Informazione
VANNO IN MACEDONIA A FAR FINTA DI FARSI RESTITUIRE DAI TERRORISTI
LE ARMI CHE HANNO LORO PRESTATO PER DESTABILIZZARE IL PAESE
MACEDONIA: ARRIVA IN FORZE LA NATO TRA MOLTE INCOGNITE /ANSA
(ANSA) - SKOPJE, 22 AGO - Da mezzogiorno di oggi e' partita
ufficialmente in Macedonia la missione della Nato che dovra' portare al
disarmo della guerriglia albanese. Con l'ordine di attivazione lanciato
da Tirana (dove si trovava in visita), il comandante supremo
dell'Alleanza atlantica per l'Europa, generale Joseph Ralston ha
avviato il dislocamento nell'ex republica jugoslava dei 3.500 uomini
che parteciperanno alla missione. L'arrivo del primo nucleo dei 700
soldati italiani che vi prenderanno parte e' atteso per venerdi'. La
raccolta delle armi potrebbe iniziare tra lunedi' e martedi' della
prossima settimana, e da quel momento decorreranno i 30 giorni entro i
quali il disarmo dovra' essere completato. La missione 'Raccolto
essenziale' ha ricevuto l'appoggio delle autorita' di Skopje e dei
guerriglieri albanesi, eppure le incognite che pesano sul suo
svolgimento sono ancora molte. Il comandante generale, Gunnar Lange,
oggi ha sentito il dovere di avvertire che ''se i nostri uomini
verranno attaccati, avranno l'ordine di rispondere al fuoco''. Con
altrettanta chiarezza Lange ha ricordato che in nessun modo i militari
della Nato interverranno in eventuali combattimenti che dovessero
scoppiare tra ribelli albanesi e forze di sicurezza macedoni. ''Il
percorso della pace e' ancora lungo e carico di ostacoli'', ha poi
riconosciuto il portavoce del ministero della Difesa macedone, Marjan
Gjurovski. La prima incognita e' costituita dalla presenza sul
territorio (in particolare nella regione nord occidentale di Tetovo) di
guerriglieri che rifiutano di consegnare le armi. L'organizzazione
paramilitare conosciuta come Ana (Armata nazionale albanese), che ha
respinto il piano di pace dissociandosi dal resto del movimento armato,
e' stata fino a luglio parte integrante dell'Uck, ma non e' ancora
chiaro quanti combattenti siano confluti nelle sue fila dopo la
spaccatura interna. Fonti informate sostengono addirittura che gran
parte della 'brigata 112' dell'Uck abbia di fatto accettato di
sottoporsi al nuovo comando dell'Ana. La seconda incognita e'
rappresentata dal mistero che ancora regna sul numero effettivo di armi
che la Nato dovra' raccogliere. Il generale Lange si e' rifiutato di
fornire alcuna cifra, fonti della guerriglia (non ufficiali) sostengono
di essere in possesso di poche migliaia di pezzi mentre il ministero
dell'Interno macedone, al contrario, ha affermato che l'arsenale degli
albanesi conta addirittura 85.000 tra mitragliatrici, cannoni, mortai,
missili, mine e granate. Oltre a cinque milioni di munizioni. Un dato
gia' categoricamente smentito dalla guerriglia. Eppure conoscere quel
numero e' fondamentale perche' il piano di pace prevede l'avvio dei
cambiamenti costituzionali pretesi dagli albanesi, solo quando un terzo
degli armamenti sara' raccolto: ma appare impossibile calcolare la
percentuale di una cifra che al momento e' difficile persino
immaginare. Per non parlare poi di come potra' essere dichiarato
concluso il disarmo e quindi compiuta la missione. La Nato ha ribadito
anche oggi che il ritiro delle armi avverra' solo su base volontaria:
saranno allestiti 15 centri di raccolta presidiati dai militari
dell'Alleanza atlantica nei quali le forze armate macedoni non avranno
diritto di accesso. Durante l'intera durata della missione l'esercito
governativo dovra' mantenere nelle caserme i suoi mezzi pesanti, mentre
l'Uck avra' l'obbligo di ritirarsi a due chilometri da strade e centri
abitati. Condizioni che fino a questo momento nessuno ha ancora
rispettato. (ANSA). BLL
22/08/2001 19:30
MACEDONIA: MANIFESTANTI ANTI-NATO BLOCCANO FERROVIA
(ANSA-AFP) - SKOPJE, 21 AGO - Manifestanti nazionalisti [sic!] macedoni
bloccano da oggi, oltre alla strada che conduce al confine con il
Kosovo, anche la ferrovia che collega la capitale Skopje al posto di
frontiera di Blace, per protestare contro l' arrivo della Nato in
Macedonia. Lo si e' appreso da fonti militari macedoni. I dimostranti,
il cui numero non e' stato accertato - riferiscono le fonti - hanno
posto diversi ostacoli sui binari vicino a Blace, nei pressi del
confine con il Kosovo, impedendo la circolazione dei treni. La ferrovia
rappresenta un importante asse di comunicazione tra la Forza
multinazionale della Nato in Kosovo (Kfor) e le sue basi di
retroguardia in Macedonia. La provincia serba popolata in maggioranza
da albanesi e' amministrata dall'Onu dopo la fine del conflitto, nel
giugno 1999. La protesta si svolge su appello del Congresso mondiale
dei macedoni, che riunisce diverse organizzazioni non governative, e di
un comitato che raggruppa profughi macedoni del nord e del nordovest
cacciati di casa dalla guerriglia albanese. I manifestanti si oppongono
all'intervento della Nato in Macedonia, ritenendo che esso potrebbe
portare a un blocco della situazione sul terreno, in particolare a un
congelamento delle posizioni conquistate dai guerriglieri. (ANSA-AFP).
DIG
21/08/2001 22:33
MACEDONIA: SKOPJE ACCUSA UCK DI ATTACCHI AD ALTRE CHIESE
(ANSA) - SKOPJE, 22 AGO - Le autorita' macedoni hanno accusato oggi i
guerriglieri albanesi dell'Uck di aver attaccato e danneggiato altre
chiese ortodosse oltre a quella di Sant'Atanasie annessa all'antico
monastero di Lesok, fatta saltare in aria ieri mattina con una carica
di esplosivo. L'agenzia di stampa ufficiale 'Mia' riferisce che ''i
terroristi albanesi hanno incendiato la chiesa di San Nicola nel
villaggio di Slatina e danneggiato le chiese dei villagi di Neprosteno,
Jelosnik, Brezno, Lavce, Otunje e Varvara''. L'agenzia non precisa
quando queste azioni sarebbero state compiute. Secondo la stessa
agenzia i guerriglieri albanesi ''approfittando del cessate il fuoco,
stanno occupando nuovi territori nella regione nordoccidentale di
Tetovo'' costringendo la popolazione macedone alla fuga e incendiando
le loro abitazioni. Un crescente numero di ribelli albanesi viene
inoltre segnalato sulla strada che da Tetovo conduce a Jazince, posto
di confine con il Kosovo. Non c'e' al momento conferma da parte di
fonti indipendenti. (ANSA). BLL
22/08/2001 16:26
MACEDONIA: MONASTERO LESOK, APPELLO SGARBI PER TUTELA ATTIVA
(ANSA) - ROMA, 21 AGO - Un ''appello alla comunita' internazionale''
perche' intervenga in difesa del patrimonio cristiano ortodosso in
Macedonia e' stato lanciato dal sottosegretario ai Beni culturali,
Vittorio Sgarbi, dopo l'attentato che la scorsa notte ha gravemente
danneggiato il monastero di S. Atanasie a Lesok, nel nord-ovest del
paese. Occorre ''una difesa, una resistenza, un presidio militare - ha
affermato Sgarbi - in Kosovo i monumenti sono presidiati dai militari e
quindi difesi da attentati, evidentemente in Macedonia questo non
avviene ancora''. ''Ogni convento nel Kosovo ha intorno una polizia,
finlandese, italiana o tedesca, con carri armati, ed e' imbarazzante,
ma impediscono l'accesso indiscriminato ai terroristi. Anche
dall'Italia capisco che evidentemente se qui hanno potuto mettere le
bombe non doveva esserci nessuna tutela'', ha proseguito. Il
sottosegretario ha detto che durante le sue visite in Kosovo ha potuto
constatare quali danni siano stati causati alle chiese e alle moschee
della provincia serba. ''C'e' un'iniziativa della Normale di Pisa per
la tutela di questi monasteri - ha affermato - noi cercheremo di dare
aiuto, anche con finanziamenti italiani, ai monasteri del Kosovo
attraverso il Ministero e la Normale di Pisa''. Sgarbi intende ora
farsi carico di una qualche iniziativa anche per la
Macedonia. 'Provero' a vedere in che modo possiamo vigilare noi, ma
credo sia una questione che riguarda la Difesa, ne parlero' con il
ministro Martino - ha detto - faccio un appello alla Nato e all'Osce
perche' questo orrore, che riguarda i monumenti, venga impedito
attraverso una tutela attiva''. L'attentato al complesso di Lesok,
secondo le autorita' macedoni, e' stato opera dei guerriglieri albanesi
dell'Uck ma questi hanno negato ogni responsabilita'. (ANSA). COM/IMP
21/08/2001 20:46
Wednesday August 22 11:10 AM ET
Macedonia Government Lauds NATO Mission but People
Wary
By Ana Petruseva
SKOPJE, Macedonia (Reuters) - The Macedonian
government on Wednesday praised NATO's decision to
install a 3,500-strong force to collect ethnic
Albanian guerrilla weapons but most ordinary people
seemed resigned or cynical about the mission.
``We welcome the decision of (NATO�s) North Atlantic
Council for the activation of Operation Essential
Harvest. This is another decisive step forward toward
a peaceful settlement of the crisis in Macedonia,��
Defense Minister Vlado Buckovski said.
``Together with our partners and friends from NATO as
well as with the international community�s support, we
will continue along this difficult track toward
peace,�� he told Reuters.
NATO's 19 member governments earlier in the day
approved the third alliance venture into the Balkans
since 1995. But unlike NATO missions in Bosnia and
Kosovo, alliance diplomats insisted the new force
would not act as peacekeepers or mediators.
Macedonians, still bitter over being pushed by the
West into sheltering 230,000 Albanian refugees from
Kosovo's 1999 war only to be hit by an uprising by
guerrillas who earlier fought in Kosovo, were
generally dismissive of NATO's decision.
``Nothing will change,�� said Goran Antevski, aged 28.
``They will collect only those weapons that are not
buried. Provocations and incidents will happen again
and the army won�t respond any more. So I don�t see
how anything can change.��
FEARS OF REBEL GAINS
``I don�t see how NATO can help or worsen matters,��
Valentina Janevska, 31, said. ``I think they need to
be present on the ground but it won�t make much
difference.��
Vese Petkovski, 42, resorted to Balkan fatalism:
``(NATO) will do whatever they want and we will just
continue with our lives because there just isn�t
anything else we can do.��
The guerrilla National Liberation Army signed an
accord with NATO a week ago to surrender arms and
ammunition to NATO troops in exchange for new laws
improving Albanian minority rights. Disarmament and
legislation are to proceed side by side.
Many Macedonians, however, believe the NLA will hide
weapons or stage violence to bog down NATO in another
policing role that would cement the territorial gains
of the rebels.
``I think this is just a discreet way to split
Macedonia and NATO is going to represent some kind of
buffer zone between Macedonian and Albanian parts of
the country,�� said Dragan, a 48-year-old man who did
not want his last name used.
But Vlado Jovanovski, 35, disagreed. ``I think it�s
very good that NATO is coming into the country because
it will bring an end to this six-month crisis,�� he
said of the revolt by minority ethnic Albanians who
have occupied wide areas of Macedonia�s hilly north.
GUERRILLAS SAY ``NO LOSERS��
A government-guerrilla cease-fire has generally held
for the past week despite a fierce gun and mortar
battle outside the mainly ethnic Albanian city of
Tetovo Sunday night and the demolition of an Orthodox
church in rebel territory Tuesday.
Just 6 km up the mountain overlooking Tetovo is the
village headquarters of the NLA ``general staff��
where guerrillas with mobile phones milling about the
main square received news of the imminent NATO
deployment.
There was the occasional rattle of unexplained machine
gun fire outside Sipkovica and two NATO peacekeepers'
helicopters from nearby Kosovo whirred occasionally
overhead.
NLA commander Ali Ahmeti's spokesman Dren Korabi, who
also fought with Kosovo Albanian guerrillas against
Serbian rule in 1998-99, said NATO's arrival would
boost peace prospects.
``There are no losers in this agreement. If the
Macedonians want peace, they can have it. If not, then
we have a problem. And they will see they have a
problem,�� he told Reuters.
He rejected Macedonian suspicions that the NLA would
give up only worthless old weapons and go back to war
when it suited.
Speaking to Reuters in the home of a friend, he picked
up a rudimentary shotgun fashioned from piping and
said: ``We will hand over this one but we�ll also hand
over our other weapons.��
``It�s going to be hard to take off my uniform and put
on normal clothes,�� Korabi said. ``I�m used to this
way of life now. But we have promised to change and
stop being soldiers and we will.��
---
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INTITOLATA A QUATTRO CADUTI ANTIFASCISTI:
BIDOVEC - MARUSIC - MILOS - VALENCIC
Trieste, 24 aprile 1988
Il territorio del Litorale, occupato dall'esercito
italiano nel 1918 e annesso all'Italia con l'accordo
di Rapallo del 1921 veniva comunemente identificato
nel periodo tra le due ultime guerre con il nome di
Venezia Giulia. Dopo il 1924 anche la citta' di
Fiume apparteneva all'Italia.
Si puo' stimare che dopo la grande guerra sul
territorio identificato comunemente come Venezia
Giulia vivevano almeno 550.000 sloveni e croati, dei
quali oltre 300.000 sloveni, cioe' - secondo i dati
di allora - quasi 1/3 del popolo sloveno.
Con l'annessione della regione all'Italia crollava
anche un sistema economico che aveva assicurato al
territorio un costante sviluppo: i nuovi confini
statali limitarono gli scambi economici, le
relazioni con l'entroterra naturale venivano
interrotte. Ne segui' un'inevitabile crisi
economica e sociale che colpi', come sempre, le
classi piu' deboli: i contadini e gli operai,
costretti ad emigrare. Il periodo che precedette
la prima guerra mondiale fu caratterizzato
dall'emigrazione dalle campagne nelle citta',
quello successivo dall'emigrazione verso l'estero.
Nel periodo tra le due guerre l'emigrazione degli
sloveni e dei croati divenne un fenomeno di massa,
provocato dalla nuova situazione socio-economica,
ma influenzato in maniera determinante dalle
pressioni di carattere nazionale e politico.
Nei primi anni che seguirono la guerra, emigrarono
- o meglio furono costretti ad emigrare - gli
sloveni ed i croati che erano venuti nel Litorale
per ragioni di servizio: impiegati, ferrovieri,
maestri, in genere i dipendenti del pubblico
impiego. Soprattutto gli intellettuali, ritenuti
elementi pericolosi per il sistema, venivano
sistematicamente discriminati dalle autorita'
italiane che facevano di tutto per costringerli
ad andare oltre confine, in Jugoslavia. Molti
preferirono andarsene anche per sfuggire all'incerto
clima politico, le scarse prospettive economiche
non potevano che favorire il fenomeno. Dopo il 1926
con l'accentuarsi delle pressioni del regime
fascista l'emigrazione degli sloveni raggiunse
il culmine. Furono obbligati ad andarsene tutti
gli uomini politici, gli uomini di cultura, gli
insegnanti, gli impiegati, i contadini che
perdevano le proprie terre in quanto non erano
in grado di restituire i prestiti che avevano
contratto a tassi di usura per sfamare le proprie
famiglie. Le ragazze contadine andavano a lavorare
come domestiche, o meglio allora come �serve�,
presso le famiglie benestanti di tutta l'Italia;
molte emigrarono in Egitto. Un'ondata particolare
si ebbe nel 1935, quando molti giovani scapparono
in Jugoslavia per sottrarsi alla guerra di Abissinia.
Nel periodo tra le due guerre se ne andarono in
Jugoslavia almeno 70.000 tra sloveni e croati,
30.000 emigrarono nell'America del Sud (20.000
nella sola Argentina), oltre 5.000 trovarono una
sistemazione nei vari paesi europei. Si tratta di
cifre impressionanti, che parlano da sole ed
indicano chiaramente a quali pressioni veniva
sottoposta la popolazione slava della Venezia
Giulia. Nel frattempo era nato un notevole flusso
immigratorio: dall'interno dell'Italia giungevano
i funzionari statali, i poliziotti, i miliziani
fascisti, i medici, gli insegnanti ecc. Tra la
fine della guerra ed il 1931 immigrarono nella
Venezia Giulia oltre 130.000 italiani.
Le autorita italiane erano giunte nel Litorale
completamente impreparate: non avevano previsto
l'incontro con un'altra comunita' nazionale ed
avevano affrontato il problema con il ricorso
alle misure di polizia, con l'intento di eliminare
tutto cio' che avrebbe potuto in qualsiasi maniera
minacciare i cosiddetti �interessi nazionali�
dello stato italiano.
I1 13 luglio 1920 i fascisti bruciarono la Casa di
cultura Balkan a Trieste, sede di tutte le
principali organizzazioni politiche, economiche e
culturali, il segnale era chiaro: agli sloveni ed
ai croati che vivevano in Italia non si doveva
permettere alcuna forma di sviluppo nazionale.
Due mesi dopo il criminale incendio del Balkan
fu proclamato nella Venezia Giulia uno sciopero
generale; gli operai chiedevano l'abolizione
delle leggi speciali e volevano impedire la
crescita del movimento fascista, che aveva gia'
iniziato ad attaccare ed a distruggere le sedi
operaie. L'insuccesso dello sciopero rafforzo'
il movimento nazionalista, i fascisti si posero
alla testa di tutte le forze conservatrici.
La violenza fascista si estese rapidamente ed
assunse nel 1921 il carattere di una vera e
propria offensiva che duro' fino all'ascesa dei
fascisti al potere nell'ottobre del 1922. Il
movimento fascista - con l'appoggio finanziario
della borghesia - si era rafforzato
numericamente ed era in grado di sviluppare la
violenza e di terrorizzare la popolazione. Le
squadre di azione fascista, formate da 30 - 50
uomini armati iniziarono delle vere e proprie
spedizioni punitive contro gli sloveni ed i
croati, sia nelle citta' che nei paesi.
Il terrore raggiunse il culmine durante la
campagna elettorale nell'aprile e maggio del
1921. Secondo i dati degli storici italiani
sino alla fine del 1921 vennero bruciati o
distrutti nella Venezia Giulia 134 edifici, tra
i quali 100 sedi delle associazioni culturali
slovene, del partito comunista o del movimento
operaio, oltre a 21 case operaie e tre
cooperative. Tutte le autorita' costituite,
comprese il commissariato civile, l'esercito,
la polizia ed i carabinieri appoggiavano i
fascisti, che potevano cosi liberamente
svolgere le proprie azioni criminose.
La violenza e la sopraffazione fascista, ormai
generalizzate in tutta la penisola, raggiunsero
dei toni particolarmente aspri nella Venezia
Giulia, dove due erano gli avversari da colpire:
il movimento operaio e gli sloveni ed i croati.
La crescita del fascismo fu favorita da vari
fattori: soprattutto dalla mentalita'
antidemocratica e nazionalista della classe
borghese, dall'incapacita' operativa delle forze
progressiste e del movimento operaio, della
profonda crisi economica, dall'atteggiamento
permissivo e di fatto fiancheggiatore delle
autorita'.
Da una parte quindi la subordinata posizione
economica degli sloveni e dei croati aveva
costituito la premessa per lo sviluppo del
comunismo, dall'altro il nazionalismo e lo
sciovinismo avevano fatto da molla per il
successo del fascismo. Da qui anche
l'equiparazione del fascismo con l'italianita'
e del comunismo con lo slavismo. Gli scontri
sociali tra il comunismo ed il fascismo
riaccesero vecchi rancori nazionali tra gli
sloveni e gli italiani. In questa situazione
conflittuale il fascismo si identificava con
la difesa degli interessi nazionali italiani;
la lotta contro il movimento operaio era in
realta' una lotta contro lo sviluppo della
comunita' slava. Il fascismo si erse cosi' a
difensore ufficiale dell'italianita' di queste
terre che l'Italia voleva da parte sua assimilare
ed italianizzare. Questa �missione� venne di
fatto mitizzata e rappresento' nello stesso tempo
la linea politica statale.
Il 28 ottobre del 1922 il fascismo assunse con la
marcia su Roma anche formalmente il potere. Nella
Venezia Giulia questa svolta non porto' a dei
mutamenti radicali in quanto il fascismo aveva di
fatto gia' in precedenza assunto il controllo
della situazione. Il governo fascista soppresse
nel 1926 tutte le istituzioni democratiche e
diede vita ad un regime totalitario. I rapporti
del fascismo con la comunita' slovena e croata
rappresentano un capitolo a parte. La
snazionalizzazione e la assimilazione divennero
due punti fermi della politica del regime e si
fondavano sulla concezione nazionalimperialistica
che gli slavi erano una razza inferiore.
Oltre alle leggi speciali, che colpivano in modo
indiscriminato tutte le forze democratiche, si
dimostrarono come fatali per l'esistenza delle
comunita' nazionali slovena e croata le decisioni
ad hoc assunte dai segretari del partito fascista
delle province di confine nella conferenza del
12 giugno 1927, ratificate poi dai prefetti
competenti e dallo stesso Mussolini. I gerarchi
fascisti constatarono �che gli insegnanti ed i
preti sloveni, le loro associazioni culturali e
tutto il resto rappresentavano qualcosa di
anacronistico ed anomalo che non poteva essere
tollerato in una regione annessa�. Logica
conseguenza di questa tesi fu la richiesta di
una rapida italianizzazione di queste province;
la soppressione definitiva di quello che era
rimasto delle scuole, dei circoli della stampa
slovena ecc. La lingua slovena doveva essere
considerata come un semplice dialetto destinato
a scomparire ed a trasformarsi, sotto l'influsso
delle citta', in �dialetto italiano�.
Il programma della totale fascistizzazione ed
assimilazione degli sloveni stilato nel 1927
non fu altro che la conseguenza di un'azione
condotta in tal senso gia' da otto anni e
rappresento' il colpo di grazia per quel poco
che era rimasto delle organizzazioni slave.
La dittatura fascista, nata e fondata sulla
violenza, provoco' la reazione e l'opposizione
di tutte le forze democratiche italiane e le
piu' svariate forme di lotta. Nella comunita'
slovena l'opposizione al fascismo assunse un
carattere plebiscitario e si estese a tutti
gli strati sociali, sotto la guida prevalente
di due organizzazioni clandestine: quella
comunista e quella nazionalrivoluzionaria.
Il movimento comunista della Venezia Giulia -
che operava ormai da anni nella clandestinita'
ed includeva gli operai italiani, sloveni e
croati - fu colpito duramente dalle leggi
speciali fasciste e subi' delle perdite
maggiori rispetto a quelle sofferte dal
movimento patriottico. I suoi dirigenti piu'
in vista furono costretti ad emigrare o
vennero confinati, il loro posto fu preso
dalle giovani leve. Il numero degli attivisti
e degli iscritti comunisti fluttuava
continuamente sia per gli arresti che per
l'emigrazione, ed e' quindi difficile
stabilire l'entita' esatta. Il partito, pur
operando nella clandestinita', organizzo' un
movimento sindacale, dei comitati antifascisti,
curo' il cosiddetto �soccorso rosso� a favore
delle vittime del regime. Il giornale �Delo�
(II Lavoro), portavoce degli ideali comunisti
tra gli sloveni, veniva diffuso clandestinamente
sin dal 1926, nel 1927 e 1928 nella periferia di
Gorizia, nel 1929 a Lubiana, tra il 1933 ed il
1935 a Rence ed a Volcja Draga, tra il 1937 ed
il 1940 anche a Sgonico e Divaccia. Gli
attivisti comunisti tendevano soprattutto a
diffondere e consolidare gli ideali rivoluzionari
ed antifascisti, mobilitando le masse.
II Partito comunista italiano non aveva dedicato
negli anni immediatamente susseguenti alla sua
costituzione (1921-1926) una particolare
attenzione al problema delle minoranze nazionali:
riconosceva il principio generale dell'auto-
determinazione a favore di tutti i popoli ed
identificava la soluzione del problema nazionale
con la vittoria della rivoluzione proletaria.
Dopo ii 1924 i comunisti sloveni constatarono
che avrebbero potuto mantenere ed anche aumentare
la loro influenza sulle masse facendo proprie le
richieste delle minoranze nazionali, collegando
la lotta per lo sviluppo sociale con quella per
i diritti nazionali. Un gruppo di giovani
comunisti indico' la soluzione del problema
nazionale secondo i principi leninisti: bisognava
riconoscere agli sloveni ed ai croati il diritto
all'autodeterminazione, con il conseguente
distacco dall'Italia e la costituzione di
repubbliche operaie e contadine, riunite in una
federazione di repubbliche balcaniche. Il
principio fu accolto nel 1926 dal terzo congresso
del Partito comunista italiano, che inizio'
successivamente ad adoperarsi attivamente per la
costituzione di un fronte unitario tra tutti gli
strati sociali della popolazione slovena. Le
associazioni culturali clandestine erano le
migliori portatrici, il veicolo ideale, per la
diffusione di questo spirito unitario, che aveva
come punto fermo la lotta al fascismo.
Sino al 1930 era rilevante anche l'attivita'
clandestina dell'organizzazione nazional-
rivoluzionaria �BORBA �, formata dai giovani
patrioti progressisti che sostenevano la
necessita' di una lotta armata contro il
fascismo, alla violenza ed alla sopraffazione
del regime bisognava rispondere con la forza.
Il movimento BORBA crebbe nel 1927, dopo lo
scioglimento di tutti i circoli culturali sloveni.
II suo programma d'azione prevedeva delle azioni
violente contro le organizzazioni fasciste, in
modo da richiamare l'attenzione dell'opinione
pubblica mondiale sul problema delle minoranze
nazionali che vivevano in Italia e di intimorire
cosi' i portatori ed i fautori della politica
snazionalizzatrice. Bisognava inoltre convincere
le masse che una resistenza attiva ed armata era
possibile, divulgare l'odio contro il fascismo;
impedire l'attivita' dei rinnegati e dei traditori,
collegare la lotta per l'esistenza nazionale con
quella per la giustizia sociale. Queste azioni
fecero guadagnare al movimento l'attenzione e la
simpatia delle masse. Nella maggioranza dei casi
il regime non riusci' ad individuare gli
esecutori materiali degli episodi di lotta, pur
arrestando un gran numero di persone. Nel 1929
la polizia arresto' in Istria un gruppo di
nazionalrivoluzionari, il processo si svolse a
Pola tra il 14 ed il 17 ottobre davanti al
Tribunale speciale fascista e si concluse con la
fucilazione di Vladimir Gortan.
Nella parte slovena della Venezia Giulia
l'organizzazione venne scoperta nella primavera
del 1930 in seguito all'attentato dinamitardo
contro la sede della redazione del quotidiano
�Il Popolo di Trieste�. Dall'1 al 5 settembre si
svolse davanti al Tribunale speciale fascista il
noto primo processo triestino: Ferdo Bidovec,
Franjo Marusic, Zvonimir Milos e Alojz Valencic,
quattro giovani eroi, vennero condannati a morte
e fucilati a Basovizza. Le condanne a morte
sortirono pero' l'effetto contrario a quello
atteso dalle autorita' fasciste.
Dopo il 1930 il Partito comunista italiano
inizio' a conformare la propria attivita' alle
posizioni dei comunisti jugoslavi. I due partiti
si consultarono nel gennaio del 1930 e si
accordarono per un'azione unitaria; tra l'altro
decisero che il giornale �Delo� doveva diventare
la voce ufficiale dei due partiti per gli
sloveni che vivevano in Italia ed in Jugoslavia.
II �Delo� usci' tra il 1930-35 come organo
ufficiale comune dei due partiti e dedico' una
particolare attenzione alla problematica slovena.
Nel 1934 il Partito comunista italiano, quello
austriaco e quello jugoslavo votarono un
documento comune in merito alla soluzione del
problema nazionale sloveno, si dichiararono
contrari alla divisione coatta del popolo sloveno
e si impegnarono a sostenere il suo diritto alla
autodeterminazione. Si era verificato cosi' un
importante passo qualitativo nei confronti della
politica nazionale, per i comunisti sloveni dei
tre paesi la dichiarazione segno' l'inizio di
una nuova era che porto' successivamente alla
lotta di liberazione nazionale, con il fine di
costituire una Slovenia unita ed indipendente.
La dichiarazione dei tre partiti comunisti venne
assunta in circostanze molto delicate ed ha un
rilevante valore storico, significo' anche la
volonta' della ricerca di un collegamento tra
tutte le forze democratiche, al fine di arrivare
alla costituzione di un fronte unitario
antifascista.
Come logica conseguenza della ricerca di una
azione unitaria fu concordato nel 1936 un patto
di collaborazione tra i comunisti ed i nazional-
rivoluzionari TIGR. Le due parti si impegnarono
a dar vita ad un fronte popolare sloveno e croato
e di collegarlo con quello italiano. Il Partito
comunista italiano siglo' cosi' per la prima
volta un accordo con un movimento non operaio.
L'unita' operativa raggiunta tra il Partito
comunista italiano ed il movimento nazional-
rivoluzionario non era altro che il riflesso
dell'atteggiamento assunto in tal senso dalle
masse. L'antifascismo era tra gli sloveni ormai
generalizzato; dopo lo scioglimento coatto
delle associazioni economiche, sportive,
assistenziali, creditizie, in genere di tutte
le attivita' delle minoranze nazionali,
l'attivita' delle stesse continuo' nella
clandestinita', si svolse nelle case, durante
le escursioni e le gite, si trasferi' nelle
chiese ecc. Ogni casa slovena si trasformo' in
scuola, in ogni chiesa venivano diffuse la
lingua slovena ed i canti popolari. Era
necessario lottare uniti contro il nemico
comune per mantenere l'identita' nazionale e
per sopravvivere come popolo; le tradizionali
differenze ideologiche tra i cattolici ed i
liberali si affievolirono, fino a scomparire
del tutto, soprattutto nei paesi.
Nacque cosi' un unitario fronte nazionale
antifascista, come movimento di massa molto
attivo, il che traspare chiaramente anche dai
verbali della polizia. Unitamente a quelle
rosse apparvero anche le prime bandiere slovene,
si moltiplicarono le scritte contro il regime,
si distribuivano volantini, giornali;
l'atteggiamento antifascista della popolazione
diventava sempre piu' evidente. L'elevatissimo
numero delle denunce spiccate dalla polizia
rappresenta una prova evidente della crescente
attivita' antifascista, che si accentuo' con
l'approssimarsi della guerra. Il sistema
adotto' contro gli sloveni dei metodi di
repressione molto duri: dall'ammonimento, al
domicilio coatto, al confino, alle condanne del
Tribunale speciale fascista per la difesa dello
Stato. Tra il 1927 ed il 1943 si svolsero 131
procedimenti processuali contro 544 imputati
sloveni e croati. Il rapporto tra le condanne
emesse contro gli antifascisti italiani e
quelli sloveni o croati era di uno contro dieci;
delle 42 condanne a morte, ben 33 riguardavano
imputati sloveni e croati. Dieci esecuzioni
capitali vennero richieste dal Tribunale
speciale nel periodo che precedette l'inizio
della lotta di liberazione nazionale.
Con l'avvicinarsi del nuovo conflitto mondiale
l'attivita' antifascista si intensifico' in
tutti i settori. In tali circostanze si offriva
ai comunisti sloveni un'occasione favorevole per
l'organizzazione di un fronte antifascista. In
particolare Pinko Tomazic percepi' le condizioni,
allora particolarmente favorevoli, e stese dopo
il 1937 un nuovo programma che rivendicava la
costituzione di una repubblica autonoma slovena
di tipo sovietico, che doveva nascere
dall'unione di tutte le forze progressiste
slovene in un unico fronte antifascista,
collegato con il movimento progressista italiano.
Pinko Tomazic ed i suoi compagni riuscirono a far
conoscere questo loro programma con l'attivita'
clandestina dei circoli culturali, in modo
particolare tra la gioventu' triestina e
goriziana. Negli anni 1939-40 si puo' gia' parlare
dell'esistenza nella Venezia Giulia di un fronte
antifascista sloveno, secondo le previsioni
programmatiche del Tomazic. Si era ormai
consolidata la collaborazione e l'unita' operativa
tra la gioventu' comunista e quella nazional-
liberale e cristianosociale; veniva anche
mantenuto il collegamento operativo tra i
nazionalrivoluzionari ed i comunisti.
Nell'estate del 1940 il servizio segreto fascista
(0VRA) riusci' a colpire in modo vitale il
movimento unitario nella sua fase di sviluppo.
Riusci' a scoprire nove depositi clandestini di
armi e munizioni, una stazione ricetrasmittente,
tre tipografle ed una montagna di pubblicazioni
illegali. Vennero arrestate 300 persone; 240
vennero condannate al confino, al domicilio
coatto o vennero ammonite in modo formale. I
sessanta elementi piu' rappresentativi,
considerati come i maggiori responsabili,
vennero consegnati dalla polizia al Tribunale
speciale fascista, che li divise in tre gruppi:
26 comunisti, 12 nazionalrivoluzionari, 22
intellettuali. Tutti insieme vennero sottoposti
al cosiddetto secondo processo triestino, nel
dicembre del 1941. Tutto il movimento aveva un
fine comune anche se traeva la propria origine
in matrici ideologiche diverse, il che emerse
chiaramente dagli atti processuali. Il fine
comune era rappresentato dalla liberazione di
tutte le comunita' nazionali iugoslave dalla
dittatura fascista. Il processo si svolse tra
il 2 ed il 14 dicembre del 1941, quando nel
Litorale gia' divampava la lotta di liberazione
nazionale. Le condanne del Tribunale speciale
furono molto dure; il regime fascista voleva
cosi' intimorire la popolazione che si stava
ormai ribellando apertamente. Il 15 dicembre
del 1941 vennero fucilati nel poligono di
Opicina il comunista Pinko Tomazic ed i
nazionalrivoluzionari Viktor Bobek, Simon Kos,
Ivan lvancic e Ivan Vadnal. Essi divennero con
Vladimir Gortan ed i quattro eroi fucilati a
Basovizza il simbolo della lotta antifascista
per la liberazione degli sloveni del Litorale.
La costituzione del fronte di liberazione
nazionale sloveno nell'aprile del 1941 segno'
l'inizio di una generale resistenza armata che
inizio' nel Litorale contestualmente a quella
delle altre regioni slovene; il fine era comune:
scacciare l'occupatore, riunire tutti gli
sloveni e trasformare la struttura sociale. Il
fronte di liberazione nazionale non avrebbe
potuto comunque svilupparsi tanto rapidamente
nel Litorale se nel periodo precedente non vi
fosse stato un forte movimento antifascista. La
lotta armata non fu che la logica conseguenza
della resistenza precedente e si concretizzo'
nel 1945 con la sconfttta del fascismo e la
liberazione nazionale.
Ricordando questi fatti storici dobbiamo anche
cercare di cogliere il collegamento con il
presente; la conoscenza del passato puo' e
deve aiutarci a comprendere la situazione attuale.
II consolidamento della nostra identita'
nazionale deve accompagnarsi ad una sempre
maggiore collaborazione ed alla ricerca
dell'appoggio delle forze democratiche e
progressiste italiane. Gli ideali della
resistenza e della lotta di liberazione
nazionale vanno tramandati ai giovani, che
devono farli propri. Solo cosi' saremo certi
che i sacrifici sostenuti dalle precedenti
generazioni, dai compagni caduti, avranno un
seguito ideale. Cerchiamo di prendere ad esempio
coloro che hanno vissuto, lottato e sacrificato
la propria vita per la liberta', per una societa'
piu' equa, per un domani migliore, per la vittoria
contro l'oscurantismo fascista.
---
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Nell'ambito di uno scambio epistolare molto polemico con
esponenti di un piccolo partito sloveno attuale, guidato da
Zmago Jelincic, su "Il Manifesto" del 28 ottobre 2000 Giacomo
Scotti cosi' descriveva il TIGR:
<< ...un'organizzazione terroristica e stragista, anti-italiana,
i cui adepti operarono fra le due guerre mondiali con l'obiettivo
dichiarato di "restituire" alla Slovenia e alla Croazia Trieste,
Gorizia e Fiume e cio' mediante attentati e l'eliminazione fisica
di persone scelte a casaccio e senza distinzione di nazionalita',
da un punto all'altro della Venezia Giulia. La TIGR era collegata
ai gruppi piu' neri, cetnici, di Belgrado e finanziata dai servizi
segreti del regime monarchico jugoslavo. Fu "antifascista" solo
nel senso che l'Italia, contro i cui cittadini venivano compiute
le stragi, era dominata purtroppo dal regime fascista. Alla base
c'era l'odio razzista contro gli italiani. Un male di cui
Jelincic e i suoi dovrebbero guarire, ora che Mussolini ed i suoi
da tempo sono sotto terra e l'Italia e' da oltre mezzo secolo un
paese democratico. (E questo giornale "davvero" antifascista). >>
La lettura di queste righe a suo tempo ci ha lasciati a dir
poco stupefatti. Ci siamo allora messi alla ricerca di documentazione
sul tema, ed abbiamo trovato un opuscolo, dedicato ai tanti martiri
antifascisti sloveni - compresi gli adepti del TIGR - il cui testo
abbiamo adesso potuto riprodurre integralmente, sia nella versione
in lingua italiana:
> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1248
che nella versione in lingua slovena:
> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1246
L'opuscolo, edito in tempi non sospetti (1988) dalla sezione ANPI /
Coro Partigiano Triestino intitolata ad alcuni di quei martiri,
spiega chiaramente che anche l'ala nazionalrivoluzionaria del
movimento sloveno di liberazione, e quindi anche il TIGR, strinse
un patto di alleanza in chiave antifascista non solo con i comunisti
jugoslavi, ma persino con il Partito Comunista Italiano.
Senza ulteriori commenti su quegli episodi, invitiamo tutti a
leggere il testo ed a consultare le immagini che si possono
scaricare dalla rete:
- il frontespizio dell'opuscolo, la fotografia del luogo della
fucilazione dei martiri di Bazovizza e le immagini delle loro
commemorazioni svoltesi l'8 settembre 1945 ed il 7 settembre 1980:
> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/984
- i ritratti dei militanti antifascisti fucilati a Basovizza:
Ferdo Bidovec, Franjo Marusic, Zvonimir Milos ed Alojz Valencic:
> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/985
(...Poi, un bel giorno, qualcuno ci spieghera' il motivo per cui
la "sinistra" italiana, in questi anni di guerra fratricida ed
imperialista nei Balcani, anziche' stringere contatti e rapporti
con le sinistre e con gli antifascisti delle varie repubbliche ex-
federate abbia preferito ignorarli, denigrarli, o addirittura
infangare la memoria delle alleanze internazionaliste e delle lotte
eroiche del passato...)
Italo Slavo,
Trieste-Roma 2001
---
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DIAMOCI SOTTO A FAR SALTARE IN ARIA QUELLI DELLA MACEDONIA!"
Oggi 21 agosto "ribelli" albanesi-macedoni (quelli sostenuti dalla
NATO) hanno preso di mira un monastero del tredicesimo secolo.
Blast Rocks Macedonian Monastery
By Aleksandar Vasovic
Associated Press Writer
Tuesday, Aug. 21, 2001; 8:09 a.m. EDT
SKOPJE, Macedonia -- Ethnic Albanian rebels attacked a
13th century Orthodox Christian monastery Tuesday,
damaging the building and placing a severe strain on a
fragile cease-fire that is a key requirement for NATO
deployment in Macedonia.
The insurgents set off a 3 a.m. blast that caused
"major damage" to the Sveti Atanasi monastery in the
town of Lesok, the government said. Ethnic Albanian
rebels began launching assaults last month on the
village, which is just outside Tetovo, Macedonia's
second-largest city.
"This is barbarism," said Antonio Milososki, the
Macedonian government spokesman. The ethnic Albanians
are Muslim, while the country's majority are Orthodox
Christian Slavs.
The blast and other sporadic cease-fire violations
come at a time when NATO troops are trying to
determine if it is peaceful enough here to fan out and
collect weapons from ethnic Albanian rebels.
The rebels launched their insurgency six months ago,
claiming they were fighting for more rights for ethnic
Albanians, who make up as much as one-third of the
country's population of 2 million.
The Macedonian government says the insurgents want to
capture territory and create their own state.
Dozens of people were killed and thousands were
displaced before ethnic Albanian and Macedonian
leaders accepted a peace deal. Under the agreement,
which grants ethnic Albanians more rights, NATO troops
will move in to disarm the rebels.
NATO has said it will deploy a 3,500-member,
British-led force to Macedonia when it is confident
that the cease-fire is viable. No one is really
offering a definition of just how much fighting NATO
is willing to endure and still claim a cease-fire is
holding.
To help determine if the time is right, NATO's supreme
commander in Europe, U.S. Gen. Joseph Ralston, met
Monday with the country's top officials and senior
military leaders. He will report to the alliance's
ruling council Tuesday and advise them whether to give
the go-ahead for full deployment.
NATO officials said it was unlikely the North Atlantic
Council, made up of ambassadors from each of
alliance's 19 member nations, will decide on the
deployment Tuesday. More likely, they said, the
council will discuss the findings and decide later in
the week.
The council's next regularly scheduled meeting is
Wednesday.
Ralston's visit came as an advance team moved into the
countryside to make contact with ethnic Albanian
rebels.
The British liaison team from the 16 Air Assault
Brigade traveled to Nikustak, a rebel-held village
along the front line about 10 miles northeast of the
capital, Skopje. The team was meeting with local rebel
commanders to discuss details of how the British-led
weapons collection mission, dubbed Operation Essential
Harvest, would work.
Even if NATO decides to move in, they'll find it hard
to persuade those under attack that lasting peace is
achievable.
---
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http://emperors-clothes.com/analysis/taylor.htm
www.tenc.net * [Emperor's Clothes]
======================================TERRORIST THUG BOASTS:
"THANKS TO UNCLE SAM, MACEDONIANS ARE NO
MATCH FOR US!"
Eyewitness report by Scott Taylor, retired
Canadian military man, author of
'Inat' and 'Tested Mettle' (
http://emperors-clothes.com/reviews/INAT.htm
) and
editor of Esprit de Corps Magazine
[21 August 2001]
======================================
TETOVO, Macedonia -
Last Monday, international envoys and
government officials in Macedonia
hammered out a last-minute peace accord.
However, this 11th-hour attempt to
avoid yet another Balkans civil war may
yet prove to be a case of too little,
too late, as the fighting here continues
to escalate.
Under the terms of the agreement, once a
solid ceasefire can be established,
a NATO force of some 3,000 peacekeepers,
including a whopping three Canadian
officers, will be deployed in Macedonia.
The major task of these troops will
be to disarm the ethnic Albanian
guerrillas who have established control of
nearly 30 per cent of Macedonia's
territory.
For the battered Macedonian security
forces that have fought the guerrillas
over the past six months, the arrival of
the NATO force will be a bitter pill
to swallow.
"If NATO hadn't been arming and equipping
the (guerrillas) in Kosovo there
would be no need for them to disarm these
guerrillas now in Macedonia," said
Goran Stevanovic, a sergeant with the
elite Macedonian police Wolves.
At the diplomatic level, the provision of
military aid to the guerrillas is
vehemently denounced, but on the ground in
Macedonia, there is no denying the
massive amount of materiel and expertise
supplied by NATO to the guerrillas.
Their commanders welcomed me with a shout
of "God bless America, and Canada,
too, for all that they have provided to
us!"
In the well-built guerrilla bunkers
overlooking the besieged city of Tetovo,
there is ample evidence of U.S. military
hardware. Everything from sidearms
and sniper rifles to menacing-looking
grenade launchers is emblazoned Made in
the USA.
An abundant stock of sophisticated
night-vision goggles provide the
guerrillas with a tremendous tactical
advantage over the Macedonian security
forces. By nightfall, the Macedonians are
compelled to hole up in their
bunkers while the guerrillas roam with
impunity throughout the Tetovo
streets.
Snake Arifaj, a 22-year-old guerrilla
platoon commander, proudly displayed
his unit's impressive arsenal and said,
"Thanks to Uncle Sam, the Macedonians
are no match for us."
Two weeks ago, there was a flurry of
diplomatic protests filed by the
Macedonian government when two U.S.
helicopters were observed delivering
supplies to an Albanian village in the
mountains above Tetovo. Officially,
the U.S. claimed their aircraft were only
transporting humanitarian aid.
However, the local guerrilla commander,
Commander "Mouse," a 47-year-old UCK
officer in the Tetovo sector contradicted
this statement and confirmed that
two US Chinook Heavy Transport Helicopters
had in fact delivered "heavy
mortars and ammunition" to the guerrillas.
As proof of Mouse's claim, on
Thursday the guerrillas began bombarding
Tetovo with 120-mm and 82-mm
mortars. Judging from the duration and
intensity of the bombardment that I
witnessed, ammunition supply is not a
problem for the guerrillas.
"We have all the equipment and men we need
to capture Skopje in 24 hours,"
said Commander "Jimmy", a 22-year-old
Albanian guerrilla who is already a
veteran of Chechnya, Kosovo, and south
Serbia. "Militarily, the Macedonians
are no match for our soldiers."
The U.S. also frequently used their
tactical helicopters to gather
intelligence inside Macedonia, without
authorization from the Macedonian
government. The sight of the U.S. choppers
prompted the ethnic Albanian
villagers to cheer wildly, waving their
arms to encourage "their" air force.
Further illustration of this Albanian
sentiment toward U.S. aircraft can be
found at the guerrilla brigade
headquarters, just outside Tetovo. Here
the
security platoon wear T-shirts emblazoned
with a Nike logo and the words:
"NATO Air - Just Do It!"
On the other side of this conflict, the
woefully equipped Macedonian forces
have been hard pressed to field a credible
fighting force. In order to obtain
a peaceful secession from Yugoslavia in
1992, the fledgling Republic of
Macedonia agreed to turn over all the
federal military assets to Serbia /
Montenegro. As a result of their bankrupt
treasury and slumping economy,
Macedonia did not put a priority on
re-equipping an army. However, once the
Albanian guerrillas began their insurgency
in March of this year, the
Macedonians had no choice but to rapidly
enhance their tiny security forces.
Over the past six months, there has been a
tremendous infusion of modern
weaponry (and mercenary "advisers") into
Macedonia, with the bulk of support
coming from Ukraine.
At the height of last week's fighting,
both George Robertson and Javier
Solana - respectively the NATO and
European Union secretary generals - made
personal entreaties to Ukraine to cut off
this vital military aid.
Given such interference, it's little
wonder that the Macedonian majority have
staged violent anti-NATO riots, attacking
embassies and McDonald's
restaurants over the past several weeks.
In the past, Canadian soldiers serving as
peacekeepers in the Balkans have
won a hard-earned reputation from all
factions for their fairness and
impartiality. However, after the 1999
bombing campaign against Yugoslavia,
and now through the provision of illicit
aid to the guerrillas, Canada's
foreign ministry is steadily eroding that
trust. When, or if, those three
Canadians deploy into wartorn Macedonia,
it will no doubt dishearten them to
know that the death and destruction that
they encounter was aided and abetted
by their own government.
(c) Scott Taylor Esprit de Corps Magazine
E-mail: espritdecorp@...
***
FURTHER READING ON MACEDONIA -
'Insulting Macedonia'
Letter to International Herald Tribune
'U.S. Embassy Leaving" & "U.S. Tells
Ukraine: Stop Arming Macedonia!"
These three articles can be read at
http://emperors-clothes.com/docs/insult.htm
WHAT NATO OCCUPATION WOULD MEAN FOR
MACEDONIANS
by Jared Israel
It is being touted as the solution, but
how would NATO occupation affect
ordinary Macedonian citizens? Three women,
keen observers, in despair for
their relatives, talk about the NATO
takeover of the Kosovo town of Orahovac.
Can be read at
http://www.emperors-clothes.com/misc/savethe-a.htm
'Western Media Demonizes Macedonia'
by Rick Rozoff & Jared Israel
George Bush visited Kosovo and made it
perfectly clear: the U.S. means to
recreate the Kosovo nightmare throughout
the Balkans. And then? On to Russia.
Can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/rozoff/shrill.htm
"SORRY, VIRGINIA, BUT THEY ARE NATO
TROOPS, NOT 'REBELS'"
by Jared Israel
Research by Rick Rozoff, George Thompson
and Max Sinclair.
Using pro-NATO media sources, Israel shows
that the U.S. and its NATO junior
partners England and Germany are behind
the KLA attack on Macedonia. Israel
argues that the immense and immensely
dangerous goal of U.S. strategy is: the
conquest and full colonization of the
former Soviet Union. Can be read at
http://emperors-clothes.com/mac/times.htm
"'WE DENIED TRAINING THE KLA? OH. WE
LIED.'"
'Sunday Times' articles reveals another
Anglo-U.S./KLA link. At the end of
this post is a useful (partial) list of
relevant articles. Can be read at
http://emperors-clothes.com/docs/train.htm
"MACEDONIAN GOVERNMENT ACCUSES U.S.,
GERMANY"
Macedonian leaders say the U.S. and
Germany are in cahoots sponsoring the KLA
attack on Macedonia. Can be read at
http://emperors-clothes.com/docs/maced2.htm
"GERMAN PAPER CHARGES: U.S. HAS 'ADVISORS'
AMONG ALBANIAN TERRORISTS"
Everybody needs advice sometimes, right?
Why do I think: "Vietnam"?
"WHAT'S BEHIND KLA STRATEGY IN THE
BALKANS?"
Jared Israel interviews Kosovo historian
Chedomir Pralinchevich
Is there something about ethnic Albanian
culture and history that enables the
terrorist Kosovo Liberation Army to
establish a base among ordinary people?
Offers an explanation of many mysteries
such as why the KLA targets Albanians
in Macedonia. Can be read at
http://emperors-clothes.com/interviews/strategy.htm
"WHY 'HUMAN RIGHTS WATCH' IS GUNNING FOR
MACEDONIA" by Jared Israel.
Human Rights Watch, seen by many as an
idealistic activist group, is focusing
on Macedonia. Mr. Israel argues that HRW
is used by the U.S. Establishment to
soften up countries which Washington
wishes to destabilize. The article
includes Paul Treanor's mind-boggling look
at who actually runs HRW. Hint:
it's not a bunch of college kids and a
civil rights attorney. Can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/treanor/hrw.htm
"'Laughs' and 'Chuckles' in State Dept.
Transcripts'"
by Professor Michel Chossudovsky
Where did the KLA get its weapons from?
"THE MILITARY OCCUPATION OF MACEDONIA"
By Michel Chossudovsky
NATO leaders say they are working for
peace. Prof. Chossudovsky charges the
goal is conquest.
"WASHINGTON BEHIND TERRORIST ASSAULTS IN
MACEDONIA"
by Professor Michel Chossudovsky
Prof. Chossudovsky discusses implications
of the recent truly amazing mission
by U.S. troops to save endangered
terrorists (and U.S. advisers!) in
Macedonia and other aspects of NATO's
proxy war.
"NATO Macedonian Aptitude Test"
Excerpt from a top secret NATO
Commandants' MAT Quiz
by Lester Schonbrun
Can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/schonbrun/mat.htm
"Defend Former Yugoslav Republic of
Macedonia from Lies and Terror!"
Statement by the Committee to Defend
Milosevic, issued by a Working Committee
meeting in Belgrade.
Can be read at
http://www.emperors-clothes.com/petition/defend.htm
"MESSAGE FROM MACEDONIA"
A reader from Skopje, the Macedonian
capital, blasts media disinformation and
reveals the r�sum�s of terrorist leaders.
Can be read at
http://emperors-clothes.com/letters/amessage.htm
"AMERICA AT WAR IN MACEDONIA"
by Michel Chossudovsky
Prof. Chossudovsky presents evidence that
the Macedonian crisis results from
a schism between the U.S. and Germany,
with the former sponsoring the KLA and
destabilizing Macedonia to guarantee
control of the Corridor 8 trade route
and a critical oil pipeline. Can be read
at
http://emperors-clothes.com/articles/choss/pipe.htm
"TERRORIST 'REBELS' THREATEN CATASTROPHIC
CRIMES IN MACEDONIA" This article
is related to the call for help from the
Macedonian town of KUMANOVO (posted
below). Humanitarian terrorists are
threatening to unleash eco-disaster. Can
be read at
http://emperors-clothes.com/mac/poisin.htm
"100,000 MACEDONIANS HELD HOSTAGE BY
ALBANIAN TERRORISTS"
An eyewitness account from KUMANOVO, the
northern Macedonian city whose water
supply has been seized by KLA terrorists.
Can be read at
http://emperors-clothes.com/mac/mac.htm
"ALBANIANS IN MACEDONIA: FACTS AND
FICTIONS"
by Diana Johnstone
Ms. Johnstone demolishes the "we're
rebelling because we're oppressed"
claims. Israel disputes the notion that an
Albanian terrorist tail wags the
U.S. dog. Can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/Johnstone/fic.htm
"TERRORISM AGAINST SERBIA IS NO CRIME"
by Jared Israel and Rick Rozoff
NATO released about 450 'captured' KLA
terrorists in time for them to attack
Macedonia. Are they nuts? Or is there
strategy in their madness? Can be read
at
http://emperors-clothes.com/articles/jared/nocrime.htm
"GENTLE REIGN: WASHINGTON MAKES IT
PERFECTLY CLEAR IN KOSOVO & MACEDONIA"
by Jared Israel
A close look at the relationship between
the U.S. military in Kosovo and the
KLA finds it to be a) unusual and b)
entirely illegal: Washington is
sponsoring terrorism. Can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/jared/gentle.htm
"KLA ATTACKS EVERYONE. MEDIA ATTACKS...
MILOSHEVICH?"
by Jared Israel
Media coverage of KLA terrorism against
Macedonia and southern Serbia
uncovers the real culprit, now and
forever: Slobodan Miloshevich! Our editor
walks down memory lane, examining a decade
of slander against the Yugoslav
leader and finds the whole
thing...ludicrous. Can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/jared/expan.htm
"'WE DENIED TRAINING THE KLA? OH. WE
LIED.'"
'Sunday Times' articles reveals another
Anglo-U.S./KLA link. At the end of
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relevant articles. Can be read at
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We'll send you ~one article/day
(You can join at
http://emperors-clothes.com/feedback.htm )
======================================Have You Seen the Movie, 'Judgment'?
It Shatters Media Lies about Bosnia.
======================================
If you haven't seen 'JUDGMENT' and you
care about what happened in Bosnia -
get a copy!
Do you remember the pictures of the
emaciated Muslim man supposedly held in a
barbed-wire concentration camp? The
pictures were phony, and this movie
proves it, using original footage to show
step by step how these photos were
fabricated.
Several thousand copies of 'Judgment' have
been sold and nobody has disputed
our claim, that it proves that these
pictures, which laid the basis for the
demonization of the Serbian people, are
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Credo che il tema del convegno su Globalizzazione e antiglobalizzazione
che si terr� presso il circolo "Casa Gialla" gioved� 23 agosto alle ore
21, possa interessare anche chi si occupa degli effetti pi� cruenti
della globalizzazione in area balcanica.
spero di vedervi numerosi
saluti
Marino Andolina
Subject: Casagialla News
Date: Mon, 20 Aug 2001 15:39:56 -0500
From: casagiallanews@...
Il giorno mercoled� 22 agosto si terr� un concerto presso la terrazza di
Casa Gialla del gruppo
BALKAN BABAU CIRCUS ORCHESTRA.
Unica data a Trieste per l?estate.
Invece per il giorno giovedi 23 agosto la conferenza dal titolo "Genoa
Social Forum:
Globalizzazione e antiglobalizzazione?, relatore ALESSANDRO METZ.
Vi aspettiamo numerosi!
---
VOCE OPERAIA
organo settimanale telematico di D-17
http://www.voceoperaia.it
IN QUESTO NUMERO
- A Ponente
Note su una manifestazione oscurata.
- E ora?
Genova � stata una prova generale per tutto l�anticapitalismo.
Tiriamo le prime somme
- Macedonia
Nuova puntata della sceneggiata
- Il marxismo e il "popolo di Seattle"
Se fosse il pensiero di Toni Negri ad avere il sopravvento
(parte prima)
---
DELENDA CARTHAGO - ARCHIVIO EURASIA
> http://utenti.tripod.it/Delenda_Carthago/index.html
ULTIMI ARTICOLI INSERITI NEL SITO:
" THE SERBIAN RESISTANCE CANNOT BE BROUGHT TO TRIAL ! " (eng.)
Carthago Delenda Est, July 3, 2001
" LA RESISTENZA SERBA NON SI PROCESSA ! " (it.)
Carthago Delenda Est, July 3, 2001
" SERBSKOE SOPROTIVLENIE NEPODSUDNO !" (ru.)
Carthago Delenda Est, July 3, 2001 (Russian version on Arctogaia)
MILOSHEVIC IS A SYMBOL OF EURASIA (eng.)
Vladimir Bukharsky - Arctogaia Forum, 28.06.2001
MILOSEVIC VENDU PAR KOSTUNICA (fr.)
Positions du Bureau de Bruxelles de "Synergies Europ�ennes", 5.07.2001
CROATIE ET SERBIE : ON VEUT LA DESTABILISATION TOTALE ! (fr.)
Communiqu� de presse du Bureau de Bruxelles de "Synergies Europ�ennes",
16.07.2001
(...)
---
J�SB - Jugoslawisch �stererreichische Solidarit�tsbewegung
> http://www.vorstadtzentrum.net/joesb/
Jul. 22, 2001
Proteste bei Zastava als Auftakt f�r soziale Mobilisierung in Serbien?
Interview mit Zivorad Jevtic, Vorsitzender der Gewerkschaft
?Arbeitersolidarit�t? bei Zastava
Jul. 21, 2001
Zastava-Arbeiter: Zu wenig, um zu �berleben...
... zu viel, um zu verrecken
Massengrab mit serbischen Opfern in der N�he von Suva Reka entdeckt
Hungerstreik der Kosovo-Serben geht weiter
Jul. 19, 2001
Heute massive Proteste von "Zastava"-Arbeitern!
Arbeiter wollen Zugang zur Stadt Kragujevac in Serbien blockieren
Der "Fall Milosevic" kann noch spannend werden!
Besucht die Seite www.free-slobo.de
Jul. 17, 2001
Lasst uns gegen das Verbrechen unsere Stimme erheben, bevor es zu sp�t
ist
Die Opfer von Varvarin im deutschen Bundestag
(...)
---
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"NATO Review" Web edition Vol. 49 - No. 2 Summer 2001 p. 26-27
Date: Tue, 21 Aug 2001 18:08:22 +0200
From: Marco Cervino
To: scienzaepace <scienzaepace@...>
Questo articolo e' stato commentato sul numero odierno de Il Manifesto.
In evidenza:
a) il meeting "ristretto" (i G5 !!) NATO del 27 maggio 99 sul cosiddetto
intervento di terra e la disponibilita' di D'Alema-Scognamiglio di
fornire
10000 soldati italiano "incondizionatamente".
b) la pianificazione dei campi di "contenimento" profughi ai confini e
all'interno dell'Albania, pianificata dall'EI (si suppone di concerto
con la
NATO) fin dal gennaio 99 ( molto prima quindi di Rambuillet - ndr) e
finalizzata al rientro di massa (vi ricordate l'insistenza dei media
sulla
"volonta'" dei profughi di non "andar via" ?). Aggiungo io: si dovrebbe
diffondere questo messaggio alle migliaia (io ne conosco decine) di
volontari
che in buona fede hanno tentato di provvedere al disastro kossovaro,
anche
dentro l'Arcobaleno.
%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%
Increasing Italy's input
Carlo Scognamiglio-Pasini (1) explains how and
why Italy has expanded its role in the NATO-led
Balkan peacekeeping operations.
In the five-and-a-half years
since NATO troops first
deployed in the Balkans, the
number of Italians on the
ground, both in absolute and
proportional terms, has been
steadily rising. Indeed, Italy is
now contributing as many
troops to the NATO-led
peacekeeping operations in
Bosnia and Herzegovina
(Bosnia) and Kosovo as France
and the United Kingdom. This is
the result of a conscious policy
to take on a greater role in a
region in which Rome considers
its national interest to be at
stake.
Sharing the Adriatic Sea with
Albania, Croatia, Montenegro
and Slovenia, Italy is an
obvious magnet for refugees,
many of whom have grown up
watching Italian television,
dreaming of Italy and speaking
Italian. These links are deep and
enduring, and help explain why
many ordinary Italian citizens
have, in recent years, come
forward as aid workers, helping
provide humanitarian assistance
during war and later helping rebuild shattered
societies.
Italian peacekeepers first deployed on the
ground in the Balkans with the NATO-led
Implementation Force (IFOR) to Bosnia in
December 1995. They were not involved in
UNPROFOR during the Bosnian war, since, at the
time the mission was being set up in 1992, the
United Nations was reluctant to employ
peacekeepers from neighbouring countries with
a history of military involvement in the former
Yugoslavia. Between 1992 and 1995, therefore,
Italy focused its efforts on relief work. When, in
1994, the European Union took over
administration of the divided and war-ravaged
town of Mostar in southern Bosnia, Italy
dispatched 40 carabinieri to an international
police force set up under the auspices of the
Western European Union. And when NATO
planes took off to attack Bosnian Serb targets,
first for limited strikes to lift the siege of
Sarajevo in 1994 and then in a sustained wave
of attacks in August and September of 1995,
they did so from Italian air bases.
Initially, some 3,200 Italian troops were
deployed in IFOR in the French sector. At the
time, IFOR numbered 60,000 soldiers. Today,
some 1,800 Italian troops remain in a
much-reduced Stabilisation Force (SFOR) of
20,000 and another 6,000 are currently
deployed in the Kosovo Force (KFOR). These
figures include carabinieri, police with military
status, who have, since August 1998, been
deployed in so-called Multinational Specialised
Units (MSUs) to help maintain public order.
Carabinieri have skills which are ideally suited to
peacekeeping. As a result, they have been
deployed throughout Bosnia and Kosovo to
patrol sensitive areas, assist the return of
refugees and displaced persons to their homes,
and intervene in the event of public disorder.
Carabinieri were also key to the success of
Operation Alba in 1997, when Italy put together
an eight-country, 7,000-strong intervention
force to restore law and order to Albania in the
wake of the collapse of a series of pyramid
investment schemes. This "coalition of the
willing" was authorised by the UN Security
Council and coordinated by an ad hoc political
steering committee. Lasting from April to
August, it was also the first crisis-management
mission conducted in Europe by a multinational
military force composed exclusively of
Europeans.
The turning-point in Italian attitudes occurred in
the wake of NATO's decision to station an
extraction force in the former Yugoslav Republic
of Macedonia.(2) This French-led force was
deployed to support and, if necessary, assist the
withdrawal of the Organisation for Security and
Cooperation in Europe's verification mission in
Kosovo. In November 1998, the new
government of Massimo D'Alema made a
conscious decision to play a major role by
deploying 2,850 soldiers, the equivalent of a
brigade, equipped with the much sought-after
anti-tank A-129 helicopters.
The reason for this change in attitude is that
Massimo D'Alema and I, then the defence
minister, were concerned about the impact of
events in Kosovo on the stability of Albania.
That country had already descended into
anarchy on three occasions in the preceeding
decade, leading directly to increases in
smuggling and crime across the Adriatic Sea
and forcing Rome to react in almost impossible
conditions. We wanted to prevent a repetition
by stabilising Albania, and I thought that the
best way to achieve this would be to help
Albanians feel secure at home. Moreover, I felt
this might have been achieved, if NATO included
Albania in its strategic security policy.
At the time, however, the other NATO members
opposed this proposal. At the time, we were
concerned about the way in which the
Italian-Albanian relationship was beginning to
resemble a protectorate, but our attempts to
internationalise the issue had failed. However, I
realised that something was wrong on our side,
if the other Alliance members were not listening
to us. The first step to drawing the attention of
our Allies to our concerns required matching the
troop contribution to NATO-led operations in the
Balkans of France and the United Kingdom. The
decisions that followed stemmed from that
turning point.
When, on 24 March 1999, NATO launched air
strikes against Yugoslav forces, Italy contributed
50 combat aircraft out of an overall force of 900
to the campaign. At the conclusion of the
78-day air campaign, the Yugoslav Army agreed
to withdraw from Kosovo and the following day,
Italian forces entered the province from the
former Yugoslav Republic of Macedonia(2) to
take charge of a sector in north-western
Kosovo, around the city of Pec.
My records of the Kosovo campaign include two
aspects that are little known about: the issue of
the so-called "ground option" and the Albanian
context. At the beginning of the conflict,
Slobodan Milosevic's strategy appeared to be
one of seeking to endure air strikes until the
coalition against him disintegrated, while
destabilising the neighbouring countries of
Albania and the former Yugoslav Republic of
Macedonia(2), whose territory would have been
a necessary staging post for NATO ground
forces. One month into Operation Allied Force,
the efficiency of a campaign based entirely on
the use of air power came into question and
NATO was under pressure to come up with
another option to win the conflict. Although
plans for a ground invasion of Kosovo were
never drawn up, this matter was discussed at an
informal meeting of defence ministers of the
five largest NATO members on 27 May.
Moreover, despite being considered the weakest
link in the coalition, Italy pledged to supply
unconditionally up to 10,000 men at that
meeting, an event described in former SACEUR
General Wesley Clark's recent book.
The outcome of that meeting was a decision to
reassemble on 15 June in order to muster the
necessary forces to launch a ground offensive
by no later than 15 September. In the event,
however, the second meeting never took place
because Milosevic decided to surrender and
withdraw the Yugoslav Army from Kosovo on 9
June. However, I am persuaded that he was
aware that his last chance to see the coalition
break-up had disappeared and, consequently,
any further resistance made no sense.
In Albania, we feared that Milosevic might
attempt to destabilise the country by
precipitating a mass exodus of refugees. Two
approaches were required to counter this tactic:
supplying Albanians with sufficient shelter and
food to keep refugees close to the border for a
possible return home; and giving them
confidence that NATO would take care of them
and, above all, that the Alliance would prevail.
In January 1999, the Italian Army identified
possible sites for refugee camps and began
storing food and preparing shelters. When, soon
after the beginning of the air campaign, Albania
found itself deluged by close to a million
refugees, it was possible rapidly to construct
camps in the region of Kukes and elsewhere,
thus maintaining hope among the population
and alleviating the humanitarian catastrophe.
Moreover, the deployment of more than 7,000
NATO soldiers, including a large Italian
contingent, to Albania in Operation Allied
Harbour on 15 April reinforced the message that
the refugees would be going home.
Since, at the time, Italy only possessed a rapid
reaction force of 20,000, we seriously risked
overstretching our armed forces during the
Kosovo campaign. In the wake of these
operations, our government proposed a law,
which has subsequently been passed by the
parliament, ending the draft and transforming
the army into a fully professional one. This
should substantially increase the size of Italy's
rapid reaction forces to meet the needs of any
future NATO peacekeeping operation.
1.Senator Carlo Scognamiglio-Pasini is head of Italy's
Aspen Institute and a former Italian defence
minister.
2.Turkey recognises the Republic of Macedonia with
its constitutional name.
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Clanak u izvornoj verziji mozete naci na elektronskoj posti lista
Corriere della Sera:
> http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=TERI&doc=LO
Preuzeto iz spoljnopoliticke rubrike dnevnika "Corriere della sera"
broj od18. avgusta 2001
autor clanka: Vitorio Malaguti
Puno hvala Olgi za prevod!
---
Milosevic: "Veoma mi nedostaje moja Mira"
Profesor prava, Bernardini, u razgovoru
sa bivsim drzavnikom a sada pritvorenikom
"Slobodan Milosevic kaze da je cvrsto resen da ide do kraja i
da je njegova bitka protiv po njemu laznog i nezakonitog suda,
orudja Nato protiv naroda Srbije, zapravo tek na pocetku".
Samouveren i promisljen, opusten i nepokolebljiv, takav je utisak
Milosevic ostavio pre dva dana na Alda Bernardinija, jedinog Italijana
kome je Haski Tribunal dozvolio da razgovara sa bivsim srpskim
predsednikom, vec gotovo dva meseca u pritvoru u iscekivanju
sudjenja za zlocine protiv covecnosti. Profesor na katedri za
medjunarodno
pravo u Teramu i bivsi rektor Univerziteta u Kjetiju, Bernardini je u
svojstvu
pravnog savetnika dobio zeleno svetlo za ovaj susret. Milosevic je resio
da
se sam brani ali da pritom ima mogucnost da se posavetuje sa pravnim
ekspertima po sopstvenom nahodjenju. Krajem juna, u svojstvu savetnika,
prag Haskog suda presli su Ministar pravde SAD iz sezdesetih, Remzi
Klark
i kanadski sudija Kristofer Blek. Obojica su, kao uostalom i Bernardini,
clanovi Medjunarodnog Komiteta za odbranu S. Milosevica. Komitet je
nastao
na inicijativu intelektualaca, vecinom slovenskog porekla, cvrso resenih
da
se
bore protiv sudjenja, po njima, nepravednog. Predsednik komiteta je
clan bugarske skupstine Velkov Velkanov, ali je najistaknutija licnost
nesumnjivo Harold Pinter, cuveni engleski dramski pisac.
Razgovor Bernardini - Milosevic trajao je nekoliko sati bez pregradnog
stakla i mikrofona. Bio je prisutan samo prevodilac ali se i ona
povremeno
udaljavala posto su dvojica sagovornika razgovarala na engleskom.
"Ucinio sam samo ono sto mi je duznost nalagala,
a to je zastita srpskog sranovnistva", bile su reci koje je Milosevic
vise
puta
ponovio svom italijanskom gostu, odbacujuci nedvosmisleno optuzbe
kojima ga tereti sud Ujedinjenih Nacija. Prisecajuci se muckog Nato
bombardovanja Jugoslavije, bivsi predsednik je bivao vidno uzbudjen
vise puta, ali samo na tren, kaze Bernardini. A onda bi zatvorenik br.
39
povratio svoju uobicajenu prisebnost. Prisebnost politicara resenog da
se
pred celim svetom izbori za svoja ubedjenja.
Mada neustrasiv, Milosevic je Bernardiniju ipak priznao da cezne
za rodnom grudom, a narocito za suprugom Mirom Markovic. Tim
povodom Milosevic nije propustio da ukaze na ono sto dozivljava
kao nesumnjivu diskriminaciju uperenu protiv njega licno. Naime,
"Slobo" je objasnio da samo njemu nije omoguceno da bez poteskoca
vidja porodicu. To je zbog toga sto je Mira Markovic na crnoj listi.
Pozalio se i da je tokom jedinog vidjenja sa suprugom u julu mogao
da razgovara kroz staklo i preko mikrofona magnetofona.
BALKANSKI RAT- Milosevic nije samo kritikovao Haski Tribunal,
vec je u razgovoru sa profesorom iz Terama dugo analizirao razvoj
najnovijih dogadjaja vezanih za krizu na Balkanu.
"Rekao mi je - kaze Bernardini - da novo zariste rata u Makedoniji
nije nista drugo do posledica strategije Nato koja se sastoji u tome da
raspiruje nasilje svojom podrskom albanskom terorizmu".
Medjutim, nekada je srpski nacionalizam bio uzrok medjunacionalnih
sukoba u Jugoslaviji. Bivsi sef beogradske vlade u tom pogledu
porice svaku odgovornost. "Milosevic je veoma kriticki govorio o
nacionalistickom ekstremizmu - prica Bernardini. Ne zeli da ga
poistovecuju sa ideologijom velikosrpskog nazionalizma
Stavise, za sebe kaze da je bio borac za miroljubivu koegzistenciju
medju narodima i narodnostima Jugoslovenske federacije.
Govorio mi je o svom sukobu sa nacionalistima prilikom usvajanja
prvog clana novog Ustava 1990. po kome je Srbija
drzava svih gradjana koji u njoj zive a ne drzava Srba,
zasta su se zalagali ekstremisti. Priznao mi je da optuznicu
tribunala ni procitao nije"- kaze Bernardini.
Iz ovoga sledi da ce negdasnji covek cvrste ruke Beograda
na sledecem saslusanju 30. avgusta vrlo verovatno samo
ponovo osporiti pravovalljanost suda. Tako je bilo 3. jula
kada je protagonista balkanskog Nirmberskog procesa
nastupio prvi put i to samo na11 minuta pred Tribunalom
OUN. U tom pogledu stav bivseg Predsednika je kristalno jasan.
Proces je navodno samo montaza u Nato reziji, novo poglavlje agresije,
bas kao i bompardovanje 1999.
�Milosevic tvrdi da kada bi zaista imao pravo na odbranu, onda bi bili
pozvani da svedoce i sefovi zapadnih vlada zemalja ucesnica rata na
Kosovu, od Bila Klintona, preko Gerarda Sredera,
do Zaka Siraka i naseg Daleme", kaze Bernardini. "Medjutim, tako
nesto ocigledno nije moguce", zakljucuje optuzeni.
"Milosevic kaze da je pre par dana na tren video Karlu Del Ponte,
ali kako nije imao sta da joj saopsti, susret je ubrzo okoncan",
prica Bernardini. Prema navodima optuznice Milosevic treba da
odgovara za zlocine nad stanovnistvom pocinjene tokom rata na
Kosovu. Prema Karli Del Ponte, zlocin je vlada u Beogradu unapred
isplanirala da bi proterala albansko stanovnistvo iz juzne srpske
pokrajine.
�Razume se, i o tim optuzbama smo razgovarali,
medjutim, Milosevic kaze da je Armija imala precizna naredjenja
u smislu da civilno stanovnistvo treba da bude postedjeno
svakog vida nasilja. Ali, ako je u paklu koje je agresor izazvao
bombama, doslo do prekoracenja tih naredjenja,
ne moze se tvrditi da su ta prekoracenja bila programirana".
Elem, prema ovoj verziji dogadjaja, za kosovsku tragediju
krivicu snose navodno jedino Nato zemlje koje su tu tragediju
izazvale jezovitim bombardovanjem koje je pocelo marta 1999.
Dajemo ponovo rec Bernardiniju: "Milosevic mi je uzbudjeno
pricao o tim danima uzasa. Rekao mi je da je nekoliko puta
izgledalo kao da su pregovori na domaku primirja, ali da bi
Amerikanci svaki put sve upropastili. Rekao mi je da su
Umberto Bosi i Armando Kosuta dosli u Beograd de izraze
podrsku i kazu da je Italija bila prisiljena da ucestvuje u agresiji"
U toku dugotrajnog razgovora Milosevic je zeleo da obrazlozi
svoja politicka opredeljenja. Cinio je to sa zarom, katkad gnevno,
svaljujuci na Atlantski pakt, i narocito na " Ameriku i njenu
nezajazljivu volju da vlada svetom" svu odgovornost za rat.
Medjutim, razgovor nije ni u jednom trenutku poprimio obelezja
politickog istupanja. Covek koji je pre samo godinu dana
imao u saci citavu jednu drzavu, umeo je da zaboravi na
sopstvenu samoodbranu i govori i o pritvorenickom zivotu.
"Nastoji da bude obavesten, gleda TV i veoma mnogo cita.
Ja sam mu doneo dva eseja iz istorije na engleskom:
Hobsbona i Maka Smita (Hobsbawn i Mack Smith)" -
kaze Bernardini.
Proteklih sedmica je bilo reci o tome da se Milosevic
osamio, da odbija kontakt sa ostalim pritvorenicima,
medjutim, on licno nedvosmisleno pobija tu verziju koju
je predstavnik za stampu OUN pustio u promet.
"Milosevic mi se pozalio - veli Bernardini- da mu zatvorske
vlasti od dolaska u Hag nisu dozvoljavale nikakav kontakt. Tek od
pre nekoliko dana moze da se druzi i sa ostalim pritvorenicima,
osim sa trojicom i to, kako su mu naveli, iz proceduralnih razloga".
Bivsi srpski vodja kaze da je lepo primljen od svojih zatvorskih
drugova, ne izuzimajuci pri tom ni Hrvate i muslimane. Oslovili su
ga sa predsednice i ponudili mu cigarete. " Ponosno mi je poverio
da je dobio na destine pisma podrske iz citavog sveta" -kaze
Bernardini.
Medjutim, sva nadanja i ocekivanja pritvorenika Milosevica
usredsredjena su na predstojecu proslavu sezdesetog rodjendana.
Za tu priliku iz Beograda u Hag stize na nekoliko dana i supruga
Mira Markovic
Vittorio Malagutti
� Corriere della Sera
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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA SI ATTRIBUISCE IL
MONOPOLIO DELLA INTERPRETAZIONE DEI SENTIMENTI DEI CITTADINI
MACEDONIA: CIAMPI, ITALIANI CONDIVIDONO MISSIONI PACE
(ANSA) - CAPRERA (SASSARI), 18 AGO - L' invio di un contigente militare,
la Brigata Sassari, in Macedonia per una missione di pace testimonia
dell' impegno dell' Italia in tale campo ed e' condiviso dai cittadini.
L' ha sottolineato il Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi,
rispondendo a una domanda dei giornalisti al termine della cerimonia nel
compendio garibaldino. ''E' un' altra occasione - ha spiegato il Capo
dello Stato - nella quale si confermano questi sentimenti degli italiani
su questi temi. Abbiamo gia' svolto questo tipo di missioni di pace in
varie parti del mondo, in particolare nel Kosovo e ora andiamo a farlo
in Macedonia. Sono iniziative condivise da tutti gli italiani''. (ANSA).
GC
18/08/2001 20:02
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I MACEDONI CHE SI OPPONGONO ALLA STRATEGIA TERRORISTA DELLA NATO SONO
"SLAVI NAZIONALISTI"; I TERRORISTI CHE VOGLIONO SFASCIARE LO STATO
MULTINAZIONALE E CREARE LA GRANDE ALBANIA SONO "GUERRIGLIERI"; I SOLDATI
DELLA NATO CHE ARMANO E SOSTENGONO I TERRORISTI SONO "PEACEKEEPERS"
MACEDONIA: NAZIONALISTI BLOCCANO STRADA, CONTRO NATO E UCK
(ANSA-AFP-REUTESR) - BLACE (MACEDONIA), 18 AGO - Alcune decine di
nazionalisti slavi macedoni hanno bloccato oggi una strada che da Skopje
porta al Kosovo, per protestare contro l'intervento della Nato in
Macedonia e chiedere il ritiro dei guerriglieri albanesi dell'Uck dai
villaggi che hanno occupato. Il blocco, formato da automobili messe di
traverso sulla strada in mezzo a sacchetti di terra e sabbia e da filo
spinato, e' stato eretto a qualche chilometro dal posto di frontiera di
Blace. Solo ambulanze e mezzi della polizia vengono lasciati passare. La
strada bloccata e' quella lungo cui passano i rifornimenti dalla
Macedonia alla Kfor, la forza della Nato in Kosovo. ''Abbiamo bloccato
la via di comunicazione degli aggressori della Nato che contrabbandano
droga e armi ai terroristi albanesi'', ha detto alla 'France Presse' uno
dei manifestanti, Gjeorgji Petrovski, un meccanico di 39 anni. Petrovski
ha detto che la manifestazione e' stata organizzata dal Congresso
nazionale dei macedoni, un'organizzazione fortemente nazionalista e da
un comitato formato da macedoni scacciati dalle loro case dei
guerriglieri albanesi. Altri manifestanti interrogati dall'agenzia
britannica 'Reuters' hanno detto di aver eretto il blocco per chiedere
il ritiro dei guerriglieri albanesi dai villaggi macedoni che hanno
occupato, il rilascio di tutti gli ostaggi macedoni che secondo loro
essi terrebbero prigionieri, e particolari agevolazioni per le famiglie
delle persone uccise durante i sei mesi di guerra civile .
(ANSA-AFP-REUTERS). LG 18/08/2001 16:28
Sunday August 19, 12:18 AM
Macedonian refugees block route to "NATO aggressors"
BLACE, Macedonia, Aug 18 (AFP) -
Macedonian anger at perceived pro-Albanian bias in the
West's response to fighting in their country boiled
over Saturday on the Kosovo border, where protesters
blocked a major NATO supply route.
More than 60 Macedonians, many of them refugees driven
from their homes by ethnic Albanian rebels, rolled
barbed wire across the main road from Skopje to the
Blace border crossing and stopped NATO and
international traffic.
"We have blocked the communication route of the NATO
aggressors who are smuggling drugs and weapons to the
Albanian terrorists," said Gjeorgji Petrovski, a
39-year-old mechanic from Skopje.
Small numbers of Macedonian police looked on as the
protesters filtered the traffic, turning back two
armour-plated British military staff cars from
Kosovo's NATO peacekeeping force and vehicles carrying
OSCE monitors.
The mood was angry, but not violent, although one
Macedonian who attempted to pass the barricades
driving a van marked with diplomatic plates had his
identity papers snatched and thrown into a ditch.
While most of the protesters were young or middle-aged
men, a busload of women and children from displaced
families joined them in the early afternoon.
The protesters arrived at around midnight Friday and
the road was still blocked at 4:00 pm Saturday, with
many protesters vowing to remain in place until the
NATO troops arriving at the weekend left the country.
The protest was organised by the World Macedonian
Congress, a nationalist organisation representing
mainly Macedonian emigres, and the coordination
committee for civilians driven from their homes by
fighting.
Congress president Todor Petrov, who arrived escorted
by three uniformed men carrying assault rifles, said:
"The protest is to make sure the Macedonian people's
voice is heard".
He said he had presented NATO with a list of demands
and that the road would remain blocked until the
alliance forced ethnic Albanian rebels to free the
Macedonians he said they had kidnapped and give up
captured land.
The road is the main supply route for NATO's
peacekeeping force in Kosovo, and previous occasions
when the Macedonian government has closed it have
caused serious disruption for the province's
international administration.
NATO's spokesman in Macedonia, US Major Barry Johnson,
said: "We use the crossing very heavily, but it has
been closed before and it will no doubt be closed
again. We use other routes when we have to."
But the blocking of the route is more important for
the signal it sends the NATO commanders who arrived in
Macedonia on Friday to take the temperature of the
conflict before advising on the deployment of a larger
force.
Many Macedonians oppose concessions made to ethnic
Albanians in a peace deal signed on Monday by party
leaders, and Western diplomats suspect hardline
politicians of manipulating protests to maintain
pressure on the West.
Every one of the protesters on the road Saturday,
sweltering in the blistering heat around their
makeshift barricades, were convinced that the West,
and the United States in particular, is supporting the
rebels.
The location of their protest also had a symbolic
importance.
Gesturing at a wide, dusty stretch of parched farmland
beyond the road, a middle-aged protester, shows where
in 1999 tens of thousands of Kosovo Albanian refugees
were housed in the Stenkovec refugee camp.
"When all those people came here during the Kosovo
crisis we helped them. Now look what they are doing to
us," he said.
The protesters were also furious with their own
government for signing off on the peace deal, many
accusing their leaders of being bought off by Albanian
and US money.
"All the moves made by the government are against the
Macedonian people and the state," Petrovski said.
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DISPERATO SFORZO STATUNITENSE PER CONVINCERE I MACEDONI CHE
LA NATO E' INDISPENSABILE PER NON ESSERE DISTRUTTI DALLA NATO
MACEDONIA: USA FINANZIANO CAMPAGNA PUBBLICITARIA PRO-PACE
(ANSA) - WASHINGTON, 17 AGO - Gli Stati Uniti si apprestano a finanziare
una massiccia campagna pubblicitaria in Macedonia, che durera' 45 giorni
ed avra' lo scopo di convicere il locale parlamento a ratificare gli
accordi di pace stretti dal governo di Skopje e i ribelli albanesi.
Secondo fonti informate a Washington, gli Usa potrebbero spendere fino a
250.000 dollari, circa 600 milioni di lire, una cifra notevole per una
campagna di informazione rivolta a un paese di circa due milioni di
abitanti. I soldi servirebbero a comprare spazi pubblicitari su radio,
tv e giornali, ma anche per una possibile campagna via posta senza
precedenti, con lettere inviate a tutto il popolo macedone. Coordinata
dall'ufficio del presidente macedone Boris Trajkovski, l'iniziativa
partirebbe a giorni. I suoi collaboratori lavoreranno con esperti di
comunicazione occidentali per creare messaggi che cambierebbero ogni
settimana. Il messaggio verrebbe poi tradotto nelle lingue locali da
agenzie pubblicitarie locali, che lo renderanno fruibile alle comunita'
slava, macedone e albanese. Gli Usa puntano molto su questa iniziativa,
si apprende, certi che se l'accordo non verra' applicato, il paese
potrebbe sprofondare in una guerra con conseguenze imprevedibili per
tutta la regione. (ANSA). NS 17/08/2001 18:00
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Date forwarded: Fri, 17 Aug 2001 11:10:07 +0200
Date sent: Fri, 17 Aug 2001 11:20:28 +0200
From: "francesco iannuzzelli"
Organization: peacelink
To: pck-armamenti@...
Subject: Perizia sull'uranio impoverito
Nell'ambito della denuncia presentata dal Tribunale Clark contro i
crimini di
guerra perpetrati dalla Nato ai danni della Jugoslavia,
e' stata presentata una perizia di parte di carattere scientifico per
illustrare i pericoli dell'uso bellico dell'uranio impoverito.
Potete trovare la perizia online a questo indirizzo
http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti
oppure anche a questo
http://www.peacelink.org/tematiche/disarmo/u238/documenti
(e' il nuovo mirror di peacelink, ancora in fase di allestimento, ma
la
parte sull'uranio impoverito c'e' gia' tutta)
Allego un commento e sintesi della perizia stessa a cura del prof.
Mauro Cristaldi
ciao
francesco
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COMMENTO E SINTESI DELLA PERIZIA DI PARTE DEL
GRUPPO DI LAVORO AD HOC PER LO STUDIO DEL DU
(URANIO IMPOVERITO), ESEGUITA SU RICHIESTA DEL
TRIBUNALE ITALIANO CONTRO I CRIMINI DELLA NATO IN
JUGOSLAVIA AL COMITATO "SCIENZIATE E SCIENZIATI
CONTRO LA GUERRA"
Mauro Cristaldi - Dip. Biologia Animale e dell'Uomo, Univ. "La
Sapienza" - Via A. Borelli 50, 00161 ROMA
Mauro.Cristaldi@...
La guerra contro la Jugoslavia, a tutt'oggi ancora in corso, non
rappresenta che l'ultimo atto dello scenario geo-politico in cui il
nostro paese si presenta ancora una volta alla storia recente come
parte integrante degli interessi statunitensi nel mondo. Chi ha avuto
un ruolo nel rendere concreta questa politica bellicista dovrà
risponderne in giudizio; è per questo principio che il Tribunale
Italiano contro i crimini della NATO in Jugoslavia (denominato
Tribunale Ramsey Clark) si è impegnato a denunciare presso la
Procura della Repubblica di Roma i gravi abusi anticostituzionali
del governo D'Alema, che rappresentò per primo questa palese
tendenza alla subordinazione atlantica, la quale portò l'Italia a
contribuire all'attacco incondizionato ed illegale di un paese
limitrofo mediante l'impatto distruttivo delle più moderne tecnologie.
Oggi l'asse Bush-Berlusconi-Fini rappresenta l'emblema risolutivo
di questa stessa tendenza, che deve essere obbligatoriamente
resa reversibile nell'interesse della tutela della biosfera nella sua
complessità per opera di un larghissimo fronte di opposizione, più
incisivo e diffuso di quello che fronteggiò, a suo tempo, il nazismo.
Il lavoro scientifico prodotto dal gruppo di lavoro, che vede come
autori 8 partecipanti alla lista del Comitato "Scienziate e scienziati
contro la guerra" ed un valente ematologo in pensione, mentre
mette in evidenza le carenze esplicite e nascoste dei documenti
ufficiali finora pubblicati sul DU, rappresenta lo spunto per
procedere nel compito che ci siamo dati di riqualificazione
scientifica delle istanze di tutto il movimento di opposizione;
questo impegno dovrà continuare ancora nell'ambito della
commissione scientifica del Tribunale Clark, che ci ha sostenuti.
Il presente breve documento conclusivo riassume i principali punti
fermi e le novità che la perizia di parte nel suo complesso mette in
luce, proprio nello spirito del Comitato "Scienziate/i contro la
guerra", che ha sempre sostenuto le finalità di una ricerca che
presupponga la critica del modo attuale di produrre scienza, per
fare in modo che chiunque possa dotarsi di strumenti di intervento
qualificato, sia sugli aspetti più generali, sia su quelli più
specifici
cui, ad es., la perizia di parte è legata. In bibliografia sono
riportati i
contributi del Comitato al problema del rischio da DU nelle aree
contaminate (Marenco, 1999; Zucchetti, 2000; Del Bello, 2001).
Il gruppo di lavoro è composto da due medici (Pasquale Angeloni,
Silvana Salerno), da una biologa citogenetista (Francesca
Degrassi), da un informatico (Francesco Iannuzzelli), da un
ingegnere nucleare (Massimo Zucchetti), da tre fisici (Andrea
Martocchia, Luca Nencini, Carlo Pona) e dal sottoscritto come
naturalista.
La competenza medica, per quanto riguarda le conseguenze
dell'esposizione all'Uranio impoverito (DU = Depleted Uranium), è
fondamentale: in tal modo un medico legale esperto di ematologia
e di radioecologia ed una ricercatrice esperta in medicina del lavoro
hanno saputo offrire un quadro di competenze capaci di coprire un
largo settore applicativo riguardante le patologie, l'eziologia e la
diagnosi delle cosiddette "sindrome del Golfo" e "sindrome dei
Balcani" che tanti aspetti hanno in comune, in quanto in ambedue
le sindromi sono implicate le conseguenze dell'uso bellico dei
dispositivi al DU (Durakovic, 1999).
Le competenze di mutagenesi si sono rivelate indispensabili per la
comprensione dei fenomeni che precocemente si manifestano nel
materiale nucleare delle cellule a seguito dell'esposizione a DU,
aspetti sovente sottaciuti e sottovalutati per la conseguente
valutazione del rischio, accanto a quelli di carattere biochimico e
biomolecolare, in quanto volutamente subordinati nella pratica
radioprotezionistica agli aspetti fisici e chimici della
contaminazione.
I tre fisici ricercatori, dal canto loro, hanno collaborato su diverse
problematiche avvalendosi sempre di un solido bagaglio di fisica
teorica: dalla fisica delle radiazioni, alle stime di dose, alla
lettura
critica di documenti spesso corposi quanto sovente incompleti.
Uno di loro aveva contribuito tra i primi alla denuncia dell'uso del
DU come arma di guerra (Pacilio & Pona in Marenco, 1999; Pona
in Zucchetti, 2000) e partecipa tuttora ad iniziative di solidarietà
nell'ambito di una OGN che opera in Iraq e in Jugoslavia.
Il prof. Zucchetti del Politecnico di Torino rappresenta una vera e
propria autorità nel campo della modellistica e della sicurezza degli
impianti nucleari ed aveva, di conseguenza, offerto la propria
consulenza gratuita, più volte indebitamente respinta, nell'ambito
della commissione Mandelli istituita dal Min. della Difesa del
governo Amato per lo studio dell'incidenza di neoplasie maligne tra
i militari italiani inviati in missione nei Balcani. La relazione
tratta
dalla tesi di laurea del suo allievo ing. Boschetti completa e
chiarifica il contributo della perizia con un'ampia serie di allegati.
Il sottoscritto ha coordinato il lavoro degli altri coautori e
soprattutto
ha interagito con l'informatico di Peacelink, il quale ha fornito, con
spiccato senso critico, una serie di relazioni e articoli di difficile
reperimento: cito per tutti l'importante documento DPRSN (2001)
della Missione Scientifica Portoghese in Kosovo e Bosnia-
Erzegovina, di notevole interesse metodologico ma sfuggito
all'attenzione degli organi di stampa. La decennale esperienza
interdisciplinare nel monitoraggio dei Mammiferi selvatici come
bioindicatori di contaminazione territoriale ha permesso al
sottoscritto di interagire con tutte le altre competenze per
preparare una relazione che servisse come spunto critico
all'approfondimento del problema del DU, indicando anche le
possibili direzioni su cui indirizzare le ricerche, in quanto tutto
l'argomento del rischio da Uranio è stato volutamente tenuto a
margine nella letteratura radiodosimetrica e radioecologica.
Con questo appunto, mentre rinnovo i ringraziamenti a tutti coloro
che, citati e non, hanno fornito spunti alla compilazione della
perizia di parte, fornendo documentazioni e spunti critici, procedo
alla presentazione degli argomenti salienti affrontati in essa:
1) L'uso bellico dell'Uranio impoverito (DU = Depleted Uranium)
rientra in un meccanismo di mercato che combina gli interessi
dell'industria nucleare e di quella bellica, utilizzando illegalmente
(cfr. risoluzione della Sottocommissione ONU per la Prevenzione
delle Discriminazioni e per la Protezione delle Minoranze, 48°
sessione del 30.8.1996) il vantaggio del basso costo di una scoria
radioattiva ad elevata pericolosità, che andrebbe invece sottoposta
a custodia protettiva passiva (Cristaldi et al., 2001).
2) La capacità del proiettile al DU di fondere metalli sviluppando
temperature molto elevate porta alla formazione di una nube di
polvere di ossidi insolubili di Uranio, che si deposita sul terreno
aggiungendosi alla polvere di campi, sterrati e strade, già
contenente Uranio naturale in quantità caratteristica per ogni tipo di
suolo. La polvere risollevandosi diviene facilmente inalabile, anche
nei tempi lunghi, da parte di potenziali gruppi a rischio (bambini,
contadini, militari, volontari, addetti alla manutenzione stradale,
pastori, ecc.). I frammenti residui dei proiettili al DU sono soggetti
a solubilizzazione e complessazione per effetto degli agenti
meteorici e delle sostanze chimiche del suolo, rimanendo essi
nello strato superficiale del terreno e/o raggiungendo per
percolazione le falde acquifere. Di conseguenza il DU viene diffuso
nella rete trofica, costituendo altresì un fattore aggiuntivo di
rischio
alimentare (Ribera et al., 1996).
3) L'uso finalizzato al ricatto sulla salute di intere popolazioni
esposte intenzionalmente al rischio da DU a partire da situazioni di
guerra (Iraq, ex-Jugoslavia, Somalia, Palestina) e/o da poligoni
sperimentali (solo negli USA Zajic, 1999, ne enumera 15) si
combina con il rischio sulla salute volutamente indotto con
modalità diverse.
4) L'attacco più massiccio della storia con dispositivi al DU è stato
comminato all'Iraq ed al Kuwait durante la guerra del Golfo (1991)
da parte delle forze aeree anglo-americane, determinando
conseguenze epidemiologiche gravosissime ed ancora
ampiamente da documentare (Intern. Action Center, 1997; Al-
Jibouri, 2000). L'aggravante dell'imposizione di un lungo embargo
internazionale contro l'Iraq, tuttora in corso, ha potenziato, per
conseguenti carenze di alimentazione, profilassi e di cura, le
patologie dirette ed accessorie (leucemie, linfomi, tumori solidi,
malattie infettive e da immunodepressione) attribuibili al DU, come
principale contaminante nella guerra del Golfo.
5) Vengono ricostruite le cause militari e politiche dell'uso
preponderante del DU contro la regione del Kosovo durante la
guerra NATO contro la Jugoslavia, aggressione accompagnata da
altre distruzioni con agenti contaminanti provenienti dal
bombardamento di industrie chimiche, che hanno soprattutto
interessato la Serbia e la Vojvodina. Complessivamente il rischio
conseguente di patologie combinate è mirato al confondimento
delle cause primarie di contaminazione, anche per la vasta area
coinvolta dalle conseguenze del fall-out chimico (Serbia, Romania,
Moldavia, Ungheria, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Croazia,
Grecia, Bulgaria), sottaciuta, per cause economiche e politiche
contingenti, dalle stesse nazioni coinvolte nella contaminazione
territoriale (Cristaldi et al., 1999).
6) A seguito degli accordi IAEA-WTO del 1959 riguardanti la
disincentivazione delle ricerche riguardanti il rapporto tra salute
pubblica e radiazioni, le pubblicazioni concernenti gli effetti del DU
sono state premeditatamente sfavorite (Parsons, 2001), in modo
che la pericolosità dell'Uranio - sia come emittente radioattivo,
essenzialmente di tipo alfa, sia come metallo pesante, quindi con
rischi combinati di tipo chimico e/o radioattivo per gli organismi
viventi - venisse sottostimata; tale situazione ha determinato
ulteriori carenze conoscitive parzialmente colmate dopo
l'emergenza della "sindrome del Golfo" sui reduci anglosassoni
(incertezza nell'eziologia e nei tempi di latenza dei fatti tumorali,
teratologici e neurologici, rischi rilevati su esperienze dirette e
non
su basi sperimentali, composizione del metallo e diversa tossicità
chimica e radioattiva). Scelte politiche recentemente effettuate in
Italia hanno concorso alla stigmatizzazione delle carenze
conoscitive sui bioindicatori di contaminazione territoriale (affidate
dalla comm. Calzolaio del Min. dell'Ambiente alla genetista
prof.ssa C. Tanzarella dell'Università di RomaTre, ma mai rese
attuabili concretamente da parte ANPA) e sul rischio
radiodosimetrico per i militari italiani in missione in Bosnia e
Kosovo (non accettazione del prof. M. Zucchetti come componente
della comm. Mandelli), portando a relazioni parziali ed omissive
(UNEP, 2001; Mandelli, 2001) non esaurienti rispettivamente né per
il danno biologico riscontrato in bioaccumulatori (e.g.: muschi e
licheni), né per la correlazione causa-effetto tra dose e probabilità
di rischio in soggetti umani.
7) La pericolosità radioattiva del metallo si espleta sia come DU da
arricchimento (DU "pulito"), sia come DU da riprocessamento (DU
"sporco"): in ambedue i casi, sia la presenza di nuclidi figli
provenienti dal decadimento radioattivo (Th-234, Pa-234m), sia la
presenza di ulteriori nuclidi estranei al DU pulito nel
riprocessamento (U-236, Pu-239/240, Np-237), comportano un
aumento del rischio radioattivo per la salute e per l'ambiente
(Zucchetti, 2001).
8) Vengono indicati i principali organi bersaglio dell'Uranio finora
individuati in letteratura (cfr.: Ribera et al., 1996; Durakovic,
1999;
Zajic, 1999; WHO.INT, 2001): polmoni, linfonodi, ossa e midollo
rosso, reni, fegato, sistemi nervoso e riproduttivo con conseguenze
combinate di origine chimica e/o radioattiva di tipo mutagenetico,
cancerogenetico, teratogenetico, neuropatie e miopatie con
compromissione generalizzata delle difese immunitarie.
9) Vengono evidenziate le necessarie indagini di tipo autoptico,
citotossicologico, biochimico, radiodosimetrico, epidemiologico ed
ecotossicologico, sottolineando le carenze di indagini (ad esempio
per il sistema genito-urinario femminile); ne viene criticata la
parziale applicazione su soggetti esposti al DU in alcuni rapporti
eseguiti su militari, commissionate da organi governativi (US Army
Environ. Policy. Inst., 1995; The Royal Soc. for Radiol. Prot., 1998-
2001; McDiarmid et al., 2000; UNEP, 2001; WTO.INT, 2001; The
Royal Soc., 2001; DPRSN, 2001), nei quali si osserva una diffusa
tendenza a far apparire come minimale il rischio effettivo
(minimalizzazione del rischio come risposta di "trinceramento"
sec. Collingridge, 1985): protocolli di indagine carenti per una o più
analisi importanti, carenze di anamnesi su soggetti a rischio e su
soggetti colpiti, discontinuità di alcuni risultati parzialmente
negativi
per esclusione dal computo di dati considerati troppo elevati
(outliers). L'attuazione di una prevenzione basata sul monitoraggio
del rischio (INTERSOS, 2001) non viene generalmente attuata, in
attesa continua di prove che non vengono attivamente cercate e la
cui risposta viene continuamente demandata ad un generico
principio di precauzione, che, se applicato senza prove, ha il limite
di una scelta politica ma non tecnica.
10) Si esegue una critica accurata del lavoro effettuato dalla
commissione Mandelli (2001) del Min. della Difesa, recentemente
riconfermata nel suo incarico, mettendo in evidenza il ruolo
preliminare di quell'indagine, ma rilevando carenze nel conteggio
dei malati, nella individuazione e nella valutazione critica degli
esposti e delle modalità di esposizione, partendo dalla durata delle
missioni e dalle mansioni svolte, dalla estrema imprecisione dei
luoghi di missione, dal mescolamento delle coorti esposte in
periodi diversi in Bosnia (1995-2001) e in Kosovo (1999-2001),
facendo comunque rilevare che un'indagine di questo tipo, solo
perché commissionata per i Balcani, non può prescindere dal
considerare tutti i casi comparativi degni di validità per modello e
quantità di esposizione, quale la contaminazione cronica
determinata in Iraq ed in altre località colpite con dispositivi al
DU.
Seguendo questo approccio, il riscontrato "eccesso,
statisticamente significativo, di Linfoma di Hodgkin", riconosciuto
nella seconda versione della relazione Mandelli (2001), è stato
accompagnato nella nostra perizia da una nota sull'eziologia dei
linfomi maligni, che permette di inserire il linfoma di Hodgkin tra le
malattie degenerative causate da esposizione a DU a seguito di
studi su esposti all'Uranio in ambiente di lavoro (Archer et al.,
1973; Checkoway et al., 1985; Gilbert et al., 1993a, 1993b;
McGheorgegan & Binks, 2000). La discrepanza temporale di circa
5 mesi tra la fine della guerra in Kosovo (luglio 1999) e
l'indicazione
di sistemi di prevenzione e profilassi almeno tra i soldati (novembre
1999), porta, inoltre, a pensare ad una programmata omissione di
informazioni, rese disponibili soltanto in maniera alterata ed a prove
belliche occultate, a seguito dell'esposizione a DU delle
maestranze (militari, civili, volontari) adibite alla rapida rimozione
dei residuati come prova delle avvenute azioni belliche.
Si auspica che la perizia di parte del gruppo di lavoro ad hoc sul
DU allegata all'esposto-denuncia alla Procura della commissione
giuridica del Tribunale Clark, possa essere utile alla Magistratura
come linea guida per l'approfondimento e la verifica di molti aspetti
tecnici attualmente ancora poco chiari legati all'uso del DU, ma
serva soprattutto come occasione per creare commissioni di
indagine che abbiano il requisito di comprendere in maniera
complessiva e non settoriale un argomento prettamente
interdisciplinare come quello del DU e che, inoltre, siano capaci di
cooperare per il raggiungimento di una oggettività scientifica che
non rappresenti più il compromesso tra esigenze di mercato ed
esigenze politiche di chi commissiona l'indagine: è per questo che
l'inchiesta giudiziaria resta ancora la formula più congruente alle
necessità di garanzia dell'oggettività scientifica.
Roma, 31.7.2001
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