Informazione

(english / italiano)

La guerra si fa con la disinformazione e con la censura


1. I " reportage " dei mass-media USA, il loro stile, il contenuto...
(James Petras, Osservatorio Iraq)

2. L'ombrello di Chamberlain
(Antonio Tabucchi, L'Unità)

3. Italia: opporsi da subito alla militarizzazione dell'informazione

4. U.S. Psychological Operations: Military Uses Networks to Spread
Misinformation
(Democracy Now!)


ALTRI LINK / MORE LINKS:

GINO STRADA: FALLUJA, UNA STRAGE NAZISTA

http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=1825

La battaglia di Israele a Falluja

...Israele ha giocato un ruolo importante nella battaglia per Falluja,
nonostante che gli Americani si siano preoccupati di nascondere questo
fatto. Ciò che è trapelato da parte di ufficiali, soldati e perfino
rabbini con la doppia cittadinanza che hanno preso parte alle
battaglie, alcuni dei quali sono stati uccisi dalla resistenza, è
solamente la punta dell'iceberg...

http://www.anti-imperialism.net/lai/texte.php?langue=5§ion=&id=23284

PR Meets Psy-Ops in War on Terror

...The use of misleading information as a military tool sparks debate
in the Pentagon. Critics say the practice puts credibility at stake...

http://www.uruknet.info?p=7729 or
http://www.commondreams.org/headlines04/1201-01.htm

At Least 200,000 Fled Falluja, No Early Return Seen

...Figures compiled by the International Organization for Migration
show that 210,600 people, or more than 35,000 families, took refuge in
towns and villages around Falluja in the build up to the U.S. assault,
launched on Nov. 8...

http://www.uruknet.info?p=7758
http://www.reuters.com/newsArticle.jhtml?type=worldNews&storyID=6977981


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I " reportage " dei mass-media USA, il loro stile, il contenuto...

James Petras, Osservatorio Iraq

Una delle tecniche è il " rovesciamento dei ruoli " che attribuisce i
crimini delle truppe d'invasione alle vittime: non sono i soldati che
causano la distruzione delle città e gli omicidi, ma le famiglie
irachene che " proteggono i terroristi " e " attirano su loro i
bombardamenti selvaggi”.

Sto leggendo il Giornale di Berlino di William Shirer, resoconto di un
giornalista sulla propaganda politica nazista durante gli anni 30, e
allo stesso tempo osservo i "reportage" USA per quanto riguarda
l'aggressione violenta contro Fallujah. I "reportage" dei mass-media
USA, il loro stile, il contenuto e particolarmente la lingua fanno eco
al loro predecessore di 70 anni fa con un grado mai raggiunto.
Coincidenze? Ovviamente! Nei due casi abbiamo eserciti imperialisti che
invadono paesi, che radono al suolo città, che massacrano civili - ed i
mass- media, privati nella forma, appendici statali nei fatti,
diffondono le menzogne più oltraggiose, per la difesa e
l'incoraggiamento della conquista condotta dagli " storm troopers " si
chiamino SS o marines. Allora nella Germania nazista e adesso negli
Stati Uniti i mass media ci dicono che gli eserciti d'invasione
"liberano il paese" da "combattenti stranieri", da "terroristi armati"
che impediscono al "popolo" di condurre la sua vita quotidiana. Ma
sappiamo che fra i 1000 prigionieri ci sono soltanto 4 stranieri (3
iraniani ed un Arabo); gli ospedali iracheni riportano che c'è meno del
10% di combattenti stranieri. In altri termini più del 90% dei
combattenti sono iracheni - la maggior parte di loro è nata, è stata
istruita ed ha educato la sua famiglia nelle città nelle quali
combattono. Come i mass media nazisti, le reti di radio e TV USA
riportano soltanto ciò che chiamano "perdite militari" dimenticando di
riportare i civili uccisi dall'inizio della guerra e le migliaia di
donne e bambini uccisi o feriti dall'inizio dell'attacco su Fallujah.
Ad immagine della Germania nazista, i mass-mass media USA diffondono
comunicati degli apparati militari USA non confermati riguardanti
omicidi sanguinosi, decapitazioni ed liminazioni "da parte dei
terroristi stranieri". Il sostegno incondizionato dei mass-media
nazisti/USA verso il campo di massacro è ben rappresentato nei loro
comunicati riguardanti i bombardamenti di massa su zone urbane
densamente popolate. Per la rete NBC, l'emissione di bombe di 500
libbre sulla città di Fallujah è descritta come colpire una "rete di
tunnel sotterranei degli insorti nella città". E le case, i mercati, i
negozi - le donne ed i bambini sopra questi tunnel - vaporizzati. La
loro esistenza non è mai riconosciuta dai reporters ed i media. La
quasi totalità della popolazione dell’Iraq non curdo è contraria
all'esercito USA ed al regime marionetta - ma i mass media chiamano i
patrioti che difendono il loro paese dagli invasori imperialisti
"insorti" riducendo al minimo il significato di un movimento di
liberazione su scala nazionale. Uno degli eufemismi più surrealista è
il riferimento costante alle "forze della coalizione" cioè ai
conquistatori coloniali USA ed i loro mercenari e briganti che dirigono
e controllano. I bombardamenti terroristici delle case, degli ospedali
e degli edifici religiosi con centinaia di aerei e di elicotteri sono
descritti dai mass media come "rassicurare la città per elezioni
libere”. "Liberare la città degli insorti" include il massacro
sistematico di amici, vicini e parenti di ogni iracheno vivo nella
città di Fallujah. "Circondare gli insorti" significa interrompere
acqua, elettricità, aiuto medico per 200.000 civili nella città e
mettere decine di migliaia di profughi sotto la minaccia d'epidemia di
tifo. "Pacificare la città" implica trasformarla in una desolazione di
rovine avvelenate e radioattive. Perché Washington ed i mass-mass media
utilizzano menzogne sistematiche, eufemismi grezzi? Principalmente per
rafforzare il sostegno a se stessi per l'omicidio di massa in Iraq. I
mass-mass media fabbricano una rete di menzogne per circondare questi
metodi totalitari di una aura di legittimità affinché le forze armate
continuino a distruggere le città in totale impunità. La tecnica
perfezionata da parte di Goebbels in Germania e praticata negli Stati
Uniti è di ripetere le menzogne e gli eufemismi fino a farne "verità"
accettate ed inserite nella lingua quotidiana. I mass-mass media
creando una routine di lingua comune coinvolgono gli ascoltatori. Le
domande tattiche dei generali, i comandanti che dirigono il massacro
(pacificazione) ed i soldati che assassinano i civili sono spiegate (e
digerite da milioni che ascoltano ed osservano) dalle autorità ai
giornalisti complici ed alle famose icone mediatiche. L'unità di
intenti tra gli agenti dell'omicidio di massa ed il pubblico USA
quotidiano è stabilita tramite i "comunicati stampa" : I soldati "
iscrivono i nomi" delle loro mogli e dei loro cari sui serbatoi e
veicoli armati che distruggono le famiglie irachene e trasformano
Fallujah in rovine. Soldati di ritorno dall’Iraq sono "intervistati" e
dicono che vogliono tornare per "essere con la loro unità" e "liquidare
i terroristi". Non tutte le forze di combattimento USA hanno
sperimentato le gioie di uccidere civili. Gli studi medici riportano
che un soldato su cinque di ritorno soffre per gravi traumi
psicologici, certamente possibili, per essere testimone o partecipante
all'omicidio di massa di civili. La famiglia di uno dei soldati di
ritorno, che si è recentemente suicidato, riportava che parlava
costantemente del suo omicidio di un bambino senza difesa nelle stradee
irachene - definendosi lui stesso uno “omicida”. Eccetto queste
considerevoli eccezioni i mass media utilizzano molte tecniche di
propaganda che calmano la "coscienza" dei soldati e dei civili USA. Una
delle tecniche è il " rovesciamento dei ruoli " che attribuisce i
crimini delle truppe d'invasione alle vittime: non sono i soldati che
causano la distruzione delle città e gli omicidi, ma le famiglie
irachene che "proteggono i terroristi" e "attirano su loro i
bombardamenti selvaggi”. La seconda tecnica è di riportare soltanto le
perdite USA delle "bombe terroristiche" per omettere le migliaia di
civili uccisi dalle bombe e dall'artiglieria USA. Le propagande nazista
ed USA glorificano l’ "eroismo", il " successo" delle loro truppe di
elite (le SS e i marines) - nell'assassinio dei "terroristi” o
"insorti" - ogni civile morto è contato come " sospetto simpatizzante
con i terroristi. I soldati USA e tedeschi hanno dichiarato ogni
edificio civile come "deposito" o "rifugio" per "terroristi" - da cui
il disprezzo totale per tutte le convenzioni di Ginevra che
disciplinano la guerra. Le pratiche USA e nazista di "guerra totale"
con quale delle Comunità intere, zone e città complete sono colpevoli
di proteggere "terroristi ricercati" è ovviamente la procedura militare
operativa classica dello Stato israeliano. Gli Stati Uniti
pubblicizzano la punizione crudele ed inusitata dei "sospetti" iracheni
(qualsiasi maschio tra i 14 ed i 60 anni) che fanno prigionieri:
fotografie appaiono nel Time e Newsweek di giovani uomini a piedi nudi,
coperti da teli o sacchi , strappati dalle loro case loro e spinti in
autocarri per essere portati verso "centri di sfruttamenti" per
interrogatorio. Per molto del pubblico USA quest'immagini sono parte
della "success story" - si dice loro che sono i "terroristi" che
vogliono far esplodere le case americane. Per la maggioranza che ha
votato Bush, la propaganda mediatica di massa ha insegnato loro che la
distruzione di decine di migliaia di iracheni è nel loro interesse:
possono dormire calmi, tanto ‘ "nostri boys" li uccidono " laggiù
lontano. E tutta la propaganda ha fatto di tutto per negare la
coscienza nazionale irachena. Tutti i giorni in tutti modi il
riferimento è alle fedeltà religiose, alle identità etniche, alle
vecchie etichette politiche, ai clan tribali e familiari. Lo scopo è di
dividere per conquistare, e presentare al mondo un Iraq "caotico”; nel
quale la sola forza coerente e stabile è il regime
coloniale. Lo scopo di queste aggressioni selvagge coloniali e di
questa etichettatura politica è di distruggere l'idea di nazione
irachena e sostituire al suo posto una serie di mini-entità governate
da briganti imperiali agli ordini di Washington.

Domenica 14 novembre, mattina: Oggi Fallujah è violentata e rasa al
suolo, catturata. Prigionieri feriti sono uccisi nelle moschee. A New
York i megacentri commerciali sono pieni di consumatori. Domenica
pomeriggio: i marines impediscono ai prodotti alimentari, l'acqua e le
medicine di entrare a Fallujah. Negli Stati Uniti di milioni di uomini
si siedono dinanzi alla loro televisione per osservare l'incontro di
calcio. Shirer ricordava che mentre i nazisti invadevano e devastavano
il Belgio e bombardavano Rotterdam, a Berlino i caffè erano pieni,
l’orchestra suonava e la gente portava a spasso i propri cani nei
parchi nelle domeniche pomeriggio piene di sole.

Notte di domenica 14 novembre 2004, accendo la televisione sul
programma " 60 minuti " ed osservo un replica della " intervista " di
Mike Wallace con Yasser Arafat. Come tutte le stars dei mass-media USA
ignora l'invasione israeliana del Libano e l'omicidio di migliaia di
palestinesi da parte di Sharon, l'occupazione militare della Palestina
e la distruzione di Jenin e di Gaza. Wallace accusa Arafat di essere un
bugiardo, un terrorista, di essere corrotto e deviato. 30 milioni di
focolari americani osservano questo spettacolo ignobile di un
apologista Sionista autocompiaciuto che brandisce gli "ideali
occidentali" che sono così tanto utili per radere al suolo città,
bombardare ospedali e sterminare una nazione. Sì, ci sono differenze
tra il resoconto di Shirer sulla propaganda nazista che difendeva la
conquista dell'Europa e le scuse mediatiche per l'invasione dell’Iraq e
per il massacro dei palestinesi da parte di Israele: il primo è
commesso in nome del Fuhrer e della madre patria, gli altri in nome di
Dio e della democrazia. Ditelo ai cadaveri divorati dai cani nelle
rovine di Fallujah.

www.counterpunch.org/petras11192004.html

tradotto da http://www.stopusa.be/newsletters/journal.php?Id=1674#1695

James Petras è professore di Sociologia all'Università di
Binghamton, New York. E' autore di 57 libri.

Traduzione italiana: Osservatorio Iraq

Articolo originale: http://www.uruknet.info/?p=7391


:: L'indirizzo di questa pagina è : www.uruknet.info?p=7715

:: L'indirizzo originale di quest'articolo è :
   www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=319


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L'ombrello di Chamberlain

Antonio Tabucchi, L'Unità
1 dicembre 2004

Antonio Tabucchi ha ricevuto ieri a Madrid il premio «Francisco
Cerecedo» per la sua opera di scrittore ma anche per gli articoli su El
Paìs, l’Unità e il Manifesto. Questo è il testo del discorso tenuto
durante la cerimonia

La libertà di parola è direttamente proporzionale alla democrazia.
Tipico di ogni totalitarismo è il controllo dell’informazione e la
sottomissione della parola libera. Lo sanno bene due Paesi come
l’Italia e la Spagna che hanno vissuto due lunghissimi periodi di
dittatura. Oggi la nostra Europa è una vasta comunione di Paesi nei
quali la parola libera, l’informazione libera, sono l’essenza stessa
dei valori democratici sui quali la Carta dell’Europa si basa. Con la
clamorosa eccezione dell’Italia.
Si dirà che in Italia non sono in vigore leggi speciali sulla libertà
di opinione e che la libertà di informazione è assicurata. È vero, ma
solo formalmente. Perché, a differenza del passato, ai giorni nostri
non è più necessario sorvegliare e censurare l’informazione: basta
comprarla. È quanto è successo all’informazione italiana, che per oltre
l’ottanta per cento appartiene a una sola persona, l’uomo più ricco
d’Europa, un miliardario della cui fortuna non si conoscono le origini.
E la persona che possiede la quasi totalità dell’informazione italiana
non è un privato cittadino, una persona qualsiasi, ma il presidente del
Consiglio, il capo di un governo. Inoltre costui non è un’industriale
dell’automobile o il proprietario di una catena di fast-food: egli
realizza i suoi guadagni sull’informazione, perché non solo la
possiede, ma la produce. Ad aumentare questo antidemocratico conflitto
di interessi si aggiunge oggi il controllo ferreo che il capo del
governo esercita sulla Rai, la televisione pubblica. Controllo che gli
ha permesso azioni che sarebbero inconcepibili in altri paesi
democratici: uso personale del mezzo pubblico, licenziamenti di
giornalisti non graditi, chiusure arbitrarie di programmi, propaganda
scoperta, notiziari addomesticati, agiografie della propria figura.
`È di questi giorni la notizia di un altro grave attacco alla libertà
di stampa in Italia. Il senato ha reso attuale una legge in vigore
durante la seconda guerra mondiale secondo la quale ai giornalisti è
vietato dare notizie sulle operazioni o gli spostamenti delle truppe
italiane inviate all’estero. È una legge di guerra per un Paese che in
guerra non è, ma che ha tuttavia inviato in Iraq truppe per iniziativa
del ministro della Difesa, senza il beneplacito del Parlamento. Tale
invio è stato denominato «Missione di Pace». Ebbene, i giornalisti
italiani non potranno più rendere conto ai cittadini italiani di ciò
che fanno i militari italiani in Iraq. La pena prevista arriva ai venti
anni di prigione. Attenzione: questa vecchia-nuova legge prevede anche
il divieto di fare propaganda di pace, perché i “pacifisti”, durante la
seconda guerra mondiale, erano considerati “disfattisti”. Uno dei primi
articoli della costituzione italiana recita: «L’Italia è un Paese che
ripudia la guerra». Potrebbe accadere che d’ora in avanti sventolare la
bandiera della pace sia considerato in Italia un reato punibile con
l’arresto.
Il problema della limitazione e del controllo dell’informazione
libera, divorata e sostituita da una informazione di propaganda feroce
e servile, non può essere lasciato fra le mura di un Paese a cui
guardare magari con distrazione o con benevola commiserazione. Esso
riguarda tutta l’Europa, perché quella informazione di propaganda che
sta divorando l’informazione libera non è innocua, ma è un veicolo
ormai a cielo aperto delle ideologie buie che segnarono l’Italia nel
ventennio fascista e che costituiscono la negazione dei principi su cui
la nostra Europa si fonda. Nel 1938 Lord Chamberlain tornò da una
“visita” nella Germania nazional-socialista assicurando all’Europa che
non c’era niente da temere. Portava con sé un ombrello. Con il senno di
poi, con quello che la Storia ha vissuto, vorrei interpretare
metaforicamente quell’ombrello come le difese immunitarie della
democrazia di cui l’Europa libera di allora disponeva. Ma Chamberlain
non aprì il suo ombrello: lo usava come bastone da passeggio. Se
l’Europa, ancora una volta, non saprà aprire l’ombrello di Chamberlain,
presto o tardi una pioggia di scorie infradicerà la sua Carta e i suoi
principi diventeranno illeggibili.
La mia è una lucida preoccupazione, è mio dovere manifestarla e lo
faccio con piena consapevolezza. Ma è soprattutto un appello. Urgente e
necessario.


:: L'indirizzo di questa pagina è : www.uruknet.info?p=7716

:: L'indirizzo originale di quest'articolo è :
   www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=IDEE&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=39435


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http://www.reporterassociati.org/
index.php?option=news&task=viewarticle&sid=4675

Italia: opporsi da subito alla militarizzazione dell’informazione
Nell’ultima settimana si è aperto in Italia un dibattito sulla riforma
del Codice penale militare approvata già in prima lettura al Senato,
che mette di fatto a rischio carcere ogni “rivelazione” sulle missioni
di pace. Duro commento arriva da Mimmo Càndito, giornalista de La
Stampa che parla di “processo di militarizzazione della politica”.
Manette per le voci libere sulla guerra. Per effetto di queste
decisioni diventano operativi gli articoli 72/73 del Codice penale
militare sulla "illecita raccolta pubblicazione e diffusione di notizie
militari" che porteranno secondo Càndito a limitare totalmente il
libero esercizio dei giornalisti sottostando a alla discrezionalità di
un comandante militare. “ E' un atto gravissimo. E' come se ci venisse
messa addosso la divisa militare, esattamente come durante la I e la II
guerra mondiale” commenta Càndito secondo cui non si salverebbero
neanche i giornalisti embedded, in quanto tutto sarebbe affidato alla
discrezionalità di chi dice: "tu stai infrangendo una norma del codice
militare".

Si ritorna a Lord Cadrington, comandante militare nel 1854 nella guerra
di Crimea, che decise per la prima volta il principio della censura
militare sulle notizie, di fronte al fatto che il Times aveva inviato
sul posto William Russel, il primo corrispondente di guerra moderno che
aveva cominciato a raccontare le miserie di quel conflitto". Siamo
tornati 150 anni indietro.

Dal mondo dei pacifisti nonviolenti arriva una prima voce di
opposizione che sta continuando in questi mesi in varie forme, tra cui
il presidio permanente che da oltre 60 giorni vede tutte le sere
davanti a Palazzo Chigi alcuni attivisti del Gruppo di Azione
Nonviolenta di Roma. Da Enrico Peyretti, membro del Movimento
Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento,
arriva una lettera che richiama i politici a diventare veramente
responsabili della democrazia e i giornalisti responsabili a fare una
pubblica verità.

“Parlare liberamente della guerra, denudarne il crimine, è parlare per
le sue vittime. Nessuno mai può proibirlo. Nessuno mai può obbedire
alla legge della guerra. Noi violeremo questa legge, in nome delle
leggi non scritte dell'umanità, e voi ci dovrete difendere. Noi la
stiamo già violando in anticipo, con tutte le nostre forze e
possibilità” scrive Peyretti in una sua lettera spedita a vari politici
e giornalisti.

Per lo studioso canadese Michel Chossudovsky, l’esercito degli Stati
Uniti sta insabbiando i crimi di guerra in Iraq. Dopo la messa in onda
delle immagini che ritraevano un marine USA che ha colpito a morte a
bruciapelo un rivoltoso Iracheno ferito durante l’assedio di Falluja,
l’esercito americano afferma che la fucilazione è avvenuta come un caso
fortuito, e in seguito al fatto che “un marine della stessa unità era
stato ucciso proprio il giorno prima, quando si era diretto verso il
corpo morto di un rivoltoso, predisposto a trappola esplosiva.”

Secondo Chossudovsky aprire un’inchiesta su questo evento “singolo” di
un prigioniero di guerra ammazzato innocente fa parte di una campagna
di propaganda. Si indirizza l’opinione pubblica a credere che nessun
altro sia stato arbitrariamente colpito, che i Marines sono soggetti ad
un preciso codice di comportamento e che i prigionieri di guerra
vengono trattati umanamente secondo la Convenzione di Ginevra.

Una copertura per i crimini ordinati oggetto di documentazione pubblica
quali l’uccisione di più di 100.000 civili Iracheni dal momento
dell’invasione dell’Iraq nel marzo 2003, dati confermati da un
autorevole studio Britannico.

Il numero dei giornalisti arrestati e minacciati dal governo ad
interim, instaurato dagli Stati Uniti, è in costante aumento in Iraq.
Ai mezzi di informazione è stato impedito in modo particolare di
documentare i recenti e spaventosi fatti di sangue a Falluja. Tra le
"100 direttive" firmate dall' ex amministratore statunitense in Iraq,
Paul Bremer, troviamo la direttiva n.65, usata il 20 marzo scorso per
istituire una commissione sulle comunicazioni e sui mezzi di
informazione iracheni.

Grazie a tale direttiva, la commissione ha il potere di controllare i
mezzi di informazione ed ha il controllo totale sulla concessione di
licenze e sulla regolazione delle telecomunicazioni, delle
trasmissioni, dei servizi di informazione e su tutte le altre strutture
mediatiche. E rivolto ai vescovi italiani riuniti in questi giorni è
l’appello di sacerdoti, religiosi e laici da Genova a Napoli, da Padova
a Perugia.

Persone come padre Alex Zanotelli, don Albino Bizzotto, don Luigi
Ciotti, don Andrea Gallo, don Vinicio Albanesi, il teologo don Carlo
Molari, ma anche laici come il giornalista Renzo Giacomelli e
tantissima gente comune, credenti che rispetto al “tacere
impressionante” sull’orrore di Falluja sentono un “fremito di
coscienza” e vivono “la sofferenza della vergogna e dell’impotenza”.

La richiesta ai vescovi è quella di condannare “il peccato di chi
continua ad uccidere”, di sconfessare “con una dichiarazione comune la
guerra con le sue violenze, menzogne e crudeltà” e perché ritirino i
cappellani militari presenti in Iraq.

Alla Conferenza Episcopale Italiana viene chiesto “un segno semplice,
eloquente, comprensibile dalle folle di poveri, sfiniti dalla violenza
indiscriminata: ritirate i cappellani militari, che in questo momento
sono assieme ai soldati italiani di fatto parte della coalizione
responsabile di quanto sta avvenendo”.

Reporter Associati
Media Watch
Mega Chip
Uruknet
Beati i Costruttori di Pace
Unimondo
Peacelink
Sos-informazione


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U.S. Psychological Operations: Military Uses Networks to Spread
Misinformation

Democracy Now!

Thursday, December 2nd, 2004

The U.S. military is reportedly distributing misinformation to the
media as part of a campaign of psychological operations. The Los
Angeles Times ( http://www.uruknet.info/?p=7729 ) uncovered how the
military sent spokespersons to major news networks to deliberately lie
about military operations in Iraq in an effort to deceive the Iraqi
resistance. We speak with retired Air Force Colonel Sam Gardiner* .


The U.S. military is reportedly distributing misinformation to the
media as part of a campaign of psychological operations. This according
to a report in the Los Angeles Times. The paper has uncovered incidents
where the military has sent spokespersons to major news networks to
deliberately lie about military operations in Iraq in an effort to
deceive the Iraqi resistance.
In one case, on Oct. 14, a Marine spokesperson appeared on CNN from
Fallujah and said "Troops crossed the line of departure." CNN was soon
reporting the battle for Fallujah had begun. In fact it wouldn't begin
for another three weeks.

A senior Pentagon official told CNN that Gilbert's remarks were
"technically true but misleading." It was an attempt to get CNN "to
report something not true," the official said. The military claimed it
wanted to see how Iraqi fighters responded to the so-called news report.

Several top officials told the LA Times that they see a danger of
blurring what are supposed to be well-defined lines between the stated
mission of military public affairs and psychological and information
operations. One senior defense official told the paper "The movement of
information has gone from the public affairs world to the psychological
operations world. What's at stake is the credibility of people in
uniform."


* Col. Sam Gardiner, retired Air Force Colonel. He has taught strategy
and military operations at the National War College, AirWar College and
Naval War College.

To purchase an audio or video copy of this entire program, click here:
https://store.democracynow.org/?pid=10&show=2004-12-02 for our new
online ordering or call 1 (800) 881-2359.


:: The address of this page is : www.uruknet.info?p=7766

:: The original address of this article is :
   www.democracynow.org/article.pl?sid=04/12/02/1513248

Who is Ramush Haradinaj?

[ Lo stragista Ramush Haradinaj e' stato designato alla surreale carica
di "primo ministro del Kosovo" con il beneplacito dell'Occidente...
Sulla rete criminale da lui controllata vedi anche:

Inchiesta: i boss della narco-mafia in BiH

... Naser Keljmendi è uno stretto amico e collaboratore di Ramus
Haradinaj, generale dell'UCK, recentemente ascoltato dagli
investigatori dell'Aia. Secondo i dati della KFOR, il clan cui fa capo
Haradinaj sul territorio di Metohija, al quale appartiene anche Naser
Keljmendi, controlla gli affari di droga, armi e traffico di persone...
Secondo i dati del sottosuolo sarajevese, Naser Keljmendi, il
proprietario dell'albergo Casa Grande, è scappato dal Kosovo dopo il
conflitto armato, perché non voleva più pagare il racket a Ramus
Haradinaj, con il quale è giunto ad uno scontro aperto...

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3659/1/51/ ]


> http://www.serbianna.com/press/007.shtml

Who is Ramush Haradinaj?

Serbian original at Apis Group, Belgrade

Ramush Haradinaj, born on July 3, 1968 in the village of Glodjane,
municipality of Decani, is not only a criminal but a terrorist and
perpetrator of war crimes!


Terrorism and crimes of Ramush Haradinaj

Namely, in 1996, under the watchful eye of Albanian officers, Haradinaj
completed terrorist training and upon completion took part in the
opening of logistical bases for terrorists in the cities of Kuks and
Tropoi in Albania. From these bases he and a group of trustworthy
associates continuously injected weapons into Kosovo and Metohija.

In mid-1997 he illegally entered the country [the Federal Republic of
[Yugoslavia] and together with his brothers, Daut and Skeljzen,
organized terrorist attacks on police departments in the villages of
Rznic, municipality of Decani, and Ponosevac, municipality of
Djakovica, as well as against refugee camps in Junik and Babalac. In
the beginning of 1998 he formed a terrorist group in Glodjane which
according to his orders conducted ambushes and harrassment of Serbs and
Albanians loyal to the Republic of Serbia. In March 1998 this group
carried out an attack on a police patrol in the village of Glodjane and
on that occasion killed policeman Miodrag Otovic.

In April of the same year Haradinaj established the Metohija
headquarters of the terrorist Kosovo Liberation Army and a special unit
called the Black Eagles, promoting Idriz Balaj aka Toger as its
commander. Under the leadership of Ramush Haradinaj, the Black Eagles
kidnapped and brutally murdered approximately forty Serbian civilians,
including Slobodan Radojevic, Milos and Milica Radunovic, Darinka
Kovac, Novica Vujsic, Zdravko Radunovic. Some of the bodies were
recovered from Lake Radonjic (Radonjicko Jezero) and from water wells
in the villages of the muncipality of Decani.


Crimes against compatriots

Terrorists under the command of Ramush Haradinaj did not kill only
Serbs but also Albanians. Thus the aforementioned commander of the
Black Eagles Idriz Balaj Toger killed Agim Ibrahimi, a taxi driver from
Djakovica, at the end of 1998. At the end of 1999 the Black Eagles of
Ramush Haradinaj abducted Vesel Mursij and four other ethnic Albanians
who were thereafter kept imprisoned in the Dukadjini building in Pec.
Vesel Murisi managed to escape and the other four men were killed.
Their bodies were thrown into the Beli Drim River. Dzafer Djuka, a
political official from Pec, was among the victims.

That the terrorists under Ramush Haradinaj's command killed and abused
Albanian civilians, too, was proven in a trial conducted against Ramush
Haradinaj's brother, Daut, who has already been sentenced by the UNMIK
judiciary for crimes committed against Albanians in June 1999 and is
currently serving a prison term. Since we know that Daut was the deputy
of his brother Ramush in the Metohija headquarters of the terrorist
KLA, if we follow the principle of command responsibility the line
leads directly to Ramush Haradinaj. Unfortunately, the principle of
command responsibility has not been respected in this instance, i.e.
the international community has once again implemented its double
standards, leaving Ramush Haradinaj untouched by justice.

[PHOTO: German general Claus Reinhardt (KFOR commander Oct 1999-Apr
2000) and Ramush Haradinaj shaking hands in Prishtina. According to
Dnevnik they have close cooperation.]


Organizer of ethnic cleansing

Ramush Haradinaj is the organizer of ethnic cleansing of Serbs and
other non-Albanians from the areas of Pec, Decani and Djakovica. The
main perpetrators of these activities were members of the Black Eagles
under the commander of Toger. For example, in order to intimidate the
Serbs and destroy signs of Serb life and history on the territory of
Metohija, the Black Eagles torched the Serbian Orthodox church in the
village of Donji Ratis.


Ramush Haradinaj organized the murder of Zahir Zemaj

Haradinaj described his terrorist activities in an autobiographical
book in which he of course hides the killing of Serbian civilians and
his compatriots. He has gone so far as to organize, in June 2003, the
murder of Tahir Zemaj who testified regarding his crimes before
investigators of the Hague tribunal. The murder of Tahir Zemaj on
January 4, 2004 on Ramush Haradinaj's orders was carried out by the
Elsani brothers - Agim, Avni, Cerim, Adem and Ahmet - together with
Sali Lajic and Florim Ejupi aka Mazul and Luli.

However, evidence against Haradinaj for his crimes did not disappear
with the murder of Zemaj. It is in the possession of the Republic of
Serbia, which is currently conducting a case against Haradinaj before
the district court in Pristina, presently located in Nis, for terrorist
activities, murder, ethnic cleansing and genocide. Evidence has also
been provided to the Hague tribunal which has so far failed to issue an
indictment against this proven criminal.


Organization and financing of terrorist activities in south central
Serbia and the Republic of Macedonia

Haradinaj continued to conduct terrorist activities even after the
arrival of itnernational forces in Kosovo and Metohija and is deeply
involved in Albanian terrorist activities in south central Serbia.
Thus, for example, Malic Ndrecaj was sent on his orders to the district
of Vitina to organize the terrorist Albanian National Army. Today
Haradinaj is also especially active in acquisition of weapons and
secret training of Albanian terrorists from south central Serbia which
is being conducted in the villages of Kosovo and Metohija near the
administrative line.

Haradinaj is also involved in the operations of Albanian terrorists in
the Republic of Macedonia and providing financial support to Nazim
Haradinaj, who provided weapons for the Albanian terrorists in
Macedonia. Following the orders of Ramush Haradinaj, until the moment
of his arrest by Kfor in July 2002, his brother Daut was directly
involved in organizing the terrorist Albanian Liberation Army and
participated in clashes with security forces of the Republic of
Macedonia.

Ramush Haradinaj acquires the financial means for terrorism through
criminalactivities.


Murder and intimidation of political opponents

Ramush Haradinaj does not flinch from murdering his political
opponents. Thus the Eslani brothers together with the notorious Toger
followed his order on January 17, 2002 and liquidated DSK deputy Ismajl
Haradnaj and attempted the murder of Ramiz and Sadik Murici from Pec,
both DSK supporters. As well, the Elsani borthers in 2002 following
Haradinaj's order liquidated his former bodyguard Avni Elezaj, who was
supposed to testify regarding Haradinaj's conflict with the Musaj
family and Tahir Zemaj.

Under the patronage (command) of the Haradinaj brothers, prison camps
(detention centers) were formed which functioned from 1997-2003 in the
following locations: Likovac, Orlate, Malisevska Banja, Jablanica,
Smonica, Ozrim, Glamocer, Rakoc, and Kodralija. As an epilogue to this,
left behind them were mass graves in the following locations: Brekovac,
Ljubizda, Pec NN cemetery, Piskote, Radonjicko Jezero, Goden, Rakoc,
etc.

It is estimated that the number of their victims (of all nationalities)
may exceed three hundred people, largely civilizans.

It is estimated that Ramush Haradinaj is directly responsible for the
abuction of over four hundred people (1998-2002) of all nationalities.

It is estimated that three groups for stalking and liquidation under
his direct command are comprised of about 30 people specially trained
for this type of task. The punishment for disloyalty or disobedience of
members of the Kosovo Police Service or Kosovo Protection Corps is
death and his groups are responsible for multiple murders of Albanian
members of the KPS and translators.

Threats and intimidation of members of UNMIK (political and police
organizations) as well as their "lobbying" (bribery) also fall under
the domain of the work of Haradinaj's groups. All Albanian leaders in
the Kosovo Police Service must obey Haradinaj. He is the logistical
mastermind behind all Albanian National Army operations and an active
participant in its organization and planning. His men have been
appointed municipal mayors and, paradoxically, are also members of
negotiating groups for displaced persons from Kosovo and Metohija
(giving them access to Serbian and UNMIK plans).

In districts under his direct control, he has the most contact with
members of Italian Kfor and also controls the entire UNMIK judicial
system in Pec. He is behind attacks on Serb returnee villages near
Klina (Bicha). His groups is also responsible for the hushed up murder
of three members of UNMIK police in the village of Citak in 2003.
Haradinaj also has the most developed and organized operative
intelligence netweork in Kosovo, which also covers zones of interest in
central Serbia and throughout the territory of Montenegro. His
intelligence network also supports the increasingly strong illegal
network of associates and sympathizers of the Party of Democratic
Action (based in Pec with local branches in Rozaj, Plav and in the
Sandzak.


Al Q'aida connection

As far as Ramush Haradinaj himself is concerned, it is well to keep in
mind a fact presented before the U.S. Congress on December 13, 2000 by
Ralph Machek, the deputy director of the Criminal Intelligence
Administration of Interpol - that Muhamed al Zavahiri, the brother of
Dr. Ajman Zavahiri, the leader of the terrorist organization Egyptian
Jihad and ideologue of al-Q'aida, commanded an elite unit of the
terrorist KLA during the time of the conflict in Kosovo and Metohija.
What Machek failed to mention was that this unit was a part of the
military policy of the terrorist KLA for the region of Metohija under
the command of Daut Haradinaj, while the commander of all units of the
terrorist KLA for the region of Metohija was Ramush Haradinaj.

Even after the arrival of international forces in Kosovo and Metohija
the Haradinaj brothers continued to nurture their connections with
Islamic terrorists. In October 2001 on orders of Ramush Haradinaj his
brother Daut visited Sofia where he met with the aforementioned Muhamed
al Zavahiriji and discussed further tactics and activities by Islamic
terrorists in Kosovo and Metohija and the Republic of Macedonia.

It is not known whether al-Q'aida continues to count on the further
services of the Haradinaj clan, first and foremost, on Ramush
Haradinaj, a proven champion of the terrorist ideology of Islamic
extremists.

Da Forum contro la Guerra <info @ forumcontrolaguerra.org> riceviamo e
giriamo:

---

L'11 e il 12 Dicembre 2004 si svolgerà a Pisa il convegno nazionale su
"Il “Grande Medioriente”, l’Europa, le basi militari della guerra
infinita ", organizzato dal Comitato nazionale per il ritiro dei
militari italiani dall'Iraq, a cui il Forum contro la guerra aderisce e
partecipa.
 
Per maggiori informazioni www.forumcontrolaguerra.org
 
---

Mediterraneo para Bellum .

Il “Grande Medioriente”, l’Europa, le basi militari della guerra
infinita

Convegno nazionale – Pisa, 11 e 12 dicembre 2004

Biblioteca Comunale - Lungarno G. Galilei

 

• Il convegno "Mediterraneo para Bellum" è organizzato del Comitato
Nazionale per il ritiro immediato delle truppe dall’Iraq
(viadalliraqora@...) e si svolgera' il prossimo 11 e 12 dicembre
a Pisa ( presso la Biblioteca Comunale sita in Lungarno G.Galilei ).
• L'obiettivo sara' quello di analizzare le strategie economiche,
politiche, geostrategiche e militari che si confrontano nello
scacchiere mediterraneo e medio orientale, alla base dell'attuale
rafforzamento delle basi USA - NATO nel Mediterraneo, e di verificare
un percorso di coordinamento tra le realta' territoriali italiane che
lottano contro di esse.

 
• Il sabato 11 dicembre sara' dedicato alle relazioni e dibattito
generale :

Le tendenze alla guerra e la riorganizzazione della NATO,

i Neocons americani ed il "soft power" dell'Europa,

le risposte del movimento di lotta per la pace.

 
Inizio lavori ore 9.30

Intervento introduttivo del Comitato Nazionale per il ritiro immediato
delle truppe italiane dall’Iraq


Ore 9.50 Manlio Dinucci “ Le basi USA-NATO nel Mediterraneo nel quadro
del riorientamento strategico statunitense - Ore 10.10 Alberto Burgio “
Guerra e Democrazia” - Ore 10.30 Vladimiro Giacche’ “l’economia della
guerra infinita” - Ore 10.50 Stefano Chiarini “L’ideologia
fondamentalista dei Neocons” - Ore 11.10 Sergio Cararo “Il soft power
dell’Europa”

 
Pausa

 
Ore 11.30 contributo scritto di Walden Bello per il convegno: “ La
vittoria di Bush, Falluja e il Movimento globale contro la guerra” -
Ore 11.50 Mariella Cao  - Comitato sardo "Gettiamo le basi”: “Sardegna,
l'isola-sentina della portaerei Italia" - Ore 12.10 Domenico Moro - Ore
12.30 Francesco Iannuzzelli - PeaceLink

 
Pausa pranzo - Presso il circolo agorà ( 500 metri di distanza dalla
Biblioteca) sarà disponibile cucina espressa a prezzi popolari per i
partecipanti al convegno.

 
Ore 15 ripresa lavori
con l’intervento di Gabriele Fruzzetti, per il Laboratorio per le
Disobbedienze Rebeldìa – Pisa - Ore 15.15 intervento dello spazio
antagonista Newroz “15 anni di lotte contro la militarizzazione dei
territori” - Ore 15.30 Mauro Bulgarelli - Ore 15.45 Bruno Steri - Ore
16 Alberto Tarozzi del Comitato "gettiamo le basi" di Bologna e
Romagna: “ Veleni civili, veleni militari. Per un territorio
dell’abitare” - Ore 16.15 Jacopo Venier - Ore 16.30 Maia Maiore del
Comitato Cittadino Spontaneo de La Maddalena : “32 anni di “convivenza”
con la base statunitense della Maddalena” - Ore 16.45 Luciano Pettinari

Pausa

Ore 17.15 Mauro Casadio - Ore 17.30 Vincenzo Miliucci - Ore 17.45
Roberto Taddeo del Comitato napoletano contro la guerra - Ore 18 CPA
Firenze - Ore 18.15 Francesco Martone - Ore 18.30 Luigi Marino - Ore 19
Francesco de Lorenzo

 

Cena - Presso il circolo agorà sarà disponibile cucina espressa a
prezzi popolari per i partecipanti al convegno

 

Domenica 12 dicembre Ore 9.30

 

• La domenica mattina continuerà il dibattito presso la sede del
circolo agorà, in Via Bovio 50  e ci concentreremo sull’ipotesi di
coordinamento tra le realta' presenti, con l'obiettivo di contribuire
al rafforzamento della rete nazionale e per una grande manifestazione
unitaria:

Le basi della guerra e le lotte per fermarle: incontro tra realta'
nazionali per rilanciare l'iniziativa sulle basi USA e NATO

 

Inizio lavori Ore 9.30

 
Sono previsti i seguenti interventi:

Contributo dal Movimento contro la guerra greco. Contributo dal
movimento contro la globalizzazione della Repubblica Ceca. Contributo
del movimento spagnolo contro la guerra - Marco Santopadre (Comitato
Nazionale per il ritiro delle truppe dall’Iraq) -  Nella Ginatempo,
gruppo bastaguerra di Roma - A Manca pro s’indipendentzia, Sardegna con
“Colonialismo e occupazione militare in Sardegna” - Aldo Lombardi del
Comitato contro la militarizzazione del porto di La Spezia con “ Via
dal mare e dai porti – Le navi a propulsione nucleare e i sommergibili
nucleari” -  Comitato Unitario Contro Aviano 2000  - COBAS Pisa -
Comitato permanente per la smilitarizzazione della base di Sigonella -
 Gruppo pace Social Forum di Brescia - Comitato "gettiamo le basi" di
Cesena - Comitato per i due no Taranto – Circolo agorà Pisa

 

Ucraina: nuovi aggiornamenti

1. Da Otpor a Ukpora
di Soccorso Popolare, Padova

2. La crisi Ucraina o la risurrezione della guerra fredda
di Vladimir Simonov, commentatore politico di RIA Novosti

3. Ci sono gli Stati Uniti dietro i disordini a Kiev
di Ian Traynor, The Guardian


=== 1 ===

Da Otpor a Ukpora

(elaborazione di Soccorso Popolare di Padova)

27 novembre 2004, Padova

Il mondo non sta fermo mai, ma i passaggi spesso si assomigliano,
specie se il Leviatano è lo stesso. Dallo jugoslavo Otpor all'ucraina
Ukpora: “da Otpor a Ukpora” . Adesso è l'Ucraina a ballare!


Bisogna riconoscere ai borghesi dei meriti. Si imparano spesso più cose
nei loro libri e archivi, zeppi di dati, che in certi ideologici
libretti rossi o verdi. Non a caso c'era chi passava molto tempo nelle
biblioteche e negli archivi di Londra. Ma si sa che Marx non era un
marxista corretto.

Consideriamo questo articolo di Ian Traynor apparso il 26 novembre 2004
sul “Guardian” di Londra. Ne diamo citazione, e lo riproduciamo per
intero più avanti in una nostra traduzione, solo perché, a nostro
avviso, è una vera fonte di informazioni. Illustra nomi e cifre
dell'operazione in corso in Ucraina: 14 milioni di dollari è costata
finora agli USA “Ukpora”, l’Otpor dell'Ucraina, il movimento
"giovanile" messo su dalla CIA, perché gli USA possano impossessarsi
anche dell'Ucraina, come hanno fatto e stanno facendo in tante parti
del mondo.
Infatti, nell’articolo vi vengono sottolineati i riferimenti delle
operazioni consimili montate in Jugoslavia, Georgia, ecc. Con l’andar
del tempo le operazioni si sono perfezionate, ed ora vi concorrono
direttamente personaggi coinvolti in operazioni precedenti, da Walesa
ed altri Polacchi a diversi Serbi giunti appositamente da Belgrado.
In buona sostanza, la crisi è giocata come occasione di avanzamento
dell’Occidente verso Est, anche se gli interessi nel campo Occidentale
sono contraddittori, bastano i controversi rapporti tra Usa e Germania,
che infatti si propone in posizione di mediazione e non di
esacerbazione della crisi.
Questa crisi è di grande importanza, in quanto dimostra che:

1) Come già negli anni scorsi, esiste una oscillazione del pendolo
delle crisi geopolitiche verso l'Europa. Come per i terremoti, a un
centro di irradiazione in Medio Oriente risponde un centro di
irradiazione in Europa: in precedenza, Iraq-Jugoslavia, attualmente
Iraq-Ucraina. La placca è quella geopolitica centrale e l'infittirsi
delle crisi regionali dimostra la gravità della crisi generale.
2) Gli Usa restano l'elemento dinamico. Hanno deciso di combattere e
combattono. Con questa operazione inseriscono una bella zeppa tra il
campo occupato da Germania e Francia, e quello di Russia e la Cina.
3) L'esito della crisi è di notevole importanza. Se l'Europa consentirà
una seconda Jugoslavia e lascerà via libera ad un altra guerra civile
di scomposizione, si troverà contro la Russia, che verrà sospinta nel
campo della Cina e dell'India.
4) Pedine degli Usa in Ucraina sono le solite forze della “modernità”,
i preti conservatori, i banchieri, i sindacalisti, i poliziotti, le
“pasionarie”, i radicali e gli “studenti”.
I lavoratori Ucraini, delle regioni orientali come occidentali, del
nord e del sud dell’Ucraina, quelli lavoravano, lavorano e lavoreranno,
comunque!
5) A questo proposito, sarà interessante vedere nei prossimi giorni lo
schieramento del “nostro movimento”. Come ai bei tempi della Polonia, e
poi della svolta degli anni Novanta in Jugoslavia, vedremo chi saranno
coloro che si schiereranno con la “rivoluzione”!
Per mettere a fuoco la attuale composizione sociale della “rivoluzione”
Ucraina, ecco a voi un estratto di agenzia:

Leopoli, 15:47
Ucraina, 300 poliziotti giurano fedeltà a Yushenko
http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/rep_nazionale_n_887700.html

Trecento agenti di polizia ucraina hanno “prestato giuramento” oggi a
Leopoli, bastione nazionalista nell'ovest dell'Ucraina, al capo
dell'opposizione Viktor Yushenko, che martedì si era autoproclamato
Presidente. I poliziotti vogliono controllare questa regione per
impedire che gli autocarri che devono trasportare i manifestanti a Kiev
vengano bloccati.

Cosa sarebbe successo negli USA se, con molte più motivazioni, Kerry si
fosse proclamato Presidente e i suoi fedeli avessero bloccato tutti gli
uffici di Washington??
Ma, giustamente, con i se non si ragiona sulla Storia. La CIA non
finanzia (ancora!) “USApor”.


=== 2 ===

La crisi Ucraina o la risurrezione della guerra fredda

di Vladimir Simonov, commentatore politico di RIA Novosti

http://fr.rian.ru/rian/
index.cfm?prd_id=427&msg_id=5131089&startrow=1&date=2004-11-
25&do_alert=0

(traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Mosca, 24 novembre 2004

Viktor Yanoukovitch è stato etichettato come candidato pro-Russia.
Seguendo la stessa logica rozza e primitiva, Youchtchenko è stato
incasellato nella categoria degli “occidentalisti”. E quindi, se
Youchtchenko avesse realizzato una percentuale di voti superiore,
sembra evidente che l’Unione Europea, l’OSCE o gli Stati Uniti non
avrebbero dubitato un solo momento sul carattere democratico delle
elezioni presidenziali che si sono tenute, e sono ancora in corso, in
Ucraina. I comunicati facenti riferimento a irregolarità e brogli
sarebbero stati esclusi, ribaltando la questione, come se si fosse
trattato di trascurabili distorsioni assolutamente normali, insite a
qualsiasi elezione.

Purtroppo, Viktor Yanoukovitch ha realizzato uno score del 3% superiore
a quello del suo avversario, scarto sufficientemente convincente,
secondo i parametri ordinariamente applicati. Questo non impedisce che
si assista ad una valanga di roboanti e distruttive dichiarazioni da
parte dell’Europa e degli Stati Uniti, che lanciano anatemi sulle
elezioni Ucraine.

Jan Peter Balkenende, primo Ministro dei Paesi Bassi, che esercita il
turno di Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, ha
dichiarato che i risultati dello scrutinio erano “poco attendibili”,
ben prima del loro annuncio ufficiale. Il Dipartimento di Stato degli
Stati Uniti esige che non siano resi pubblici prima che l’inchiesta
sulle accuse di “brogli” non sia giunta a conclusione, vale a dire che
gli Stati Uniti dettano alla Commissione elettorale centrale di uno
Stato sovrano quello che deve fare.
Quanto a certe pubblicazioni Europee, che si investono con molta foga
della difesa solo di alcune cause, come ad esempio il quotidiano
francese “Libération”, queste fanno pressione sulla direzione
dell’Unione Europea perché “si pronunci senza indugio per le sanzioni”
che metterà in atto, se Yanoukovitch fosse ufficialmente dichiarato
vincitore.
Tutto questo viene presentato come un aiuto dell’Occidente all’Ucraina.
In realtà, gli interessi autentici dell’Ucraina sono in questo caso
relegati ad un livello molto basso, con il solo obiettivo di fare
piazza pulita in favore della risurrezione degli stereotipi della
guerra fredda, che sembravano sepolti da tanto tempo dalla storia.
Questi luoghi comuni condannano l’Occidente a ricercare, non importa se
si tratta di una situazione geopolitica spinosa, un motivo di conflitto
fra le forze del Bene e della Luce, da una parte, e la Russia, Impero
del Male e delle tenebre, dall’altra.

"Io farò tutto quanto é in mio potere perché almeno l’Ucraina resti al
nostro fianco…", così si era espressa la Commissaria della Commissione
Europea incaricata delle relazioni con l’estero. Vale a dire, che ben
prima che la prima scheda in favore di Yanoukovitch o di Youchtchenko
fosse introdotta nell’urna, questa membro del Direttivo dell’Unione
Europea partiva dal principio che esisteva un “nostro fianco”
contrapposto all’altro fianco, quello avversario, del nemico, cioè
della Russia.
D’altro canto, secondo questa commissaria europea, non poteva in alcun
caso essere riconosciuta la legittimità degli interessi della Russia
nell’area occupata da questo vicino e alleato storico, che è l’Ucraina.

Il Presidente Vladimir Putin ha percepito questo approccio come un
“tentativo, nel contesto della situazione in Ucraina, di risvegliare i
fantasmi paurosi del passato”. Secondo il leader russo, "dal punto di
vista delle relazioni internazionali attuali, questa attitudine è
assolutamente controproducente e sbagliata”.

Infatti, è importante che qualsiasi politologo ucraino imparziale
potrebbe spiegare in modo assolutamente comprensibile per tutti il
fatto che l’Ucraina si sia ritrovata unilateralmente sotto la sfera di
influenza dell’Unione Europea o, per parlare in termini più generali,
dell’Occidente, avrà conseguenze nefaste per questo Paese. Al
contrario, rapporti di equilibrio sia nei confronti dell’Unione
Europea, che della Russia sono vitali per lo sviluppo delle riforme e
per il progresso economico dell’Ucraina.
Sforzarsi di imporre l’alternativa artificiosa “o bene la Russia, o
bene l’Occidente” non può che pregiudicare lo svolgimento normale dei
processi democratici nel Paese. Per questo, si cerca di ottenere
dall’Ucraina a qualsiasi prezzo non tanto la democratizzazione della
società, quanto l’adozione di una linea politica filo occidentale, o
più precisamente antirussa.

Ricordiamo che questa specie di “braccio di ferro” nell’area di
influenza post-sovietica non è iniziato con l’Ucraina e non è stata
innescato da Mosca.
L'attuale “rivoluzione dei castagni”, che si sta sviluppando sulla
grande piazza di Kiev, non è che la metamorfosi della “rivoluzione
delle rose”, avvenuta esattamente un anno fa in Georgia.
E che ci si trovi a Tbilisi o nella capitale Ucraina, è la gioventù
radicalista che costituisce la principale forza motrice degli
avvenimenti. L’organizzazione Ucraina dei giovani "Pora" , nocciolo
duro dei manifestanti di Kiev, copia con cura zelante le strutture e i
metodi dell’organizzazione studentesca Georgiana "Kmara". Per altro, è
di dominio pubblico che gli attivisti di "Pora" e di "Kmara" sono stati
indottrinati dai teorici specialisti in colpi di Stato
anticostituzionali del movimento Serbo "Otpor". Si tratta del medesimo
movimento che, all’epoca, si è adoperato per il rovesciamento del
Presidente Slobodan Milosevic.

Appoggiandosi a questa impressionante analogia, numerosi analisti russi
sono arrivati alla conclusione che le azioni di protesta
dell’opposizione Ucraina sono state preparate e finanziate da lungo
tempo.
Effettivamente, la creazione di una città di tende in pieno centro di
Kiev, i gruppi elettrogeni e le cucine da campo che funzionano 24h/24,
per assicurare la logistica all’organizzazione di assembramenti a
durata illimitata, il riversamento senza interruzione nella capitale
Ucraina di un flusso di sempre nuovi manifestanti, arrivati a rinforzo
dalle regioni occidentali del paese per via aerea, con autocarri e con
treni, tutto questo induce a porsi la stessa domanda, per sapere “chi
paga?”.

“Dopo il suo esordio, l’opposizione era disponibile ad accettare
esclusivamente una cosa, la sua vittoria. La decisione di uscire dal
quadro della legalità, e quindi di mettere in atto un colpo di Stato, è
stata presa dalla squadra di Youchtchenko ben prima di tenere le
elezioni”, così pensa Viatcheslav
Igrounov, direttore dell’Istituto per le ricerche umanitarie e
politiche di Mosca.

Questo viene confermato dagli avvenimenti della Rada Suprema
(Parlamento) dell’Ucraina dove, martedì, si è potuto assistere allo
spettacolo del “giuramento presidenziale sulla Bibbia” di Viktor
Youchtchenko. L’autoproclamatosi vincitore non ha risposto alla domanda
dei giornalisti riguardo alla legittimità del suo atto, e quindi tutti
i discorsi restano inutili: solo 191 deputati si erano registrati per
partecipare ai lavori del Parlamento, mentre il quorum richiesto per
l’adozione di una mozione o di una decisione è di 226 presenti in aula.
I Deputati dei raggruppamenti politici che hanno sostenuto la
candidatura di Yanoukovitch non hanno partecipato a questa sessione
della Rada.

Sembra che l'opposizione non abbia coscienza del fatto che, tentando di
trasferire la crisi politica nelle strade, si sta privando di per se
stessa del diritto di qualificarsi come “democratica”.
Reclamando il riconoscimento della sua vittoria, la fazione di
Youchtchenko trascura l’altra metà del popolo Ucraino che ha sostenuto
il suo avversario. Perché Youchtchenko è disposto ad appoggiarsi a
certa gente che è pronta a considerare carta straccia la Costituzione e
a far ricorso alla violenza? Per un’unica ragione: perché sente che in
un quadro di legalità, ha troppo poche possibilità di conseguire i suoi
obiettivi.
Oltre a ciò, bisogna aggiungere che i consensi e gli apprezzamenti
ottenuti e affrettatamente formulati da parte delle strutture
dell’Unione Europea a proposito delle elezioni in Ucraina non possono
che destabilizzare la situazione, alimentando le pulsioni estremiste
presenti nel campo di Youchtchenko.

E adesso? Oggi, molto dipenderà dal presidente uscente Léonid Koutchma.
Lui stesso e il Presidente Vladimir Putin hanno sottoscritto
immediatamente la dichiarazione dei Ministri degli Affari Esteri
dell’Unione Europea contenente un richiamo a tutte le parti coinvolte
nella crisi politica in Ucraina ad astenersi dal ricorrere alla
violenza. Se Youchtchenko si considera un democratico, può optare per
due soluzioni: o trovare il coraggio e la volontà di riconoscere la sua
sconfitta, o di domandare, in perfetta legittimità, alla Corte Suprema
di pronunciarsi sulla validità del risultato delle elezioni.
E sarebbe bene che le medesime istituzioni Europee, che hanno
commentato con tanta veemenza la crisi politica in Ucraina,
contribuissero ad un tale epilogo della crisi.
In assenza di tutto questo, la situazione potrebbe sfuggire a qualsiasi
controllo e degenerare in un conflitto violento. I tentativi portati
avanti dall’opposizione per scrivere la storia dell’Ucraina nelle
strade costituiscono un gioco pericoloso, che potrebbe portare a tristi
conseguenze, con effetti globali anche su scala Europea.
Le priorità importanti dell’immediato non devono nascondere gli aspetti
generali, che si sono intrapresi sforzi per trasformare l’Ucraina e gli
altri Stati post-sovietici in un bastione avanzato in vista di uno
scontro tra l’Occidente e la Russia sulle tracce mefitiche dell’epoca
della contrapposizione fra i blocchi, di cui nessuno sente il bisogno,
e questi tentativi potrebbero far regredire il mondo agli anni di
un’era passata.


=== 3 ===

Ci sono gli Stati Uniti dietro i disordini a Kiev

di Ian Traynor

venerdì, 26 novembre 2004
The Guardian
http://www.guardian.co.uk/ukraine/story/0,15569,1360236,00.html

(traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)


Con i loro siti web e i loro adesivi, con i loro…tiri mancini e i loro
slogans miranti ad espellere il timore diffuso di un regime corrotto, i
guerriglieri democratici del movimento dei giovani dell’Ucraina Pora
hanno già raggiunto una notevole vittoria, qualsiasi sia il risultato
della pericolosa presa di posizione a Kiev.
L’Ucraina, tradizionalmente passiva nei confronti dei suoi politici, è
stata mobilitata da questi giovani attivisti democratici e non sarà più
la stessa.

Mentre i vantaggi all’Ucraina derivano dalla “rivoluzione dei castagni”
tutta colorata di arancione, la campagna è una creazione degli Stati
Uniti, un’operazione sofisticata e brillantemente concepita
nell’imporre il marchio e il mercato dell’Occidente che, in quattro
Paesi in quattro anni, è stata usata per tentare di recuperare elezioni
manipolate e far crollare regimi ripugnanti.
Predisposta e organizzata dal governo USA, con la messa in campo di
consulenti Statunitensi, di esperti sondaggisti, di diplomatici, dai
due grandi partiti Americani e da organizzazioni non governative USA,
l’operazione dapprima è stata applicata in Europa, a Belgrado, nel 2000
per sconfiggere Slobodan Milosevic alle votazioni.
Richard Miles, l’ambasciatore USA a Belgrado, vi ha giocato un ruolo
decisivo.
E l’anno scorso, come ambasciatore USA a Tbilisi, ha ripetuto il trucco
in Georgia, imbeccando Mikhail Saakashvili sul modo di abbattere Eduard
Shevardnadze.
Dieci mesi dopo il successo a Belgrado, l’ambasciatore USA a Minsk,
Michael Kozak, un veterano di simili operazioni in America Centrale, in
particolare in Nicaragua, organizzava un’operazione quasi identica per
cercare di rovesciare l’uomo forte della Bielorussia, Alexander
Lukashenko.
È stato un fallimento. “Non ci sarà nessun Kostunica in Bielorussia!”
questo ha affermato il Presidente della Bielorussia, riferendosi alla
vittoria a Belgrado.

Ma l’esperienza acquisita in Serbia, nella Georgia e nella Bielorussia
è risultata impagabile nel predisporre la caduta del regime di Leonid
Kuchma a Kiev.
L’operazione di ingegneria democratica attraverso le votazioni e la
disobbedienza civile risulta di così facile applicazione che i metodi
sono stati codificati in uno schema modello per riportare il successo
nelle elezioni di altri popoli.

Nel centro di Belgrado, vi è un ufficio squallido che ha a disposizione
dei giovincelli abili ad usare il computer che si identificano come
Centro di Resistenza Non-violenta. Se voi desiderate sapere come si
abbatte un regime che controlla i mezzi di informazione di massa, i
giudici, i tribunali, gli apparati di sicurezza e i seggi elettorali, i
giovani attivisti di Belgrado sono a disposizione, liberi, in affitto.
Questi sono saltati fuori dal movimento studentesco anti-Milosevic,
“Otpor”, che significa “Resistenza”. Lo stigmatizzare con una parola
singola, forte, attraente è importante. L’anno scorso, in Georgia, il
movimento studentesco equivalente era “Khmara”. In Bielorussia, “Zubr”.
Ora, in Ucraina è “Pora”, che significa “Tempo giusto”, “Adesso!”.
Inoltre, Otpor aveva uno slogan semplice, ma potente, che nel 2000
appariva dappertutto in Serbia, le due parole “gotov je”, che
significano “lui è finito!”, con riferimento a Milosevic. Un logo di un
pugno chiuso, in bianco e nero, completava la magistrale operazione di
marketing.
In Ucraina, il corrispondente logo è un orologio che batte le ore,
quindi da il segnale che i giorni del regime di Kuchma sono contati.
Adesivi, bombolette e siti web sono le armi dei giovani attivisti.
Ironia e spettacoli umoristici di strada di derisione del regime hanno
visto un immenso successo nell’eliminare completamente il timore della
gente verso il potere e nel renderlo furioso.

L’anno scorso, prima di diventare Presidente in Georgia, il Signor
Saakashvili, su indicazione degli USA, è partito da Tbilisi per
Belgrado per essere addestrato nelle tecniche della disobbedienza di
massa.
In Bielorussia, l’Ambasciata USA ha organizzato la spedizione nel
Baltico di giovani leaders dell’opposizione, dove questi si sono
incontrati con dei Serbi provenienti da Belgrado.
Nel caso della Serbia, dato l’ambiente ostile a Belgrado, gli Americani
avevano organizzato il rovesciamento del regime dalla confinante
Ungheria, a Budapest e a Szeged.
Nelle settimane ultime, diversi Serbi si sono recati in Ucraina. Anzi,
uno dei leaders da Belgrado, Aleksandar Maric, è stato respinto al
confine.

L’Istituto Nazionale Democratico del partito Democratico, l’Istituto
Internazionale Repubblicano del partito Repubblicano, il Dipartimento
di Stato degli USA e l’Agenzia Statunitense per lo sviluppo
internazionale sono gli organismi principali coinvolti in queste
campagne a livello popolare, come pure l’Organizzazione non governativa
Casa della Libertà e l’Istituto per una Società libera e aperta del
miliardario George Soros.
Esperti americani di indagini campione e consiglieri di professione
vengono assunti per organizzare gruppi di interesse ed usare dati
psefologici per disegnare le strategie. [N.del tr.: la psefologia è lo
studio del comportamento politico dell’elettorato in occasione delle
elezioni, basato sull’analisi della ripartizione del voto nei diversi
schieramenti, dei suoi spostamenti, della sua composizione.]
Le opposizioni, di solito litigiose e frazionate, devono stare unite
dietro la bandiera di un unico candidato, se vi deve essere una qualche
possibilità di deporre il regime. Questo leader viene scelto sulla base
dell’oggettività e del pragmatismo, anche se lui o lei sono
anti-Americani.
In Serbia, i sondaggisti Statunitensi “Penn, Schoen and Berland
Associates” avevano scoperto che il leader dell’opposizione filo
occidentale assassinato, Zoran Djindjic, in patria veniva insultato e
non aveva alcuna possibilità di battere Milosevic in una leale
consultazione. Allora venne convinto di mettersi in disparte in favore
dell’anti-Occidentale Vojislav Kostunica, che ora è il Primo Ministro
della Serbia.
In Bielorussia, funzionari Statunitensi hanno ordinato ai partiti di
opposizione di unirsi dietro il severo, e più anziano sindacalista,
Vladimir Goncharik, visto che piaceva di più all’elettorato di
Lukashenko.
Ufficialmente, il governo degli Stati Uniti ha speso 41 milioni di
dollari$, pari a 21.7 milioni di £ sterline, per organizzare e
finanziare l’operazione lunga anni per sbarazzarsi di Milosevic
dall’ottobre 1999. In Ucraina, si ritiene che l’impegno finanziario si
aggiri finora sui 14 milioni di dollari$.
Oltre il movimento studentesco e l’unità delle opposizioni, l’altro
elemento chiave nel disegno democratico è quello noto come
“classificazione del voto parallelo”, un registratore dei brogli nel
sistema elettorale, tanto cari ai regimi di cattiva reputazione.
Esistono professionisti controllori delle elezioni estere appartenenti
ad enti come l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in
Europa (OSCE), ma nelle elezioni Ucraine, come per le precedenti, hanno
giocato un ruolo importante migliaia di controllori locali della
consultazione, addestrati e pagati da gruppi Occidentali.
La Casa della Libertà e l’Istituto Nazionale Democratico del partito
Democratico NDI hanno procurato i finanziamenti per organizzare “il più
largo sforzo civile sul territorio per monitorare la consultazione” in
Ucraina, impiegando più di 1.000 osservatori addestrati. Hanno anche
organizzato gli exit polls. Domenica notte, questi sondaggi davano il
Signor Yushchenko in testa con 11 punti e costruivano il programma per
molto di quello che sarebbe accaduto in seguito.
Gli exit polls sono considerati determinanti, dato che prendono
l’iniziativa nella battaglia propagandistica con il regime,
invariabilmente presentandosi per primi, ricevendo una larga copertura
dai media e imponendo l’onere della risposta alle autorità.
La fase finale nello schema USA riguarda come reagire quando colui che
è in carica tenta di rubare l’elezione che ha perso.
In Bielorussia il Presidente Lukashenko aveva vinto, quindi la reazione
è stata minima. A Belgrado, a Tbilisi, ed ora a Kiev, dove le autorità
inizialmente hanno cercato di aggrapparsi al potere, il consiglio era
di rimanere calmi ma determinati, e di organizzare manifestazioni di
massa di disobbedienza civile, che dovevano conservare un carattere
pacifico, pur sotto il rischio di provocare il regime ad una violenta
repressione.
Se gli avvenimenti a Kiev confortano con successo gli USA nella loro
strategia di aiutare gli altri popoli a vincere le elezioni e a
sottrarre il potere ai regimi anti-democratici, è certo che si tenterà
di ripetere l’operazione dappertutto nel mondo post-Sovietico.
I posti da tenere sotto osservazione sono la Moldavia e le nazioni
assolutiste dell’Asia Centrale.