Informazione

Da: ICDSM Italia
Data: Ven 11 Giu 2004 19:26:36 Europe/Rome
A: icdsm-italia @yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] Le attivita' di ICDSM-Italia


--- TRASMISSIONE TELEVISIVA

Sabato 12 giugno alle ore 20.50 -
ed in replica giovedì 17 giugno alle ore 20 -
su TELEAMBIENTE (canale 68 nell'Italia centrale) E RETI CONSOCIATE

il G.A.MA.DI. (Gruppo Atei Materialisti Dialettici)
cura una trasmissione sul tema:

QUELLO CHE L'IMPERIALISMO CI HA DONATO: LA DISTRUZIONE DELLA JUGOSLAVIA
ED IL CRIMINALE ARBITRIO CONTRO MILOSEVIC PER NON AVERE RISPOSTO
"SIGNORSI".


--- SITO INTERNET

Grazie alla ospitalita' della Fondazione Pasti, e' stata recentemente
aperta la pagina internet di ICDSM-Italia:

http://www.pasti.org/linkmilo.htm


--- VOLANTONE E RACCOLTA FIRME PER MILOSEVIC

Sono in distribuzione un volantone informativo di 4 pagine, curato da
ICDSM-Italia, ed un volantino per la raccolta di firme in solidarieta'
a Slobodan Milosevic.

Quantitativi possono essere richiesti a:
ICDSM - Sezione Italiana - c/o GAMADI,
Via L. Da Vinci 27 - 00043 Ciampino (Roma)

Riproduciamo di seguito il testo del volantone:

###################################


Lettera Aperta di Ramsey Clark a Kofi Annan

sul processo a Slobodan Milosevic, ex-Presidente della Repubblica
Federale di Jugoslavia, davanti al “Tribunale ad hoc” per i crimini di
guerra in ex-Jugoslavia (ICTY):

(...) A più di due anni dalla prima testimonianza (...), nonostante 500
mila pagine di documenti, 5 mila video, 300 giorni di giudizio, 200
testimoni, 33000 pagine di trascrizione di atti (...), l’accusa non è
riuscita a presentare significative o inconfutabili prove di alcuna
azione o intento criminale del Presidente Milosevic. (...) Intanto lo
spettacolo di questo poderoso attacco, sferrato da un team enorme per
l’accusa, con grandi risorse impiegate contro un singolo uomo, che si
difende da solo, cui è negata una effettiva assistenza, i cui
sostenitori sono sotto attacco in ogni luogo, che sta perdendo la
salute per la fatica, da l’idea dell’ingiustizia del processo. (...)

Il processo contro Milosevic fu istruito da R. Goldstone (Sud Africa)
nell’Ottobre del 1994. Quando lasciò l’incarico, nel Dicembre del ’96,
non aveva trovato prove che sostenessero l’imputazione. (...) Tale
imputazione giunse durante il pesante bombardamento USA/NATO su tutta
la Serbia e il Kosovo: una guerra di aggressione che ha ammazzato
civili e distrutto beni per miliardi di dollari, (inclusa la casa di
Milosevic, nel tentativo di assassinarlo, il 22/4/99, e l’ambasciata
Cinese a Belgrado, il 7/5/999). Bombe all’uranio impoverito, bombe a
grappolo e “superbombe” hanno centrato i civili e le loro risorse.
Centinaia di infrastrutture civili sono state distrutte e persone sono
state uccise a Novi Sad, a Nis, a Pristina. (...) Le accuse sono
semplicemente un’azione politica per demonizzare Milosevic e la Serbia,
e giustificare quei bombardamenti sulla Serbia, che sono essi stessi
una violazione criminale della Carta delle Nazioni Unite e della NATO
Come ambasciatrice USA alle NU, la Albright guidò le pressioni US per
indurre il Consiglio di Sicurezza a creare l’ICTY. In seguito scrisse
nelle sue memorie che mentre era Segretaria di Stato, aveva mirato da
lungo tempo alla rimozione di Milosevic dalla sua carica: “Ho spinto
l’opposizione interna serba a costruire una efficace organizzazione
politica puntata ad estromettere Milosevic. In una nota pubblica
affermai ripetutamente che gli USA volevano Milosevic ‘via dal potere’,
via dalla Serbia, e agli arresti per crimini di guerra”.

Il Presidente Milosevic è stato accusato ed è sotto processo per aver
pensato e agito per proteggere e preservare la Jugoslavia, una
federazione essenziale alla pace nei Balcani. Interessi forti
stranieri, con l’aiuto di gruppi nazionalisti e separatisti e di
interessi affaristici all’interno delle diverse Repubbliche jugoslave,
erano determinati, per diverse ragioni, a smembrare la Jugoslavia.
Primi tra questi gli Stati Uniti; con la Germania che ha giocato un
ruolo. (...) Le conseguenze sono state disastrose per ognuno degli
Stati che facevano parte della precedente repubblica federale. Oggi in
Jugoslavia ci sono interferenze economiche e stagnazione, instabilità
politica, diffuso malcontento e una montante minaccia di violenza. Gli
USA sollecitano la Croazia a far parte della NATO, come base per le
forze in Europa, per il controllo e per mantenere la divisione della
regione. La Croazia ha mandato un piccolo contingente militare al
servizio alla NATO in Afghanistan e sta subendo pressioni per mandare
truppe in Iraq. (...) L’ex-Presidente della Jugoslavia, accusato per
aver difeso la Jugoslavia in una corte del Consiglio di Sicurezza, non
può far rimostranze. Invece il Presidente degli USA, che ha apertamente
e notoriamente indetto una guerra di aggressione, “supremo crimine
internazionale”, contro l’Iraq indifeso, causando decine di migliaia di
morti, spargendo violenza qui e altrove, non affronta addebiti. Il
Presidente Bush continua a minacciare guerre d’aggressione unilaterali
e a spingere allo sviluppo di una nuova generazione di armi nucleari
tattiche - dopo avere invaso l’Iraq usando il pretestuoso argomento che
fosse una minaccia per gli USA e che possedesse armi di distruzione di
massa. (...)

Quale evidenza è più chiara, per comprendere le intenzioni degli USA di
infischiarsene della legge e di imporsi con la forza, dei grandi sforzi
statunitensi per distruggere la Corte Penale Internazionale (ICC) e
manovrare i trattati bilaterali affinché le nazioni non accettino di
sottomettere cittadini USA all’ICC? (...) L‘ambasciatore Negroponte ha
chiesto l’immunità per gli USA rispetto a qualsiasi accusa (...),
minacciando il veto sulla risoluzione pendente in Consiglio di
Sicurezza per il rinnovo della missione di pace in Bosnia-Erzegovina,
ed ha così ottenuto dal Consiglio un’immunità che è, di fatto,
impunità. (...)

Il tribunale ICTY e gli altri creati ad hoc dal Consiglio di Sicurezza
sono illegali perché la Carta dell’ONU non da mandato al Consiglio di
Sicurezza di istruire alcun tipo di corte penale. Il dettato della
Carta è chiaro. Fosse stato messo un tale potere nella Carta nel 1945,
non ci sarebbero le Nazioni Unite. (...) La creazione dell’ICC dovrebbe
precludere la creazione di altri tribunali penali e portare
all’abolizione di quelli esistenti, i quali sono stati creati per
servire le ambizioni geopolitiche degli Stati Uniti. La questione è di
primaria importanza. (...)
L’ICTY è sfacciatamente contro i serbi, e solo i leaders serbi sono
stati imputati da esso, inclusi non solo Milosevic e il suo governo ma
anche i leaders della Srpska, l’enclave dei serbi in Bosnia. (...) Il
Presidente Milosevic, da carcerato, con la salute pericolosamente
compromessa, difendendosi da solo nell’aula del tribunale, ha avuto
meno di tre mesi di tempo per preparare la sua difesa, prima che sia
avviata la presentazione della difesa stessa [all'inizio di agosto
2004]. Per preparare correttamente la difesa, gli sarebbe stato
necessario procurarsi ed esaminare decine di migliaia di documenti,
cercare e interrogare centinaia di potenziali testimoni e organizzare
la deposizione in una presentazione coerente ed efficace.

Le Nazioni Unite devono compiere le azioni seguenti, nell’interesse
della giustizia, per correggere gli errori precedenti, assicurare la
legalità e la serietà della corte e mantenere la credibilità agli occhi
dei popoli delle Nazioni Unite:
- Dichiarare una moratoria su tutti i procedimenti in tutti i tribunali
criminali istruiti “ad hoc “ (...)
- Creare una commissione di studiosi di diritto penale internazionale
per rivedere il processo in corso contro il Presidente Milosevic, per
determinare se gli errori legali, le violazioni dei procedimenti
legali, e le ingiustizie nella condotta del processo costringano alla
ricusazione degli atti e se le prove addotte dall’accusa contro
l’ex-Presidente Milosevic siano sufficienti per la legge
internazionale, prima che ogni difesa sia presentata, per convalidare e
giustificare la continuazione del processo.
- Fornire all’ex-Presidente Milosevic dei fondi da anticipare al
collegio dei consiglieri, a investigatori, ricercatori, esaminatori di
documenti ed altri esperti, sufficienti a contestare efficacemente le
prove presentate dall'accusa e a completare il lavoro prima di
qualsiasi ulteriore ripresa processuale; tale sforzo diventerà
essenziale, anche se la Corte sarà abolita o se il processo sarà
respinto, per favorire la dimostrazione dei fatti storici e dunque per
la pace futura.
- Provvedere fondi per garantire diagnosi mediche autonome, trattamenti
e cure, per l’ex-Presidente Milosevic, in Serbia.

Rispettosamente, Ramsey Clark


A questa lettera, diffusa nel febbraio 2004, Ramsey Clark ha allegato
un lungo saggio, intitolato: DIVIDE ET IMPERA - LA DISTRUZIONE DELLA
FEDERAZIONE BALCANICA DA PARTE DEGLI STATI UNITI E DELLA NATO - che e‘
leggibile integralmente in lingua italiana al sito:
https://www.cnj.it/documentazione/divideetimpera.htm




DIFENDERE MILOSEVIC
significa difendere la verità storica e resistere
contro l'imperialismo, il neocolonialismo e la guerra

Intellettuali ed artisti di molti paesi - tra i quali il maggiore
drammaturgo inglese vivente, Harold Pinter, ed il piu' grande scrittore
di lingua tedesca contemporaneo, Peter Handke - hanno recentemente
diffuso un appello – vedi:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/68 - nel quale
esortano tutte le persone oneste ad attivarsi per la liberazione di
Milosevic, per lo scioglimento dell'illegittimo "tribunale ad hoc"
dell'Aia, e per una vera indagine e condanna dei crimini di guerra
commessi in tutti questi anni contro la Jugoslavia ed i suoi abitanti.

La battaglia per la difesa di Milosevic ha un valore strategico, e non
solo etico, per chiunque si oppone alla guerra ed alle politiche di
ricolonizzazione praticate dall'Occidente. Infatti, con il
processo-farsa contro Milosevic, le grandi potenze imperialiste
vogliono creare un precedente. Esse vogliono avere mano libera in
futuro nelle loro decisioni sugli assetti del pianeta; vogliono avere
formalmente riconosciuta la facoltà di stabilire ad arbitrio quali
guerre scatenare, contro chi e con quali mezzi; vogliono garantirsi la
impunità sui loro propri crimini di guerra; e si arrogano la facoltà di
giudicare e condannare le loro stesse vittime... Di condannarle anche
formalmente, non solo mediaticamente, e financo di condannarle al
risarcimento dei danni causati dalle loro stesse aggressioni !

E dopo la Jugoslavia, sarà la volta dell'Iraq, e poi di chissà chi...
Dopo Milosevic, davanti ad un “tribunale dei vincitori” potrebbero
portare Saddam Hussein, con le stesse bugie. E non illudiamoci: la
"guerra preventiva e permanente" non termina certo in Iraq. Ma intanto,
i crimini di Pancevo (1999) o di Falluja (2004) chi li dovrebbe
giudicare? Il "tribunale ad hoc" dell'Aia si è ostinatamente rifiutato
di aprire qualsivoglia procedimento per tutti quei crimini di guerra,
ben documentati, commessi dalla NATO nella primavera del 1999, in
spregio alle richieste formali e nonostante tutta la documentazione
pervenuta. Certo, chi assiste al "dibattimento" dell'Aia assiste al
fallimento totale dell'impianto accusatorio: Carla Del Ponte non ha
potuto dimostrare alcuna delle imputazioni contro Milosevic, nonostante
l'immane sforzo organizzativo e propagandistico. Ma le cancellerie
occidentali impongono che il "processo" continui, e che esso abbia
l'esito che è stato scritto già prima dell'inizio della farsa. Una
farsa gestita da una istituzione illegittima, nella quale tutti i
diritti e le procedure giuridiche standard sono stati quotidianamente
calpestati.

Anche se i mass media hanno evitato di riportare quanto è successo
finora nelle aule dell'Aia, "coprendo" il processo-farsa con un velo di
censura di fatto, 33mila pagine di verbali testimoniano quanto sopra. I
giornalisti hanno evitato finora di fare cronaca sul "processo", perchè
essa non conviene ai loro datori di lavoro: dobbiamo allora pensarci
noi. Nell'estate 2004 il "dibattimento" riprende, con l'inizio della
fase cosiddetta della "autodifesa", dopo alcune settimane di pausa. La
nuova fase inizia con una lunga dichiarazione di Milosevic, il quale
chiama poi a testimoniare molti responsabili politici occidentali, che
devono rispondere delle loro stesse scelte e delle conseguenze di
queste per la Jugoslavia e per tutti i suoi cittadini. Per contribuire
ad impedire che la storia tragica e vergognosa di questi anni in
Jugoslavia sia scritta esclusivamente sulla base delle "sentenze
giudiziarie" dettate dai servizi di intelligence della NATO, come
Sezione Italiana del Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan
Milosevic ci siamo organizzati per effettuare traduzioni militanti e
per far circolare i testi di ciò che è stato e verrà detto in
quell'aula.

Tuttavia, senza mezzi finanziari, la difesa di Milosevic non ha molte
chances. Tanto per fare un esempio: anche i viaggi, per l'Aia e
ritorno, dei testimoni convocati da Milosevic, andranno finanziati con
i soldi della difesa. Inoltre, serviranno soldi per pubblicare i testi
relativi al "processo-farsa". Il Comitato Internazionale per la Difesa
di Slobodan Milosevic (ICDSM) valuta che sia indispensabile raccogliere
almeno 10mila euro al mese per far fronte alle necessità primarie di
assistenza legale, di documentazione e di comunicazione. La Sezione
Italiana dell'ICDSM, ringraziando tutti quelli che hanno finora
contribuito alla campagna di autofinanziamento dall'Italia, chiede che
lo sforzo in tal senso prosegua, così come sta proseguendo in tutte le
altre realtà nazionali.
Si badi bene: non esistono altre fonti di finanziamento. Una recente
legge passata dal Parlamento serbo – che in linea di principio avrebbe
garantito una parziale copertura delle spese - è stata subito
"congelata" in seguito alle minacce occidentali. Una qualsivoglia
campagna di finanziamento su basi volontarie a Belgrado è praticamente
irrealizzabile: a causa delle scelte estremistiche, in senso
neoliberista, del regime instaurato il 5 ottobre 2000, la situazione
sociale è disastrosa, la disoccupazione dilaga, i salari sono da fame,
chi ha i soldi per mangiare li tiene ben stretti e non rischia certo la
galera (o peggio: vedi le torture in carcere nella primavera 2003,
durante la cosiddetta "Operazione Sciabola") in attività politiche o di
solidarietà a favore di Milosevic, che viene tuttora demonizzato dai
media locali - oramai tutti in mano a società occidentali, soprattutto
tedesche - esattamente come da noi. I nuovi ricchi votano i partiti
filo-occidentali e di destra, e preferiscono che Milosevic marcisca in
carcere, insieme alla loro cattiva coscienza.. A tutti deve essere
infine chiaro - se ancora ci fosse bisogno di ripeterlo - che al di là
delle menzogne giornalistiche non esiste alcun “tesoro nascosto” di
Milosevic, e che il nostro impegno per la sua difesa è insostituibile
oltrechè indispensabile.




I C D S M – Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic

Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27 - 00043 Ciampino (Roma)

email: icdsm-italia@...
sito internet: http://www.pasti.org/linkmilo.htm

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA - causale: DIFESA MILOSEVIC





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ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27
00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957
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Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC

sito internet:
http://www.pasti.org/linkmilo.htm

NOVE MILIONI DI DOLLARI E NESSUN BLITZ


Riceviamo e giriamo:  

---------
 
Vi invito a leggere e diffondere il seguente articolo "NOVE MILIONI DI
DOLLARI E NESSUN BLITZ" http://www.peacereporter.net/,%c2%a0(il sito è stato
oggi oscurato!)  ché non è detto venga ripreso nei modi dovuti dagli
organi di informazione ufficiale.
Vi invito a diffondere questo messaggio, urgentemente, d'importanza
capitale per il futuro della libertà d'informazione in Italia.
 
Non abbiamo elementi per esprimerci sulla veridicità del contenuto, ma
tutta questa storia degli ostaggi e del blitz è piena di buchi, anzi,
di vere e proprie voragini. Se tra qualche giorno la natura di questo
evento si rivelasse quella di una grande messinscena a scopo
elettorale, non solo sarebbe una delle peggiori menzogne propinate
all'opinione pubblica dall'inizio di questa guerra, ma noi tutti ci
mangeremmo le mani per non essere stati in grado di contrastarla per
tempo. Anche perché la posta in gioco è molto alta. Quindi rischiamo,
diffondiamo, e che Dio (o chi ne fa le veci) la mandi buona a tutt* noi.
 
Nel frattempo, le ricostruzioni giornalistiche colgono in castagna
Ministri, Funzionari, Generali, ex-Ostaggi e Presidente del Consiglio
nel contraddirsi a vicenda sullo svolgimento dei fatti. Quel che conta
ora dire è che c'è puzza di bruciato. Ci sono troppe incongruenze nel
comportamento del governo. Sono troppe le contraddizioni tra la
ricostruzione del governo, questa rivendicazione che dovrebbe dirci che
l'assassinio era imminente e le testimonianze che è stato possibile
raccogliere. Come fa un qualsiasi documento ad essere pubblicato su un
sito oscurato quasi un mese fa?
Una considerazione su tutte: possibile che ben due bambini sapessero
che i loro cari sarebbero stati liberati l'8 giugno?
- la nipote di Umberto Cupertino aveva scritto sul calendario la parola
"Liberi" nel giorno di oggi: "La cosa ha del miracoloso", ha detto la
madre. Lo dico anche io;
- anche William, figlio di Salvatore Stefio, è stato miracolato: ieri
diceva a tutti "Domani papà torna con noi".
 
Qui per la ricostruzione più completa di fatti, circostanze e
dichiarazioni:
http://www.bloggers.it/progettomayhem/
index.cfm?blogaction=permalink&id=045DF603-AE9B-590E-C237F82D6EA84BB5
 
E poi qui:
http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/politica/ostliberi2/ostliberi2/
ostliberi2.html
 
E ancora qui:
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&topic_id=35209
 
E qui:
http://italy.indymedia.org/news/2004/06/567895.php
 
Segue articolo su testimoni oculari della "liberazione" degli ostaggi
 
_____
 
NOVE MILIONI DI DOLLARI E NESSUN BLITZ
by Enrico Piovesana from Peace Reporter
www.peacereporter.net

Per i tre ostaggi italiani pagati nove milioni di dollari
Una fonte di PeaceReporter rivela: "Gli ostaggi italiani sono stati
consegnati alle forze Usa, non c'è stato nessun blitz".

10 giugno 2004 - "Quella casa al numero 17 di Zaitun Street era
disabitata da almeno due mesi.
Fino a lunedì sera tardi (7 giugno, n.d.r.) quando, intorno alle 23, si
è sentito un gran trambusto. Io, che abito al 13, ho visto arrivare
alcune auto e fermarsi davanti a quella casa. Sono entrate un po' di
persone. Era buio, non abbiamo visto bene. Poco dopo se ne sono andati
via ed è tornata la calma".
"Il mattino seguente, intorno alle 9:30, sono arrivate cinque auto
militari americane, di colore verde oliva. Si sono fermate davanti a
quella casa. Ne sono scesi alcuni uomini vestiti in abiti civili e con
gli occhiali scuri. Erano sicuramente uomini del mukhabarat (servizio
segreto, n.d.r.) americano. Hanno aperto la porta dell'abitazione,
senza forzarla, come se fosse già aperta, e sono riusciti subito con
solo quattro uomini, che poi abbiamo saputo essere i tre ostaggi
italiani e un ostaggio polacco.
Li hanno caricati su un furgoncino bianco e se ne sono andati via. Il
tutto con la massima calma. Non è stato sparato un colpo. Nella casa, a
parte gli ostaggi, evidentemente non c'era più nessuno. Non è stato
assolutamente un blitz militare come è stato annunciato tre ore dopo.
Quelli sono tutta un'altra cosa. Lì si è trattato di una semplice presa
in consegna. Gli americani sono andati lì a colpo sicuro. Sapevano che
gli ostaggi erano stati portati lì, si erano messi d'accordo. Il vostro
governo ha pagato un riscatto: nove milioni di dollari. Qui ormai lo
sanno tutti. Adesso però basta parlare al telefono, non è sicuro".
A parlare, raggiunto al telefono da PeaceReporter, è un iracheno, il
signor Fahad, che assieme ad altri due suoi vicini, il signor Mohammed
e il signor Ibrahim, è stato testimone oculare della liberazione di
Agliana, Cupertino e Stefio. Fahad parla dalla sua casa, al 13 di
Zaitun Street, ad Abu Ghraib, il sobborgo occidentale di Baghdad
divenuto tristemente famoso per lo scandalo delle torture sui
prigionieri iracheni.
La sua versione dei fatti è confermata da un'altra fonte irachena
raggiunta da PeaceReporter, vicina al braccio politico della
guerriglia. Una fonte che ha voluto rimanere anonima, e che ha fornito
la sua versione di tutta la vicenda del sequestro, delle trattative e
della liberazione.
La fonte inizia facendo un nome, quello di Salih Mutlak. "Mutlak ­ dice
­ è un facoltoso commerciante iracheno arricchitosi con le speculazioni
e il contrabbando durante il periodo dell'embargo. Da molti è definito
semplicemente come un 'mafioso'. Lui è il personaggio chiave della
vicenda della liberazione dei tre ostaggi italiani, assieme al già noto
Abdel Salam Kubaysi (solo un omonimo di Jabbar al-Kubaysi), ulema
sunnita e docente all'università di Baghdad, salito all'onore delle
cronache televisive internazionali per il suo ruolo nella trattativa
per il rilascio - dietro pagamento di riscatto - degli ostaggi
giapponesi".
Secondo la fonte, con Mutlak e con Kubaysi il governo italiano avrebbe
trattato segretamente per settimane al fine di ottenere il rilascio di
Agliana, Cupertino e Stefio, rapiti il 12 aprile assieme a Quattrocchi,
ucciso il 14 aprile. Si scoprirà poi che aveva in tasca un porto d'armi
rilasciato dalle forze britanniche e un pass della Coalizione.
I contatti tra i nostri servizi segreti, il Sismi, e la coppia
Mutlak-Kubaysi sono iniziati subito dopo quei tragici giorni, e già il
20 aprile erano cominciate a trapelare notizie sull'accordo con il
governo italiano per il pagamento di un riscatto di 9 milioni di
dollari.
Il 22 era stato lo stesso governatore italiano di Nassiriya, Barbara
Contini, a lasciarsi scappare che non c'era nulla da stupirsi del fatto
che il governo pagasse un riscatto. "Si è sempre fatto così" aveva
detto. Subito dopo aveva smentito questa dichiarazione, e il ministro
degli Esteri, Franco Frattini, aveva detto che si trattava di "storie
prive di fondamento". Lo stesso giorno, una qualificata fonte dei
servizi segreti italiani rivelava all'agenzia Ansa: "La trattativa,
avviata da giorni, è già stata definita in tutti i suoi aspetti, sia
para-politici, sia economici. Quello che dovevamo fare l'abbiamo fatto".
Dopo questa burrasca il Sismi ha protestato per queste fughe di notizie
che rischiavano di far saltare le trattative in corso. A quel punto, il
governo ha deciso di imporre il silenzio stampa assoluto sulla vicenda.
"Le trattative - spiega la fonte - sono proseguite fino a quando,
all'inizio di maggio, Salih Mutlak è andato in aereo a Roma. Ragione
ufficiale del suo viaggio: affari. E' rimasto nella capitale italiana
per una ventina di giorni, tornando a Baghdad alla fine di maggio con
una valigetta piena di soldi. Cinque milioni di dollari, prima tranche
di un riscatto complessivo di nove milioni di dollari. Gli altri
quattro, questi erano gli accordi da lui presi, sarebbero stati
consegnati ai rapitori dopo la liberazione degli ostaggi".
Dopo il ritorno di Mutlak con i soldi, nei primi giorni di giugno si è
consumato un duro scontro all'interno delle fila dei guerriglieri
iracheni. Da una parte il braccio 'militare' dei guerriglieri, quelli
che detenevano materialmente gli ostaggi e che, tramite Mutlak e
Kubaysi, erano in contatto con il governo italiano: per loro
l'importante era solo incassare il malloppo. Dall'altra parte il
braccio 'politico' che non voleva fare la figura di una banda di
delinquenti che rapiscono per soldi e che quindi non volevano accettare
il riscatto.
"Noi ci siamo opposti a questo gioco sporco. Questa storia del riscatto
e della messa in scena della liberazione ­ sostiene la fonte ­ avrebbe
rovinato l'immagine della nostra causa, facendoci passare per dei
volgari banditi, e poi avrebbe giovato al governo italiano e quindi
prolungato l'occupazione militare dell'Iraq. Noi volevamo consegnare
gli ostaggi, senza alcun riscatto, nelle mani di rappresentanti del
mondo pacifista italiano, sia laico che cattolico, con cui eravamo già
in contatto da tempo e con i quali eravamo vicinissimi a una
conclusione".
Ancora domenica scorsa 6 giugno, i rappresentati della Santa Sede in
Iraq si dicevano infatti certi che la liberazione dei tre italiani
sarebbe stata questione di ore. Anche il governo italiano sentiva che
la questione era giunta a un punto decisivo: venerdì scorso, 4 giugno,
il ministro Frattini ha annullato una sua importante visita a Tokyo per
"motivi familiari". Forse quello è stato un giorno decisivo.
"Alla fine ­ prosegue la fonte, con tono infuriato ­ l'hanno spuntata i
'militari' senza scrupoli, che nei giorni scorsi, assieme a Mutlak,
hanno organizzato in gran segreto il trasferimento dei tre ostaggi
italiani dal loro luogo di detenzione, cioè Ramadi, un centinaio di
chilometri a ovest di Baghdad, fino alla periferia occidentale della
capitale, nel sobborgo di Abu-Ghraib. I tre sono stati lasciati in una
casa e poi la loro posizione è stata comunicata ai servizi italiani e a
quelli americani perché li venissero a prelevare. Il loro piano era di
far sembrare tutto come un blitz militare che si concludesse con
l'arresto dei sequestratori. Ma non è andata così".
E in effetti, fonti vicine ai servizi italiani hanno rivelato che i due
arrestati effettuati in connessione con il presunto blitz erano in
realtà solo due pastori iracheni, che nulla avevano a che fare con la
guerriglia e che erano stati pagati per farsi trovare lì.
Di certo, il fatto che a condurre l'operazione siano stati militari
americani, e non italiani, preclude alla magistratura una effettiva
indagine sui "liberatori".
In Iraq, al mercato nero delle armi, un kalashnikov costa tra i venti e
i trenta dollari. Con nove milioni di dollari se ne possono comprare
centinaia di migliaia.

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da il manifesto di oggi, 11/6:
 
INTERVISTA A GINO STRADA:
«9 milioni di dollari»

18 miliardi di lire consegnati ai rapitori di Agliana Stefio e
Cupertino ai rapitori dal «mafioso» Salim Mutlak e l'ulema Abdel Salam
al Kubaisi. Committente: il governo italiano. Un «contatto» racconta la
storia a Gino Strada di Emergency
SARA MENAFRA

«Nove milioni di dollari, offerti da alcuni mediatori che si sarebbero
detti in contatto con il governo italiano». A raccontare che i rapitori
avrebbero rilasciato gli italiani in cambio di un sostanzioso riscatto
è Gino Strada, il fondatore di Emergency, che in questi giorni ha
tentato più volte di ottenere la liberazione degli ostaggi. La conferma
della notizia circolata già nei giorni scorsi - secondo cui
l'ambasciata italiana avrebbe pagato la cifra richiesta - arriva dal
«contatto» che teneva i rapporti tra l'associazione e i rapitori.

Cominciamo dall'inizio. Del ruolo di Emergency in questa vicenda si è
parlato parecchio e in modi diversi. Ci racconti com'è andata?

Prima di tutto voglio dire che anche se potrebbe sembrare strano che
Emergency abbia deciso di provare a parlare con i rapitori, il nostro è
stato un atteggiamento coerente con l'idea di mettere le vite umane
davanti a qualunque valutazione politica. Tutto è partito con una
intervista fatta da Peacereporter a un membro dell'opposizione irachena
che dava una generica disponibilità a dialogare con esponenti
pacifisti. Noi ci siamo messi a disposizione, anche se fin dai primi
contatti ci è stato detto che contemporaneamente qualcuno stava
lavorando a risolvere la questione con il pagamento di un riscatto.
Abbiamo risposto che non erano fatti nostri. E per settimane siamo
stati in Iraq, dicendo a tutti quelli che conosciamo da quando
arrivammo nel `95: «Il nostro mestiere è dare una mano alle vittime
della guerra. Vi chiediamo un atto di solidarietà: rilasciateli».

Ma il contatto giusto? Si è parlato di servizi iracheni, di
fondamentalisti...

E' una situazione complicata: ci sono dei rapitori di cui non conosci
l'identità e non la saprai mai. Però con queste persone parla un
signore iracheno, il contatto con un collaboratore di Emergency. Non è
importante avere certezze su chi sia questo contatto. Diciamo che è
dell'opposizione a Saddam Hussein ma anche agli americani.

E' Jabbar al Kubaisi?

Assolutamente no, l'ho visto ad Amman, ma a Baghdad non l'ho più visto.

Vi hanno dato informazioni sugli ostaggi?

Ci è stato detto che gli ostaggi stavano bene, che c'era disponibilità
a rilasciarli ma che il rilascio avrebbe richiesto un po' di tempo. E
noi abbiamo deciso di tornare in Italia anche perché la presenza di
occidentali in una zona di guerra non passa inosservata per mesi. A
Baghdad ci sono più spie che venditori ambulanti.

Ma se erano in trattativa per un riscatto perché avrebbero dovuto darli
a voi gratis?

Perché quella che viene chiamata resistenza irachena e che io chiamo
opposizione al regime di occupazione militare era assolutamente
contraria persino a dialogare con il governo italiano o con la croce
rossa italiana che loro considerano strettamente legata al governo.

Eppure tramite mediazioni religiose sono stati rilasciati anche
cittadini appartenenti ad altri stati occupanti...

I gruppi non sono tutti uguali. C'è una galassia di formazioni.
Ciascuna ha i suoi leader politici o religiosi e segue strade diverse.
Sta di fatto che a noi l'opposizione irachena ha detto che non c'era
alcuna intenzione di dialogare con istituzioni degli occupanti.

Avevate capito dove tenessero gli ostaggi?

Nella zona a Ovest di Baghdad. I contatti sono proseguiti fino a lunedì
scorso. Quando Al Jazeera ha mandato in onda il filmato del 31 maggio
ci hanno detto di stare tranquilli e che gli ostaggi sarebbero stati
rilasciati a breve. Questo è il motivo per cui ho continuato a dirmi
ottimista.

E la trattativa per il riscatto?

Dieci giorni fa, i rapitori ci hanno contattati e ci hanno detto che si
erano presentati due iracheni che avevano offerto 9 milioni di dollari.
I nostri interlocutori volevano sapere se l'iniziativa fosse partita da
noi e noi abbiamo risposto di no.

Chi erano queste persone che si sono presentati ai rapitori?

A quel che ci hanno detto sarebbero Salik Mutlak, un businessman che
qualcuno definisce un mafioso e che ha fatto miliardi con l'embargo, e
Abdel Salam Kubaysi, ulema e docente all'università di Baghdad.

E i soldi da dove venivano?

Probabilmente dal governo italiano, con cui stavano trattando. Chi
altri potrebbe essere interessato? E' a questo punto che ci spiegano
come tra i sequestratori ci sia qualcuno che sostiene la tesi
«lasciarli andare per lasciarli andare almeno portiamo a casa nove
milioni di dollari». L'altro giorno, dopo la notizia della liberazione
abbiamo fatto una chiacchierata con il nostro contatto. Il quadro è
abbastanza coerente. Nella divisione tra posizioni diverse qualcuno ha
deciso di accettare il riscatto, pagato ovviamente in contanti, solo a
quel punto gli ostaggi sono stati trasferiti ad Abu Ghraib, a sud di
Baghdad. E qui sono stati lasciati in attesa degli americani.
Peacereporter ha parlato con l'uomo che abita vicino alla casa in cui
sono stati trovati, che ha raccontato di aver sentito arrivare i
rapitori la notte di lunedì e la mattina dopo, le automobili americane.

Repubblica ieri (2 giorni fa n.d.r.) scriveva che l'ultimo video
conteneva un messaggio rivolto a voi...

Non mi risulta, non sarebbe nel nostro stile.

Conclusione?

Siamo contenti anche perché il nostro primo obiettivo era quello di
salvare tre vite. Forse abbiamo contribuito a farlo.

From: Coordinamento Romano per la Jugoslavia
Date: Sun, 25 Jan 1998 17:04:26 +0100
Subject: Ciliegina numero 4


1914


Per molti anni nessuno credette a una guerra; a una guerra europea o
mondiale, poi, neanche per idea!
Valentino Pittoni, massimo dirigente del movimento operaio e socialista
delle nostre terre, nel 1905 dichiarava che una guerra tra Austria e
Italia era un'ipotesi tanto fantastica quanto quella di una guerra
europea, perche' il capitalismo in Europa aveva ormai superato la fase
della "guerra guerreggiata": tutti i conflitti ormai si sarebbero
risolti per via diplomatica o nei corridoi delle cancellerie.
Dopo il 1910 pero' le cose e le opinioni cominciarono a cambiare. La
guerra italo-turca del 1911, quelle balcaniche del 1912 e 1913, anche
se durarono uno o due mesi, fecero capire che un pericolo di guerra
generale esisteva. Percio' alla fine del novembre 1912 si riuni' a
Basilea il Congresso straordinario della II Internazionale, le cui
risoluzioni furono piene di buoni propositi (sciopero generale in caso
di dichiarazione di guerra), di parole rivoluzionarie ("guerra alla
guerra!"). Propositi e parole vennero pero' poco dopo sepolte dalle
dichiarazioni di guerra, dal fragore delle artiglierie e dal tradimento
della quasi totalita' della socialdemocrazia mondiale...

(Dall'autobiografia di Vittorio Vidali "Orizzonti di liberta'",
Ed. Vangelista, Milano 1980, pg.41)

(francais / deutsch)

http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?b_id=32

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Junge Welt (Berlin) / Bastille Republique Nations (Paris)
26.03.2004

PARIS - BERLIN - BELGRADE

Serbien - fünf Jahre danach - cinq ans apres

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Zum Inhalt der Beilage «paris - berlin - belgrade»
26.03.2004

Pierre Lévy, Bastille – République – Nations
Jürgen Elsässer, junge Welt

Warum diese gemeinsame Beilage?

Pourquoi ce supplement commun?

Der Krieg gegen Jugoslawien war der erste Gewaltakt der Europäischen
Union und ging keineswegs allein auf das Schuldkonto der USA.

Friedliche und freundschaftliche Verhältnisse in Europa – wie in der
Welt – können nicht aus einer supranationalen Verschmelzung unter
Kontrolle der Konzerne entstehen, sondern nur unter Respektierung der
nationalen Souveränität sowie der Rechte der arbeitenden Klassen.

Wir verstehen unsere Initiative als kleinen Schritt in diese Richtung
und laden andere Zeitungen und Zeitschriften ein, sich an künftigen
Projekten zu beteiligen.

*

La guerre de 1999 contre la Yougoslavie constitua le premier acte
politique majeur de l’Union européenne – et non une agression perpétrée
seulement par Washington.

Des relations pacifiques et amicales en Europe – et dans le monde – ne
peuvent en aucune manière se construire à partir d’une union
supranationale sous contrôle des grandes firmes, mais tout au contraire
sur la base du respect des souverainetés nationales et des conquêtes du
monde du travail.

Le supplément commun se propose d’être une modeste contribution dans
cet esprit. Nous espérons que cette initiative ne sera pas sans
lendemain, notamment avec d’autres journaux et revues.

---


Serbien – fünf Jahre danach
http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?id=464

1999 der Krieg, dann der Machtwechsel und die Ausplünderung des Landes
durch den Westen
Hannes Hofbauer


Les vautours arrivent
http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?id=465

Depuis cinq ans, l’économie de la Serbie a été bradée a des groupes
etrangers, alors que la population doit affronter la misère
Hannes Hofbauer


»Europa wurde in Pristina geboren«
http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?id=466

Der Angriff auf Jugoslawien war der Gründungskrieg des vereinigten
Europa
Pierre Lévy


« L’Europe est née à Pristina »
http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?id=467

La guerre contre la Serbie a constitué le « premier acte politique
majeur d’une nouvelle Europe »
Pierre Lévy


Die Demütigung Rußlands
http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?id=468

Kriegsziel der NATO-Staaten war nicht nur die Zerschlagung der
Milosevic-Regierung
Marc-Antoine Coppo


Humilier la Russie
http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?id=469

L’objectif de l’OTAN dépassait largement la chute du président Milosevic
Marc-Antoine Coppo


Lügen haben lange Beine
http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?id=470

Bush und Blair stehen im Zentrum der Kritik – und kein böses Wort über
Schröder, Clinton und Kerry
Jürgen Elsässer


Le silence des agneaux
http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?id=471

En matière de propagande de guerre, Bush et Blair ont eu moins de
chance que Schröder et Clinton cinq ans plus tôt
Jürgen Elsässer