Informazione

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3534/1/51/

Scienziati albanesi contro gli OGM

20.10.2004 scrive Indrit Maraku

Si riaccende in Albania la polemica sull’uso di organismi geneticamente
modificati. In una petizione sottoscritta da 51 scienziati albanesi si
chiede una moratoria di cinque anni all’introduzione di OGM nel Paese.
Ma i media locali sono distratti rispetto a questa presa di posizione
dei docenti albanesi


Gli scienziati albanesi protestano contro l’ingresso nel Paese degli
organismi geneticamente modificati (OGM). In una petizione indirizzata
al Parlamento - siglata da 51 professori dell’Università Agricola,
della Facoltà di scienze naturali e da altri studiosi - si chiede il
divieto d’importazione degli OGM per un periodo di almeno cinque anni,
poiché la mancanza di laboratori adeguati non permetterebbe di
mantenere sotto controllo le probabili conseguenze sulla salute della
gente. Intanto, un’inchiesta dell’Associazione esperti
dell’Agrobusiness (Kea) rivela l’inquietante inconsapevolezza degli
agricoltori albanesi sui possibili rischi che potrebbero correre
utilizzando gli OGM nelle loro attività. Comunque, l’85% degli
intervistati si dicono scettici sulla capacità della legislazione
albanese di proteggerli dai rischi collegati ai cibi geneticamente
modificati.

L’Albania non è preparata a controllare gli organismi geneticamente
modificati e le loro conseguenze sulla salute delle persone e sulla
biodiversità. Causa, la totale mancanza di infrastrutture, di capitale
finanziario e di esperti nel Paese per il monitoraggio. È questa la
motivazione che ha spinto i 51 scienziati a firmare la petizione con la
quale si chiede ai deputati albanesi di bloccare per un periodo
quinquennale l’uso degli OGM nel Paese, avvertendoli sul pericolo che
incomberebbe sul turismo e sull’esportazione dei prodotti locali.

Poi l’allarme. “Per quel che riguarda la salute – si legge nella
petizione – si sono riscontrate allergie causate dagli alimenti
geneticamente modificati. Esiste un rischio evidente e potenziale anche
sul sistema immunitario dell’organismo umano”. Gli studiosi hanno
voluto mettere in guardia anche sulle limitate possibilità della
scienza sull’argomento che, secondo loro, non è ancora in grado di
certificare l’incolumità della natura, della salute delle persone e
quella del bestiame a seguito dell’introduzione degli OGM.

La loro apprensione, infatti, è del tutto giustificata visto che i
precedenti non mancano. Sono due i casi più noti di OGM in Albania: uno
nell’ottobre del 2003, quando nel porto di Durazzo attraccò una nave
Usa con 6.000 tonnellate di mais e farina di soia geneticamente
modificato, l’altro nel febbraio del 2004, quando si ripropose lo
stesso scenario di prima, ma questa volta il carico fu di 4.000
tonnellate. Si trattava di materiale importato nel Paese dall’agenzia
americana Ifdc (International Fertilizer Development Center) che da
anni opera in Albania con programmi di sostenimento per l’agricoltura
locale; la stessa che, di fronte alle proteste degli ambientalisti,
garantì la certificazione sulla qualità del materiale. L’unica reazione
da parte delle autorità fu quella di Resmi Osmani, consigliere del
Ministero dell’agricoltura, che disse: “L’importazione di OGM in
Albania è del tutto legale e le polemiche che si stanno svolgendo si
basano su fatti del tutto ipotetici”.

Oggi come allora, i più sensibili sull’argomento sono proprio gli
ambientalisti. Scarsa, invece, l’attenzione dei media: basta notare il
numero dei quotidiani che hanno scritto sulla petizione dei 51
scienziati, solo uno. A tacere sono anche le autorità. Un silenzio, il
loro, ininterrotto neanche davanti alle accuse di Lavdosh Feruni, a
capo dell’Associazione dell’agricoltura organica. Dopo le due navi
americane – ha detto ai giornalisti – altro materiale OGM è entrato dai
Paesi dell’ex-Jugoslavia. Secondo Feruni, l’importazione dei prodotti
geneticamente modificati in Albania viola la legislazione attuale e
questo sarà uno dei problemi principali nelle relazioni con i Paesi
dell’Unione europea che ormai hanno vietato l’uso degli OGM per un
periodo di 5 anni.

Feruni ha lanciato l’allarme anche sull’ignoranza in questione degli
agricoltori. Sono convinti – spiega – che i loro prodotti avranno un
costo minore se usano gli OGM, ma non è così. Gli agricoltori albanesi
non sono capaci di dare un giudizio sugli effetti collaterali degli OGM
sulla salute e sulla biodiversità, ha affermato.

E a dargli pienamente ragione è stata un’inchiesta dell’”Associazione
esperti dell’Agrobusiness” (Kea) sui prodotti geneticamente modificati,
durante la quale sono state intervistate 239 persone, la maggior parte
delle quali agricoltori. Secondo i risultati resi noti pochi giorni fa,
più del 50% degli intervistati pensa che l’uso degli OGM migliorerebbe
lo standard della loro vita, poiché farebbe diminuire i costi di
produzione. Il 64.4% degli intervistati per l’inchiesta della Kea è
dell’opinione che i prodotti geneticamente modificati non sono dannosi
per l’organismo umano e che li userebbero tranquillamente anche in
famiglia. Comunque, la stragrande maggioranza si dice scettica nei
confronti della legislazione albanese in materia. L’85% degli
intervistati ha detto che le leggi attualmente in vigore in Albania non
sono per niente sufficienti per difendere i cittadini dai rischi che
potrebbero correre usando cibi geneticamente modificati.

vedi anche:
Albania: aiuti geneticamente modificati
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/2571
Ancora OGM in Albania
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/2811

Croazia: Organismi Geneticamente Modificati? No grazie
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/463
Scandalo OGM in Croazia
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/2828
Alimenti in Montenegro: il profitto è più importante della salute
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/2990
OGM in Bosnia Erzegovina
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/3007
Serbia: OGM e politica
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/3011

Nazionalisti croati contro nazionalisti sloveni

1. Golfo di Pirano: acque agitate (Oss. Balcani)

2. I regionalisti istriani sui rapporti con Lubiana (La Voce del
Popolo, Fiume/Rijeka)

3. Il contenzioso sloveno-croato: una pericolosa scintilla nei Balcani
occidentali (Franco Juri / Oss. Balcani)

VEDI ANCHE:

CROATIA AND SLOVENIA IN NEW BORDER DISPUTE
Tension remains between Zagreb and Ljubljana following allegedly staged
incident on disputed border territory.
By Drago Hedl in Osijek - IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 518, October
01, 2004
http://www.iwpr.net/index.pl?archive/bcr3/bcr3_200410_518_1_eng.txt

Regain de tension frontalière entre la Slovénie et la Croatie
http://www.balkans.eu.org/article4626.html

Slovenia/Croazia: quali sono i confini della UE?
JUGOINFO Mer  1/9/2004
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3763

Slovenia/Croazia: quali sono i confini della UE? (2)
JUGOINFO Lun 27/9/2004
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3840



=== 1 ===

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3441/1/51/

Golfo di Pirano: acque agitate

30.09.2004

La Slovenia vuole un proprio accesso alle acque internazionali, la
Croazia glielo nega. La questione del Golfo di Pirano, assieme ad altri
nodi irrisolti ereditati dalla dissoluzione della Jugoslavia, rendono
tesi i rapporti tra i due Paesi. Soprattutto durante le rispettive
campagne elettorali. Un contributo di

Leonardo Barattin

L’annoso braccio di ferro tra Slovenia e Croazia sulla definizione del
confine di Stato presso il Golfo di Pirano si è riproposto con forza in
quest’ultimo mese di campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento
di Ljubljana.

Lunedì 13 settembre il premier sloveno Anton Rop è andato a pesca nelle
acque del Golfo irritando gli ambienti politici e i media croati che
sono giunti a parlare di “slovenska provokacija” (Večernji List del
14.09.04). Alcuni giorni più tardi, mercoledì 22 settembre, uno dei
membri più in vista del Partito Popolare Sloveno (SLS), Janez Podobnik,
insieme ad altri undici politici nazionalisti sloveni sono stati
protagonisti di un incidente di frontiera al valico di Plovanija
(avrebbero sconfinato in modo illegale per recarsi nella casa del
“patriota” sloveno Joško Joras che risiedendo nel villaggio di Mlini,
formalmente in territorio croato, continua ad affermare di vivere in
Slovenia) che sta causando pesanti strascichi nei rapporti tra
Ljubljana e Zagabria, nonostante il Primo Ministro croato Ivo Sanader
abbia cercato di stemperare il clima definendo l’incidente come
predizborna kampanja (ossia un fatto di campagna elettorale).


Nell’impossibilità di giungere sino ad oggi ad una soluzione della
contesa con la ratifica di un trattato da parte dei due parlamenti e in
attesa di un arbitrato internazionale risolutivo la questione del
confine marittimo del Golfo di Pirano continua ad avvelenare i rapporti
tra Slovenia e Croazia assieme ad altri nodi problematici ereditati con
la dissoluzione dello Stato jugoslavo. Quali sono i termini della
questione?

Il desiderato spostamento a sud della linea di confine marittimo
risulta essere di fondamentale importanza per la Slovenia in quanto,
senza la rettifica dello stesso a suo favore, essa risulta priva di un
accesso indipendente alle acque internazionali e di conseguenza le sue
imbarcazioni devono necessariamente attraversare il mare territoriale
italiano o quello croato per giungere in mare aperto. Con quali
implicazioni si può facilmente intendere sul piano economico, militare
e politico.

Il tracciato del confine marittimo dipende però dalla linea di confine
terrestre: qualora la Slovenia ottenesse l’assegnazione di alcuni
minuscoli villaggi istriani oggi sotto la sovranità croata (ma
rivendicati con forza da parte slovena), la direzione della linea di
confine in uscita dalla foce del fiume Dragogna (che funge da confine
tra i due Stati sin dai tempi della Federativa) verrebbe
automaticamente modificata disegnando proprio la soluzione favorevole a
Ljubljana all’interno delle acque del Golfo di Pirano.

La controparte croata si oppone con forza alla cessione di sovranità su
terra e mare e anzi rilancia osservando che il corso originario del
Dragogna (anteriormente cioè alla rettifica della sua parte terminale
operata negli anni della Jugoslavia comunista) sfociava un chilometro e
mezzo più a nord, in territorio oggi sloveno e che questo, a rigore di
termini, dovrebbe essere considerato come il confine reale.

Per parte propria gli sloveni sostengono con Joras che i villaggi
contesi siano di propria pertinenza dal momento che rientrano nei libri
catastali del Comune (sloveno) di Pirano, mentre dal versante croato si
ribatte affermando che “Joras sapeva che la sua casa si trova dalla
parte croata” dal momento che “ha richiesto al Comune di Buje [n.d.a.:
in Croazia] il permesso di costruzione per la sua abitazione” (Glas
Istre, 24.09.04). A ciò Joras replica che questo non prova che egli
viva in Croazia …

Pur apparendo a qualcuno una banale lite di corte si tratta viceversa
di una questione che nel corso degli anni ha dimostrato di essere
altamente complessa e spinosa, spesso intrecciata (e condizionata nella
sua soluzione) ad altri nodi problematici che agitano i rapporti tra i
due Paesi (si pensi ad esempio ai noti casi della Ljubljanska Banka e
della centrale termonucleare di Krško) e che sinora hanno dato luogo
sia a forti frizioni che a strumentalizzazioni di questa o quella parte
politica.

Al di là delle sue varie ricadute sul piano pratico sia in caso di
soluzione che di mancata soluzione, il vivace contrasto sul Golfo di
Pirano è la spia - piccola, se si vuole, ma luminosa … - dei numerosi
contrasti e contraddizioni che continuano ad agitare l’intero panorama
ex-jugoslavo e che con il progressivo allargamento all’Europa
sudorientale fioccheranno sui tavoli delle istituzioni comunitarie e
delle sedi d’incontro dei governi europei, richiedendo loro soluzioni
articolate e ponderate che sanino situazioni di incertezza, squilibrio
e tensione e procedano in direzione di una composizione permanente dei
conflitti.

Vedi anche:
Istria, tra Croazia ed Europa
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/140
L’Adriatico, frontiera di ogni pericolo
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/3316


=== 2 ===

La Voce del popolo (quotidiano degli italiani in Istria)
http://www.edit.hr/lavoce/index.html

Da "La Voce del Popolo" Rijeka - Fiume, 1. ottobre 2004
 
I regionalisti autonomi sui rapporti con Lubiana

«La questione dei confini va risolta quanto prima»

I vertici del Partito Regionale Autonomo (ARS) hanno discusso ieri i
problemi tra Croazia e Slovenia. Il presidente della formazione
politica, Milivoj Brozina e la vicepresidente, Jagoda Špalj, si sono
soffermati in particolare sui problemi che la nostra Regione ha con la
vicina repubblica. L'ARS ha condannato il Partito popolare sloveno per
il modo in cui sta tentando di conquistarsi le preferenze dei cittadini
sloveni in vista delle elezioni del 3 ottobre. Brozina ha condannato
pure il Governo sloveno – che ha dichiarato di non voler più appoggiare
la Croazia nel suo cammino verso l'Unione europea – ma anche quello
croato, reo di non saper risolvere in modo efficace il contenzioso con
i nostri vicini. Basti pensare al Golfo di Pirano, a Sveta Gera o ai
paesi nei pressi del valico di confine di Plovania.
Jagoda Špalj ha sottolineato il fatto che il problema del confine di
Rupa-Lipa è stato presentato al Ministero degli affari esteri già a
luglio. Il Ministero, da allora, non ha fatto niente per regolare
l'entrata dei cacciatori sloveni nella zona croata.
I confini politici non dovrebbero dividere i Paesi, bensì stabilire
soltanto i limiti fisici di uno stato. I confini dovrebbero basarsi
sulla tolleranza e su compromessi. L'ARS spera che la commissione per i
confini tra Croazia e Slovenia diventi più attiva e che la situazione
tra i due Stati si sblocchi prima di provocare gravi incidenti.

Martina Blečić


=== 3 ===

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3526/1/51/

Il contenzioso sloveno-croato: una pericolosa scintilla nei Balcani
occidentali

19.10.2004 scrive Franco Juri

Al momento della dichiarazione d'indipendenza Croazia e Slovenia si
accordarono sul confine di terra, ma non su quello di mare. Oggetto del
contenzioso, che sta riaccendendo pulsioni nazionaliste, il Golfo di
Pirano.


La Slovenia e la Croazia dichiararono l' indipendenza con reciproco
riconoscimento diplomatico simultaneamente il 25 giugno del 1991. Nel
farlo dichiararono di non avere contenziosi di frontiera e di
riconoscere il proprio confine – fino allora interrepubblicano - quale
nuova frontiera interstatale, fatto che suggellarono in entrambi i
parlamenti con la rispettiva »Carta costituzionale di fondazione e
indipendenza della repubblica«. Il mutuo riconoscimento del confine
venne giudicato dalla commissione internazionale di arbitrato per l' ex
Jugoslavia, presieduta dal giudice francese Robert Badinter, elemento
fondamentale per il riconoscimento internazionale di Slovenia e
Croazia, sia da parte dell' UE che dell' ONU.
Ma se il confine di terra tra i due nuovi stati era grosso modo
definito (Lubiana e Zagabria si accordarono di tracciarlo con esattezza
in base al lavoro di una commissione mista di esperti), lo stesso non
si puo' dire per quello di mare, non essendoci mai stata una
delimitazione di acque tra le diverse repubbliche Jugoslave, bensì solo
tra zone e settori di controllo delle diverse polizie.

A 13 anni dall' indipendenza Slovenia e Croazia si trovano ad
affrontare con reciproche accuse, che vanno assumendo già una
dimensione europea ed internazionale, uno dei contenziosi territoriali
più insidiosi nell' area ex Jugoslavia. La speranza di trovare
finalmente un accordo bilaterale di compromesso sia sul confine di mare
che sugli ultimi 7 kilometri di confine terrestre, i quali concorrono a
determinare il primo, sembrano svaniti dopo che nel 2001 la Croazia ,
ovvero il suo parlamento e di conseguenza anche il governo, abiurarono
una proposta formulata direttamente dai due capi di governo di allora,
Janez Drnovšek e Ivica Račan, e che prevedeva una divisione del golfo
di Pirano (in verità una baia) vantaggiosa per la Slovenia e un
corridoio di acque internazionali che permettesse a Lubiana l'accesso
diretto al mare aperto. In compenso la Slovenia abbandonava le sue
pretese sui 130 ettari a sud del fiume Dragogna, sotto giurisdizione
croata al momento dell'indipendenza ed anche ora, ma che Lubiana
considera propri o almeno oggetto di negoziato in quanto evidenziati
sui libri catastali sloveni come appartenenti al comune catastale di
Sicciole. E' proprio a cavallo del valico di confine istriano di
Sicciole-Plovanija che dal 1994 avvengono sistematici incidenti, spesso
inscenati accuratamente e con la puntuale presenza della TV slovena e
che hanno quale protagonista un cittadino sloveno, Joško Joras, membro
del Partito popolare sloveno (destra populista). Joras non riconosce il
confine e dichiara - con il sostegno ambiguo delle autorita' di Lubiana
- che la sua casa e' in territorio sloveno. Nel 1984 questo sloveno
originario di Maribor costruì la sua casa sulla sponda sinistra del
Dragogna,ottenendo tutti i permessi dal comune croato di Buie. Nel 1993
alcuni politici sloveni »scoprirono« che i paesini di Mulino, Busini e
Scodelini, a sud del fiume che fungeva da confine, erano evidenziati
nei libri catastali di Sicciole, per cui richiesero ed ottennero dal
governo che diventassero oggetto di negoziato per la commissione
diplomatica mista per il confine. In verita' quei 130 ettari in
discussione servivano a modificare lievemente il confine di terra,
condizionando così quello di mare ancora da definire. Quella che
sembrava una questione solo »catastale«, »tecnica« si e' trasformata in
un cavallo di battaglia politico e nazionalista sia in Slovenia che in
Croazia; un detonatore di rancori e reciproche accuse che si attiva ad
ogni campagna elettorale con la perversa partecipazione di una parte
dei massmedia.

Oggi, a tre anni di distanza dal tentativo Drnovšek-Račan, paraffato
con il consenso dei governi dai negoziatori dplomatici ma in verita'
mai ratificato ne dai governi, ne dai parlamenti , il negoziato sul
confine è nuovamente al punto di partenza, mentre un pesante tributo di
incidenti di frontiera, soprattutto in mare, sta appesantendo il clima
in Istria , dove oltre a Croati e Sloveni vivono un'importante comunità
italiana e altre minoranze, e a deteriorare i rapporti tra i due vicini
ex jugoslavi.

La Croazia, facendo appello al diritto internazionale e nello specifico
all'articolo 15 della Convenzione sul diritto marittimo, considera che
il golfo di Pirano ,vera mela della discordia, debba essere diviso a
metà finché le due parti non trovino un accordo definitivo. La Slovenia
rivendica la sua piena sovranità sulla baia e fa leva sulla
disposizione della stessa convenzione che prevede soluzioni diverse per
i golfi ove ci siano particolari condizioni storiche. Lubiana adduce la
tradizionale gestione del comune di Pirano sul golfo intero ed il
controllo della polizia slovena fino al largo di punta Salvore nel
momento dell'indipendenza. La mancanza di un'interpretazione condivisa
del diritto internazionale sta provocando una vera e propria escalation
di incidenti in mare; i pescatori sloveni e croati si affrontano già
quasi fisicamente e quotidianamente, scortati dalle rispettive
polizie.A complicare ulteriormente il contenzioso è stata la
discutibile decisione croata di dichiarare quale propria zona
ittico-ecologica metà delle acque internazionali dell'Adriatico e di
avviare un controllo militare su di essa. Fondati sono i timori della
Slovenia per quanto riguarda l'impatto negativo che tale mossa potrà
avere per il porto di Capodistria, nonostante l'esenzione dai controlli
croati per le navi battenti bandiera UE. Ma la tensione è ulteriormente
aumentata soprattutto nel corso della recente campagna elettorale in
Slovenia, (come pure alla luce di quella delle presidenziali in
Croazia) dopo che un gruppo di candidati del partito di Joško Joras,
con a capo lo stesso presidente del partito Janez Podobnik, ha
attraversato il confine e raggiunto la casa di Joras rifiutando di
esibire alcun documento alla polizia croata. La reazione di questa è
stata decisa; il gruppo è stato portato con la forza al commissariato
di Buie e rilasciato solo in tarda serata. L'incidente ha scatenato una
serie di reciproche accuse tra le diplomazie e il premier sloveno Anton
Rop, a pochi giorni dalle elezioni, che lo hanno visto sconfitto, ha
minacciato di bloccare i negoziati per l'adesione della Croazia all'
UE. La minaccia è stata reiterata anche dal ministro degli esteri
uscente Ivo Vajgl in una riunione dei capi diplomazia UE in Lussemburgo.

L' UE, con Solana e Patten, ha reagito imbarazzata , offrendo, nel caso
le due parti lo richiedessero, una mediazione. Il governo croato
propone l' arbitrato internazionale presso i competenti tribunali dell'
Aia o di Amburgo. La Slovenia si oppone all' arbitrato e spera di poter
condizionare il negoziato premendo sulla Croazia dal suo seggio
privilegiato nell' UE e nella Nato.

Intanto l' atmosfera, soprattutto nella penisola istriana,
caratterizzata in passato da una cooperazione regionale esemplare tra
comuni contermini e basata sulla sua specificità multietnica e
multiculturale, si fa pesante. L'incertezza dei pescatori aumenta, la
voce dei nazionalismi si fa sempre più grossa.

La recente vittoria elettorale della destra guidata da Janez Janša in
Slovenia aumenta i punti interrogativi sulla vicenda sloveno-croata. Il
partito di Janša ha un rapporto preferenziale con quello di Ivo
Sanader, l' HDZ, ed entrambi appartengono al conservatore Partito
Popolare Europeo. Ciò in teoria potrebbe favorite una soluzione del
contenzioso, anche se è difficile dimenticare che nel 2000 fu proprio
il breve governo guidato da Andrej Bajuk e Janez Janša a ordinare che
la polizia slovena assumesse, con un'azione di forza, il controllo dei
tre paesini contesi a sud del Dragogna. L'ordine per fortuna non venne
eseguito in quanto la polizia ed alcuni ministri lo considerarono
anticostituzionale oltre che pericolosissimo. Poi il governo delle
destre fu spazzato via dalle elezioni. Oggi rientra alla grande e - c'
e' da sperarlo - con più saggezza e più attenzione alle prassi europee
di quanta ne avesse allora. Tra Slovenia e Croazia basta una scintilla,
un incidente grave e tragico, per riaprire il peggior dossier »Balcani«
anche in seno all' UE.

A Tarcento (UD)

Domenica 31 ottobre 2004

alle ore 10:30
presso l'Auditorium delle Scuole medie, in Via Pascoli


Concerto del Coro Partigiano "Pinko Tomazic" di Trieste


(nell'ambito della iniziativa “O partigiano”, vedi:
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3510/1/58/ )

(english / srpskohrvatski)

Il Kosmet dai pogrom alle nuove elezioni-farsa (5)

1. BORBA ZA LOKALNU VLAST U UN/NATO NARKO-PROTEKTORATU (S. Nikolic /
ARTEL)

2. Tragedy and Farce. Elections in Occupied Kosovo
(by Nebojsa Malic / ANTIWAR.COM)


=== 1 ===

http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-10-20.html

BORBA ZA LOKALNU VLAST U UN/NATO NARKO-PROTEKTORATU

S. Nikolic
Beograd, 19. oktobar 2004. godine

Lokalni izbori na KiM se odrzavaju za par dana i kako stvari stoje
pravi pobednik na njima ce biti siptarski organizovani kriminal, koji
ce posle njih ucvrstiti svoju vlast u Pokrajini. Pred tom cinjenicom,
ali razlicito motivisani, oci zatvaraju i UN pod cijim se formalno
protektoratom nalazi KiM, i NATO koji je stvarni protektor i svetske
vlade zainteresovane za resavanje pitanja KiM i nazalost vlade Srbije i
SCG.
Da je vlast na KiM u rukama siptarskog organizovanog kriminala, a ne u
rukama politickih partija kao elementa politike u jednom politickom
sistemu, pokazuje sama praksa.
Siptarski organizovani kriminal kontrolise i upravlja siptarskim
politickim partijama na dva nacina:
" sami lideri politickih partija suvereni su deo siptarskog
organizovanog kriminala strukturuisanog po sistemu porodicnih
kriminalnih fisova koji deluju u okviru mafijaskih loza. Predvodnik,
boss ili popularno kum mafijaske loze je uglavnom i politicki lider;
" raznim uslugama politickim partijama od strane organizovanog
kriminala i obezbedjivanjem finansijskih sredstava od strane
narkomafije za potrebe i aktivnosti politickih partija.

PREDVODNICI MAFIJASKIH LOZA KAO LIDERI POLITICKIH PARTIJA
Tipicni primeri - predvodnik mafijaske loze = politicki lider, jesu
primeri terorista i kriminalaca Hasima Tacija lidera Demokratske
partije Kosova (DPK) i Ramusa Haradinaja lidera Alijanse za buducnost
Kosova (ABK).
Naime, teritorija Kosova i Metohije je sto se tice organizovanog
kriminala podeljena na tri glavne interesne zone:
- oblast Drenice koju kontorlise klan Taci;
- oblast Metohije koju kontrolise klan Haradinaj;
- oblast Laba koju kontrolise klan Rustema Mustafe Remija;
Na celu klana Taci, poznatog i kao "Drenicka grupa" nalazi se Hasim
Taci. Pomenuta grupa drzi pod kontrolom oko 10 do 15% ukupnog broja
kriminalnih poslova na KiM, koji se odnose na sverc oruzja, kradenih
automobila, goriva a delimicno i cigareta, kao i na prostituciju,
ostvarujuci finansijsku vezu sa clanovima, albanske, ceske, makedonske
i srpske mafije. Inace, Tacijeva sestra udata je za Sejdiju Bajrusa
jednog od vodja albanske mafije.
Taci kontrolise veci deo organizovanog kriminala u regionu
Istok-Klina-Srbica-Pristina. Najblizi saradnik u svercu ukradenih
automobila mu je Fadilj Taci, a na tom poslu saradjuje i sa kriminalnim
klanom Kitaj. Na podrucju opstine Klina, organizovanjem prostitucije se
bavi Hamid Taci, dok se poslovima sverca droge i trgovine prostitutkama
Hasim Taci bavi zajedno sa Menduhom Tacijem, te Betusom Zihugolijem i
Engelom Sabanajem, zvanim "Andjeo". Preko Menduha Tacija, Hasim Taci je
ukljucen i u ilegalnu trgovinu oruzjem i gorivom. Uz Ekrema Luku,
Fljorija Maljokua i Ismeta Osmanija, Taci je jedan od vodja u ilegalnoj
trgovini cigaretama na KiM.
Tacijev blizak saradnik u poslovima organizovanja prostitucije, sverca
narkotika i oruzja je Dzavit Haljitaj, koji se, izmedju ostalog, bavi i
poslovima zastrasivanja, ucenjivanja i eliminacije Tacijevih politickih
protivnika.
Na celu klana Haradinaj, nalazi se Ramus Haradinaj najuticajnija
krminalna licnost u oblasti Metohije, na podrucjima Peci, Decana i
Djakovice. Organizovana kriminalna grupacija (kriminalni fis) na cijem
je celu Haradinaj poznata je pod imenom "Metohijska grupa" ili
"Dukadjin". Kriminalni fis Haradinaj, ciji su istaknuti clanovi i Ekrem
Luka, Naser Keljmendi, Isa Baljaj, Arton Toljaj, Avdulj Muskolji i Alji
Haskaj, usmeren je na ilegalnu trgovinu oruzjem, narkoticima, akciznom
robom, kradenim vozilima, kao i reketiranjem siptarskog stanovnistva na
KiM. Krijumcarena roba se distribuira u Makedoniju, jug centralne
Srbije, Rasku oblast, te u Crnu Goru, koriscenjem putnog pravca
Pec-Kula-Rozaj. S obzirom na bliske veze Ramusa Haradinaja sa borcima
bivse OVK koji su nakon navodne demilitarizacije presli u KPS i KZK kao
i na politicki uticaj koji ima kao jedan od lidera najjacih siptarskih
politickih partija, u mogucnosti je da indirektno ostvaruje kontrolu
granica prema navedenim podrucjima, kao i da se bavi kriminalnim i
teroristickim aktivnostima na ovom podrucju.

MAFIJASKE LOZE
Na prostoru KiM deluju i drugi kriminalni klanovi - fisovi ali svoju
kriminalnu delatnost sprovode u saradnji i pod okriljem neka od ova tri
navedena kriminalna klana - fisa. Skup kriminalnih fisova cini
mafijasku lozu ciji je predvodnik i politicki lider.
Tako recimo, pod okriljem kriminlnog klana - fisa Haradinaj i u
saradnji s njim, deluju kriminalni klanovi - fisovi: Esljani, Ljata,
Voksi, Babaljija, Musaj, Keljmendi i Luka. Predvodnik ove mafijaske
loze je Ramus Haradinaj, koji je istovremeno i politicki lider nalazi
se celu ABK.
Pod okriljem i u saradnji sa kriminalnim klanom - fisom Taci deluju
kriminalni klanovi - fisovi: Seljimi, Geci, Ljustaku, Jasari, Ladrovci,
Sulja, Agusi… Predvodnik ove mafijaske loze je Hasim Taci koji je
istovremeno i politicki lider - nalazi se celu DPK.
Mafijaska loza koju predvodi Rustem Mustafa Remi nema svog politickog
lidera ali podrzava Hasima Tacija.
Deo ovako kriminalnim aktivnostima stecenih finansijskih sredstava ove
mafijaske loze usmeravaju u politicke kampanje svojih predvodnika
Haradinaja i Tacija!

SIPTARSKA MAFIJA I DSK IBRAHIMA RUGOVE
Ni DSK Ibrahima Rugove nije imuna na novac i usluge krminalnih klanova
siptarske mafije kojima za usluge uzvraca politckim u drugim ustupcima.
Naime, sve do promovisanja Hasima Tacija u vodju teoristicke OVK od
strane americkog faktora, najveci deo novca koji je siptarska
narkomafija investirala u projekt "Nezavisno Kosovo" isao je upravo DSK
i Ibrahimu Rugovi. Tako je jedan i finansijera DSK bio Pinc Dobrosi
poznati siptarski narkobos u Ceskoj, a ceska sluzba bezbednosti
poseduje foto i fono zapise susreta Rugove i Dobrosija kao i dokaze o
Dobrosijevim finasijskim transakcijama na racune DSK.
Iako je danas, najveci broj siptarskih kriminalnih fisova skoncetrisan
oko dva najjaca, Tacijevog i Haradinajevog, postoje i kriminalni fisovi
koji na sve nacine pomazu DSK Ibrahima Rugove. Jedan od takvih klanova
je i klan Musaj, a tesko ranjavanje Ramusa Haradinaja, 07.07.2002.
godine, u selu Strelci, u zapadnom delu KiM, rezultat je
medjumafijaskog i medjupolitickog sukoba izmedju fisa Haradinaj i fisa
Musaj.

PRAVI POBEDNIK LOKALNIH IZBORA NA KiM BICE SIPTARSKA MAFIJA
Kad se svi ovi podaci sumiraju, a oni su poznati i zapadnim sluzbama
bezbednosti, moze se sasvim decidirano tvrditi da lokalni izbori na KiM
ustvari predstavljati borbu za oficijelnu politicku vlast izmedju
mafijaskih loza Taci, Haradinaj i kriminalnih fisova koji za svog
politickog lidera priznaju Ibrahima Rugovu, i da ce pravi pobednik
lokalnih izbora na KiM biti siptraski organizovani kriminal u medijima
nazvan siptarska mafija.
Ona mafijaska loza koja osvoji oficijelnu politicka vlast imace
stratesku prednost nad drugim mafijaski lozama i kontrolu nad sferom
ekonomije, trgovine, snabdevanja, gradjevinarstva, saobracaja,
poljoprivrede kao i upravljanja investicijama. Takodje, mafijaska loza
koja pobedi na lokalnim izborima steci ce status monopliste koji ce
odredjivati koja siptarska struktura iz inostranstva moze da ulaze na
KiM, i postace "alfa i omega" procesa pranja prljavog novca kroz proces
privatizacije.
Iz lokalnih izbora siptarska mafija ce izaci jaca i homogenija jer ce
razlicite mafijaske loze i kriminalni fisovi biti prinudjeni na
saradnju u okviru procesa pranja novca i njegove legalizacije u
poslovima privatizacije, investiranja, nekretnina i sl. Takodje, posle
lokalnih izbora i konsituisanja lokalne vlasti, siptarska mafija ce
pokusati da prosiri svoju uticaj na srpsku i balkansku ekonomiju, kao i
uticaj u delovima srpskog politickog i ekonomskog establismenta i
srpskom organizovanom kriminalu, kako bi se na duzi rok osigurali
"narko, cigarete, belo roblje i sl. - cevovodi", odrzale "meke granice"
i uspesno realizovao projekt "Nezavisnog Kosova" kao deo projekta
"Velika Albanija" kojim bi se ostvarila opcija narko drzave, odnosno
jedinstevne albanske drzava sa narko mafijaskim lozama kao centrima
finansijske i politicke moci.
Najvecu cenu sadasnje i buduce vlast siptarske mafije na KiM platice
srpsko stanovnistvo jer su siptarski organizovani kriminal, terorizam i
politika separatizma i secesije u tesnoj vezi po sistemu olimpijskih
krugova. Novac stecen organizovanim kriminalom se delom pored placanja
lobi usluga i korumpiranjem svetskih polticara "investira" i u
terorizam, kao orudje politike separatizma i secesije koju sprovode
lider siptarskih politickih partija. Srbi ce i dalje biti ubijani i
proterivani od strane razularenih siptarskih terorista i narkodliera
koji imaju svoje ciljeve - profit, moc i jedinstvena Albanska drzava u
kojoj Srbi treba da budu svedeni na nivo statisticke greske.
Cenu takodje placa, i placace jos vise siptarsko stanovnistvo, jer ce
potpunu kontrolu nad svim sfera drustvenog zivota na KiM preuzeti
organizovani kriminal. Osim toga siptarska mafija je i pripadnike
sopstvene populacije "navukla" na narkotike, pa tako u ovom prema
istrazivanjima doktora K. B. (ime je namerno izostavljeno zbog
mogucnosti osvate siptarske mafije) oko 60% mladih siptara konzumira
narkotike.
U buducnosti, tu cenu ce placati jos vise Evropa i SAD, koji iako su im
svi ovi podaci iz teksta i mnogo drugi nedostupni siroj javnosti
poznati, ne cine nista da organizovanom kriminalu na KiM stanu za vrat.
Osim toga po dolasku KFOR-a i UNMIK-a na KiM upotreba narkosredstava i
broj zavisnika su znatno povecani. Doduse, UNMIK policija je otvorila u
Gnjilanu specijalno odeljenje policije za borbu protiv narkotika ali
njeni rezultati su simbolicni. Pred njihovim ocima, u samom Gnjilanu
postoji i radi laboratorija za preradu sirove droge koja na KiM dodje
iz Avganistana a osim nje na tritoriji KiM postoje jos tri takve
laboratorije po jedna u Pristini, Urosevcu i okolini Djakovice.
Danas, iz Nemacke siptarski kriminalci iznesu vise od pola miliona evra
godisnje a u buducnosti ce to biti jos vise. Danas, siptarska mafija
zaradi godisnje preko 90 miliona dolara na narkoticima, a u buducnosti
ce to biti jos vise. Dovoljno je pogledati podatke Interpola za ovu
tvrdnju: 1999. godine siptarska mafija zaradjivala je narkoticima 38
miliona dolara, 2001. godine 50 miliona dolara, 2002. godine 70 miliona
dolara…Danas 65% ukupne kolicine narkotika u Evropu stigne posredstvom
siptarske mafije a sutra ce taj procenat biti veci…
Osim toga, siptarska mafija koja ima oko 5.000 do 7.000 "vojnika"
obucenih za upotrebu vatrenog oruzja, a mnogi od njih su i sa
teroristickim iskustvom, predstavlja permanentnu pretnju za pripadnike
KFOR-a i UNMIK-a . "Vojnici" suptarske mafije u buducnosti mogu biti
upotrebljeni protiv medjunarodnih snaga, kao sto su u najvecem, uz
pripadnike teroristickih grupa a uz logisticku podrsku KZK i KPS,
upotrebljeni 17. i 18. marta ove godine u progomu Srba i sukobima sa
medjunarodnim snagama. Naravno, ako njihovi sefovi procene da za to
postoji potreba, to jest ako njihovi lobisti ne uspu u svojim namerama.
Ono pred cim centri globalnog plitickog odlucivanja zatvaraju oci,
jeste i cinjenica da albanska mafija (posmatrana sveukupno ona sa KiM i
ona iz Albanije) predstavlja opasnost za svetsku bezbednost. Naime, ona
deluje po kanonima etnickih pravila sa primesama islamske doktrine, ima
transnacionalni karakter sa vise od 50.000 "vojnika", narkotici na KiM
dolaze iz Avganistana preko Turske kroz mrezu islamskih organizovanih
kriminalnih i teoristickih grupa, i na taj nacin albanska mafija
distribuirajuci ga dalje, ostvari profit veci od 10 milijardi dolara.
Deo tog novca se koristi za finansiranje globalnog islamskog terorizma,
albanska mafija "bombarduje" nemuslimanski svet narkoticima, onih
50.000 "vojnika" u jednom trenutku mogu se preobraziti u teroriste, a
onda ce 11. septembar biti decija igra u poredjenju sa onim sto ce se
desiti. Neki politicari iz globalnih centara odlucivanja kao da to ne
vide ili ne zele da vide. Verovatno je za sve kriv "krvavi mister
dolar" albanske mafije kojima se pune njihovi dzepovi…

I za kraj.

Zalosno je sto Vlada Republike Srbije, njen Premijer, Predsednik Srbije
i ministar inostranih poslova SCG nisu na osnovu ovih i drugih podataka
pravili stratetgiju ("radni kroki": "KIM ne moze putem demokratije ako
njime vladaju mafijasi, teroristi i ubice, formalno izabrani
demokratski na izborima ali na politicko trziste dosli uz pomoc
kriminalnog novca i sile. Kao takvi, a sastavni deo ili cak vodjstvo
najjacih siptarskih politickih paritija, oni predstavljaju opasnost za
gradjane koji zive na KiM, evropsku i svetsku bezbednost i buduce
politicke procese vezane za KiM. Samo njihovom eliminacijom i
smestanjem tamo gde im je mesto, a ono je u zatvorima mogu se stvoriti
uslovi za fer, demokratske i slobodne izbore. Zadatak da se pripadnici
organizovanog kriminala smeste u zatvor imaju UN posto se KiM nalazi
pod njihovim protektoratom. Srbija je spremna da u tom zadatku zastite
osnovnih civalizacijskih vrednosti ucestvuje svim svojim snagama "
kontinuiranog nastupa prema globalnim centrima politickog odlucivanja
svetskom javnom mnjenju i medjunarodnom nevladinom sektoru.
Umesto toga, bez odsustva ikakve strategije imamo na jednoj strani
poziv Predsednika da Srbi ucestvuju na lokalnim izborima a na drugoj
Premijera da na iste ne izadju. Izlazak ili neizlazak Srba na lokalne
izbore na KiM, kao akt politickog delanja nece imati nikakvog znacaja,
ako ne postoje jasne strategije sta u jednom ili drugom slucaju, i
odnosu u tim slucajevima prema globalnim centrima politickog
odlucivanja, a takodje i "sta posle". Sva je prilika da tih strategija
nema i da su gradjani juzne Srpske Pokrajine i Srbi i Siptari, i od
strane Srbije i od strane tzv. Medjunarodne zajednice ostavljeni na
milost i nemilost siptarskoj mafiji koja ce sva je prilika zbog
nesposobnosti aktuelnih vladajucih srpskih politicara, u krajnjem a
posredstvom korumpiranih politicara iz globalnih centara odlucivanja
projektovati buducnost KiM.


=== 2 ===

[ A NOTE by Italo Slavo:
Although affected by an unjustified, US-styled anti-communism,
commentaries by Nebojsa Malic clearly depict the contradictory and
imperialistic policies of the West with respect to the Balkans.
Please go to the original URL:
http://www.antiwar.com/malic/?articleid=3829
to get the many useful hyperlinks. ]

October 21, 2004

Tragedy and Farce
Elections in Occupied Kosovo

by Nebojsa Malic

Seven months after the horrific pogrom that raged across the
occupied Serbian province of Kosovo, the occupiers are poised to
lead its perpetrators a step close to their coveted ultimate prize.
Elections scheduled for Oct. 23 were designed to establish the
Albanian authorities as a legitimate "government" of the province,
bolstering their separatist claims just in time for the conference
on "final status," projected to take place next year. Serbs in
Kosovo, rightly embittered by the complicity of the UN and NATO in
their gradual extermination, have by and large refused to give any
further legitimacy to the occupation. Washington, Brussels and the
UN have tried to pressure Serbs into abandoning their resistance; it is
unclear to what extent they have succeeded so far.

The elections in Kosovo will be illegitimate whether one or one hundred
thousand Serbs vote this Saturday. It is impossible to conduct a
fair election (if ever there was such a thing) in an occupied,
ethnically cleansed and terrorized territory. But the Empire seems
determined to continue its policy of creeping amputation,
effectively rewarding the perpetrators of the March pogrom and
further confirming its commitment to the rule of force, rather than the
rule of law.

"Birth of a Nation"

That is how Time magazine recently described one possible outcome of
the upcoming elections. According to Time, "with conflicts brewing
around the world, the UN and NATO are now looking to get out, and
fast." Another reason for their haste is the March pogrom, which
demonstrated the Albanians' willingness to use force to get their
way. It seems that UNMIK and NATO have wholeheartedly accepted the
reasoning of Albanians and their partisans in the West that
followed the March terror.

Indeed, this reasoning was recently reiterated by none other than Veton
Surroi, the "highly regarded" editor and publisher who recently
established a political party. "In March you saw the enormous capacity
for destruction in this society," Surroi told Reuters. "Little has
changed since March."

Surroi may appear a "moderate" in the Kosovo Albanian political
spectrum, but his veiled threats of violence in case independence isn't
forthcoming echo those of the terrorist KLA. Its representatives
recently raised funds in the United States for both new weapons and
John Kerry's presidential campaign, not only unmolested by American
authorities, but joined by former Clinton administration officials
Gen. Wesley Clark (ret.) and Richard Holbrooke.

In addition to Surroi's party, Ibrahim Rugova's "Democratic League of
Kosovo" and the two major KLA-affiliated parties, several new
political entities have sprung upon among the Kosovo Albanians
recently. Their programs are identical: first independent Kosovo,
then the creation of an "Ethnic Albania." One of the parties is
called "Balli Kombetar Demokratik" – Democratic National Front.
Except for the addition of "democratic," it is the name of a WW2
movement that supported the Nazis.

UNMIK Lashes Out

Kosovo's UN and NATO occupiers seem perfectly content to ignore
Albanian bellicosity. Some reinforcements have dropped in to boost
NATO's presence during the elections, but there's been no signal
whatsoever that new violence would not be tolerated. Instead, the
occupiers have focused their rage on the Serbs, as their withdrawal
of consent jeopardizes the Empire's Potemkin Kosovo. As Financial
Times put it, a Serb boycott "could undermine the credibility of
multiethnic democracy in Kosovo."

As well it should! There is absolutely no such thing, not with
Albanians steamrolling over every other community. Even though UNMIK
claims that "the best way Serbs can be heard is by electing their
leaders to the new Assembly," (Time) they have had representatives
in the previous one, with exactly zero benefit from it. Serbs,
Turks, Roma, Ashkali, "Bosniaks" and others serve solely as
window-dressing that creates an illusion of "multi-ethnicity" where
in reality there is brutal racism and terror. If this is what "becoming
an active part of the institutional life" – as Viceroy
Jessen-Petersen puts it – really means, no wonder the Serbs want out.

Jessen-Petersen and his underlings have also demonstrated their utter
contempt for Serbs by fiercely attacking the Serbian Orthodox
Church, the only remaining Serbian institution in Kosovo. There is
little doubt that Viceroy Jessen-Petersen referred to the Church
when he said Monday, "Those urging Kosovo Serbs not to vote simply
do not have in mind the interest of their own people."

After nothing had been done to rebuild or restore any of the churches
destroyed in the March pogrom – not to mention over 120 destroyed
since 1999 – Kosovo's Bishop Artemije decided to end the charade
and stop pretending the UN is helping. This provoked a fierce attack
by UNMIK, which claimed, "The Bishop's decision . . . runs counter
to the overall goal to build a multi-ethnic Kosovo with full respect
and security for all communities and religious sites." Thanks to
UNMIK's absolute access to Western media, and the Church's lack
thereof, the condemnation appeared before the Bishop's announcement.
When even UNMIK won't allow the Serbs of Kosovo a voice – in this
instance, through preempting a protest by blaming the victim – how
does anyone imagine the Albanian-dominated Assembly will?

Betrayed by Belgrade

The UN/NATO abuses in Kosovo have met with appallingly little
resistance in Belgrade, where a fractious and confused post-DOS regime
lacks any semblance of a coherent plan, whether for Kosovo or Serbia
in general. President Tadic may have been right to say that Prime
Minister Kostunica's government is "doing nothing," but his own
obsequious prostrations before the Empire are just as harmful. In an
interview to Financial Times last week, president of the
Serbia-Montenegro Union Svetozar Marovic favored a Dayton-like
conference to resolve the Kosovo issue, while supporting (!) the
continued NATO occupation.

It appears that official Belgrade has abandoned Kosovo, and loyal
citizens residing there, to the mercies of Albanian separatists and
UNMIK. Though Albanian partisans see this as indirect acquiescence
to their demands for independence, it is more symptomatic of the
overall paucity of character in the Serbian political class. A
century of suffering – half of which was under Communist rule –
followed by Slobodan Milosevic's confused post-Communism and siege
by the Empire, seems to have destroyed the Serbians' taste for
liberty and capacity for principled thought.

Before his violent ouster in 2000, Milosevic's opponents argued that
"the West" would rethink its position on Kosovo if Serbia became
"democratic." What they discovered afterwards is that the definition
of "democratic" kept changing with ever-increasing demands from
Washington, Brussels and The Hague, while the Kosovo policy changed
not one bit. This has surely contributed to the overall feeling of
frustration and apathy in Serbia as much as the broken economic
promises of the DOS regime and its heirs.

Rewarding Genocide

Kosovo Albanians' separatist drive rests on two "facts," both
created by the NATO occupation. Both are mentioned in every wire and
agency report from the province: Albanians make up a "90-percent
majority" and Kosovo is "still formally a part of Serbia" (emphasis
added). The natural assumption from such "facts" would be that
Albanians are actual inhabitants of the province, while Serbs and
others are interlopers; as well as that a 90% majority is more than
good enough for a "democratic" declaration of independence. The
trouble with this is that Albanians became a majority through massive
illegal immigration, explosive birth rates, and systematic
violence against other communities – whether during the reign of
Ottoman Turks (1389-1912), Austrian and German occupations (1915-18,
1941-44), Communist dictatorship (1945-1989), or NATO/UNMIK
occupation (1999-present). Creation of an "independent," Albanian
Kosovo would not be recognition of democratic self-determination, or
any such nonsense: it would be the ultimate reward for ethnic
cleansing, and what amounts to genocide.

Force and Justice

Kosovo is not some "mandate" of the UN; it is the territory of a
sovereign state, occupied in an illegal and illegitimate war of
aggression. By its very existence, UNSCR 1244 violates the UN Charter
and makes the world body an accomplice in a crime against peace
and the ongoing crimes against humanity. The only "final status"
possible under international law would be the reintegration of the
province into Serbia.

Those who preach to millions about "freedom" and "rule of law" were
willing to trample both in the case of Kosovo in 1999. Judging by their
conduct ever since, they still are. Their sermons are nothing but
lies, and their only argument, when stripped of nonsense and
falsehoods, is brute force.

"We do it because we can," the Empire seems to say, sneering at the
rest of the world as if daring someone to object. "What are you going
to do about it?"

Well, what indeed?