Informazione

UCRAINA - aggiornamenti

1. “LA VITTORIA DI JUSCHENKO E’ LA DIVISIONE DELL’UCRAINA”
Intervista a Leonid Grac, leader dei comunisti della Crimea

2. I DUE CANDIDATI: QUALE DIFFERENZA PER I LAVORATORI?
La comunista ucraina Tamila Yabrova interviene su “Solidaire”,
settimanale del Partito del Lavoro del Belgio

3. DICHIARAZIONE DEL PARTITO PROGRESSISTA SOCIALISTA DI UCRAINA, 24
novembre 2004

4. Elezioni presidenziali ucraine: Relazione sul secondo turno
elettorale

"L’Associazione britannica Helsinki per i diritti umani (British
Helsinki Human Rights Group - BHHRG) ha inviato osservatori al
ballottaggio per le elezioni presidenziali del 21 novembre 2004 in
Ucraina..."

5. UCRAINA: DIMOSTRANTI A LEZIONE DA SERBI DI OTPOR (ANSA)

6. UCRAINA- IRAK: COME TI APPLICO DUE PESI E DUE MISURE - di Giulietto
Chiesa, 25 novembre 2004

"Noi sappiamo che Colin Powell è un bugiardo. E, essendo stato bugiardo
nell'anno 2002, non si vede perchè non potrebbe esserlo altrettanto nel
2004..."

7. IN RUSSIA CHAVEZ AFFERMA CHE DIETRO LA CRISI IN UCRAINA C’E’“LA MANO
DI WASHINGTON”, 28/11/2004


### VEDI ANCHE / VOIR AUSSI:

Ukraine : l’opposition et le «modèle serbe»

Des militants serbes d’Otpor ont joué un rôle de premier plan dans la
formation du mouvement de protestation ukrainien, notamment le groupe
Pora. Cependant, aujourd’hui, les experts en révolution du Centre pour
la Résistance Non-Violente de Belgrade se contentent d’être
spectateurs, après avoir été expulsés d’Ukraine. Après la Géorgie l’an
dernier, le «modèle serbe» va-t-il réussir une nouvelle fois à Kiev ?

http://www.balkans.eu.org/article4848.html

Besoin d’une révolution ? Appelez Otpor !

http://www.balkans.eu.org/article4676.html

Moldavie : «l’effet Géorgie» est-il contagieux ?

http://www.balkans.eu.org/article3864.html

La Moldavie : une seconde Géorgie ?

http://www.balkans.eu.org/article3863.html


=== 1 ===

“LA VITTORIA DI JUSCHENKO E’ LA DIVISIONE DELL’UCRAINA”

Intervista a Leonid Grac, leader dei comunisti della Crimea

http://www.partaktiv.info/interview/41923a02babb6/

10 novembre 2004

Alla vigilia del ballottaggio per le presidenziali, nel sito comunista
ucraino “Partaktiv.info” è apparsa (ripresa da “From-ua”) una lunga
intervista a Leonid Grac, popolare leader dei comunisti della
Repubblica autonoma di Crimea (tra i massimi dirigenti del Partito
Comunista di Ucraina), in cui viene spiegata la scelta della sua
organizzazione regionale di schierarsi senza incertezze dalla parte di
Viktor Janukovic.

Dell’intervista proponiamo la traduzione dei passaggi più significativi.

 
D. Che significato hanno i risultati del primo turno delle elezioni per
il paese, in generale, e, più in particolare, per il Partito Comunista?

R. I risultati del primo turno presentano un enorme paradosso. Da un
lato, il primo turno ha dimostrato che le idee di sinistra non sono
solo vive, ma sono radicate nella società. Non meno di 5-6 candidati,
tra cui quello del potere, sono stati costretti a fare i conti con le
opinioni presenti nella società e ad assumere posizioni di sinistra.

Oggi le idee di sinistra non assumono solo un indirizzo sociale, ma
assumono al proprio interno anche connotati geopolitici e, come dire,
una dimensione linguistica. Le opinioni di sinistra si coniugano con un
indirizzo filo-russo di sviluppo e con l’attribuzione alla lingua russa
dello status di lingua nazionale.

Il primo turno presenta risultati tragici. Oggi è venuto il momento di
ricordare lo slogan dei bolscevichi“La Patria è in pericolo”.

Il fatto è che, se oggi dovesse prevalere la politica dei
nazional-liberali, dei nazional-socialisti, ciò significherebbe cadere
sotto il controllo dell’Occidente. In questo risiede attualmente il
significato dello slogan “La Patria è in pericolo”.

Le sinistre oggi si sono venute a trovare in condizioni storiche simili
a quella, in cui si trovava il nostro partito, diretto da V. Lenin,
quando dovette affrontare la questione della pace di Brest Litovsk.
Allora correttamente si comportarono i nostri predecessori, che non
seguirono la strada “né guerra, né pace”. Oggi non scegliere
significherebbe dare la possibilità ai nazional-radicali, ai
nazional-socialisti e ai filo-occidentali di vincere. Dei socialisti
(il Partito Socialista di Ucraina, ormai a rimorchio
dell’Internazionale Socialista e dei partiti socialisti dell’est
Europa, non ha avuto problemi a schierarsi con Juschenko, nota del
traduttore), dopo la loro operazione politica, che ci ha riportato allo
scenario tedesco dell’inizio degli anni ’30, non voglio neppure parlare.

Da parte della direzione del Partito Comunista sono stati avviati
alcuni passi, tra cui un incontro con il premier Janukovic, con cui si
è cercato di raggiungere punti di contatto. Questi oggi in realtà
esistono. Noi siamo pronti a lavorare, realizzando così i nostri
programmi, alla creazione di un altro clima nella sfera sociale. La
nostra scelta geopolitica era, è, e rimarrà russa. Noi siamo contro il
nazionalismo. Siamo per la lingua russa. Vale a dire molte componenti
che ancora una volta testimoniano del fatto che non possiamo rimanere
alla finestra.

Il governo, attuale e futuro, sarà costrettoa spostarsi
significativamente a sinistraper cercare di risolvere insieme ai
comunisti i problemi più acuti. I governanti non hanno alcuna
prospettiva di relazioni accomodanti con i nazional-socialisti o i
nazionalisti. Ciò significa che occorre basarsi sulla volontà del
popolo, sulle idee di sinistra. E collaborare con rispetto e
costruttivamente con il Partito comunista.

Se ciò non dovesse avvenire, non ci sarebbero le condizioni per la
realizzazione di quanto noi proponiamo per la soluzione dei problemi
sociali, geopolitici e interetnici. E ciò significa che è necessario
assumere una seria posizione reciprocamente costruttiva. Non a
vantaggio del Partito comunista, maa vantaggio della società e dello
stato.

(...)

La vittoria di Juschenko rappresenterebbe la spaccatura del paese.
Vincendo,Viktor Juschenko non si confronterebbe mai con il sud-est del
paese. Juschenko ha già affermato negli ultimi giorni che è decisamente
contrario ad ogni forma di autonomia (in particolare, quella della
Crimea). E questo è un problema di immenso significato politico e
geopolitico.

Non vedo alcuna prospettiva in questa politica. E’ come quella di
Saakashvili. Gli americani, dietro alle sue spalle, hanno già spaccato
la Georgia. Oggi V. Juschenko con gli americani può spaccare l’Ucraina.

Io non penso che Janukovic si aspetti un futuro radioso nelle relazioni
con le regioni occidentali, ma con lui ci sono certamente maggiori
prospettive di reciproca convivenza.

(...)

D. Cosa prevede per il secondo turno?

R. Il secondo turno sarà pesantissimo dal punto di vista della
situazione politica. Dal punto di vista dell’eccitazione delle piazze,
delle provocazioni, delle mistificazioni, ecc.Lo abbiamo già vissuto
nel 1990-1991, quando le stesse forze hanno preso d’assalto la capitale
e hanno fatto la controrivoluzione.

All’epoca delle cosiddette “rivoluzioni delle capitali”, in realtà è
passata la controrivoluzione. Ma coloro che si apprestano a mettere
sottosopra Kiev, devono sapere cheoggi esistono potenti opinioni
pubbliche regionali. Le regioni diranno la loro. E sicuramente, tra
queste, ci sarà la Crimea.

Se qualche signore pensa che controllare il viale Kreshatik significhi
avere già conquistato il potere, pensi bene a quello che fa,perché
allora in piazza potrebbe scendere il resto dell’Ucraina.

(...)

Traduzione dal russo di Mauro Gemma


=== 2 ===

I DUE CANDIDATI: QUALE DIFFERENZA PER I LAVORATORI?

La comunista ucraina Tamila Yabrova interviene su “Solidaire”,

settimanale del Partito del Lavoro del Belgio

http://www.ptb.be/scripts/article.phtml?lang=2&obid=25300

27 novembre 2004

(...) Forse che ai lavoratori importa di sapere chi sarà presidente?
“Si tratta di due rappresentanti del capitale monopolistico, ma c’è una
differenza”, rispondeTamila Yabrova, presidente dell’Unione dei
Comunisti di Ucraina. “Juschenko rappresenta unicamente il capitale
americano. Si serve dei fascisti e dei nazionalisti come truppe
d’assalto. Noi non idealizziamo l’altro candidato, Janukovic. Ma egli
rappresenta anche gli interessi della borghesia ucraina. Quella che
vuole mantenere integra l’industria nell’Est e nel Sud del paese. Che è
favorevole allo sviluppo della classe operaia. Quando c’è lavoro, il
movimento operaio è più forte. Janukovic riconosce anche i diritti dei
russofoni, e questo è un bene per l’unità dei lavoratori. Il nostro
obiettivo, qui, non è al momento quello di rovesciare il capitalismo,
madi difendere la nostra indipendenza contro gli Stati Uniti.
L’imperialismo americano vuole estendere la sua influenza e stabilire
il suo monopolio sulla regione. Vuole privare la Russia del petrolio
attorno al Caspio. In questa situazione concreta, noi di conseguenza
sosteniamo Janukovic contro Juschenko. Lenin ci insegna che non
dobbiamo solamente utilizzare le contraddizioni tra capitalisti, ma
persino la più piccola crepa nel fronte dei capitalisti”.

Traduzione a cura del C.C.D.P.  


=== 3 ===

DICHIARAZIONE DEL PARTITO PROGRESSISTA SOCIALISTA DI UCRAINA

www.levij.ru

24 novembre 2004

La posizione del Partito Progressista Socialista di Ucraina, la
formazione leninista, nata nel 1996 da una scissione di sinistra del
Partito Socialista di Ucraina, schieratasi senza tentennamenti per la
vittoria di Viktor Janukovic al ballottaggio per le presidenziali.

 
Viktor Janukovic ha vinto le elezioni presidenziali. Però, né Viktor
Juschenko, né la sua cerchia intende riconoscerlo, violando i principi
democratici e le normali procedure legali di contestazione dei
risultati.

Costoro di fatto si sono avviati sulla strada della realizzazione di un
colpo di stato, della presa illegale del potere.

Utilizzando slogan democratici e la demagogia politica, che nascondono
i loro autentici obiettivi, Juschenko e il suo entourage spingono a
compiere azioni illegali decine di migliaia di persone ingannate e
confuse, soprattutto giovani.

Il Partito Progressista Socialista di Ucraina dichiara: tutti gli
slogan dei “nashisti” (da “Nasha Ucraina”, il blocco di Jushenko) sono
menzogneri. Né Viktor Jushenko né la sua cerchia porteranno alcunché di
buono all’Ucraina! Sono una forza distruttiva, che opera coscientemente
per le “riforme” e per la riabilitazione delle strutture fasciste.

Ci rivolgiamo al popolo dell’Ucraina: non fatevi strumentalizzare!
Sappiate che, facendo affidamento sulla vostra buona fede, la
criminalità dell’Ucraina, i neonazisti, gli agenti USA stanno dando la
scalata al potere.

Non cedete alle provocazioni!

L’Ucraina deve rimanere uno stato di diritto!

Assicuriamo il passaggio dei poteri al presidente legittimo, eletto
legalmente! E in tal modo assicuriamo la pace, la tranquillità e la
stabilità nel nostro stato.

Ci rivolgiamo al presidente dell’Ucraina Leonid Kuchma con la richiesta
di difendere i diritti dei cittadini, che hanno votato per Viktor
Janukovic, di non permettere il colpo di stato e la rivincita delle
forze nazionaliste, filo-americane.

Il Presidente del Partito Progressista Socialista di Ucraina
Natalja Vitrenko         

Traduzione dal russo di Mauro Gemma


=== 4 ===

www.resistenze.org - popoli resistenti - ucraina - 29-11-04

Fonte: http://www.bhhrg.org/CountryReport.asp?Countryid=22&reportid=230

24 novembre, 2004

Elezioni presidenziali ucraine

Relazione sul secondo turno elettorale


L’Associazione britannica Helsinki per i diritti umani (British
Helsinki Human Rights Group - BHHRG) ha inviato osservatori al
ballottaggio per le elezioni presidenziali del 21 novembre 2004 in
Ucraina. BHHRG ha monitorato le elezioni nella città e nel distretto di
Kiev, di Chernigov e in Transcarpazia. Lo spoglio è stato osservato a
Kiev centro ed a Uzhgorod.

Contrariamente alle condanne pubblicate dal gruppo di politici e
diplomatici di professione schierati dall'OSCE, principalmente dalla
NATO e dagli Stati dell’Unione Europea, gli osservatori di BHHRG non
hanno riscontrato prove di frode governative né atti di repressione sui
media di opposizione. E’ stata ampiamente citata l’inverosimilmente
elevata preferenza nell’Ucraina sud-orientale per il Primo Ministro,
Viktor Yanukovich, ma minor attenzione si è prestata alla percentuale
del 90% favorevole a Yushchenko registrata nell’Ucraina occidentale.

Sebbene i media occidentali abbiano ampiamente rivendicato che
l'opposizione in Ucraina sia stata esclusa dai media di informazione di
massa, in verità si è dato il caso contrario soprattutto nell’Ucraina
dell’Ovest. Alla vigilia del voto, in aperta violazione alla legge che
proibisce propaganda elettorale per i candidati, sono passate sulla
televisione di stato una serie di “comunicazioni sociali” in cui note
pop star (come Ruslana, vincitore di Eurovision) esortavano a votare,
vestite del colore arancione simbolo del candidato Yushchenko!

Anche se BHHRG non ha riscontrato evidenti violazioni né al primo né
al secondo turno elettorale, gli osservatori del Gruppo hanno avvertito
un allarmate e palpabile cambiamento nell'atmosfera nelle sezioni
elettorali, in particolare nell’Ucraina centrale. Al primo turno, è
prevalso per tutto il giorno, un umore rilassato ed ordinato. Al
ballottaggio la situazione si è fatta caotica e si avvertiva
un’indistinta tensione. Secondo BHHRG il cambio di umore nel secondo
turno è attribuibile principalmente alla sovrabbondante presenza di
osservatori locali, che hanno esercitato un’indebita pressione,
talvolta intimidatoria, sul processo. La stragrande maggioranza degli
osservatori nelle sezioni elettorali visitate erano in rappresentanza
di Viktor Yushchenko.

Le urne elettorali trasparenti adottate hanno dato la possibilità a
questi osservatori di riscontrare il voto degli elettori. Questa
innovazione approvata dall’OSCE in qualsiasi distretto provoca una più
facile forma di intimidazione sugli elettori del candidato meno
popolare, poiché pochi sostenitori della minoranza si augurerebbero di
essere visti mentre esprimono il voto.

La legge elettorale in Ucraina consente ai soli candidati e partiti
politici di schierare osservatori, mentre le organizzazioni non
governative sono escluse. Ma anche i giornalisti possono svolgere
funzioni di osservazione. Così il Comitato KVU (Committee of Voters of
Ucraine, sponsorizzato dall’occidente), simpatizzante dell'opposizione,
ha inviato “corrispondenti” in tutta l'Ucraina per il giornale Tochka
Zora. Il 31 ottobre, BHHRG non ha incontrato alcun rappresentante di
questo giornale, ma il 21 novembre questi “giornalisti-osservatori”
erano visibilissimi in Ucraina centrale. In Chernigov 11/208, per
esempio, tutti i giornalisti-osservatori presenti (6) erano
corrispondenti dei giornali di opposizione ed uno in particolare, il
corrispondente di Tochka Zora, si è posizionato molto vicino alle urne
elettorali in modo da vedere come i voti erano assegnati. Poiché le
schede elettorali nel ballottaggio erano più piccole rispetto al primo
turno e non era previsto di imbustarle prima di inserirle nelle urne
elettorali trasparenti, la segretezza del voto è stata compromessa.
L'impressione immediata che si ricavava da questa situazione era che il
giovane corrispondente di Zora Tochka esercitasse un maggior controllo
sul processo rispetto allo stesso presidente della commissione
elettorale.

In Chernigov (7/208), tutti i 7 giornalisti-osservatori
rappresentavano la stampa di opposizione. Talvolta si tratta di
pubblicazioni meramente temporanee volte alla campagna elettorale come
il giornale di propaganda favorevole ad Yushchenko Tak, cioè Yes, suo
slogan elettorale. Gli osservatori del BHHRG hanno assistito ad una
scena paradigmatica dell’atmosfera elettorale il 21 novembre:
un’anziana signora visibilmente nervosa è emersa dalla cabina e si è
avvicinata ai tre osservatori di opposizione che sedevano proprio
dietro alle urne, ed ha chiesto se avesse correttamente compilato la
scheda. Uno dei tre, presa visione e constatato che il voto fosse stato
assegnato a Viktor Yushchenko, ha risposto Yes. La scheda spiegata
della donna era chiaramente visibile all’interno dell’urna elettorale
trasparente.

Questi giornalisti-osservatori dell’opposizione non erano visibili
nella regione della Transcarpazia visitata dagli osservatori di BHHRG.
Esperti nell’analisi sugli exit polls in Mukachevo hanno ammesso di
essere sostenitori di Yushchenko e hanno condotto il sondaggio in
maniera a dir poco semplicistica, intervistando un elettore ogni venti
senza categorizzazione di età, classe, ecc. Il 40% degli elettori ha
rifiutato di rivelare la scelta elettorale, ma l’80% di chi ha risposto
ha dichiarato di aver appoggiato Yushchenko. Gli exit polls non sono
stati propriamente attendibili, meno ancora di quelli che hanno
predetto la vittoria di Kerry su Gorge W. Bush in Florida e Ohio!

In una sezione elettorale allestita nell’università di Uzhgorod, un
gruppo di giovani osservatori maschi, sostenitori di Yushenko,
sostavano all'ingresso della stanza elettorale e vicino alle urne.
L’OSCE condanna la presenza di tale personale non autorizzato. Il
presidente della commissione di questa sezione ha dichiarato che
quattro membri della commissione avevano diffidato gli osservatori di
Yushenko dall’adempiere i loro “compiti”. Ma gli altri membri della
commissione, quando il caso è stato sottoposto alla loro attenzione,
non si sono espressi ed anzi hanno negato che un tale incidente avesse
avuto luogo. […]

Concludendo: qualunque cosa sia accaduta nell’Ucraina sud-orientale, è
stato chiaro per gli osservatori di BHHRG che in Ucraina centrale e in
Ucraina occidentale l'opposizione ha esercitato un controllo quasi
completo. I mezzi di comunicazione di massa si sono schierati per
Yushchenko in queste aree, particolarmente in Ucraina occidentale dove
Yanukovich è rimasto invisibile (non è neanche passata l’immagine di
lui al seggio elettorale il giorno delle elezioni). È ingenuo pensare
che solo il governo abbia avuto la possibilità di esercitare
un’indebita influenza sul voto.

Da ciò che BHHRG ha potuto constatare, l'opposizione ha esercitato un
controllo sproporzionato sul processo elettorale in molti luoghi,
accrescendo la preoccupazione che l'opposizione, non solo le autorità,
abbia commesso violazioni e abbia falsificato il voto in aree
controllate. Le cosiddette "risorse amministrative" nei luoghi visitati
da BHHRG sembravano essere nelle mani dell'opposizione, non in quelle
del governo, e questo ha potuto spaventare gli elettori. Da domenica la
polizia ed il personale di sicurezza nelle città occidentali hanno
dichiarato la loro lealtà al "presidente" Yushchenko.

L’aperta influenza esercitata dai governi occidentali e dai loro
osservatori designati nella delegazione OSCE, alcuni dei quali sono
apparsi nelle tribune dell’opposizione, rendono irragionevole far
affidamento sul quel rapporto.

A dispetto delle preoccupazioni, BHHRG non vede ragioni di credere che
il risultato finale delle presidenziali del 2004 in Ucraina non siano
in generale rappresentative della volontà popolare. L'elezione ha posto
in evidenza una reale alternativa tra i candidati, un’attiva campagna
pre-elettorale, ed un’alta partecipazione al voto. È chiaro che
l’opinione ucraina è estremamente polarizzata. Ciò significa che molti
di quelli che appoggiano il candidato perdente troveranno difficile
accettare la sconfitta. Gli stranieri non dovrebbero incoraggiare uno
scontro civile solo perché il candidato per il quale hanno prodigato un
costoso appoggio risulta essere il perdente.

traduzione dall'inglese a cura del Ccdp


=== 5 ===

UCRAINA: DIMOSTRANTI A LEZIONE DA SERBI DI OTPOR / ANSA

(di Beatrice Ottaviano) (ANSA) - BELGRADO, 26 NOV - Da un mese a questa
parte le frontiere ucraine per loro sono chiuse, non senza motivi
precisi: i ragazzi del movimento giovanile serbo Otpor (resistenza),
che fu uno dei principali protagonisti del crollo del regime di
Slobodan Milosevic, sono andati spesso in Ucraina negli ultimi anni per
preparare i loro coetanei alla resistenza non violenta. ''La situazione
di questi giorni comunque e' preoccupante - ha detto all'Ansa Nenad
Belcevic, uno degli istruttori piu' quotati del movimento - e non so se
in Ucraina si riuscira' a realizzare quello che e' stato fatto da noi,
una rivoluzione democratica incruenta. Aspettiamo con ansia i risultati
delle mediazioni in corso, soprattutto quella dell'Unione europea, e
incrociamo le dita''. ''Quello che abbiamo fatto a Kiev, come d'altro
canto in Georgia ai tempi della lotta contro Eduard Shevardnadze, e'
stato offrire ai giovani la nostra esperienza organizzativa: come fare
una petizione senza incorrere nelle manette - racconta Belcevic - o
come organizzare una dimostrazione lampo in piazza, come contattare i
media, come raccogliere fondi. E anche le nostre tecniche per resistere
alle cariche della polizia: difendersi dai lacrimogeni con limoni e
fazzoletti, portare con se' uno zaino imbottito di giornali per
assorbire i colpi di manganello, le scarpe migliori da indossare''.
L'accoglienza dei coetanei ucraini e' stata entusiasta: ''per loro e'
molto diverso dalle solite conferenze sulla democrazia o dai discorsi
dei politici e dei diplomatici di turno. Noi siamo come loro,
proveniamo dalla stessa esperienza, la difesa di un voto democratico,
siamo slavi, vogliamo le stesse cose, vivere in un libero stato di
diritto. Tutto ci accomuna, nulla ci divide'', dice Belcevic, che a
Kiev va in media due o tre volte l'anno. Un mese fa pero' la
cooperazione si e' interrotta: le guardie di frontiera ucraine hanno
rifiutato l'ingresso a un altro esponente di Otpor, Aleksandar Maric, e
da allora il territorio della repubblica ex sovietica e' off limits per
gli aderenti al movimento serbo. ''Quello che potevamo fare comunque e'
stato fatto, ora la situazione in Ucraina ha raggiunto la sua massa
critica. Spero tanto che ce la facciano, e senza spargimento di sangue
- conclude Belcevic - e soprattutto spero che a loro vada meglio che a
noi. L'attuale assetto del mio paese non e' quello per il quale io ho
lottato: cambiano i governi, ma si moltiplicano gli scandali''. Dopo la
caduta di Milosevic dell'ottobre del 2000, Otpor aveva promesso di non
appendere i guantoni al chiodo e di esercitare un ruolo di cane da
guardia della neonata democrazia. La stragrande maggioranza del
movimento pero' e' poi confluita in un partito politico riformista, il
Partito democratico del defunto premier Zoran Djindjic, proprio in
seguito all'uccisione di questi. Belcevic e altri sono rimasti fuori,
fondando il Centro per la resistenza non violenta. (ANSA). OT
26/11/2004 17:58


=== 6 === 

UCRAINA- IRAK: COME TI APPLICO DUE PESI E DUE MISURE

Data: Friday, 26 November @ 13:47:54 CET
Argomento: Articoli

di Giulietto Chiesa, del 25 novembre 2004,
in uscita sul settimanale russo Kompania

 
I miei abituali lettori non si arrabbieranno, spero, se intervengo
anch'io negli affari interni di qualcuno. Ma, visto che lo fanno tutti,
a destra e a manca, anch'io vorrei esercitare questo diritto.

Adesso leggo che il signor Colin Powell (quello che andò al Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite, prima che cominciasse la guerra
diaggressione contro un paese sovrano denominato Irak, e dichiarò di
avere le prove che Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa)
considera invalide le elezioni in Ucraina, perchè - così ha affermato -
"non soddisfano gli standard internazionali e non ci sono state
indagini sui numerosi e credibili resocontidi brogli e di abusi"...

Noi sappiamo che Colin Powell è un bugiardo. E, essendo stato bugiardo
nell'anno 2002, non si vede perchè non potrebbe esserlo altrettanto nel
2004.

Tuttavia, io dichiaro solennemente di non avere visto con i miei occhi
le elezioni in Ucraina. Io non c'ero. Ero da un'altra parte. Non c'era
neanche Colin Powell.

Anche lui era da un'altra parte. Siamo pari. E non mi sogno neppure di
affermare che le elezioni in Ucraina si siano svolte in modo
ineccepibile.

Se, anzi, qualcuno mi chiedesse cosa ne penso, risponderei che sarei
davvero oltremodo stupito se quelle elezioni fossero state regolari.
Non mi risulta che ci siano state elezioni regolari nello spazio
ex-sovietico dal 1991 ai giorni nostri. Ma non mi risulta nemmeno che
gli osservatori stranieri, inviati a controllarne la regolarità, si
siano molto indignati.

Per la verità si potrebbe riassumere così: si sono indignati
selettivamente, qua e là, qualche volta sì, qualche volta no. Spesso
no, anche quando i sospetti erano più che evidenti. Gli ambasciatori
occidentali convocavano gli osservatori internazionali dei rispettivi
paesi e, di regola, comunicavano loro, qualche volta addirittura in
anticipo, che, a loro avviso, le elezioni sarebbero state regolari. E
gli osservatori - se non avevano ancora capito l'antifona - la capivano
in quel momento, e si adeguavano.

Parlo non per sentito dire, ma in qualità di testimone.

Quindi mi pare lecito, come minimo, sottolineare che l'atteggiamento
dell'Occidente non è sempre stato equanime. I sacri principi qualche
volta - per non dire spesso - sono stati lasciati da parte in nome dei
meno sacri (ma molto più concreti) interessi.

Ecco perchè io penso che il popolo diUcraina, quale che sia la sua
volontà maggioritaria - della qual cosa difficilmente potremo avere
dimostrazioni concrete e attendibili - sia oggi vittima non solo della
poca onestà dei suoi governanti, ma anche della scarsissima obiettività
degli Occidentali.

E' chiaro come il sole quali sono gl'interessi in gioco. Mezza Ucraina
vuole andare con la Russia, l'altra mezza vuole andare con l'America e
con l'Europa. Questo è lo stato delle cose e, America e Europa da una
parte, Russia dall'altra, tirano ciascuna la coperta dalla parte che
loro interessa, cioè dalla propria.

Saggezza avrebbe voluto che, per evitare drammi, i dirigenti politici
ucraini si mettessero d'accordo prima per gestire politicamente e
pacificamente il contrasto. Sfortunatamente la piccolezza degli uni e
degli altri ha portato il paese sull'orlo dello scontro. Ci sarebbe da
augurarsi, adesso, che la saggezza che è mancata a Kiev la si ripeschi
in extremis nelle capitali che contano: Mosca e Washington, in primo
luogo, ma anche Berlino, Parigi, Bruxelles.

E speriamo che vada tutto, bene, incrociamo le dita dietro la schiena,
come si fa a Napoli per scongiurare il malocchio. Poi segniamo sul
calendario la data del 30 gennaio 2005. E' quella in cui voteranno gli
iracheni. Un intero grande paese sarà portato alle urne in guerra,
senza osservatori internazionali, senza regole che non siano quelle
delle truppe occupanti. Ma volete scommettere? Colin Powell non sarà
più al suo posto, sostituito da Condoleeza Rice, ma si può essere certi
fin da ora che la signora dirà che le elezioni irachene sono state
valide, validissime, ineccepibili.

 
=== 7 ===

IN RUSSIA CHAVEZ AFFERMA CHE DIETRO LA CRISI IN UCRAINA C’E’“LA MANO DI
WASHINGTON”

http://www.vermelho.org.br/diario/2004/1128/1128_vezuela-ucrania.asp

28 novembre 2004

Il quotidiano del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), “Diario
Vermelho”, ha pubblicato la seguente notizia

 
Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, ha affermato di vedere “la
mano di Washington” dietro la crisi politica esplosa in Ucraina in
conseguenza delle elezioni presidenziali tra un candidato appoggiato da
Mosca e l’altro dai nordamericani e dagli europei. L’affermazione, con
la quale si chiede alla comunità mondiale di non interferire negli
affari interni del paese slavo, è stata fatta alla fine di una visita
di tre giorni a Mosca, secondo quanto riferisce l’agenzia Interfax.

In dichiarazioni alla stampa locale, Chavez ha detto che “quasi tutte
le crisi simili a quella registrata in Ucraina vengono stimolate
dall’estero per ragioni geopolitiche”. E ha aggiunto che “se ci fossero
elezioni sulla Luna o su Marte, gli Stati Uniti sarebbero lì”. Per il
presidente venezuelano, “è doveroso rispettare la sovranità
dell’Ucraina e non immischiarsi nei suoi affari interni”. Secondo
Chavez, “la volontà popolare può manifestarsi in forme diverse, ma in
democrazia è la maggioranza che decide”.

Chavez si è augurato che questo conflitto che ha diviso l’Ucraina si
risolva con metodi pacifici, e ha chiesto ai dirigenti e alla
popolazione che evitino di trascinare la situazione verso una
“carneficina”.

Le dichiarazioni sono state fatte poco dopo che il Parlamento ucraino
aveva invalidato le elezioni (…)

Traduzione di Mauro Gemma    

 

[ Proseguiamo con la documentazione riguardante lo scandalo scoppiato
da una decina di giorni in Germania, sul ruolo svolto dal servizio
segreto militare tedesco BND nei pogrom antiserbi scatenati in Kosovo
lo scorso marzo, che hanno causato una ventina di morti e molte
migliaia di profughi.

L'autore degli articoli, J. Elsaesser, è l'autore di "Menzogne di
guerra. Le bugie della NATO e le loro vittime nel conflitto per il
Kosovo" ( Ed. La Città del Sole, Napoli 2002:
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/elsaes2004.htm )
Una nuova edizione del libro, in lingua serbocroata, sta uscendo in
Serbia. ]

Die Folgende Artikeln von Jürgen Elsässer wurden auf FreiTag und der
"jungen Welt" veröffentlicht. Siehe auch:
BND-Mann an UCK-Spitze
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4024


1. Unser Mann, der Gotteskrieger

Ein BND-Informant gehörte zu den Rädelsführern der antiserbischen
Pogrome im Kosovo

2. BND-Skandal schlägt weiter Wellen

ZDF legt neue Dokumente über Zusammenarbeit mit albanischen Terroristen
vor. UCK-Führer Haradinjaj wird Regierungschef im Kosovo

3.1 Der deutsche Geheimdienst und die Zerstörung Jugoslawiens (I): Die
Abspaltung Kroatiens.

Eine Bilanz nach den Enthüllungen um die deutsche Kosovo-Connection

3.2 Der deutsche Geheimdienst und die Zerstörung Jugoslawiens (II): Die
Kriege in Bosnien und im Kosovo


=== 1 ===

FreiTag, 26.11.2004

Unser Mann, der Gotteskrieger

Ein BND-Informant gehörte zu den Rädelsführern der antiserbischen
Pogrome im Kosovo. Von Jürgen Elsässer

Am 17. und 18. März 2004 kam es im Kosovo zu einem regelrechten Pogrom
gegen Serben und andere Nicht-Albaner, zum schlimmsten Gewaltausbruch
seit dem Kriegsende im Sommer 1999. Dabei wurden 19 Menschen getötet
(zunächst war sogar die Zahl 31 genannt worden) und ungefähr 1000
Personen verletzt, über 30 orthodoxe Klöster oder Kirchen und 500
serbische Häusern zerstört und 4 500 Nicht-Albanern vertrieben.

Letzte Woche bezichtigte sich im ZDF-heute journal ein bezahlter Agent
des Bundesnachrichtendienstes (BND), einer der Hauptbrandstifter im
März gewesen zu sein. Es handelt sich um Samedin Xhezairi, der in der
albanischen Untergrundarmee UCK unter dem Kriegnamen Kommandant Hodza
firmiert. Der Mann kaempfte 1999 in der 171. UCK-Brigade zunächst gegen
die Serben. Nachdem dieser Krieg mit Hilfe der NATO 1999 gewonnen war,
wechselte Xhezairi ueber die Grenze und nahm im Fruehjahr 2001 im
Rahmen der 112. Brigade am UCK-Aufstand in Mazedonien teil. Dort war er
Kommandant einer Einheit aus unter anderem auslaendischen
Gotteskriegern im Raum Tetovo. Als diese Einheit im Juni 2001 von der
mazedonischen Armee bei Aracinovo eingekesselt wurde, wurde sie von der
US Army ausgeflogen. Neben Xhezairi und seinen Mudjahedin befanden sich
auch 17 US-Militaerberater unter den Geretteten.

Derzeit ist Xhezairi – so vom ZDF gezeigte NATO-Dokumente - Koordinator
eines geheimen Netzes, das Angehoerige der formell aufgeloesten UCK
geknuepft haben, die heute im Kosovo-Schutzkorps und in der
Kosovo-Polizei ihren Dienst verrichten, also in von der UN-Verwaltung
UNMIK und der NATO-geführten Besatzungstruppe KFOR genehmigten
Organisationen. Ueber dieses Netz wurden die Pogrome im Maerz
gesteuert. Xhezairi selbst befehligte den terroristischen Mob in
Prizren und Urosevac. Daneben verdächtigt die NATO den Mann guter
Kontakte zur Al Qaida und zur Hizbollah.

Auch wenn die Pullacher Honorarkraft beim Serbenanzünden ohne
Rücksprache mit ihren Auftraggebern gehandelt haben sollte, bleibt doch
ein anderer Vorwurf im Raume stehen, der von drei Zeugen bestätigt
wird: Der BND habe die Telefongespräche des Mannes überwacht und sei
deshalb schon im Vorfeld der Pogrome im Bilde gewesen, was geplant
wurde. Warum hat Pullach die Kosovo-Schutztruppe KFOR oder zumindest
das dortige Bundeswehr-Kontingent nicht informiert?

Vielleicht deswegen, weil es der Bundesregierung ganz recht ist, wenn
die Serben vertrieben werden und der kosovarische Knoten dann ohne
Proteste lästiger Minderheiten endlich nach alter deutscher
Gutsherrenart – Serbien muß sterbien – durchgehauen werden kann.
Verteidigungsminister Peter Struck sprach sich bereits mehrfach für
eine "Lösung der Status-Frage" aus, als ob der Status der Provinz in
der UN-Resolution 1244 nicht eindeutig geklärt worden wäre – dort ist
die Zugehörigkeit zu Serbien-Montenegro völkerrechtlich verbindlich
festgeschrieben. Strucks Parteifreund, der SPD-Vorsitzende Franz
Müntefering, vertrat Ende August 2004 ganz explizit die Position, ,,daß
das Kosovo in der Lage ist, ein eigener souveräner Staat zu sein". Auch
die SPD-Außenpolitikerin Uta Zapf schwärmte kurz darauf von der
"kosovarischen Unabhängigkeit": ,,Ein solch souveräner Staat wird dann
in die europäischen Strukturen eingegliedert werden." Der frechste
Vorschlag kommt von der FDP, die den Anschluß des Kosovo an die EU
fordert. Das Territorium solle »Europa« als »Treuhandgebiet« überlassen
werden, heißt es in der Bundestagsvorlage, die der FDP-Abgeordnete
Rainer Stinner Anfang April 2004 initiiert hat. »Die Souveränität des
Kosovo« gehe dann »auf die EU über«. Stinner sagte gegenüber der
Redaktion des Internetportals german-foreign-policy.com, nach dem
Anschluß werde sich »ein europäischer Leiter« der »Außen- und
Verteidigungspolitik« des Kosovo annehmen. Diesen Job könnte dann
vielleicht der ewig umtriebige Guido Westerwelle übernehmen. Oder
sollte man das muslimische Republikchen nicht eher in die Obhut des
Neumitgliedes Türkei geben? Vorschläge gibt es viele. Nur die Serben
stören noch. Aber dafür haben wir ja Leute wie Xhezairi.


=== 2 ===

jW, 22.11.2004

BND-Skandal schlägt weiter Wellen

ZDF legt neue Dokumente über Zusammenarbeit mit albanischen Terroristen
vor. UCK-Führer Haradinjaj wird Regierungschef im Kosovo


Am Samstag Abend legte das heute-journal des ZDF neue Dokumente vor,
durch die der Bundesnachrichtendienst (BND) im Zusammenhang mit den
Pogromen im März im Kosovo schwer belastet wird. Präsentiert wurden
unter anderem NATO-Verschlußsachen, die beweisen, worüber junge Welt am
Freitag als erste Zeitung berichtet hatte: Samedin Xhezairi, ein
Kommandant der kosovoalbanischen Terrororganisation UCK, hat nicht nur
mit Wissen der Pullacher Behörde die flächendeckenden Angriffe auf die
serbische Minderheit im Frühjahr vorbereitet, sondern war außerdem in
Personalunion BND-Informant und Al Qaida-Kontaktmann.

Bisher hatte in Berlin – so ein interner Untersuchungsbericht des
Bundesverteidigungsministerium vom 20. September – die Sprachregelung
gegolten: "Konkrete Hinweise auf das Bevorstehen massiver
Auseinandersetzungen gingen weder aus dem eigenen Aufkommen (an
geheimdienstlichen Informationen) noch aus dem Aufkommen des
Bundesnachrichtendienstes hervor." (1) Am Freitag hatte die
Bundesregierung noch jede Stellungnahme zur behaupteten Zusammenarbeit
zwischen Xhezairi und dem BND verweigert. Doch seit der neuerlichen
ZDF-Sendung am Sonnabend ist erwiesen, daß der Terrorist zumindest bis
zum 4. März dieses Jahres auf der Gehaltsliste des Dienstes stand.

Außerdem liegen der Tageszeitung Die Welt liegen nach eigenen Angaben
deutschsprachige Dokumente vor, "die von Machart und Sprache dem
deutschen Auslandsnachrichtendienst zugeordnet werden könnten". (2)
Darin sei eine Vielzahl von Kosovo-Albanern, ihre Vergangenheit in der
separatistischen UCK und ihre jeweilige Rolle während des Pogroms
detailliert beschrieben. (3) Diese Dossiers lassen, selbst wenn sie
erst nach den März-Ereignissen zusammengestellt worden sein sollten,
darauf schließen, daß die Pullacher Behörde eine intime Kenntnis der
Terrorszene im Kosovo hatte und hat.

"Sollte es sich bewahrheiten, daß der BND vorab wußte, was sich dort
entwickeln würde, und nichts dagegen unternommen hat, so wäre dies ein
strategisches Versagen des Geheimdienstes", sagte Winfried Nachtwei.
Der Grünen-Fraktionsvize sprach von "überzeugenden Indizien", die der
Affäre weit über den deutschen Rahmen hinaus Bedeutung gäben. "Das
würde nämlich die These widerlegen, wonach die ... Kfor-Führung von dem
Gewaltausbruch ahnungslos überrascht" worden sei. (4)
Daß die Politik der Nato gegenüber der UCK nicht von Ahnungslosigkeit
geprägt ist, sondern einem Kalkül folgt, beweist die Designierung von
Ramush Haradinaj zum neuen Regierungschef der Krisenprovinz in den
vergangenen Tagen. Darauf hatten sich die Demokratische Liga des Kosovo
(LDK) von Ibrahim Rugova und Haradinajs Allianz für die Zukunft des
Kosovo (AAK) nach Koalitionsgesprächen geeinigt. Brisant ist, daß mit
Haradinaj künftig einer der mutmaßlichen Hauptkriegsverbrecher der UCK
das wichtigste politische Amt im Kosovo bekleiden soll – obwohl seine
Partei bei den Parlamentswahlen im Oktober nur neun von 120 Sitzen
errungen hatte. Proteste der NATO-Mächte gegen diesen Vorgang wurden
nicht bekannt, und auch Sören Jessen-Petersen, der Leiter der
UN-Übergangsverwaltung im Kosovo, rührte sich nicht. Vor den Wahlen
hatte er verkündet, er würde künftig Politiker ihre Ämter aberkennen,
die Intoleranz gegenüber anderen Volksgruppen verkündeten.

Jürgen Elsässer, Belgrad

(1) Guido Heinen, Neue Kosovo-Affäre bahnt sich an, Welt, 20.11.2004
(2) Ibidem
(3) Ibidem
(4) Andreas Förster, Aufkärung über Rolle des BND im Kosovo verlangt,
Berliner Zeitung, 20.11.2004


=== 3.1 ===

jungeWelt, 23.11.2004

Jürgen Elsässer, Belgrad

Die Balkan-Skandale des BND

Der deutsche Geheimdienst und die Zerstörung Jugoslawiens (I): Die
Abspaltung Kroatiens. Eine Bilanz nach den Enthüllungen um die deutsche
Kosovo-Connection

Ohne massive Unterstützung des Bundesnachrichtendienstes (BND) hätte
Jugoslawien zu Beginn der neunziger Jahre nicht zerschlagen werden
können. Der BND hatte einen Teil des Agentennetzes der Nazis auf dem
Balkan übernommen, vor allem ehemalige Aktivisten oder Sympathisanten
der faschistischen Ustascha-Bewegung, und so seit seiner Gründung
Kontakte in den kroatischen Zweig des gesamtjugoslawischen
Geheimdienstes UDBA gehabt. Je schwächer die Kontrolle der UDBA-Zentrale
über die Republiksgliederungen wurde, umso mehr wuchs der Einfluß der
Deutschen. Erich Schmidt-Eenboom schreibt in »Der Schattenkrieger«,
seinem Buch über die BND-Aktivitäten zu Zeiten der Präsidentschaft Klaus
Kinkels, daß schon »unmittelbar vor dem Tode Titos« in Zagreb »alle
Entscheidungen in strategischen Fragen nur noch in Absprache ... mit
BND-Instanzen und Ustascha-Repräsentanten getroffen« wurden. Der
jugoslawische Staatsgründer war im Frühjahr 1980 gestorben.

Die Details der Herausbildung der Achse Pullach–Zagreb hat Antun Duhacek
ermittelt, von 1955 bis 1968 UDBA-Direktor. In dieser Funktion lernte er
Ivan Krajacic kennen, einen kroatischen UDBA-Agenten, der im Zweiten
Weltkrieg sowohl für die Komintern wie für die Gestapo gearbeitet hatte
und nach 1945 einer der Kontaktleute des BND war. Mit ihm hat Duhacek
vor dessen Tod ungefähr 200 mehrstündige Gespräche geführt.

Demzufolge hat Bundesaußenminister Hans Dietrich Genscher dem
kroatischen Geheimdienstchef Josip Manolic im Februar 1990, im Vorfeld
der Wahlen im – damals noch zu Jugoslawien gehörenden – Kroatien, 800
Millionen Mark versprochen. Manolic wollte das Geld gleich in bar
mitnehmen, der spätere Präsident Franjo Tudjman und sein damaliger
Mitstreiter Stipe Mesic warteten dringend darauf. Schließlich floß das
Geld erst kurz nach den Wahlen im März 1990. »Leute des BND übergaben
die 800 Millionen Mark in Zagreb, cash«, sagte Duhacek.

Zur selben Zeit schloß Manolic mit dem BND ein sehr weitreichendes
Geheimabkommen. Es umfaßte im wesentlichen drei Punkte: 1.
Zusammenarbeit des von ihm kontrollierten kroatischen Dienstes mit dem
BND im Vorgehen gegen Jugoslawien und Serbien. 2. Der BND stellt seinen
kroatischen Partnern alle Aufklärungsergebnisse zur Verfügung, die er
und befreundete Nato-Dienste in und über Jugoslawien sammeln, zum
Beispiel über die Situation in der jugoslawischen Armee, ihre
Truppenbewegungen und so weiter. Das sollte bei den bald beginnenden
militärischen Auseinandersetzungen ein großer Vorteil für Zagreb werden.
3. Manolic unterstellt einen Teil seiner Informanten und informellen
Mitarbeiter, zum Beispiel in Belgrad, direkt dem BND.

Ab ungefähr Mai 1990 funktioniert der kroatische Geheimdienst laut
Duhacek »wie ein Anhängsel des BND«. »Die deutsche Seite verlangte für
ihre Leistungen eine totale Unterordnung des kroatischen Dienstes, und
das hat sie bekommen.«

Die Phase der Pullacher Dominanz endet Ende 1994, als Militärausbilder
und Agenten der USA in Zagreb ihre deutschen Kollegen aus vielen
Positionen verdrängen. Während Bonn die Federführung beim kroatischen
Sezessionskrieg 1991 hatte, sollte Washingtons Hilfe für den Angriff auf
die serbische Krajina 1995 von entscheidender Bedeutung werden.


=== 3.2 ===


jW, 24.11.2004

Jürgen Elsässer

Agenten mit Diplomatenpaß

Der deutsche Geheimdienst und die Zerstörung Jugoslawiens (II): Die
Kriege in Bosnien und im Kosovo

Im bosnischen Bürgerkrieg 1992 bis 1995 unterstützte der
Bundesnachrichtendienst (BND) die Kroaten und Moslems, die die
Teilrepublik von Jugoslawien losrissen und einen eigenen Staat
gründeten. Das ARD-Magazin »Monitor« berichtete im Februar 1997, der
deutsche Geheimdienst habe ab 1992 »mindestens fünf« als humanitäre
Hilfe getarnte Munitionstransporte in die westbosnische Enklave Bihac
gebracht. Zuständig war demnach der Leiter der gesamten Südostspionage
des BND, ein Beamter namens Smidt, Deckname Sandmann. Das ihm
unterstellte Referat 12 D führte alle Agenten auf dem Balkan. Einige von
ihnen sollen ihre Position als Mitarbeiter der Beobachtermission der EU
im Krisengebiet (European Community Monitoring Commission – ECMC) seit
1991 zur Spionage und zum Waffenschmuggel benutzt haben. Der deutsche
Delegationsleiter der ECMC, Christoph von Bezold, soll nach einer
eidesstattlichen Zeugenerklärung persönlich Waffentransporte begleitet
haben, die als Lieferungen von Milchpulver getarnt waren. Seine
diplomatische Immunität sicherte ihm dafür ungehinderte
Bewegungsfreiheit. Das Auswärtige Amt bestätigte, daß von Bezold auch
für den BND gearbeitet habe, gab jedoch an, dieser habe »dienstlich
versichert«, keine über seinen offiziellen ECMC-Auftrag hinausgehenden
Aktivitäten unternommen zu haben. Auch Peter Strauß, Bezolds Mitarbeiter
der ECMC in Zagreb, war am Schmuggel von Geld und Munition an die
Muslime beteiligt.

Während in Bosnien die US-Dienste die Federführung hatten, war neben
Kroatien (vgl. Teil I dieser Serie) vor allem auch das Kosovo die Domäne
der deutschen Agenten. »How Germany backed KLA« (KLA – Kosovo Liberation
Army – wird in den englischsprachigen Medien synonym für UCK verwendet )
überschrieb das englische Wochenblatt The European Ende September 1998
eine Recherche. Dort wurde behauptet, daß »der deutsche zivile und
militärische Geheimdienst in die Ausbildung und Bewaffnung der Rebellen
verwickelt sind, um den deutschen Einfluß auf dem Balkan zu zementieren
und das Flüchtlingsproblem anzupacken«. Deswegen sei es zu »einem
ernsthaften Bruch zwischen dem BND und der CIA gekommen«, hieß es mit
Bezug auf französische Diplomaten. Weiter schrieb die Zeitung: »Die
Entstehung der UCK im Jahr 1996 fiel mit der Ernennung von Hansjörg
Geiger zum neuen BND-Chef zusammen. Einer seiner ersten operativen
Beschlüsse war die Einrichtung einer der größten Regionalvertretungen
des BND in Tirana. (...) BND-Agenten arbeiten eng mit den Führern des
Shik, des albanischen Geheimdienstes, zusammen. (...) Die BND-Männer
hatten die Aufgabe, Rekruten für die UCK-Kommandostruktur
herauszusuchen.« Ähnliches berichtete die ARD-Sendung »Monitor«: »Seit
1990 pflegt die Bundesregierung gute Beziehungen zu den albanischen
Geheimdienstlern. Militärische Ausrüstung im Wert von zwei Millionen
Mark wurde ins albanische Krisengebiet entsandt. Die Militärgüter seien
zum Teil an die Rebellenarmee UCK gelangt.« Ein beteiligter Mitarbeiter
des Militärischen Abschirmdienstes sagte gegenüber »Monitor«, die Aktion
sei »von ganz oben« erwünscht gewesen.Von Bill Foxton, dem Leiter des
OSZE-Beobachterbüros an der Grenze zwischen Albanien und Kosovo, wurde
Ende Juni 1998 »erstmals entdeckt, daß die UCK plötzlich uniformiert
ist. Und zwar mit deutschen Feldanzügen.« Wesentlich weitergehende
Anschuldigungen von serbischer Seite, wonach die Guerillaausbildung auch
in Deutschland selbst stattgefunden haben soll.

[ Il 29 Novembre, anniversario della proclamazione della Repubblica
popolare socialista di Jugoslavia (Jajce, Bosnia, 1943) da parte del
Consiglio Antifascista di Liberazione Nazionale (AVNOJ), e' la
"Giornata della Repubblica", festa di tutti gli jugoslavi. ]

http://komunist.free.fr/arhiva/nov2004/tkalec_02.html
Arhiva : : Novembar 2004.


29. NOVEMBAR
ili kako su samoupravljači postali ubice


Približava se dvadeset i deveti novembar 2004, trinaestogodišnjica
nestanka socijalističke i samoupravne Jugoslavije sa balkanskih
prostora. Država rođena u toku oslobodilačkog rata od nacifašizma
nestala je ratnom dimu. Uništena je u dimu u pometnji restauracijskog
građanskog rata, rata koji je na ove prostore ponovo instalirao stara
zla: kapitalizam, rasizam, sve oblike etničke mržnje i nasilja,
vladavinu jačih i bogatijih te grubu silu u odnosu na podanike-građane
kao i krajnju servilnost u odnosu na tutore iz "velikog svijeta".

Kako je to postignuto? Šta se ovdje dogodilo, kako se dogodilo? E pa
najbolje je to opisao srpski pjesnik Dučić govoreći o jednoj uništenoj
fresci iz kosovske baštine:

"Izbodoše ti oči, lepa sliko.
Večeri jedne – kad ne vide niko
Arbanas ti je jedan nožem izbo oči..."

Jugoslaviji su prvo iskopali oči, jasno njene duhovne oči, oslepivši
sve one koji su je dotada vodili i zaslepivši njene narode blještavilom
lažnog raja kapitalizma. Na koromilo lađe dovedeni su zločinci, a
dotadašnji kapetani i posada su uklonjeni. Kako su to postigli? Neke
prevarivši, neke potkupivši, neke prestrašivši, zatim su je sjekli,
komadali, čerečili, kasapili, palili, bombardirali. Kako su to
preživjeli jugoslavenski narodi? A šta je narod, pogotovo mali narod
ili mali narodi? Lako ga je omađijati i zatraviti kojekakvim
budalaštinama, uvjeriti ga da je napadnut i onda kad je napadač ili
obrnuto. Sve smo to vidjeli i doživjeli na prostorima bivše
Jugoslavije. Neki su preživjeli, neki bogami i nisu, nečije leševe još
uvijek traže. Neke su od nestalih pojele lisce i ostale zvijeri, neki
su pobjegli glavom bez obzira i danas skitaju po Evropi i svijetu, a
neki žive mirno ili nemirno u drugim domovima ili bez njih, na drugim
adresama u drugim mjestima i zemljama-krvosljednicama bivše domovine. U
svakom slučaju oni koji žive su sretniji dio stanovništva. Nesretniji
su oni, kojih više nema, iza kojih su ostale ožalošćene porodice ili
oni osakaćeni ili oni što su izgubili sve. Jer svak je izgubio ponešto,
nitko iz te bure nije izšao neosakaćen. Neko je osakaćen vlastitom
glupošću, koje je nesvjesan i koju nije u stanju sagledati, jer ga ona
stalno vuče dolje, u blato, neki su izgubili iluzije, neki položaje,
neki stanove, neki plaću, neki dom, neki domovinu, neki samopuzdanje,
neki samopoštovanje. Dobio niko nije ništa, osim šačice razbojnika,
ubica, mafijaša i prodanih duša te političkih prostituki niskog i
najnižeg ranga.

Godine su prošle, rane su zacijelile, ostali su ožiljci. Dom je
izgorio, izgorjelo radno mesto, izgorjela budućnost djece, ali mnogi su
zadovoljni lokalnim dušobrižnicima i duhovnim vođama: put je uzak i
mračan, čak i smrdljiv, ali glavno da je kraj poznat, nitkovluk znan,
čak i počinioci – banditi su stari znanci. Dobro ruje stara krtica –
oči joj ionako ne trebaju, dalje od horizonta ne možeš vidjeti. I da
nisu iskopane, horizont bi bio i ostao palanka, malo mjesto, mali
prostror, sitne duše, sitni šićari, sitne gadosti, minornost,
zabačenost i zatucanost. Sad je pogodno vrijeme da se iste iživljavaju
do mile volje, jer gnjetući nemoćne i ponižavajući se pred silnima ko
zna kako ćemo dugo trajati i gdje će nam biti kraj...

Da nema podanika, ne bi bilo ni silnika, a da je sloboda, solidarnost i
odgovornost veliko opterećenje, kojeg se brže bolje treba riješiti,
jugoslavenski su narodi dobro vidjeli i imali prilike to i isprobati na
djelu od godine 1990 nadalje.

Samoupravljači su postali odjednom patriote, domoljubi, rodoljubci i to
isključivo do vlastite tarabe, a susjeda su dočekali na nož, onog na
nesreću rođenog preko Dunava ili Save nabili su na kolac, natakli na
ražanj, pa kad i nisu uspjeli to da urade, počinili su slično: spalili,
ubili, otjerali, zatrli... Čak ih u većini slučajeva nije ni sramota:
neki su dobili vlastite države, kao neko novo ruho, drugi su se
riješili genocidnih ili zločinačkih naroda s kojima su morali živjeti u
simbiozi, svi su svoja i susjedova posla ispotužakali i izlajali na sve
četiri strane svijeta i to u vlastitoj viziji, najčešće lažnoj i
pretjeranoj, ispričali ih svima koji su došli u ove krajeve, da
zarađuju novac na nesreći budala i nesretnika.

A zlosrećnici su bili pohitali u borbu prije no što su porazmislili,
prije no što su im se ohladile glave u kojima ionako nije bilo ničega,
a da je nešto i bilo nisu u nastaloj galami bili u stanju da čuju i
razumiju jednu jedinu trezvenu riječ. Kasnije su kazali: bilo je to
ludo vrijeme. Pa kako vrijeme da bude ludo – ono je naprosto vrijeme.
Ludi mogu bti samo ljudi, koji su u nekom dobu počinili neka luđaštva.
Luđaštva, koja su im se tada činila normalnim, jer i normalnost nije
ništa drugo do skup usvojenih predrasuda, shvatanja i predožbi nekog
vremena ili neke epohe. Kad ona prođe te iste predrasude i predodžbe i
sudovi postaju besmislenim.

Kad su se dobrovoljci etničkih ratova i etničkih čišćenja te borci za
slobodu rodne grude, svi nekadašnji čestiti građani, radni ljudi i
samoupravljači rastreznili, smirili i konačno pokušali da dođu k sebi,
igra je već bila završena. Karte su bile podijeljene, ulog odnesen,
kolo sreće ih je mimoišlo, zgoditak su dobili drugi. Nekolicina onih,
koji su izvukli aseve iz rukava i dobili ulog danas su milionari. Ali
ti su neznatna manjina.

Većina nije dobila ništa – osim ratničkog staža, a nekako se pokazuje,
da taj staž baš i ne nosi mnogo. On ustvari ne znači ništa drugo do li
ubilački staž i ubilačku rabotu i to za tuđ račun.

Ispalo je nekako, da su ubijali, palili protjerivali, a prethodno
drekali, prijetili, plašili i nasilnički se ponašali ne na svoju nego
na tuđu korist. Samoupravljači su tako obavili prljav, krvav i
nezahvalan posao za nekog drugog.

A koga su to ubijali, palili, prijetili mu, plašili ga ili se silili
nad njim?

Pa istog takvog bijednika i nesretnika kakvi su i sami, samo u
situaciji i tamo, gdje je taj jadnik bio u manjini, katkad sasvim sam
ili malobrojan, često dijete ili nemoćna starčad. To u tom času nije
bilo važno. Glavno da ga se skine sa spiska, uništi, ubije, protjera:
jedan manje...

Tek poslije su primjetili, da su od samoupravljača postali ubice, a
neki bogami i samoubice. Bilo je bojovnika, i to ne jedan, koji su se,
vrativši se iz rata, raznijeli bombom, a bilo je i takvih koji su
uselili u tuđe kuće i stanove, a sad se čini da će se i zato polagati
račun. Što je još gore, polaže se račun i za one leševe što su ih
pustili Dunavom i Savom i ništa ne pomaže što velečasni ili svećenik
ili imam moli za našu stradalu u ratu braću i sudrugove u sramnoj
raboti. Ne oprašta se neprijateljima svojim, iako tako piše u Svetom
pismu... Ko bi bio tako lud da to učini – a pogotovo kad ti je
neprijatelj susjed, kojem si zapalio i orobio kuću, odveo kravu, smazao
svinju...

Lepa su sela gorila lepo – karteč je letjela po gradovima Bosne, klalo
se i ubijalo po mračnim uličicama hrvatskih gradića, visoko su buktali
požari vatrom pobjednika popaljene Krajine, a mrznula su se tijela u
Bosni pobijenih žrtava i mrzne se po zatvorima onaj tko je pokušao
pomiriti Bosance. I dok su samoupravljači postajali ubice ona
nekolicina "mudrih i bistrih" što su na vrijeme shvatili svari oko
privatizacija, nove regulacije zemalja i preraspodjele materijalnih
dobara, uredno je punila džepove. Dok se većina samoupravljača bavila
nacionalnim pitanjima i pravila "gužvu pred golom", odnosno tačnije
rečeno gužve pred različitim golovima, manjina je "počistila stol" i
pobrala sa stola sve što je bilo: i ulog i novac i karte i sve baš sve
što je nešto vrijedilo... Za sirotinju nisu ostale ni mrvice. Tako su
samoupravljači postali ubice i samoubice.

Godine 1971 jedno je beogradsko pozorište davalo komad pod zanimljivim
naslovom:"Uloga moje porodice u svetskoj revoluciji". U toj se porodici
događalo svašta, svađali su se i bili. Kako to obično biva otac se
prepirao s majkom, a djeca, njih cijela hrpa, svađala su se i tukla
međusobno.

A zatim su nekako doznala da je vrlo poželjno, a dakako i probitačno,
biti revolucionaran, pa su uzela veliku kantu s bojom i molerski četku
i počela su cijelu kuću, a bila je to neka brvnara sa više prostorija,
da boje i farbaju u crveno.

Sad su se u toj istoj brvnari posvadili i potukli na noževe – brvnara
je dobila u svakoj prostoriji novog gospodara: i sad su shvatili da je
tako probitačnije i pomodnije. Sve je razdijeljeno, svaka prostorija,
od predsoblja do zahoda, ali je brvnara pod hipotekom, svima su njima
vlasnici oni, kod kojih su uzajmili novac. Nadzornici svjetskih banaka
kontroliraju i opominju vlasnike sobičaka i utjeruju dugove, šalju
strane stražare, šalju žandare i soldate, zahtijevaju potpunu
poslušnost. Novi su vlasnici slobodni – mogu da do mile volje
ugnjetavaju slabije od sebe. Cijeli prostor propada, degradira se i
mada je pretvoren u veliki shopping centar ponuda je ipak balkanska –
bez prefinjenosti.

Kažu da su veliki ljudi veliki jer su njihova djela velika, kao planine
– ona streme prema nebesima. Ali i planine su načinjene od zemlje i
kamena, od kojih se sastoji tlo i u nizini.

Mali, ništavni ljudi ne streme u visine – njihov je život običan,
njihove predžbe svakidašnje, konkretne, vezane uz realan život. Veliki
ljudi od materijala od kojih se sastoji svakidašnjica naprave svari
velike kao planine. Veliki ljudi iz historija Jugoslavije znali su,
umjeli od običnih ljudi i balkanskih okolnosti napraviti djela toliko
visoka, da su se istrgla iz svakidašnjeg i uobičajenog i isticala se na
tadašnjem horizontu. O samoupravljačima Jugoslavije priča je kružila
Evropom, o nesvrstanima se razgovaralo i dogovaraloo na afričkim i
azijskim prostorima, a o Titu i oslobodilačkoj borbi jugoslavenskih
partizana tada je čuo cijeli svijet...

Vermena su se promijenila. Generacije koje su došle kasnije nisu više
bile dorasle pređašnjima. Uostalom, one i nisu došle na visoke i
odgovorne državne i partijske položaje da se bore, da pate i da
stvaraju, već da užvaju. Nisu umjeli sačuvati ono što su dobili u
amanet. Promijenila su se vermena, promijenila se shvatanja. Planine su
se odronile i sručile zajedno sa stanovnicima u nizinu.

Nema više uzleta, juriš na nebo završio je u blatu.

Ostalo je samo sjećanje na vrijeme kad su ovi prostori, prostori
Jugoslavije, nešto značili i sebi i drugima. Danas nema više te zemlje,
nema više ljudi koji su je stvarali, malo je preostalo direktnih
svjedoka i pregalaca. Godine učiniše svoje. Nemoćni starci u čudu
gledaju novo vrijeme, nove zemlje, nove generacije. Zanosi se u
starosti pretvaraju u gorčinu.

Omladina bez zanosa nije uopće omladina – izgubiti iluzije još je
uvijek mnogo bolje nego ih uopće ne imati. Današnjoj omladini na ovim
prostorima, kao ni nigdje drugdje u svijetu, nije lako. Generacija
očeva je poražena, pobjeđena generacija – kako da oni budu dobitnici?
Kako da budu ili da postanu pobjednici i da nadrastu vlastito vrijeme i
njegove zamke?

Ipak, borba još uvijek traje. Jugoslavenska scena, sada već ispala iz
reflektorskog jarkog osvjetljenja poprišta zbivanja, samo je jedan
djelić velike svjetske pozornice, na kojoj se dan za danom nižu
događaji i na kojoj i dalje traje bitka s onim silama, koje su
neprijatelji čovječnosti i čovječanstva.

Da je ta nekadašnja zemlja bila i kakva je bila znano je nadaleko i
naširoko i toga se treba sjetiti 29 novembra, dana njenog stvaranja u
Jajcu 1943 godine.

Da li će ona da bude? Na to pitanje jedini je mogući odgovor: pratite i
sudjelujte u svjetskoj borbi. O njenom ishodu zavisi i vaša sudbina.
Jer..."boj se bije, bije bije, crveni se barjak vije, za slobodu
naroda..."

Jasna Tkalec

O slavi, viva è ancora

dei nostri avi la parola,

mentre dei loro figli il cuore

batte per il popolo.


Viva, viva l'anima slava:

vivrai nei secoli!

Niente è l'abisso dell'inferno

niente il fuoco della saetta


e persino se adesso sopra di noi

tutto spazza la tempesta

e persino se spacca le pietre, se scuote gli alberi,

se fa tremare la terra


noi rimaniamo in piedi, fermi

come le alte gole del fiume.

CHE SIA DANNATO

IL TRADITORE DELLA PROPRIA PATRIA!

(*)

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Hej, Sloveni, jošte živi

Reč naših dedova

Dok za narod srce bije

Njihovih sinova


Živi, živi, duh slovenski

Živećeš vekovma

Zalud preti ponor pakla

Zalud vatra groma


Nek se sada i nad nama

Burom sve raznese

Stena puca, dub se lama

Zemlja nek se trese


Mi stojimo postojano

Kano klisurine

Proklet bio izdajica

Svoje domovine!

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http://www.slobodnajugoslavija.com/sound/nob-a/Yugohimna.mp3
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Hej Slovani, naša reč

slovanska živo klije

dokler naše verno srce

za naš narod bije.


Živi, živi, duh slovanski,

bodi živ na veke,

grom in peklo, prazne vaše

proti nam so steke.


Naj tedaj nad nami

strašna burja se le znese,

skala poka, dob se lomi,

zemlja naj se strese.


Bratje, mi stojimo trdno

kakor zidi grada,

črna zemlja naj pogrezne

tega, kdor odpada.

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http://www.slobodnajugoslavija.com/sound/nob-a/YugoSlov.mp3
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hej slaveni - makedonski

http://www.slobodnajugoslavija.com/sound/nob-a/YugoMak.mp3

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(*) Testo dell'Inno nazionale jugoslavo "Hej slaveni"
(trad. italiana di I. Slavo)
http://www.slobodnajugoslavija.com/sound/nob-a/Yugohimna.mp3