Informazione

Il Ponte di Chen

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Danneggiata la statua di Bruce Lee a Mostar

Sconosciuti hanno danneggiato la statua di Bruce Lee, stella del Kung Fu,
inaugurata solo venerdì nella città bosniaca di Mostar. Secondo testimoni
è stato sottratto un "nunshaku", un'arma utilizzata nel Kung Fu, composta
da due bastoni legati da una catena. La statua è stata eretta in una piazza
che divide la metà musulmana della città da quella croata. (Ap)

Fonte: City, quotidiano gratuito, Roma 28/11/05

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da: Vladimir Dedijer, Tito (contributi per la biografia)
Capitolo sedicesimo


GIOIA E TRISTEZZA DELLA VITTORIA

L'anno 1943 fu l'anno decisivo della Seconda guerra mondiale.
All'Oriente l'Armata Rossa da Stalingrado procedeva speditamente
cacciando, nel corso di tutto l'anno, sempre più davanti a se le
divisioni naziste. Gli Alleati ripulivano l'Africa dalle truppe di
Rommel, l'Italia era messa fuori combattimento. Oramai era questione
di tempo quando Hitler avrebbe capitolato.

In Jugoslavia la gente desiderava con tutto il cuore la fine dei
patimenti, degli incendi dei villaggi, dei bombardamenti, del
sangue... Le grandi vittorie degli alleati destavano speranze che la
fine della guerra fosse vicina. Con quanta gioia erano celebrate
queste vittorie, e che cosa significava la notizia della fine di
Mussolini, e quanto si era gioito per la liberazione di Kiev il 6
novembre 1943! Lo Stato maggiore allora si trovava a Jajce. Milovan
Djilas quella sera sentì lo speaker Levitan mentre a radio Mosca
leggeva l'ordine del giorno di Stalin riguardante la liberazione
della capitale dell'Ucraina, e corse su per le mura della città antica
e da lì sparò tre pallottole con la rivoltella, secondo una vecchia
tradizione montenegrina che si usava per annunciare qualche notizia lieta.
Anche i partigiani nella città avevano saputo della liberazione di
Kiev, e quando Djilas diede l'annunzio dalla fortezza, iniziarono a
sparare prima con le rivoltelle, poi dai fucili automatici, e tutta la
città rimbombava per gli spari. La gente uscì nelle strade ed iniziò a
ballare, e gli spari non si placavano. Tito non sapeva di che si
trattasse: era uscito fuori dalla stanza, mentre la sparatoria
diventava sempre più forte. Dalla città essa aveva contagiato anche le
nostre posizioni sui monti, ed i partigiani cominciarono a
cannoneggiare dalle montagne vicine. La sparatoria durò un'ora
intera.Volavano gli ordini per telefono, si pronunziavano
dichiarazioni. Quella serata si spesero tante munizioni quanto in una
intera battaglia. E ogni pallottola continuava ad essere preziosa –
tutto bisognava strappare al nemico.

Questo era l'umore dell'esercito e della gente nell'autunno del 1943,
quando la Milizia di liberazione partigiana, dopo esser riuscita a
superare le due ultime, durissime offensive, potè contare il numero di
300.000 combattenti. Il territorio liberato corrispondeva già alla
metà del territorio jugoslavo.

Nelle cerchie partigiane si era aperta la discussione su come
consolidare i risultati raggiunti fino ad allora. Il Comitato Centrale
del PCJ (Partito Comunista di Jugoslavia) subito dopo la capitolazione
dell'Italia aveva concluso che necessitava convocare l'AVNOJ
(Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare della Jugoslavia) per
poter prendere le decisioni relative alla creazione di un governo
temporaneo della nuova Jugoslavia.

Ancora nell'ottobre del 1943, quando si ebbe notizia che a Mosca ci
sarebbe stata una riunione tra il Ministro degli esteri britannico
Eden, il ministro degli esteri americano Korder Hal ed il commissario
per gli affari esteri Molotov, Tito mandò il seguente telegramma a Mosca:

"Per quanto riguarda la Conferenza dei rappresentanti di Unione
Sovietica, Inghilterra ed America si suppone che sarà posta in
discussione anche la questione jugoslava.
Il Consiglio Antifascista della Jugoslavia, di Croazia e Slovenia, e
lo Stato Maggiore della Lotta di Liberazione Jugoslava e del
Movimento di Liberazione Jugoslavo mi hanno incaricato come
plenipotenziario di rendervi noto quanto segue:

Primo: noi non riconosciamo ne' il governo jugoslavo ne' il re che si
trovano all'estero, visto che essi da due anni e mezzo ed anche
tutt'oggi aiutano i collaborazionisti dell'invasore nonché il
traditore Draza Mihajlovic, e per questo sono responsabili di
tradimento verso i popoli jugoslavi.

Secondo: noi non permetteremo che costoro tornino nella Jugoslavia,
visto che questo significherebbe la guerra civile.

Noi lo dichiariamo in nome della stragrande maggioranza del popolo,
che vuole una repubblica democratica, basata sui comitati popolari di
liberazione.

Quarto: L'unico potere legale è il potere del popolo - al giorno
d'oggi questo sono i comitati popolari di liberazione capeggiati dei
consigli antifascisti.

La stessa dichiarazione sarà consegnata anche alla missione inglese
che si trova presso il nostro Stato Maggiore.
Il generale inglese già ci ha fatto capire che il governo inglese non
insisterà troppo sul re e il governo in esilio."

A Jajce, la vecchia capitale dei re di Bosnia, nella valle del fiume
Vrbas, dove si trovava lo Stato Maggiore nell'ottobre del 1943, con
impazienza si aspettavano i risultati della Conferenza di Mosca. Essa
si era protratta dal 13 fino a 30 ottobre, ma il governo sovietico non
mise all'ordine di giorno la dichiarazione di Tito.

Però in Jugoslavia fu deciso che si convocasse l'AVNOJ. Come luogo di
raduno era stata scelta Jajce. Durante la Seconda guerra mondiale
questa città diverse volte aveva cambiato padrone. I partigiani
l'avevano liberata nel 1942, ma verso la fine dello stesso anno i
tedeschi la avevano di nuovo ripresa, poi nell'autunno del 1943 fu per
la seconda volta liberata dai partigiani. In questa città si era
stabilito Tito con il suo Stato Maggiore. Sotto la fortezza, su una
piana, erano state costruite due baracche con gli uffici. In una
cameretta accanto abitava Tito.

Jajce era spesso sotto il tiro del bombardamento nemico. Allora Tito
generalmente scendeva verso la fabbrica, che disponeva di un tunnel,
dove la gente si riparava. Proprio alla vigilia della Conferenza
dell'AVNOJ Jajce fu di nuovo bombardata. Tito si trovava nel tunnel –
si era rifugiato li con molta altra gente e con i combattenti
partigiani. Qui si trovava anche la stazione di primo soccorso. Una
bomba che era caduta proprio sull'entrata del tunnel aveva ferito
alcuni combattenti del battaglione di scorta dello Stato Maggiore. A
un partigiano la bomba aveva fracassato lo stomaco. Subito, qui nel
rifugio, il medico lo aveva operato, mentre Tito reggeva la testa del
ferito.

- Gli sorreggevo la testa, ricorda Tito, mente grosse gocce di sudore
gli bagnavano la fronte. L'operazione si faceva senza anestetico. Il
compagno ferito tenne un atteggiamento coraggioso. Tentavo di
consolarlo: "Non preoccuparti, l'operazione di sicuro andrà bene."
Dopo alcuni secondi la sua testa cadde priva di vita nelle mie mani.

I delegati alla seduta dell'AVNOJ arrivavano dalle regioni più remote
della Jugoslavia. Tutti viaggiavano armati, essendo costretti a
passare dai territori liberati attraverso le terre ancora sotto
occupazione tedesca. Alcune delegazioni erano costrette a farsi strada
anche combattendo. La strada più lunga toccò ai montenegrini che
dovevano fare un viaggio di 300 km superando le montagne e le gole,
tutto a piedi ed armati.

Il Politburo del Comitato Centrale del Partito Comunista Jugoslavo
discusse se fosse necessario avvertire il Komintern del fatto che
sarebbe stato creato un governo provvisorio, che sarebbe stato tolto
al governo del re il diritto di rappresentare il governo jugoslavo, e
che al re Pietro sarebbe stato vietato il ritorno nel paese. Viste le
esperienze avute con la Prima seduta dell'AVNOJ, quando il governo di
Mosca con il suo intervento aveva vietato la creazione di un nuovo
governo jugoslavo provvisorio, il che avrebbe potuto avere delle
conseguenze gravi per lo sviluppo ulteriore del movimento, il
Politburo del Comitato Centrale del PCJ decise questa volta di
limitarsi ad avvisare il Komintern che sarebbe stato creato il governo
provvisorio, ma non che l'AVNOJ avrebbe dovuto decidere di togliere la
legittimità al governo del re e proibire al re il ritorno nella
Jugoslavia.

Sicché Tito, il 26 novembre, mandò a Mosca il telegramma seguente:

"Il 28 novembre inizia la seduta plenaria del Consiglio Antifascista
di Liberazione Popolare della Jugoslavia. L'ordine del giorno:
Riorganizzazione del Consiglio in organo legislativo temporaneo dei
popoli jugoslavi. Secondo: creazione del Comitato Nazionale, in vece
del potere esecutivo provvisorio, responsabile al Consiglio.

Si sono svolte già le sedute dei Consigli nazionali in Slovenia,
Croazia, Bosnia-Erzegovina, in Montenegro e in Sangiaccato, e in
queste sedute sono stati eletti i delegati che prenderanno parte alla
Seduta Plenaria. Sono stati eletti anche i delegati in Macedonia – fra
loro Dmitar Vlahov e Vlada Pop Tomov. Anche la Serbia ha mandato i
suoi delegati.

Sono arrivati già più di 200 delegati da varie parti del paese.
Sarebbe opportuno inviare loro i saluti dal Comitato panslavo. Questo
avrebbe un effetto positivo per lo sviluppo ulteriore della lotta di
liberazione nella Jugoslavia e nei Balcani."

L'AVNOJ tenne la sua seduta plenaria nella sala della ex società
ginnica di Sokol ("Il falco"). L'edificio in cui si trovava quella
sala era stato incendiato durante il primo attacco partigiano alla
città, ma appena fu liberata Jajce l'edificio fu ristrutturato, e
diventò Casa della Cultura. In quella sala il Teatro della liberazione
popolare rappresentava "Il Revisore" di Gogol ed altre pièces teatrali
che dipingevano la vita partigiana. Adesso la sala era stata addobbata
per la seduta plenaria dell'AVNOJ. Il podio era avvolto nelle
bandiere: quella jugoslava con la stella rossa in mezzo, poi la
sovietica, quella americana e l'inglese. La seduta si svolse soltanto
nel corso di una notte.

Proprio il giorno dell'apertura della Seconda seduta plenaria
dell'AVNOJ perse la vita per una bomba tedesca Ivo Lola Ribar, membro
dello Stato Maggiore. Era stato designato, insieme a Vladimir Velebit
e Milivoje Milovanovic, per la prima missione dello Stato Maggiore
partigiano mandata allo Stato maggiore degli Alleati in Medio Oriente.
Doveva partire con un aereo per l'Italia, ma gli aerei britannici non
poterono atterrare. Proprio in questi giorni un ufficiale dei
domobrani (collaborazionisti) da Zagabria era fuggito su di un aereo
tedesco "Dornier 17". Fu presa la decisione di inviare in Italia, con
quell'aereo recuperato, la delegazione jugoslava insieme ai due
ufficiali britannici. Da un improvvisato aeroporto partigiano il
nostro aereo era già pronto per mettersi in volo, quando da dietro una
montagna spuntò un aereo di esplorazione tedesco. Si precipitò subito
sul gruppo di gente che saliva sull'aereo e sganciò due bombe da un
centinaio di metri di altezza. Così persero la vita Ivo Lola Ribar, il
capitano inglese Donald Night, il maggiore inglese Robin Wederlee e un
partigiano che si trovava li per caso. Il fratello più giovane di Ivo
Lola Ribar, Jurica, pittore di fama, era caduto un mese prima in uno
scontro con i cetnizi in Montenegro.

Il padre di Lola Ribar, dottore Ivan Ribar, proprio quel giorno era
giunto dalla Slovenia a Jajce per assistere alla Seduta plenaria
dell'AVNOJ. Lui non sapeva affatto ne' che il figlio minore Jurica era
caduto ne' della tragica morte del figlio maggiore Ivo, appena
avvenuta. Quando giunse presso Tito, questi gli disse che Lola era
caduto la mattina. Il vecchio padre non pianse, chiese soltanto:
- Ma Jurica, che si trova lontano, sa della morte del fratello?
Quando sentirà che il fratello è caduto, sarà molto colpito...
Soltanto il quel momento Tito capì che il vecchio non sapeva di aver
perso anche il figlio minore. Tito rimase in silenzio per alcuni
secondi, riflettendo su cosa dire, poi si avvicino al vecchio Ribar,
gli prese la mano e gli disse piano:
- Anche Jurica è caduto in un scontro con i cetnizi in Montenegro, un
mese fa...
Il vecchio Ribar tacque, poi abbracciò Tito:
- È molto dura questa nostra lotta - disse...

La stessa sera si svolse il funerale di Lola Ribar. Un battaglione
della I brigata proletaria era stato posto come guardia d'onore nel
centro di Jajce. Per ultimo, dal figlio si era accomiatato il vecchio
padre. Con una voce forte, che soltanto qualche volta gli tremò, si
rivolse ai combattenti della Prima brigata proletaria:
- "Nessuna forza potrà fermare il popolo di questo paese nella lotta
di liberazione"...
Poi, la bara con il corpo di Lola Ribar fu portata in un posto
segreto, visto che esisteva il pericolo che i tedeschi o cetnizi
scoprissero la tomba e distruggessero la salma.

La Seconda seduta plenaria dell'AVNOJ è stata per la Jugoslavia
l'evento più significativo nella Seconda guerra mondiale. Essa ha,
infatti, posto le fondamenta del nuovo Stato. In questa seduta,
innanzitutto è stato creato il Comitato Nazionale, organo esecutivo
dell'AVNOJ, con funzione di governo provvisorio. Nella Seconda seduta
plenaria dell'AVNOJ è stata votata la decisione che si togliesse il
diritto, al governo in esilio, di continuare a rappresentare il
governo della Jugoslavia. È stato deciso ugualmente di vietare al re
Pietro e agli altri membri della dinastia Karadjordjevic di tornare in
Jugoslavia. La forma definitiva del governo del futuro stato –
monarchia o repubblica – sarebbe stata decisa dopo la guerra. È stato
proclamato che la nuova Jugoslavia sarebbe stata costituita su base
federale.
È stato pure deciso di rivolgere un appello al governo americano
perchè bloccasse le riserve auree della Jugoslavia, che erano state
portate a Washington per sottrarle ad Hitler, e che al momento
venivano spese e sprecate senza il minimo scrupolo dal governo in esilio.
Su proposta di Josip Vidmar, nell'esercito di liberazione è stato
introdotto il titolo di maresciallo. Già quando era stato deciso da
parte dello Stato Maggiore che nell'esercito di liberazione fosse
introdotto il grado di generale, Kardelj aveva proposto che si
introducesse anche il titolo di maresciallo, ma Tito non aveva
accettato. Invece, nella Seconda seduta plenaria dell'AVNOJ la
delegazione slovena ha portato la stessa proposta e questa è stata
accettata, con applausi da tutti i presenti. Quando l'AVNOJ ha
attribuito a Tito questa carica egli è stato molto commosso.

Quando la Seconda seduta plenaria dell'AVNOJ fu conclusa il CC del PCJ
mandò a Mosca il seguente telegramma:

"Alla fine di novembre si è tenuta a Jajce la Seconda seduta
plenaria dell'AVNOJ, dopo che sono state tenute le sedute territoriali
dei Consigli della Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, del
Sangiaccato e del Montenegro. Di 208 delegati, eletti da tutti i
popoli jugoslavi, ne erano presenti 142 che portavano le deleghe per
altri 66 delegati assenti con diritto al voto. La composizione delle
delegazioni nazionali indica che il movimento di liberazione
nazionale raduna nella maniera più larga possibile componenti di tutti
i gruppi democratici, e i lavori della Seduta plenaria si sono
trasformati in una manifestazione della profonda unità e fratellanza
di tutti i popoli della Jugoslavia. La principale relazione sullo
sviluppo della lotta di liberazione dei popoli jugoslavi, nonché sugli
eventi internazionali, è stata pronunciata da Josip Broz Tito ed è
stata accettata con i più grandi applausi ed altrettanto entusiasmo. –
Il delegato bosniaco dottor Vojislav Kecmanovic, leader della SDS
(Partito Democratico Serbo), ha proposto tre decisioni di massima
importanza:
- Primo: l'AVNOJ si costituisce come massimo organo legislativo e
rappresentativo, la cui presidenza nominata il Comitato di Liberazione
Jugoslavo con il carattere di governo provvisorio.
- Secondo: Si pone il principio federale come principio costituente
della Jugoslavia.
- Terzo: Si tolgono tutti i diritti ai governi in esilio e si vieta il
ritorno nel paese al re Pietro fino alla liberazione dell'intero
paese, quando sarà risolta definitivamente la questione della
monarchia o della repubblica.
- Sono state prese altre decisioni importanti:
- Su proposta della delegazione slovena è stato introdotto il titolo
di Maresciallo della Jugoslavia nell'esercito di liberazione popolare.
- Su proposta della stessa delegazione slovena e con lunghi e
calorosi applausi dei delegati presenti al Consiglio, questo titolo è
stato assegnato al comandante supremo Tito.

La presidenza eletta nel Consiglio è composta da 63 delegati. Il
presidente è il dottor Ivan Ribar, i vicepresidenti sono Mosa Piade,
Antun Augustincic, Josip Rus, Marko Vujacic e Dmitar Vlahov, il
segretario Rodoljub Ciolakovic e Radonja Golubovic e ancora 56 mombri
della presidenza.
La Presidenza ha nominato il Comitato nazionale con la composizione
seguente: presidente e fiduciario della difesa popolare Josip Broz
Tito, vicepresidenti Edvard Kardelj e Vladislav Ribnikar come
fiduciario dell'informazione con Bozidar Magovac; fiduciario degli
affari esteri il dottor Josip Smodlaka, fiduciario degli interni Vlada
Zecevic, dell'istruzione Edvard Kocbek, dell'economia Ivan
Milutinovic, delle finanze Dusan Senec, del traffico Sreten
Zujovic-Crni, della sanità Milivoj Jambresak, della ripresa economica
Teodor Vujasinovic, delle politiche sociali dottor Ante Krzisnik,
della magistratura Frane Frol, delle risorse allimentari Mile
Perinicic, dell'edilizia dottor Rade Pribicevic, delle foreste e delle
miniere Sulejman Filipovic.

30.XI.1943"

La seduta dell'AVNOJ si è tenuta contemporaneamente con la Conferenza
di Teheran fra Churchill, Roosvelt e Stalin. In questa conferenza,
come è noto, accanto alle questioni di strategia generale della guerra
contro Hitler, accanto alla questione dell'apertura del Secondo fronte
ed alla precisazione della data dell'apertura, si è discusso anche del
contributo della Jugoslavia nella guerra contro le forze dell'Asse.
Roosvelt, Stalin e Churchill hanno costatato che la forza principale
che ha combattuto contro i tedeschi è l'Esercito di Liberazione
Popolare sotto il comando di Tito.
Finalmente, dopo due anni e mezzo di tentativi e lotte costanti, dopo
una congiura da parte quasi del mondo intero perchè la verità sulla
Jugoslavia non venisse fuori, questa ingiustizia è stata finalmente
rettificata.
Con la decisione di Teheran i partigiani nella Jugoslavia sono stati
di fatto accettati come esercito di liberazione. E questo fatto è
stato approvato con la decisione formulata dai tre capi della
coalizione anti-hitleriana. Nella dichiarazione sulle decisioni prese
a Teheran al primo posto è stato messo il punto del riconoscimento dei
partigiani jugoslavi, al secondo l'entrata della Turchia in guerra, al
terzo la questione bulgara, al quarto – che l'apertura del secondo
fronte, cioè l'operazione "Overlord", debba iniziare nel maggio del
1944, al quinto che gli Stati Maggiori degli Alleati anche in seguito
debbano consultarsi sulle operazioni militari future delle loro
armate. Il testo completo sugli aiuti ai partigiani jugoslavi è il
seguente:

"La Conferenza è d'accordo che i partigiani nella Jugoslavia debbano
essere aiutati con materiale bellico e provviste in massimo grado
nonché con le operazioni dei commandos."

Questa formulazione l'hanno firmata insieme Churchill, Stalin e
Roosvelt il 1. dicembre 1943.

Sulle decisioni concrete di Jajce Tito non aveva avvisato in anticipo
i rappresentati di nessuna delle grandi forze mondiali, anche se nei
tratti principali le aveva comunicate sia al governo dell'URSS, con il
telegramma sopra citato, sia al generale Fitzroe MacLean, capo della
Missione militare alleata presso lo Stato Maggiore. Queste decisioni
erano una questione jugoslava, e spettavano come diritto esclusivo ai
popoli jugoslavi; queste decisioni erano basate sui principi per i
quali combattevano le Nazioni Unite nella Seconda guerra mondiale.
Nella risoluzione dell'AVNOJ si dice testualmente:

"I popoli della Jugoslavia con gioia accettano e salutano le
risoluzioni della conferenza di Mosca dei rappresentanti dei governi
dell'URSS, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti d'America, le quali
garantiscono a tutti i popoli il diritto di esprimere liberamente la
propria volontà e di decidere da soli della propria organizzazione
statale. Questa decisione è di massima importanza anche per i popoli
jugoslavi che con la loro insistente ed ostinata lotta di liberazione
hanno dimostrato la propria volontà nonché la capacità di porre le
fondamenta della loro comune futura patria, di una vera democrazia e
della vera uguaglianza tra i popoli."


FONTE: Vladimir Dedijer: TITO,
Kultura, Beograd, 1953 (pp.377-384)
Traduzione di JT, revisione del testo italiano a cura di AM.
I nomi anglosassoni, riportati nella trascrizione fonetica tipica del
serbocroato, potrebbero essere stati riprodotti qui in maniera non
rigorosa.

DOPO LA MADDALENA VIA TUTTE LE BASI STRANIERE

1. Comunicato stampa: dopo La Maddalena via tutte le basi straniere
(Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq)

2. REPORT DELL’INCONTRO NAZIONALE “SMOBILITIAMO LE BASI MILITARI E GLI
ARSENALI NUCLEARI”
(Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq)

3. UNA BUONA GIORNATA PER LA SARDEGNA E PER IL MOVIMENTO CONTRO LA
PRESENZA DI BASI MILITARI USA E NATO IN ITALIA (Bruno Steri)

4. Ma in Italia rimangono 10 porti nucleari / Un ritiro all'ombra delle
urne / Il disastro nucleare nel 2003 alla Maddalena fu vicino alla costa
da Il Manifesto del 22 e 23/11/2005


=== 1 ===
 
COMUNICATO STAMPA

DOPO LA MADDALENA VIA TUTTE LE BASI STRANIERE

Le recenti dichiarazioni del ministro Martino sull’intenzione, da parte
dell’amministrazione statunitense, di rinunciare all’approdo per i
sommergibili nucleari della Maddalena e all’ampliamento di quella base,
rappresenta un segnale positivo, frutto essenzialmente della
mobilitazione delle popolazioni sarde che da sempre si oppongono alla
militarizzazione del proprio territorio.

Per ora l’annuncio del ministro italiano della Difesa rappresenta
soltanto un primo passo, seppur importante, ma occorre vigilare e
continuare a mobilitarsi in tutte le forme possibili affinché gli
apparati militari statunitensi e della Nato avvertano costantemente la
richiesta di smilitarizzazione dei territori che proviene da alcune
forze politiche e sindacali del nostro paese, ma in particolare dai
comitati e dalle comunità locali che da anni si sono organizzate per
chiedere la chiusura delle innumerevoli basi militari imposte al nostro
paese da una relazione di sudditanza nei confronti di Washington e che
trasformano la penisola in una enorme portaerei al servizio della
strategia di guerra statunitense.

Occorre continuare a mobilitarsi affinché la dichiarazione di Martino
abbia un seguito concreto e affinché allaauspicabile chiusura della
base della Maddalena segua anche lo smantellamento dei poligoni
militari italiani in Sardegna e delle basi USA e NATO in territorio
italiano.

Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq

viadaliraqora @ libero.it
348 - 7213312

=== 2 ===

REPORT DELL’INCONTRO NAZIONALE “SMOBILITIAMO LE BASI MILITARI E GLI
ARSENALI NUCLEARI”

Giovedì 17 novembre, presso la Sala delle Colonne della Camera dei
deputati, si è tenuto un importante e riuscito incontro nazionale teso
a rilanciare la mobilitazione democratica e popolare contro le basi
militari straniere e le armi nucleari in Italia. Partendo dal convegno
di Pisa del dicembre scorso (“Mediterraneo para bellum”), si è avviata
in Italia unainteressante fase di confronto e iniziativa che ha
l’obiettivo di portare la questione della smobilitazione delle basi
militari dentro l’agenda politica e di trasferirla dal piano della
denuncia a quella della vertenza concreta.

Due Progetti di Legge come strumento di iniziativa

Per l’occasione sono stati presentati due progetti di legge a firma del
deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli. Il primo (PdL n. 5971) riguarda
l’indizione di un referendum consultivo sullo smantellamento degli
armamenti nucleari presenti sul territorio nazionale, teso a dare ai
cittadini la possibilità di esprimersi sull’opportunità di mantenere
negli insediamenti militari italiani e stranieri, nonché nei poligoni
di tiro, a costi elevatissimi per l’intera collettività, dispositivi
nucleari che comportano, per tipologia e caratteristiche intrinseche,
un elevato rischio per la popolazione, sia sotto il profilo ambientale
che sotto il profilo sanitario. Il secondo (PdL n.6100), propone la
desecretazione automatica di tutti i documenti coperti da segreto di
stato la cui stipula risalga ad oltre 25 anni fa. Nel nostro paese,
infatti, poco o nulla si è fatto per garantire che i cittadini
potessero avere accesso reale alle informazioni, in particolare a
quelle che riguardano i rapporti e i patti di collaborazione stipulati
negli anni dal Governo italiano con altre nazioni o organismi
sovranazionali e a quelle inerenti le attività dei servizi di
sicurezza. La nostra storia recente dimostra che, proprio riguardo a
questi ultimi due temi, l’apposizione sistematica del segreto di Stato
ha inciso negativamente sia sui rapporti tra l’opinione pubblica e
l’esecutivo – come dimostra la crescente ostilità di quelle popolazioni
costrette a convivere sul proprio territorio con basi militari
straniere insediate grazie a patti bilaterali segreti - sia
sull’accertamento della verità riguardo a una serie di tragici
avvenimenti che sconvolsero la vita del Paese negli anni settanta e
ottanta del secolo scorso, durante il periodo della cosiddetta «
strategia della tensione », e di cui ancora nulla si conosce per quanto
concerne le responsabilità e i ruoli ricoperti da apparati dello Stato
in seno alle trame eversive che segnarono quegli anni.

Una partecipazione ampia a qualificata alla discussione

La discussione dell’incontro del 17 novembre è stata introdotta da
Sergio Cararo a nome del Comitato per il ritiro dei militari italiani
dall’Iraq. Sono poi intervenuti i parlamentari Mauro Bulgarelli
(deputato dei Verdi, firmatario e presentatore dei due Progetti di
Legge), Luigi Malabarba (PRC), Luciano Pettinari (DS). Hanno portato il
loro contributo Giovanni Franzoni (Associazione l’Iraq agli iracheni),
Gavino Sale (IRS, Sardegna), Valter Lorenzi (Comitato per la
riconversione di Camp Darby), Lisa Clark (Beati Costruttori di pace),
Angelo Baracca e Mauro Cristalli (Scienziate/i contro la guerra),
Massimo Paolicelli (LOC), Alessandro Bombassei (CPA, Firenze), Bruno
Steri (L’Ernesto), Alfonso Navarra (pacifista storico), Fulvio
Grimaldi, Vincenzo Miliucci (Cobas), Orsola Mazzola (Comitato gettiamo
le basi di Bologna). Messaggi sono giunti dal consiglio comunale di
Colle Solvetti (Livorno) che ha approvato un ordine del giorno per lo
smantellamento della base di Camp Darby, da Raniero La Valle (autore
nel 1984 di una proposta di legge analoga a quella presentata
quest’anno), dai consiglieri del PRC della Sardegna, dal Comitato
contro l’allargamento della base diEderle (Vicenza), dallo Slai Cobas
di Taranto.

Proposte di lavoro per i prossimi mesi

1) Il Comitato nazionale per il ritiro dei militari dall’Iraq da tempo
è impegnato affinché lo smantellamento delle basi militari e delle armi
nucleari diventi un punto centrale nell’iniziativa del movimento contro
la guerra. Con questoobiettivo invita tutti i comitati locali e le
realtà del movimento contro la guerra a gestire questi due progetti di
legge sia a livello nazionale che nei territori con assemblee popolari,
inclusive ed aperte in cui la presentazione dei progetti di legge possa
essere una occasione di confronto e di proposte operative.

2) Interessante in tal senso è il questionario approntato dal Comitato
di Camp Darby con cui indagare il rapporto tra le comunità locali e la
presenza delle basi militari. Il questionario è disponibile per chi
fosse interessato a utilizzarlo nella propria situazione (adeguandolo
ovviamente alla propria realtà specifica).

3) Invita inoltra a fare della giornata del 3 febbraio (anniversario
della strage del Cermis) una data simbolica per iniziative in tutte le
città contro la presenza delle basi militari USA/NATO con presidi, sit
in, mostre sotto le sedi delle Regioni, avviando così una fase di
pressing stretto teso a farle pronunciare contro l’allargamento e/o la
presenza delle basi militari e delle armi nucleari.

Nei prossimi giorni invieremo una bozza di programma per dettagliare la
giornata del 3 febbraio.

In calendario anche la proposta diiniziative contro le armi nucleari
per l’8 luglio, data del pronunciamento della Corte Internazionale
secondo cui le armi nucleari sono illegali.

Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq

viadaliraqora @ libero.it
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=== 3 ===

UNA BUONA GIORNATA PER LA SARDEGNA E PER IL MOVIMENTO CONTRO LA
PRESENZA DI BASI MILITARI USA E NATO IN ITALIA

La lotta comincia a pagare. Beninteso: nessuna facile illusione, poiché
sappiamo che la strada è ancora lunga e per nulla agevole. Ma
l’annuncio di ieri del ministro della Difesa Antonio Martino circa il
ritiro dei sommergibili nucleari Usa da La Maddalena è in ogni caso da
considerarsi una vittoria del movimento sardo contro le basi e i
poligoni militari e, in generale, del movimento contro la guerra nel
nostro paese.

E’ veroinfatti che, benché preannunciato, non è stato ancora
esplicitato un calendario preciso in attuazione della suddetta
decisione; che, ritirati dalle nostre acque territoriali, i
sommergibili nucleari restano tuttavia quali strumenti essenziali nella
ridislocazione delle forze Usa in Europa; che la base della Maddalena
permane comunque attiva nel cuore di un parco naturalistico nazionale;
e, infine, che resta il peso intollerabile delle servitù militari, che
fanno della Sardegna la regione più militarizzata d’Italia.

Tuttavia, non può sfuggire - accanto all’effetto pratico di liberare le
coste sarde da veicoli di morte, pericoli potenziali per la popolazione
residente e l’ambiente - il significato politico, altamente
emblematico, di tale decisione. Le operazioni militari hanno bisogno di
complicità e silenzio dei mezzi diinformazione: precisamente il
contrario di quel che molti cittadini sardi sono ormai disposti a
concedere. Le lotte, nonché la pubblicità e l’informazione dettagliata
che si riesce a raccogliere attorno ad esse, sono un ingombro che può
risultare insopportabile. E quando le istituzioni locali mostrano -
come in questo caso - la necessaria determinazione, offrendo
un’adeguata sponda politica, ancor più sabbia può entrare a minare
l’ingranaggio bellico. Il ministro ha tra l’altro negato che fossero
operativi piani per un consistente ampliamento della stessa base de La
Maddalena. In realtà il progetto c’era (comprovato da relativa
documentazione riservata): e ora è tutt’altro che trascurabile il fatto
che vi sia una retromarcia formalmente impegnativa.

Occhi aperti, dunque; non è che l’inizio. Questo passaggio serve a dare
forza per perseguire con crescente determinazione l’obiettivo della
chiusura totale della base. Nonché per estendere tale richiesta,
innanzitutto, ai poligoni di Quirra e Capo Teulada, restituendo i
relativi territori (oggi devastati dalle attività militari) a chi vi
abita e reimpiantandovi lavoro, salute e tutela dell’ambiente. Siamo
assolutamente soddisfatti di apprendere che “la Sardegna è territorio
ostile” (ovviamente, per i signori della guerra). Siamo fiduciosi che
si dimostrino “ostili” tutti i territori in cui ad oggi permangono (e
si allargano) basi militari Usa e Nato. Un caloroso saluto alle
compagne e ai compagni sardi

Bruno Steri
(Area Prc – Essere Comunisti)

 Roma, 23 novembre 2005  

=== 4 ===

Il Manifesto, 23/11/2005

Ma in Italia rimangono 10 porti nucleari

Quello della Maddalena non sarà il primo porto nucleare a chiudere i
battenti. Da quando il manifesto, nel febbraio 2000, portò alla luce
l'esistenza di ben 12 porti nucleari in Italia, rigorosamente tenuti
segreti, in ognuna delle città coinvolte si avviarono mobilitazioni per
la chiusura. La prima, e fino a ieri l'unica, a ottenerla, era stata
quella di Genova, in virtù dell'impegno diretto del comune e del fatto
che si tratta di una città d'arte. Ma questa volta non si tratta solo
del ritiro di una concessione all'approdo per imbarcazioni a
propulsione atomica. Alla Maddalena c'è una nave-appoggio Usa con un
migliaio di marines a bordo, e lì vengono effettuate anche riparazioni.


MADDALENA
Un ritiro all'ombra delle urne

MANLIO DINUCCI

Dopo aver annunciato, all'unisono con il presidente del consiglio
Berlusconi, che le truppe italiane si ritireranno dall'Iraq alla fine
del 2006 «secondo tempi e modi che saranno delineati entro il prossimo
gennaio», il ministro della difesa Martino ha fatto un altro
sensazionale annuncio: i sottomarini Usa di Santo Stefano, La
Maddalena, saranno trasferiti fuori dal territorio nazionale della
base. L'operazione, che «si inserisce nel quadro di ridislocazione
delle forze Usa in Europa», sarà compiuta «secondo tempi e modi che
dovranno essere definiti più avanti», come stabilito con il collega Usa
Rumsfeld. La notizia è stata definita dal presidente Soru «fantastica».
Soru ha indubbiamente tutte le ragioni per gioire: comunque sia,
l'annuncio del governo Berlusconi che i sottomarini Usa saranno
trasferiti «fuori dal territorio nazionale della base» è certamente
frutto del crescente movimento popolare le cui richieste sono state
fatte proprie dal consiglio regionale sardo. A far crescere la
preoccupazione e quindi l'opposizione popolare alla presenza della base
sono stati in particolare gli incidenti dei sottomarini a propulsione
nucleare, dei quali la popolazione e anche le autorità sono state
tenute all'oscuro. Tra questi, l'incidente del sottomarino Hatford
incagliatosi nelle acque dell'arcipelago maddalenino nell'ottobre 2003,
rivelatosi molto più grave (v. il manifesto di ieri [VEDI SOTTO]) di
quanto dichiarò allora il contrammiraglio Stanley, che parlò di
«incidente di piccola entità». Detto questo, occorre però recepire
l'annuncio del ritiro dei sottomarini Usa, così come quello del ritiro
delle truppe italiane dall'Iraq, con estrema prudenza.

Anzitutto, stando ai comunicati delle agenzie, non si parla di chiusura
della base della Maddalena ma di trasferimento dei sottomarini «fuori
dal territorio nazionale della base». In secondo luogo non si prende
alcun impegno sui tempi del presunto trasferimento, che dovrebbe essere
attuato «secondo tempi e modi che dovranno essere definiti più avanti».
Può apparire invece credibile che, «nel quadro di ridislocazione delle
forze», il Pentagono stia studiando una diversa dislocazione dei
sottomarini. Sarebbe invece pericolosamente illusorio pensare che il
Pentagono intenda diminuire la presenza di forze militari Usa in Italia
e nel Mediterraneo. Basti ricordare che la marina Usa ha il suo centro
principale a Napoli, dove è stato trasferito il quartier generale delle
Forze navali Usa in Europa che prima era a Londra, e che, oltre a La
Maddalena, dispone della base aeronavale di Sigonella e si sta
preparando a utilizzare più efficamente il porto di Taranto. In tal
modo il Pentagono sta trasformando sempre più l'Italia in trampolino di
lancio della «proiezione di potenza» statunitense verso sud e verso
est. Il fatto che il «ritiro» dei sottomarini Usa sia stato annunciato
contemporaneamente a quello delle truppe italiane dall'Iraq non è
casuale. Il governo di centrodestra vende in realtà la pelle dell'orso,
ben sapendo che a decidere non è Roma ma Washington e che a promettere
qualcosa da attuare dopo le elezioni non rischia nulla. Intanto, però,
con tali promesse spiazza il centrosinistra, il cui impegno sul ritiro
delle truppe dall'Iraq è estremamente titubante e quello sulle basi Usa
in Italia assolutamente assente. La sinistra si èinfatti da tempo
ritirata dalla lotta contro le basi Usa in Italia: questo è il vero
ritiro, che continua a pesare sul quadro politico italiano.


http://italy.indymedia.org/news/2005/11/929436.php

Il disastro nucleare alla Maddalena fu vicino alla costa. Notizia non
ripresa da nessuno
[da Il Manifesto del 22/11/2005]

Disastro nucleare vicino alla costa

Un istituto statale di studi francese rivela: il sottomarino Usa
Hartford il 25 ottobre 2003 si incagliò su uno scoglio tra La Maddalena
e Caprera, a pochi metri dal centro abitato e non in mare aperto come
avevano sostenuto gli americani. E i danni furono ingenti, mentre i
comandi minimizzarono
COSTANTINO COSSU
OLBIA

Il 25 ottobre del 2003 l'Uss 768 Hartford, un sommergibile ad armamento
atomico della Us Navy, lascia la base appoggio della Maddalena per
raggiungere il mare aperto, ma dopo poche miglia s'incaglia. Lo scafo è
gravemente danneggiato. Viene sfiorato il disastro nucleare. Tutto,
però, resta segreto sino al 18 novembre, quando, in una nota ufficiale,
i comandi americani annunciano: «Alle 12,40 del 25 ottobre il
sottomarino Uss Hartford della Marina degli Stati Uniti ha lievemente
toccato il fondale mentre navigava a est dell'isola di Caprera. Nessun
pericolo. Solo lievi graffi alla vernice dello scafo». Ora si scopre
che i militari Usa mentivano due volte. Mentivano sulla posizione del
sommergibile al momento dell'impatto e mentivano sulla gravità
dell'incidente. Il quotidiano La Nuova Sardegna ha pubblicato ieri un
rapporto dell'Irsn (Institut de radioprotection et de sureté
nucléaire), ente francese di controllo che risponde ai ministeri della
difesa, della sanità e dell'ambiente, che svela come l'incidente
dell'Hartford avvenne non ad oriente ma ad occidente di Caprera, e più
esattamente nello stretto braccio di mare che separa l'isola dalla
Maddalena, a poche centinaia di metri dalla città e dalla base di Santo
Stefano. A rischio è dunque stato, direttamente, il centro abitato della
Maddalena e la stessa base americana. Ma non basta. Dando un'occhiata
al sito web della Us Navy si scopre che è la stessa marina statunitense
ad ammettere che l'entità dei danni all'Hartford è stata molto grave.
Nel luglio del 2004, in occasione della cerimonia del cambio di
consegne della Emory Land, la nave appoggio intervenuta a riparare i
danni dell'Hartford il giorno dell'incidente, viene diffuso un
opuscolo, leggibile on line, che racconta alcuni episodi in cui i
membri dell'equipaggio si sono segnalati per la loro professionalità.
Si legge tra l'altro nel documento: «Nell'ottobre del 2003 l'equipaggio
della Emory Land ha eseguito lavori d'emergenza sull'Uss 768 Hartford
che si era incagliato. I sommozzatori, al lavoro ventiquattrore su
ventiquattro in condizioni di mare pessime e in tempi ristretti, hanno
effettuato lavori di riparazione che hanno richiesto saldature e tagli
per portare l'Hartford a condizioni di sicurezza tali da consentire il
ritorno del sottomarino negli Stati Uniti. L'equipaggio ha dimostrato
una qualità di primo livello e ha realizzato una delle imprese più
grandi di lavori subacquei mai eseguiti da una nave appoggio».

Altro che qualche graffio alla vernice del sottomarino, come ha tentato
di far credere il comando della Sesta Flotta. D'altra parte, la
versione che puntava a minimizzare la portata dell'incidente era già
stata smentita il 22 dicembre del 2003 da un piccolo quotidiano di
provincia americano, il The Day, che si stampa a New London, nel
Connecticut. Robert Hamilton, un cronista del giornale, andò a vedere
l'Hartford quando il sommergibile arrivò nei cantieri di Norfolk, in
Virginia, per essere riparato, e scoprì che metà del timone era stata
strappata via e che lo scafo era stato squarciato, tanto che venne
presa in considerazione l'ipotesi di rottamare il sottomarino. L'anno
scorso, poi, il 16 febbraio, il portavoce della Us Navy Robert Mehal,
dichiarò ai giornalisti: «I nostri tecnici hanno stimato che per
riparare l'Hartford occorreranno 9,4 milioni di dollari. I costi sono
stati sensibilmente ridotti perché non sarà costruito un timone nuovo;
sarà infatti utilizzato il timone del sommergibile, della stessa classe
Uss, Baltimore, dismesso nel 1998».

Insomma, che il 25 ottobre del 2003 alla Maddalena sia stato sfiorato
il disastro nucleare ormai non ci sono più dubbi. Ed è agghiacciante
scoprire ora, grazie al rapporto dei tecnici francesi, che un incidente
che poteva avere effetti devastanti sia avvenuto a poche centinaia di
metri dal porto della Maddalena, vicinissimo al centro della città, in
un tratto di mare che anche d'inverno è intensamente trafficato. Alla
Maddalena, intanto, la tensione cresce. Pochi giorni fa il consiglio
comunale all'unanimità ha respinto come inaccettabile il piano di
evacuazione dell'arcipelago in caso d'incidente nucleare presentato
dalla prefettura di Sassari. Il piano è largamente al di sotto della
gravità della situazione, che continua ad essere sottovalutata. Per
fare un solo esempio, il monitoraggio di eventuali fughe radioattive è
affidato all'Asl di Olbia, che si serve di strumenti vecchi e del tutto
inadeguati.

Da: ICDSM Italia
Data: Sab 26 nov 2005 15:48:31 Europe/Rome
A: icdsm-italia @yahoogroups.com, aa-info @yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] MILOSEVIC DEVE ESSERE LIBERATO!


[ The following is the traslation into italian language of the texts
distributed by ICDSM and SLOBODA on Nov. 18th - see:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/206 ]

MILOSEVIC DEVE ESSERE LIBERATO!

Di seguito i materiali prodotti nella recente riunione congiunta
dell'ICDSM e dell'Associazione SLOBODA, a Belgrado il 12 novembre u.s.;
essi riguardano in particolare la richiesta di una sospensione del
"processo" per almeno 6 settimane viste le preoccupanti condizioni di
stress cui è sottoposto Milosevic - vedi bollettino medico allegato; si
veda anche l'accluso elenco delle violazioni dei diritti elementari ai
danni di Milosevic e dei suoi familiari.

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)


da  : "Vladimir Krsljanin"
Data      : venerdì, 18 novembre 2005, 19:46:33 +0100
Soggetto : ICDSM: Slobodan Milosevic deve essere liberato per cure
mediche!

**************************************************************
INTERNATIONAL COMMITTEE TO DEFEND SLOBODAN MILOSEVIC
ICDSM           Sofia-New York-Mosca            www.icdsm.org
**************************************************************
Velko Valkanov, Ramsey Clark, Alexander Zinoviev (Co-Presidenti),
Klaus Hartmann (Presidente del Comitato), Vladimir Krsljanin
(Segretario), Christopher Black (Presidente della Commissione Legale),
Tiphaine Dickson (Portavoce Legale)

**************************************************************
18 novembre 2005                             Circolare Speciale
**************************************************************

In questo documento:
1. Raccolta di firme di iniziativa popolare in Serbia
2. Comunicato stampa dell’Associazione Sloboda-Libertà
3. Lettera al Consiglio di Sicurezza dell’ONU
4. Conclusione urgente dell’ICDSM e dell’Associazione “Sloboda”
5. Conclusione del team internazionale di specialisti medici
6. Libertà per Slobodan Milosevic! – Dichiarazione dell’ICDSM adottata
a Belgrado nella sessione di novembre.

********************************************************
Belgrado, 18 novembre. L’Associazione SLOBODA - Libertà ha iniziato a
raccogliere le firme per una iniziativa popolare in modo da imporre
all’agenda del Parlamento Serbo la richiesta della liberazione
temporanea del Presidente Milosevic per il suo stato preoccupante di
salute e per garantirgli cure appropriate. Secondo la Costituzione
Serba, sono necessarie 15.000 firme per questa iniziativa.
**************************************************************
COMUNICATO STAMPA
           
Il comportamento del “tribunale” dell’Aja mette in gioco la vita del
Presidente Milosevic.
É necessaria una reazione immediata delle autorità in carica e di
tutta la società in Serbia, come pure del Consiglio di Sicurezza
dell’ONU, per far cambiare questo comportamento.
Un team internazionale di medici specialisti dalla Francia, dalla
Russia e dalla Serbia, che hanno visitato il Presidente Milosevic il 4
novembre, ha concluso che per lui sono necessarie almeno sei settimane
di riposo totale, senza alcuna attività fisica o mentale. Sia ben
chiaro che il peggioramento delle condizioni di salute del Presidente
Milosevic sono da imputarsi solamente a questo “tribunale”.
Ciononostante, in questi giorni il “tribunale” ha lanciato una
pericolosa ed insolente sfida ai diritti dell’uomo, all’Organizzazione
delle Nazioni Unite, alla professione medica e giuridica, respingendo
gli accertamenti e le conclusioni dei medici specialisti, e imponendo
al Presidente Milosevic, malato, di comparire nell’aula del tribunale,
un atto che ha messo in pericolo la vita stessa del Presidente.
Noi facciamo appello a tutti i medici, ai giuristi, alle istituzioni
per la tutela dei diritti dell’uomo e a tutta la gente onesta di questo
e degli altri paesi ad unirsi all’appello del Comitato Internazionale
per la Difesa di Slobodan Milosevic e dell’Associazione Libertà, perché
si agisca immediatamente per fermare il crimine nella sua fase finale.
Il procedimento all’Aja deve essere sospeso e al Presidente Milosevic
devono essere riservate cure mediche adeguate in libertà, in modo da
renderlo idoneo, dopo il suo recupero, a continuare a prendere parte al
processo.

ASSOCIAZIONE LIBERTÀ - COMITATO NAZIONALE PER LA LIBERAZIONE DEL
PRESIDENTE SLOBODAN MILOSEVIC

Belgrado, 18 novembre 2005

************************************************

AI MEMBRI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA
AL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU
ALL’ALTO COMMISSARIO DELL’ONU PER I DIRITTI UMANI

Belgrado, 15 novembre 2005

L’Associazione Libertà-Sloboda di Belgrado si pregia di portare alla
vostra cortese attenzione e con urgenza alla vostra considerazione i
tre seguenti documenti che riguardano i diritti umani del Presidente
pluriennale della Serbia e della Jugoslavia, il Sig. Slobodan Milosevic
– il Comunicato congiunto del Comitato Internazionale per la Difesa di
Slobodan Milosevic e dell’Associazione Libertà-Sloboda, la Relazione
Conclusiva di specialisti medici dalla Francia, dalla Russia e dalla
Serbia che hanno esaminato di recente il Presidente Milosevic, e la
Dichiarazione del Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan
MILOSEVIC.

Noi riteniamo che Loro dovrebbero agire senza indugio, secondo la
vostra competenza e i diritti umani universalmente riconosciuti, in
modo da proteggere la vita e lo stato di salute del Presidente
Milosevic e da impedire la possibilità di un suo processo in absentia.

Rispettosamente,

Il Presidente del Comitato dell’Associazione per la Libertà-Sloboda
Bogoljub Bjelica


*********************************************************

COMUNICATO CONGIUNTO DEL COMITATO INTERNAZIONALE PER LA DIFESA DI
SLOBODAN MILOSEVIC E DELL’ASSOCIAZIONE LIBERTÀ-SLOBODA DOPO L’ASSEMBLEA
TENUTA A BELGRADO IL 12 NOVEMBRE 2005

           Il Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan
Milosevic e il Comitato Nazionale-Associazione “Sloboda” per la
Liberazione di Slobodan Milosevic hanno ricevuto, in data 4 novembre
2005, un bollettino medico relativo alle condizioni di salute del
Presidente Slobodan Milosevic, che suscita profonde preoccupazioni
presso i membri del Comitato Internazionale e Nazionale. Il suo stato
di salute risulta seriamente compromesso: questo è dovuto ai suoi
sforzi sovrumani nella lotta per far emergere la verità e alle
condizioni di detenzione nelle quali sta vivendo. Egli sta investendo
ulteriori sforzi per vincere in modo definitivo la sua battaglia per la
verità, e sta facendo tutto questo a detrimento della sua salute alla
luce delle minacce che ha subito da parte del Tribunale Internazionale
per i Crimini nella ex-Jugoslavia - ICTY -, che egli non accetta, e che
il Collegio di Difesa respingerà.
La nostra opinione è che il prezzo della sua difesa non deve essere
pagato a scapito della sua salute e della sua vita.
Noi domandiamo la sospensione immediata del processo almeno per un
periodo di 6 settimane, come proposto dai medici in modo da
consentirgli il riposo indispensabile e le cure mediche. Qualsiasi
tentativo di processarlo in absentia, e quindi abusare delle sue
deteriorate condizioni di salute, distruggerà ogni illusione su questo
procedimento.
"Il Tribunale" deve osservare il consiglio fornito dai medici e
mostrare rispetto del fatto che la vita umana e la salute sono valori
sopra tutti gli altri.
Quando le condizioni di salute del Presidente Milosevic saranno
ristabilite, egli continuerà con tutte le sue forze la lotta per la
verità e la giustizia che egli sta conducendo all’Aja a vantaggio e per
il benessere del popolo Serbo e dell’intera umanità.

in Belgrado, 12 novembre 2005

COMITATO INTERNAZIONALE PER LA DIFESA DI SLOBODAN MILOSEVIC
firmato
Ramsey Clark       Sergei Baburin         Velko Valkanov

ASSOCIAZIONE "SLOBODA" – COMITATO NAZIONALE PER LA LIBERAZIONE DEL
PRESIDENTE SLOBODAN MILOSEVIC
firmato
Bogoljub Bjelica

**********************************************************

CONCLUSIONI COLLETTIVE DOPO IL CONSULTO MEDICO SULLO STATO DI SALUTE
DEL SIGNOR SLOBODAN MILOSEVIC, EFFETTUATO IL 04.11.2005

Tenuto conto dei risultati degli esami medici consultati nella cartella
clinica e realizzati per la visita del 4 novembre 2005, si può
concludere che le condizioni di salute del paziente non si sono
ristabilite e che sono possibili complicazioni. Questo stato necessita
di ulteriori accertamenti con l’obiettivo di precisare le origini degli
scompensi presentati.
Quindi è necessario proporre al paziente un periodo di riposo, che
comporta la cessazione di tutte le attività fisiche e psichiche per un
periodo minimo di 6 settimane, cosa che gli consentirà probabilmente di
diminuire i disturbi, o tutt’al più di stabilizzarli, e poi consentirà
le procedure diagnostiche supplementari per adattare al meglio la
terapia.
Verrà redatto e presentato un ulteriore rapporto definitivo e
dettagliato da ciascuno specialista.

IL COLLEGIO MEDICO

Margarita Shumilina, Ph.D, angiologa

Professor Florence Leclercq, Ph.D, cardiologa

Professor Vukasin Andric, Ph.D, otorinolaringoiatra

*******************************************************

Libertà per Slobodan Milosevic

Dichiarazione del Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan
Milosevic

Belgrado, 12 novembre 2005

I.

Noi, rappresentanti del Comitato Internazionale per la Difesa di
Slobodan Milosevic, nell’assemblea del 12 novembre 2005, a Belgrado,
sotto gli auspici dell’Associazione Libertà-Sloboda, esprimiamo la
nostra più profonda indignazione per il proseguimento del processo
contro il Presidente Slobodan Milosevic condotto davanti al cosiddetto
Tribunale Internazionale per la ex Jugoslavia (ICTY).

Durante le sue operazioni, che vanno avanti da dodici anni e mezzo,
l’ICTY ha dimostrato al mondo che, più che funzionare da istituzione di
giustizia, mette in campo la costrizione e il ricatto, ed è sottoposto
a flagranti pressioni delle potenze che effettivamente hanno
contribuito al massimo alla disgregazione della ex Jugoslavia e alle
guerre civili che hanno incoraggiato.
L’ICTY ha dimostrato di essere una istituzione di arbitrarietà e di
assenza di diritto, non di riconciliazione.
Le attività dell’ICTY, e in particolare il trattamento ed i
procedimenti contro Slobodan Milosevic, dimostrano come l’ICTY sia un
mezzo di ritorsione contro la Repubblica Federale di Jugoslavia (FRY),
ed in generale contro i suoi cittadini, e contro i Serbi in
particolare, data la loro resistenza alla frantumazione della ex
Jugoslavia e la loro difesa eroica contro l’aggressione della NATO nel
1999.
L’aver messo sotto accusa Slobodan Milosevic ha trasferito la
responsabilità per questa aggressione e per gli atti di terrorismo
commessi dall’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo KLA, sulle sue
vittime. [1]

Perciò, l’ICTY ha mostrato al mondo intero che il suo ruolo più
importante consiste nel legittimare e legalizzare le violazioni più
flagranti del diritto internazionale, così come i peggiori crimini
commessi durante lo smembramento della ex Jugoslavia e l’aggressione
della NATO contro la RF di Jugoslavia. Per tutto questo l’ICTY non è
una istituzione di giustizia. Invece, è un mezzo per la realizzazione
di particolari obiettivi specifici, un simbolo di discriminazione e di
violenza legalizzata.
La messa in stato di accusa dell’ex Presidente della Serbia e della RF
di Jugoslavia per presunti crimini nel Kosovo - Metohija veniva
intentata il 24 Maggio 1999 nel bel mezzo dell’aggressione NATO contro
la RF di Jugoslavia. Questa guerra illegale era in contrasto con la
Carta della NATO, con la Carta dell’ONU e con il diritto
internazionale. Questa aggressione rappresenta un crimine contro la
pace, il supremo crimine internazionale.

Durante il bombardamento criminale della RF di Jugoslavia, durato 78
giorni, gli aggressori hanno ammazzato e ferito migliaia di civili,
distrutto infrastrutture economiche e di trasporto, tentato di uccidere
il Presidente Milosevic bombardando la sua residenza, usato bombe a
frammentazione ed ad uranio depleto, e provocato distruzioni per un
ammontare di 100 miliardi di dollari. Per colmo di ironia, sono state
lanciate accuse contro Slobodan Milosevic per presunti crimini contro
la Croazia e la Bosnia-Erzegovina.

Per contro, l’ICTY non ha messo sotto accusa nessun leader dei paesi
membri della NATO o pilota per i crimini commessi durante l’aggressione.
Invece l’ICTY ha promosso la messa in stato di accusa, con il sostegno
dell’Amministrazione Clinton, contro Slobodan Milosevic, un capo di
stato democraticamente eletto che è rimasto alla guida del suo paese, a
difendersi dall’aggressione.
Il Presidente Milosevic, che è stato obbligato a combattere nel suo
paese il terrorismo avallato dall’esterno, è stato coinvolto nella
“Guerra al Terrorismo”, essendo stato messo sotto processo da quegli
stessi che hanno acceso i conflitti etnici e che hanno creato le
organizzazioni terroristiche nei territori della ex RFJ. Noi non
accettiamo che il Presidente Milosevic venga accusato da coloro che
hanno appoggiato il terrorismo, e si armonizzavano con questo, mentre
ancora oggi dichiarano di combatterlo.

Arrestando Slobodan Milosevic illegalmente e trasferendolo all’ICTY,
sono state stracciate sia la Costituzione della RF di Jugoslavia, che
la Costituzione della Serbia. Quindi, il rapimento e la consegna del
Presidente Milosevic all’ ICTY rappresentano una violenza alla
costituzione democratica ed un fatto senza precedenti nella storia
moderna. Coloro che hanno perpetrato questo atto vergognoso devono
assumersene la responsabilità davanti ai cittadini della Serbia e
davanti alla storia.

II

Allo stato attuale, dopo che solo una parte dei testimoni a difesa è
stata interpellata nell’interesse del Presidente Milosevic davanti
all’ICTY, si può sottolineare con certezza che il procedimento
accusatorio della cosiddetta Procura dell’Aja nei suoi confronti ha
subito una disfatta!
L’opinione pubblica mondiale e gli esperti hanno potuto verificare,
dopo aver sentito le testimonianze prodotte dall’Accusa, che il
procedimento contro Slobodan Milosevic per il crimine di genocidio è
completamente senza fondamento e non è confortato nemmeno da un singolo
straccio di prova oggettiva. Non solo non esiste alcuna prova per
l’accusa di genocidio, ma non esiste nemmeno alcuna prova per ognuno
dei punti della messa in stato di accusa.
Attraverso la forza delle argomentazioni della verità, il Presidente
Milosevic ha completamente distrutto tutte le menzogne addotte contro
di lui nel cosiddetto Atto Formale di Accusa.

Naturalmente non esistono prove contro Slobodan Milosevic. Purtuttavia,
è in atto un procedimento. L’organizzazione dell’ICTY ha tentato,
imponendo le sue regole per l’andamento processuale, conformandole e
adattandole alle proprie necessità politiche, di impedire a Slobodan
Milosevic le sue dimostrazioni della verità. Questa è la ragione per
cui il tribunale sta ora tentando di limitare il tempo necessario ai
testimoni che egli ha invitato a deporre.
Questo deve essere impedito!

La presunzione di colpevolezza, la illimitata durata della detenzione,
la responsabilità retroattiva, le accuse segrete e le testimonianze
segrete, così come l’uso dei servizi segreti per raccogliere prove,
queste sono solo alcune delle più evidenti attestazioni del fatto che
non esiste alcuna giustificazione per l’esistenza dell’ ICTY come
organismo legale, e ancor meno come istituzione che opera sotto il
patrocinio delle Nazioni Unite.
Noi consideriamo iniquo il procedimento contro il Presidente Milosevic.
Inoltre, ogni accelerazione dei tempi del processo rappresenta un
incoraggiamento per i nemici della verità e dell’affermazione dei fatti.
Tutti i fatti suddetti evidenziano che il procedimento giudiziario è
nullo. Quello che noi domandiamo è che questa farsa di processo venga
sospesa, e che il Presidente Milosevic venga rilasciato.

III

La lista seguente elenca dettagliatamente i più comuni tipi di abuso
inflitti al Presidente Milosevic.

A.

1.      Il 28 giugno 2001, il Presidente Milosevic viene prelevato a
forza, illegalmente, senza darne conoscenza alla sua famiglia e alle
specifiche istituzioni legali della RFJ, e tradotto al penitenziario
dell’Aja in violazione dei provvedimenti costituzionali e legali
esistenti nella RFJ e internazionalmente. L’appello per l’Habeas Corpus
presso le Corti Olandesi non è stato convalidato, malgrado i fatti
evidenti che dimostravano come questo fosse un caso di sequestro di
persona.

B.     I diritti e le prerogative del Presidente Milosevic nel
penitenziario dell’Aja sono stati totalmente cancellati.

1.      Molte volte i suoi inalienabili diritti a rappresentarsi e a
difendersi personalmente sono stati messi in discussione. Sono stati
dedicati lunghi periodi a discussioni formali, rendendo i preparativi
della difesa più tediosi e facendo perdere del tempo. La quantità di
materiale presentato dall’Accusa non solo è irrilevante ma anche
enorme, e questo ha influenzato negativamente l’andamento del
procedimento e lo stato di salute del Presidente Milosevic.

2.      Malgrado gli sforzi giganteschi, sostenuti dall’opinione
pubblica mondiale, non si sono avuti miglioramenti delle condizioni di
salute del Presidente Milosevic, e questo è dovuto ai ripetuti ostacoli
frapposti dall’ICTY. Non si vedono all’orizzonte soluzioni mediche
soddisfacenti, sebbene il procedimento contro il Presidente Milosevic
vada avanti da quattro anni. L’ICTY, in nome dell’efficienza, ha
imposto un calendario snervante per la presentazione della Difesa, che
ha prodotto allarmanti conseguenze sullo stato di salute del Presidente
Milosevic. Le argomentazioni dell’Accusa non sono state sottoposte a
tali restrizioni!

3.      Sono state imposte limitazioni al diritto di ricevere visite e
di avere contatti telefonici e questo è inumano e fondamentalmente ha
l’obiettivo di aumentare lo stress psicologico, fisico ed emozionale
del Presidente Milosevic. Queste e altre forme vessatorie sono state
applicate per diminuire le capacità di difesa del Presidente Milosevic,
e per ottenere un ulteriore deterioramento della sua salute.

4.      Le richieste numerose, e ampiamente supportate da specialisti
medici e legali e da una larga opinione pubblica, per il rilascio
temporaneo del Presidente Milosevic fino a questo momento sono state
ripetutamente respinte sotto le pressioni dell’Accusa.

C.     Vessazioni ed abusi contro la famiglia del Presidente Milosevic

1.      Oltre alle pressioni esercitate sul Presidente Milosevic
durante la sua detenzione nel penitenziario dell’Aja, è aumentata la
sua persecuzione attraverso le negazioni delle cure per la sua malattia
e gli abusi inflitti ai suoi parenti più prossimi.

2.      Noi vogliamo sottolineare l’indicibile vergogna per cui a sua
moglie da quasi tre anni è impedito fargli visita. I suoi figli non
hanno avuto mai la possibilità di incontrarlo.

3.     È cosa sbalorditiva ma vera che tutti i parenti prossimi adulti
della sua famiglia sono stati imputati con accuse assurde. Nessuna di
queste è stata comprovata, e quella contro suo figlio è stata fatta
cadere. Al presente, queste accuse ridicole, non accompagnate da
prove, e decisioni speciali per la limitazione degli ingressi
nell’ambito dell’Unione Europea che sono state invocate contro i
famigliari del Presidente Milosevic, rendono impossibile per la sua
famiglia di visitarlo. Queste limitazioni all’ingresso sono state
rafforzate dalle decisioni dell’Accusa.

4.      Sua moglie è stata accusata senza prove di aver influenzato
illegalmente una decisione di assegnare un appartamento ad un’altra
persona.

5.      L’accusa contro il figlio del Presidente Milosevic, che era in
forza da almeno quattro anni, e secondo la quale egli avrebbe
presumibilmente picchiato e intimidito un giovane membro di un gruppo
di opposizione politica, è stata ritirata solo un mese fa. Vecchie
accuse contro di lui sono state reiterate, e ne sono state prodotte di
nuove di recente.

6.     Sua figlia, per poter vivere indisturbata, ha dovuto trasferirsi
in Montenegro. Fin dal 2002 era stata tormentata da un mandato di
comparizione, con l’intenzione di condannarla per il suo comportamento
tenuto durante la notte del sequestro di persona del Presidente
Milosevic.

7.      Tutte queste accuse sono pretestuose e malignamente sbandierate
dai vari mezzi di informazione che cercano di aumentare le molteplici
pressioni esercitate sul Presidente Milosevic.

8.      A nostra conoscenza, questa è la prima volta che una persona
messa sotto processo vede i membri della sua famiglia accusati con lui,
e per una serie di reati inventati. Queste accuse esercitano sul
Presidente Milosevic una pressione collaterale. E questo è procurato
con l’intento di demolire le sue capacità di difesa.

IV.

In considerazione di tutto questo, noi, membri del Comitato
Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic esigiamo dal
Consiglio di Sicurezza dell’ONU, allo scopo di consentire al
Presidente Milosevic di portare a completamento la sua difesa e alla
luce dei fatti che sono stati in modo tanto evidente comprovati:

1.      Che il processo contro Slobodan Milosevic venga interrotto,

2.      Che vengano tutelate la salute e la vita del Presidente
Milosevic,

3.      Che vengano sospese tutte le forme di pressione sul Presidente
Milosevic e sui membri della sua famiglia,

4.       Che il processo contro il Presidente Milosevic venga sospeso
fino a conseguire la normalizzazione delle sue condizioni di salute.

5.     Il comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic
sottolinea le disastrose conseguenze della disgregazione della
Repubblica Federale di Jugoslavia -RFJ-, e il fatto che l’arresto e il
processo politico contro il Presidente Milosevic hanno fornito un
ulteriore incoraggiamento alla messa in opera di atti di terrorismo -
compresi veri e propri pogrom - nel Kosovo-Metohija .

6.      Il Consiglio di Sicurezza deve far terminare le operazioni del
Tribunale ICTY, che non ha di certo contribuito al processo di
riconciliazione. Al contrario, esso ha solo peggiorato le relazioni
inter-etniche nel territorio dell’ex Repubblica Socialista Federativa
di Jugoslavia - RFSJ.

7.      Si deve prendere la decisione di garantire al Presidente
Milosevic del tempo addizionale, tale che i testimoni che egli ha
programmato di produrre abbiano l’opportunità di deporre.

8.      Il Presidente Milosevic ha ricercato l’unità della Federazione
Jugoslava, e perciò si è battuto sempre contro l’aggressione straniera
e il terrorismo. Sono quelli che hanno incitato e appoggiato il
terrorismo nel territorio dell’ex RFSJ, e in particolare nella RFJ -
nel Kosovo-Metohija – che dovrebbero essere portati davanti alla
giustizia, indifferentemente dalla loro nazionalità e dalla loro
posizione sociale!

9.      Immediatamente devono essere messe in atto tutte le misure
necessarie per consentire una diagnosi adeguata delle condizioni di
salute del Presidente Milosevic, e per permettere a vari team medici di
esaminarlo.

10.  Devono essere intrapresi tutti i passi necessari, inclusa la
liberazione temporanea del Presidente Milosevic, per consentire al suo
stato di salute di normalizzarsi.

11.  Siano immediatamente abolite, senza indugio, tutte le limitazioni
a che il Presidente Milosevic possa ricevere la visita dei membri della
sua famiglia.

12.  tutto questo si rende necessario per assicurare condizioni normali
alla ripresa e alla conclusione del processo condotto illegalmente
contro il Presidente Milosevic davanti al Tribunale Internazionale per
i Crimini nella ex Jugoslavia (ICTY).


[1]  "Terrorismo" è qui definito a designare atti di violenza che
prendono come obiettivo e vengono scatenati contro la popolazione
civile di uno stato sovrano, contro i quali questo stato ha il diritto
(e l’obbligo) di proteggere i suoi cittadini, e atti di violenza
perpetrati contro quegli agenti dello stato inviati a protezione delle
popolazioni civili e della costituzione. La definizione da noi proposta
non è quella che continua ad essere usata dalle stesse potenze che
hanno mosso una guerra di aggressione contro la Jugoslavia: le quali
indicano come terrorismo l’esercizio legittimo della resistenza dei
popoli contro l’aggressione e l’occupazione del loro paese.

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URGENTE APPELLO DI RACCOLTA DI FONDI

******************************

Il Presidente Milosevic ha la verità e la legge dalla sua parte. Per
usare questo vantaggio in modo da riacquistare la sua libertà, noi
dobbiamo lottare contro questo tribunale completamente discreditato e i
suoi protettori attraverso atti condotti professionalmente che devono
chiamare in causa le Associazioni degli Avvocati, la Corte Europea, gli
organi in carica delle Nazioni Unite e i mezzi di informazione di massa.
La nostra esperienza ha dimostrato che il lavoro di volontariato ad hoc
non è sufficiente ad affrontare questi compiti. I fondi assicurati in
Serbia bastano solo a coprire le spese di soggiorno e operative degli
assistenti legali (uno per volta) del Presidente Milosevic all’Aja. I
fondi assicurati dalla sezione di Germania dell’ICDSM (ancora sempre la
sola con contribuzioni regolari) sono sufficienti solo a coprire il
lavoro minimo addizionale all’Aja connesso con i contatti e la
preparazione dei testimoni dall'estero. Tutto il resto è carente.

Recentemente, l’attività di raccolta di fondi della sezione Tedesca è
stata presa di mira da un attacco senza fondamento della Guardia di
Finanza in Germania. Questo rende necessario da parte vostra uno
sforzo straordinario, drammaticamente urgente! Anche le attività di
base della difesa all’Aja sono alla corda!

Per rendere più praticabile il modo di inviarci le vostre donazioni,
noi siamo in grado ora di darvi il conto di una organizzazione amica in
Austria (vedi sotto). Vi preghiamo di inviare le vostre donazioni a
questo conto, per colmare la lacuna prodotta dopo il congelamento del
conto in Germania. Tenete presente che tutti i trasferimenti bancari
all’interno dell’Unione Europea sono ora allo stesso prezzo che
all’interno di ogni paese.

***********************************************************

C’è immediato bisogno di 3000-5000 EURO al mese.
La nostra storia e il nostro popolo ci obbligano a procedere
necessariamente con questa azione. Ma, senza questi fondi, questo non
sarà possibile.
Vi preghiamo di organizzare con urgenza l’attività di raccolta di fondi
e di inviare le donazioni al seguente conto:

Jugoslawisch-Österreichische
Solidaritäts-Bewegung. (JÖSB)
Bank Austria
IBAN AT49 1200 0503 8030 5200
BIC BKAUATWW

************************************************************

Tutte le vostre donazioni saranno usate per le attività legali e le
altre necessarie che si accompagnano, sotto le indicazioni o con il
consenso del Presidente Milosevic. Per ottenere informazioni
addizionali sull’uso delle vostre donazioni o per ottenere ulteriori
indicazioni sul modo più efficiente di inviare donazioni o effettuare
trasferimenti bancari, vi preghiamo di non esitare a contattarci:

Peter Betscher (Tesoriere ICDSM) E-mail: peter_betscher @ freenet.de
Phone: +49 172 7566 014

Vladimir Krsljanin (Segretario ICDSM) E-mail: Slobodanvk @ yubc.net
Phone: +381 63 8862 301

***************************************************************

Per la verità e i diritti umani contro l’aggressione!
Libertà per Slobodan Milosevic!
Libertà e giustizia per i popoli!
Per conto di Slobodan e dell’ICDSM,

Vladimir Krsljanin,
Assistente per le Relazioni con l’Estero del Presidente Milosevic

*************************************************************

SLOBODA ha urgente necessità delle vostre donazioni.
Per trovare dettagliate istruzioni, vi preghiamo di andare a:
http://www.sloboda.org.yu/pomoc.htm

Per unirvi ed aiutare questa lotta, visitate:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (Comitato Internazionale per la Difesa di
Slobodan Milosevic ICDSM)
http://www.free-slobo.de/ (sezione Tedesca dell’ICDSM)
http://www.free-slobo-uk.org/ (sezione Britannica dell’ICDSM)
http://www.icdsm-us.org/ (sezione USA dell’ICDSM)
http://www.icdsmireland.org/ (sezione Irlandese dell’ICDSM)
http://www.pasti.org/milodif.htm (sezione Italiana dell’ICDSM)
http://www.wpc-in.org/ (Comitato per la Pace nel Mondo-World Peace
Council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (centro antiNATO dei Balcani)

--- Fine messaggio inoltrato ---


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IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
Il j'accuse di Slobodan Milosevic
di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia"
(Ed. Zambon 2005, 10 euro)

Tutte le informazioni sul libro, appena uscito,
alla pagina:
https://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm

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ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27 -- 00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957 -- email: icdsm-italia @ libero.it
http://www.pasti.org/linkmilo.html
*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)