Informazione

Avvenne in un paese di contadini
nella Balcania montuosa:
una compagnia di alunni
in un giorno solo morì
di morte gloriosa.

Avevano tutti la stessa età,
scorrevano uguali per tutti
i giorni di scuola, andavano alle cerimonie in compagnia,
li vaccinavano tutti
contro la stessa malattia.
Morirono tutti in una giornata sola.

Avvenne in un paese di contadini
nella Balcania montuosa:
una compagnia di alunni
in un solo giorno morì
di morte gloriosa.

Cinquantacinque minuti
prima che la morte se li portasse via
sedevano sui banchi di scuola
i ragazzi della piccola compagnia,
e con lo stesso compito assillante;
andando a piedi, quanto
impiega un viandante
e così via.

Erano pieni delle stesse cifre
i loro pensieri,
e nei quaderni, dentro la cartella,

giacevano assurdi innumerevoli
i cinque e gli zeri

Stringevano in saccoccia con ardore
una manciata di comuni sogni,
di comuni segreti
patriottici e d'amore.
E ognuno, lieto della propria aurora,
credeva di poter correre molto
tanto ancora
sotto l'azzurro tetto rotondo
fino a risolvere
tutti i compiti di questo mondo.

Avvenne in un paese di contadini
nella Balcania montuosa:
una compagnia di alunni
in un giorno solo morì
di morte gloriosa.

File intere di ragazzi
Si presero per mano
e, dall'ultima ora di scuola,
si avviarono alla fucilazione
calmi, col cuore forte,
come se nulla fosse la morte.
File intere di compagni
salirono nella stessa ora
verso l'eterna dimora.


(Desanka Maksimovic: FIABA CRUENTA)


Il seguente articolo e' tratto da "Storia Illustrata" del gennaio 1979:

STERMINIO NAZISTA IN SERBIA

In un solo giorno 7300 morti nella città martire. È l'autunno del
1941. Pochi mesi dopo la dissoluzione del regno di Jugoslavia, la
penisola balcanica è insorta contro l'occupante nazifascista. Alla
rivolta partigiana i tedeschi rispondono facendo strage della
popolazione civile.

di ANTONIO PITAMITZ

Il 20 ottobre 1941, sei mesi dopo l'invasione tedesca della
Jugoslavia, nei due Ginnasi di Kragujevac (leggi Kragujevaz), la città
serba posta nel centro della regione della Šumadija, le lezioni
iniziano alle 8.30, come di consueto. Sono in programma quel giorno la
sintassi della lingua serbocroata, matematica, la poesia di Goethe, la
fisica. In una classe, un professore croato, un profugo fuggito dal
regime fascista instaurato in Croazia da Ante Pavelic, sottolinea il
valore della libertà. Poco lontano, un altro spiega l'opera di un poeta
serbo del romanticismo risorgimentale. La mente rivolta alle secolari
lotte sostenute dai serbi per la loro indipendenza e a quella presente
che cresce irresistibilmente, anch'egli parla di libertà. La voce calma
e profonda che illustra i versi del poeta: "La libertà è un nettare che
inebria / Io la bevvi perché avevo sete", ne nasconde a fatica la
tensione, che aleggia anche nell'aula, che grava su tutti, sulla
cittadina, sui suoi abitanti, e che l'eco strozzata di fucilerie
lontane da alcuni giorni alimenta.

Dal 13 ottobre 1941 Kragujevac e la sua regione sono teatro di una
vasta azione di rappresaglia, che i tedeschi stanno conducendo con
spietata decisione contemporaneamente anche nel resto della Serbia. La
ferocia di cui essi in quei giorni danno prova ha una ragione specifica
contingente. La rapida vittoria dell'Asse ha dissolto uno Stato, il
regno dei Karadjeordjevic, ma non ha prostrato i popoli della
Jugoslavia. L'illusione tedesca di una comoda permanenza in quella
terra è stata presto delusa. Sin dai primi giorni dell'occupazione, i
tedeschi hanno avuto filo da torcere. La guerra, che anche in Šumadija
i resistenti fanno, è senza quartiere. Sabotaggi sensazionali e
diversioni in grande stile si registrano sin dal mese di maggio. Linee
telefoniche e telegrafiche vengono tagliate, ponti e strade ferrate
saltano. Il movimento di resistenza cresce così rapidamente, ben presto
è così ampio che i tedeschi e le truppe collaborazioniste del quisling
serbo Milan Nedic abbandonano il presidio dei villaggi. Gli invasori si
sentono troppo esposti, isolati, preferiscono arroccarsi in città. La
lotta contro i patrioti la organizzano dai centri urbani, e la
conducono secondo il metro nazista che misura in tutti gli slavi una
razza inferiore, da sterminare. La traduzione pratica di questo
principio è all'altezza della fama che si guadagnano. A Belgrado, una
moto incendiata della Wehrmacht vale la vita di 122 serbi. Solo nella
capitale, in sette mesi fucilano 4700 ostaggi.

Incredibilmente, gli hitleriani ritengono di poter coprire con la
propaganda questo pugno di ferro che calano sul paese. Le
argomentazioni che diffondono sono quelle care alla "dottrina"
nazifascista dell'Ordine Nuovo Europeo. Ai contadini serbi dicono di
averli salvati dagli ebrei e dai capitalisti, e promettono anche di
salvarli dal bolscevismo semita, che sta per essere sicuramente
sconfitto sul fronte orientale.

L'itinerario di questa vittoria, a Kragujevac può essere seguito sulla
grande carta geografica che campeggia nel centro della città. Una croce
uncinata segna la progressione delle forze dell'Asse in direzione di
Mosca. Però, come altrove, nemmeno a Kragujevac terrore, repressione,
lusinghe, denaro fatto circolare per corrompere, valgono a indebolire
il sostegno alla lotta partigiana, a ridurne il seguito. A dare
contorni netti alla situazione, le risposte alla propaganda tedesca non
mancano. La carta geografica dell'Asse viene bruciata in pieno giorno.
Il fuoco divora anche una delle fabbriche militari della città. Un
treno di quaranta vagoni viene distrutto sulla linea Kragujevac-
Kraljevo, provocando la morte di cinquanta tedeschi. Da vincitori e
occupanti, i tedeschi si trovano nella condizione di assediati.

È Kragujevac, città da sempre ribelle, che prende il suo nome da
kraguj, dal rapace grifone che popolava i sui boschi, che alimenta la
Resistenza della zona. È questa città di antiche tradizioni nazionali e
socialiste che guida la lotta della Šumadija, il cuore della Serbia.
Gli operai comunisti che costituiscono il nerbo delle formazioni
partigiane vengono dal suo arsenale militare. Dalle sue case dai cento
nascondigli, che hanno già ingannato turchi e austroungarici, escono le
armi, le munizioni, il materiale sanitario, i libri che donne, bambini
e ragazzi portano quotidianamente ai combattenti del bosco.

Per contenere la sua iniziativa, per fronteggiare questa lotta di
bande, che è lotta di popolo e che sconvolge gli schemi bellici dei
signori nazisti della guerra, già alla fine dell'agosto 1941 Kragujevac
conta la guarnigione tedesca più forte di tutta la Serbia centrale. Ma
i due battaglioni e i mezzi corazzati di cui i tedeschi dispongono non
sono sufficienti ad arrestare lo slancio delle tre compagnie partigiane
che operano fuori della città. Né tantomeno la Gestapo è in grado di
bloccare i gruppi clandestini che si annidano dentro. La loro azione
anzi si fa sempre più audace, punta sul risultato militare, ma ricerca
anche l'effetto psicologico. Per i partigiani, importante è non
soltanto colpire il nemico, ma aiutare anche i serbi oppressi a
sperare, a vivere. Una notte d'agosto, cento metri di ferrovia vengono
fatti saltare in città, proprio sotto il naso dei tedeschi.

È una sfida, che ha sapore di beffa. In questa situazione, la rabbia e
il desiderio di vendetta dei tedeschi crescono quotidianamente. Quando
nel settembre 1941, la ribellione guadagna tutta la Serbia, e
conseguentemente mette radici ancora più profonde in Šumadija, il
generale Boehme, comandante delle forze tedesche nel Paese, considera
che la misura è colma. Il prestigio dei suoi soldati deve essere
risollevato, una dura lezione deve essere somministrata ai serbi. Una
spietata repressione, da condurre senza esitazione, è decisa. A rendere
più chiara la direttiva che passa ai subalterni, e che precisa la
"filosofia" del comando tedesco, Boehme ricorda che "una vita umana non
vale nulla", e che perciò per intimidire bisogna ricorrere a una
"crudeltà senza eguali". A metà settembre i tedeschi passano
all'azione. La macchina si mette in moto.

Per un mese la Serbia centrale è trasformata in un campo di sterminio.
A decine villaggi grandi e piccoli sono bruciati, spesso, come a Novo
Mesto o a Debrc, con dentro gli abitanti. I serbi muoiono a migliaia,
uccisi, massacrati. A Šabac, il 26 settembre, sono 3000 gli uomini dai
14 ai 70 anni che rimangono vittime della razzia tedesca. Cinquecento
muoiono durante una marcia fatta fare al passo di corsa per 46
chilometri. Gli altri sono fucilati. Una sorte analoga hanno, il 10
ottobre, a Valjevo, 2200 ostaggi: finiscono al muro. "Pagano" 10
tedeschi uccisi e 24 feriti. Cinque giorni dopo, il 15, è "sentenziata"
la punizione di Kraljevo, un'altra città che resiste. I plotoni di
esecuzione lavorano per cinque giorni, le vittime sono 5000. Sembra
impossibile immaginare una strage ancora più grande. Eppure,
l'allucinante escalation non ha toccato la sua punta di massimo orrore.
Lo farà a Kragujevac, e nel suo circondario. La "spedizione punitiva"
comincia il 13 ottobre. Quel giorno, nel quartiere operaio di
Kragujevac, i tedeschi prendono 30 uomini. Per 3 giorni se li
trascinano dietro nella puntata che fanno contro il paese vicino,
Gornji Milanovac. Affamati, percossi, costretti a rimuovere tronchi
d'albero e a tirare fuori dal fango carri armati, adoperati come scudo
contro i partigiani, sono testimoni della sorte del piccolo paese di
pastori. Vivono un'agonia che ha fine solo con il grande massacro, nel
quale scompaiono anche i 132 ostaggi di Gornji Milanovac. In quanto al
paese, anche questo viene bruciato. I tedeschi saldano così un vecchio
conto che avevano in sospeso. Anche per questa impresa però devono
pagare uno scotto. Trentasei uomini vengono messi fuori combattimento
dai partigiani, che attaccano senza sosta.

Di fronte a questo "smacco" la logica tedesca della ritorsione non
tarda a scattare. Sarà Kragujevac a pagare, con la vita di 100
cittadini ogni tedesco morto, e con quella di 50 ogni tedesco ferito.
Duemilatrecento persone sono condannate a morte.

La rappresaglia punta per primo sui "nemici storici" del Reich:
comunisti e ebrei. Gli ebrei maschi, e un certo numero di comunisti, 66
persone in tutto, vengono arrestati sulla base delle liste che i
collaborazionisti forniscono. Ma questo non basta. Il giorno
successivo, il 19 ottobre, una massiccia operazione ha luogo
nell'immediata periferia della città. Tre paesi, posti nel giro di tre
chilometri, sono travolti della furia tedesca. Grošnica, Meckovac,
Maršic bruciano, 423 uomini muoiono. A Meckovac, donne e bambini sono
costretti ad assistere all'esecuzione. Lo stesso macabro rituale è
imposto a Grošnica, dove si distinguono i Volontari Anticomunisti di
Dimitrjie Ljotic. Il paese quel giorno celebra la festa del patrono. I
fascisti serbi strappano il pope dell'altare con il vangelo ancora in
mano, i fedeli vanno a morire stringendo i pani benedetti della
comunione ortodossa. Vengono falciati tutti lì vicino, con le
mitragliatrici. Così, intorno a Kragujevac si è fatto un cerchio di
morte. La prova generale è compiuta. Ora si passa al "grande massacro".

L'azione inizia la mattina del 20 ottobre. Alle prime luci dell'alba,
gli accessi a Kragujevac vengono bloccati. Mitragliatrici sono postate
nei punti nevralgici. Nessuno può più uscire dalla città, nessuno può
più entrarvi. Chi, ignorando il dispositivo, si avvicina, viene ucciso.
È quanto accade a uno zingaro, che arriva dalla campagna, a un vecchio
che in città muove verso il mercato. Agli ordini del maggiore Koenig,
tedeschi e collaborazionisti aprono la caccia all'uomo. Nessuno sfugge,
nessuno è "dimenticato". Il gruppo di operai che lavora tranquillamente
a un torrente, i tre popi di una chiesa, che sperano di trovare la
salvezza dietro le icone. I razziatori entrano a stanare ovunque. Gli
impiegati sono portati fuori dal municipio; giudici, scrivani,
pubblico, dal tribunale. Dalle abitazioni vengono tratti anche gli
ammalati. Un barbiere è prelevato dal negozio insieme al suo cliente,
che con altri disgraziati marcia verso il suo destino, una guancia
insaponata, l'altra no.

Alle dieci i tedeschi irrompono anche nei due ginnasi. L'apparizione
di quelle uniformi verdi armate di fucili e parabellum, infrange la
normalità forzata che da tre giorni nelle due scuole vige. Il barone
Bischofhausen, il comandante tedesco della piazza, il 17 ha minacciato
presidi, professori e genitori di severe sanzioni se i ragazzi non
frequentavano la scuola. Lo ha fatto ripetere anche per le vie della
città, a suon di tamburo, dal banditore pubblico. Li vuole tutti in
aula, sempre. L'ufficiale tedesco, che da civile è insegnante, combatte
l'assenteismo degli studenti non certo perché mosso da passione
pedagogica. Chiedendo che proprio per quel giorno 20 tutti siano
presenti, egli fa apparire di voler esercitare un controllo; che però
si trasforma in una trappola. In realtà, egli non dimentica che i
ginnasiali di Kragujevac hanno manifestato sin dai primi giorni la più
violenta opposizione all'occupante. Un giovane è finito impiccato dopo
uno scontro con la polizia. Il barone sa pure che anche in quelle aule
la Resistenza attinge, per alimentare i suoi "gruppi d'azione", i suoi
propagandisti e sabotatori.

L'ispezione annunciata per quel giorno è arrivata. I registri chiesti
dal barone sono pronti. Arrivando quella mattina a scuola, i ragazzi
hanno cancellato i loro nomi dall'elenco. Precauzione inutile. Non c'è
appello. I tedeschi entrano direttamente nelle aule, e rastrellano.
Hinaus, fuori tutti quelli dai 16 anni in su. Anche il ragazzo invalido
che si trascina con la stampella, per il quale invano una professoressa
intercede. Anche la classe che il professore di tedesco tenta di
salvare. Ai soldati che si affacciano, il professore dice, per
rabbonirli, che stanno facendo lezione di tedesco. Mente. E mente una
seconda volta quando gli chiedono quanti anni hanno i suoi ragazzi.
Quindici dice. I tedeschi, convinti, fanno per andarsene. Ma in quel
momento un alunno si alza dall'ultimo banco. È lo spilungone della
classe. I tedeschi, dalla soglia si girano, capiscono, e sbattono fuori
tutti.

I ginnasiali raggiungono le file dei razziati, i professori in testa.
Con loro, ci sono anche Mile Novakovic, insegnante di chimica, celibe,
e Djordje Stefanov, di letteratura croata, anche lui rifugiato in
Serbia con la moglie e le due figlie per sfuggire ai fascisti della
Croazia. Quel giorno i due professori non hanno lezione. Ma quando
hanno visto che in città i tedeschi rastrellavano, certi che la scuola
non sarebbe stata risparmiata, sono venuti lo stesso, per essere
insieme ai loro ragazzi. Li vogliono seguire fino in fondo. Andranno
insieme a loro alla fucilazione. Del corpo insegnante, solo le donne
non sono razziate. Dalle finestre della scuola vedono sfilare i
professori e gli alunni, e "cento berretti levarsi in segno di saluto"
. I ragazzi credono ancora che torneranno.

Pochi sono i fortunati che riescono a filtrare tra le maglie di quella
immensa rete gettata sulla città. Chi vi riesce, va a unirsi ai
partigiani. Avrà sicuramente qualcuno da vendicare. Gli altri, a
migliaia, ingrossano le colonne che tutto il giorno scorrono per
Kragujevac dirette ai luoghi di raccolta. I razziati sono quasi 10.000,
su meno di 30.000 abitanti che conta la città. I tedeschi non hanno
tralasciato nemmeno il carcere. Ultimi ad arrivare, quei detenuti sono,
con comunisti ed ebrei, i primi ad essere fucilati.

Dai luoghi dove sono concentrati in attesa di conoscere la loro sorte,
la sera di quel 20 ottobre i prigionieri sentono le prime scariche di
fucileria. È l'avvio della grande carneficina. Contando sulla sorpresa,
e sulla iniziale "distrazione" dei fucilatori, alcuni dei condannati
riescono a salvarsi. Qualcuno fugge appena messo in riga. Altri, come
Zivotjin Jovanovic, alla scarica si getta a terra anche se non è
colpito, poi balza e corre. Viene ricatturato a un posto di blocco.
Tenta di nuovo la fuga, e il suo guardiano gli spara a bruciapelo. Gli
sfiora l'inguine. Poi dopo avergli dato il colpo di grazia nella spalla
invece che in testa, lo lascia a terra credendolo morto. L'uomo
striscia tutta la notte a palmo a palmo finché arriva alla casa di un
amico. È soccorso, si crede in salvo. Arrivano i fascisti serbi, che lo
riprendono. Dopo averlo picchiato decidono che, essendo ormai in fin di
vita, tanto vale lasciarlo morire. Ma l'uomo non muore.

Altri ancora devono la vita alla fortuna, alla professione, al sangue
freddo che riescono ad avere anche in un tale frangente. A mano a mano
che inquadrano i gruppi per condurli alla fucilazione, i tedeschi fanno
la selezione. Alcuni criteri non sono molto chiari. Risparmiano, per
esempio, gli elettricisti, gli idraulici, i panettieri. Altri lo sono
di più. Ai loro collaboratori fascisti concedono di tirare fuori i loro
amici e parenti. In questo mercato i fascisti serbi sono generosi.
Arrivano a offrire dei ragazzi di 10/12 anni in cambio dei loro
protetti. Viene risparmiato anche chi è cittadino di un paese alleato
dell'Asse. O che lo faccia credere. Escono romeni, ungheresi. Un
dalmata si dichiara italiano. Forse lo è davvero, forse è solo un
croato acculturato italiano, bilingue. Ma riesce a salvarsi, e a
salvare il ragazzo che gli è accanto, affermando alla guardia, con la
sua "autorità" di "alleato", che non ha ancora 16 anni. Un serbo,
invece, mostra un certificato bulgaro qualunque, rilasciato dalle
truppe di Sofia che occupano il suo Paese di origine, e viene messo da
parte.

Non fa nulla invece per salvarsi Jovan Kalafatic, professore,
insegnante di religione, che invece potrebbe. Tutti sanno che è un
fascista convinto. A scuola sospettano anche che sia un delatore, che
alcuni professori progressisti siano finiti in galera per opera sua.
Basterebbe che dica chi è. Kalafatic invece tace. Tace anche quando
passano i fascisti serbi per la "loro" selezione. Forse, nelle lunghe
ore della tragedia passate con il suo popolo, deve aver capito la vera
natura dell'Ordine Nuovo nel quale crede. Va, volontariamente, alla
fucilazione con gli altri. Vanno volontari anche due vecchi genitori
che non vogliono abbandonare i figli. Alla fucilazione vanno, divisi in
due gruppi, anche i 300 studenti ginnasiali e i loro professori. Alla
testa di un gruppo vi è il preside del ginnasio. L'altro gruppo marcia
verso la morte in fila indiana, le mani sulle spalle, come dovessero
danzare il kolo, la danza nazionale serba. Poi, cantano. Intonano "Hej
Slaveni!", l'inno antico e comune a tutti gli slavi. Cadono cantando.

Il massacro dura a lungo. Su un fronte di morte lungo oltre dieci
chilometri, fuori della città le armi crepitano fino alle 14 del giorno
21 ottobre. Settemilatrecento uomini di Kragujevac dai 16 ai 60 anni
cadono divisi in 33 gruppi. Dovevano essere 2300. I tedeschi hanno più
che triplicato il "coefficiente dichiarato" di rappresaglia. I graziati
sono circa 3000. Molti di questi sopravvissuti rientreranno a piangere
un morto. Kragujevac onora la memoria dei suoi fucilati il sabato
successivo al massacro. Il rito ortodosso per il quale il sabato è il
giorno dei morti, vuole anche che per ogni morto sia accesa una candela
gialla e per ogni candela, cui si accompagna un pane che è da benedire
con il vino santo, il pope reciti la parola dei defunti. I sacerdoti
rimasti a Kragujevac sono solo due. Altri sette sono stati fucilati. Ma
il rito deve essere compiuto. Mentre le donne piantano le candele,
presentano i pani, gridano il nome del defunto, i due preti cantano
l'antica preghiera della liturgia veteroslava. Dandosi il cambio
pregano per ventiquattro ore, dalle sette alle sette.

Inutilmente i nazisti tentano poi di nascondere la verità sulla
strage, alterando registri, imbrogliando le cifre, esumando e cremando
cadaveri. Kragujevac ha fatto il "suo" appello. È la prova che Zivotjin
Jovanovic, l'uomo sopravvissuto tre volte, porta ai giudici di
Norimberga: "...Quell'ottobre del 1941 a Kragujevac furono esposte più
di settemila bandiere nere... nella chiesa vennero presentati e
benedetti in un giorno più di settemila pani... E furono accese
settemila e trecento candele...".

Da: ICDSM Italia
Data: Lun 18 Ott 2004 15:18:46 Europe/Rome
A: icdsm-italia@ yahoogroups.com
Cc: aa-info@ yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] 92 testimoni su 97 si rifiutano di testimoniare
al processo-farsa


(english / italiano)

*** 92 testimoni su 97 si rifiutano di testimoniare al processo-farsa
***


Hague: 92 0f 97 Witnesses Won't Testify Unless Milosevic Can Defend
Himself

http://www.b92.net/english/news/index.php?nav_id=30130&style=headlines

B92 (Serbia and Montenegro) -- October 10, 2004

Milosevic trial continues this week

THE HAGUE – After a four-week recess, the trial of
former Yugoslav President Slobodan Milosevic will
continue this Tuesday at The Hague Tribunal.
Over the last month, Milosevic's appointed defense
counselor Steven Kay had the task of trying to
convince as many witnesses as possible to participate
in the defense portion of the case.
B92 correspondents report that most of the hundreds of
proposed witnesses have declined to participate, with
the majority stating the same reason for declining;
that they will not take part in the witness process if
Milosevic himself is not going to question them and
participate in his own defense.
One of the witnesses who did agree to participate is
Simo Spasic. Spasic is the President of the
Organization for Families of Missing Persons in
Kosovo, and has already arrived at The Tribunal.
It is rumored that Kay has convinced at least five
more witness to participate, although no official
information is available at this time.
Milosevic's chief legal advisor Zdenko Tomanovic said
that Milosevic's personal defense team did not assist
Kay in his preparation of the defense case. Tomanovic
said that the continuation of the case will all depend
on how many witnesses Kay will be able to convince to
participate, and on the quality of their testimonies.
"According to information I have received several days
ago, Mr. Kay was able to contact 97 witnesses, of
which 92 immediately declined to participate until Mr
Milosevic's right to defend himself is returned to
him." Tomanovic said.

http://www.b92.net/english/news/index.php?nav_id=30157&style=headlines

B92 (Serbia and Montenegro) -- October 13, 2004

Milosevic trial adjourned again

THE HAGUE – The trial of Slobodan Milosevic at the
Hague tribunal has again been adjourned.
This time it is because court-imposed defense counsel
Steven Kay has no witnesses to call for the rest of
the week.
A status conference is now under way to decide the
future course of the trial.
Kay, who was appointed on September 2 to defend
Milosevic, said that he has a certain number of
witnesses available but not enough to complete the
defense.
A number of witnesses who had already agreed to appear
when Milosevic was still conducting his own defense
have withdrawn in protest at the imposition of counsel
by the court.
Kay said that he found the claims that he had bribed
the witnesses that have participated thus far
downright offensive.
“We are all aware that there is an ongoing campaign
and that the appointment of a defense counsel is
something that has been widely criticized. Every
witness I have contacted has met with Mr. Milosevic
and on the basis of what they have told me, I know
that he did not encourage them against participating.“
Kay said.
Milosevic once again stated that Kay’s questioning is
not beneficial to the interest of his defense.
There will be a status conference next Thursday that
will address the complaint Kay filed against the
decision of his appointment to the Milosevic case.
Kay said that there is a possibility that Simo Spasic,
President of the Kosovo Missing Persons Organization,
might take the stand on Wednesday.

---

http://www.ansa.it/balcani/serbiamontenegro/serbiamontenegro.shtml

MILOSEVIC: TPI; DOMANI UDIENZA, CONFUSIONE E INCERTEZZE/ANSA

(ANSA) - BRUXELLES, 11 OTT - In un momento critico, e dopo due anni
dall'inizio del dibattimento e di ripetuti rinvii, riprende domani
all'Aja il processo del Tribunale penale internazionale sull'ex
Jugoslavia contro Slobodan Milosevic. Al termine di un mese di
sospensione, il processo sara' ripreso dal punto in cui era rimasto
nell'ultima udienza, tenuta il 3 settembre dopo una lunga pausa
estiva. In quell'occasione, il presidente del tribunale, Patrick
Robinson, aveva imposto quattro settimane di sospensione per dare il
tempo necessario alla preparazione di una strategia di difesa ai due
avvocati d'ufficio - Stevan Kay e Gillian Higgins, entrambi
britannici -. CONTRASTI SUI LEGALI. La nomina dei legali, che sono
contestati senza esitazioni da Milosevic - il quale insiste nel
voler difendersi da solo - e' stata motivata con il fatto che l'ex
uomo forte di Belgrado e' affetto da ipertensione e da stress, e che
quindi le sue condizioni di salute non le permettono di affrontare
una mole di lavoro tale quale quello richiesto dalla difesa. In
vista dell'udienza di domani, l'avvocato Kay ha assicurato che in
tribunale si presenteranno dei testimoni, senza precisarne pero' i
nomi. Al centro del processo rimane comunque il braccio di ferro
tra Milosevic e il tribunale proprio sui due avvocati d'ufficio, che
si trovano in una posizione bizzarra, poiche' sono in attesa di
conoscere la decisione che dovra' comunicare la camera d'appello del
Tpi, alla quale si e' rivolto lo stesso Milosevic proprio per
contestare la designazione d'ufficio dei due legali. La camera
d'appello non ha pero' ancora comunicato quando si pronuncera'.
STALLO. Visto il fermo 'no' dell'imputato ad accettare gli avocati
d'ufficio, e l'incertezza derivante da quest'ultima decisione, e'
molto probabile che l'udienza di domani finisca con un nuovo nulla di
fatto. Alcuni analisti vicini al processo fanno d'altra parte notare
che Milosevic potrebbe, ancora una volta, utilizzare l'udienza per
fare delle dichiarazioni politiche, negando non solo la legittimita'
dei due avvocati ma del processo stesso. Il 15 settembre scorso
circa trenta testimoni chiamati a deporre da Milosevic - in gran
parte ex alleati dell'ex presidente jugoslavo - si erano rifiutati a
presentarsi al Tribunale, proprio perche' le richieste di Slobo non
erano state accolte. Tra questi figurano l'ex deputato gollista
francese Gabriel Kaspereit, l'ex direttore dei servizi francesi Yves
Bonnet ed il deputato russo Nikolai Rijkov [SI TRATTA IN REALTA'
DELL'EX PRIMO MINISTRO SOVIETICO RYZHKOV - nota di ICDSM Italia].
Milosevic e' accusato di genocidio e crimini di guerra e contro
l'umanita' commessi durante i conflitti che hanno insanguinato il
paese negli anni novanta. Il processo e' cominciato nel febbraio del
2002 e dovrebbe concludersi entro la fine del prossimo anno.(ANSA).
RIG 11/10/2004 18:44

MILOSEVIC: TPI; RIPRESO PROCESSO, TESTIMONIANZA GIORNALISTA

(ANSA) - BRUXELLES, 12 OTT - E' ripreso stamani all'Aja il processo
contro Slobodan Milosevic al Tribunale penale internazionale sull'ex
Jugoslavia. L'udienza si e' aperta con la deposizione di un
giornalista tedesco, Farnz-Josef Hutsch, citato dallo stesso
Milosevic a proposito del massacro, nel 1999, di Racak, eccidio che
rappresenta uno dei principali capi d'accusa per la parte riguardante
il Kosovo nel processo contro l'ex presidente jugoslavo. Il
procedimento e' ripreso al termine di un mese di sospensione imposto
dal presidente del tribunale, Patrick Robinson, per dare il tempo
necessario alla preparazione di una strategia di difesa ai due
avvocati nominati d'ufficio, Stevan Kay e Gillian Higgins, entrambi
britannici. La nomina dei legali, che sono contestati senza
esitazioni da Milosevic - il quale insiste nel voler difendersi da
solo - e' stata motivata con il fatto che l'ex uomo forte di Belgrado
e' affetto da ipertensione e da stress, e che quindi le sue
condizioni di salute non gli permettono di affrontare una mole di
lavoro tale quale quello richiesto dalla difesa. Milosevic e'
accusato di genocidio e crimini di guerra e contro l'umanita'
commessi durante i conflitti che hanno insanguinato il paese negli
anni novanta. Il processo e' cominciato nel febbraio del 2002 e
dovrebbe concludersi entro la fine del prossimo anno. (ANSA)
RIG 12/10/2004 14:01

MILOSEVIC: SLOBO SERENO, ANCORA NO AD AVVOCATI UFFICIO

(ANSA) - BRUXELLES, 12 OTT - Giacca e cravatta, aria serena, Slobodan
Milosevic ha oggi ribadito la propria ferma opposizione ad ogni
dialogo, o rapporto, con i due avvocati britannici nominati
d'ufficio, sfidando cosi' ancora una volta il Tribunale penale
internazionale sull'ex Jugoslavia che dal 2002 sta processando l'ex
uomo forte di Belgrado.
Quella di oggi e' stata un'udienza che ha segnato la ripresa del
processo, dopo una parentesi di quattro settimane richieste dal
presidente della Corte, Patrick Robinson, per dare il tempo
necessario alla preparazione di una strategia di difesa ai due
avvocati d'ufficio, Stevan Kay e Gillian Higgins.
''Non voglio le briciole dei miei diritti'', ha detto Slobo
rivolgendosi al Tribunale, ribadendo cosi' di non riconoscere la
legittimita' della Corte dell'Onu, ne' di voler mantenere alcun tipo
di rapporto con i due legali. Finora l'imputato si e' infatti
rifiutato di interloquire, incontrarsi o porre delle domande ai due
avvocati designati dalla Corte, ma anche a interrogare i testimoni
chiamati a sua difesa.
La nomina dei legali e' stata motivata con il fatto che Milosevic, 63
anni, e' affetto da ipertensione e da stress, e che quindi le sue
condizioni di salute non gli permettono di affrontare una mole di
lavoro tale quale quello richiesto dalla difesa. L'ex presidente
jugoslavo intende infatti continuare a difendersi da solo nel
processo, iniziato nel febbraio del 2002 e che molto probabilmente si
chiudera' solo alla fine dell'anno prossimo. DOSSIER KOSOVO.
L'udienza di oggi ha visto comunque la testimonianza in difesa
dell'imputato di un giornalista tedesco, Franz-Josef Hutsch, che ha
dichiarato in merito al massacro, nel 1999, di Racak, eccidio che
rappresenta uno dei principali capi d'accusa per la parte riguardante
il conflitto del Kosovo, fra il 1998 e il 1999, nel processo contro
Milosevic.
Hutsch ha detto al Tribunale che i separatisti albanesi del Kosovo
hanno provocato gli attacchi portati a termine dalle forze serbe,
impedendo agli abitanti dei villaggi di rientrare nelle proprie
abitazioni.
La procura dell'Aja accusa invece i serbi controllati da Belgrado di
aver innescato un massiccio esodo nel 1999, nel periodo in cui
Milosevic era nel pieno dei propri poteri. ''Era molto chiaro che in
quel momento l'Esercito di liberazione del Kosovo aveva forti
interessi nel dire alla gente che fuggisse dai propri villaggi'', ha
detto il giornalista tedesco.
Milosevic e' accusato di genocidio e crimini di guerra e contro
l'umanita' commessi durante i conflitti che hanno insanguinato il
paese negli anni novanta. (ANSA) RIG
12/10/2004 20:29

MILOSEVIC: TPI, IL 21 OTTOBRE CHIARIMENTO SU AUTODIFESA SLOBO

(ANSA) - BRUXELLES, 13 OTT - Potrebbe essere vicino a un chiarimento
lo scontro fra Slobodan Milosevic e la Corte penale internazionale
sull'ex Jugoslavia sulla nomina d'ufficio di due avvocati difensori:
il Tribunale dell'Aja ascoltera' il 21 ottobre la decisione della
corte d'appello alla quale l'ex uomo forte di Belgrado ha presentato
ricorso contro la designazione dei due legali. La nomina di
Steven Kay e Gillian Higgins e' stata decisa dalla presidenza del Tpi
piu' di un mese fa per imprimere maggior ritmo al processo iniziato
nel febbraio del 2002, anche di fronte alla sospensione di numerose
udienze a causa dello stato di salute dell'imputato. La nomina
dei due avvocati britannici e' stata motivata con il fatto che
Milosevic, 63 anni, e' affetto da ipertensione e da stress, e che
quindi le sue condizioni di salute non gli permettono di affrontare
una mole di lavoro tale quale quello richiesto dalla difesa, come
egli invece vorrebbe. L'ex presidente jugoslavo ha da sempre
rivendicato il proprio ''diritto a difendersi da solo'', rifiutandosi
di prendere ogni tipo di contatto con i due legali d'ufficio.
L'avvocato Kay ha oggi detto alla Corte che gran parte dei testimoni
chiamati a deporre per la difesa di fronte ai giudici si sono
rifiutati di presentarsi, proprio a causa del diniego a Milosevic di
difendersi da solo. Milosevic e' accusato di genocidio e crimini di
guerra e contro l'umanita' commessi durante i conflitti che hanno
insanguinato la ex Jugoslavia negli anni novanta. (ANSA) RIG
13/10/2004 17:54

MILOSEVIC:TPI, TESTIMONI SARANNO CHIAMATI A COMPARIRE IN AULA

(ANSA) - BRUXELLES, 18 OTT - I giudici del Tribunale penale
internazionale sull'ex Jugoslavia dell'Aja hanno assicurato oggi che
non esiteranno a emettere delle citazioni a comparire ai testimoni del
processo in corso contro Slobodan Milosevic. ''E' chiaro che questa
decisione rappresenta l'ultima risorsa, ma se tutte le altre iniziative
rimangono chiuse, allora la Camera emettera' le richieste di
comparizione'', ha dichiarato il giudice Patrick Robinson, precisando
che quello delle testimonianze in aula e' un capitolo fondamentale del
procedimento giudiziario contro l'ex presidente jugoslavo iniziato nel
febbraio del 2002. Nei giorni scorsi, numerosi testimoni chiamati per
la difesa dell'imputato si sono rifiutati di presentarsi alla Corte
dell' Aja dopo la nomina da parte dei giudici del Tpi di due difensori
d'ufficio per Slobo, misura da sempre rifiutata dallo stesso Milosevic.
Il rifiuto a testimoniare e' dovuto insomma proprio al diniego da parte
dei giudici di concedere a Milosevic di difendersi da solo. Alla Corte
dell'Aja e' accusato di genocidio e crimini di guerra e contro
l'umanita' commessi durante i conflitti che hanno insanguinato la ex
Jugoslavia negli anni novanta. (ANSA) RIG 18/10/2004 12:09


==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27
00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957
email: icdsm-italia @ libero.it

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC

sito internet:
http://www.pasti.org/linkmilo.htm

--- In This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it., "CONTROPIANO" ha scritto:

Resoconto dell'assemblea nazionale di Roma



Resoconto dell'assemblea nazionale di Roma

L'eurocentrismo del movimento porta fuori strada

Si è svolta a Roma domenica 17 ottobre una assemblea nazionale dei
collettivi, associazioni e comitati impegnati contro la guerra, per il
ritiro delle truppe dall'Iraq e nel sostegno al diritto alla
resistenza dei popoli. L'assemblea si è svolta significativamente in
concomitanza con la manifestazione europea di Londra che si è espressa
sugli stessi contenuti. La discussione ha avuto il pregio di entrare
nel merito dei problemi, delle evidenti difficoltà e delle possibilità
che da alcuni mesi attraversano il movimento contro la guerra in
Italia. Nel dibattito è stata sottolineata in molti interventi la
critica alla deriva eurocentrista egemone sul movimento in Italia e in
Francia che sta entrando sistematicamente in contraddizione con i
contenuti e le caratteristiche antimperialiste del movimento nelle
altre aree del mondo, in modo particolare nel Medio Oriente come in
America Latina, su Cuba come in Asia, oltrechè con quello di altri
paesi europei come dimostrato dal FSE di Londra. Dagli interventi di
compagni delle varie realtà è emersa la decisione di mettere in
cantiere un percorso comune di dibattito e iniziativa nei prossimi
mesi e dentro le scadenze del movimento, un percorso che intendiamo
estendere a tutti i soggetti che segnalano lo stesso "malessere" e
condividono la stessa esigenza di un salto di qualità
nell'elaborazione e nell'iniziativa del movimento contro la guerra.

Sulla manifestazione del 30 ottobre:

E' stato deciso di essere in piazza con un proprio appuntamento,
propri striscioni ed un proprio spezzone di corteo nella
manifestazione del prossimo 30 ottobre in sintonia con gli obiettivi
emersi a recentemente al FSE di Londra e prima ancora nei forum
internazionali di Mumbay e di Beirut: ritiro immediato delle truppe
dall'Iraq, fine dell'occupazione dell'Iraq e della Palestina, sostegno
al diritto alla resistenza dei popoli iracheno e palestinese, un no
chiaro alla Costituzione Europea rispetto alla quale riteniamo che il
movimento debba assumere una posizione nettamente oppositiva e non
emendativa. Invitiamo tutte le realtà che riconoscono la coerenza tra
questi obiettivi e quelli espressi dal movimento a livello
internazionale a convergere in questo appuntamento e nello spezzone.
Conseguentemente alla critica all'eurocentrismo, si lavorerà affinché
il nostro spezzone sia caratterizzato dalla presenza di contenuti e
soggetti dei movimenti sociali che scenderanno in campo il prossimo 6
novembre e dei movimenti del terzo mondo, anche del terzo mondo in
casa nostra: quegli immigrati che stanno conducendo lotte autonome e
decisive contro le leggi razziste introdotte nel nostro paese e
indicative di una escalation islamofobica che va contrastata con
determinazione.

Sulle iniziative del 29 ottobre:

Infine, alla vigilia della manifestazione del 30 marzo e in
concomitanza con il vertice dei capi di stato dell'Unione Europea a
Roma per la firma del Trattato Costituzionale, il 29 ottobre sarà
attivata una "piazza resistente" che funzionerà come punto di
controinformazione, denuncia e comunicazione sulle forze che in tutto
il mondo oppongono resistenza all'imperialismo.

Sulla manifestazione del 13 novembre:

In continuità con questo appuntamento si è deciso di contribuire al
massimo alla manifestazione del 13 novembre in solidarietà con la
lotta del popolo palestinese in occasione della settimana
internazionale contro il Muro dell'Apartheid.



Dalla discussione è emersa l'esigenza di rafforzare il percorso comune
di confronto ed organizzazione tra tutte le realtà che condividono le
stesse esigenze che sono alla base dell'assemblea del 17 ottobre e di
riconvocare una assemblea nazionale per i primi mesi del prossimo per
verificare le possibilità e i passaggi qualititativi di questo percorso.


--- Fine messaggio inoltrato ---

[ "Dopo 4 anni di amministrazione internazionale (cioé da quando, il 9
giugno del 2000, sono arrivate in questa regione le forze
internazionali coll'impegno di normalizzare la vita, installare
l'ordine, assicurare la libertà, la democrazia, i diritti civili e
altre conquiste della civiltà), si può dire con certezza documentata
che si tratta invece di una vera e propria occupazione di una parte
grande e vitale di uno Stato, per modo di dire, indipendente e sovrano.
La situazione in Kosovo, in tutta la sua lunga e delicata storia, oggi
è forse la più pesante... Da nessuna parte i terroristi e i mafiosi, in
tutte le loro forme, dominano come in questa regione. Il Kosovo si è
trasformato nel più grande distributore di droga in Europa. Il Kosovo è
il più grande mercato di "schiave bianche". Il Kosovo è diventato
centro di raccolta e coordinamento delle forze terroristiche
internazionali..."

E' quanto scrive M. Markovic in un testo intitolato: "Il Kosovo quattro
anni dopo". E S. Grahovac, alla vigilia delle elezioni-farsa, si
interroga sulle attitudini dell'attuale regime serbo rispetto a questa
terrificante situazione... ]


KOSOVSKI IZBORI 2004

1. ARTEL: KOSOVSKI IZBORI 2004 - PISMO ILI GLAVA
(Slavica Grahovac)
2. ARTEL: KOSOVO CETIRI GODINE POSLE
(Miloš Markovic)


=== 1 ===

http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-10-09.html

KOSOVSKI IZBORI 2004 - PISMO ILI GLAVA

Beograd, 9/10/2004
Pise: Slavica Grahovac

Šta znače za Srbe uopšte izbori na Kosmetu 2004? Da odgovorim odmah na
pitanje: znače očuvanje Srbije I Crne Gore u još uvek legalnim I
legitimnim I od OUN priznatim granicama; znače očuvanje srpske istorije
I tradicije, srpske baštine, srpskog bića; znače očuvanje ljudskog
dostojanstva jednog naroda koji u posednjih petnaest godina preživljava
libanizaciju zemlje, prolazi kroz Scilu I haridbu I već posustaje
ophrvan bedom, siromaštvom, ponižen I od strane medjunarodne zajednice
ali I od strane svojih sunarodnika nekada pripadnika iste zemlje koji
očigledno nikada nisu ni gajili osećanje pripadnosti istoj državi da ne
govorimo istom narodu. Čekali su trenutak slabosti kako države tako I
naroda pa da se uz pomoć sponzora iz inostranstva otcepe I formiraju
svoje države; Kosmet je za Srbe isto što I Korzika za Francuze, Alto
Adidje za Italijane, Irska za Britance, Kurdistan za Turke ili Teksas
za Ameriku. Poznato je da su se svi separatistički pokušaji u pomenutim
pokrajinama veoma surovo I neslavno završili. Ovi izbori znače jer
otcepljenjem Kosmeta daje se dalja šansa za usitnjavanje zemlje po
istom principu internacionalizacije problema manjina a granice Srbije
svode se na beogradsli pašaluk I Srbija postaje San Marino Balkana ali
ne po blagostanju već po getoizaciji.

Izlaskom Srba na izbore Albanci bi obezbedili legitimitet samih izbora
dok bi njihov neizlazak samo produžio put do nezavisnosti. Pri tom se
svaki nagoveštaj ‘srpske nekooperativnosti’ koristi kao razlog da se
Srbi sa Kosova I Beograd izključe iz razgovora o konačnom statusu
pokrajine. Oni koji traže nezavisno Kosovo traže ga bez Srba što je
više nego izvesno a scenario se već odvija pod pokrovitlejstvom
medjunarodne zajednice uz parole o multietničnosti I evropeizaciji
Kosova.

Sa svoje strane Srbija je do sada I predugo tražila isuviše malo od
medjunarodne zajednice I smatram da više nema šta da izgubi Iako
zvanično I odlučno zatražI odredjene garancije da pregovora ne može
biti dok svet ne prizna ono što je davno priznato a to je da je Kosmet
deo srpske teritorije te da se Srbima garantuje decentralizacija,
bezbedan povratak na njihova ognjišta kao I sve ono što sleduje po svim
zakonima civliizovanog sveta. Srbi moraju, radi svoga opstanka, da
zahtevaju od MZ da poštuje Rezoluciju 1244 I da im da prvo da pravo da
dobiju svoj zaštićeni region sa svojom vladom, srpskom vojskom I
policijom, sudstvom I školstvom. Samo pod takvim uslovima mogu da
izadju na izbore I daju im legitimitet

Sam bojkot izbora u ovakvoj situaciji za Srbe sa Kosmeta ne predstavlja
nikakvu opasnost. Bojkot je izražavanje volje s obzirom na već
postignute rezultate I situaciju u kojoj se Srbi na Kosmetu nalaze. To
je njihova volja, volja beskućnika I prognanih na čije mišljenje ni
država ni crkva nemaju više pravo da utiču. Loše iskustvo Srbi imaju sa
kosovskim izborima 2001. godine kada su ih na izbore pozivali I
partijarh I država, a sve zarad obećanog mira I uslovnog blagostanja od
strane MZ, da bi posle toga iznova bili prognani I obespralvjeni.

Stoga I pitanje koje Partijarh Pavle danas postavlja ‘Zar je potreban
naš pristanak za našu propast?’ ima smisla! Na žalost izgleda da
scenaristima velikog orkestra UN I MZ upravo takav pristanak I treba
jer da je sve iole čisto I da su krivice I Srba I Albanaca stavljene na
isti kantar ne bi se ovoliki pritisak vršio na Tadića I Koštunicu,
glavne aktere ove tužne srpske priče, a pravno rečeno, naše zastupnike,
u ovom trenutku.

Prvi, Tadić otvoreno poziva Srbe sa Kosmeta na izbore uz naglasak da je
tražio odredjene uslove I ispunjenje tih uslova ali I uz objašnjenje da
će ako ne izadju na izbore Srbi biti izloženi sankcijama.

Medjutim, po Ustavu Tadić nema pravo da poziva narod na izbore već samo
da obavlja svoj predsednički posao, Bolje reći Tadić je pozivom
kosovskim Srbima da izadju na izbore prekršio Ustav Srbije u delu koji
se odnosi na dužnosti predsednika a to je da predsednik predstavlja
državu I iznosi državne stavove, a ne lične, kao što je to uradio Tadić.

Da se podsetimo, kad je izabran za predsednika Tadić je rekao da je to
sreća za srpski narod jer se više neće raspravljati o nezavisnosti
Kosova dodavšI da bi ono sa Nikolićem bilo izgubljeno. No, vidimo da
upravo svojim postupcima radi ono što je pripisivao Nikoliću.

Tadić izjavljuje da je pravoslavac a ne priznaje odluku SPC I poglavara
svoje crkve, Partijarha Pavla koji je odluku SPC po pitanju izlaska
srpskog naroda sa Kosmeta na izbore, direktno uputio njemu.

Takodje, ide i protiv odluke Skupštnie Srbije gde je on sam u ime DS
doneo odluku o minimalnim garancijama od čega sada odstupa. Treba
napomenuti da se nikada nije desilo da 65% gradjana bojkotuje izbore,
od kako postoje izbori u Beogradu od 1920. godine i kada su održani
prvi put za ustavotvornu skupštini Kraljeivne Srba, Hrvata I Slovenaca.
UočI ovih poslednjih izbora kada su svi šefovi stranaka tražili od
gradjana da izadju na glasanje Beograd nije poslušao i preko 65%
grajdna je napravilo opstrukciju. Stoga bi Tadić trebalo da se upita
‘koje je to države on predsednik’.

U ovom trenutku on se suprotstavio volji svoje skupštine, odlukama
svoje Vlade koja po Ustavu ima pravo da donosi takve odluke I odlukama
SPC I na kraju ide I protiv volje Beograda koji je na ovim izborima
doneo svoju definitivnu odluku I to se statistički pokazalo. Na ovakvo
delovanje prognoze su vrlo negativne, te ako nastavi da tako flagrantno
kršI Ustav njegova predsednička karijera biće brzo završena.

Drugi, Koštunica, kome je providjenje do sada dvaput pružilo priliku da
postane veliki državnik I koji oba puta šansu nije prepoznao I sada ima
šansu da ostane dosledan svojim izjavama koje je davao po novinama
poslednjih nekoliko dana a to je ‘da niko nema pravo da poziva Srbe na
izbore’.

Vreme, neumitni svedok svih naših uspeha I poraza, brzo će pokazati da
li je premijer govorio srcem iz glave ili srcem iz grudi kako kaže
Naopleon. Činjenica je samo jedno da više Srbe niko neće moćI da
manipuliše I nagovori na bilo kakve izbore I ishitrene odluke jer je
narod prošao kroz teško I nesrećno iskustvo te više nikome ne veruje ni
štapu sa šargarepom a ni onome bez nje.


=== 2 ===

http://www.artel.co.yu/sr/izbor/jugoslavija/2004-09-01.html

KOSOVO CETIRI GODINE POSLE

informgraf@ yahoo. com

Miloš Markovic, novinar
Beograd, 31. avgust 2004. godine

Prošlo je više od cetiri godine od kada su, 9. juna 2000. godine, na
Kosovo došle medunarodne oružane snage sa namerom da na ovom podrucju
zavedu red, normalizuju život, obezbede ravnopravnost, slobodu,
demokratiju, ljudska prava i druge bitne civilizacijske tekovine. U
ovoj srpskoj pokrajini nalazi se najveca koncentracija medunarodnih
oružanih snaga u Evropi. Nju cini nekoliko desetina hiljada vojnika,
uglavnom iz zemalja clanica NATO pakta. Dominantan uticaj ima Amerika,
kako u oružanom tako i u politickom, administrativnom i svakom drugom
smislu.
Kao što je poznato, Kosovo i navodna neravnopravnost Albanaca na njemu,
odnosno njihovo navodno etnicko cišcenje, poslužilo je kao povod
Americi da organizuje NATO bombardovanje Srbije, odnosno tadašnje
Savezne republike Jugoslavije. Posle 78 dana razornog bombardovanja
zemlje, ogromnih ljudskih žrtava i neprocenjive materijalne štete, ta
medunarodna agresija pod diktatom Amerike okoncana je Kumanovskim
sporazumom 9. juna 2000. godine. Kosovo je ostalo u sastavu Srbije, ali
pod medunarodnim protektoratom i bez prisustva srpske vojske i
policije. Ali, što je najbitnije i najtragicnije, Kosovo je ostalo i
bez Srba jer je oko osamdeset odsto srpskog stanovništva proterano od
strane albanskih terorista koji su pri svemu imali ogromnu podršku i
pomoc svake vrste od strane SAD. Bilo je to, posle proterivanja Srba iz
Hrvatske i Bosne i Hercegovine, najvece pomeranje jednog naroda sa
svojih vekovnih ognjišta.
Posle cetiri godine medunarodne uprave Kosovom, može se sasvim
dokumentovano tvrditi da je rec o kompletnoj okupaciji velikog i bitnog
dela jedne, navodno, nezavisne i suverene države. Stanje na Kosovu
danas je možda najteže u njegovoj dugoj i delikatnoj istoriji. To
stanje je pravo nalicje elementarne civilizacije. Nigde teroristi i
mafija u svim oblicima ne dominiraju tako i toliko. Kosovo se
pretvorilo u najveceg distributera droge u Evropi. Kosovo je najvece
tržište ''belim robljem''. Kosovo je centar okupljanja i koordinacije
medunarodnih teroristickih snaga. Kosovo je postalo simbol kriminala,
pljacke, prostitucije, droge, ubistava, proganjanja jednog naroda !
Kakav i koliki je ucinak takozvanih medunarodnih snaga na Kosovu možemo
suditi, izmedu ostalog i po cinjenici da je u martu ove godine u
prisustvu tih istih snaga porušeno i spaljeno preko sto pedeset crkava
i manastira, uglavnom iz srednjeg veka. To je istorijska, kulturna
tragedija ne samo Srbije, nego i Evrope. Istovremeno je spaljeno
desetak hiljada srpskih kuca, a hiljade srpskih grobova je unakaženo.
Teško je zamisliti veci vandalizam i varvarizam. Ono malo Srba što je
ostalo u par kosovskih enklava živi u krajnjoj nesigurnosti i
neslobodi, a njihova deca idu u školu u pratnji bornih kola.
Gde je tu sloboda, gde demokratija, gde je mir, gde su ljudska prava i
ostala zavodljiva obecanja koja je garantovala, pre svega, Amerika.
Da li, recimo Nemac, može zamisliti neku svoju pokrajinu u kojoj niko
od Nemaca ne bi imao elementarna prava, a sva bogatstva, prirodna,
državna i privatna bila u rukama okupatora koji je tu došao obecavajici
najvece civilizacijske blagodeti.
Srpska tragedija zvana Kosovo, dobrim delom je sramota i za Evropu koja
skoro ravnodušno gleda kako se na ovom delu ostvaruju americki
hegemonisticki interesi. To je, valjda, posle svega poražavajuceg jasno
svima, da od medunarodne misije na Kosovu nema ništa izuzev tragicnih
posledica po ceo jedan narod.
A vlast u Beogradu, pod ociglednim americkim diktatom, skoro da nije
digla glas protesta. Narod, ciji je standard nepodnošljiv, kao da je
ošamucen, u jednoj vrsti nokdauna, kao da se tek osvešcuje posle
gubitaka svih iluzija o navodnoj demokratiji koja se ovde pretvorila u
mafiokratiju pod medunarodnom zaštitom.