisations that might help.

What the relatives fear most is that their men have
been tortured. Three road workers kidnapped by the
rebels a month ago were cut with knives. They said
they were also forced to perform sexual acts on each
other.

Another man was reported to have been severely beaten
and then hung from a tree with wire tied around his
wrists. Mr Apostolski said: "It is a repeat of the
Kosovo script. Their aim is ethnic cleansing and
genocide."

In Block 77, one of two huge, shabby Communist-era
housing estates in Tetovo now controlled by the
rebels, 70 percent of the Macedonians living there
have already left.

In the purely Macedonian village of Lesok, where
Robert was kidnapped, the guerrilla's tactics have
paid off.

Of 380 villagers, only about 40 remain. A month ago
armed rebels went door-to-door ordering people out.
Then they made off with television sets, video players
and other valuables before setting fire to several
houses.

"They took everything," said Ratko Gligorovski, who
sat in his garden yesterday surrounded by carefully
pruned pink and red roses. "Then they began to burn
the houses."

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Da La Stampa, 26.8.01

[...]

�Non credo affatto al successo di questa operazione�, dice alla radio
di Stato Ljubco Georgievski, primo ministro in carica. In momenti
come questo, se non altro per questioni di etichetta si usa esprimere
speranza, formulare voti. Qui invece le cose si esprimono subito
nella loro crudezza.
�La quantit� delle armi da consegnare � semplicemente ridicola - dice
Georgievski - ho dovuto firmare l'accordo con albanesi e Nato in
quanto esponente di partito, non certo per convinzione personale�.
Tremila schioppi? �Stiamo ancora trattando con le autorit� macedoni�,
ammette un po' imbarazzato il portavoce della missione Nato, Barry
Johnson.
Dall'altra parte, il �comandante Sokoly� fa sapere da Kumanovo che la
guerriglia albanese gi� da domani � pronta a disfarsi di mille pezzi
di ferro, con questo rispettando le condizioni di un accordo mai cos�
fumoso. Subito dopo il Parlamento macedone dovrebbe approvare le
concessioni previste nel �Trattato di Ohrid�, ma � assolutamente
scontato che nazionalisti e non protesteranno per la capziosit� delle
procedure.
Insomma, � gi� chiaro che questo �raccolto essenziale� lascer�
insoddisfatti entrambi gli schieramenti, e se sul piano politico
questa nuova crisi balcanica s'accosta sempre pi� alla pantomima, su
quello effettuale le cose promettono di peggiorare con grande
rapidit�. Ma se si vuol capire perch�, � meglio rifarsi all'opinione
di un esperto.
Il generale Todor Atanasovsky � stato comandante dell'Armata Macedone
subito dopo il dissolvimento della vechia Jugoslavia. Oggi � in
pensione, la sua � certamente l'opinione di uno slavo [sic!] ma anche
quella
di un tecnico che guarda alle cose con occhio disincantato. Vale la
pena di ascoltarla, se non altro per un aspetto: �Vogliono
sequestrare tremila armi da fuoco? E' ridicolo�, commenta il
generale. �Secondo le cife ufficiali in Macedonia sono registrate 60
mila armi, fra cui 12 mila fucili di precisione. E se ci si attiene a
stime serie, in questo Paese sono nascoste quasi 500 mila armi da
fuoco�.
Mezzo milione di armi, dice?
�Guardi, sulla Macedonia e sui Balcani nell'ultimo decennio si sono
rovesciate forniture che provenivano da ogni parte. L'ex milizia
jugoslava, l'Est europeo, i vecchi arsenali d'Albania, la stessa
Nato. Come tecnico, immagino di capire come mai la Nato sia cos�
sicura delle cifre: pensa di recuperare armi fornite tre anni fa
all'�Uck�. Intanto per� l'�Uck� ha cambiato pelle due o tre volte, ed
oggi anche nome. E' �Armata Nazionale Albanese�, pronta a cedere in
un luogo ed a combattere altrove, a mostrarsi pacifica in una fazione
ed irriducibile in un'altra�.
Quindi lei non crede alla possibilit� di un disarmo volontario?
�Due anni fa in Kosovo con grande clamore si decise un disarmo
forzato, e nulla � accaduto. Perch� adesso le cose dovrebbero
cambiare? Quello volontario � contraddittorio per sua stessa natura.
In tutto il mondo la moderna storia militare offre solo un esempio di
questo genere: in Grecia, nel '44, l'Elas accett� un parziale e
volontario disarmo dopo il rientro del re. Ne seguirono due anni di
guerra civile. Il nostro problema � capire la vera natura di questa
guerra, poich� di guerra si tratta, ma non di scontro etnico. Quanto
alle armi, sar� meglio chiarire una volta per tutte che 3000
Kalashinkov sono poco pi� di un graffietto sulla dura cotenna di
quell' undergound balcanico che ha messo assieme arsenali sterminati�.

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"LILI MARLENE" SI CANTA DI NUOVO NEI BALCANI

> http://www.thetimes.co.uk/article/0,,3-2001295386,00.html

MONDAY AUGUST 27 2001
Lili Marlene waits again in Balkans
FROM ROGER BOYES IN BERLIN

LILI MARLENE, the fictional temptress whose sultry presence stirred
British and German wartime troops, may be revived by German commanders
looking for ways to lift the morale of soldiers heading to Macedonia.
The barrack-room song was originally broadcast exactly 60 years ago from
a German military radio station in Belgrade and it would be a curious
historical irony if it was again used to prop up the spirits of foreign
troops in the Balkans...

---

Questa lista e' curata da componenti del
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ).
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente
le posizioni ufficiali o condivise da tutto il CNJ, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
solo scopo di segnalazione e commento ("for fair use only").
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ELF JAHRE SOZIALISTISCHE PARTEI SERBIENS:
EINE POLITIK DER GERECHTIGKEIT
Ansprache, gehalten am 16. Juli 2001,
von Zivadim Jovanovic,
Vizepräsident des Leitungsausschusses, Amtierender Präsident der
Sozialistischen Partei Serbiens
URL der englischen Version: http://www.sps.org.yu/eng/index-n.htm
Übersetzung aus dem Englischen: Klaus von Raussendorff
- Anlage -

Z u s a m m e n f a s s u n g :

Zivadim Jovanovic, der bis Oktober 2000 jugoslawischer Außenminister
war, zieht eine Bilanz der Arbeit der Sozialistischen Partei Serbiens
in
Regierung und Oppostion, gibt eine Analyse der Lage Jugoslawiens unter
den neuen "demokratischen" Berhörden und formuliert die nächsten
Aufgaben im Kampf um die Bewahrung der nationalen Integrität,
Souveränität und Ressourcen des Landes. Seine wesentlichen Aussagen zu
aktuellen Fragen sind folgende:
"Erstens haben die Akte der Festnahme von Milosevic und seine Übergabe
an Den Haag keine lokalen und regionalen Motive und Ziele. Zweitens
haben diese Motive und Ziele keinen Bezug zu Recht und Justiz, sie
sind
politischer Natur. Und drittens wird dieses Kidnapping weder kurz-
noch
längerfristig die Krise in Jugoslawien und auf dem Balkan
beenden.(...)
Für Serben und für den größeren Teil der heutigen Menschheit ist
Slobodan Milosevic ein Führer im Kampf für eine gerechte Sache sowohl
auf nationaler wie internationaler Ebene. Er ist ein Symbol des
Widerstands gegen Hegemonismus und Unterdrückung, ein Führer, der die
ganze Nation gegen die NATO-Aggression einte und dazu beitrug, das
zweite Gesicht der NATO zu enthüllen, das sich völlig von den Zielen
unterscheidet, die in ihrem Gründungsakt verkündet wurden.(...) Alles,
was die Belgrader Behörden dem Volk angetan haben, hat die Ansicht
bestärkt, dass es mit DOS keine Zukunft geben kann. Diese Behörden
haben
den Rubikon dessen, was ertragen werden kann, überschritten. Es ist
schwer vorstellbar, was sie jetzt noch retten könnte, sogenannte
Geschenke sicherlich nicht..(...) Selbst jene, die DOS finanzierten
und
organisierten, planten nicht, sie lange beizubehalten. Aber für die
Bürger dieses Landes ist die Frage: Was wird von dem Land, von dem
Staat
und von unseren wirtschaftlichen Ressourcen übrig bleiben, nachdem
derartige Behörden wieder verschwinden? Was werden neue Behörden noch
zu
ihrer Verfügung vorfinden?(...) Die letzten zehn Monate des
Totalitarismus, der Gesetzlosigkeit, Verfolgung und Verfinsterung
waren
zwar schwer, haben aber unserer Partei in vieler Beziehung geholfen.
Wir
haben verstanden, wo wir uns geirrt haben, aber auch wo unser
ungenutztes Potential liegt. Wir zahlten einen Preis für Opportunismus
gegenüber jenen, die nur zu ihrem eigenen Nutzen mit uns waren, weil
die
SPS an der Macht war. Wir verstehen die Bedeutung täglicher Kontakte
mit
den Menschen und des Respekts vor ihren Wünschen. An dieser Erkenntnis
und Erfahrung reicher geworden, wird die SPS ihre Beziehungen zu allen
sozialen Schichten verstärken, indem sie als ein Faktor der Einheit
agiert, der zu Kreativität, Klugheit, Energie und Schwung zum Nutzen
des
allgemeinen Fortschritts beiträgt.(...) Das Haager "Tribunals" wird,
was
immer seine Herren und Meister damit auch beabsichtigen, bis zu seiner
Abschaffung die Bühne sein, auf der sich die räuberische, imperiale
Natur der NATO selbst offenbart.(...) Im Sinne der massiven Wünsche
der
Bürger Serbiens fordert die SPS den Rücktritt der Republiksregierung,
die für die Verletzung der Verfassung Jugoslawiens und Serbiens so wie
für die Mißachtung der Entscheidung des Bundesverfassungsgerichts, für
die Usurpation der ihr nicht zukommenden staatlichen Autorität, für
die
Entführung und Aushändigung von Slobodan Milosevic an die NATO
verantwortlich ist.

Mit internationalistischen Grüßen
Klaus von Raussendorff

-------------------------------------------------------------------------------------------

Anti-Imperialistische Korrespondenz (AIK), Redaktion: Klaus von
Raussendorff
Postfach 210172, 53156 Bonn; Tel.&Fax: 0228 - 34.68.50;
Email: raussendorff@w...

Anti-Imperialistische Online-Korrespondenz; Webmaster: Dieter Vogel
http://www.aikor.de; Email: aik-web@t...

Wer die AIK nicht empfangen möchte, schicke bitte eine Mail mit dem
Betreff
"unsubscribe" an raussendorff@w...



****************************************************************************************

Anlage

ELF JAHRE SOZIALISTISCHE PARTEI SERBIENS:
EINE POLITIK DER GERECHTIGKEIT
Ansprache, gehalten am 16. Juli 2001,
von Zivadim Jovanovic,
Vizepräsident des Leitungsausschusses, Amtierender Präsident der
Sozialistischen Partei Serbiens

Genossen, meine Damen und Herren, sehr geehrte Mitglieder des
diplomatischen Corps,

Die Sozialistische Partei Serbiens wurde vor elf Jahren gebildet.

Dies geschah in einer Periode dramatischer historischer Ereignisse,
die
viele positive Ergebnisse des Ersten und Zweiten Weltkriegs
ausgelöscht
haben, mit tragischen Konsequenzen.

Die Auslösung und Verschärfung der jugoslawischen Krise und die
gewaltsame Abtrennung ehemaliger jugoslawischer Republiken waren in
erster Linie gegen das serbische Volk gerichtet. Europa hat geradezu
die
Basis seiner Stabilität, das Prinzip der Unverletzlichkeit
international
anerkannter Grenzen, mit Füßen getreten. Europa hat den Separatismus
legitimiert. Russland hat zugelassen, daß dies geschah.

Heute schlägt dies zurück, indem die Welt von Separatismus,
Terrorismus
und schnell wachsender internationaler Kriminalität heimgesucht wird.
Wir sehen diese Zunahme der Kriminalität von Tschetschenien bis zum
Kaspischen Meer und dem Bosporus, in Kosovo und Metohia, von
Mazedonien
bis Gibraltar und Afghanistan sowie über Suez und Maghreb bis zum
Nordatlantik.

Jahrelang war unser Volk massivsten Verletzungen grundlegender
Menschenrechte und Völkermord ausgesetzt. Einerseits erfolgte die
gewaltsame Zerstückelung des serbischen Nationalkörpers. In großem
Umfang wurden Serben aus ihren jahrhundertealten Heimstätten
vertrieben.
Millionen wurden zu Flüchtlingen. Andererseits erfolgten Sanktionen,
die
Millionen von Staatsbürgern und Flüchtlingen eine normale Existenz
verweigerten.

Aus Sicht vieler kluger Menschen in Europa war das eine Rache für die
Rolle und den Beitrag Serbiens und des serbischen Volkes in
schicksalhaften Momenten der europäischen Geschichte.

Die SPS spielte 1992 eine Schlüsselrolle bei der Errichtung der
Bundesrepublik Jugoslawien als des Staates der Kontinuität und als
eines
Gemeinwesens gleichberechtigter Bürger der Republiken von Serbien und
Montenegro. Dies war die selbstverständliche Rolle und Pflicht einer
in
der Bevölkerung verankerten, fortschrittlichen Partei mit einer
nationalen Vision und Verantwortung als Reaktion auf den Separatismus
und die Zerstörung des serbischen Volkes sowie auf die Neuordnung
dieser
geopolitisch außerordentlich wichtigen Region. Gleichzeitig war dies
der
Ausdruck einer Politik des Friedens und der Stabilität in der Region,
die kaum ohne einen Staat möglich sein dürfte, der Serbien und
Montenegro vereinigt.

Die konstruktive und verantwortungsvolle Politik der SPS wurde durch
die
Rolle bestätigt, die die Bundesrepublik Jugoslawien bei der Suche nach
einer friedlichen Lösung des Bürgerkrieges in Bosnien-Herzegowina
spielte.

Es ist heute eine unumstößliche historische Tatsache, daß die
Bundesrepublik Jugoslawien den wichtigsten Beitrag zum Abschluss des
Dayton/Paris-Abkommens leistete.

Die Alternative wäre eine drastische Eskalation des Krieges gewesen.

Die ausschlaggebende Führungsrolle bei der Eindämmung dieses
Konfliktes
oblag dem Gründer und Präsidenten der SPS, Slobodan Milosevic. Seinem
Beitrag als Präsident der Republik Serbien und Leiter der
jugoslawischen
Verhandlungsdelegation im Jahre 1995 ist es zu verdanken, daß es
Frieden
und relative Stabilität in Bosnien-Herzegowina gibt.

Diese Errungenschaften werden heute von jenen in Frage gestellt, die
im
Namen irgendeiner "internationalen Gemeinschaft" die Erfüllung des
Dayton/Paris-Abkommens behindern und verfälschen und versuchen, dieses
Abkommen zu Lasten der Republika Srpska und des serbischen Volkes zu
revidieren.

In dem von der SPS 1992 beschlossenen Programm und in ihrer Praxis hat
sich unsere Partei als eine moderne Partei der Linken herausgebildet.
Die SPS ist folgenden Zielen verpflichtet: der Stärkung und dem
umfassenden Fortschritt Serbiens und Jugoslawiens, der integralen
Zugehörigkeit von Kosovo und Metohia zu Serbien, dem Frieden auf dem
Balkan und der regionalen Integration Jugoslawiens sowie der
umfassenden
Zusammenarbeit mit seinen Nachbarn sowie mit Europa, Russland, USA,
China, Indien und allen anderen Ländern.

Unsere Plattform der Zusammenarbeit ist einfach: Gleichberechtigung
und
Nichteinmischung. Der Vorwurf, daß die SPS eine Partei sei, die nur
bei
Isolation und Konfrontation zu gebrauchen ist, entbehrt nicht nur
jeder
Grundlage sondern wird in böswilliger Absicht von jenen erhoben, deren
eigenes "Europäertum" durch ihren täglichen Ausverkauf von nationalen
und staatlichen Interessen zum Ausdruck kommt.

Der beste Beweis dafür, daß die SPS für ihre Nachbarn und die ganze
Welt
offen ist, ist die Tatsache, daß die SPS regelmäßige Kontakte und
Zusammenarbeit mit über 130 Parteien und Bewegungen auf dem Balkan, in
Europa und weltweit unterhält. Als regierende Partei ermöglichte die
SPS
durch die Bundesregierung die Aufrechterhaltung von diplomatischen
Beziehungen und Zusammenarbeit mit über 170 Ländern. Ein System von
nahezu 3000 internationalen Abkommen funktionierte kontinuierlich,
darunter Abkommen, die das Königreich Serbien Ende des 19.
Jahrhunderts
mit westlichen Ländern geschlossen hatte. Die Regierung vereinbarte
mit
vielen Ländern Abkommen zur Abschaffung der Visumspflicht, zur
Normalisierung der Beziehungen mit den ehemaligen jugoslawischen
Republiken, zur Aufrechterhaltung einer Freihandelszone mit Mazedonien
und der Russischen Föderation mit günstigen Krediten und günstigen
Handelsbedingungen im Werte von über 2 Milliarden Deutschmark sowie
viele andere Abkommen über Wirtschaftsbeziehungen, Investitionen,
Verkehr und Kultur. Die übergroße Mehrheit der VN-Mitgliedsstaaten gab
der Bundesrepublik Jugoslawien ihre Unterstützung, einschließlich des
Rechts auf Kontinuität der Mitgliedschaft in der Weltorganisation.
Dies
ist der Grund dafür, daß die Versuche der früheren US-Administration
und
die sogenannte Kroatische Initiative mit dem Ziel des Auschlusses
Jugoslawiens aus den VN keinen Erfolg hatten.

Aber was unsere Gegner nicht erreichen konnten, wurde für sie von den
neuen "demokratischen" Behörden in Belgrad erledigt. Sobald sie die
Regierungsgeschäfte übernommen hatten, entfernten sie mit einem
Federstrich unser Land aus der Reihe der Gründungsmitglieder der
Weltorganisation und beantragten die Aufnahme als neues Mitgliedsland,
...das 189te !

Sehr bald verletzten diese neuen Behörden die Verfassung, erniedrigten
die Nationalversammlung, und durch den Eifer ihrer Unterwürfigkeit
überraschten sie selbst die Befehlsgeber in der scheidenden
Clinton-Administration. Die Geschichte und das Volk werden die
Konsequenzen dieses drastischen Niedergangs der Würde unseres Staates
zu
bewerten und darunter zu leiden haben.

Die bewaffnete Aggression der NATO im Jahre 1999 wurde von der Welt
als
eine gefährliche Verletzung grundlegender Prinzipien der
internationalen
Beziehungen und der Charta der Vereinten Nationen sowie als Schlag
gegen
die Grundlagen der internationalen Rechtsordnung eingeschätzt. Es
handelte sich um ein Verbrechen gegen den Frieden und die Menschheit,
begangen von einer beispiellosen Allianz der mächtigsten
Militärmaschine
der Geschichte, die offen mit einer terroristischen Organisation, der
sogenannten UCK, zusammenarbeitete. Als Rekordleistung des
unübertroffenen Zynismus bleibt, daß diese Aggression, in deren
Verlauf
annähernd 3000 unserer Bürger getötet wurden, bei der radioaktive und
andere verbotene Waffen eingesetzt wurden, und die Kriegsschäden von
über 100 Milliarden Dollar anrichtete, den Namen "Operation gnädiger
Engel" erhielt.

Die NATO-Verbrecher zogen die Show von Rambouillet auf und
inszenierten
das "Racak-Massaker", aber ihre Masken der "Gnade" fielen während der
Aggression. Sie zerstörten unsere Brücken, die Schulen unserer Kinder,
unsere Fernseheinrichtungen; sie bombardierten Marschkolonnen von
Flüchtlingen und die Wohnungen gewöhnlicher Menschen. Sie schickten
Streubomben und Raketen, um unsere Krankenhäuser in die Luft zu jagen.
Und die ganze Zeit über sprachen sie vom Schutz der Menschenrechte und
von Demokratie. Nach der Aggression wurden albanische Terroristen aus
Kosovo und Metohia in anderen Gebieten Serbiens und dann in Mazedonien
eingesetzt. Dies zeigte selbst schlecht informierten Leuten, daß die
NATO den Balkan als Versuchsgelände für neue Doktrinen und neue Waffen
benutzt, um alle Völker einzuschüchtern, die den Neoimperialismus
nicht
akzeptieren und es wagen, sich Hegemoniebestrebungen
entgegenzustellen.

Jugoslawien verteidigte seine Freiheit. Es tat dies in einer
entscheidenden Weise. Die Geschichte wird festhalten, daß Jugoslawien
die Welt mit seinem Mut, seiner Einheit und seinem Patriotismus in
Erstaunen versetzte. Dieser Widerstand ermöglichte es der Welt, die
wahre Natur der NATO zu verstehen.

Die NATO-Aggression wurde mit der VN-Sicherheitsratsresolution 1244/99
beendet. Diese Resolution garantierte ausdrücklich die territoriale
Integrität der BRJ. Sie garantierte, daß Kosovo und Metohia ein
autonomer Teil von Serbien sein würde, und bot Sicherheit und gleichen
Genuß der Menschenrechte für alle seine Bürger und Gemeinschaften ohne
Unterschied der Volkszugehörigkeit, Kultur oder Religion. Diese
Bedingungen, unter denen der Krieg beendet wurde, stellen Garantien
der
Weltorganisation dar. Niemand hat das Recht, die Bedeutung dieser
Fakten
abzuschwächen und Entwicklungen und Situationen zuzulassen, die im
Widerspruch zu diesem VN-Dokument stehen. Die derzeitigen serbischen
und
jugoslawischen de-fachto-Mächte sind nicht autorisiert, eine einzige
Konzession zum Schaden des serbischen Volkes oder der Integrität und
Souveränität Serbiens und Jugoslawiens zu machen. Sie tragen die
Verantwortung für die Annahme des sogenannten "Verfassungsrahmens"
Haekkerups, der in Geist und Buchstaben die Sicherheitsratsresolution
1244 verletzt. Die Belgrader Behörden tragen die Verantwortung dafür,
daß sie die Einrichtung von Zollstationen in Kosovo akzeptieren, daß
sie
nichts tun für die sichere und freiwillige Heimkehr von mehreren
Hunderttausend vertriebenen Serben, Roma, Gorani, Muslimen und anderen
nicht-albanischen Menschen, nichts tun hinsichtlich der über 1300
Bürgern, die vermißt werden, wahrscheinlich verschleppt, und
hinsichtlich der rund 1300, die seit dem Einmarsch von UNMIK und KFOR
(der VN und der NATO) umgebracht wurden. Diese Behörden sind auch
dafür
verantwortlich, daß sie bei der Vorbereitung der Öffentlichkeit auf
die
sogenannten Provinzwahlen kooperierte haben. Der Zweck dieser Wahlen
besteht darin, die ethnischen Säuberungen und alle Verbrechen, die in
den letzten zwei Jahren im Kosovo begangen wurden, zu sanktionieren.

Es muss klar sein, dass das serbische Volk niemals diese Politik
akzeptieren wird, die seine legitimen nationalen und staatlichen
Interessen verletzt, diese Politik die in Zusammenarbeit zwischen KFOR
und UNMIK (sprich: NATO) und den Belgrader Behörden durchgesetzt wird,
diese Politik, die VN-Dokumente durch vollendete Tatsachen verletzt.
Bei
dieser Gelegenheit verurteilen wir entschieden Haekkerups
"Verfassungsrahmen" als einen Versuch, die Sezession und Pläne zur
Schaffung eines "Groß-Albanien" zu legalisieren. Wir verurteilen die
sogenannten Provinzwahlen, da Bedingungen, die Wahlen ermöglichen
würden, nicht gegeben sind. Die SPS ruft Serben, Roma, Gorani, Muslime
und andere Gemeinschaften in Kosovo und Metohia auf, die
Bevölkerungszählung nicht zu akzeptieren und derartige Wahlen zu
boykottieren, bis für jedermann Sicherheit, Bewegungsfreiheit und die
freie und sichere Rückkehr von 360.000 vertriebenen Bürgern
gewährleistet ist. Eine politische Lösung im Hinblick auf Autonomie
kann
nur durch politischen Dialog zwischen legitimen Vertretern aller
ethnischen Gemeinschaften erreicht werden.

Genossen, was haben wir in den vergangenen elf Jahren getan?

Angesichts von Blockade, Sanktionen und um uns herum wütenden
Bürgerkriegen mit einer Million Flüchtlingen auf unserem Territorium
hat
unsere Regierung der nationalen Einheit vor allem den Staat und die
Freiheit und Würde des Volkes geschützt. Sie hat die wichtigsten
natürlichen, wirtschaftlichen und menschlichen Ressourcen geschützt.
Sie
hat nicht gestattet, unseren nationalen Reichtum zu verschleudern. Sie
hat es geschafft, die Grundbedürfnisse der Bevölkerung, das
Funktionieren der Wirtschaft und grundlegende soziale Dienstleistungen
zu gewährleisten. Unter diesen schwierigen Bedingungen haben unsere
Bauern einen außergewöhnlichen Beitrag zur Erfüllung der
Grundbedürfnisse der Bevölkerung geleistet und sogar den Export
landwirtschaftlicher Erzeugnisse ermöglicht. Seit 1995 hat die
Regierung
Reformen intensiviert, einheimische Ressourcen mobilisiert und die
Zusammenarbeit mit Ländern verstärkt, die sich weigerten die
Sanktionen
anzuwenden, und sie hat neue industrielle Produktionen in Angriff
genommen. Inmitten der NATO-Aggression begann der Prozess des
Wiederaufbaus und der Erneuerung. Unsere Regierung, unser Volk hat
über
50 Brücken wiedererrichtet oder neu gebaut. Freie Unterkunft erhielten
Familien, deren Wohnung durch die NATO zerstört worden waren. Ein
Programm zum Bau von 100.000 Apartments für junge Paare und Mitglieder
der Armee und Polizei wurde aufgenommen. Ein Programm zur intensiven
Beschäftigung von jungen, qualifizierten Arbeitern wurde durchgeführt.
Durch besondere Maßnahmen und Programme wurden die Landwirtschaft und
die Bauwirtschaft sowie die Exporte angeregt. Die Preise für
Nahrungsmittel, Strom, kommunale Dienstleistungen und andere
Grundbedürfnisse wurden in Übereinstimmung mit der Kaufkraft der
Bevölkerung gehalten.

Derartige Anstrengungen wurden von den Menschen in der Diaspora
unterstützt, wofür wir ihnen Anerkennung und Dank schulden. All dies
zeigt klar und deutlich, daß die Politik der SPS mit ihrem Programm in
Einklang stand. Diese Politik verteidigte den Staat und die Freiheit,
Souveränität und territoriale Integrität des Landes sowie die soziale
Gerechtigkeit. Wir warteten nicht auf ausländische "Geschenke". Es war
der Partei klar, dass die reichen "Geber" nicht reich sind, weil sie
etwas hergeben, sondern dass sie reich sind, weil sie etwas wegnehmen.
Daher tendierte die Partei immer zu einer Zusammenarbeit auf der Basis
gegenseitigen Vorteils. Nichts anderes ist realistisch. Dank dieser
Politik hatten wir das höchste wirtschaftliche Wachstum und den
höchsten
Lebensstandard unter den uns benachbarten Ländern. Während in der
Periode von 1995 bis 2000 Osteuropa ein durchschnittliches
wirtschaftliches Wachstum des Bruttosozialprodukts von 1,5 %
verzeichnete, hatten wir ein Wachstum zwischen 5 und 7 %.

Allen diesen Anstrengungen und Resultaten kamen die Energie und die
politische und diplomatische Klugheit von Slobodan Milosevic, dem
Gründer und Präsidenten der SPS, zugute. Nach dem Staatsstreich des 5.
Oktober, bei dem die Nationalversammlung und der Serbische Rundfunk in
Brand gesetzt wurden, waren unsere Partei und ihre Mitglieder
Pressionen
und Verfolgungen ausgesetzt, wie es sie in der politischen Geschichte
Serbiens noch nicht gegeben hatte. Einige hundert Mitglieder der SPS
sind eingesperrt worden, und eine große Zahl ist vor politisch
motivierte Gerichte gestellt worden. Durch Überfälle, Krisenkomitees
und
die Täuschung der Arbeiter wurden 20.000 Manager von Unternehmen,
Banken, Kraftwerken und Handelsgesellschaften, von Einrichtungen des
Erziehungswesens, der Kultur und des Gesundheitswesens, des
Verkehrswesens und staatlicher Einrichtungen über Nacht aus ihren
Funktionen vertrieben. Die sogenannte DOS usurpierte die örtlichen
Verwaltungen in 20 Gemeinden, wo die SPS die Wahlen gewonnen hatte.

Genossen, liebe Gäste,

Die Entführung und Verhaftung von SPS-Präsident Slobodan Milosevic am
31. März und anschließend seine Entführung am 28. Juni, dem
St.Veits-Tag, und seine Aushändigung an das Hager "Tribunal" stellen
den
Höhepunkt gewalttätiger Gesetzlosigkeit dar. Viele Fakten bezüglich
der
Aushändigung von Slobodan Milosevic sind weithin bekannt. Jetzt und
besonders in unmittelbarer Zukunft wird diese Kenntnis vervollständigt
und damit eine umfassende Einschätzung der Ziele und Konsequenzen
dieses
kriminellen Aktes möglich werden. Schon jetzt können drei Dinge
festgestellt werden.

Erstens haben die Akte der Festnahme von Milosevic und seine Übergabe
an
Den Haag keine lokalen und regionalen Motive und Ziele. Zweitens haben
diese Motive und Ziele keinen Bezug zu Recht und Justiz, sie sind
politischer Natur. Und drittens wird dieses Kidnapping weder kurz-
noch
längerfristig die Krise in Jugoslawien und auf dem Balkan beenden.
Vielmehr wird dieser gefährliche kriminelle Akt zu einer Vertiefung
von
Misstrauen und zur Fortsetzung der Fehler der sogenannten
internationalen Gemeinschaft führen, mit unvorhersehbaren
Konsequenzen.

Slobodan Milosevic ist nicht nur der Gründer und Präsident der
Sozialistischen Partei Serbiens, einer der stärksten politischen
Parteien auf dem Balkan, sondern er war auch viele Jahre der Präsident
der Republik Serbien und der Präsident der Bundesrepublik Jugoslawien.
Für Serben und für den größeren Teil der heutigen Menschheit ist
Slobodan Milosevic ein Führer im Kampf für eine gerechte Sache sowohl
auf nationaler wie internationaler Ebene. Er ist ein Symbol des
Widerstands gegen Hegemonismus und Unterdrückung, ein Führer, der die
ganze Nation gegen die NATO-Aggression einte und dazu beitrug, das
zweite Gesicht der NATO zu enthüllen, das sich völlig von den Zielen
unterscheidet, die in ihrem Gründungsakt verkündet wurden. Die
Verbrechen, die von der NATO im Verlauf ihrer 78 Tage dauernden
Bombardierung Jugoslawiens begangen wurden, sind bekannt. Über diese
Verbrechen existieren umfassende und unzerstörbare Dokumentationen.
Wegen dieser eindeutigen Fakten über die NATO-Verbrechen wird das von
ihnen vorbereitete Verfahren, dessen farcenhafter Auftakt anzeigt, wie
es weitergehen wird, die meisten Menschen nicht für dumm verkaufen
können. Buchstäblich alle Serben und ein Großteil der wirklichen
internationalen Gemeinschaft wissen, dass diese inszenierte Affäre
darauf abzielt, die Verbrechen der NATO-Führer zu rechtfertigen,
insbesondere die der ehemaligen US-amerikanischen Administration,
Verbrechen gegen den Frieden und die Menschheit.

Durch die Anklage gegen Milosevic und andere ehemalige Führer Serbiens
und Jugoslawiens wird das Opfer als der Schuldige präsentiert. Es wird
der Versuch unternommen, allen Serben die Verantwortung und bleibende
Verpflichtungen für alles aufzubürden, was in Kosovo und Metohia vor,
während und nach der Aggression bekannt wurde, so wie auch für die
gewaltsame Sezession ehemaliger jugoslawischer Republiken und die
Folgen
des Bürgerkrieges in Bosnien-Herzegowina und Kroatien. Ein solches
Vorgehen stellt die Fortsetzung der Aggression gegen Jugoslawien und
das
serbische Volk mit anderen aber nicht weniger gefährlichen Mitteln
dar.
Dies ist offenkundig aufgrund der orchestrierten Dämonisierung des
serbischen Volkes. Diese Dämonisierung läuft jetzt nicht nur in
denselben Medien, die die bewaffnete Aggression der NATO voll
unterstützt haben. Sie wird auch in den sogenannten unabhängigen
Medien
in Belgrad verbreitet. Alles, was nun getan wird, war im Wesentlichen
schon vorher erkennbar und vorherzusagen, und die wirklichen Ziele
sind
bekannt. Das serbische Volk wird nicht gegen sich selbst gerichtet
werden. Es wird nicht Partei für jene ergreifen, die es in
rassistischer
Manier behandeln, die es auseinander brechen und es zu Flüchtlingen
machen, die Serben umgebracht haben, die ihre Wohnungen und heiligen
Stätten zerstört haben, die ihren Boden, ihr Wasser und ihre Luft
vergiftet haben!

Nicht allein, dass diese neuen Belgrader Behörden die verbrecherische
Verhaftung und Aushändigung von Slobodan Milosevic vollzogen und ihn
den
Händen der NATO-Schergen
auslieferten. Nicht allein, dass sie die Verfassung und die Gesetze
Serbiens mit Füßen traten. Sie brachten es auch fertig, dieses
Verbrechen am 28. Juni zu begehen und damit Vidovdan, den Tag des
Heiligen Veit, das heiligste Symbol der Serben, zu entweihen. Darin
liegt die Bestätigung für die Annahme, dass das Kidnapping ausgeführt
wurde, um das serbische Volk zu erniedrigen, dessen Selbstachtung
durch
Jahrhunderte des Kampfes gestärkt ist. Die Tatsache, dass den Behörden
für diesen Verrat nach eigener Aussage irgendwelche Geldzahlungen
versprochen wurden, vergrößert nur Abscheu, Ekel und Mißbilligung bei
den einfachen Menschen, deren Sinn für Moral und Würde trotz der Not
nicht abgestorben ist. Tatsächlich ist die Moral und Würde der
Menschen
dadurch noch stärker geworden.

Alles, was die Belgrader Behörden dem Volk angetan haben, hat die
Ansicht bestärkt, dass es mit DOS keine Zukunft geben kann. Diese
Behörden haben den Rubikon dessen, was ertragen werden kann,
überschritten. Es ist schwer vorstellbar, was sie jetzt noch retten
könnte, sogenannte Geschenke sicherlich nicht. Ob diese Realität im
Westen und Osten verstanden wird, wird sich bald zeigen.

Was sonst ist über die Früchte der Herrschaft der DOS-Behörden zu
sagen?

Den Menschen ist klar geworden, dass DOS ein abgeschmackter
NATO-Schwindel ist. DOS hat den Wunsch der Bürger nach Veränderung
mißbraucht. Die Menschen stimmten dafür, besser zu leben, aber heute
leben sie bei weitem schlechter als ein Jahr zuvor.

Die neuen Behörden sind nicht an Produktion sondern nur an
Haushaltsdeckung durch höhere Steuern interessiert. Die
Industrieproduktion ist 10 % niedriger als vorher. In den Fabriken
stehen vier von fünf Maschinen still.

Alles ist enorm teuer. Das einzige, was wir von Europa bekommen haben,
sind seine Preise. Durch Aufhebung des Zollschutzes für einheimische
Industrien und Nahrungsmittelerzeugung ist unsere Eigenherstellung
erstickt worden, und der Markt ist ausländischen Herstellern
ausgeliefert worden. Arbeitslosigkeit und Elend breiten sich aus. Eine
Million Menschen sind arbeitslos. Zwei Millionen Menschen leben gerade
oberhalb der Überlebensgrenze. Der Ausverkauf unserer Fabriken,
Bergwerke und Infrastruktur an ausländische Spekulanten wurde
planmäßig
vorbereitet. Die wirtschaftliche Souveränität unseres Landes wurde
verraten.

Dies sind die Ergebnisse der viel gepriesenen "Reformen" von DOS.

DOS stoppte den Wiederaufbau des Landes, weil solch ein Wiederaufbau
ihre Herren beleidigte, wurde doch damit an die Verbrechen der
Zerstörung durch die NATO erinnert.

Heute gehen mehr als je zuvor unsere jungen Menschen ins Ausland, um
Beschäftigung zu finden. An Oberschulen wurden Studiengebühren
eingeführt. An Universitäten wurden enorme Studiengebühren eingeführt.
In der Wissenschaft und Kultur, im Verlagswesen, in den Medien und an
Instituten dominieren diejenigen, die "politisch tragbar" sind.

Die neuen Behörden sagen, sie wüßten Erfahrung und Professionalismus
zu
schätzen. Das hindert sie nicht daran, Leute zu ernennen, die
unausgebildet und unfähig sind, die notwendigsten Aufgaben auf Posten
in
Ministerien, Betrieben und diplomatischen Missionen zu erfüllen. Für
diese Machthaber gelten als oberste Prinzipien Gehorsam,
Mitgliedschaft
in den "richtigen" Parteien und Vetternwirtschaft.

Beispielloser Druck wird auf die Justiz ausgeübt, desgleichen eine
Orwellsche Kontrolle über die Medien. Richter sind schwersten
Pressionen
und Erpressung ausgesetzt. Wenn sie nicht die Entscheidungen treffen,
die DOS erwartet, verlieren sie ihren Job. Wenn sie ihren Job
verlieren,
ist ihnen untersagt, als Anwalt, d.h. in der einzigen ihnen
zugänglichen
Berufssparte, zu arbeiten.

Die totale Neuordnung der auswärtigen Interessen unseres Landes
erfolgt
in einer Weise, dass diese vollständig dem Westen, d.h. der NATO
ausgeliefert werden. In der Politik des Landes dominieren
angelsächsische und deutsche Faktoren, die ihre jeweiligen
unmittelbaren
Verfechter in der Führungsspitze haben. Beziehungen mit anderen
Ländern,
insbesondere solchen, die unserem Land und Volk Unterstützung,
Zusammenarbeit und Solidarität gewährten, als es am schwierigsten war,
sind vollkommen fallengelassen worden oder auf eine bloße Formalität
reduziert worden.

Gleichzeitig bereiten diese Behörden die Internationalisierung des
Autonomismus und Separatismus in der Vojvodina vor. Was jedem
vernünftigen Menschen offenkundig und vollkommen klar ist, ist, so
scheint es, den höchsten Vertretern von DOS nicht klar oder nicht
bekannt. Der Staat ist mit der Gefahr der Desintegration konfrontiert.
Die Menschen wissen nicht, wer das Land regiert. Die Verfassung und
die
Gesetze werden einfach nicht angewandt.

Der Präsident des Bundesstaates, Vojislav Kostunica, erstaunt die
jugoslawische und ausländische Öffentlichkeit mit der Behauptung, daß
er
über schicksalhafte Entscheidungen nicht informiert war. Öffentlich
behauptet er, dass ein Staatsstreich des Premierministers der Republik
Serbien Zoran Djindjic stattgefunden hat, aber dies hindert Kostunica
nicht, unmittelbar nach besagtem Staatsstreich mit Djindjic an einem
Tisch zu sitzen und mit ihm zu kooperieren, als ob nichts geschehen
wäre. Als ob ein Staatsstreich in Demokratien eine alltägliche
Erscheinung ist. Premierminister Djindjic gibt öffentlich zu, daß er
Hoheitsrechte des Bundesstaates usurpiert hat. Er beschwert sich nur
in
dem deutschen Magazin "Der Spiegel" darüber, dass er zwar "ehrlich"
erfüllt habe, was von ihm verlangt wurde, der Westen jedoch mit den
versprochenen Zahlungen im Verzug ist !

Präsident Kostunica und Premierminister Djindjic liegen öffentlich im
Streit darüber, wer die persönliche Kontrolle über die Armee von
Jugoslawien ausüben sollte. Einige Führer von DOS versuchen, die Armee
Jugoslawiens abzubauen, sie und ihre Moral zu schwächen; denn dies ist
der Wunsch der NATO. Sie gehen auf Konfrontation zur Armee und
Polizei.
Sie drohen mit einer neuen Welle von politischen Verfolgungen und
weiteren Auslieferungen von Bürgern an die NATO.

Es ist klar, daß derartige Behörden sich nicht sehr lange halten
dürften. Selbst jene, die DOS finanzierten und organisierten, planten
nicht, sie lange beizubehalten. Aber für die Bürger dieses Landes ist
die Frage: Was wird von dem Land, von dem Staat und von unseren
wirtschaftlichen Ressourcen übrig bleiben, nachdem derartige Behörden
wieder verschwinden? Was werden neue Behörden noch zu ihrer Verfügung
vorfinden?

Liebe Gäste,

Die SPS ist eine Partei von freien, kreativen und mutigen Menschen,
organisiert auf der ideellen Grundlage sozialer Gerechtigkeit,
parlamentarischer Mehrparteiendemokratie, einer gemischten
Volkswirtschaft, Freiheit und Gleichheit. Innerhalb der Partei und
ihrer
Führung gibt es breiten Raum für verschiedene Meinungen, insbesondere
bezüglich der Methoden zur Verwirklichung der Optionen des Programms.

Selbstverständlich erfordert volle innere Demokratie bei der
Ausarbeitung der politischen Positionen totale Parteidisziplin und
Verantwortlichkeit für die öffentliche Vertretung und Verwirklichung
der
einvernehmlich beschlossenen politischen Positionen. Alle Mitglieder
unterliegen einer derartigen Parteidisziplin, insbesondere die Führer
der SPS. Dieses Grundprinzip ist wichtig für jede politische Partei
unter allen Bedingungen. In der Anwendung auf eine Partei wie die SPS,
die kraft ihres Programms das ganze politische Spektrum von der Mitte
bis zur äußersten Linken abdeckt, eine Partei, die politischer
Verfolgung ausgesetzt ist, wie sie nie zuvor in der politischen
Geschichte Serbiens vorgekommen ist, hat allerdings die Stärkung der
Einheit und die Einhaltung der Parteidisziplin die größte und
schicksalhafteste Bedeutung. Unsere Einheit wird in dem Maße stärker
werden, wie die Aktivitäten verstärkt werden, die die Partei zur
Verwirklichung der Optionen unseres Programms unternimmt.

Zuweilen taucht in der Öffentlichkeit der Gedanke auf, dass es
notwendig
sei, dass Programm der SPS zu ändern. Vorgebracht wird dies in der
Form
"wohlmeinender" Ratschläge, in der Form eines Plädoyers für die
"Berücksichtigung neuer Realitäten", für die "Modernisierung", für das
"Eingehen auf" den privaten Sektor, die Intelligenz, die Jugend usw.
In
Wirklichkeit liegen die eigentlichen Motive für solche "wohlmeinenden"
Thesen und Vorschläge woanders.

Gestatten Sie mir diesbezüglich Ihre Erinnerung an eine Position aus
dem
SPS-Programm aufzufrischen: "In ihren grundlegenden programmatischen
Prinzipien bezieht sich die Sozialistische Partei Serbiens auf die
Entwicklung sozialistischer Ideen in unserm Lande und weltweit so wie
auf die allgemein anerkannten positiven Ergebnissen der
demokratisch-politischen Praxis sozialistischer Kräfte, insbesondere
in
Westeuropa und auf unsere eigene Entwicklung seit dem Zweiten
Weltkrieg.
Teilweise zieht sie ihre politische und moralische Stärke aus den
Ergebnissen der die ganze Bevölkerung erfassenden demokratischen und
patriotischen Bewegung in Serbien am Ende der 1980er Jahre. Vor den
Veränderungen in Osteuropa unterstützte dieser Massenkampft einfacher
Menschen die Politik der Demokratisierung, der nationalen Emanzipation
und der sozialistischen Reformen. Es war diese Massenbewegung und
diese
Politik, welche die Notwendigkeit der Bildung der Sozialistischen
Partei
Serbiens aufzeigten."

Dies ist der Grund dafür, dass die SPS eine starke politische Partei
war
und bleibt, akzeptiert in allen sozialen Bereichen und von allen
Generationen. Ihr Einfluss und ihre Bedeutung sind gewachsen, weil die
allgemeine Entwicklung in den letzten zehn Monaten ein vertieftes
ernstes Bewußtsein unter der großen Mehrheit der Bevölkerung erzeugt
hat, ungeachtet der politischen Ansichten, des Alters oder der
Parteizugehörigkeit. Dabei sollte festgehalten werden, dass, wenn
unsere
Gegner sagen, die SPS sollte ihr Programm ändern, sie dies sagen, weil
sie sich der starken historischen Grundlagen unserer Partei bewußt
sind.
Das macht ihnen zu schaffen. Sie wissen, dass diese Grundlagen in den
freiheitliebenden und humanistischen Traditionen unseres Volkes
wurzeln.
Sie wurzeln in der über zweihundertjährigen Entwicklung
sozialistischer
Gedanken in Europa und Serbien aber auch in den heutigen konkreten
Umständen. Wenn einige unserer Genossen sagen, das Programm sollte
geändert werden, zeigt dies, dass sie nicht verstehen, was in einem
historischen Sinne für unsere Partei am vorteilhaftesten ist. An ihre
Adresse und für die Öffentlichkeit im allgemeinen sollte klar gesagt
werden, welches programmatische und politische Potential unseres
Programms nicht ausreichend genutzt worden ist, und welche
programmatischen Fehlleistungen nun weitgehend überwunden worden sind.

Warum ist unser Volk und unsere Partei Zielscheibe von außerordentlich
brutalen, illegalen und ehrlosesten Methoden gegenwärtiger imperialer
Politik geworden? Vor allem weil wir in einer authentischen Weise
demokratische und wirtschaftliche Reformen verwirklicht haben. Wir
waren
in Osteuropa die ersten, die Reformen in Angriff nahmen. Wir
arbeiteten
jedoch im Interesse unseres Volkes und nicht der neokolonialen
Machtzentren. In den späten 80er Jahren nahmen wir den korrupten
Elementen, die den Kontakt zum Volk verloren hatten, die Macht.
Während
des Putsches vom 5. Oktober kamen diese selben Elemente, wertlose
Überbleibsel der alten Liga der Kommunisten, die ihre grundlegenden
Prinzipien verraten hatten, an die Macht zurück, entweder direkt oder
durch ihre Kinder, und darauf aus, ihre nicht-vergessenen Privilegien
und Provisionen zurück zu holen und autoritäre Herrschaftsmethoden mit
Gesetzlosigkeit, Verbrechen und Verrat durchzusetzen. Indem dagegen
die
Sozialistische Partei Serbiens die nationale Würde und Souveränität
verteidigte, indem sie verteidigte, was in der Tat die
fortschrittlichsten europäischen Prinzipien sind, wie in ihrem
Programm
verankert, führte sie die Nation auf dem einzig möglichen Weg. Es ist
der Weg der Erhaltung und Entwicklung des ökonomischen Potentials auf
der Basis der sozialen Gerechtigkeit und der geistigen
Weiterentwicklung
mit dem Ziel, die integrierenden Beziehungen zu unseren Nachbarn zu
erneuern und zu entwickeln. In diesem Sinne wollen wir in das
Europäische Haus einziehen, nicht in die Abstellkammer des
wirtschaftlichen Hinterhofs Europas.

Die SPS hatte keine Probleme mit ihrem Programm oder den Grundzügen
ihrer politischen Organisation sondern bei der praktischen
Verwirklichung ihres Programms.

Unser Programm stellt sich gegen die Verwandlung von wirtschaftlicher
oder finanzieller Macht von Einzelnen in politische Macht. Erstens
sollte eine Partei der Linken, die aus dem Volk heraus entstanden ist,
kein arrogantes und unbescheidenes Auftreten ihrer besser gestellten
Mitglieder dulden. Zweitens sollte die Partei und die Regierung - wenn
wir sie denn wieder zurückgewonnen haben - nicht unter dem Einfluß von
Karrieristen, Profiteuren und solchen stehen, die ihr Schäfchen ins
Trockene bringen wollen, noch sollten Kräfte ohne Rückhalt in der
Bevölkerung Macht erhalten.

Das sind Lektionen, die wir sehr wohl gelernt haben. Jene, die ihre
persönlichen Interessen über das Gemeinwohl stellen, haben unsere
Partei
entweder verlassen und sich, um ihr Vermögen zu retten, den
gegenwärtigen Machthabern angeschlossen oder wir haben sie selbst
ausgeschlossen. Für sie und andere, die ihnen nacheifern möchten, gibt
es in der Sozialistischen Partei Serbiens keinen Platz mehr. Ferner
haben wir beschlossen, dass wir uns endlich von schlecht begründeten
Wahlkoalitionen lossagen. Jede Partei sollte Macht nur im Verhältnis
zu
ihrem tatsächlichen Rückhalt in der Bevölkerung besitzen.

Die Haltung der SPS war und bleibt klar: Die Erhaltung der
Bundesrepublik Jugoslawien als eines souveränen unabhängigen Staates,
eines Gemeinwesens von gleichberechtigten Bürgern und der Republiken
Serbien und Montenegro ist ein Ausdruck ihrer historischen Interessen,
die Vorbedingung ihrer Unabhängigkeit und modernen wirtschaftlichen
Entwicklung. Der Kampf gegen Separatismus, Terrorismus und
organisiertes
internationales Verbrechen und ein stärkeres Voranbringen der
regionalen
wirtschaftlichen Integration sind ohne die Erhaltung der
Bundesrepublik
Jugoslawien nicht denkbar.

Die letzten zehn Monate des Totalitarismus, der Gesetzlosigkeit,
Verfolgung und Verfinsterung waren zwar schwer, haben aber unserer
Partei in vieler Beziehung geholfen. Wir haben verstanden, wo wir uns
geirrt haben, aber auch wo unser ungenutztes Potential liegt. Wir
zahlten einen Preis für Opportunismus gegenüber jenen, die nur zu
ihrem
eigenen Nutzen mit uns waren, weil die SPS an der Macht war. Wir
verstehen die Bedeutung täglicher Kontakte mit den Menschen und des
Respekts vor ihren Wünschen. An dieser Erkenntnis und Erfahrung
reicher
geworden, wird die SPS ihre Beziehungen zu allen sozialen Schichten
verstärken, indem sie als ein Faktor der Einheit agiert, der zu
Kreativität, Klugheit, Energie und Schwung zum Nutzen des allgemeinen
Fortschritts beiträgt. Offenheit und Verantwortlichkeit soll vor allem
gegenüber der Mitgliedschaft und den Sympathisanten zum Ausdruck
kommen,
die fest zur Politik und zum Programm der SPS standen, als dies am
schwierigsten war. Gleichzeitig soll dies das wichtigste Kriterium bei
der Aufstellung von Kandidaten für Wahllisten sein. Wir sind es den
jungen Menschen nicht nur in Worten sondern in der Praxis schuldig,
ihnen viel breitere Möglichkeiten der Teilnahme und des Einflusses im
Parteileben zu geben. Das haben sie verdient aufgrund ihrer Leistungen
bei der Vertretung unserer Politik und der Verteidigung ihrer Werte
wie
auch durch bei den Protesten, die in den allerletzten Monaten
stattfanden.

Die Bundesregierung kam zu Fall wegen der Verletzung der Verfassung
und
Gesetze des Staates. Die SPS ist der Auffassung, dass in der neuen
Regierung kein Platz für jene sein sollte, die für das
verfassungswidrige Auslieferungsdekret unmittelbar verantwortlich
sind.

Im Sinne der massiven Wünsche der Bürger Serbiens fordert die SPS den
Rücktritt der Republiksregierung, die für die Verletzung der
Verfassung
Jugoslawiens und Serbiens so wie für die Mißachtung der Entscheidung
des
Bundesverfassungsgerichts, für die Usurpation der ihr nicht
zukommenden
staatlichen Autorität, für die Entführung und Aushändigung von
Slobodan
Milosevic an die NATO verantwortlich ist.

Neuwahlen dürfen nicht länger hinausgeschoben werden.

Niemand sollte sich in neue Wahlen einmischen, weder die USA noch die
EU
noch Soros oder ähnliche Kräfte.

Die vielen Schwierigkeiten, denen wir ausgesetzt waren und mit denen
wir
zu kämpfen hatten, haben uns stärker gemacht. Wir stehen vor alten und
neuen Schwierigkeiten und Herausforderungen sowie vor neuen
Möglichkeiten.

War die SPS bisher in der Verteidigung des Staates, der Freiheit und
sozialen Gerechtigkeit eine Stütze für Serbien und Jugoslawien, so
wird
sie künftig noch mehr gebraucht werden, weil eben diese Grundwerte
noch
stärker bedroht sind.

In dem vor uns liegenden Zeitabschnitt ist es unsere Pflicht, der
Analyse von ökonomischen und sozialen Problemen viel mehr
Aufmerksamkeit zu widmen und den Einfluss der SPS unter den Arbeitern,
den Menschen, die unter solchen Problemen am meisten zu leiden haben,
zu
erweitern. Fragen der Landwirtschaft und der ländlichen Gebiete müssen
in einer organisierteren Weise angegangen werden, wie es der Partei
entspricht, die immer ihren stärksten Rückhalt in ländlichen Gegenden
hatte.

Die Intelligenz ist eine natürliche Stütze der SPS als einer offenen
Partei mit einer linken Orientierung. Wenngleich täglich mehr und mehr
Intellektuelle - Wissenschaftler, Arbeiter im kulturellen Bereich und
öffentlichen Dienst - unsere Positionen zu aktuellen Fragen und unsere
Aktionen akzeptieren und unterstützen und dieselben Positionen
hinsichtlich der Zukunft des Staates und des Volkes haben, so müssen
wir
doch noch viel mehr dazu beitragen, dieses Unterstützungspotential zu
aktivieren.

Die Energie der Menschen, die durch Massenproteste stimuliert wird,
muss
erhalten bleiben. Die Ideen und Forderung von Versammlungen der
Menschen
müssen noch entschiedener vertreten, für sie muss gekämpft werden, und
zwar auf parlamentarischem Wege, mittels der Medien und über
internationale Kontakte.

Vor allem gilt dies für das feste Beharren auf der Verantwortlichkeit
jener, die die Verfassung, die Gesetze, die Moral und die
internationalen Normen im Zuge der Entführung von Präsident Slobodan
Milosevic verletzt haben. Die übergroße Mehrheit des jugoslawischen
Volkes fordert ferner die Abschaffung des Haager Tribunals als des
verlängerten Arms der NATO. Gleichzeitig ist dies eine Forderung der
internationalen Öffentlichkeit und insbesondere von Angehörigen
wissenschaftlicher, kultureller und juristischer Berufe. Verbrechen in
Jugoslawien haben die die Adresse der NATO, nicht die der Verteidiger
der Freiheit ! Das Haager "Tribunals" wird, was immer seine Herren und
Meister damit auch beabsichtigen, bis zu seiner Abschaffung die Bühne
sein, auf der sich die räuberische, imperiale Natur der NATO selbst
offenbart.

Die Sozialistische Partei Serbiens appelliert an alle Bürger, alle
demokratischen Parteien und Organisationen, alle kulturellen und
wissenschaftlichen Einrichtungen: Fordert Neuwahlen, ein freies
demokratisches Leben im Lande und ein Ende der Diktatur, einen
würdigen
Eintritt in den Kreis freier Länder Europas und der Welt ohne
Protektorate und koloniale Unterwürfigkeit, im Vertrauen auf die
eigene
geistige Stärke und die wirtschaftlichen und kreativen Potentiale.
Unsere Partei besitzt Stärke, Entschlossenheit und genug erfahrene
Kader, um zu einer solchen Perspektive für Serbien und Jugoslawien
beizutragen.

Übersetzung aus dem Englischen: Klaus von Raussendorff

***********************************************************************
E N D E

Anläßlich der Kundgebung gegen die NATO-Intervention
in Mazedonien am 29. August um 17.00 Uhr
am Kriegsklotz (Stephansplatz)
veröffentlicht die INTERNATIONALE JUGOSLAWIEN
SOLIDARITÄT den folgenden Aufruf:

"Nein!" zur NATO-Intervention in Mazedonien
Brandstifter als Feuerwehr

In den vergangenen Tagen rückten mehr als 3500
NATO-Soldaten in die FYR Mazedonien ein um dort ihre
Operation "Essential Harvest" ("Wesentliche Ernte")
durchzuführen. Das vorgebliche Ziel dieser Operation
ist es, innerhalb von 30 Tagen die von der albanischen
terroristischen Organisation UCK freiwillig
abgegebenen Waffen einzusammeln, zu registrieren, nach
Griechenland zu bringen und dort zu vernichten. Damit
soll, so behaupten die NATO-Politiker, ein seit einem
halben Jahr von albanischen Terroristen geführter
Krieg niederer Intensität ("low intensive war") gegen
die mazedonische Bevölkerung beendet und sein
Umschlagen in einen großen Balkankrieg auf dem
Territorium Mazedoniens, der die Nachbarstaaten wie
Griechenland, Albanien, Bulgarien, Türkei, Serbien,
u.a. einbeziehen würde, verhindert werden.

Die NATO gibt sich also erneut als Friedensstifterin
aus, die auf der Basis der Neutralität selbstlos einer
angeblich bedrohten Bevölkerungsgruppe (den
mazedonischen Albanern) zu Hilfe eilt, indem sie in
einem Land interveniert, das weder ihrem Bündnis
angehört, noch um eine solche "Hilfe" gebeten hat. Die
Zustimmung der mazedonischen Regierung konnte erst
nach monatelangen diplomatischen Manövern in
Verbindung mit Erpressung und offenem militärischen
Druck auf der Grundlage eines sogenannten
"Befriedungsplans", der die Souveränität Mazedoniens
weitgehend außer Kraft setzt, erzielt werden.

Die Brandstifter als Feuerwehr

Fragen wir einmal, was sind das für "Rebellen", die in
Mazedonien seit einem halben Jahr Terror verbreiten,
indem sie friedliche Ortschaften überfallen,
Bombenanschläge gegen öffentliche Gebäude und Kirchen
durchführen, mazedonische Bürger töten, kidnappen und
verschleppen? Woher kommen ihre Waffen und Ausrüstung?
Wo liegen ihre Stützpunkte?

- Angeblich handelt es sich dabei um
Befreiungskämpfer, die sich für die Rechte einer
unterdrückten Minderheit einsetzen. Doch das stimmt
nicht!

Die Ziele dieser Organisationen sind zutiefst
rassistisch und nationalistisch und befinden sich in
der Tradition der Nazikollaborateure und
Mussolini-Faschisten der 30er und 40er Jahre, was
sowohl an ihren Abzeichen, Uniformen und Ritualen, als
auch an ihrer Forderung nach Herstellung eines
"Großalbanien" sichtbar wird.

In Wirklichkeit gibt es auf all diese Fragen nur eine
einzige Antwort mit vier Buchstaben: NATO!

NATO-Staaten haben diese Terrororganisationen
herangezüchtet!
NATO-Staaten haben ihre führenden Kämpfer ausgebildet!
NATO-Staaten haben sie bewaffnet, eingekleidet und
ausgerüstet!
NATO-Staaten kontrollieren und decken jede einzelne
ihrer terroristischen Aktionen und gewähren ihnen
Unterschlupf!

Die NATO ist gegenwärtig weltweit die größte und
gefährlichste terroristische Organisation. Mit ihrem
78tägigen Bombenterror gegen Jugoslawien im Frühjahr
1999 hat sie den albanischen UCK-Banditen das Kosovo
zur freien Verfügung überlassen, die dort seitdem ihre
ungezügelte Terrorherrschaft errichten konnten.

Hunderttausende Einwohner des Kosovo wurden durch die
"ethnische Reinigung" der UCK unter NATO-Aufsicht
vertrieben. Tausende wurden von ihnen ermordet,
vergewaltigt, verschleppt und eingesperrt.

Anstatt die UCK zu entwaffnen und aufzulösen, wozu
sich die NATO im Waffenstillstandsabkommen vom Juni
1999 verpflichtet hatte, wurde sie lediglich in
"Kosovo Schutzcorps" (KPC) umbenannt und als reguläre
Polizeieinheit eingesetzt, um dann in Mazedonien als
UCK, wie Phönix aus der Asche, neu zu entstehen.
Einige veraltete Waffen wurden eingesammelt und von
der NATO gegen modernes Gerät eingetauscht.

So wurde das Kosovo zur Ausgangsbasis weiterer
terroristischer Aktionen gegen die Nachbarstaaten, vor
allem gegen Südserbien, aber dann, seit etwa einem
halben Jahr, bevorzugt Mazedonien. Dabei sind die von
Deutschland und den USA kontrollierten Zonen von
besonderer Bedeutung, da ohne deren Mitwirkung der
grenzüberschreitende Terrorismus gar nicht möglich
wäre.

Versuche der betroffenen Staaten, ihre Bürger vor den
Terrorangriffen zu schützen, wurden von den
NATO-Staaten mit allen Mitteln unterbunden. Im Fall
Jugoslawiens/Serbiens mit Erpressung, Bomben,
Sanktionen und schließlich dem von der CIA und anderen
NATO-Geheimdiensten organisierten "demokratischen
Putsch" um ein NATO-freundliches Regime in Belgrad an
die Macht zu bringen. - Nicht zuletzt wegen seines
entschlossenen Vorgehens gegen den albanischen
separatistischen Terrorismus sitzt heute der ehemalige
Präsident Jugoslawiens Slobodan Milosevic im
NATO-Gefängnis in Den Haag.

Die Regierung der FYR Mazedonien, die sich bislang der
NATO gegenüber außerordentlich kooperativ verhalten
hat, muß jetzt erfahren, daß selbst diese Haltung ihr
heute nichts mehr nützt.

Ihr Land steht als nächstes auf der Speisekarte der
NATO und dazu soll es nach dem Willen der NATO
entweder in verschiedene Zonen aufgeteilt oder im
Inferno eines Bürgerkrieges völlig zerschlagen und die
einzelnen Teile unter den Nachbarstaaten aufgeteilt
werden.

So beklagte sich kürzlich der Ministerpräsident der
FYR Mazedonien Georgevski in einem Brief an den
Generalsekretär der UNO darüber, daß das "Kosovo
Schutzcorps" als eine Organisation, die formal der UNO
untersteht, seinem Land den Krieg erklärt habe.

Der Widerstand wächst

Bereits mehrfach hat in den vergangenen Wochen die
Bevölkerung Mazedoniens in spontanen Aktionen ihren
Protest gegen die unhaltbare Situation in ihrem Land
zum Ausdruck gebracht. Sie macht vor allem die
NATO-Staaten, besonders die USA, Deutschland,
Großbritannien u.a. dafür verantwortlich.

Auf den Einmarsch der NATO-Truppen antworteten sie mit
Blockadeaktionen an den Grenzübergängen, um die
sofortige Freilassung ihrer von UCK-Terroristen
verschleppten Freunde, Nachbarn oder
Familienangehörigen durchzusetzen. Sie wissen, daß die
NATO-Truppen nicht als Friedensstifter, sondern als
Besatzer kommen.

Nach Bosnien und Kosovo soll jetzt in Mazedonien das
dritte NATO-Protektorat auf dem Gebiet des ehemaligen
Jugoslawien errichtet werden. Die NATO-Walze unter dem
Kommando der USA und EU schiebt sich weiter in
Richtung Osten voran. Dazu müssen zunächst mal die
widerspenstigen Balkanvölker unterworfen werden. Ob
diese Pläne der Herrschenden so aufgehen, liegt auch
an uns.

Deswegen gilt:

Unterstützen wir die freiheitsliebenden Balkanvölker
in ihrem gerechten Kampf gegen NATO-, EU- und
USA-Diktat!

NATO UND BUNDESWEHR - RAUS AUS DEM BALKAN!

Hamburg, den 27.08.2001
INTERNATIONALE JUGOSLAWIEN SOLIDARITÄT

Kontakt: IJS, c./o. Magda Thurey Zentrum, Lindenallee
72, 20259 Hamburg;
email: ijs.hamburg@m...
webside: http://jugo-solidaritaet.8k.com

---

Von: "Dr. Peter Strutynski" <strutype@...-kassel.de>
Datum: 2001/08/16 Do PM 03:04:10 GMT+02:00
Betreff: Friedensbewegung: Aktionen gegen Mazedonien-Einsatz

Kassel, den 16. August 2001

Pressemitteilung

"Nicht schon wieder!"
Friedensbewegung macht gegen Bundeswehreinsatz in Mazedonien mobil -
Aktionen und Mahnwachen am Vorabend der Bundestagsentscheidung -
Fünf Gründe gegen einen NATO-Einsatz

Mit einer Erklärung wendet sich die deutsche Friedensbewegung gegen
einen Einsatz von NATO und Bundeswehr in Mazedonien. Der Bundesausschuss
Friedensratschlag, Organisator der jährlichen Strategietreffen der
Friedensbewegung, hat für seine ablehnende Haltung "fünf Gründe"
formuliert, die an die Fraktionen des Bundestags verschickt und in einem
Massenflugblatt öffentlich verbreitet werden (siehe Anlage). Die
Argumente der Friedensbewegung decken sich zum Teil mit den Erwägungen
einer Gruppe von Bundestagsabgeordneten aus SPD und Bündnis90/Die
Grünen, die einem Einsatzbefehl ihre Zustimmung verweigern wollen.

Fünf Gründe gegen NATO-Einsatz

Die Friedensbewegung erinnert erstens an das Völkerecht, das eine
ausländische militärische Intervention in einen inneren Konflikt
grundsätzlich ausschließt. Einmischung zum Schutz der Menschenrechte
etwa müsse mit anderen, nämlich zivilen Mitteln stattfinden. Zweitens
wird auf die Eskalationsgefahr hingewiesen, die im Fall eines
NATO-Eingriffs bestehe. Drittens wird dem häufig gehörten Argument
entgegengetreten, "man könne doch nicht einfach wegschauen". Wenn die
NATO tatsächlich etwas tun wolle zum Schutz Mazedoniens, dann hätte sie
dazu im Kosovo reichlich Gelegenheit, indem sie die UCK konsequent
entwaffnet und die Nachschublinien für Waffen und UCK-Kämpfer nach
Mazedonien unterbricht. Viertens wird gefordert, die UNO ins Spiel zu
bringen. Der UN-Sicherheitsrat hat bisher lediglich die Möglichkeit
erhalten, die Konfliktparteien zur Einhaltung des Waffenstillstands
aufzufordern. Ein Mandat der UNO zu irgend einer Maßnahme liegt nicht
vor. Und fünftens wird festgestellt, Waffeneinsammeln aufgrund einer
freiwilligen Vereinbarung der Konfliktparteien sei eine genuine Aufgabe
der Vereinten Nationen, die hierin auch über einschlägige Erfahrungen
verfüge.

Aktionen angekündigt

Der Bundesausschuss Friedensratschlag ruft zu Protest- und Mahnaktionen
auf, die am Vorabend der Bundestagssitzung, in der über den
Mazedonien-Einsatz beschlossen wird, stattfinden sollen. Dr. Peter
Strutynski, einer der Sprecher des Bundesausschusses, geht davon aus,
das solche Aktionen in sehr vielen Städten und Regionen laufen werden.
Viele Friedensinitiativen und Organisationen seien schon in den
vergangenen Wochen trotz Sommerpause initiativ geworden und haben z.B.
ihre Wahlkreisabgeordneten per Brief, Fax und e-mail "bombardiert". "Wir
werden um jeden Abgeordneten kämpfen. Es darf nicht sein, dass die
Bundesrepublik zwei Jahre nach dem völkerrechtswidrigen Krieg gegen
Jugoslawien wieder Kriegspartei auf dem Balkan wird und möglicherweise
mithilft einen selbständigen Staat zu zerstören", sagte Strutynski.

Friedensbewegung geht auf Distanz zur CDU/CSU und FDP

Gleichzeitig geht der Bundesausschuss Friedensratschlag auf Distanz zur
CDU/CSU und FDP, die ihre ablehnende Haltung nur taktisch begründen und
in Wirklichkeit von NATO und Bundeswehr von Anfang an ein "robusteres"
Eingreifen verlangen. Die Friedensbewegung sagt auch NEIN zu einer von
CDU/CSU und FDP geforderten Aufstockung des Militärausgaben. Die
deutschen Steuerzahler, Rentner, Arbeitslosen, Sozialhilfeempfänger,
Kassen- und Krankenhauspatienten leiden nicht an einem Zuwenig, sondern
an einem Zuviel an Bundeswehr und Militärausgaben!

Für den Bundesausschuss Friedensratschlag:
Dr. Peter Strutynski (Sprecher)

Bei Rückfragen:
Tel. P. Strutynski: dienstl. 0561/804-2314; FAX 0561/804-3738;
Tel. privat: 0561/311693
e-mail: strutype@...-kassel.de

Anlage: Flugblatt des Bundesausschusses Friedensratschlag

Nicht schon wieder!
Gegen einen Einsatz der Bundeswehr in Mazedonien

Die Friedensbewegung wendet sich mit aller Entschiedenheit
gegen den von
der Bundesregierung geplanten Einsatz der Bundeswehr in
Mazedonien. Vor
Wochen schon haben Bundeskanzler Schröder,
Verteidigungsminister
Scharping und Außenminister Fischer versprochen, an einem
in Aussicht
gestellten NATO-Kontingent nur unter drei Bedingungen
teilzunehmen:
1) Müssten die terroristischen UCK-Kämpfer bereit
sein "freiwillig" ihre
Waffen abzugeben, sodass die NATO sie nur "einzusammeln"
bräuchte.
2) Müsste im Gegenzug die mazedonische Regierung
garantieren, dass der
albanischen Bevölkerungsminderheit mehr Rechte eingeräumt
werden (z.B.
Albanisch als zweite Amtssprache, mehr Selbstverwaltung in
den
Kommunen).
3) Müsste ein "stabiler und dauerhafter"
Waffenstillstand herrschen.

Die beiden ersten Bedingungen sind nun nach dem
"Friedensabkommen" vom
13. August von den Konfliktparteien in Mazedonien
zumindest versprochen
worden. Mit der dritten Bedingung ist es allerdings
schlecht bestellt:
Die UCK setzte auch nach dem Abkommen ihre Angriffe gegen
makedonische
Polizei- und Militärstützpunkte fort. Bisher kann noch
nicht einmal
davon die Rede sein, dass der Waffenstillstand begonnen
habe, geschweige
denn dass er sich bereits "stabilisiert" hätte und
"belastbar" sei.

Dennoch will die Regierung vom Bundestag ein Mandat für
einen
Bundeswehreinsatz. Damit bricht sie ihr eigenes Wort und
gefährdet zudem
das Leben der deutschen Soldaten.

Fünf Gründe gegen einen Bundeswehreinsatz

Wir sagen NEIN zum Einsatz der Bundeswehr und der NATO in
Mazedonien,
und zwar aus fünf Gründen:

1. Zu allererst muss festgehalten werden, dass der innere
Konflikt in
Mazedonien - der noch dazu von außen, nämlich vom Kosovo
her unterstützt
wird - zunächst eine innere Angelegenheit der Makedonier
selbst ist. Es
geht um die territoriale Unversehrtheit des makedonischen
Staates. Wie
der mit seinen Minderheiten umgeht, ist selbstverständlich
nicht mehr
nur seine eigene Sache, sondern Einmischung im Sinne der
Wahrung der
universellen Menschenrechte ist durchaus erlaubt, ja sogar
geboten. Die
Einmischung selbst muss aber im Einklang mit dem
Völkerrecht stehen, es
müssen gewaltfreie und zivile Instrumente eingesetzt
werden. Die
NATO-Staaten, die gerade erst vor wenigen Monaten ihr Herz
für
Mazedonien entdeckt haben, hätten jahrelang Gelegenheit
dazu gehabt.

2. Zum zweiten kann nicht oft genug auf die
Eskalationsgefahr
hingewiesen werden, die ein NATO-Einsatz heraufbeschwören
könnte. Für
die UCK, in deren kollektiver Erinnerung die NATO seit dem
Jugoslawienkrieg 1999 als Verbündeter weiterlebt, bedeutet
ein
militärisches Eingreifen der NATO natürlich eine
Bestätigung ihrer
bisherigen Guerillataktik und eine riesige Ermutigung mit
dieser Taktik
fortzufahren. Sollte die NATO, sollten insbesondere die
Truppenkontingente der Führungsmacht USA bei ihrem Einsatz
stärker für
die albanische Seite Partei ergreifen, werden sie
unweigerlich in
Konflikt mit der mazedonischen Regierung und ihrer Armee
geraten.
Sollten die NATO-Truppen indessen ihren Auftrag mehr im
Sinne
Mazedoniens erfüllen (z.B. durch ein konsequentes Vorgehen
bei der
Entwaffnung), werden sie die bewaffnete Feindschaft der
albanischen
Terroreinheiten kennen lernen. Ein Anschwellen der
militärischen
Auseinandersetzung bis hin zu bürgerkriegsähnlichen
Zuständen und einer
Ausbreitung des Konflikts (nach Montenegro, nach Serbien)
wären die
wahrscheinliche Folge.

3. Das heißt drittens nicht, dass die NATO "zuschauen"
muss. Sie steht -
als KFOR-Truppe - mit über 40.000 Soldaten im Kosovo. Dort
kann sie das
tun, was sie in den beiden zurückliegenden Jahren so
sträflich versäumt
hat: die UCK restlos entwaffnen, ihre Verbände auflösen
und die Grenze
zu Mazedonien für den Waffen- und Menschenschmuggel
endgültig dicht
machen. Die NATO hat bei ihrem Krieg gegen Jugoslawien
versprochen, für
ein "multiethnisches" Kosovo zu kämpfen. Als
Besatzungsmacht hat sie es
jedoch zugelassen, dass das Kosovo bis heute ethnisch
nahezu vollständig
"gesäubert" wurde: Mehr als 250.000 Serben, Roma und
andere
nicht-albanische Bevölkerungsgruppen sind aus dem Kosovo
mehr oder
weniger unsanft vertrieben worden.

4. Viertens gilt es, die UNO ins Spiel zu bringen.
Bundesaußenminister
Fischer verwies am 14. August, also einen Tag nach dem
Abkommen in
Skopje, triumphierend darauf, dass der UN-Sicherheitsrat
am Vorabend in
einem Beschluss einstimmig das diplomatische Engagement
von NATO, EU und
OSZE in Mazedonien begrüßt habe. Damit, so Fischer, zeige
die
Staatengemeinschaft ihre "geschlossene Unterstützung" für
den
Friedensplan (FR, 15.08.2001). Von einem wirklichen
UN-Mandat für einen
Militäreinsatz nach Kapitel VII der UN-Charta kann aber
überhaupt keine
Rede sein. Der UN-Sicherheitsrat hat die mazedonischen
Konfliktparteien
nämlich lediglich zur Einhaltung des Waffenstillstands und
zur
Verwirklichung des Friedensabkommens aufgerufen. Die
"volle
Unterstützung" der "internationalen Gemeinschaft" für das
Engagement von
NATO, EU und OSZE ist nicht in der
Sicherheitsratserklärung enthalten,
sondern stammt aus einer Erklärung des UN-Generalsekretärs
Kofi Annan.

5. Schließlich muss darauf hingewiesen werden, dass sich
die Vereinten
Nationen mit ihren Peace-keeping-Instrumenten
(Vermittlungsdienste,
Beobachter bis hin zu leicht bewaffneten "Blauhelmen") am
besten dafür
eignen, als Schiedsrichter in einem so gearteten Konflikt
wie dem in
Mazedonien aufzutreten. Gerade wenn die NATO
gebetsmühlenartig
wiederholt, dass ihr Einsatz nur einer "freiwilligen"
Entwaffnung der
UCK diene und sich jeglicher bewaffneter Einsatz gegen
eine der beiden
Konfliktparteien verbiete, hat sie in Mazedonien schon gar
nichts zu
suchen. Waffen einsammeln und registrieren kann die UNO
mindestens genau
so gut; hierüber verfügen die Vereinten Nationen auch
schon über
Erfahrungen aus verschiedenen Konfliktgebieten der Welt
(z.B. zuletzt
aus Sierra Leone).

Warum?

Wenn NATO und Bundesregierung dennoch so eifrig auf die
eigene
militärische Karte setzen, so ist dahinter eine andere
Absicht zu
vermuten:
- Einmal geht es wohl darum, Mazedonien in eine Art
"NATO-Protektorat"
zu verwandeln, um mit ihm schalten und walten zu können,
wie es der NATO
beliebt.
- Zum anderen soll mit dem Militäreinsatz in Mazedonien
der Welt
demonstriert werden, dass es in der Politik auch ohne UNO
geht. Die
Weltstaatengemeinschaft, die sonst so oft beschworen wird,
muss
erkennen, dass in ihr nur die NATO (und damit in erster
Linie die
übermächtigen USA) das Sagen hat.

Dem können wir nicht zustimmen. Deshalb sagen wir NEIN zum
NATO- und
Bundeswehreinsatz in Mazedonien.

Kassel/Frankfurt/Hamburg/Berlin, 16. August 2001
Bundesausschuss Friedensratschlag
c/o DGB Kassel, Spohrstr. 6, 34117 Kassel.
www.friedensratschlag.de


-----Ursprüngliche Nachricht-----
Von: Dr. Peter Strutynski [mailto:strutype@...-kassel.de]
Gesendet: Donnerstag, 16. August 2001 14:58
Betreff: Gegen Bundeswehreinsatz - Aktionen


Liebe Friedensfreundinnen und -freunde,
es wird Ernst. Voraussichtlich wird der Bundestag in der
kommenden Woche
(entweder am 23. oder am 24. August) zu einer
Sondersitzung einberufen,
um über den Bundeswehreinsatz in Makedonien zu
entscheiden.
Wir hatten uns in der Friedensbewegung darauf verständigt,
am Vorabend
der Bundestagssitzung überall im Land, wo dies möglich
ist, Aktionen
(Demos, Mahnwachen, Info-Stände usw.) zu machen.
Außerdem haben wir im Bundesausschuss Friedensratschlag
ein aktuelles
Argumentationsflugblatt erstellt, dessen Text wir euch
anbei
mitschicken. Ihr könnt daraus - wenn ihr wollt - bequem
eigene
Flugblätter für eure Aktionen herstellen.
Weitere aktuelle Informationen gibt es auf unserer
Homepage unter:

http://www.uni-kassel.de/fb10/frieden/regionen/Makedonien/abkommen.html

Mit den besten Grüßen
Peter Strutynski

Und hier der Flugblatttext:

Nicht schon wieder!
Gegen einen Einsatz der Bundeswehr in Mazedonien

Die Friedensbewegung wendet sich mit aller Entschiedenheit
gegen den von
der Bundesregierung geplanten Einsatz der Bundeswehr in
Mazedonien. Vor
Wochen schon haben Bundeskanzler Schröder,
Verteidigungsminister
Scharping und Außenminister Fischer versprochen, an einem
in Aussicht
gestellten NATO-Kontingent nur unter drei Bedingungen
teilzunehmen:
1) Müssten die terroristischen UCK-Kämpfer bereit
sein "freiwillig" ihre
Waffen abzugeben, sodass die NATO sie nur "einzusammeln"
bräuchte.
2) Müsste im Gegenzug die mazedonische Regierung
garantieren, dass der
albanischen Bevölkerungsminderheit mehr Rechte eingeräumt
werden (z.B.
Albanisch als zweite Amtssprache, mehr Selbstverwaltung in
den
Kommunen).
3) Müsste ein "stabiler und dauerhafter"
Waffenstillstand herrschen.

Die beiden ersten Bedingungen sind nun nach dem
"Friedensabkommen" vom
13. August von den Konfliktparteien in Mazedonien
zumindest versprochen
worden. Mit der dritten Bedingung ist es allerdings
schlecht bestellt:
Die UCK setzte auch nach dem Abkommen ihre Angriffe gegen
makedonische
Polizei- und Militärstützpunkte fort. Bisher kann noch
nicht einmal
davon die Rede sein, dass der Waffenstillstand begonnen
habe, geschweige
denn dass er sich bereits "stabilisiert" hätte und
"belastbar" sei.

Dennoch will die Regierung vom Bundestag ein Mandat für
einen
Bundeswehreinsatz. Damit bricht sie ihr eigenes Wort und
gefährdet zudem
das Leben der deutschen Soldaten.

Fünf Gründe gegen einen Bundeswehreinsatz

Wir sagen NEIN zum Einsatz der Bundeswehr und der NATO in
Mazedonien,
und zwar aus fünf Gründen:

1. Zu allererst muss festgehalten werden, dass der innere
Konflikt in
Mazedonien - der noch dazu von außen, nämlich vom Kosovo
her unterstützt
wird - zunächst eine innere Angelegenheit der Makedonier
selbst ist. Es
geht um die territoriale Unversehrtheit des makedonischen
Staates. Wie
der mit seinen Minderheiten umgeht, ist selbstverständlich
nicht mehr
nur seine eigene Sache, sondern Einmischung im Sinne der
Wahrung der
universellen Menschenrechte ist durchaus erlaubt, ja sogar
geboten. Die
Einmischung selbst muss aber im Einklang mit dem
Völkerrecht stehen, es
müssen gewaltfreie und zivile Instrumente eingesetzt
werden. Die
NATO-Staaten, die gerade erst vor wenigen Monaten ihr Herz
für
Mazedonien entdeckt haben, hätten jahrelang Gelegenheit
dazu gehabt.

2. Zum zweiten kann nicht oft genug auf die
Eskalationsgefahr
hingewiesen werden, die ein NATO-Einsatz heraufbeschwören
könnte. Für
die UCK, in deren kollektiver Erinnerung die NATO seit dem
Jugoslawienkrieg 1999 als Verbündeter weiterlebt, bedeutet
ein
militärisches Eingreifen der NATO natürlich eine
Bestätigung ihrer
bisherigen Guerillataktik und eine riesige Ermutigung mit
dieser Taktik
fortzufahren. Sollte die NATO, sollten insbesondere die
Truppenkontingente der Führungsmacht USA bei ihrem Einsatz
stärker für
die albanische Seite Partei ergreifen, werden sie
unweigerlich in
Konflikt mit der mazedonischen Regierung und ihrer Armee
geraten.
Sollten die NATO-Truppen indessen ihren Auftrag mehr im
Sinne
Mazedoniens erfüllen (z.B. durch ein konsequentes Vorgehen
bei der
Entwaffnung), werden sie die bewaffnete Feindschaft der
albanischen
Terroreinheiten kennen lernen. Ein Anschwellen der
militärischen
Auseinandersetzung bis hin zu bürgerkriegsähnlichen
Zuständen und einer
Ausbreitung des Konflikts (nach Montenegro, nach Serbien)
wären die
wahrscheinliche Folge.

3. Das heißt drittens nicht, dass die NATO "zuschauen"
muss. Sie steht -
als KFOR-Truppe - mit über 40.000 Soldaten im Kosovo. Dort
kann sie das
tun, was sie in den beiden zurückliegenden Jahren so
sträflich versäumt
hat: die UCK restlos entwaffnen, ihre Verbände auflösen
und die Grenze
zu Mazedonien für den Waffen- und Menschenschmuggel
endgültig dicht
machen. Die NATO hat bei ihrem Krieg gegen Jugoslawien
versprochen, für
ein "multiethnisches" Kosovo zu kämpfen. Als
Besatzungsmacht hat sie es
jedoch zugelassen, dass das Kosovo bis heute ethnisch
nahezu vollständig
"gesäubert" wurde: Mehr als 250.000 Serben, Roma und
andere
nicht-albanische Bevölkerungsgruppen sind aus dem Kosovo
mehr oder
weniger unsanft vertrieben worden.

4. Viertens gilt es, die UNO ins Spiel zu bringen.
Bundesaußenminister
Fischer verwies am 14. August, also einen Tag nach dem
Abkommen in
Skopje, triumphierend darauf, dass der UN-Sicherheitsrat
am Vorabend in
einem Beschluss einstimmig das diplomatische Engagement
von NATO, EU und
OSZE in Mazedonien begrüßt habe. Damit, so Fischer, zeige
die
Staatengemeinschaft ihre "geschlossene Unterstützung" für
den
Friedensplan (FR, 15.08.2001). Von einem wirklichen
UN-Mandat für einen
Militäreinsatz nach Kapitel VII der UN-Charta kann aber
überhaupt keine
Rede sein. Der UN-Sicherheitsrat hat die mazedonischen
Konfliktparteien
nämlich lediglich zur Einhaltung des Waffenstillstands und
zur
Verwirklichung des Friedensabkommens aufgerufen. Die
"volle
Unterstützung" der "internationalen Gemeinschaft" für das
Engagement von
NATO, EU und OSZE ist nicht in der
Sicherheitsratserklärung enthalten,
sondern stammt aus einer Erklärung des UN-Generalsekretärs
Kofi Annan.

5. Schließlich muss darauf hingewiesen werden, dass sich
die Vereinten
Nationen mit ihren Peace-keeping-Instrumenten
(Vermittlungsdienste,
Beobachter bis hin zu leicht bewaffneten "Blauhelmen") am
besten dafür
eignen, als Schiedsrichter in einem so gearteten Konflikt
wie dem in
Mazedonien aufzutreten. Gerade wenn die NATO
gebetsmühlenartig
wiederholt, dass ihr Einsatz nur einer "freiwilligen"
Entwaffnung der
UCK diene und sich jeglicher bewaffneter Einsatz gegen
eine der beiden
Konfliktparteien verbiete, hat sie in Mazedonien schon gar
nichts zu
suchen. Waffen einsammeln und registrieren kann die UNO
mindestens genau
so gut; hierüber verfügen die Vereinten Nationen auch
schon über
Erfahrungen aus verschiedenen Konfliktgebieten der Welt
(z.B. zuletzt
aus Sierra Leone).

Warum?

Wenn NATO und Bundesregierung dennoch so eifrig auf die
eigene
militärische Karte setzen, so ist dahinter eine andere
Absicht zu
vermuten:
- Einmal geht es wohl darum, Mazedonien in eine Art
"NATO-Protektorat"
zu verwandeln, um mit ihm schalten und walten zu können,
wie es der NATO
beliebt.
- Zum anderen soll mit dem Militäreinsatz in Mazedonien
der Welt
demonstriert werden, dass es in der Politik auch ohne UNO
geht. Die
Weltstaatengemeinschaft, die sonst so oft beschworen wird,
muss
erkennen, dass in ihr nur die NATO (und damit in erster
Linie die
übermächtigen USA) das Sagen hat.

Dem können wir nicht zustimmen. Deshalb sagen wir NEIN zum
NATO- und
Bundeswehreinsatz in Mazedonien.

Kassel/Frankfurt/Hamburg/Berlin, 16. August 2001
Bundesausschuss Friedensratschlag
c/o DGB Kassel, Spohrstr. 6, 34117 Kassel.
www.friedensratschlag.de

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Artikel http://www.jungewelt.de/2001/08-20/014.shtml

Startseite junge Welt Interview
20.08.2001

Haben die linken Kräfte in Jugoslawien eine Zukunft?
jW sprach mit dem ehemaligen jugoslawischen Außenminister Vladislav
Jovanovic

Jovanovic war zur Zeit der NATO-Aggression 1999 jugoslawischer
Delegationschef bei der UNO in New York. Er gehört keiner politischen
Partei an und lebt in Belgrad


F: Nach dem Regierungswechsel im Oktober letzten Jahres ist die
Bundesrepublik Jugoslawien in die internationalen Institutionen
zurückgekehrt. Wieviel hat das Land davon profitiert und was hat man
dafür in Kauf genommen?

Diese Rückkehr hat nie stattgefunden. Es stimmt schon, daß Präsident
Vojislav Kostunica und die regierende »Demokratische Opposition
Serbiens« (DOS) dies für ihren Verdienst halten. Den Menschen in
Serbien wird das Ganze dann auch als Ergebnis einer weisen,
konstruktiven und in die Zukunft gerichteten Politik der DOS verkauft.
Doch de facto bedeutet es nichts anderes als die Aushändigung
Jugoslawiens an die internationalen Institutionen. Die Rückkehr setzt
die Erfüllung aller von den führenden westlichen Ländern gestellten
Forderungen voraus. Jene Länder waren nicht nur maßgeblich am
Auseinanderbrechen Jugoslawiens vor zehn Jahren beteiligt, sondern
haben über das Land auch Sanktionen verhängt, es in die Isolation
gedrängt - und schließlich vor zwei Jahren einen Angriffskrieg gegen
uns geführt.

F: Eine dieser internationalen Institutionen ist das sogenannte
UNO-Kriegsverbrechertribunal in Den Haag. Im Juni hatte die DOS
Slobodan Milosevic an das Haager Gericht überstellt. In der Folge muß
am heutigen Montag der frühere jugoslawische Präsident seinen 60.
Geburtstag in einem niederländischen Gefängnis feiern. Was bedeutet
die von DOS als »Geste des guten Willens« gewertete
Auslieferungsentscheidung für Jugoslawien und die internationalen
Beziehungen?

Man darf nicht vergessen, daß das Haager Tribunal politisch gesehen im
wesentlichen der verlängerte Arm des US-amerikanischen
Außenministeriums ist und unter dessen leitender Hand steht. Die
gegenwärtige jugoslawische Regierung hat mit der Auslieferung
Milosevics die Souveränität des Landes in einer inakzeptablen Art und
Weise verletzt. Dies stellt einen beispiellosen Akt nicht nur in der
Geschichte Jugoslawiens und Serbiens, sondern der Welt schlechthin
dar: Die Auslieferung eines ehemaligen Staatspräsidenten an ein
überaus fragwürdiges Gericht - und zwar nicht mit dem Ziel, ihn für
mögliche Taten zur Rechenschaft zu ziehen, sondern durch seine
Verurteilung, die mehr als sicher ist, die ganze Nation des Genozids
zu bezichtigen. Ich spreche hier über die Schuldzuweisung an die
serbische Nation, die für die schlimmsten Verbrechen gegen die
Menschheit gebrandmarkt wird. Aus diesem Grunde ist die
Verantwortungslosigkeit der DOS enorm.

Serbien soll allein für all das verantwortlich gemacht werden, was
sich im letzten Jahrzehnt auf dem Balkan zugetragen hat - nicht aber
die Sezessionisten oder die ausländischen Protagonisten, die diese
unterstützt haben. Das Prinzip der Individualschuld ist hier außer
Kraft gesetzt. Wäre es anders, müßten neben Milosevic sowohl die
Führer aus den Nachbarländern Jugoslawiens wie auch die der NATO auf
der Anklagebank in Den Haag sitzen. Mit dieser Meinung bin ich nicht
alleine. General Wesley Clark, der die NATO-Truppen während des
Krieges 1999 befehligte, erklärte unlängst, daß die Auslieferung
Milosevics nach Den Haag zwingend für die nachträgliche Legitimierung
der Aggression ist. Clark gab offen zu, daß die Überstellung seines
Gegners letztendlich die Aktionen der nordatlantischen Allianz
rechtfertigt. Es gibt keinen besseren Beweis, daß die
NATO-Bombardierung illegal, kriminell und insofern ohne Rechtfertigung
ist, als zuzugeben, daß dafür der Kopf Milosevics rollen muß.

F: Sie sind ja nicht nur Spitzendiplomat, sondern auch Rechtsanwalt:
Wie wird der Prozeß gegen den Ex-Präsidenten ablaufen?

Zuerst einmal: Mit der Anklageerhebung gegen Milosevic im Mai 1999
beeilte sich das Haager Tribunal, der NATO in den kritischsten
Momenten, als die öffentliche Unterstützung für den Krieg zu schwinden
drohte, unter die Arme zu greifen. Das Tribunal trat in den Krieg ein,
mehr noch, es stellte sich auf die Seite des Aggressors. Das UN-
Gericht, das vom Sicherheitsrat eingesetzt wurde, der die
NATO-Bombardierungen in keinem Zeitpunkt unterstützte, hätte
eigentlich den Vereinten Nationen treu bleiben müssen - und sich nicht
auf die Seite derjenigen stellen dürfen, die die Charta der Vereinten
Nationen verletzen. Auf diese Art wurde es selbst zum Aggressoren
gegenüber Jugoslawien.

Es ist nicht realistisch, von einem solchem Gericht einen fairen und
korrekten Prozeß zu erwarten, weder gegenüber Milosevic noch gegenüber
der Nation, deren Repräsentant er war.

Nichtsdestotrotz: Das Auffinden rechtskräftiger Beweise gegen den
ehemaligen jugoslawischen Staatschef kann sich für das Haager Tribunal
als Problem erweisen. Die Anklage wird sicher versuchen, gewisse
Ereignisse aufzublasen, vielleicht sogar gewisse Beweise zu fälschen -
doch schlußendlich wird die Gerichtsverhandlung unter den Augen der
ganzen Weltöffentlichkeit stattfinden.

Ich denke, das Tribunal wird versuchen, Milosevic erst einmal
möglichst lange in Haft zu halten, indem der Verhandlungsbeginn
aufgeschoben wird. Sobald der Prozeß beginnt, wird man ihn in die
Länge ziehen: Um Zeit zu gewinnen, bis die NATO-Angriffe in
Vergessenheit geraten sind oder von verschiedenen anderen Ereignissen
in den Hintergrund gedrängt werden.

Auf der anderen Seite kann die Gerichtsverhandlung gegen Milosevic so
lange verlängert werden, bis ein Ständiger Internationaler
Strafgerichtshof errichtet ist. Dann tritt das Haager Tribunal zur
Seite, ohne irgendwelche Folgen, ungestraft. Dies ist das
wahrscheinlichste Szenario.

F: Warum war der Widerstand in Serbien gegen die Auslieferung
Milosevics so schwach und die öffentliche Empörung eher bescheiden?

Stillschweigen bedeutet nicht Zustimmung. Vor allem, wenn die Stille
so tief ist. Sie kann ein Warnzeichen dafür sein, daß die gegenwärtige
Politik der DOS ziemlich schief läuft. Warum man nicht spektakulär und
öffentlich seine Entrüstung zeigt? Dies ist leicht mit den langen
Jahren unter den Sanktionen und der Erschöpfung durch den alltäglichen
Existenzkampf zu erklären. Genau dies war ja auch das Ziel der USA und
der NATO - so lange wie möglich das serbische Volk zu quälen, ihm jede
Art von Widerstand zu verunmöglichen.

Dennoch würde ich nicht sagen, daß im Bewußtsein der serbischen
Bevölkerung Verständnis jeglicher Art gehegt wird. Am allerwenigsten
wird der sehr unterwürfige Schritt der serbischen Regierung gebilligt,
Milosevic gegen die Zahlung eines Kopfgeldes auszuliefern. Die DOS
kann schon heute nicht sicher sein, eventuelle Wahlen zu gewinnen. Wie
das in sechs Monaten oder einem Jahr aussieht, können wir uns nur
ausmalen.

Es ist ein offenes Geheimnis, daß die zugesagten Gelder nicht
ausgezahlt, sondern von weiteren Auslieferungen und neuen Konzessionen
abhängig gemacht werden. Es war ein grundlegender Fehler der
gegenwärtigen Regierung, nicht schon von Anfang an Grenzen gesetzt zu
haben.

Daß es keinen unmittelbaren Volksausbruch der Unzufriedenheit gab,
bedeutet noch lange nicht, daß keine Abneigung gegen das Handeln der
serbischen Regierung besteht - was übrigens eine Massenerscheinung
ist. Die Ideen der sozialen Gerechtigkeit und Gleichheit sind aufgrund
einer langen Tradition im Denken und Handeln des serbischen
Durchschnittsbürgers verhaftet. Aus diesem Grunde wecken die
Schwierigkeiten, mit denen die DOS konfrontiert ist, die
katastrophalen Fehler, welche die Partei bis jetzt gemacht hat und die
sie in den nächsten Monaten sicher weiter machen wird, den Wunsch in
der Bevölkerung nach Wiederherstellung der früheren progressiven,
sozialistischen Kräfte. Das Problem ist, daß diese Kräfte den
zurückliegenden Zeitraum von knapp zehn Monaten nicht genügend genutzt
haben. Es gab keine ausreichende Selbstkritik, keine ausreichend
kritische Reflexion der Zeit als sie an der Macht waren. In naher
Zukunft wird daher eine alleinige Rückkehr der linken ohne eine
Koalition mit anderen patriotischen Kräften des Landes nicht möglich
sein.

Interview: Tanja Djurovic, Belgrad

Artikel per Mail versenden

© junge Welt

---

Internationales Komitee für die Verteidigung von Slobodan Milosevic
- Deutsche Sektion -

c/o Klaus Hartmann
Präsident der Weltunion der Freidenker
Starkenburgring 4
D-63069 Offenbach am Main
T/F: -69 - 83 58 50
e-mail: vorstand@f...
Internet: www.free-slobo.de
www.icdsm.org

Pressemitteilung
05/2001 16.08.2001

SCHREIBT AN SLOBODAN MILOSEVIC
ZU SEINEM 60TEN GEBURTSTAG AM 20. AUGUST 2001 !
SETZT EIN ZEICHEN GEGEN DIE NATO-KRIEGSVERBRECHER
UND IHR HAAGER "TRIBUNAL" !

Die NATO-Regierungen, die Jugoslawien bombardierten, strafen den
ehemaligen jugoslawischen Präsidenten Slobodan Milosevic dafür, dass
er
ihnen Widerstand leistete. Diejenigen, die für schwerste
Kriegsverbrechen und Verbrechen gegen die Menschheit verantwortlich
sind, maßen sich an, ihre eigene "internationale Strafjustiz" zu
schaffen. Sie verhöhnen mit dem von ihnen abhängigen Haager Tribunal
im
Mäntelchen der Vereinten Nationen alle friedliebenden und gerecht
denkenden Menschen der ganzen Welt. Dagegen zu protestieren, bietet
der
60te Geburtstags von Slobodan Milosevic am 20. August 2001 eine kleine
aber nicht unwichtige Gelegenheit.

Wir bitten, den Widerstand von Slobodan Milosevic vor dem Haager
Tribunal zu unterstützen und möglichst noch vor dem 20. August 2001
Solidaritätsgrüße an folgende Adresse zu richten:

Mr. Slobodan Milosevic
Huis van Bewaring Pompstationsweg 46a
NL 2597GX Den Haag
The Netherlands

(Wie man Grüße nach Den Haag schicken kann, wird im Anhang erklärt)

Als Slobodan Milosevic am 3. Juli zum ersten Mal dem Haager Tribunal
vorgeführt wurde, versicherte der Richter ihm vor aller Welt: "Ihnen
werden die vollen Rechte des Angeklagten nach internationalem Recht
gewährt."

Welche Rechte ein gekidnaptes Opfer des Haager Tribunals hat, ist
inzwischen klargestellt worden:

1. Recht auf Isolationshaft: Präsident Milosevic wurde sechs Wochen
gegen seinen Protest in Isolationshaft gehalten. Offiziell gilt
dagegen
für die Vereinten Nationen: "Anstrengungen zur Abschaffung der
Isolationshaft als Strafe oder die Einschränkung ihrer Anwendung
sollten
unternommen und gefördert werden."
(http://www.hri.ca/uninfo/treaties/35.shtml)

2. Recht auf Schlafentzug: Während der ersten Tage wurde in der Zelle
von Slobodan Milosevic das Licht nie abgeschaltet. Außerdem sind Tag
und
Nacht Videokameras auf ihn gerichtet, womit auch das Recht auf
keinerlei
Privatsphäre gewährleistet wäre.

3. Recht auf Ablehnung eines Rechtsbeistands der eigenen Wahl: Erst
nach
wochenlangem Gerangel wurde einem der jugoslawischen Anwälte
schließlich
erlaubt, ihn zu sehen. Einem weiteren jugoslawischen Anwalt wurde von
der niederländischen Regierung auf, wie sie erklärte, Anordnung des
"Tribunals" ein Einreisevisum verweigert. Anfang Juli lehnte das
"Tribunal" Ramsey Clarks Antrag für einen Anwaltsbesuch bei Slobodan
Milosevic ab. Inzwischen gehört der ehemalige US-Justizminister, der
auch einer der beiden Vorsitzenden des Internationalen Komitees für
die
Verteidigung von Slobodan Milosevic ist, zu seinem juristischen
Beraterteam und hat ihn Anfang August in der Haft aufgesucht. Nach
Feststellung von Clark haben Vertreter des "Tribunals" anfänglich
Gespräche zwischen Milosevic und seinen Anwälten überwacht und damit
das
"Erfordernis der Vertraulichkeit" aufgehoben.

4. Recht auf Mitansehen der ungebührlichen Behandlung eigener
Angehöriger: Die Ehefrau von Milosevic wurde wie eine Kriminelle
behandelt, als sie nach Holland kam. Außerhalb der Besuchszeit bei
ihrem
Mann, von dem sie durch eine Plexiglaswand ohne funktionierende
Mikrophonanlage getrennt ist, war sie zum Aufenthalt in einem
Hotelzimmer gezwungen. Offiziell gilt dagegen für die Vereinten
Nationen: "Alle Gefangenen sind mit dem ihrer Menschenwürde
geschuldeten
Respekt zu behandeln."

5. Recht auf Verleumdung durch das "Tribunal": Die NATO und das
"Tribunal" logen, als sie den Medien mitteilten, ihr Gefangener sei
selbstmordgefährdet. Tatsächlich erklärte Ramsey Clark nach seinem
Besuch, dass trotz der barbarischen Behandlung "Milosevic stark bleibt
und in ausgezeichneter geistiger Verfassung ist." Dies wird durch
Milosevics eigenes Auftreten und die Aussagen anderer befreundeter
Anwälte bestätigt. Reuters berichtete am 31. Juli als Tatsache eine
andere NATO-Lüge, wonach Milosevic "auf eigenen Antrag in
Isolationshaft
bleibt." "Das ist eine Lüge," sagte der jugoslawische Anwalt Dragoslav
Ognjanovic nach seinem Treffen mit Milosevic. Ognjanovic bestritt,
dass
sein Mandant gebeten habe, von anderen Gefangenen des "Tribunals"
getrennt zu sein.

All dies ist, wie Ramsey Clark vor der Presse in Den Haag nach seiner
Besprechung mit Milosevic erklärte, offensichtlich darauf berechnet,
Milosevic zu brechen: "Ich habe derartiges in vielen Ländern gesehen.
Die Behörden versuchen, einen politischen Gefangenen zu desorientieren
und zu schwächen, insbesondere in den ersten Phasen der Inhaftierung."

Die Behandlung von Milosevic, eines ehemaligen Staatsoberhaupts, und
der
anderen serbischen Gefangenen in Den Haag veranschaulicht, was die
NATO-Führer, die dieses Gefängnis kontrollieren, meinen, wenn sie
davon
sprechen, der Welt humanitäre Werte zu bringen. Ist es ein Zufall,
dass
das Gefängnis des "Tribunals" in Scheveningen liegt, einem Ort, wo
deutsche Faschisten Mitglieder des niederländischen Widerstands
gefangen
hielten und ermordeten? Seit nunmehr zehn Jahren trommelt ein
willfähriger Medienapparat Schreckensberichte gegen Milosevic in
unsere
Köpfe. Es fällt vielen schwer, noch gerade zu denken.

Aber wer ist wirklich schuldig? Wer hat Tausende von Jugoslawen aus
sicherer Flughöhe feige mit Bomben ermorden lassen? Wer hat über eine
Million Menschen aller Nationalitäten in die Heimatlosigkeit nach
Serbien vertrieben? Wer hat im ganzen Balkan faschistische
Separatisten
von der Leine gelassen, sie mit Waffen und Ausbildung versorgt und sie
als Demokraten hochgelobt, wodurch die Opfer gezwungen wurden, mit
ihren
Mördern zu verhandeln? Wer hat einen Atomkrieg niedriger Intensität
geführt, wodurch das Kosovo, der Brennpunkt des "humanitären
Kreuzzuges"
in eine radioaktive Müllhalde verwandelt wurde?

Es ist Milosevic hoch anzurechnen, dass er bei seinem ersten Auftritt
vor dem "Tribunal" die Gelegenheit ergriff zu erklären: "Dieses
Tribunals zielt darauf ab, eine falsche Rechtfertigung für die
NATO-Kriegsverbrechen in Jugoslawien zu liefern." Mit seiner
Weigerung,
vor den NATO-Kriegsverbrechern in die Knie zu gehen, hat Milosevic der
Welt einen unschätzbaren Dienst erwiesen. Als Reaktion darauf,
unternimmt die NATO den Versuch, ihn geistig zu brechen.

Wir können mit einem Solidaritätsgruß helfen, dass dieser Mann in der
Isolationshaft und unter vorsätzlich zermürbenden Bedingungen
moralisch
gestärkt wird - in seiner prinzipienfesten Haltung für die gerechte
Sache der Verteidigung der Souveränität Jugoslawiens und des
Widerstands
gegen die NATO - gestärkt durch unsere von Herzen kommende
Unterstützung.

Gezeichnet:

Klaus Hartmann, Präsident der Weltunion der Freidenker, Deutschland
Jared Israel, Herausgeber www.emperors-clothes.com , USA
Ian Johnson, North West Regional Secretary, Socialist Labour Party,
Großbritannien Mihail N. Kuznecov, Professor für internationales
Recht,
Russische Föderation NicoVarkevisser, Herausgeber von www.targets.org
,
Niederlande

Internationales Komitee für die Verteidigung von Slobodan Milosevic

http://www.icdsm.org
http://www.free-slobo.de


Anhang:

Wie kann man Grüße nach Den Haag schicken?

Leider hat Slobodan Milosevic derzeit weder einen persönlichen Fax-
noch
Email-Anschluss.
Kundenfreundlicherweise hat die Deutsche Telekom den Internationalen
Telegrammdienst in Deutschland zum letzten Jahresende eingestellt, die
Telekom Austria folgte am 30.06.2001.

So kommt zunächst die bekannte Schneckenpost in Frage, aber sicher
nicht
mehr am 20.08. an.

Deshalb könnte man es in Deutschland mit dem folgenden Postangebot
versuchen:
Eil International - laut Eigenwerbung "Zustellung durch besonderen
Boten
oder in vergleichbarer Qualität", Briefsendung DM 10,-- - Erfahrungen
mit der Geschwindigkeit liegen nicht vor.

Garantiert schnell, aber etwas teuer ist der DHL Worldwide Express.
Man
ruft die bundesweite gebührenfreie Rufnummer 0800-2255 345 an, und
vereinbart einen Termin. Nach ca. 2 Stunden erscheint ein Fahrer, der
den Brief entgegennimmt und kassiert: knapp DM 60, dafür ist der Brief
auf jeden Fall am nächsten
Arbeitstag beim Empfänger.

Schließlich kann man es auch mit einem Fax direkt an die Haftanstalt
in
Scheveningen versuchen (und hoffen, dass das Personal die Faxe
weitergibt), Fax-Nr: 0031-70 - 416 49 25 -
Zusätzlicher kleiner Nachteil: Aufmerksamkeit außerhalb der
Anstaltsmauern erregt man so sicher nicht.

Aber sicher sind auch noch Grüße willkommen, die nach dem nächsten
Montag eingehen: Wie wär's z.B. mit einer Ansichtskarte aus Eurer
Stadt?

In jedem Fall muss die Adresse stimmen:

Mr. Slobodan Milosevic
Huis van Bewaring
Pompstationsweg 46 a
NL 2597GX Den Haag
The Netherlands

AMSELFELD NEWSLETTER
27.8.2001
http://www.amselfeld.com
________________________


+++ Zwei Sprengsätze explodierten in Skoplje +++

SKOPLJE, 27. August 2001. In der mazedonischen Hauptstadt Skoplje
explodierten in der vergangenen Nacht zwei von albanischen
Terroristen gelegte Sprengsätze. Die erste Explosion im Norden
der Stadt beschädigte mehr als zehn Autos und zerschlug mehrere
Glasscheiben an den Wohnungen der Anwohner. In der kurz
darauffolgenden Explosion im Zentrum der Stand entstand ein
kleinerer Sachschaden.

BETA


+++ Tetovo: Christen verhindern Armeeabzug +++

TETOVO, 27. August 2001. Christliche Bevölkerung in der Vorstadt
von Tetovo Koltuk blockierte heute morgen die Einheiten der
Armee, die aus der Stadt - gemäß einem Befehl der Staatsführung -
abziehen wollten. Die Mazedonier protestieren gegen die
Entscheidung eigener Regierung, die beabsichtigt, sie endgültig
dem Terror der UCK und der Willkür der NATO auszuliefern.

TANJUG


+++ Britischer Soldat stirbt an Kopfverletzung +++

SKOPLJE, 27. August 2001. Mazedonische Jugendliche, die gegen die
- wie sie skandierten - "NATO-Besatzung" ihres Lands
protestierten, bewarfen heute morgen Fahrzeuge der NATO in
Skoplje mit Steinen. Sie trafen einen Angehörigen der britischen
Armee in den Kopf, der später seinen Verletzungen erlag.

TANJUG


+++ "Human Rights Watch" gegen Mazedonien +++

LONDON, 27. August 2001. Nach einem Bericht der Londoner Zeitung
"Sunday Times", bereitet die Organisation "Human Rights Watch"
einen Bericht vor, in dem mazedonische Sicheheitskräfte wegen
angeblicher Massaker schwer belastet werden sollen. Diese
Organisation gab vor und während der NATO-Aggression gegen
Jugoslawien ähnliche Berichte heraus, die aufgrund von
"Zeugenaussagen" medienwirksam jugoslawische Sicherheitskräfte
beschuldigten und sich später als falsch erwiesen.

STIMME KOSOVOS

REDAKTION AMSELFELD.COM
leserbriefe@a...

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*** USA wollen jugoslawische Generäle absetzen ***

BELGRAD, 18. August 2001. "Die USA sind an der
militärischen Zusammenarbeit mit Jugoslawien sehr
interessiert, dafür muß aber Jugoslawien einige
notwendige Voraussetzungen erfüllen", sagte ein
namentlich nicht genannter Vertreter der US-Regierung
der Belgrader Nachrichtenagentur Beta. Jugoslawische
ultraliberale Regierungsmitglieder Miroljub Labus und
Goran Svilanovic, die unlängst die USA besucht haben,
sagten, die USA erwarten vor allem die Absetzung der
Generäle Pavkovic und Lazarevic, die erfolgreiche
Verteidigung des Landes gegen die NATO-Aggression 1999

organisiert hatten. Der Generalstabschef Pavkovic
versuchte einen Flucht nach vorne, indem er unlängst
erklärte, Jugoslawien wolle Mitglied der
"Partnerschaft für den Frieden" und später volles
NATO-Mitglied werden. Das hat offenbar nicht geholfen,
da er in die Ungnade der jugoslawischen Führung um
Zoran Djindjic gefallen ist.

Um was für eine "militärische Zusamenarbeit" zwischen
den USA und Jugoslawien es sich handeln kann, ist aus
den unlängst bekannt gewordenen Forderungen der USA
ersichtlich, mit dem Ausbau von militärischen
US-Stützpunkten für den weiteren Vormarsch in Richtung
Rußland auf dem Boden Serbiens zu beginnen.

STIMME KOSOVOS

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AMSELFELD NEWSLETTER
12.8.2001
http://www.amselfeld.com
________________________


+++ Schwere Gefechte in Mazedonien +++

SKOPLJE, 12. August 2001. In der Nacht zum Sonntag kam es zu schweren
Gefechten
zwischen mazedonischen Sicherheitskräften und albanischen Banditen im
Osten und
Norden Mazedoniens. Dabei wurden acht Soldaten, zwei Polizisten und zwei
Zivilisten
zum Teil schwer verwundet. Die UCK-Terroristen aus Mazedonien und der
von der NATO
faktisch besetzten serbischen Provinz Kosovo und Metochien setzten
mehrere Häuser
der Mazedonier in Tetovo in Brand. Auch bei Kumanovo griffen sie
staatliche
Sicherheitskräfte an. Die Schnellstraße Skoplje-Tetovo wurde für den
Verkehr
geschlossen, nachdem die Terroristen beim Dorf Grupcin, in dem sie vor
drei Tagen
zehn Soldaten getötet hatten, eine Teilstrecke unter ihre Kontrolle
brachten.

STIMME KOSOVOS


+++ Autokonzern "Zastava": Demonstrationen angekündigt +++

KRAGUJEVAC, 12. August 2001. Vorsitzende der Gewerkschaft des serbischen

Autokonzerns "Zastava" Zorica Djurdjevic hat Demonstrationen und
"soziale Unruhen"
in der Stadt Kragujevac angekündigt, falls die Djindjic-Regierung ihren
Plan für
"Zastava" nicht ändert, der Entlassung von bis zu 70% aller
Beschäftigten in
"Zastava" vorsieht.
Der Privatisierungsminister in der Dindjic-Regierung Aleksandar Vlahovic
sagte
dagegen, der Plan werde nicht geändert. Jedem Arbeiter, der länger als
sechs Jahre
bei "Zastava" gearbeitet hat, stehe eine Abfindung in Höhe von 200 DM
pro Jahr der
Bechäftigung zu und deshalb sehe er "keinen Zweck" für Demonstrationen
und Unruhen.
Er äußerte sich zufrieden über die Anklagen gegen die Arbeiter, die ihn
und andere
Mitglieder der Djindjic-Regierung angegriffen haben, als sie diesen ihre

"Privatisierungspläne" in Kragujevac vorgetragen haben.

BETA


+++ Albanische Extremisten schänden christlichen Friedhof +++

GNJILANE, 12. August 2001. Am Freitag zerstörten albanische Extzremisten
aus den
Dörfern Ciflak und Trpeza im Osten des Amselfeldes 30 Grabsteine auf dem

christlichen Friedhof im serbischen Nachbardorf Klokot. Die Einwohner
von Klokot
sprachen beim US-Leutnant Dagnish vor, der die NATO-Kräfte in diesem
Teil der
faktisch besetzten südserbischen Provinz leitet. Er sagte zu den Serben,
diese
hätten "den Albanern bestimmt etwas schlimmes angetan" und das sei jetzt
die
"Vergeltung" dafür.

TANJUG


+++ Orban eröffnet ungarisches Konsulat in Subotica +++

BELGRAD, 12. August 2001. Ungarns Botschafter in Belgrad Jozsef Pandur
hat für
Freitag, den 17. August, die Eröffnung des ungarischen Konsulats im
nordserbischen
Subotica angekündigt. Zur Eröffnungsweier werde auch der ungarische
Premierminister
Viktor Orban anreisen. Die Regierung Orban hat vor kurzem das
umstrittene Gesetz
über die "Ungarn im Ausland" verabschiedet, das vorsieht, der
ungarische Minderheit
in den Nachbarländern - Österreich ausgenommen - ungarische
Staatsbürgerschaft zu
erteilen. Regierungen Rumäniens und der Slowakei kritisierten dieses
völkerrechtswidrige Gesetz aufs schärfste und kündigten an, seine
Anwendung
für ihre Staatsbürger, die der ungarischen Minderheit angehören, nicht
zulassen
zu wollen. Der ultraliberale Premierminister Serbiens Zoran Djindjic hat
dagegen
gesagt, seine Regierung habe "nichts gegen dieses Gesetz".

STIMME KOSOVOS


+++ Vetriebenen-Vereinigung gegen die "Wahlen" +++

NI?, 12. August 2001. Vorstand der Vereinigigung der Vertriebenen aus
Kosovo und
Metochien hat sich eindeutig gegen die Teilnahme von Nicht-Albanern an
den von Hans
Haekkerup ausgeschriebenen "Wahlen" in Kosovo und Metochien
ausgesprochen. Die
Registrierung der Vertriebenen dürfe nur der serbischen Staat
durchführen und zwar
unter Berücksichtigung aller Personen, die nach 6. April (Hitlers
Angriff gegen
Jugoslawien) aus Kosovo und Metochien vertrieben wurden.

STIMME KOSOVOS


+++ Gracanica: Petition gegen Rada Trajkovic +++

GRACANICA, 12. August 2001. Mehrere tausend Serben aus serbischen
Enklaven auf dem
Amselfeld setzten ihre Unterschriften unter eine Petition an den
jugoslawischen
Präsidenten Kostunica, in der sie gegen die Ernennung von Rada Trajkovic
in das
"Koordinationszentrum für Kosovo und Metochien " der jugoslawischen
Regierung
protestieren.
Die selbsternannte "serbische Vertreterin" im von Bernard Kouchner
widerrechtlich
eingerichteten "Übergangsrat von Kosovo" Rada Trajkovic war zunächst
Aktivistin der
Sozialistischen Partei Serbiens (SPS), wechselte später in die Serbische
Radikale
Partei (SRS) und stellte sich vor zwei Jahren in den Dienst des
NATO-Verwalters von
Kosovo und Metochien Bernard Kouchner. Jetzt führt Rada Trajkovic eine
Kampagne mit
dem Ziel, Serben in Kosovo und Metochien zur Teilnahme an den "Wahlen"
zu bewegen,
die die Terrorherrschaft der UCK legalisieren und die Schaffung eines
unabhängigen
albanischen Staates Kosovo vorbereiten sollen.

TANJUG

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AMSELFELD NEWSLETTER
11.8.2001
http://www.amselfeld.com
________________________


+++ Offener Krieg in Mazedonien +++

SKOPJE, 11. August 2001. Zwei Tage vor der geplanten Unterzeichnung des

Friedensabkommens ist es in Mazedonien zu den heftigsten Kämpfen
zwischen der
mazedonischen Armee und den ethnisch albanischen Terroristen gekommen.
Tausende Mazedonier demonstrierten am Freitagabend in Skopje und warfen
dem
Westen Parteinahme für die ethnisch albanische Terroristen vor. Die
Menge
versuchte, die US-Botschaft zu stürmen, wurde jedoch von
Sicherheitskräften
zurückgedrängt. Einen Tag nach den Minenexplosionen im Norden des Landes
erlag am Samstag
ein weiterer Soldat seinen Verletzungen. Damit stieg die Zahl der
Todesopfer auf
acht.
Seit der vorläufigen Unterzeichnung des Friedensvertrags am vergangenen
Mittwoch
wurden mindestens 19 Soldaten von ethnisch albanischen Terroristen
getötet. Die
mazedonischen Demonstranten zogen am Freitagabend zunächst zur
US-Botschaft und
später vor das Parlamentsgebäude.
In einem dramatischen Appell bat Außenministerin Ilinka Mitreva am
Freitag
UN-Generalsekretär Kofi Annan, NATO-Generalsekretär George Robertson und
dem
außenpolitischen Repräsentanten der EU, Javier Solana, um Hilfe. Das
Land
stehe vor einem Bürgerkrieg, schrieb Mitreva. "Wir dürfen nicht
zulassen, dass
Mazedonien in Flammen aufgeht."

SRNA


+++ Kritik an den Westen +++

BELGRAD, 11. August 2001. Der jugoslawische Präsident Vojislav Kostunica
erklärte in
einem Interwiev gegenüber der Tageszeitung Politika, dass der Westen in
Mazedonien
versagt hat. Kostunica äusserte sich besorgt über die Vorgänge in dem
jugoslawischen
Nachbarland. Den albanischen Terroristen in Mazedonien gehe es weder um
Menschenrechte, noch um eine bessere Integration der ethnisch
albanischen
Bevölkerung, sondern nur um terroriale Landgewinne, erklärte Kostunica.
"Es ist
reiner, unverfälschter Terrorismus, der seine wahre Natur nicht mehr
länger
verhüllt." Der Westen sei sehr eifrig darin gewesen, Verantwortung auf
dem Balkan
zu übernehmen; dies sei aber nicht immer erfolgreich gewesen und habe
oft
destabilisierend gewirkt, kritisierte er weiter.

POLITIKA


+++ KFOR-Soldaten entdecken Waffenlager +++

PRISTINA, 11. August 2001. Amerikanische KFOR-Soldaten entdeckten
unterdessen
in der serbischen Provinz Kosovo und Metochien an der Grenze zu
Mazedonien
ein Waffenlager der ethnisch albanischen Terroristen. Dabei wurden
mehrere albanische
Terroristen verhaftet. Das Depot wurde am Freitag bei einer Razzia in
den Dörfern
Donja Stubla und Goden gefunden, wie die US-Streitkräfte mitteilten. Die
Armee fand
20 Sturmgewehre, 2.000 Packungen Munition und 104 Paar Stiefel sowie
Uniformen und
weitere Objekte.

INET NEWS

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AMSELFELD NEWSLETTER
10.08.2001
http://www.amselfeld.com
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+++ 77-jähriger geschlagen und bestohlen +++

GNJILANE, 10. August 2001. Im Ort Paralova bei Gnjilane wurde der
77-jährige Serbe
Radovan Stankovic beim Vieh hüten brutal zusammengeschlagen. Er wurde
Dienstag abend
gefesselt und mit schweren Verletzungen an Kopf und Gesicht gefunden.
Die KFOR hat den Tatort besichtigt und die vierköpfige Angreifergruppe,
die
Stankovic dabei zwei Kühe gestohlen hat, bleibt weiterhin unbekannt.
Mehrere Quellen
behaupten, die Angreifer wären ethnisch-albanischer Nationalität.
Unbekannte haben Stankovic schon vor mehreren Monaten zwei Kühe
entwendet und
versuchten sich ebenfalls 30 Schafe aus dem Ort anzueignen.

TANJUG


+++ Hungerstreik im Gefängnis +++

KOSOVSKA MITROVICA, 10. August 2001. Im Kreisgefängnis von Kosovska
Mitrovica sind
16 inhaftierte Serben in den Hungerstreik getreten, weil die Gerichte in
Kosovo und
Metochien, in denen überwiegend ethnische Albaner arbeiten, zu langsam
sind.
Einem Brief mit der Forderung gerecht verurteilt zu werden, haben die
Inhaftierten
UNMIK-Chef Hans Haäkkerup und dem Vorsitzenden des Koordinationszentrums
in Kosovo
und Metochien, Nebojsa Covic, zugeschickt.
Im Gefängnis von Kosovska Mitrovica werden mehr als 20 Serben seit
über 15 Monaten festgehalten, ohne dass eine Anklage bisher erhoben
wurde.

BK-TV


+++ 57.000 ethnisch-albanische Flüchtlinge +++

KOSOVSKA MITROVICA, 10. August 2001. Nach Kosovo und Metochien sind
57.000 ethnisch-albanische Flüchtlinge aus den Krisengebieten in
Mazedonien
geflüchtet, bestätigte die KFOR der Nachrichtenagentur Tanjug. Wie die
KFOR weiter
präzisierte, kommen die Flüchtlinge über den Grenzübergang Blace oder
illegal über
die Berge nach Kosovo und Metochien. Der UNHCR empfängt und bringt sie
an bestimmte
Orte, wo sie dann von Familien aufgenommen werden, die freiwillig ihre
Hilfe
angeboten haben.

TANJUG


+++ Tote und Entführte in Tetovo +++

TETOVO, 10. August 2001. Ethnisch-albanische Terroristen und
Regierungstruppen haben
sich neue heftige Kämpfe um die Kontrolle über die mazedonische Stadt
Tetovo
geliefert. In der Nacht habe es heftige Schießereien gegeben, berichten
Augenzeugen
aus der Stadt. Es wurden mindestens acht Menschen verletzt und im Ort
Lesok bei
Tetovo wurden sechs Zivilisten von UCK entführt. Die Extremisten haben
bereits weite
Teile Tetovos okkupiert. Trotzdem bekräftigten die Freischärler und
Armeeführung, zu
einem Frieden bereit zu sein. EU-Vermittler Francois Leotard beurteilte
die
derzeitige Entwicklung mit großer Sorge.

BETA


+++ Autobahn gesperrt +++

SKOPJE, 10. August 2001. Die Autobahn Skopje-Tetovo wurde gesperrt.
Das mazedonische Innenministerium erklärte, Spezialeinheiten der Polizei
hätten in
einem Abwasserkanal unter der Autobahn einen 253 Kg schweren Sprengsatz
gefunden, welcher mit einem 350 Meter langem Kabel mit seinem
Aktivierungsmechanismus
verbunden ist.
Wäre der Sprengsatz aktiviert worden, hätte er in die Autobahn einen
Krater mit
einem Durchmesser von 100 bis 200 Metern gerissen.

TANJUG

TANTO PER RINFRESCARE LA MEMORIA

A pagina 43 dell'opuscoletto "E' tempo di pace", edito a cura
del Consorzio Italiano di Solidarieta' (ICS), viene dato risalto
alla ex-opposizione "democratica" serba, oggi al governo della
Jugoslavia con un manipolo di personaggi filoamericani, monarchici
o bigotti. Nell'opuscolo, quell'area e' rappresentata: dal "Gruppo
17", composto dagli economisti e intellettuali di orientamento
liberista, organici a Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale;
dai cosiddetti "studenti" di Optor, animatori dell'assalto al Parlamento
di Belgrado e del rogo delle schede elettorali; nonche' dalla ben nota
radio B-92 (da non confondersi con i bombardieri statunitensi B-52,
quelli del napalm sui contadini vietnamiti), finanziata dalla
Fondazione Soros e dal National Endowment for Democracy, cioe' dalla
CIA.

(un ringraziamento ai compagni romagnoli per la segnalazione)

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IL MINISTRO NELLA PATTUMIERA

Branislav Lecic, Ministro della Cultura dell'attuale governo
serbo/servo, al culmine della sua carriera di attore ha
trovato il ruolo che piu' gli si addice: fa la parte
dell'immondizia dentro ad un cassonetto. E questo non
solamente a dimostrare la sua bravura nella recitazione delle
piece piu' improbabili, ma anche a ribadire il suo odio cieco
verso gli avversari politici, ed il carattere meramente
retorico e propagandistico della nuova drammaturgia
serba/serva.
L'idea teatrale, prontamente recensita con lodi ed encomi
sperticati dal giornaletto antijugoslavo e guerrafondaio "La
Repubblica", supera per cattivo gusto persino l'opera di
Biljana Srbljanovic (della quale abbiamo gia' avuto occasione
di parlare, vedasi:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/877 ),
tutta ambientata in una latrina pubblica a rappresentare
metaforicamente l'habitat delle sinistre jugoslave. Dai cessi
ai cassonetti, la drammaturgia serba/serva sta facendo dunque
enormi passi indietro, con l'attivo appoggio dei finanziatori
e dei media occidentali.
Un plauso particolare va all'autore della recensione, tal Nico
Garrone, anch'egli improvvisato balcanologo come tutti i suoi
colleghi della grande stampa di servizio, che in realta' non
capisce un tubo di quello che succede fuori dai confini italiani:
lo dimostra egli stesso parlando del "governo Kostunica", che
non esiste, poiche' Kostunica non e' presidente del Consiglio,
bensi' capo dello Stato. Ma se l'ignoranza non e' indispensabile per
fare il giornalista su un quotidiano simile, essa e' comunque
un "optional" che facilita il lavoro.

Italo Slavo

---

Al festival di Bisceglie ha fatto la parodia di un sostenitore
dell'ex presidente jugoslavo.

Lecic, attore e responsabile della Cultura del governo
Kostunica

SUL PALCO IL MINISTRO SERBO DIVENTA UN FAN DI MILOSEVIC

Nico Garrone

BISCEGLIE - Tra i tanti spettacoli stranieri passati durante
questa estate sui palcoscenici dei nostri festival il piu'
curioso e' sicuramente "Il cassonetto a cinque stelle"
sbarcato da Belgrado nel porto pugliese di Bisceglie dove
e' in corso la XIV edizione del Festival Mediterraneo diretto
da Gino Locaputo, stratega di "gemellaggi" coraggiosi fra zone
di confine ad alta turbolenza [sic!]. Il lavoro, un atto unico
presentato dal gruppo serbo dello Zverdara Teater [sic!] intriga
non solo perche' e' stato scritto e allestito da Dusan
Kovacevic, sceneggiatore di film come "Underground" di Emir
Kusturica, o perche' mette alla berlina un derelitto fautore
di "Slobo" Milosevic [sic!] nel momento appena precedente la
sua caduta. Ma perche' a interpretare, con straordinaria
bravura, il personaggio di questo Professore abbandonato da
moglie e figli, finito a pontificare in attesa di prestigiose
nomine accademiche o politiche in un cassonetto dell'immondizia
da lui stesso accessoriato di ruote d'automobile e altri
comfort, e' Branislav Lecic, attuale Ministro della Cultura
serbo del governo di Kostunica [sic!].
Attore di teatro e cinema (ad esempio, in "Underground"
interpretava il ruolo di Moustafa'), eletto ministro senza
passare attraverso la trafila degli incarichi di partito
[sic!], Lecic, che in un incontro ha detto di voler
mantenere i suoi rapporti con il teatro ("anche per
riallacciare, come in questo caso, i legami del mio
paese con il resto del mondo"), da' corpo a un caricaturale
relitto del passato regime. Abiti stretti e scuciti,
baschetto, bastone un po' chapliniano, pomelli rossi
da clown, Branislav Lecic incarna, con esilarante
immedesimazione e incrollabile fiducia nella stella
prossima al collasso del suo idolatrato "Slobo" le
paranoie, i fantasmi e le cecita' di un popolo [sic!]
giunto al capolinea della storia e della ragione [sic!]
sullo sfondo di parole d'ordine contraddittorie e di
una vita ridotta all'espiazione di un "ergastolo senza
colpa" [sic!].

Tratto da "La Repubblica" di domenica 26 agosto 2001

---

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"Il Manifesto", 22 Agosto 2001

Macedonia, l'oleodotto va alla guerra

Bulgaria, Macedonia, Albania. Tra Mar Nero e
Adriatico, il famoso "corridoio 8", l'oleodotto
petrolifero che fa gola alle compagnie
americane. Che, alleate con la Gran Bretagna,
intendono escludere il resto dell'Europa dalla
joint venture che lo controller�. Anche a
costo - com'� gi� avvenuto nei Balcani, in Albania
- di guerre sanguinose. Ecco gli affari e gli
affaristi che covano sotto il conflitto
armato in Macedonia

MICHEL CHOSSUDOVSKY *

La guerra nascosta di Washington in Macedonia mira
a consolidare la sfera di influenza americana
nell'Europa sud-orientale. La posta in
gioco � il "corridoio" strategico per i trasporti,
le comunicazioni e gli oleodotti che attraversa
Bulgaria, Macedonia e Albania collegando
il Mar Nero alla costa adriatica. La Macedonia si
trova a uno snodo strategico di tale corridoio.

Al fine di proteggere queste rotte petrolifere,
l'obiettivo di Washington � installare un "patchwork
di protettorati" lungo i corridoi strategici nei
Balcani. La promessa della "Grande Albania" usata
da Washington per fomentare il nazionalismo albanese
fa parte della manovra militare e di intelligence.
Questa manovra, come ampiamente documentato,
consiste nel finanziare ed equipaggiare l'Esercito di
liberazione (Uck) - prima del Kosovo poi "nazionale"
- e tutte le sue propaggini, incaricato di portare
a termine offensive di destabilizzazione terroristica
in Macedonia.
Lo sviluppo della sfera di influenza americana
nell'Europa sud-orientale - complice la Gran Bretagna
- favorisce gli interessi dei giganti petroliferi tra
cui la BP-Amoco-ARCO, la Chevron e la Texaco.
"Proteggere" le rotte degli oleodotti e assicurarne
il controllo � fondamentale per il successo di queste
ventures multimiliardarie.

Un regime petrolifero internazionale di successo
� una combinazione di accordi economici, politici
e militari per sostenere la produzione
petrolifera e il trasporto ai mercati. (1. Robert
V. Baryiski, The Caspian Oil Regime: military
Dimensions, Caspian Crossroads Magazine,
Volume 1, No. 2, Primavera 1995).

Il consorzio anglo-americano che controlla il
progetto Ambo per un oleodotto trans-balcanico che
colleghi il porto bulgaro di Burgas a Valona, sulla
costa adriatica albanese, esclude in larga misura
la partecipazione del gigante petrolifero europeo
concorrente Total-Fina-Elf. (2. Il riferimento
all'Unione Europea in questo articolo va
interpretato come "l'Unione Europea meno la Gran
Bretagna"). In altre parole, il controllo strategico
Usa sul corridoio dell'oleodotto � finalizzato
a indebolire il ruolo dell'Unione Europea e a
tenere a distanza gli interessi commerciali europei
concorrenti.

Chi c'� dietro l'oleodotto

Il consorzio per l'oleodotto Ambo, con sede negli
Stati Uniti, � direttamente collegato alla sede
del potere politico e militare negli Stati
Uniti e alla societ� del vice presidente Dick
Cheney, Halliburton Energy. (3. Vedi Agenzia
telegrafica albanese, Tirana, 28 luglio 1998 e
Milsnews, Skopje, 23 gennaio 1997, disponibile
all'indirizzo
http://www.freerepublic.com/forum/a379fb721329c.htm)
In base allo studio di fattibilit� per l'oleodotto
trans-balcanico Ambo, condotto dalla societ�
internazionale di progettazione della Brown & Root
Ltd. (consociata britannica della Halliburton),
questo oleodotto... diventer� parte della
infrastruttura - comprendente autostrade, ferrovie,
gasdotti e linee di telecomunicazione a fibre
ottiche - del cruciale corridoio est-ovest. (4.
Milsnews, op. cit.)

Inoltre, completato lo studio di fattibilit� da
parte della Halliburton, un alto dirigente della
Halliburton � stato nominato "chief executive
officer" dell'Ambo. La Halliburton ha anche
ottenuto un contratto per rifornire le truppe
americane nei Balcani e costruire in Kosovo
"Bondsteel", che oggi costituisce "la pi� grande
base militare americana all'estero costruita dai
tempi del Vietnam". (5. Vedi l'incisiva analisi
di Karen Talbot: "Former Yogoslavia: The Name of
the Game is Oil", People's Weekly World, maggio
2001,
http://www.ecadre.net/pages/news/stories/990197752.shtml.
Vedi anche Marjorie Cohn, "Pacification for a
pipeline: explaining the US Military presence in
the Balkans, The Jurist, Legal Education Network,
giugno 2001, http://jurist.law.pitt.edu/forumnew22.htm).
Per inciso, la White and Case Llt - lo studio legale
di New York in cui il presidente William J. Clinton
� entrato quando ha lasciato la Casa Bianca - ha
anch'essa degli interessi nell'affare dell'oleodotto
Ambo.

Corridoi militarizzati

Il progetto per l'oleodotto trans-balcanico Ambo
andrebbe a collegarsi agli oleodotti tra il Mar
Nero e il bacino del Mar Caspio, che si trova al
centro delle pi� grandi riserve petrolifere
inesplorate del mondo. (Vedi la mappa:
http://www.bsrec.bg/taskforce/SYNERGY/oilprojects2.html).
La militarizzazione di questi vari corridoi
costituisce parte integrante del disegno di Washington.

La politica Usa di "proteggere le rotte degli
oleodotti" provenienti dal bacino del Mar Caspio
(e che attraversano i Balcani) era stata
espressa dal Segretario all'Energia di Clinton,
Bill Richardson, appena pochi mesi prima dei
bombardamenti sulla Jugoslavia del 1999:

"Qui si tratta della sicurezza energetica
dell'America... Si tratta anche di prevenire
incursioni strategiche da parte di coloro che
non condividono i nostri valori. Stiamo cercando
di spostare questi paesi, da poco indipendenti,
verso l'occidente... Vorremmo vederli fare
affidamento sugli interessi commerciali e politici
occidentali, piuttosto che prendere un'altra
strada. Nella regione del Mar Caspio
abbiamo fatto un investimento politico
consistente, ed � molto importante per noi
che la mappa degli oleodotti e la politica abbiano
esito positivo". (6. George Monbiot, "A Discreet
Deal in the Pipeline", The Guardian, 15 febbraio
2001).

I giganti petroliferi anglo-americani, tra cui
BP-Amoco-Arco, Texaco e Chevron - sostenuti dalla
potenza militare statunitense - sono in
competizione con il gigante petrolifero europeo
Total-Fina-Elf (associati con l'italiana Eni),
che � un importante attore nei ricchi giacimenti
di Kashagan nella regione del Caspio nord-orientale
in Kazakistan. Gli interessi in gioco sono
grandi: i giacimenti di Kashagan sarebbero "cos�
grandi da superare perfino le dimensioni delle
riserve petrolifere del Mare del Nord". (7.
Richard Giragosian, "Massive Kashagan Oil Strike
Renews Geopolitical Offensive In Caspian", The
Analyst, Central Asia-Caucasus Institute, Johns
Hopkins University-Paul H. Nitze School of Advanced
International Studies, 7 giugno 2000,
http://www.soros.org/caucasus/0059.html).
Il concorrente consorzio dell'Unione Europea,
comunque, non controlla in modo significativo le
principali rotte degli oleodotti dal
bacino del Mar Caspio fino in Europa occidentale
(attraverso il Mar Nero e i Balcani). I pi�
importanti progetti di oleodotti - compreso
il progetto Ambo e il progetto Baku-Cehyan
che attraverserebbe la Turchia fino al Mediterraneo
- sono ampiamente in mano ai loro rivali anglo-
americani, che fanno fortemente affidamento sulla
presenza politica e militare Usa nel bacino del
Caspio e nei Balcani.

Il disegno di Washington � riuscire a distanziare
tutti e tre i paesi Ambo - ossia Bulgaria, Macedonia
e Albania - dall'influenza euro-tedesca attraverso
l'installazione di protettorati Usa creati a bella
posta. In altre parole, la militarizzazione e il
controllo geopolitico da parte degli Usa
sull'oleodotto che dovrebbe collegare Burgas in
Bulgaria al porto adriatico di Valona in Albania
mirano a minare l'influenza dell'Unione Europea
e a indebolire gli interessi petroliferi contrapposti
di Francia, Belgio e Italia.

Negoziazioni concernenti l'oleodotto Ambo hanno
ricevuto l'appoggio di funzionari governativi
americani attraverso la South Balkan
Development Initiative (Sbdi) della Trade and
Development Agency (Tda). La South Balkan
Development Initiative � "finalizzata ad
aiutare Albania, Bulgaria e Macedonia a sviluppare
e integrare ulteriormente la loro infrastruttura
di trasposti lungo il corridoio est-ovest che
le connette". (8. Vedi la Trade and Development
Agency (Tda) per regione all'indirizzo
http://www.tda.gov/region/sbdi.html).

La Trade and Development Agency esprime l'esigenza
che i tre paesi "utilizzino sinergie regionali per
ottenere nuovo capitale pubblico e privato [dalle
compagnie statunitensi] sottolineando allo stesso
tempo il ruolo del governo Usa "per avere
implementato l'iniziativa".
Per quanto riguarda l'oleodotto Ambo, apparirebbe
che l'Ue sia stata ampiamente esclusa dalla
programmazione e dalle negoziazioni. Con
i governi di Albania, Bulgaria e Macedonia
sono stati gi� firmati "Memorandum d'intesa"
che spogliano quei paesi della sovranit�
nazionale sui corridoi dell'oleodotto e dei
trasporti fornendo "diritti esclusivi" al
consorzio anglo-americano:

"...Il memorandum afferma che l'Ambo sar� il
solo soggetto autorizzato a costruire il
programmato oleodotto Burgas-Valona. Pi�
specificatamente, esso conferisce all'Ambo il
diritto esclusivo di negoziare con gli investitori
e i creditori del progetto. Esso impegna
inoltre [i governi di Bulgaria, Macedonia e
Albania] a non svelare certe informazioni
confidenziali sul progetto dell'oleodotto". (9.
Alexander, Gas and Oil Connections,
http://wwwgasandoil.com/goc/news/nte04224.htm,
ottobre 2000)

Il corridoio est-ovest 8

Il progetto per l'oleodotto Ambo � collegato
a un altro progetto strategico denominato
"Corridoio 8", inizialmente proposto
dall'amministrazione Clinton nel contesto
del "Patto di stabilit� nei Balcani". Di
importanza strategica sia per gli Usa che
per l'Unione Europea, il "Corridoio 8" include
infrastrutture autostradali, ferroviarie, per
l'elettricit� e le telecomunicazioni. Dal
canto loro, le infrastrutture esistenti in
questi settori sono candidate alla deregulation
e alla privatizzazione (a prezzi stracciati)
sotto la supervisione del Fondo monetario
internazionale-Banca mondiale.

Anche se approvato a occhi chiusi dai ministri
dei trasporti dell'Unione europea come parte
del processo dell'integrazione economica
europea, gli studi di fattibilit� del "Corridoio
8" sono stati condotti dalle compagnie Usa
finanziate direttamente dalla Trade and
Development Agency. In altre parole, Washington
sembra aver preparato il terreno per prendere
il sopravvento nell'infrastruttura dei
trasporti e delle telecomunicazioni di questi
paesi. Le corporation americane - tra cui
Bechtel, Enron e General Electric (con il sostegno
finanziario del governo Usa) - fanno concorrenza
alle compagnie dell'Unione europea.

Il disegno di Washington � di aprire l'intero
corridoio alle multinazionali americane in una
regione situata nel "cortile dietro casa", in
termini economici, dell'Unione Europea, in cui
il potere del marco tedesco tende a dominare
su quello del dollaro Usa.

L'allargamento dell'Ue

All'inizio del 2000, la Commissione Europea ha
avviato con la Macedonia, la Bulgaria e l'Albania
le negoziazioni sull'ingresso nell'Eu.
E nell'aprile 2001, nel pieno degli assalti
terroristici, la Macedonia � diventata il
primo paese nei Balcani a firmare un cosiddetto
"accordo di stabilizzazione e associazione" che
costituisce un passo importante verso la piena
appartenenza all'Ue. L'accordo fornisce la base
per la "liberalizzazione del commercio, la
cooperazione politica, la riforma economica e
istituzionale e il recepimento della legislazione
Ue". In base all'"accordo di stabilizzazione e
associazione", la Macedonia sarebbe (di fatto)
integrata nel sistema monetario europeo, con
libero accesso al mercato dell'Unione europea.
(10. In base alle cosiddette "asymmetric trade
preferences" con l'Ue).

Gli attentati terroristici hanno coinciso
cronologicamente con il processo di "allargamento
dell'Ue", acquistando impeto appena poche
settimane prima della firma dello storico
"accordo di associazione" con la Macedonia. Come
ampiamente documentato, gli Usa hanno
consiglieri militari che lavorano con i terroristi.
Una mera coincidenza?

Inoltre Robert Frowick, "un ex diplomatico Usa",
� stato nominato capo della missione Osce in
Macedonia a met� marzo, anche in questo
caso appena poche settimane prima della firma
dell'"accordo di associazione". In stretto
collegamento con Washington e l'ambasciata Usa
a Skopje, Frowick ha avviato un "dialogo" con il
leader ribelle dell'Uck in Macedonia, Ali Ahmeti.
Egli ha anche fatto da mediatore a un
accordo fra Ahmeti e i leader dei partiti
albanesi, che fanno parte della coalizione di
governo.

Questo accordo negoziato da Frowick ha ampiamente
contribuito a destabilizzare le istituzioni
politiche, mettendo allo stesso tempo a
repentaglio il processo di allargamento dell'Ue.
(11. Per ulteriori dettagli sul ruolo di Robert
Frowick, vedi Michel Chossudovsky, Macedonia:
Washington's Military-Intelligence Ploy, giugno
2001). Inoltre il deteriorarsi della situazione
di sicurezza in Macedonia ha fornito un pretesto
per l'accresciuta interferenza politica,
"umanitaria" e militare da parte degli Usa,
contribuendo allo stesso tempo a indebolire i
legami economici e politici di Skopje con la
Germania e la Ue. Sotto questo aspetto, una delle
"condizioni vincolanti" dell'"accordo di
associazione" � che la Macedonia si conformi
agli "standard dell'Ue sulla democrazia".
(12. Vedi Afp, 10 aprile 2001).
Non c'� bisogno di dire che, senza un "governo
funzionante" in Macedonia, il processo di
associazione all'Ue e a Bruxelles non pu�
procedere.

I governi fantoccio installati a Tirana, Skopje
e Sofia, mentre rispondono largamente ai diktat
americani, vengono attualmente sospinti in
direzione dell'Ue. L'intento ultimo di Washington
� di tenere a freno il "Lebensraum" ("spazio
vitale", ndt) della Germania nell'Europa
sudorientale. Mentre, a parole, si dichiarano
favorevoli all'"allargamento dell'Ue", gli Usa
favoriscono in modo consistente
l'"allargamento della Nato" come mezzo per
perseguire i loro interessi strategici nell'Europa
orientale e nei Balcani, mentre la Germania
e la Francia si sono opposte ad esso.

Mentre il tono della diplomazia internazionale
rimane gentile ed educato, la politica estera
americana sotto l'amministrazione Bush �
diventata chiaramente "anti-europea". Secondo
un osservatore: Nel cuore del team Bush, Colin
Powell � (considerato) l'amico degli
europei, mentre gli altri ministri e consiglieri
sono considerati arroganti, duri e riluttanti
ad ascoltare gli europei o a dare loro un posto".
(13. Secondo Pascal Boniface, direttore
dell'Istituto per le relazioni internazionali
e strategiche di Parigi, Upi, 11 aprile 2001).

* docente di economia, Universit� di Ottawa.
Traduzione di Marina Impallomeni (1. continua)


"Il Manifesto" del 24 Agosto 2001

Oro giallo e nero nell'oleodotto

Le nuove alleanze mondiali attraversano il
conflitto nei Balcani e lo fomentano. Insieme al
famigerato "Corridoio 8", che consentirebbe il
passaggio del mega oleodotto tra Mar Nero e
Adriatico

MICHEL CHOSSUDOVSKY *

Come ampiamente documentato, c'� la Cia dietro
i ribelli dell'Uck che stanno conducendo gli
assalti terroristici contro le forze di
sicurezza macedoni. Mentre l'omologo tedesco
della Cia - il Bundes Nachrichten Dienst (Bnd) -
ha collaborato con la Cia nel sorvegliare
e finanziare il Kla prima della guerra del 1999,
sviluppi recenti suggeriscono che il Bundes
Nachrichten Dienst non � coinvolto nella
manovra militare e di intelligence di Washington
in Macedonia. (14. Per ulteriori dettagli
sull'appoggio da parte della Cia-Bnd all'Uck
vedi Michael Chossudovsky, "Kosovo Freedom
Fighters Financed by Organised Crime", Covert
Action Quarterly, autunno 1999,
disponibile anche all'indirizzo
http://www.heise.de/tp/english/inhalt/co/2743/1.html).

Appena poche settimane prima della firma
dell'"accordo di associazione" con l'Unione
Europea (met� marzo 2001), le truppe tedesche di
stanza in Macedonia nella regione di Tetovo
sono state "accidentalmente" bersagliate dall'Uck.
Mentre i media occidentali, echeggiando in
coro le dichiarazioni ufficiali, sostengono che
le truppe tedesche sono state "prese nel fuoco
incrociato", resoconti provenienti da Tetovo
suggeriscono che il bombardamento da parte
dell'Uck "� stato deliberato". In ogni caso,
l'incidente non sarebbe accaduto se il Bnd tedesco
avesse lavorato con l'esercito ribelle: "Fino a
600 militari tedeschi sono stati costretti a
lasciare Tetovo durante la notte dopo che la loro
caserma... era stata colpita dal fuoco
incrociato... Erano armati in modo troppo leggero
per difendersi dagli albanesi. I tedeschi
rimpiazzeranno i militari in partenza con una
squadra di tank Leopard [appartenente alla
divisione panzer-artiglieria-batteria di stanza
nel Nordrein-Westphalen]. ... La nuova potenza
di fuoco (tedesca) pu� essere usata per fare
fuori le postazioni albanesi che ora si trovano
intorno a Tetevo..." (15. Tom Walker, "Nato
Troops caught in a Balkan Ulster", Sunday Times,
Londra, 18 marzo 2001).

Per una amara ironia, due dei comandanti
responsabili degli attacchi terroristici nella
regione di Tetovo erano stati addestrati dalle
forze speciali britanniche: "Tra l'imbarazzo
della Kfor, � emerso che due dei comandanti di
stanza in Kosovo che guidavano l'offensiva albanese
(nella regione di Tetovo) erano stati addestrati
da ex ufficiali del reggimento paracadutisti e
della Sas britannici nei giorni in cui la Nato
era pi� a suo agio con il nascente Uck. Un ex
membro di una unit� europea di forze speciali,
che accompagnava l'Uck durante il conflitto in
Kosovo, ha riferito che un comandante col nome
di battaglia di Bilal organizzava il flusso di
armi e uomini verso la Macedonia e che il
comandante dell'Uck, il veterano Adem Bajrami,
aiutava a coordinare l'assalto su Tetovo.
Entrambi erano stati preparati dai soldati
britannici nei campi di addestramento segreti
che operavano sopra Bajram Curri, nel nord
dell'Albania, durante il 1998 e il 1999" (16.
ancora Tom Walker, "Nato Troops caught in a
Balkan Ulster").

Strane coincidenze

Questi stessi britannici hanno addestrato i
comandanti ribelli a vedere la Germania come
il "nemico" perch� le truppe della Bundeswehr
stanziate in Macedonia e Kosovo - piuttosto che
fornire "protezione" ai "combattenti per la
libert�" dell'Uck allo stesso modo delle loro
controparti Kfor britanniche e americane -
detengono frequentemente "sospetti terroristi"
al confine: "Un portavoce dell'Esercito di
liberazione nazionale albanese a Pristina ha
messo in guardia la Bundeswehr che il suo
coinvolgimento avrebbe costituito "una
dichiarazione di guerra da parte della Repubblica
Federale di Germania"". [17. ancora Tom Walker,
"Nato Troops caught in a Balkan Ulster").
In risposta alle minacce dell'Uck, la Bundeswehr
ha inviato le sue Forze Speciali, i
Fallschirmj�ger (paracadutisti) a lavorare con
la sua squadra panzer-artiglieria-batteria.
(18. Vedi "Deutsche Fallschirmj�ger nach Tetovo",
Spiegel Online, 24 marzo 2001. Vedi anche
"Bundeswehr verlegt Soldaten ins Kosovo", Spiegel
Online, 23 marzo 2001).
Il ministro della difesa tedesco Rudolf Scharping
ha confermato che era "pronto a inviare pi� tank
e uomini per sostenere le forze della
Bundeswehr". (19. Deutsche Press Agentur, 19 marzo
2001). Tuttavia, recentemente, Berlino ha deciso
di ritirare la maggior parte delle sue truppe
dalla regione di Tetovo senza sfidare in alcun
modo la manovra militare e di intelligence
americana in sostegno dei ribelli dell'Uck.
Alcune di queste truppe tedesche sono attualmente
stanziate sul lato kosovaro del confine.

La Germania in Macedonia

Mentre l'Esercito di liberazione nazionale ha
ricevuto una fornitura di armi nuove e avanzate
"made in America", la Germania (a met� giugno) ha
donato alle forze di sicurezza macedoni tutti i
veicoli di terra nonch� armi "per sofisticati
tracciati a raggi infrarossi nel campo
di battaglia". Secondo un resoconto proveniente
dalla Macedonia, il piccolo contingente di truppe
tedesche che ancora resta nella regione di
Tetovo "ha sub�to pesanti attacchi dai terroristi
che li bersagliavano con i mortai dai monti
sopra Tetovo. Questa � probabilmente la
risposta alla donazione, avvenuta il 14 giugno
2001, al nostro esercito fatta dal governo
tedesco" (20. Informazione trasmessa all'autore
da Skopje, giugno 2001).

Mentre le divisioni fra gli "alleati Nato" non
vengono mai rese pubbliche, il ministro degli
esteri tedesco Joschka Fisher - in una
dichiarazione dai toni decisi al Bundestag
diretta contro "gli estremisti albanesi in
Macedonia" - ha auspicato un "accordo a lungo
termine, finalizzato ad avvicinare l'intera
regione all'Europa" (cio� a liberarla dalle
violazioni degli Usa). La posizione tedesca �
fortemente in contrasto con quella degli Stati
Uniti. Che invece richiedono che il governo di
Skopje garantisca l'amnistia ai terroristi,
modifichi la costituzione del paese e incorpori
i ribelli dell'Uck nella vita politica civile:
"Il patto avrebbe previsto che i ribelli
smettessero di combattere in cambio di garanzie
sull'amnistia. I ribelli avrebbero anche avuto il
diritto di porre il veto su future decisioni
politiche riguardanti i diritti dei cittadini di
etnia albanese. L'accordo sarebbe stato mediato
da Robert Frowick, un ex diplomatico americano,
che in quel momento prestava servizio come
rappresentante dei Balcani per l'Organizzazione
per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa".
(21. Facts on File, World News Digest, 30 maggio 2001).

L'asse anglo americano

Lo scontro fra Germania e America nei Balcani
� parte di un processo molto pi� ampio che tocca
il cuore del complesso militare-industriale
occidentale e dell'establishment difensivo.

Dall'inizio degli anni '90, gli Usa e la Germania
hanno agito uniti in quanto partner della Nato nei
Balcani, coordinando le loro rispettive iniziative
militari, di intelligence e di politica estera. Pur
mantenendo nelle loro dichiarazioni pubbliche un
sembiante di unit� politica, serie divisioni sono
cominciate a emergere dopo gli accordi di Dayton
(1995), quando le banche tedesche si sono date da
fare per imporre il marco tedesco e prendere il
controllo del sistema monetario degli stati eredi
della Jugoslavia.

Inoltre, dopo la guerra in Jugoslavia del 1999, gli
Usa hanno rafforzato i loro legami strategici,
militari e di intelligence con la Gran Bretagna,
mentre quest'ultima ha tranciato molti dei suoi
legami (particolarmente nell'area della produzione
aerospaziale e della difesa) con la Germania e la
Francia.

L'ex segretario alla Difesa americano William
Cohen e il suo omologo britannico, Geoff Hoon,
hanno firmato una "Dichiarazione di princ�pi per
l'equipaggiamento difensivo e la cooperazione
industriale" lanciata all'inizio del 2000. (22.
Reuters, 5 febbraio 2000).
L'obiettivo di Washington era incoraggiare la
formazione di un "ponte transatlantico attraverso
cui il Dipartimento della difesa americano
potesse portare in Europa la sua politica di
globalizzazione". (23. L'accordo � stato firmato
- secondo un funzionario del Pentagono citato
in Muradian - poco dopo la creazione di British
Aerospace Systems, risultata dalla fusione di Bae,
British Aerospace, con Gec Marconi.
British Aerospace era gi� saldamente alleata ai
maggiori produttori del settore della difesa in
America, Lockheed Martin e Boeing. Per
ulteriori dettaglia vedi Vago Muradian, "Pentagon
Sees Bridge to Europe", Defense Daily, volume
204, n. 40, 1 dicembre 1999).

Armi, oro nero, conflitti armati

L'industria difensiva americana - che ora include
British Aerospace Systems - � in competizione con
il consorzio difensivo franco-tedesco Eads, un
conglomerato composto da France's Aerospatiale
Matra, Deutsche Aerospace (che fa parte del potente
gruppo Daimler), e la spagnola Casa. In altre
parole, nel complesso militare-industriale
occidentale � avvenuta una grossa frattura, con
Usa e Gran Bretagna da una parte e Germania e Francia
dall'altra.

Petrolio, armi e l'alleanza militare occidentale
sono processi intimamente correlati. Washington
mira ad assicurarsi, alla fine, il dominio
del complesso militare-industriale in alleanza
con i giganti petroliferi anglo-americani e i
maggiori produttori di armi britannici. Come
� evidente, questi sviluppi hanno anche una
relazione con il controllo sui corridoi strategici
di oleodotti, trasporti e comunicazioni nei
Balcani, nell'Europa orientale e nell'ex Unione
Sovietica.

A sua volta, questo asse anglo-americano �
accompagnato anche da una maggiore cooperazione
tra la Cia e l'Mi5 britannico nella sfera
dell'intelligence e delle operazioni coperte, come
evidenziato dal ruolo svolto dalle Forze Speciali
britanniche Sas nell'addestramento dei
ribelli dell'Uck.

Il nuovo ordine mondiale

"Protezione" degli oleodotti, attivit� coperte
e riciclaggio dei soldi provenienti dal narcotraffico
in sostegno di insurrezioni armate,
militarizzazione di corridoi strategici,
approvvigionamento di armi ai paesi della
"Partnership for Peace" sono tutti elementi integranti
dell'asse anglo-americano e del suo tentativo
di dominare le rotte degli oleodotti e dei gasdotti
e i corridoi dei trasporti che dal bacino del
Mar Caspio e dal Mar Nero attraversano i Balcani.

Pi� in generale, quanto sta accadendo nell'ampia
regione che collega l'Europa orientale e i Balcani
alle ex repubbliche sovietiche � un
instancabile tentativo di controllare le economie
nazionali mediante conglomerati d'affari. E dietro
questo processo c'� il tentativo da parte
dell'establishment finanziario di Wall Street -
d'intesa con i giganti petroliferi e della difesa
- di destabilizzare e screditare il marco tedesco
(e l'Euro) con l'intenzione di imporre il dollaro
Usa come unica valuta per la regione.

Controllare la "creazione di denaro" - imponendo
il potere del Federal Reserve system americano
in tutto il mondo - � diventato un obiettivo
centrale dell'espansionismo americano. Sotto
questo aspetto, la manovra militare e di
intelligence di Washington non consiste
solo nel minare "l'allargamento dell'Ue", ma �
anche tesa a indebolire e spiazzare il dominio
delle pi� grandi istituzioni bancarie tedesche
(come Deutsche Bank, Commerbank e WestDeutsche
Landesbank) nei Balcani.

In altre parole, il Nuovo ordine mondiale � segnato
dallo scontro fra Europa e America per il
"controllo coloniale" sulle valute nazionali.
E questo conflitto tra "blocchi capitalistici in
competizione" diventer� ancora pi� acuto quando
molte centinaia di milioni di persone,
dall'Europa orientale e i Balcani all'Asia centrale,
cominceranno a usare l'Euro come loro valuta
nazionale "di fatto" il 1 gennaio 2002.

* docente di economia, Universit� di Ottawa.
Traduzione di Marina Impallomeni (2. fine)
(La prima parte dell'articolo � stata pubblicata
mercoled� 22 agosto)

-

Rigraziamo Olga per la segnalazione!

---

Questa lista e' curata da componenti del
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ).
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente
le posizioni ufficiali o condivise da tutto il CNJ, ma
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ULTERIORI PROVE DEL FATTO CHE DIETRO GLI
ATTACCHI TERRORISTICI IN MACEDONIA SI NASCONDE LA NATO

> http://www.mediamonitors.net/gowans23.html

Media Monitors
August 23, 2001

More signs NATO is behind ethnic Albanian attacks on
Macedonia

by Stephen Gowans
A Canadian journalist has evidence that NATO is arming
and equipping the ethnic Albanian guerillas who have
waged a five-month long insurgency against the
Macedonian government in Skopje.
Scott Taylor, editor of Espirit de Corps magazine,
says that on a visit to guerilla bunkers overlooking
the besieged Macedonian city of Tetovo he was welcomed
with shouts of, "God bless America and Canada too for
all they have provided to us." Canada is a member of
the US-led NATO coalition.
Taylor says guerrilla commanders showed off their
arsenal, which included side arms, sniper rifles and
grenade launchers, all marked "Made in the USA." Says
Taylor, one commander remarked that, "thanks to Uncle
Sam, the Macedonians are no match for us."
Taylor isn't the first to charge that Washington is
aiding the guerillas. The Macedonian government
alleged that US helicopters were delivering supplies
to guerillas in the mountains above Tetovo. US
officials don't deny that airdrops were made, but say
helicopters were transporting vital humanitarian aid.
But Taylor says the local guerilla commander told him
that the helicopters were delivering heavy mortars and
ammunition. The guerillas have bombarded Tetovo with
artillery.
Taylor says ethnic Albanian villagers cheer at the
sight of US helicopters, while guerillas at brigade
headquarters wear Nike-style T-shirts bearing the
phrase, "NATO Air - Just do it!" Meanwhile, one
Macedonian police officer lamented to Taylor that "if
NATO hadn't been arming and equipping the (KLA) in
Kosovo there would be no need for them to disarm these
guerillas now."
This isn't the first time complaints about the US and
NATO arming ethnic Albanian guerillas have been made.
In March, a European K-For battalion commander told
the London Observer that, "the CIA has been allowed to
run riot in Kosovo with a private army designed to
overthrow Slobodan Milosevic...Most of last year,
there was a growing frustration with US support for
the radical Albanians." And in January the BBC
reported that Western forces were training guerillas,
then opening a new front in southern Serbia and
Macedonia.
In June, when Macedonian forces were closing in on
guerillas in the town of Aracinovo, NATO intervened,
transporting ethnic Albanian rebels out of the
besieged town in air-conditioned busses. According to
the German newspaper Hamburger Abendblatt, 17 US
advisors, belonging to an American mercenary firm
involved in other Balkan conflicts, were among the
guerillas. And the newspaper pointed out that 70
percent of the equipment carried away by the guerillas
was US made.
Days earlier, a American diplomat was slightly wounded
by Macedonian gunfire as he emerged from the woods
(around Aracinovo) with two other Americans,"
according to the International Herald Tribune. The
diplomats were emerging from rebel-held territory.
Two months ago, the London Sunday Times reported that
at least 800 ethnic Albanian guerillas fighting in
Macedonia are members of the Kosovo Protection Corps,
a paramilitary police unit created by the UN from the
KLA. The Times says, "Hundreds of KPC reservists were
called up by their Albanian commander Agim Ceku, in
March. They subsequently disappeared to former KLA
training camps in Albania and are now re-emerging in
Macedonia."
Ceku, one of the top leaders of the KLA, along with
Hacim Thaci, was artillery chief of the Croatian army
when it launched a war in the Krajina region of
Croatia, which led to 250,000 Serbs being driven from
their homes. Under the KPC, 250,000 Serbs, and another
100,000 Roma, Gorani, Turks and Jews have been driven
from Kosovo. Now, the KLA offshoot in Macedonia, the
NLA, seems intent on ethnically cleansing the largely
Albanian Tetovo region. Over 120,000 Macedonians have
fled or have been driven from their Tetovo area homes
by guerillas. Ilir Hoxha, a 25-year old ethnic
Albanian said, "Let them leave. They should never
return. Tetovo is Albanian and it will remain
Albanian."
For years, many Albanians have dreamed of resurrecting
the greater Albania established under the Italian
fascists, and then under the Nazis. It incorporated
parts of Macedonia and Greece, southern Serbia, and
Kosovo into Albania proper. Some reports say an ethnic
Albanian Liberation Army of Chameria will open a new
front in Greece soon.
Skopje has been hampered in its response to the
guerillas. NATO and the EU have warned Macedonia not
to crack down on the guerillas, and Ukraine, which was
providing equipment to the under-equipped Macedonian
army, was warned to stop shipments of materiel.
Meanwhile, press reports in the West describe NATO and
EU diplomatic efforts as aimed at preventing a civil
war, though the intention appears to be to prevent a
strong Macedonian response.
The guerillas say they're fighting to win language
rights, but critics point out that an armed attack is
highly disproportional to the NLA's stated aims.
Moreover, the fact that the guerillas have been
recruited from Kosovo, pass freely over a
Kosovo-Macedonia border presumably patrolled by NATO
K-For forces, and have driven non-Albanians from their
homes in an apparent effort to ethnically cleanse the
Tetovo region, points to the pursuit of other goals,
fully backed by NATO.
Taylor, who served in the Canadian Armed Forces, says
NATO's support of the guerillas is so blatant "it is
little wonder that the Macedonian majority have staged
violent anti-NATO riots."

Mr. Steve Gowans is a writer and political activist
who lives in Ottawa, Canada.

---

NUOVI LEADER ATLANTICI:
RITRATTO DEL TERRORISTA PAN-ALBANESE ALI AHMETI

> http://www.ekathimerini.com/news/content.asp?aid=96757

On the road to power
Ali Ahmeti, Albanian rebel leader in FYROM, cannot be
ignored

By Stavros Tzimas

Kathimerini
August 23, 2001

Ali Ahmeti has been denounced as a criminal by the
FYROM government. Hardline Interior Minister Ljube
Boshkovski wants Ahmeti arrested and then brought
before what he calls "independent Macedonian courts."

But this has not prevented the hunted political leader
of the Albanian rebels from traveling unhindered from
Kosovo to the village of Sivkovica, north of Tetovo,
for an interview. He went through the Slav-Macedonian
checkpoints, and in a state-owned vehicle his fellow
Albanians had put at his disposal. The armed Albanian
rebel movement he represents has become a powerful
political force which is soon expected to demand legal
participation in the political life of FYROM and
possibly form a party.

In the future the rebels, in or out of uniform, will
be the ones to make decisions about developments on
behalf of the ethnic Albanians, whose traditional
leadership is on the brink of political disappearance.
The Albanians of Tetovo and the other western regions
of FYROM are on the side of the rebels who have become
heroes in their eyes.

A Western diplomat who recently visited the so-called
liberated zones told Kathimerini that the young boys
and girls there wear ribbons bearing the initials of
the National Liberation Army (NLA), and that the walls
in all the villages are covered with slogans
supporting the NLA.

Arben Xhaferi and Imer Imeri have signed an agreement
in which the Albanians have registered their historic
claims, but in fact it is Ali Ahmeti and his armed men
who have dictated the stance of the leaders of the two
legal political parties. Without the consent of the
rebels, no agreement would have been signed, nor
indeed could the peace process have made any progress.

Now that their armed struggle has succeeded, Ali
Ahmeti and the other rebel commanders will want to
make political capital from their military action, as
did Hakim Thaci and the other captains in Kosovo. The
amnesty granted by President Boris Trajkovski allows
the rebels to participate unimpeded in society, and
this will happen, says their leader, after they have
attended social reintegration seminars.

Ali Ahmeti is waiting it out at Prizren in Kosovo,
directing political developments from there. His
triumphant appearance in Tetovo is considered only a
matter of time. Similarly, as the new situation
demands, it won't be long until he is no longer
branded a war criminal and common murderer.

---

LA RUSSIA CONTRARIA ALLE OPERAZIONI DELLA NATO IN MACEDONIA

> http://timesofindia.indiatimes.com/articleshow.asp?art_id=800265427

THURSDAY, AUGUST 23, 2001
THE TIMES OF INDIA

Russia warns against NATO operation in Macedonia

MOSCOW (AFP): Russia issued a thinly veiled warning on
Wednesday that a NATO operation to collect arms from
ethnic Albanian rebels in the former Yugoslav republic
of Macedonia could act as an incitement to armed
actions by Albanian extremists.

The alliance has "undoubtedly assumed a great
responsibility for what is happening in Macedonia and
for the perspectives of ending the crisis" there, the
foreign ministry said in a statement, referring to
recent incidents involving Albanian rebels.

Citing the destruction Monday of a 14th-century
Orthodox church at Lesok, the ministry said that
international actions such as the Essential Harvest
arms collection operation "must not appear as an
encouragement of extremism and a de facto
legitimisation of separatism."

Peace and stability "can only be achieved by means of
strengthening a multi-ethnic democratic society in a
united and sovereign Macedonia," the statement said.

Russia has expressed serious reservations about the
NATO operation, describing it as a palliative move
unlikely to resolve the crisis in the region.

Russian troops would not take part in the NATO
operation, as it had not been approved by the UN
Security Council, defense ministry officials said as
quoted by the RIA-Novosti news agency.

"NATO and the US leaders will bear full responsibility
for the negative consequences NATO's military
intervention in Macedonia may have," the officials
said.

---

LA DESTABILIZZAZIONE DELLA FYROM E' PREPARATA IN KOSOVO

Macedonian Sources Say Albanian Rebels Regroup in
Kosovo

SKOPJE, Aug 20, 2001 -- (dpa) Macedonian army sources
were reported Monday as saying that 700 Albanian
rebels were poised in Kosovo to enter Macedonia.

In addition, some 2,000 Albanian troops could join
them at "any time", the newspaper Dnevnik quoted the
sources as saying.

Albanian rebels were regrouping near the village of
Radusha, on Kosovo side of the Macedonian-Yugoslav
border, the report said. The watchtower in the village
was "in the hands" of the rebels.

"No one from KFOR (Kosovo peacekeeping) units does
anything to stop rebels from entering in the village
of Radusha from the Kosovo side. The Polish soldiers
from KFOR sit like on picnic", army sources were
quoted as saying.

The paper also said Macedonian soldiers in the border
area were angered by the failure of the Macedonian
command to send any reinforcements for a week.

The situation in the crisis areas in Macedonia was
calm on Monday morning after rebels had stopped their
attacks on security forces in the villages above
Tetovo after midnight Sunday, police sources said.

There were no injured on the Macedonian side, the
sources said.

The NATO commander for Europe, U.S. General Joseph W.
Ralston, was due to arrive in the Macedonian capital
on Monday ahead of the planned deployment of 3,500
troops to collect arms from ethnic Albanian rebels.

His assessment of the stability of the ceasefire would
be crucial in deciding whether to go forward with
operation Essential Harvest, officials in Brussels
said.

The NATO alliance was expected to reach a decision on
the disarmament mission this week.

Several hundred advance troops have arrived in
Macedonia since Friday. If the mission goes ahead, the
soldiers would be tasked with collecting the rebels'
weapons within 30 days.

(C)2001. dpa Deutsche Presse-Agentur

> http://sg.news.yahoo.com/010812/1/1bej4.html

"I, personally, consider this an official declaration
of war by the international protectorate of Kosovo and
by the Kosovo Protection Corps (KPC), which is
unfortunately part of the UN civil administration in
Kosovo.
"This is an unprecented event in international
politics, in which a sovereign and democratic country
has been the object of aggression from an
international protectorate of the United Nations."

Monday August 13, 3:46 AM

Macedonian PM accuses UN-run Kosovo of waging war

SKOPJE, Aug 12 (AFP) -
Macedonian Prime Minister Ljubco Georgievski accused
the United Nations protectorate of Kosovo of waging
war against his country, in a letter to UN Secretary
General Kofi Annan made public Sunday.

Georgievski said in a message read in Macedonian on
state television that 600 members of a militia
supported by Kosovo's international administration had
crossed into Macedonia on Saturday and attacked
government forces.

"I, personally, consider this an official declaration
of war by the international protectorate of Kosovo and
by the Kosovo Protection Corps (KPC), which is
unfortunately part of the UN civil administration in
Kosovo," Georgievski said.

"This is an unprecedented event in international
politics, in which a sovereign and democratic country
has been the object of aggression from an
international protectorate of the United Nations," the
letter to Annan said.

The hardline Macedonian leader repeated Skopje's
longstanding criticism of Kosovo's NATO-led
peacekeeping force, accusing it of allowing ethnic
Albanian fighters to cross the border with impunity.

Both Georgievski and President Boris Trajkovski, who
wrote separately to NATO Secretary General George
Robertson to complain about the incursion, accused the
rebels of firing shells from bases within the UN-run
province. The guerrilla's military leader, Gezim
Ostreni denied that the KPC was helping its fellow
ethnic Albanians south of the border.

"The KPC is not involved in Macedonia and has not
fired from Kosovo ... in Macedonia there is only one
Albanian armed force, and that's the National
Liberation Army (NLA)," Ostreni told Kosovo
television.

Ostreni was himself a high-ranking member of the KPC
until March this year, when he was sacked after taking
leave and returning to his home town of Debar, in
Macedonia, to join the NLA.

Georgievski also attacked Kosovo's chief UN
administrator, Hans Haekkerup, urging Annan to "think
about releasing him from his duties".

Macedonian forces on Saturday exchanged fire with a
group of ethnic Albanian rebels near the village of
Radusa, two kilometres (one mile) south of the
republic's frontier with Kosovo.

Government officials said that the rebels had crossed
from Kosovo 15 kilometres (nine miles) northwest of
Skopje and surrounded a police unit.

The KPC was set up by NATO and the United Nations in
1999 to provide employment for former guerrillas of
the officially disbanded Kosovo Liberation Army.

The unit -- which receives funding, training and
equipment from Western countries -- was supposed to be
an unarmed civil defence militia, but its members have
frequently been implicated in criminal activity inside
and outside the province.

KPC leaders make no secret of their ambition to one
day form the basis for the army of an independent
Kosovo, but have denied involvement in the six-month
ethnic Albanian uprising in Macedonia.

Trajkovski called on NATO and the United Nations to
shut down the KPC's training camps, state television
reported.

Georgievski and his nationalist VMRO-DPMNE party are
due to sign a peace accord Monday with the leaders of
Macedonia's three other main democratic parties --
including two representing ethnic Albanians.

The government in Skopje on Sunday called a unilateral
ceasefire to prepare the ground for the signing, but
Georgievski warned that the rebels were not ready to
make peace.

"Today when the political parties in Macedonia are one
step towards signing the peace agreement, the Albanian
paramilitary groups organised by the KPC continue with
their aggression," the letter said.

"That confirms that they don't want any kind of
agreement and it shows that they are not interested in
peace," he said.

---

UN NUOVO NOME PER LO STESSO PROGETTO DELLA GRANDE ALBANIA

Albanian Group Wants Slav Troops out of Kosovo

PRISTINA, Aug 17, 2001 -- (Agence France Presse) The
Albanian National Army (ANA), a rebel group opposed to
the Macedonian peace accord, on Thursday demanded the
pullout of troops from Slavic countries serving in the
NATO-led Kosovo force.

"The ANA demands that KFOR withdraw its Slavic
soldiers from the zones where there are ANA units, in
particular Ukrainians," said a statement sent to AFP
signed by ANA leaders Alban Berisha and general
Shqiponja e Sharrit I.

"ANA considers that KFOR soldiers from Slavic
countries intentionally provoke these units," it said.

The ethnic Albanian rebels are worried about Ukrainian
arms deals with Macedonia and maintain that many
Ukrainian mercenaries are fighting in the ranks of the
Macedonian army.

ANA, a little-known rebel group fighting to create a
Greater Albania in the Balkans, on Tuesday rejected a
peace accord signed in Skopje to end the ethnic
Albanian insurgency.

It claims to have bases in Kosovo, Macedonia,
Montenegro, Albania proper and Greece from which it
plans to launch attacks as part of its campaign.

ANA claimed responsibility for the murder of two
Serbian policeman in southern Serbia earlier this
month and the deaths of 18 Macedonian soldiers in
attacks this month. ((c) 2001 Agence France Presse)

---

Questa lista e' curata da componenti del
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ).
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente
le posizioni ufficiali o condivise da tutto il CNJ, ma
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NEW ALBANIAN REBEL GROUP SURFACES IN SOUTHERN SERBIA
PRISTINA, Aug 7 ( AFP) A hitherto unknown organization, the
Albanian National Army (ANA), has claimed responsibility for the killing
of two policemen in southern Serbia on Friday.
"A special unit of the Albanian National Army successfully
staged an operation against enemy forces August 3, 2001 in Muhovac," the
group said in a statement received by AFP today in Pristina.
Muhovac was the stomping ground of Muhamet Xhemaili, one of the
most radical members of the Liberation Army of Presevo, Medvedja and
Bujanovac, which was disbanded in late May.
The rebel group said Friday's attack was a "warning to the
occupier of the Albanian territory of Anamorava and its international
and Albanian-speaking allies." Anamorava is the Albanian name for the
Presevo, Medvedja and Bujanovac areas of southern Serbia.
"The war is not over, any more than it is in Macedonia," the
statement said. It vowed a war "even more violent and better organized"
for "the national reunification of Albanians in a unified Albania."
Conflicts in Kosovo, southern Serbia and Macedonia were merely
a "training ground for the fighters of the ANA for an overall Albanian
rebellion," the statement ended. It was signed by the "ANA high
command."

In fondo a questo messaggio:

LA NATO INVADE LA MACEDONIA - di M. Chossudovsky
(22 agosto 2001)
> http://globalresearch.ca/cho/natoinvades.htm

---

Altri dispacci in inglese / more agencies on the issue:
> http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1251

ULTERIORI PROVE DEL FATTO CHE DIETRO GLI
ATTACCHI TERRORISTICI IN MACEDONIA SI NASCONDE LA NATO

> http://www.mediamonitors.net/gowans23.html
Media Monitors, August 23, 2001
More signs NATO is behind ethnic Albanian attacks on
Macedonia - by Stephen Gowans

NUOVI LEADER ATLANTICI:
RITRATTO DEL TERRORISTA PAN-ALBANESE ALI AHMETI

> http://www.ekathimerini.com/news/content.asp?aid%ef%bf%bd757
On the road to power
Ali Ahmeti, Albanian rebel leader in FYROM, cannot be ignored
By Stavros Tzimas - Kathimerini, August 23, 2001

LA RUSSIA CONTRARIA ALLE OPERAZIONI DELLA NATO IN MACEDONIA

> http://timesofindia.indiatimes.com/articleshow.asp?art_id%ef%bf%bd0265427
THURSDAY, AUGUST 23, 2001 - THE TIMES OF INDIA
Russia warns against NATO operation in Macedonia

LA DESTABILIZZAZIONE DELLA FYROM E' PREPARATA IN KOSOVO

Macedonian Sources Say Albanian Rebels Regroup in Kosovo
SKOPJE, Aug 20, 2001 (dpa)
> http://sg.news.yahoo.com/010812/1/1bej4.html
Monday August 13, 3:46 AM
Macedonian PM accuses UN-run Kosovo of waging war
SKOPJE, Aug 12 (AFP)

"TUTTE LE TRUPPE KFOR DI RAZZA SLAVA FUORI DALLA KOSSOVA!"

Albanian Group Wants Slav Troops out of Kosovo
PRISTINA, Aug 17, 2001 -- (Agence France Presse)

tutti i documenti citati si trovano alla URL:
> http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1251

Inoltre:

UN NUOVO NOME PER LO STESSO PROGETTO DELLA GRANDE ALBANIA
> http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1252
NEW ALBANIAN REBEL GROUP SURFACES IN SOUTHERN SERBIA
PRISTINA, Aug 7 ( AFP)

--

NATO INVADES MACEDONIA

by

Michel Chossudovsky

Professor of Economics, University of Ottawa

22 August 2001

The URL for this article is:
http://globalresearch.ca/cho/natoinvades.html

Some 3500 heavily armed NATO troops have entered Macedonia
with a mandate to "disarm the Albanian rebels". Whereas a token
collection and destruction of obsolete weapons is envisaged, the
evidence amply confirms that the "National Liberation Army" has
been armed, equipped and financed by Washington. NATO's
ultimate goal is to protect rather than disarm the terrorists, weaken
and disable the Macedonian Security Forces and install a
protectorate under direct military rule. The US-EU brokered
"peace" agreement constitutes an act of surrender and submission
to the NATO aggressor.

________________________________________________________________

In the hours preceding the "initialing" of the Ohrid "peace"
agreement on August 8th, the terrorists renewed their assaults
leading to the death of ten Macedonian soldiers in an ambush in
Prilep. On the next day, a major KLA-NLA military offensive
directed against the Macedonian Security forces was launched.
And two days later, several hundred troops belonging to the United
Nations Kosovo Protection Corps (KPC) stationed in Kosovo
crossed the border and attacked the Macedonian Security Forces
(ARM) in the Radusha area.1 These carefully planned military
actions were also accompanied by violent assaults directed against
civilians.

In an atmosphere of public protests and renewed terrorist assaults,
the "framework peace agreement" was signed on the 13th of
August, allowing NATO to deploy troops throughout Macedonia
with a mandate to "disarm the Albanian rebels".

The Western media mantra --parroting NATO's official
statements-- concluded without further examination that the
"Albanian rebels" were attempting to stall the ratification and
implementation of the "framework document" (yet to be approved
by the Macedonian parliament), undermining "the painstaking
efforts of the international community": "We have unequivocally
stood against all acts of violence in Macedonia and all breaches of
the cease-fire?" said US State Department spokesperson Richard
Boucher?".2 Meanwhile, Yugoslav President Voijislav Kostunica
accused the American and European mediators of "having been
duped by the Albanian rebels."3

Pentagon and US State department planners (from the most
powerful nation on earth) "duped" by "Albanian rebels"? According
to the Western media, the military alliance had no prior knowledge
of these terrorist assaults launched at the time of crucial "peace"
negotiations. The enemy is presented, as a peace "facilitor", the
identity of the NATO aggressor and its relationship to the
terrorists, are not mentioned.

WHO ORDERED THE TERRORIST ASSAULTS?

The so-called "Albanian rebels" do not make key military decisions
on their own. Amply documented, the KLA-NLA and its various
affiliated factions constitute America's proxy army integrated by
US military advisers, trained by British Special Forces, financed
and equipped by Washington. War is always waged in terms of
carefully designed political objectives; military operations
--including covert activities in support of "freedom fighters"-- are
never haphazard. The terrorist assaults are part of Washington's
military-intelligence agenda in Macedonia.

Senior US military advisers detached from private mercenary
companies are working with KLA-NLA commanders. NLA
Commander Gezim Ostremi, was trained by British Special Forces
to head the UN sponsored Kosovo Protection Corps (KPC).4
Confirmed by British military sources, the task of arming and
training of the KLA had been entrusted in 1998 to the US Defence
Intelligence Agency (DIA) and Britain's Secret Intelligence
Services MI6, together with "former and serving members of 22
SAS [Britain's 22nd Special Air Services Regiment], as well as
three British and American private security companies".5:

"'The US DIA approached MI6 to arrange a training
programme for the KLA,' said a senior British military
source. `MI6 then sub-contracted the operation to two
British security companies, who in turn approached a
number of former members of the (22 SAS) regiment. Lists
were then drawn up of weapons and equipment needed by
the KLA.' While these covert operations were continuing,
serving members of 22 SAS Regiment, mostly from the
unit's D Squadron, were first deployed in Kosovo before the
beginning of the bombing campaign in March. 6



OPERATION "ESSENTIAL HARVEST": REPLICATING
KOSOVO

The First and Third Parachute battalions ("1 PARA" and "3
PARA") detached to Macedonia under Operation "Essential
Harvest" have a history of active collaboration with the KLA. The
British Paras led the invasion into Kosovo in June 1999 in liaison
with KLA forces.7 The evidence amply confirms that the US and
British military-intelligence establishment has continued to support
the KLA in its terrorist operations in Macedonia:


"two of the Kosovo-based commanders leading the
Albanian push [into the Tetovo region] were trained by
former British SAS and Parachute Regiment officers? [A]
commander with the nom de guerre of Bilal was organising
the flow of arms and men into Macedonia, and ? veteran
KLA commander Adem Bajrami was helping to co-ordinate
the assault on Tetovo. Both were taught by British soldiers
in the secretive training camps that operated above Bajram
Curri in northern Albania during 1998 and 1999. "8


In a bitter irony, the officers of the British parachute regiment
dispatched under Operation "Essential Harvest" had previously
collaborated and forged personal ties with KLA-NLA commanders
now in charge of military operations in Macedonia. The evidence
would suggest that the British Para battalions were sent in "to
assist" rather than "'disarm" the KLA-NLA. 9

Moreover, US military advisers --on assignment to the KLA-NLA
(through private mercenary companies)-- remain in contact with
NATO and US military and intelligence planners, who are in turn in
liaison with the US State Department. Ultimately, Washington and
London decide on the broad direction of KLA-NLA military
operations in Macedonia. What this means is that while the
Washington call for a cease-fire a diplomatic level, it also decides
when "to breach" the cease-fire, and when to actually implement
the cease-fire.

In other words, the so-called "breaches of the cease-fire"
--marked by a renewed wave of terrorist attacks-- during the final
stages of the US-EU sponsored "peace negotiations"-- were not
decided by the "Albanian rebel" commanders without consulting
Washington.

What this means is that by allowing the "National Liberation
Army", America's proxy military force in Macedonia, to launch a
new wave of terrorist assaults at the time of crucial negotiations,
Washington had consciously and deliberately stalled its own bogus
"peace" initiative, while precipitating the country to the brink of
civil war.

NATO controls the cease-fire because NATO controls the
terrorists!

NATO has stated that they will only intervene and "disarm the
rebels" if there is a cease-fire. But what NATO really wants is that
the Macedonian ARM remain in the barracks under a unilateral
cease-fire, while their proxy forces continue to make further
territorial gains.

Already, the unilateral cease-fire ordered by President Trajkovski
in the wake of the Ohrid peace agreement has enabled the
KLA-NLA terrorists to take up strategic positions in the Crna
Gora mountain range near Skopje while also reinforcing their control
in the Tetovo region.10 These NLA territorial advances at the time
of crucial negotiations are part and parcel of NATO planning.

Following the visit to Skopje of General Joseph Ralston, NATO's
supreme allied commander in Europe (20 August) the President
ordered (under a new unilateral cease-fire) the Macedonian
Security Forces to remain in the barracks. The ARM has been
instructed:

"?to carry out a withdrawal of troops as a contribution
towards de-escalation in advance of a planned NATO
mission to the country? the [defence] ministry in Skopje
said warplanes and helicopters would accordingly not be
used in crisis areas and the army was to withdraw heavy
weapons from combat positions".11

In other words, the invading army imposes a unilateral cease-fire to
facilitate the process of territorial conquest.

INVADING A MEMBER COUNTRY OF THE UNITED
NATIONS

The command structures of the KLA, the NLA and the United
Nations sponsored Kosovo Protection Corps (KPC) overlap and
coincide. The so-called Albanian National Army (AKSh) (a
paramilitary group linked to the KLA-NLA) which claimed
responsibility for the Prelic killings was formed by members of the
United Nations KPC. These killings coincided (almost like
clockwork) with the final stages of the "peace" negotiations at
Ohrid. Everything suggests that this action had been carefully
planned in advance and was known to Western intelligence
agencies.12

Moreover, the decision to dispatch several hundred KPC troops
across the border from Kosovo in the days following the conclusion
of the Ohrid negotations, could not have been taken without the
acquiescence of NATO and UN military personnel stationed in
Kosovo.

What this means is that a UN sponsored military force (using UN
equipment and resources) has invaded a member country of the
United Nations, with the knowledge and approval of NATO forces
in Kosovo.

To say that this constitutes "a violation of the UN charter" would
be a gross understatement. In the words of Macedonia's Prime
Minister Ljubo Georgevski in a letter to addressed to the Secretary
General of the United Nations Kofi Annan:

"I, personally, consider this an official declaration of war by
the international protectorate of Kosovo and by the Kosovo
Protection Corps (KPC), which is unfortunately part of the
UN civil administration in Kosovo."13

While representing a dissenting political voice, Prime Minister
Georgevski, nonetheless signed the "framework document" opening
the door to the invasion of his country by NATO troops.

"DISARMING THE REBELS"

The disarmament process is totally fictitious. Why would NATO
disarm its own proxy force, which has been re-equipped in the last
few months with brand new weapons "Made in America".

Following the signing of the framework document, NATO
announced it had agreed "with the NLA on terms and procedures
for an eventual arms turnover". In this regard, NATO plans to
replicate the token "disarmament" of the KLA implemented in the
wake of the 1999 bombing campaign in Kosovo, where small arms
and AK-47s were handed in on a "voluntary" basis. This process
was then followed by the arming and equipping of the KLA with
advanced weaponry leading into the terrorist attacks in Southern
Serbia and Macedonia.

The whole disarmament process is an obvious hoax. In fact, the
terms of the "disarmament" are being negotiated with the terrorists
rather than with the Macedonian authorities:

"the rebels will collect their own weapons and deposit
them at pre-arranged collection sites. NATO troops will
then move in, seal the area, pick up the guns for destruction
in a third country and leave."14

While NATO "weapons collection teams" have been deployed,
NATO has clarified that the handing in of weapons will be entirely
"voluntary": "what we prefer from a NATO force point of view is
that the insurgents collect the weapons on our behalf?"15

But if the handing in of the weapons is "voluntary", then why does
NATO need to bring in large amounts of heavy military equipment in
British military transport planes? There is reason to believe that one
of the objectives of Operation "Essential Harvest" is to channel
arms and supplies to the terrorists inside their territorial enclaves,
while at the same time disarming all forms of armed resistance,
including the civilian defense groups which have developed in
opposition to the terrorists and the NATO led invasion.

While the Western media is spreading rumours that the rebels are
"armed with assault rifles and knives" 16 (Associated Press, 20
August 2001), the evidence confirms that the US is continuing to
equip the terrorists with advanced weaponry:

"In the well-built guerrilla bunkers overlooking the besieged
city of Tetovo, there is ample evidence of U.S. military
hardware ? An abundant stock of sophisticated night-vision
goggles provide the guerrillas with a tremendous tactical
advantage over the Macedonian security forces? Snake
Arifaj, a 22-year-old guerrilla platoon commander, proudly
displayed his unit's impressive arsenal and said, 'Thanks to
Uncle Sam, the Macedonians are no match for us.'?
Commander "Mouse," a 47-year-old UCK officer in the
Tetovo sector? confirmed that two US Chinook Heavy
Transport Helicopters had in fact delivered "heavy mortars
and ammunition" [in early August] to the guerrillas?
[A]mmunition supply is not a problem for the guerrillas. 'We
have all the equipment and men we need to capture Skopje
in 24 hours,' said Commander "Jimmy", a 22-year-old
Albanian guerrilla who is already a veteran of Chechnya,
Kosovo, and south Serbia. "Militarily, the Macedonians are
no match for our soldiers."17

HIDDEN AGENDA

While paying lip service to the social rights of ethnic Albanians,
Washington has no interest in the process of constitutional reform
as contained in the "framework document". Washington's objective
is not to "disarm the rebels" but to disable the Macedonian Security
Forces (ARM) and dismantle State institutions. In this regard,
NATO forces are working hand in glove with the KLA-NLA.

Moreover, once the so-called "disarmament" process has been
completed, "unarmed observers" from the Organisation for Security
and Cooperation in Europe (OSCE) and the EU Monitoring Mission
(EUMM) are slated to enter "NLA enclaves to begin
confidence-building measures before the return of Macedonian
police."18

MEDIA FALSEHOODS

All the appearances of an "internal conflict" are retained. The links
of NATO to the terrorists are never mentioned by the Western
media. The confrontation between Macedonians and ethnic
Albanians is the cornerstone of most news stories, logically
providing a justification for a "peacekeeping" intervention.

With a shaky framework agreement on constitutional reform and
the country on the brink of civil war, the main players retain their
full legitimacy. In the eyes of public opinion, they are not
"aggressors", they are peace-keepers intervening on
"humanitarian ground".

While the media upholds the NLA as a liberation army fighting for
the social rights of an oppressed minority, the process of
"demonisation" of the Macedonians has commenced with
one-sided news stories relating to presumed war crimes and
alleged atrocities committed by the Macedonian police and security
forces.

Meanwhile, everything indicates that ethnic tensions have been
further heightened with the entry of NATO troops. Terrorist gangs
linked to the KLA-NLA are assaulting Macedonian civilians as
occurred in Kosovo in 1999.

INSTALLING A NATO PROTECTORATE

Washington has pushed Macedonia to the brink of civil war with a
view to justifying a NATO led intervention "on humanitarian
grounds".

Deliberately jeopardised as a result of the terrorist assaults and the
NATO invasion, Washington is fully aware that the "peace"
agreement (including the constitutional amendments) has little
chance of becoming operational under a "functioning democracy". In
this regard, NATO has already hinted that it "has contingency
plans" if it is unable to accomplish its mission under the framework
"peace" agreement.19

In the days following the signing of the framework agreement, the
International Crisis Group (ICG), a "Non-governmental
Organisation" (funded by George Soros') with links to US State
department pointed to the need to "changing the mandate" of the
NATO led "Operation Essential Harvest":

"NATO cannot limit its mission to 30 days. It must be
prepared to do more than collect arms that are voluntarily
given to it. It must seal the border with Kosovo and should
provide the security assurance required to see the 13
August agreement through to parliamentary ratification and
implementation. And it must be prepared to use all
necessary force to make that assurance real?
Unfortunately, despite the agreement, there is little trust or
even expectation of peace among either ethnic Albanians or
Macedonians. That puts a heavy burden on the international
community, which will need to decide? whether the mission
should have a more open-ended time frame and a more
vigorous, traditional peacekeeping role?"20

In turn, the US media has already started to build a "justification"
for a more permanent NATO presence as a means to guaranteeing
the social rights of ethnic Albanians. An Associate Press report,
for instance, quotes:

"Mustafa Arifi, 26, sitting with his uncle in the cool shadow
of the local mosque? Not only does he want NATO troops
to come, he wants them to stay far longer than the 30 days
envisioned by the alliance. 'I know the big powers are on
our side,'' he said with certainty. 'I would love for them to
be here for 20 years.''' 21


And no doubt once the NATO mandate has been redefined --using
a "humanitarian" or "peacekeeping" pretext-- the next stage will
be to extend NATO's "mission" beyond the agreed 30 days, leading
to a more permanent military presence of NATO troops, as a
stepping stone towards the installation of a full-fledged NATO
protectorate on the Kosovo-Bosnia model.

In this regard, it is worth recalling that Bosnia-Herzegovina was
carved up "along ethnic lines" under the 1995 Dayton Agreement.
Similarly, Under Operation "Essential Harvest", the arrangement
imposed by NATO on the Macedonian government, is that the
terrorists will remain in the territories they occupy and NATO will
ensure that Macedonian troops will not enter rebel controlled
territory. This also means that Macedonians who were expulsed by
the terrorists will not be able to return to their homes. And NATO
has confirmed, in this regard, that it will not assist in the return of
"internally displaced persons".22

In other words, by firmly protecting the KLA-NLA in their
territorial enclaves and allowing the process of ethnic cleansing to
proceed, NATO has deliberately created conditions which favour
the partition of Macedonia, opening the door to "the detachment" of
the so-called "Albanian regions" occupied by KLA-NLA forces
and their (possible) annexation to a so-called "free Kosovo".

Meanwhile, the Atlantic Military Alliance --while paying lip
service to the territorial integrity of the Yugoslav federation-- is
also promoting the secession of a "free Kosovo" from Yugoslavia,
which would lead to a fracture of Yugoslavia as well as much
broader conflagration in the Balkans.


ENDNOTES

1, Macedonia Information Agency (MIA), Skopje, 11 August 2001.

2. US State Department Briefing, Washington, 9 August 2001.

3. Interview with Belgrade's Politika, quoted in the Nouvel
Observateur, Paris, 11 August 2001 at
http://quotidien.nouvelobs.com/etranger/20010810.OBS7336.html.

4. UPI, 1 July 2001.

5. The Scotesman, Glasgow, 29 August 1999.

6. Ibid.

7. See the webpage of the Parachute Regiment at
http://www.army.mod.uk/infantry/para/make_up.htm).

8. Sunday Times, London, 18 March 2001. See also The Observer,
London, 11 March 2001.

9. From their experience in Northern Ireland, the British Paras have
also developed techniques of dealing with civilians going back to
the 1971 "Bloody Sunday Massacre" in Derry, Northern Ireland. In
a bitter irony, General Michael Jackson who led the Allied Forces
invasion into Kosovo in 1999, was Second in Command in the
"Bloody Sunday Massacre".

10. Krasnaya Zvezda, Moscow, 16 August 2001, BBC Monitoring
Service, London, 18 August 2001.

11. Deutsche Press Agentur, 20 August 2001.

12. On the origins of the AKSh, see Nedelnik Start's report on an
intelligence document submitted to the Prime Minister in 2000
which confirms AKSh links to the KPC, Skopje, 2 June 2000.

13. MIA, Skopje, 13 August 2001.

14. BBC, 18 August 2001.

15. See Transcript of NATO Press Conference, Skopje 15 and 17
August, at
http://www.afsouth.nato.int/operations/skopje/APICSKOPJE.htm#STARTNATO)

16. Associated Press, 20 August 2001,

17. Scott Taylor, "Thanks to Uncle Sam, Macedonians are no match
for us!", 20 August 2001, at
http://emperors-clothes.com/analysis/taylor.htm).

18. Jane Defence Weekly, 15 August 2001.

19. Washington Post, 18 August.

20. See International Crisis Center (ICG) web page at
http://www.crisisweb.org/.

21. Associated Press, 18 August 2001.

22. See NATO Press Conference, Skopje, 20 August 2001, at
http://www.afsouth.nato.int/operations/skopje/TRANSCRIPT-20AUG.htm)


ARTICLES BY THE AUTHOR ON MACEDONIA:

"The Military Occupation of Macedonia", August 2001, at
http://globalresearch.ca/articles/chossudovsky/macedonia-occupation.html

"Washington Behind Terrorist Assaults in Macedonia", Ottawa,
July 2001, at
http://emperors-clothes.com/articles/choss/washbe.htm also at

"America at War in Macedonia", June 2001,
http://emperors-clothes.com/articles/choss/pipe.htm

"Macedonia: Washington's Military Intelligence Ploy", June 2001,
http://www.transnational.org/forum/meet/2001/Chossudov_WashingtPloy.html

"Washington Finances Ethnic Warfare in the Balkans", Ottawa,
April 2001, http://emperors-clothes.com/articles/choss/fin.htm


C Copyright by Michel Chossudovsky, August, 2001. All rights
reserved.

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L'"IMPERIALISMO ETICO" DEGLI STATI UNITI D'AMERICA


"Il Manifesto" 22. avgusta 2001.
IMPERIJALIZAM SAD : "nova" struja americkog misljenja
S. D. W. iz Vasingtona

Izraz "imperijalizam", kojim sirom sveta zigosemo americku politiku,
ne treba uzimati kao "pogrdu", vec naprotiv, kao odavanje
priznanja Sjedinjenim Americkim drzavama za ulogu garanta u
istorijski presundoj etapi " sveopste bezbednosti i blagostanja
u znaku pax amerikana". To je nova struja misljenja koja uzima
maha u SAD. Njeni nosioci su intelektualci reganovskog kova
okupljeni u naucnom centru u Vasingtonu sa nazivom "Project for
the New American Century" (projekat za novi americki vek).
Podpredsednik Centra, Thomas Donnelly (Tomas Doneli) kaze da
negirati ulogu SAD ostvarenu uspostavljanjem vojne
prevlasti u svetskom poretku po zavrsetku hladnog rata, znaci
negirati ono sto je ocigledno, odnosno da su SAD istorijski
naslednici odgovornosti koju su nekada nosili Rimsko i Britansko
carstvo. Na to, prof. Andrew Bacevich, penzionisani
pukovnik i docent na Bostonskom univerzitetu, dodaje da nema
smisla pitatanje da li je to pravicno ili ne, takvo je stanje
stvari te SAD nikako ne mogu da beze od svoje istorijske
odgovornosti: Bez obzira na sve lepe reci " nema te javne
licnosti koja bi imala da iznese nesto protiv toga da SAD
ostanu doveka jedina velesila sveta."
Mozemo slobodno da odahnemo! Rimsko i britansko carstvo su
propali, ali ce zato americko ziveti "doveka." Kraj Istorije!

"Il Manifesto", 22/8/2001
Imperialismo Usa
"Nuova" corrente di pensiero americana
S.D.W. - WASHINGTON

La parola "imperialismo" usata nel mondo per bollare la politica
americana non va presa come un "insulto" ma, al contrario, come il
riconoscimento del ruolo degli Stati uniti per garantire una fase
storica di "sicurezza e prosperit� per tutti all'insegna della pax
americana". E' questa la nuova corrente di pensiero che sta prendendo
piede negli Usa, divulgata dagli intellettuali di stampo reaganiano
riuniti intorno al centro studi Project for the New American Century di
Washington. Dice Thomas Donnelly, il suo vicedirettore, che
negare il ruolo svolto dagli Usa con la loro predominanza militare
nell'ordine mondiale emerso dalla fine della Guerra fredda, significa
negare l'evidenza dal momento che gli Stati uniti hanno ereditato dalla
storia la responsabilit� che furono dell'impero romano e di quello
britannico. E aggiunge il professor Andrew Bacevich, ex colonnello e
docente alla Boston University, che � inutile chiedersi se ci� sia
giusto o no perch� la realt� delle cose � questa e gli Usa non possono
sottrarsi alla loro responsabilit� storica: al di l� di tanti bei
discorsi "non c'� un solo personaggio pubblico che abbia a ridire
sull'idea che gli Stati uniti rimangano l'unica superpotenza militare
fino alla fine del tempo". Mettiamoci il cuore in pace. Anche se gli
imperi romano e britannico sono crollati, quello americano durer� "fino
alla fine del tempo". La Storia � finita.

(Hvala Olgi za prevod!)

---

Questa lista e' curata da componenti del
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ).
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente
le posizioni ufficiali o condivise da tutto il CNJ, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
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OB POIMENOVANJU SEKCIJE ANPI-VZPI TRZASKEGA
PARTIZANSKEGA PEVSKEGA ZBORA PO STIRIH
BAZOVISKIH JUNAKIH:

BIDOVEC - MARUSIC - MILOS - VALENCIC

Trst, 24. april 1988

Primorsko ozemije, ki ga je novembra 1918 zasedla
italijanska vojska in je bilo januarja 1921 z rapalsko
pogodbo prikljuceno k Italiji, se je v razdobju
med obema vojnama imenovalo Julijska krajina -
Venezia Giulia. Od 1924 dalje je tudi Reka pripadala
Italiji.
Po nekaterih ocenah je po prvi svetovni vojni pripadlo
Italiji okrog 550.000 Slovencev in Hrvatov, od tega
nad 300.000 Slovencev, kar je v tistem obdobju
pomenilo skoraj tretjino slovenskega naroda.
S prikljucitvijo dezele k Italiji je bil porusen
gospodarski sistem, na katerem je slonel stoletni
razvoj in napredek. Nove drzavne meje so postavile
meje tudi gospodarstvu. Z novo razmejitvijo so bile
pretrgane zveze z zalednimi dezelami. Te spremembe
so povzrocile gospodarsko krizo. Kriza v dezelnem
gospodarstvu je povzrocila druzbeno krizo, ki se je
kazala v obubozanju kmeta, brezposelnosti in
izseljevanju. Izseljevanje Slovencev in Hrvatov je
znacilno za vse obdobje med vojnama. Pred prvo vojno
je bilo znacilno preseljevanje iz podezelja v bliznja
mesta, po prvi vojni pa se je preusmerilo v tujino.
Izseljevanje pa se zdalec ni bilo zgolj
sociogospodarske narave, temvec je bilo v glavnem
posledica narodnega in politicnega Pritiska.
Kmalu po vojni so se izselili ljudje, ki so prisli
na Primorsko po sluzbeni poti: uradniki, zeleznicarji,
ucitelji. Izobrazence slovenske narodnosti je
italijanska oblast nacrtno izganjala preko meje v
Jugoslavijo, ces da so nevarni italijanskim interesom.
Mnogi pa so se umaknili pred negotovo politicno in
gospodarsko bodocnostjo. Izseljevanje Slovencev je
doseglo visek med splosno gospodarsko krizo in ob
istocasni zaostritvi fasisticnega totalitarnega rezima,
to je po letu 1926. Tedaj so bili prisiljeni oditi
politicni in kulturni delavci, ucitelji in uradniki,
brezposelni delavci ter kmetje, ki jim je posestvo
prislo na boben. Znacilno je bilo odhajanje kmeckih
deklet v notranjost Italije ali v tujino, zlasti v
Egipt. Poseben val spada v leto 1935, ko so bezali v
Jugoslavijo mozje in fantje, da so se izognili
mobilizaciji za vojno v Abisiniji. Pred drugo
svetovno vojno je bilo samo v Jugoslaviji nastetih
priblizno 70.000 Slovencev in Hrvatov iz Julijske
krajine, okoli 30.000 jih je bilo v Juzni Ameriki
(od tega 20.000 v Argentini), nad 5.000 pa v ostalih
evropskih dezelah. Na vsak nacin gre za izredno
visoke stevilke, ki ponovno dokazujejo vsestranski
pritisk, ki ga je izvajal fasizem nad slovanskim
prebivalstvom v Julijski krajini. Na drugi strani
pa so se iz notranjosti Italije doseljevali predvsem
funkcionarji, policisti, fasisticni milicniki,
oficirji, ucitelji, zdravniki, uradniki itd. Leta
1931 je stevilo priseljenih Italijanov znasalo okrog
130.000.

Italijanske oblasti so prisle v nase kraje
nepripravljene na srecanje s prebivalstvom druge
narodnosti. Niso poznale okoliscin. Nadalje so bile
pod jasnim vplivom tradicionalne miselnosti
italijanskega mescanstva. Ravnale so se po
njihovem merilu. Tako so se najprej poostrili
policijski ukrepi, da bi odstranili vse, kar bi
utegnilo ogrozati t.i. �nacionalne interese�
italijanske drzave.
13. julija 1920 so fasisti zazgali Narodni dom v
Trstu, sedez osrednjih politicnih, kulturnih in
gospodarskih organizacij. Dva meseca po pozigu,
septembra 1920, je v Juljiski krajini izbruhnila
najvecja splosna stavka. Na eni strani so delavci
zahtevali odpravo izrednega okupacijskega rezima,
na drugi strani so hoteli prepreciti vzpon
fasisticnega gibanja, ki je po pozigu Narodnega
doma napadal tudi delavske sedeze. Neuspeh stavke
je okrepil nacionalisticne struje in dokoncno
postavil fasiste na celo vseh konservativnih sil.
Fasisticno nasilje se je nato v letu 1921 razvilo
v pravo ofenzivo, ki je trajala do prihoda fasistov
na oblast v oktobru 1922. Nadalje se je fasisticno
gibanje stevilcno toliko okrepilo, da je lahko
zacelo s splosnim terorjem. Mnozicna osnova
fasisticnega gibanja so bili ljudje iz srednjega
sloja, priseljenci iz Italije, demobilizirani
castniki in podcastniki, politicno nezgrajena
mladina. Financno so gibanje podpirali visoki
mescanski krogi. Uradna pest so bile oborozene
cete - squadre d'azione, ki so stele 30 do 50
moz. Najprej in najpogosteje so fasisti napadali
v mestih (Trst, Trzic, Pulj). Iz mest pa so
cete s tovornjaki odhajale na podezelje, v
slovenske in hrvaske vasi, kjer so nastopale
kot kazenske vojaske ekspedicije. Visek je
fasisticni teror dosegel med volilno kampanjo
aprila in maja 1921. Po podatkih italijanskih
zgodovinarjev je bilo do konca leta 1921 v
Julijski krajini pozganih ah razdejanih 134
zgradb, med temi kar 100 sedezev kulturnih
drustev slovenske narodnjaske in komunisticne
smeri, 21 delavskih domov in tri zadruge.
Oblastveni organi, generalni civilni komisariat,
vojaska poveljstva, policijski komisarji,
karabinjerji so fasiste podpirali.
Fasisticno nasilje je znacilno za vso Italijo.
V Julijski krajini pa je bilo hujse, saj je
bilo naperjeno proti dvojnemu nasprotniku:
proti slovenskohrvaski narodni skupnosti in
proti delavskemu gibanju. Porast fasisticnega
gibanja je omogocilo vec dejavnikov:
protidemokraticna in nacionalisticna usmerjenost
italijanskega mescanstva, nesposobnost naprednih
sil delavskega razreda, podpora oblasti fasizmu,
globoka gospodarska kriza. Kakor je bila
sociogospodarska podrejenost Slovencev in
Hrvatov pogoj za razvoj komunizma, tako sta
bila nacionalna zanesenost in pravi sovinizem
vzvod za uspeh fasizma. Od tod izvira enacenje
fasizma z italijanstvom, komunizma pa s
slovenstvom. Razredni spopadi med fasizmom
in komunizmom so spodbujali stare nacionalne
spore med Slovenci in Italijani. V tem spopadu
je fasizem v Julijski krajini videl obrambo
italijanskih nacionalnih interesov, zato je boj
proti delavskemu gibanju imel izraziti znacaj
boja proti narodnemu razvoju slovanske skupnosti.
Fasizem se je imel za nekaksnega uradnega
predstavnika italijanstva v teh krajih, ki jih
je hotela Italija poitalijanciti. To �poslanstvo�
je postalo pravi mit in istocasno politika
italijanske drzave.

28. oktobra 1922 je fasisticna stranka s t.i.
�pohodom na Rim� prevzela oblast v drzavi.
Prihod fasistov na oblast v Julijski krajini
ni pomenil bistvene prelomnice, saj je fasizem
ze pred tem obvladoval polozaj. Fasisticna vlada
je do konca leta 1926 odpravila demokraticne
oblike drzavne ureditve in uvedla totalitarni
fasisticni rezim, ki ga je vzdrzevala z nasiljem.
V okviru splosnih sprememb predstavlja ravnanje
s slovensko-hrvasko narodno skupnostjo posebno
poglavje v zgodovini fasizma.
Pod fasisticno vladavino pa raznarodovalna
politika ni vec dezelna posebnost, temvec sestavni
del drzavne italijanske fasisticne politike o
nasilni asimilaciji neitalijanskega prebivalstva.
Temeljila je na nacionalisticno-imperialisticnem
pojmovanju, da so Slovani manjvredni.

Poleg izrednih zakonov, ki so prizadeli vso napredno
italijansko javnost, so bili za obstanek slovenske
in hrvaske skupnosti usodni sklepi tajnikov
fasisticne stranke iz obmejnih pokrajin, sprejeti
na konferenci v Trstu 12. junija 1927. Sklepe so
uradno potrdili pokrajinski prefekti in sam Mussolini.
Konferenca fasisticnih kolovodij je ugotovila, da
so �slovanski ucitelji, slovanski duhovniki,
slovanska drustva in drugo anahronizem in anomalija
v dezeli, ki je bila anektirana�. Iz te ugotovitve
je izvirala zahteva, da se obmejne pokrajine naglo
vsestransko poitalijancijo, da se odpravijo se
zadnji razredi sol, zadnja drustva, slovenski tisk
itd. in da postane slovenski jezik le narecje, ki
naj bi se pod vplivom italijanskih mest spremenil
v �italijansko narecje�.
Nacrt o totalni fasizaciji in raznaroditvi Slovencev
iz leta 1927 je bil le krona osemletnega delovanja
v tej smeri ali milostni strel ze prej krepko
zatrtim slovanskim narodnim organizmom.
Fasisticni totalitarni rezim, ki je nastal in se
vzdrzeval z nasiljem, je vzbudil odpor naprednih
sil v Italiji in jim vsilil posebne metode boja.
Ce so posebne metode boja veljale za italijanske
protifasiste, so tembolj veljale za slovensko-
hrvasko narodnostno skupnost, saj jo je fasisticna
diktatura prizadela z dvojno mero. Vsestranski
pritisk in nacelno nasilje sta porodila radikalne
oblike odpora in boja. Najbolj pomembno pa je
dejstvo, da je fasizem vzbudil odpor vseh plasti
slovenskega prebivalstva. Protifasisticni odpor
primorskih Slovencev se je v glavnem razvijal
preko dveh ilegalnih politicnih organizacij:
komunisticne in narodno-revolucionarne.

Komunisticno organizacijo v Julijski krajini so po
uveljavitvi fasisticnih izrednih zakonov prizadele
se tezje izgube kakor narodnjasko gibanje. Od
nastopa fasizma je bila dejansko v polilegali ter
glavna tarca nasilja. Po emigraciji in konfinaciji
voditeljev so stopili na njihova mesta mlajsi
komunisti. Organizacija je vkljucevala clane
vec narodnosti: italijanske, slovenske in hrvaske.
Njihovo stevilo je nenehoma nihalo zaradi aretacij
in emigracije, zato ga ni mogoce zatrdno ugotoviti.
Stranka je v ilegali organizirala sindikalno
organizacijo, ustanavljala posebne protifasisticne
odbore, vzdrzevala �rdeco pomoc� za zrtve fasizma.
Glasilo komunisticnih idej med Slovenci je bilo
Delo, ki so ga primorski komunisti po letu 1926
razmnozevali ilegalno: v letih 1927 in 1928 v
predmestju Gorice, leta 1929 v Ljubljani, v letih
1933-35 pri Rencah in pri Volcji Dragi, v letih
1937-1940 pa pri Zgoniku in Divaci. Komunisticna
dejavnost je bila poleg organizacijskega utrjevanja
v glavnem usmerjena na razsirjanje revolucionarnih
in protifasisticnih idej za mobilizacijo delovnih
mnozic.
Za komunisticno organizacijo v Julijski krajini je
bilo bistveno razmerje do nacionalnega vprasanja
slovensko-hrvaske narodnostne skupnosti in s tem v
zvezi odnos do slovenskega narodnjaskega gibanja.
V prvi dobi po ustanovitvi (1921-1926) se
komunisticna stranka z vprasanjem narodnih manjsin
ni posebei ukvarjala. Priznavala je splosno
pravico in nacelo o pravici narodov do samoodlocbe.
Resitev nacionalnega vprasanja je videla samo v
zmagi proletarske revolucije. Po letu 1924 so
slovenski komunisti ugotavijali, da je mogoce
obdrzati in poglobiti vpliv na mnozice le, ce
bo stranka zastopala zahteve narodne manjsine in
ce bo boj za socialne pravice povezovala z bojem
za narodne pravice. Hkrati je skupina mlajsih
komunistov nakazala resitev narodnega vprasanja
po leninisticnih nacelih: svobodna samoodlocba
Slovencev in Hrvatov do odcepitve od Italije in
ustanovitev delavsko-kmeckih republik, povezanih
v federacijo balkanskih republik. To nacelo je
sprejel tretji kongres Komunisticne stranke Italije
januarja 1926, ko je med nosilce revolucije uvrstil
tudi zatirane narodne manjsine. Odtlej se stranka
temu nacelu ni vec odrekla. V tridesetih letih
se je stranka zacela zavzemati za enotno fronto
vseh plasti slovenskega prebivalstva. Izhodisce
za enotnost je bil boj proti fasizmu.

Do leta 1930 je bila obcutna dejavnost ilegalne
narodnorevolucionarne organizacije BORBA, ki jo je
ustanovila napredna narodnjaska mladina. Menila je,
da se je treba s fasizmom spoprijeti s silo.
Narodnorevolucionarna organizacija BORBA se je
razvila po letu 1927, to je po razpustu vseh drustev.
Koncni cilj organizacije je bila prikljucitev
primorskih Slovencev in istrskih Hrvatov k
Jugoslaviji. Njen akcijski program je bil: z
nasilnimi dejanji proti fasisticnim raznarodovalnim
ustanovam opozoriti svetovno javnost na vprasanje
narodnostnih skupnosti v Italiji in tako ustrahovati
nosilce raznarodovalne politike; med mnozicami
siriti propagando, da je moznost odpora; siriti
sovrastvo do fasizma; preprecevati sodelovanje
narodnih odpadnikov. Boj za narodni obstanek je
povezovala z bojem za socialno pravicnost. V skladu
s tem programom organizacija ni izbirala sredstev.
Konkretne akcije so zbujale pozornost in simpatije
sirsih mnozic. Oblasti v vecini primerov izvajalcev
niso odkrile, ceprav so zaprli veliko stevilo ljudi.
Do prvih hujsih ukrepov je prislo v letu 1929, koje
policija prijela skupino narodnih revolucionarjev v
Istri. Od 14. do 17. oktobra 1929 je bil sodni
proces v Pulju pred posebnim fasisticnim sodiscem,
ki se je koncal z ustrelitvijo Vladimirja Gortana.

Organizacijo v slovenskem delu Julijske krajine so
odkrili spomladi 1930 po razstrelitvi uredniskih
prostorov fasisticnega glasila "Il Popolo di Trieste".
Od 1. do 5. septembra 1930 se je vrsil pred posebnim
fasisticnim sodiscem prvi trzaski proces. Na tem
procesu so bili stirje junaki-voditelji Ferdo Bidovec,
Franjo Marusic, Zvonimir Milos in Alojz Valencic
obsojeni na smrt in 6. septembra ustreljeni na gmajni
pri Bazovici. Takrat je organizacija BORBA prenehala
obstajati. Smrtne obsodbe pa so nasprotno rodile
drugacne posledice, kot jih je pricakovala fasisticna
oblast.

Po letu 1930 je komunisticna stranka Italije
usklajevala delovanje s stalisci jugoslovanskih
komunistov. Na posvetovanju predstavnikov obeh strank
januarja 1930 so bila dolocena enotna akcijska gesla.
Tedaj je bilo sklenjeno, da postane casopis Delo
glasilo obeh strank za Slovence v Italiji in
Jugoslaviji. Delo je izhajalo v letih 1930-35 kot
skupno glasilo ter je posvecalo posebno pozornost
slovenskemu narodnemu vprasanju. Aprila 1934 pa so
tri komunisticne stranke (Avstrije, Italije in
Jugoslavije) sprejele skupno izjavo o resitvi
slovenskega narodnega vprasanja. Izjavile so, da ne
priznavajo nasilnega razkosanja slovenskega naroda,
zato bodo podpirale pravico Slovencev do samoodlocbe.
To je bil nov kvaliteten korak v narodni politiki.
Za slovenske komuniste v vseh teh drzavah je izjava
pomenila zacetek novega obdobja, ki je vodilo v
oborozen narodnoosvobodilni boj pod geslom zdruzene
in neodvisne Slovenije. Tristranska izjava je bila
sprejeta v trenutku, ko je stopala v ospredje nova
doba v razvoju delavskega gibanja: doba povezovanja
vseh demokraticnih sil v svetu v ljudsko Fronto za
boj proti fasizmu.

Tako je bil v januarju 1936 sprejet pakt o akcijski
enotnosti med komunisti in narodno-revolucionarno
organizacijo TIGR. Obe strani sta se nadalje
zavezali, da ustvarita slovensko in hrvasko ljudsko
fronto in jo povezeta z italijansko ljudsko fronto.
To je bil prvi sporazum, ki ga je italijanska
partija sklenila z neko nedelavsko organizacijo.
Bil pa je le logicna posledica dotedanjega razvoja.
Aktivnost komunisticne in narodnorevolucionarne
organizacije se je zrcalila v razpolozenju mnozic.
Protifasizem med Slovenci v Julijski krajini je
bil splosen pojav. Po razpustu vseh kulturnih,
gospodarskih, sportnih, podpornih, mladinskih in
drugih slovenskih drustev se je dejavnost
nadaljevala v ilegali, na skrivaj po posameznih
domovih, na izletih ali v cerkvah. Vsaka slovenska
hisa je postala sola, vsaka cerkev oder za
slovensko besedo in pesem. Slo je za zavestno
potrebo po narodni samoohranitvi. Tradicionalne
ideoloske razlike med katolisko in liberalno
usmerjenimi so se v ilegali na podezelju skoraj
izbrisale. To pomeni, da je nastajalo enotno
narodno in protifasisticno gibanje. V Trstu in
Gorici se je narodno delovanje razvijalo po
tradiciji ukinjenih politicnih drustev,
liberalne in krscanskosocialne smeri.
Kakor se je protifasisticni znacaj mnozicnega
gibanja kazal navzven, je razvidno iz
italijanskih policijskih dokumentov. Pojavljale
so se slovenske in delavske zastave, napisi proti
fasizmu, letaki, ilegalni casopisi, javno
izrazanje protifasisticnega razpolozenja ipd.
Mnozica policijskih prijav zgovorno prica o
dejanjih, ki so se mnozila z blizajoco se vojno.
Represalije proti upornim Slovencem so bile ostre:
od opomina, svarila, policijskega nadzorstva in
konfinacije do obsodb pred posebnim (fasisticnim)
sodiscem za zascito drzave. Med leti 1927 in 1943
je bilo po nekaterih izracunih 131 sodnih
procesov proti 544 obtozencem slovenske in
hrvaske narodnosti. Na enega obsojenega
italijanskega protifasista je bilo obsojenih ali
obtozenih kar deset Slovencev ali Hrvatov.
Upostevati je treba, da navedeni podatki zajemajo
dobo 1927-1943, kar pomeni ze leta 1941-43, ko je
na Primorskem ze plamtel narodnoosvobodilni boj.
Na ta nacin se razlaga podatek, da je bilo izmed
42 smrtnih obsodb kar 33 izrecenih proti
Slovencem ali Hrvatom. Deset zivljenj je
fasisticno sodisce zahtevalo se pred pricetkom
oborozenega narodnoosvobodilnega boja.
S priblizevanjem svetovnega spopada je aktivnost
narascala na vseh podrocjih. V teh razgibanih
okoliscinah so imeli slovenski komunisti dobro
priloznost za ustvarjanje protifasisticne fronte.
Tega se je zavedal zlasti Pinko Tomazic. Po letu
1937 se je lotil sestave novega programa. Program
je vseboval zahtevo po neodvisni sovjetski
slovenski republiki, po zdruzitvi vseh naprednih
slovenskih sil v enotno protifasisticno fronto,
nadalje povezave te fronte z italijanskim
naprednim gibanjem. Te nacrte je s sodelavci
uresniceval v okviru ilegalne kulturne dejavnosti,
zlasti med trzasko in gorisko mladino. V letih
1939-1940 ze lahko govorimo o protifasisticni
fronti med Slovenci v Julijski krajini, kakor jo
je predvideval Tomazicev program. Obstajala je
delovna zveza med komunisticno, narodnoliberalno
in krscanskosocialno mladino, obstajala je zveza
med narodnimi revolucionarji in komunisti.

Sredi leta 1940 je fasisticna tajna policija OVRA
usodno posegla v razvijajoce se gibanje. Nasla je
devet skrivalisc orozja in razstreliva,
radiooddajno postajo, tri tiskarske centre, goro
ilegalne literature. Izmed 300 aretiranih je bilo
240 kaznovanih z opominom, policijskim nadzorstvom
ali internacijo. 60 najbolj odgovornih pa je
policija izrocila posebnemu sodiscu za zascito
drzave. Razdelila jih je na tri skupine: 26
komunistov, 12 narodnih revolucionarjev, 22
izobrazencev. Vsem skupaj pa je sodisce sodilo na
znanem drugem trzaskem procesu decembra 1941.
Celotno gibanje je imelo enoten cilj, ceprav
razvejano po raznih nazorih: vse to je razvidno
iz dokumentov. Cilj je bil: resitev jugoslovanske
narodne skupnosti izpod fasisticnega jarma. Cas
procesa, 2. - 14. december 1941, je bil ze cas
narodnoosvobodilnega boja tudi na Primorskem. Z
ostrimi razsodbami je hotel fasisticni rezim
ustrahovati uporno prebivalstvo. 15. decembra 1941
so bili na streliscu na Opcinah usmrceni: komunist
Pinko Tomazic ter narodni revolucionarji Viktor
Bobek, Simon Kos, Ivan Ivancic, Ivan Vadnal. Tako
kot Vladimir Gortan in stirje junaki, ustreljeni v
Bazovici, so postali simbol boja primorskih
Slovencev za osvoboditev, simbol protifasisticnega
boja.
Ustanovitev Osvobodilne fronte slovenskega naroda
v aprilu 1941 je pomenila zacetek vseslovenskega
oborozenega narodnoosvobodilnega boja. Ta boj se
je na Primorskem zacel hkrati kot v ostalih
slovenskih pokrajinah. Temeljni cilji so bili
isti: izgon okupatorjev, zdruzitev vseh Slovencev,
socialna preobrazba slovenskega naroda.
Osvobodilna fronta se na Primorskem v letu 1941
ne bi mogla tako hitro razviti, ce ne bi bilo tako
mocnega protifasisticnega gibanja v obdobju med
obema vojnama. Narodnoosvobodilno gibanje je bilo
logicno nadaljevanje protifasisticnega gibanja.
Osvobodilna fronta predstavlja sklepno obdobje
protifasisticnega gibanja, ki je privedlo do
osvoboditve v maju 1945 ter do poraza fasizma.
Ko se spominjamo navedenih dogodkov, se seveda
povezemo na sedanjost. Poznavanje nase zgodovine
nam omogoca, da se istocasno soocamo s preteklimi
in sedanjimi problemi slovenske narodnostne
skupnosti v Italiji. Sedaj gre za resnicno
enakopravnost in sozitje z vecinskim narodom.
Soudelezba na spominskih svecanostih,
manifestacijah, ki so vezane na obdobje
protifasisticnega in narodnoosvobodilnega boja,
nam omogoca primerjavo med preteklostjo in
sedanjostjo. To pomeni tudi utrjevanje narodne
pripadnosti in zavesti, vendar na podlagi
sporazumevanja z demokraticnim delom vecinskega
italijanskega naroda. Zavedati se moramo, da ne
proslavljamo le obletnic, temvec nekaj globoko
cutenega, ki je zasidrano v srcu naroda. Vso to
dediscino si mora prisvojiti mladina in jo nato
predati novemu rodu. Tako bo se enkrat dokazano,
da vse dosedanje zrtve niso bile zaman. Stopamo
po poti, ki so nam jo zacrtali padli tovarisi.
Istocasno se zavedamo, da je pot, ki je pred
nami tezka, vendar ima jasne cilje. Za vzor naj
nam bodo zivljenje, delo in ideali tovarisev, ki
so dali svoja zivljenja za boljsi jutri, za
svobodo, za zmago nad mracnimi silami clovestva.

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