Informazione

Inizio del messaggio inoltrato:

> Da: "Opera Nomadi" <operanomadi @ tiscalinet.it>
> Data: Gio 20 Gen 2005 19:11:01 Europe/Rome
>
> Oggetto: iniziative giornata memoria Opera Nomadi inviti

---

Opera Nomadi

Porrajmos lo sterminio dimenticato dei Rom e dei Sinti

Gennaio 2005

Altre iniziative A ROMA:

(...)

25 gennaio ore 11:30
c/o Scuola M.S. "F. Parri"
(Via Olcese 28, zona Tor Tre Teste)

26 gennaio ore 16:00
c/o Biblioteca Comunale Ostiense
(Via Ostiense 113a)

27 gennaio ore 18:00
Fiaccolata
(vedi sotto)

Le manifestazioni prevedono, oltre alla testimonianza e all’intervento
di testimoni e studiosi, la presentazione del libro:

“Il Porrajmos dimenticato, la persecuzione dei Rom e dei Sinti in
Europa"

Realizzato dall’Opera Nomadi con il contributo dell'Unione Comunità
Ebraiche Italiane (Fondo legge 249/2000) e la proiezione del DVD
allegato al libro

---

OperaNomadi Sezione Lazio
Ente Morale (DPR 347-26.3.1970)

in collaborazione con
COMUNITA’ EBRAICA di Roma
ANPI

27 Gennaio 2005
GIORNATA della MEMORIA
60° della Liberazione

Ore 18.00 Fiaccolata
da Piazza Santa Maria Maggiore a Via degli Zingari
davanti alla Lapide commemorativa del Porrajmos (sterminio) dei Rom e
Sinti

Presiederanno:

On. le Raffaela Milano
Assessora Politiche Sociali e Sanitarie

comandante
Massimo Rendina
Presidente ANPI

Ahmet Sejdic
Partigiano jugoslavo
rom

---

Il Porrajmos dimenticato

Le persecuzioni di Rom e Sinti in Europa

Edizione Opera Nomadi
Con il contributo
dell'Unione comunita Ebraiche Italiane
Fondo Legge 249/2000

a cura di:

Giorgio Bezzeccht Maurizio Pagani, Erika Rossi, Francesco Scarpelli,
Tommaso Vitale,
con la collaborazione di Michele Sasso

ricerca fotografica e coordinamento redazionale:

Francesco Scarpelli progetto grafico e art direction:

Antonio Boni progettazione multimediale DVD:

Mala (www.malasystem.com)


ringraziamenti:

Gloria Arbih, Giovanna Boursier,
Fabio Lossani, Roberta Migliavacca,
Marcelllo Pezzetti, Cedec di Milano,
Drop Out Officina dell'Immagine,
Alberto Melis
Prefazione

Zingari? Rom, Sin ti, Kalè.

La persecuzione da parte delle dittature nazifasciste del XX secolo non
è che un capitolo della lunga storia di pregiudizi e malversazioni che
il popolo Rom, che chiamiamo zingaro, ha subito e subisce, al punto che
molti ancora oggi sono restii a dichiarare la loro identità di fronte a
un Gagiò, un estraneo.

Ancora oggi, in Europa, gli zingari sono considerati un problematico
«corpo estraneo», dalle istituzioni prima ancora che dagli abitanti. A
dispetto di molte realtà sono definiti nomadi, la cui presenza va
rieducata, se non scoraggiata. In certi Land tedeschi vigono ancora
norme naziste che vietano la circolazione e la sosta di carovane e
roulotte zingaresche. In Italia, decine di interrogazioni parlamentari,
centinaia di interventi da parte delle amministrazioni o dei singoli
esponenti politici e istituzionali segnalano la persistenza di tutti i
pregiudizi più scontati. Sono sporchi e portano malattie,' sono furbi e
vagabondi, rubano le auto e svaligiano gli appartamenti. Nel 2000 il
sindaco di Cernusco sul Naviglio, vicino a Milano, cercava volontari,
che avrebbe pagato 2.500 Euro tratti dal bilancio comunale, per
spargere liquame su di un 'area dove alcuni rom avevano fermato le
proprie roulotte. Secondo il sindaco era un «atto di giustizia» per
risarcire i «danni» recati al benessere dei «cittadini».
Salvo eccezioni non si può dire che l'ostilità sia minore nella
società, fra la gente comune. A Roma, per dire di un imbroglione, si
dice che <fa lo zingaro», e «zingaro» è il colera in alcune zone della
Puglia e della Basilicata. Per non parlare dello spauracchio che li
dipinge come rapitori di bambini. Quello dello zingaro, insomma, è
ancora un cliché al negativo che si riflette nella rappresentazione dei
mezzi di comunicazione come nélle politiche amministrative.' non
concittadini, ma estranei, il cui contatto risulta pericoloso per gli
individui e per la società ospitante.
Chi studia la realtà sociale europea, segnala che sono proprio gli
zingari, oggi, i più esposti al rischio di esclusione, di
comportamenti e azioni xenofobe, razziste e persecutorie. Tutto ciò
mentre, senza rinunciare alla loro identità, si sono aperti alla
cultura dominante, la nostra, come mai era accaduto prima. In primo
luogo perché oggi possono frequentare le nostre scuole, e poi perché
anche loro condividono con noi l'immaginario prodotto dalla TV
I tempi sarebbero maturi, per tentare di comporre una dicotomia
lacerante, che accompagna questo popolo da quando è giunto in Europa, e
che ha
raggiunto il suo tragico culmine nella prima metà del novecento ma se a
farla da padrone restano diffidenze pregiudiziali e politiche sociali
emarginanti, talvolta conflittuali con gli stessi principi del moderno
Stato di diritto, risulta impossibile giungere a un maggiore livello di
integrazione sociale. Favorire questa integrazione tramite la
conoscenza e la comprensione delle radici storiche e sociali che hanno
prodotto la situazione di oggi, è proprio lo scopo di questo lavoro,
che ci ha impegnati per quasi due anni, e che intende fornire strumenti
di indagine e di approfondimento sulla storia degli zingari e delle
loro secolari tragedie.
Un libro dunque, corredato da una ricca bibliografia, che ricostruisce
il percorso degli zingari europei seguendo un 'ottica
interdisciplinare, e che si chiude con l'intervento di Tommaso Vitale,
docente di Sociologia all 'Università Bicocca di Milano, sulla
condizione odierna a Milano e in Italia. Un DVD-Rom multimediale,
ancora, che segue l'impostazione del libro e raccoglie, oltre a un
documentario sulla persecuzione in Italia (Porrajmos, una persecuzione
dimenticata), interviste e testimonianze video rilasciate da
sopravvissuti, e numerosi documenti storici e fotografici, offerti a
insegnanti e studenti per preparare lezioni e avviare ricerche, tesi e
dossier. Per cominciare a conoscere. Per non dimenticare.
Per ricordare che la nostra civiltà, a sessant'anni dal Porrajmos
(1ermine che, come Shoah per gli ebrei, indica lo sterminio o, in senso
letterale, distruzione, divora mento), ha il dovere di sorvegliare, di
non dimenticare le proprie responsabilità, e soprattutto di avere ben
presente che esiste un universo umano degno di rispetto anche dietro
all'espressione «zingaro».
Un 'espressione che alla fine, con l'ironia di chi viaggia e conosce,
loro stessi hanno imparato ad accettare, anche se preferiscono
chiamarsi Sinti, che contiene la radice fonetica della più antica
provenienza, o Kalè, in Spagna, che ancora risuona di India.
E soprattutto Rom, che non vuol dire nomade, ma uomo libero.

Francesco Scarpelli, Frika Rossi

Introduzione

Una delle difficoltà nelle quali ci siamo imbattuti in avvio di lavoro,
è stata la distinzione fra storia e memoria: la prima quale
ricostruzione dei fatti accaduti, che ormai appartengono al passato la
seconda come fenomeno in continuo divenire che appartiene al presente.
E’ il tempo presente, ormai si sa, a scandire il trascorrere dell
'esperienza colletti-va del popolo Rom, che non ha forma scritta per
trasmettere la propria parola (ma ben più impellenti problemi legati
alla sopravvivenza quotidiana), messa così da parte o più facilmente
ignorata dalla civiltà della scrittura. La scarsità delle fonti
disponibili in Italia, invece, continua a costituire un limite per la
ricerca storica sul Porrajmos, licenziando in modo sommario e
superficiale riletture assolutorie o revisionistiche degli eventi, tese
a minimizzare anche in questo ambito il peso del fascismo sulla storia
nazionale, le deportazioni, le stragi, il genocidio.
L'assenza nel nostro Paese, negli anni che precedettero la guerra e poi
durante il secondo conflitto mondiale, di un 'esplicita legislazione
razziale relativa agli zingari, non deve trarre in inganno.
In realtà già gli scritti sugli zingari degli scienziati Renato Semizzi
e Guido Landra, consulenti di Mussolini ed estensori delle Leggi
razziali, segnarono, fra il 1938 e il 1940 una prima svolta
significativa e poi un cambio di rotta repentino nella politica del
Regime. Inoltre l'ampia discrezionalità nell'applicazione estensiva di
alcune norme antiebraiche e il ricorso a disposizioni prefettizie in
materia d'ordine pubblico consentirono l'invio al confino e
l'internamento nei campi di prigionia dei rom sul territorio nazionale
o la deportazione verso lager nazisti, segnando una continuità di
sostanza con quanto di più cruento ed efferato andava avvenendo ad
opera dei tedeschi nei territori dell'Europa Orientale. I mm stranieri,
insieme a saltibanchi e girovaghi, vennero a trovarsi nel mirino della
polizia fascista già dal 1926, respinti oltre frontiera benché
provvisti di regolare passaporto. Nel 1938 ebbero inizio nelle regioni
del Nord Est vari rastrellamenti e deportazioni in massa di famiglie
rom verso il meridionale e le isole. La repressione mostrò ben presto,
dal 1941, in conseguenza dell'occupazione nazifascista dei territori
jugoslavi, il suo aspetto più cruento ad opera dei nazionalisti
ustascha di Ante Pavelic, che, in più occasioni, tra il 1929 e il 1941,
avevano trovato protezione e rifugio in Italia, per volere dello stesso
Mussolini.
In seguito alle prime disposizioni d'internamento inviate dal Capo
della Polizia di allora, Arturo Bocchini, ai Prefetti del Regno e al
Questore di Roma con Circolare dell'li settembre 1940, zingari
stranieri e italiani furono arrestati e trasferiti nei campi
provinciali allestiti dal Ministero dell’Interno a Bolzano, Berra,
Boiano, Agnone, Tossicia, Ferramonti, Unchiaturo e nelle isole, tra cui
la Sardegna, la Sicilia e le Tremiti, in regime di internamento libero,
in cui i rom
si dispersero, sprovvisti di ogni mezzo di sussistenza.
Nel 1941, con Circolare 27Aprile, il Ministero emise quindi un ordine
esplicito finalizzato all'internamento degli zingari italiani, che
andarono ad aggiungersi, in molti casi in luoghi destinati
esclusivamente a loro, agli oltre cinquanta campi destinati
all'internamento civile. Ad Agnone, nei pressi di Campobasso, vennero
così a trovarsi zingari jugoslavi a cui si aggiunsero dal luglio 41
cinquantotto rom provenienti dal campo di Boiano (rinchiusi nei quattro
capannoni di un ex tabacchificio), in condizione di estrema indigenza e
di pessima igiene. A Tossicia vennero rinchiusi 118 rom sloveni, che
trovarono scampo con la fuga, dopo l'otto settembre del 1943, unendosi
in Emilia, Liguria e Piemonte, anche alle milizie partigiane, nelle cui
fila combatterono alcuni rom e sin ti insigniti della medaglia d'oro
per la Resistenza.
I documenti disponibili non possono raccontare tutto, specie quando
sono trascritti solo da altri, perché trascurano la dimensione orale e
sociale delle testimonianze raccolte tra i sopravvissuti, e che invece
ci portano a rifiettere su una condizione dei rom molto più critica e
pericolosa, conseguenza dell'adesione del Regime a una più ampia
politica razziale estesa anche agli zingari. Tranne che in studi più
recenti, «la memoria custodita nelle comunità rom» è stata di fatto
ignorata, tralasciando di indagare i racconti dei perseguitati e di
incrociarli con i dati riscontrabili negli archivi statali, comunali,
delle questure e dei giornali dell’epoca, rimuovendo e tacendo un vuoto
storico e una forte responsabilità sociale. I piani di sterminio del
popolo rom vennero attuati non solo nei territori annessi dal dominio
nazista ma anche dai governi collaborazionisti, in particolare in
Romania e Jugoslavia, che furono, con la Polonia, tra i principali
teatri di questa efferata persecuzione. Molto si è scritto sul «campo
zingari per famiglie» il famigerato Zigeunerlager di Auschwitz
-Birkenau e sugli esperimenti condotti su cavie umane dal Dottor
Mengele e dai suoi collaboratori, i cui crimini sono rimasti largamente
impuniti. Poco o nulla si conosce, invece, della tragedia del campo di
Jasenovac, in Croazia, attivo dal novembre 1941 al 25 Aprile 1945 nella
regione di Lonja, presso la linea ferroviaria Zagabria - Belgrado, che
rappresenta l'altro luogo simbolo dei crimini commessi contro il popolo
rom dagli ustasha collaborazionisti. La persecuzione di rom e sinti in
territorio croato è già attiva nel luglio 41, prima con la schedatura
delle famiglie ad opera dei comuni, delle polizie locali e delle
prefetture, poi con i primi trasporti (29 aprile 41 da Zagabria – 300),
persone, e nel 42 la deportazione verso i luoghi di internamento
diventa di massa. Jasenovac, istituito sotto il nome di «comando dei
campi di raccolta e di lavoro», prevedeva la gestione di cinque
sottocampi: uno di questi Stara Gradisca, denominato il mattonificio,
per lungo tempo rappresentò la parte più spietata dell'internamento in
quanto «campo della morte principale», desti-
nato alla liquidazione di persone pericolose e sgradite per l'ordine
pubblico e la sicurezza.' ebrei, serbi, antifascisti croati ma
soprattutto zingari. il numero delle vittime di Jasenovac, stimato
dalla Commissione di Stato dcll'ex Jugoslavia si attesta fra le
seicento e le ottocentomila unità, una cifra non precisa, in quanto gia
nell'aprile del 1945 gli ustasha avevano eliminato quasi ogni traccia
dei loro crimini, distruggendo elenchi di vittime, riesumando cadaveri
per bruciarli e distruggendo gli edifici del campo. In Serbia l'armata
tedesca della Wehrmacht perseguitò e uccise in modo sistematico la
popolazione rom. Non c'è dunque modo di conoscere l'esatto numero di
quanti morirono nei campi di concentramento, o di fame e di freddo in
tutta Europa. Interi gruppi sparirono da zone di antico insediamento,
come l'Olanda, insieme alla generazione degli anziani, depositari del
sapere e delle tradizioni. Non solo i limiti della precisione
statistica e lo stato di guerra generalizzato, ma la stessa struttura
sociale dei gruppi e il loro prudente mimetismo, che rendeva parziale
il censimento anagrafico dei nuclei familiari, la forte dispersione
territoriale, le sommarie registrazioni degli internati e la
distruzione dei documenti rendono arduo anche un calcolo
approssimativo. I fatti che col trascorrere del tempo sono emersi dalle
testimonianze e dai documenti ritrovati, hanno riproposto la
comparazione di un destino comune fra ebrei e zingari: che cioè
quest'ultimi, fatte salve le distinzioni, siano stati perseguitati, al
pari dei primi, in quanto biologicamente esistenti e non, come
sostenuto fin dall'immediato dopoguerra, per la loro presunta
asocialità. Senza contare che anche per sinti e rom vale ciò che
qualcuno ha sostenuto ovvero: «non è … verosimile il ritrovamento di un
ordine scritto da Hitler circa lo sterminio degli ebrei europei...
quanto maggiore è il crimine, tanto minore è la possibilità che se ne
trovino prove scritte al livello più alto di un Governo...». Oblio
degli eventi e obbligo morale di dichiararsi a favore della memoria
scadono, oggigiorno, talvolta, nel pericolo di un facile conformismo,
una banalizzazione del male tale da esorcizzare e liquidare la
questione della colpa e delle responsabilità che rimangono in molti
casi ancora aperte.
A sessant'anni dalla liberazione di Auschwitz, occorrerebbe che la
società tutta si interrogasse sulle vicende di quel passato e al
rapporto tra i popoli europei e quello zingaro, e su quanto
insidiosamente le ideologie di ieri si nascondano in molte critiche e
pregiudizi dell'oggi.

Maurizio Pagani,
Vicepresidente Opera Nomadi Milano Coordinatore del Progetto

Giorgio Bezzecchi,
Ricercatore e Segretario Nazionale Opera Nomadi

http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2005-01-22.html

BEOGRADSKI FORUM: Saopštenje za štampu

BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Beograd, 21. januar 2005. godine

Svim medijima

Nacionalni i državni prioriteti i Haški tribunal

Na konferenciji za štampu Beogradskog foruma za svet ravnopravnih,
razgovaralo se o nacionalnim i državnim prioriteima, i o Haškom
tribunalu, onako kako ova pitanja vidi ova nezavisna, nestranacka i
nevladina organizacija. O tim temama govorili su akademik Mihajlo
Markovic, Predsednik programskog saveta Foruma, univerzitetski
profesori Oskar Kovac i Oliver Antic, general-potpukovnik Radovan
Radinovic i raniji ministri inostranih poslova Vladislav Jovanovic, i
Živadin Jovanovic predsednik Beogradskog foruma.

Povod je pojavljivanje dve nove knjige Beogradskog foruma posvecenih
ovim temama, ciji su autori, pored govornika na današnjoj konferenciji
akademici Kosta Cavoški i Kosta Mihajlovic, unirzitetski profesori
Mirko Zurovac, Ljubiša Lazarevic, Jelena Guskova, Pavle Bubanja, Milan
Vucinic, Caslav Koprivica i drugi javni delatnici.

Zajednicka ocena je da Srbija, odnosno i Srbija i Crna Gora, nema
nacionalnu i državnu strategiju ni kad je rec o ocuvanje države,
jedinstva njene teritorije i suvereniteta, ni kad je rec o ekonomskom
i kulturnom razvoju. Ocenjeno je takode da ne postoji ni strategija
spoljne politike. Razoren je sistem odbrane i bezbednosti ne radi
ulaska u Evroopu, vec radi udovoljenja NATO paktu. Zbog toga, više
nego ikada u modernoj istoriji, u opasnosti su vitalni legitimni
interesi države i nacije, njihovo mesto na Balkanu, Evropi i svetu.
Narod se obmanjuje politikom koja štiti strane interese uz frazeologiju
da je to put u Evropu, u prijateljstvo sa Amerikom, u demokratiju i
opšti procvat.

Jedan od ucesnika je rekao da je ovih dana strana država otkrila
srpskoj javnosti da u ministarstvima naše države, ukljucujuci resore
odbrane, unutrašnjih i spoljnih poslova, rade strani savetnici, kao
instruktori. On je podsetio da je tako bilo u slucaju kvislinške
Nediceve vlade za vreme okupacije.

Oni su naglasili, da ne postoje nikakvi opravdani razlozi da se u vezi
sa Kosovom i Metohijom, Srbija drži nejedinstveno, snishodljivo i
kolebljivo onako kako to cini sadašnja vlast. Pravna, politicka i
moralana pozicija Srbije je jasna: Kosovo i Metohija je integralni deo
srpske državne teritorije i niko ga ne može oduzeti , niti trgovati s
njim u ime nekakvih ''viših interesa''. Govornici su se založili da se
u novi Ustav Srbije uvrsti odredba da je Kosovo i Metohija, pokrajina
sa širokom autonomijom, u sastavu Republike Srbije. To je evropski i
civilizacijski standard.

Ucesnici konferencije su obavešteni da je Beogradski forum do sada
izdao 15 knjiga sa temama iz unutrašnje i spoljne politike,
organizovao više desetina konferencija i okruglih stolova. Najavljeno
je i skoro izdavanje dve nove knjige – Intelektualci i stvarnost u
Srbiji i Spoljna politika Srbije i Crne Gore. Za 19. februar
predvidena je Skupština Beogradskog foruma o problemu Kosova i
Metohije.

Predsednik

Živadin Jovanovic

http://www.artel.co.yu/sr/izbor/jugoslavija/2005-01-15.html

PRIZNAJEM

Spomenka Deretic, novinar
informgraf @...

Beograd, 15. januar 2005. godina

O mrtvima sve najbolje, ali samo na sahranama. Inace, svetska bi
istorija licila na Andersenovu bajku "Carevo novo odelo", svi bi se
pravili da ne vide kako je car go. Narikace bi Nerona ozalile kao
ljubitelja umetnosti, a i Hitelera svakako, pa bi i Medlin Olbrajt
oplakale kao plemenitu lepoticu. Posto nisam narikaca, a ni sestra
Baticeva, niti sam strasljiva, priznajem da nikako ne mogu da oprostim
lideru DS-a i upokojenom premijeru Srbije Zoranu Djindjicu sto je
preko nemacke televizije ARD (a er de) sedamdeset sestog dana napada
NATO-a na Jugoslaviju trazio da se nastavi bombardovanje sve dok ne
padne rezim Slobodana Milosevica. Zapamtite: svako ko je poginuo ili
je bio ranjen posle sedamdeset sestog dana od 24 marta lezi na dusi i
Zorana Djindjica. Mogu da se pravim da ne znam kako je Djindjic bio
kum sefa surcinske mafije kako se tajanstveno i naglo obogatio, kako
je obmanjivao narod da ce se u Srbiju sliti milijarde dolara kada
demokrate dodju na vlast (mogli su mu poverovati samo glupaci ili
ocajnici), kako ce Evropa Srbima ukinuti vize, ali nikada necu Zoranu
Djindjicu oprostiti sto je Srbiju povukao u provaliju. Bio je to samo
jedan vest i vispren mangup.
Priznajem da nikada necu oprostiti onima koji su unistili nasu vojsku.
To nije uspeo NATO iako se svojski trudio. Jednoga dana cemo moci da
procitamo i ruske podatke koliko su stvarno nasi branioci unistili
NATO-vih aviona a, bilo je i nekoliko pokusaja natosaveznicke pesadije
da iz Albanije pocne kopnenu ofanzivu, a sve bezuspesno. Vojsku
Jugoslavije (D.Z.S.CG.) unistavju a uskoro ce dokrajciti domaci
janicari. U Srbiji sada, u orvelovskom novogovoru nazivaju reformom
vojske ono sto znaci njeno unistenje. Jos nisu Tadic i Davinic
dovoljno uradili. Jos nema dovoljno hemafrodita sto umesto u kasarne
idu u staracke domove, obdanista ili kabinete. Jos americka televizije
BEEE 92 nije dovoljno nasu vojsku oblatila. Pa ni Atlantski savez
Srbije i Crne Gore koji se zalaze za nas ulazak u NATO ( NATO nas je
bombardovao, bezumnici iz Instutita za Geopolitcka istrazivanja
vlasnika Reljina) nije dovoljno casnih srpskih oficira penzionisao.
Tek predstoji, kladim se da se srpska vojska "reorganizuje" po
regionima, da postane seljacka straza da se u korenu zatre i svaka
pomisao na odbranu Srbije. Sta li nam sve satansko spremaju Jankovici
janicari? ( Pavle Jankovic je, na primer, zamenik ministra vojnog
americkog Davinica, i diplomirao je i navodno magistrirao u Londonu ne
znam sta, ali znam da potpisuje dokumenta koja salje NATO- u).
Priznajem da bih streljala svakog ko je izdao otadzbinu i unistio nasu
vojsku. Bog im dao po zasluzi. Djavo uvek svom segrtu naplati racun.
Kostunicin ministar spoljnih poslova, kome je Bog oduzeo pamet,
smutljivac Vuk Draskovic, predlozio je zakon o izjednacavanju cetnika
i partizana i radikalima je, koji su za ovaj Zakon glasali, oduzeo bar
10% odsto glasova na buducim izborima. Zemlja propada, Albanci hoce
nezavisno Kosovo i Metohiju, gazde nasih kolaboracionista hoce Srbiju
da uniste, a ministar spoljnih poslova razmislja o vojnicima koji su
se borili pre 60 godina, od kojih je vecina mrtva, pa Draskovic,
nevernik, preuzima posao Boga. Umesto sto je prosetao Vatikonom i sa
zenom Danicom zaljubljeno gledao u Vojitulu (a u Solanu zvirka kao
Romeo u Juliju) Draskovicu Vuku bolje bi bilo da klekne pred Putina i
da moli pomoc Rusije da nam Zapad ne pojede Kosovo i Metohiju. Da ne
zaboravim: mnogo se kolaboracionisti trude da srpski narod okrenu
protiv Rusije. Tacno je, nije nam Jeljcin pomogao , ni Kozirjev, ni
Ivanov ni Cornamirdin (crna njuska). Ali jeste ruska Duma, jesu ruske
patriote generali, i jeste ruski narod. Srbi pamtite: Rusija , Kina i
Indija jesu jedine velesile koje nas nikada nisu napale, ni
bombardovale naravno. Sta je Srbija dobila kada je pred Briselom i
Vasingtonom pocela da puzi? Prezir. Zapad nista Srbiju manje ne mrzi
samo je sada jos i prezire. Mislim da nece jos mnogo vode proteci
Moravom pre nego sto ce Brisel i Vasington pristati, a u stvari
traziti da se i ovaj jad od drzavne zajednice pocepa na tri drzave: na
Kosovo i Metohiju kao drugu albansku drzavu na Balkanu na Crnu Goru i
na predkumanovsku Srbiju. Cak slutim da ce i tu iskasapljenu Srbiju
pretvoriti u regije da bi nekakve slepe i sakate regijice usle u
evropske integracije. Lepo kaze predsednik opstine Presevo Ragmi
Mustafa : " ako je Srbija zaista opredeljena za evrospke integracije,
onda ce prihvatiti nase zahteve" a albanski zahtevi su, sto je Brisel
pozurio da pozdravi, da se nasa vojska povuce sa granice sa
Makedonijom i da se otvore granicni prelazi i tamo gde ih do sada nije
bilo, da bi albanski teroristi lakse mogli da idu iz Makedonije u
Srbiju i obrnuto. Nevladina organizacija Medjunarodna krizna grupa,
inace glavni generator svih sukoba na Balkanu sada tvrdi da su po
"medjunarodni mir Kosovo i Metohija opasniji cak od Iraka i
Avganistana". A Srbi unistili vojsku!
Priznajem da ne verujem da je srpska vojska u Srebrenici ubila 7800
muslimana. Znam (zivi su svedoci) da su mudzahedini Nasera Orica pekli
na raznju Srbe pohvatane u selima u Srebrenickoj opstini. Srpski
seljaci u Kravicama su gotovo svi pobijeni. Oricevi vojnici pobili su
3000 srpskih civila u srebrenickoj opstini. A bosansko Podrinje je
usko, svako svakog zna i Srbi muslimane i muslimani Srbe, decenijama su
susedi. Verujem da su se rodjaci pobijenih Srba osvetili onim
muslimanskim vojnicima prerusenim u civile koje su prepoznali kao
ubice. Ali da Srbi ubijaju muslimanke i njihovu decicu ne verujem. U
to mogu da poveruju Borka Pavicevic, Nikola Samardzic, Natasa
Miljkovic, Sonja Biserko, Natasa Kandic, i jos po neki janicar ili
degenerisani mazohista.
Ne verujem da su u to poverovali ni oni nesrecnici iz Republike Srpske
jad od funkcionera Cavic, Mikerevic i Ivanic iako su potpisali sramno
priznaje da su u Srebrenici Srbi pobili 7800 muslimana. Srpsko
rukovodstvo u Bosni i Hercegovini kladim se da je ucenio prljavi
britanski sektas (sajantista) Pedi Esdaun. On je Srbe prevario pa
zgazio. A za kolaboracioniste u Banja Luci vazi isto sto i za njihove
drugare u Beogradu i Podgorici. Ako znaju da razmisljaju znace i kako
uvek kolaboracionisti prolaze, kada svane sloboda.
Priznajem da je Srbija dosla do ivice provalije. Brisel i Vasington ce
joj predloziti da hrabro zakoraci napred.
Procitajte drugu najbolju knjigu - Orvelovu "1984" !

---

http://www.artel.co.yu/sr/izbor/jugoslavija/2005-01-22.html

KAZNITI KRIVCA

Mirela Beloševic, novinar
informgraf @...

Beograd, 18. januar 2005. godine

Godina u kojoj je jedan od najvažnijih poslova restrukturiranje
velikih javnih preduzeca pocela je štrajkom JAT ervejza.To je inace
treci ili cetvrti štrajk u ovom javnom preduzecu u poslednja dva
meseca. Ovog puta štrajkuju piloti. Bezocno protestvuju u zemlji gde
su plate 10 i više puta manje od njihovih. Doduše, nisu primili platu
za novembar ali sa najmanjom platom od 130 000 dinara mogli su da
izdrže bolje nego oni koji primaju u drugim firmama 13 000 dinara.
Prilikom ranijih štrajkova tražili su da im se plate povecaju za iznos
koji je u velicini celog primanja radnika i intelektualaca. Dozvolili
su sebi da potpuno obustave saobracaj iako je zakonski predvidjeno da
se mora održati minimum 30 odsto saobracaja. Ministar za kapitalne
investicije Velimir Ilic nije se zbog toga narocito potresao jer mu
je, ruku na srce, bilo bitnije da poznatoj estradnoj zvezdi cestita
srpsku novu godinu na cacanskom trgu ( po sistemu hleba i igara, više
hleba nego igara) i organizuje narodu zabavu. Strašno je to što, ako
krivac i postoji on ovim štrajkom nije kažnjen. Piloti su kaznili one
koji su žurili avionom na neku neophodnu terapiju, neodložni sastanak,
one koji nicim nisu zaslužili da gube vreme po aerodromskim
cekaonicama. Medjutim, piloti su pouceni primerom svih onih koji su
kažnjavajuci narod (štrajkovi usred grada, obustave saobracaja)
izdejstvovali deo onog što su tražili. Potsetimo, isuviše cesto je
Vlada popuštala, gasila požar tamo gde ga nije na vreme predupredila.
Druga je prica što se direktori Jata smenjuju po politickoj
pripadnosti a u partiji koja stavi šapu na ovo javno preduzece nema
uvek kvalitetnih kadrova koji umeju da upravljaju ovakvim sistemom.
Štrajkovi i pretnje postaju vec morbidni, jer kako drugacije objasniti
pretnje da lekari nece izdavati smrtovnice ako im se ne ispuni obecano
povecanje plata. Ostaje nam samo da se zapitamo da li je moguce da smo
toliko daleko od svega što je civilizovano, da neko cak ne može da
sahrani najbližeg zato što neko drugi ima potrebu da nekog treceg
kazni. Ni u najvecem bolu obican svet nije poštedjen od korupcije.
Naime, kažu, postoji dogovor lekara i privatnih pogrebnika da za
preporuku ili dojavu adrese pokojnika dobiju 200 evra a za toliko onda
mora da poskupi usluga pogrebnika. Posle ovakvih primera ostaje nam
samo da se zapitamo zašto smo se tako urnebesno radovali pri ulasku u
novu godinu ako i u njoj moramo da ispaštamo zbog morbidnih dilova.S
druge strane ne treba ni sindikatima preterano zamerati što ,boreci se
za svoja prava cesto kažnjavaju nedužne ljude jer ocigledno
predstavnici vlasti ne reaguju ni na šta drugo osim na tu vrstu
ucene.Što je grupa ljudi koja ucenjuje opasnija za opstanak aktuelne
vlasti, to je i reagovanje brže a ustupci veci.
U godini u kojoj javna potrošnja mora biti smanjena, celnici gradskih i
lokalnih samouprava setili su se (dok smo mi bili zabavljeni problemom
uticaja PDV-a na namirnice) da podignu cene koje su pod njihovom
kontrolom. Primer je poskupljenje javnog prevoza u Beogradu uoci Nove
godine nakon cega je usledilo novo posle uvodjenja PDV-a, kao i
trostruko uvecanje cena parkiranja. Kažu nisu dugo povecavali cene.
Koliko god nas rastuži postupak, toliko nas nasmeje
objašnjenje.Prepucavanja izmedju republicke vlade i uprave Beograda
pokret potrošaca tumaci kao marketinški potez.
Pocetak godine nije prošao ni bez, skoro vec zaboravljenih, sankcija.
Mocna Amerika je ovoga puta bila "obazriva" kažnjavajuci, dopustila je
da se za pomoc Srbiji potroši 60 miliona uskracujuci 10 miliona
dolara. To je kažu više najava nekih gorih i vecih kazni. Srecom te je
opet kažnjen pravi "krivac". Gde da nadjemo Ratka Mladica i da li da
ga uopšte tražimo zbog tricavih 10 miliona dolara? Još jedna dilema za
narod kome je zapravo, ako ne jedini, onda najveci problem kako da
zaradi za preživljavanje svoje porodice od prvog do prvog.

MONTENEGRO: TITO, ALL'INFERNO PER CHIESA ORTODOSSA SERBA


(ANSA) - BELGRADO, 18 GEN - E' sicuramente all'inferno per la Chiesa
ortodossa serba Josip Broz Tito, il fondatore della Jugoslavia
comunista. In un affresco per la chiesa dell'Assunzione a Budva
(Montenegro), il suo ritratto e' fra quelli dei condannati alla
dannazione eterna, riferisce oggi il quotidiano Novosti. L'opera,
commissionata nel dettaglio dalle locali autorita' ecclesiastiche al
pittore belgradese Vladimir Kidisevic, ritrae fra i dannati anche il
metropolita Miras Dadaic, promotore di una chiesa indipendente
montenegrina. L'affresco, che copre tutta una parete della chiesa,
vorrebbe rappresentare il giudizio universale: manifesta comunque il
giudizio della curia ortodossa serba, dato che accanto a Tito -
considerato un grande nemico della religione - sono ritratti anche
personaggi dei servizi segreti dell'epoca comunista e loro
collaboratori. Benedict Jovanovic, priore del monastero di Podmajne
(del quale fa parte la chiesa dell'Assunzione) ha confermato che
''l'intenzione era di rappresentare fra i dannati tutte le persone che
hanno danneggiato il patriarcato ortodosso serbo: i comunisti sono
degli anticristi, per decenni hanno devastato i nostri luoghi di
culto''. (ANSA). OT
18/01/2005 16:45