Informazione
------- Forwarded message follows -------
Date sent: Mon, 26 Nov 2001 07:38:10 +0100
To: pck-pcknews@...
From: Alessandro Marescotti
Subject: padroni della guerra, anno 2001
Forwarded by: news@...
Padroni della guerra
A guidare le Forze Armate italiane in guerra è il ministro della
Difesa Antonio Martino, che a suo tempo non ha fatto il militare: fu
riformato per "ridotte attitudini militari". Anche il ministro degli
Esteri Renato Ruggiero è stato sfortunato: quindici giorni prima di
indossare l'uniforme cadde dagli sci a Roccaraso e ottenne l'esonero.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fatto solo pochi
giorni di Car (Centro addestramento reclute) e poi è ritornato a casa:
non ha avuto neanche il tempo per scattarsi una foto col fucile in mano
da inserire nella sua biografia illustrata, quella distribuita a
tutti gli italiani per le elezioni. Il leader dell'opposizione Francesco
Rutelli le armi non le voleva assolutamente usare e si è dichiarato
obiettore di coscienza: tuttavia ora è schierato per la guerra. Il
presidente degli Stati Uniti George Bush ha invece fatto il servizio
militare (a differenza di Bill Clinton) ma come il suo predecessore non
ha provato l'emozione del Vietnam.
Volete un'informazione utile? Se state partendo per il militare
controllate se avete una sinusite cronica: basta per non indossare la
divisa e seguirete così le orme del ministro degli Interni Claudio
Scajola.
Il sottoscritto ha fatto le guardie armate con la broncopolmonite
cronica, ma pazienza, gli sarà sfuggita qualche informazione. Al
ministro Umberto Bossi invece non è sfuggito nulla: "nipote di
inabile" ha saputo sfruttare una vecchia leggina che ad alcuni milioni
di italiani è forse sfuggita.
Alessandro Marescotti
N.B. Per la stesura del testo mi sono avvalso delle informazioni
apparse sul Corriere della Sera del 7/11/2001.
------- End of forwarded message -------
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PRIMA PUNTATA: BERNARD APPOGGIA I CONTRAS
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Nella prefazione a "Della guerra come politica estera degli Stati
Uniti", una semplice raccolta di 6 articoli di N. Chomsky alla ricerca
dell'ingrato lettore francese, Jean Bricmont parla del "piccolo mondo
dei grandi media", per spiegare come "la buona parte degli
intellettuali francesi fosse politicamente sempre piu' passiva, piu'
che altrove in Europa, prima durante la lotta contro gli euro-missili,
poi durante la guerra del Golfo ed il genocidio in Ruanda, per finire
decisamente bellicista durante gli interventi in Bosnia e Kosovo".
A questo punto troviamo la seguente nota dell'editore: "Sebbene la
passività fosse la tendenza generale, i filosofi mediatici non hanno
tardato a sostenere - molto attivamente - la politica estera di
Reagan; cosicche' i vari Bernard-Henri Levi e André Glucksman insieme
a quel Jean-François Revel firmarono una petizione d'appoggio ai
contras in Nicaragua, indirizzata al Congresso USA."
(Per chi fosse interessato alla prefazione di Jean B. segnaliamo che è
stata riportata da "Le Monde diplomatique" e si puo' trovare nel
supplemento di febbraio de "Il Manifesto". E' interessante
principalmente in quanto analisi del mancato successo francese di
Chomsky.
Titolo: Noam Chomsky: De la guerre comme politique étrangére des Etats
Unis, préface de J. Bricmont, Agone éditeur, 2001)
SRPSKO-HRVATSKI
Naslov knjige: "Noam Comski, O ratu kao spoljnij politici SAD",
predgovor Zan Brikmo, u izdanju Agon, februar 2001 U predgovoru Z.
Brikmona za 6 clanaka N. Comskog sabranih pod gornjim naslovom, u
delu gde Zan govori o "polusvetu medijskih intelektualaca da bi
objasnio da su francuski intelektualci mahom bivali sve pasivniji i
pasivniji, mnogo vise nego drugde u Evropi, prvo za vreme borbe protiv
euro-raketa, zatim tokom rata u Zalivu i genocida u Ruandi, da bi
konacno, za vreme intervencije u Bosni i Kosovu postali odlucne
pristalice rata", nalazimo sledecu fus-notu urednika izdanja:"mada je
sklonost ka ravnodusnosti bila opsta pojava, medijska inteligencija je
podrzala vrlo brzo - i vrlo aktivno- Reganovu spoljnu politiku, tako
da su takvi kao B. H. Levi i A. Gluksman zajedno sa nekakvim Z. F.
Revelom potpisali peticiju u znak podrske kontrasima u Nikaragvi. Ta
je peticija glasila na americki Kongres."
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SECONDA PUNTATA: DIFENSORE DELLA LIBERTA'
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Estratto da "PLPL - Pour Lire Pas Lu" (Per leggere il non letto) "il
giornale che non mente e che prende di mira il potere, la sinistra
molle e i padroni", N° 0, giugno 2000.
IL LACCIO D'ORO
La lotta è accanita, pero'
PLPL sempre equanime,
il laccio d'oro
consegnera'
alla penna del piu' servile.
Editorialista associato di "le Monde", direttore di una collana di
libri presso Grasset (gruppo Matra-Hachette) e cronista di "le Point"
(il padrone di questo giornale è François Pinault), Bernard-Henri Lévy
è anche un caro amico di Jean-Luc Lagardère (il padrone di
Matra-Hachette e mercante d'armi).
Nel testo che segue ("le Point", 5 maggio 2000) il grande filosofo
delle libertà, prende le difese di un industriale perseguitato dalla
giustizia: "Quando ci capita di vedere un capitano dell'industria come
Jean-Luc Lagardére sbattuto davanti ai giudici, anche se a quanto pare
non abbia fatto niente per impedire l'arricchimento nè della propria
impresa ne della collettività, non ci restano che due possibili
reazioni ..."
Tuttavia piu' in là BHL precisa: "Jean-Luc è un amico. Quello che
apprezzo in lui e' questo suo stile da grande condottiero, da Cirano
che sa il fatto suo."
E vero, "l'amico" Lagardère ha finanziato con F. Pinault l'ultimo film
di BHL, "Il Giorno e la Notte", un pessimo film fallimentare.
PLPL si felicita con BHL: leccare è un affare delicato quando le
ghiandole salivari sono compresse dal laccio d'oro.
SRPSKO-HRVATSKI
Preuzeto bez pitanja iz PLPL, Pour Lire Pa Lu, (Sta Stampa ne Stampa)
"novina koje ne lazu" a izlaze kao dvomesecnik u Parizu. "Na meti PLPL
su vlastodrsci, levi mekusci i gazde" Jun 2000. br. 0
ZLATNA UZICA
I u najzescoj konkurenciji,
PLPL nepristrasno nagradu dodeljuje
samo najvecoj ulizici.
Spoljni saradnik "Le Mond-a", direktor izdanja kod Grase (Grasset u
sastavu Marta-Hachette) hronicar u listu "Point", BERNAR-ANRI LEVI je
takodje i prijatelj ZAN-LUK LAGARDERA koji je ne samo gazda preduzeca
Matra-Hachette vec i trgovac oruzjem. U tekstu sto sledi ("Le Point",
5.maja 2000.) veliki filozof i ljubitelj slobode zauzima se za
industrijalca koga sud progoni:
"Kad covek vidi kapetana industrije kakav je Zan-Luk Lagarder kako se
povlaci po sudovima, a da nije, a kazu da nije, onemogucio bogacenje,
ni svom preduzecu, ni zajednici, moze da bira izmedju dve moguce
reakcije ...."
Malo dalje u istom tekstu BHL pojasnjava : "Zan-Luk je moj prijatelj.
Volim kod njega tu zicu velikog vojskovodje, Sirana koji tera po
svom."
Tacno je da su prijatelji, Lagarder je sa F. Pinoom finansirao
najnoviji film Bernara-Anrija, "Dan i Noc", pravo djubre od filma koje
je progutalo ogromne pare.
PLPL cestita Bernar-Anriju : Ulizivanje je vrlo slozen napor kada
zlatna uzica steze pluvacne zlezde.
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TERZA PUNTATA: BERNARD COSMOPOLITA TUTTOLOGO
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PLPL n° 1 ottobre 2000
Le disavventure d'un analfabeta mondano
Editorialista associato a "Le Monde" BHL è anche un grande cronista.
Ha esordito con l'Algeria offrendoci un'analisi approfondita sulla
situazione (quattro pagine, 8-9/01/1998), ha minuziosamente descritto
una giornata qualunque di un combattente in Afganistan (due pagine
13/10/98), dall'Austria ha riportato i suoi commenti filosofici (2
pagine 2/03/00), ha ricordato che in Germania vivono i tedeschi
(quattro pagine 5-6/02/99).
Cambiamento di tono il 14 ottobre: toccava alla Bosnia (due pagine).
Albania, Angola e Argentina hanno subito espresso il proprio sollievo
mentre Belgio, Brasile e Botswana stanno per chiudere le frontiere.
PLPL n°1 oktobar 2000
Potucanja belosvetskog nepismenjakovica
Spoljni saradnik "Le Monda", BH Levi je takodje i veliki reporter.
Poceo je istancanom analizom dogadjaja u Alziru (4 strane 8-9/01/98).
Do tancina je opisao dan jednog ratnika u Avganistanu (dve strane,
13/10/98). Svoja filosofska zapazanja preneo je iz Austrije (2 str.
2/03/00) i podsetio da Nemacku nastanjuju Nemci (4 str. 5-6/02/99).
A onda je promenio slovo 14 oktobra ove godine. Dosla je na red Bosna
(dve str.).
Albanija, Angola i Argentina su tom prilikom sa olaksanjem odahnule,
a Belgija, Brazil i Bocvana se spremaju da zatvore granice.
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QUARTA PUNTATA: SQUADRISTI A PARIGI
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Stralci dall'intervista a Peter Handke effettuata dal giornalista
televisivo tedesco Martin Lettmayer nel gennaio 1997 e riportata in
inglese sul sito del Congresso dell'Unità Serba:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1417
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1418
DOMANDA: Il sig. Levy e il sig. Finkielkraut, naturalmente l'hanno
attaccata...
HANDKE: Esatto. Ma loro non sono scrittori. Loro sono "I nuovi
filosofi". Non so perché siano stati chiamati "nuovi" o "filosofi".
C'è stata un'epoca all'inizio della guerra in cui loro hanno avuto
bisogno di me. Avevano bisogno di qualcuno che non fosse un filosofo,
ma un autore, un autore riconosciuto che, al contrario di loro, avesse
una qualche conoscenza della Jugoslavia. Dopo alcuni incontri con
Finkielkraut e Bernard Henri Levy, mi fu chiaro che loro volessero
soltanto usarmi. Ma appena presi le difese della Serbia, non mi
vollero più vedere. Questo è un gruppo veramente poco comunicativo. E
appartiene al Quarto Reich. Ci sono un sacco di soldi in ballo. E
potere. In Francia i libri e i mezzi elettronici sono completamente
controllati da una catena di gente come questa. Non si riesce più a
far arrivare nessuna notizia. La stampa francese e la TV sono
pressoché totalmente sotto il controllo di Bernard Henri Levy, così
come di Finkielkraut. Alcune persone lo ridicolizzano, ma in virtù di
tutti quegli indecenti, decorati, pessimi diari che lui [Levy]
pubblica sulla guerra in Bosnia, nessuno lo attacca più. Non un
singolo attacco. Prendono tutto come una buona letteratura. Tutto
quello che basta fare è prendere un paio di frasi nel dizionario
Robert's dei luoghi comuni. Il suo lavoro è sbagliato nei suoi punti
di vista, e pieno di errori di grammatica. Da non credere. Ma nessuno
fa niente. C'è in giro un sacco di denaro, e di potere. Tutto questo
mi fu chiaro dopo che mi incontrai un paio di volte con i "nuovi
filosofi". Decisi di non firmare nulla. E non sarei più andato ai loro
incontri. Hanno usato questo fatto contro di me, ma è meglio così.
DOMANDA: Questi signori Finkielkraut e Levy pero' mi interessano.
Potrebbero guadagnare soldi scrivendo altro, invece il primo elogia la
democrazia di Tudjman, l'altro dice che l'Europa inizia a Sarajevo.
Chi li ha ingaggiati?
HANDKE: Gli intellettuali (non intendendo niente di negativo) non sono
a corto di denaro, oggigiorno. Perciò non è il denaro che li spinge.
E' il potere, il potere più del denaro. Certamente denaro e potere
sono strettamente connessi. Bernard Henri Levy, credo, non ha una
spiegazione per la sua demonologia. E' taciturno, ma ingannevole.
Taciturno e ingannevole, malizioso. E' una meraviglia speculare come
il suo diario di Bosnia ci mostri una quadro in cui esiste un secondo
potere, oltre a quello del governo, di Chirac, etc., un potere etico e
morale. Questo è quello che lui immagina. Ma questa è la difficoltà,
poiché moralmente ed eticamente, lui è una papera morta. (Come noi
diciamo in un proverbio austriaco, "sotto il cane").
Una volta vidi una scena girata, penso, dalla TV tedesca, in cui Levy
va al Centro Culturale Jugoslavo a Parigi, con un gruppo di suoi
seguaci. A questo punto la donna che dirige il centro desidera
chiudere l'edificio. Lei rifiuta di passare la chiave agli intrusi.
Levy e il suo assistente, prendono la chiave alla donna con la forza.
Per due o tre minuti questa donna, abbastanza anziana, urla, grida:
"No, non voglio darvi la chiave, non vi appartiene. Non potete entrare
qui."
Levy rimane li, proprio come il commissario comunista dei film di
seconda categoria con il suo soprabito di pelle nero, e, sorridendo,
osserva il suo amico mentre rigira e strappa la chiave dalle mani
della donna. Questa immagine dovrebbe essere trasmessa dai notiziari
della sera, per tutti i tre minuti, su ogni emittente TV del mondo per
far vedere come questo autoproclamato difensore di Sarajevo e della
Bosnia, si comporta con la gente di tutti i giorni. Mi piacerebbe che
tutto il mondo lo guardasse.
DOMANDA: E' convinto che tutte queste persone che oggi fanno queste
cose, potranno correggersi?
HANDKE: No, sarebbe troppo facile. E' tragica, la storia della
Jugoslavia, la storia dell'Europa in questo secolo. Come la storia
avviene e come la storia viene scritta, sono due cose unite insieme.
Questa storia va insieme con la storia del popolo ebreo. Queste sono
le due storie tragiche. E probabilmente non saranno corrette. Pensare
in questo modo, che un giorno le cose potranno essere viste
differentemente, penso, sarebbe un falso ottimismo. Questa gente non
cambia. Con il loro linguaggio e le loro immagini hanno commesso così
tanti crimini, crimini veri, contro la Jugoslavia. Ci sono crimini che
possono solo essere perpetuati. Non c'è via di ritorno.
(a cura di Olga, da Parigi, e di Andrea, da Roma)
Jugoslavia in Serbia), Belgrado, marzo-giugno 2000
IL GUSTO AMARO DELLA PRIVATIZZAZIONE
La "geniale scoperta", da parte dei teorici borghesi a meta' degli
anni Ottanta, del fatto che tutti i mali dell'economia socialista
avrebbero origine per lo piu' dalla defezione della iniziativa
privata e dalle sovrastrutture politico-economiche eccessivamente
burocratizzate, avrebbe forse potuto anche ingannare quegli
osservatori non sufficientemente informati, o quelli in cattiva fede.
In parte, la crisi e' stata certo dovuta proprio al sistema economico
molto rigido vigente nell'ex Unione Sovietica. Tuttavia, i rimedi
essenziali erano stati gia' approntati, in laboratori da lungo tempo
dimenticati, da parte di inventori un tempo in disgrazia, sulla base
di ricette del secolo scorso.
Con l'ideologia ben mascherata del "monetarismo" e' iniziata - con
l'aiuto del conservatorismo aggressivo e subdolo i cui portavoce sono
stati Margaret Thatcher e Ronald Raegan - la messa in pratica, o
meglio la rivincita di uno spettro del passato. Tutto quello che si
era concluso con la rottura degli anni Trenta, nota come "Grande
crisi economica" e risoltasi con la Seconda guerra mondiale, adesso
ha ripreso vigore. Innanzitutto sono risorte le regole inviolabili
del capitalismo liberale, grazie ad una abile messa in scena, e con
la regia del "ceto giornalistico". I bilanci parificati, una labile
legislazione sociale, la flessibilita' della forza-lavoro, la
frantumazione dei sindacati, la rigida politica monetaria nonche' il
controllo onnipresente hanno intorpidito ed ubriacato la maggiorparte
del mondo socialista, gia' ben drogato dalle proprie sciocchezze. Il
risveglio da ogni ubriacatura anzitutto significa intontimento, e
proprio questa e' la fase in cui si trovano adesso molte societa'
dell'ex blocco orientale.
Uno degli elementi piu' importanti nella neo-liberalizzazione
generalizzata del panopticum economico mondiale e' incarnato da
una "parola magica": privatizzazione. Come funziona la sua
realizzazione, da che cosa e' motivata, qual e' il suo ruolo
nell'odierna mondializzazione dei mercati globali?
A differenza di quanto pensano numerosi teorici dell'economia, che
fanno della privatizzazione un elemento cruciale della ricostruzione
di ogni economia avviata al moderno sistema di produzione, essa ha
anche altri aspetti che non sono neanche poi cosi' produttivi come
vorrebbero sostenere questi fautori delle "soluzioni di transizione".
Tale processo ha avuto il suo impulso iniziale con la politica
thatcheriana (...). Dapprima esso e' stato stimolato per garantire
grandi mezzi finanziari, per ragioni del tutto pratiche, per il
riequilibrio dei bilanci statali, che e' la leva centrale della
politica neoconservatrice. Piu' tardi, alla privatizzazione si e'
attribuito un forte stimolo economico nell'ambito della generale
prostrazione alla microeconomia e dell'uscita dalla politica
cosiddetta "di deficit finanziario".
Bisognerebbe ricordare che proprio con l'aiuto del deficit di
bilancio e' stato edificato l'intero sistema post-bellico della
societa' capitalista occidentale. Si nasconde accuratamente il fatto
che queste economie hanno costruito il loro alto standard di
produttivita' proprio su misure semi-socialiste di carattere
pianificato, sul mercato controllato della forza-lavoro, su forti
strumenti di regolazione della politica agricola e su lavoratori
fortemente tutelati, dietro ai quali erano sindacati forti. Tutto
cio' e' stato sostenuto da una politica monetaria permissiva. Quando
poi, a causa delle contraddizioni interne e dell'enorme peso
economico, l'intero sistema si e' rovesciato, ai teorici occidentali
non e' rimasto altro da fare che, lasciata da parte la teoria
generale keynesiana dell'interesse e del denaro, ritornare a
soluzioni da lungo tempo abbandonate, il cui principio di fondo e' la
cosiddetta legge di Sej [?] sull'equilibrio tra domanda ed offerta.
Questo principio era caduto con il superamento della gia' menzionata
crisi degli anni Trenta. Una delle "soluzioni di salvataggio" si e'
ora riattualizzata, sotto la forma della privatizzazione.
Questa, concretamente, significa la svendita sul mercato (leggi:
deprezzamento) della fatica pluridecennale e di tutto cio' che le
generazioni prima di noi hanno creato con il lavoro collettivo, per
soddisfare gli appetiti delle grandi compagnie internazionali di
ottenere a basso costo i mezzi di produzione, la forza-lavoro,
determinate posizioni sui mercati esteri e cosi' via.
Lo strumento piu' utile per attuare questo processo e' proprio
l'assegnazione dei diritti di proprieta' agli individui, che
diventano di fatto proprietari isolati di piccole quantita' di beni,
il cui destino logico - nell'ambito di una liberalizzazione
generalizzata - e' un ambito di esistenza precario: la borsa.
Li', in un rapporto fittizio tra domanda ed offerta, si effettua la
trasformazione sostanziale della proprieta' o, per meglio dire, la
svendita ed il trasferimento della proprieta' dalle mani di quelli
che fino a ieri erano i produttori, ora promossi a piccoli
proprietari, alle mani delle grandi compagnie transnazionali.
Il processo di privatizzazione e', appunto, il processo di
ingrandimento della piccola proprieta', che oggi su scala mondiale si
attua sotto il giogo di alcune grandi istituzioni bancarie
investitrici. Anche se tutto cio' e' ancora lontano dal nostro mondo
[nota: l'articolo risale alla primavera del 2000... ndT],
bisognerebbe ben ricordare i nomi di questi enormi dragoni finanziari
che, in soli pochi minuti, possono devastare altrettanto grandi
economie, come erano fino a ieri quella russa, quella brasiliana, o
le economie dell'estremo Sud-est asiatico. Si tratta di compagnie dai
nomi accattivanti, ma dalle intenzioni, in fondo, pericolose, come
la "Goldman Sachs", la "G.P. Morgan", la "Morgan Stanley Dean
Witter", la "Merrevill Linch", ed alcune altre. Di questo molto
probabilmente vi convincerete presto anche da soli.
(Jugoslavo)
[Traduzione a cura della redazione di "Voce Jugoslava" su Radio
Citta' Aperta - http://www.radiocittaperta.it - ogni martedi dalle
ore 13 alle ore 14 in diretta radiofonica nel Lazio, ed ovunque via
internet]
DVOJICA TALIBANA SA BOSANSKIM PASOSEM U KABULU
Mudjahedini severne alijanse pronasli su 22. novembra dva bosanska
pasosa u jednoj kuci koju su talibani u bekstvu napustili.
Predsednik muslimansko hrvatske vlade, Alija Behmen, izjavio je da su
pasosi pripadali dvojici lica iz islamskih zemalja koja su bosansko
drzavljanstvo dobili, ali im je ono sada oduzeto. Prosle nedelje 94
stranca izgubila su bosansko drzavljanstvo u okviru mera koje vlada
sprovodi posle 11. septembra. Dzon Silvester, general Usa je naglasio da
ce njegove jedinice zajedno sa bosanskom policijom nastaviti da
"procesljavaju teren kako bi otkrili i unistili teroristicku mrezu koja
odavde planira napade i vrbuje pristalice."
Mujaheddin dell'alleanza del nord hanno ritrovato ieri due passaporti
bosniaci in una casa abbandonata dai taleban a Kabul. Il primo
ministro Alija Behmen della federazione musulmana croata ha detto che i
passaporti appartenevano a due islamici che avevano ottenuto la
cittadinanza bosniaca, ormai revocata. Dopo l'11 settembre, il governo
ha riesaminato le cittadinanze concesse a stranieri: la scorsa settimana
ne sono state revocate 94. John Sylvester, generale dell'esercito Usa,
ha detto che le sue unità e la polizia bosniaca continueranno a
"identificare ed eliminare la rete terroristica che da qui programma
attacchi e recluta seguaci".
(da "Il Manifesto" del 23 Novembre 2001)
FIGHTERS AND VICTIMS OF TERRORISM!
Date: Sun, 25 Nov 2001 03:03:34 +0100
From: "Vladimir Krsljanin" <vlada@...>
Appeal
PROTECT THE FREEDOM FIGHTERS
AND VICTIMS OF TERRORISM!
Monster-tribunal in the Hague, the most
outrageous instrument of international terrorism
have raised its third "indictment" against
Slobodan Milosevic and Serbian people.
The most consequent defender of the preservation
of Yugoslavia and of equality of its peoples,
strongest supporter of all peace plans of the
so-called International Community for Bosnian
civil war, person celebrated for Dayton-Paris
peace agreement is now charged for genocide and
all other evils in Bosnia!
Western governments destroyed the former
Yugoslavia in blood, terror and destruction,
directly and by supporting chauvinists as
democrats, and in alliance with Bin Laden & KLA
terrorists. With three "indictments" against
Slobodan Milosevic (Kosovo, Croatia and now
Bosnia) it appears that:
For all their crimes one man should be convicted
- Slobodan Milosevic!
For all their destruction one nation should pay -
Serbs!
If Slobodan Milosevic will be convicted, Republic
of Srpska will disappear and FR Yugoslavia
destroyed by NATO bombs will pay war
reparation, office of the Prime Minister of
Republic of Srpska Mr. Mladen Ivanic stated.
By such conviction of Serbian will for freedom,
Europe would totally loose its face and prove its
colonial status.
The Hague "tribunal" never charged single
Albanian terrorist despite they have been
organized, financed and trained by Osama Bin
Laden, among other American and international
terrorists.
Physical torture against president Slobodan
Milosevic is resumed - that's today's latest news
from the Hague. Electric light which was 24 hours
turned on in his prison cell in first weeks of his
illegal detention is turned ON AGAIN! Ten years
head of Serbian and Yugoslav state is prevented
from sleeping! Is it called 'democracy' or 'human
rights'?
In his open letter to presidents Bush and Putin,
famous Russian physicist, member of Russian
Academy of Sciences, professor Belokon'
proposed that Slobodan Milosevic should be
elected president of an International Committee
for Fight Against Terrorism.
This is one of crucial moments of our struggle. It
is time to
- give strong statements of support to president
Milosevic and against the terrorist "tribunal"
- send letters and petitions to the leaders of
Western countries
- bombard media with the truth
- demonstrate.
FREEDOM FOR FREEDOM FIGHTERS!
JAIL FOR TERRORISTS!
Subject: SPS: ZAUSTAVITI OPTUZBE PROTIV BORCA ZA MIR
Date: Fri, 23 Nov 2001 22:21:44 +0100
From: "Vladimir Krsljanin" <vlada@...>
Socijalisti~ka partija Srbije
Glavni odbor
Beograd, 23. novembar 2001. g.
SAOP[TEWE
Socijalisti~ka partija Srbije
najenergi~nije osu|uje i odbacuje besramne
tvrdwe iznete u politi~ki montiranoj
kvazioptu`nici protiv predsednika Slobodana
Milo{evi}a u vezi sa wegovom ma kakvom
odgovorno{}u za ratna zbivawa u biv{oj Bosni
i Hercegovini.
Dana{we saop{tewe portparola tzv.
tu`ioca kvazitribunala u Hagu, kojim se
iznosi tvrdwa da je predsednik Milo{evi}
odgovoran za genocid u biv{oj BiH predstavqa
jo{ jedan dokaz da je monstruozni tzv.
tribunal u Hagu institucija ~iji je iskqu~ivi
zadatak i svrha postojawa da okrivi srpski
narod za sva zbivawa vezana za razbijawe
nekada{we SFRJ, iako je on bio najve}a `rtva
tih zbivawa, a ~itav svet dobro zna da je
proces rasturawa Jugoslavije kreiran,
usmeravan i direktno rukovo|en upravo od
strane onih koji su stvorili i bili glavni
sponzori tzv. ha{kog tribunala. Re~ je o tome
da se `rtva proglasi krivcem, a da se krivica
zlo~inca sakrije.
Socijalisti~ka partija Srbije,
pru`aju}i punu podr{ku svom predsedniku
Slobodanu Milo{evi}u, isti~e da je upravo
predsednik Milo{evi} bio taj koji je kqu~no
doprineo uspostavqawu mira na teritoriji
nekada{we BiH i sklapawu Dejtonsko-Pariskog
mirovnog sporazuma. Ta wegova kqu~na uloga
priznata je od svih u svetu, ukqu~uju}i
svetsku organizaciju. Socijalisti~ka partija
Srbije nagla{ava da je na{a politika, ~iji
je kreator predsednik Milo{evi}, uvek bila
zasnovana na ideji mira i ravnopravnosti svih
qudi, naroda i dr`ava.
To join or help this struggle, visit:
http://www.sps.org.yu/ (official SPS website)
http://www.belgrade-forum.org/ (forum for the world
of equals)
http://www.icdsm.org/ (the international committee
to defend Slobodan Milosevic)
http://www.jutarnje.co.yu/ ('morning news' the only
Serbian newspaper advocating liberation)
Dopo un primo incontro a luglio tra i
delegati della Zastava di Kragujevac e il sindaco Massimo
Rossi, si è attivata un'iniziativa di solidarietà con i lavoratori
colpiti prima dalle bombe della NATO ed ora dai
licenziamenti massicci procurati dalle politiche "neoliberiste" del
nuovo governo serbo di Djindjic.
Anche a Grottamare, quindi, si dà vita a un primo nucleo di "adozioni
a distanza" dei figli degli operai della Zastava. Una
prima consegna dei fondi raccolti avverrà in occasione di
un'iniziativa contro "gli orrori delle 'nostre' guerre", organizzata
dal locale circolo del PRC:
Stragi di innocenti per bombe intelligenti, embarghi senza fine,
inquinamenti radioattivi, emergenze umanitarie, povertà, fame,
freddo...
li chiamano semplicemente
"EFFETTI COLLATERALI"
per mascherare
GLI ORRORI
DELLE "NOSTRE" GUERRE
Grottammare - Sala Kursaal - Lungomare Colombo
Domenica 25 Novembre - ore 17
Incontro dibattito
con
Padre J.M. Benjamin - Presidente del "Benjamin Committee for Iraq"
Andrea Catone - Presidente dell'Associazione "Most za Beograd"
Marinella Correggia - Giornalista, inviata nei campi profughi afgani
(comunicazione pervenuta da:
Most za Beograd - Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava
via Abbrescia 97 - 70121 BARI
tel/fax 0805562663 e-mail: most.za.beograd@... )
---
*** Trieste 28/11
"Oggi l'Afghanistan, ieri la Jugoslavia"
Cena e musica contro la guerra
e in solidarietà alle famiglie operaie della Zastava di Kragujevac
DALLA JUGOSLAVIA ALL'AFGHANISTAN
BASTA GUERRE!
Oggi l'Afghanistan, ieri la Jugoslavia.
Mentre siamo impegnati a lottare contro le nuove guerre
U.S.A. - N.A.T.O., continuano le iniziative di solidarietà
in favore dei lavoratori della Jugoslavia, dove è stato
dimostrato che la guerra imperialista non è mai uno
strumento di giustizia e di pace, e che a pagarne le
conseguenze sono le popolazioni, i lavoratori, la classe
proletaria.
In Jugoslavia la guerra è ancora evidente nelle distruzioni
provocate sul territorio, nelle tantissime fabbriche
distrutte dalle bombe umanitarie e dagli effetti
collaterali della contingente necessità. Per quelle ancora
in piedi o ricostruite, come la Zastava di Kragujevac, c'è
la cura dei piani economici del governo Dindijc, del gruppo
dei G-17, dei piani di smembramento eseguiti dalle
multinazionali dei vincitori.
Sensibili all'appello lanciato il 1° settembre dai
lavoratori occupati e disoccupati della fabbrica "Zastava"
di Kragujevac, e in sostegno alla campagna di adozioni a
distanza a favore delle famiglie operaie della Zastava
gestita direttamente dai lavoratori della fabbrica
automobilistica e rilanciata nel loro ultimo comunicato, il
gruppo Zastava Trieste e i compagni della Trattoria Sociale
di Contovello organizzano una
SERATA DI SOLIDARIETA'
A FAVORE DEGLI OPERAI DI KRAGUJEVAC
mercoledì 28 novembre 2001
presso la Trattoria Sociale di Contovello - Trieste
Il programma della serata:
Dalle ore 18.00 alle 19.30:
Proiezione di brevi video e materiale informativo di
aggiornamento sulla situazione jugoslava, illustrazione dei
progetti in atto e in cantiere, momenti di conviviale e
informale discussione.
Ore 19.30 cena:
Menù "balkanico" proposto: costine in umido alla macedone;
zuppa di carni, legumi e paprica dolce (o menu
vegetariano); contorni misti di verdure; dolci; vino e
bibite. A fine cena, caffè e rakija offerte dalla casa.
Ore 21.00
GINO D'ELISO E LA SUA BAND(A)
Canzoni e Musiche di confine
Ai convenuti per la cena verrà chiesto un contributo minimo
di £ 25.000 - concerto ad offerta libera.
Detratte le spese della cena, il rimanente sarà devoluto
per intero alla campagna adozioni.
Se qualcuno vorrà contribuire anche con un dolce, un
liquore, una bottiglia di buon vino sarà il benvenuto.
Sono gradite le prenotazioni:
Trattoria Sociale di Contovello: 040-225168
Gruppo Zastava Trieste: 338-9116688 040-416855
zastavatrieste@...
http://digilander.iol.it/zastavatrieste
organizzano:
Gruppo Zastava Trieste - Trattoria Sociale Contovello
Quando 5 fotografie possono raccontare più di 1000 parole...
(foto di Laura Bergamini)
WOMEN IN AFGHANISTAN, IN THE EIGHTIES
when five photos can say more than 1000 words
(pictures taken by Laura Bergamini)
> http://www.linearossage.it/public/donna_afghane_anni80.htm
Foto n.1 : Universita' di Kabul -1980
Foto n.2 : Difesa armata di una cooperativa agricola -1987
Foto n.3 : Milizie popolari femminili -1983
Foto n.4 : Operaie di una fabbrica tessile di Kabul -1982
Foto n 5 : Periferia di Kabul. Moderni condomini per i lavoratori
costruiti dal potere popolare -1985
> http://www.linearossage.it/public/donna_afghane_anni80.htm
Die Jugoslawisch-Österreichische Solidaritätsbewegung lädt ein zur
Buchpräsentation und Diskussion:
Kurt Köpruner
R E I S E N I N D A S L A N D D E R K R I E G E
Erlebnisse eines Fremden in Jugoslawien
Termin: Freitag, 30. November 2001, 19.00 Uhr
Ort: Afro-Asiatisches Institut, 1090 Wien, Türkenstraße 3
Vortrag/Lesung: Kurt Köpruner, Autor
"... und teile mit Ihnen Zorn und Klarheit.
Ich wünsche Ihnen noch und noch nachdenkliche Leser."
Peter Handke in einem persönlichen Brief an den Autor.
Als Manager einer deutschen Maschinenbauagentur reiste der Vorarlberger
Kurt Köpruner seit 1990 durch den Balkan. Zahlreiche persönliche
Erlebnisse ließen ihn bald an der offiziellen Version über die Kriege
zweifeln. Sein nun in Buchform erschienener Bericht hat schon nach
wenigen Wochen für Aufsehen gesorgt.
Expertenmeinungen:
"... hinreißend erzählt." (Dr. Peter Glotz im Vorwort)
"... in einem Zug durchgelesen." (Dr. Heinz Loquai, Brigadegeneral a.
D., Autor)
"... spannend, sehr spannend." (Mira Beham, Autorin des Bestsellers
"Kriegstrommeln")
"... eindringlich und sehr atmospärisch." (Dr. Malte Olschewski, früher
ORF)
Aus Pressekommentaren:
DIE PRESSE: Köpruners klug gegliedertes Werk orientiert sich mehr an den
Werken englischer Historiker denn an deutschen Kriegsreportagen. Der
Autor bleibt konkret, wo andere mutmaßen.
Vorarlberger Nachrichten: Der Autor fragt mit bestechender Klarheit und
ohne vorgefertigte Urteile: Wie hat das kommen können? Wer Antworten
möchte, dem ist das Buch zu empfehlen.
Leipziger Volkszeitung: Dieses überaus spannende Buch ist nicht nur für
den Balkan-Laien, sondern auch für den Experten geeignet, weil es die
menschliche Dimension der Konflikte beleuchtet.
Neues Deutschland: Der besondere Wert dieses Buches besteht darin, dass
es nicht in Archiven entstanden ist, sondern auf teils abenteuerlichen
Entdeckungstouren im Lande selbst.
Junge Welt: Es gibt nur wenige politische Bücher, die hochkomplexe
Zusammenhänge auf derart anschauliche Art zu zeichnen in der Lage sind,
dass man sie nicht weglegen mag.
Kurt Köpruner:
Reisen in das Land der Kriege - Erlebnisse eines Fremden in Jugoslawien
Vorwort von Peter Glotz - ISBN 3-88520-801-6, 352 Seiten, geb., ATS
284,00, EURO 19,90
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Jugoslawisch Österreichische Solidaritätsbewegung JÖSB
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Tel&Fax: (+43 1) 924 31 61
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AMSELFELD KOMMENTAR
17.11.2001
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WAHLEN UND DIE WAHREN SIEGER
In Kosovo fanden Wahlen statt. In der Provinz, die seit zwei
Jahren von der NATO kontrolliert wird, gab es in dieser Zeit mehr
Morde und Entführungen als im halbem Jahrundert zwischen dem
Zweiten Weltkrieg und dem NATO-Einmarsch, einschließlich
Bombardierung im Frühjahr 1999. Mehr als 300.000 Serben, Roma,
ethnische Türken, slawische Moslems und auch ethnische Albaner,
die mit der Politik der regierenden Extremisten nicht
einverstanden sind, wurden vertrieben. Trotzdem spricht die NATO
von Freiheit, Menschenrechten und Demokratie in Kosovo heute.
Die OSZE spricht von einer Wahlbeteiligung von 46% aller Serben,
die sich registrieren ließen. Von mehr als 300.000 serbischen
Einwohnern der Provinz ließen sich etwa 180.000 für diese Wahlen
registrieren. Bei den meisten Registrierten handelt es sich um
Vertriebene, die jetzt in Zentralserbien leben und in das Kosovo,
in dem jetzt laut NATO "Demokratie, Frieden und Menschenrechte"
herrschen, nicht zurückkehren dürfen.
Die prowestlichen Regierungen Jugoslawiens und Serbiens haben die
schändliche Aufgabe übernommen, Druck auf die Serben in Kosovo
und Metochien auszuüben, an diesen Wahlen teilzunehmen. Trotz
allem Druck, Versprechungen und Drohungen, beugten sich die
Serben auf dem Amselfeld nicht. Sie haben verstanden, daß sie
sich auf niemanden mehr verlassen können als auf sich selbst und
auf Gott.
Das serbische Volk in Kosovo und Metochien lebt. Es wird
vertrieben und geschlagen, auf der Straße ermordet (Pristina),
bei Erntearbeiten erschossen (Gracko), bei Gottesdienstbesuchen
erschlagen (Prizren). Seine Heiligtümer werden geschändet und
zerstört. Seine Kinder werden aus Schulen in Zelte vertrieben
(Lipljan). Es wird in Gettos gezwängt (Orahovac). Trotzdem leben
und überleben die Serben, auf sich selbst gestellt, so wie sie es
in den fünf Jahrhundert unter dem türkischen Joch getan haben. Es
ist nicht zufällig, daß gerade heute im serbischen Krankenhaus
von Kosovska Mitrovica mehr Kinder geboren werden als je zuvor
und daß im nördlichen Amselfeld wieder Kirchen gebaut werden.
Verlassen von den Mächtigen dieser Welt, kehrt das selbische Volk
auf dem Amselfelde zu sich selbst und seinem christlichem Glauben
zurück, den er so oft teuer und mit viel Blut bezahlt hat.
Den Wahlen, der NATO, dem Belgrader Marionettenregime zum Trotz
ist dieses Volk mit seinem Überlebenswillen der wahre Sieger
heute.
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Redaktion Amselfeld.com
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AMSELFELD KOMMENTAR
19.11.2001
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EIN INTERESSANTES ERGEBNIS
Die Wahlen in der serbischen Provinz Kosovo und Metochien mögen
einen Herrn Rugova als selbsternannten Sieger hervorgebracht
haben, welcher allerdings doch erheblich weniger Stimmen bekam
als von ihm selbst noch am Tage nach der Wahl behauptet. Er wird
nicht allein in der Provinz schalten und walten können wie es ihn
die UN-Verwaltung UNMIK läßt, er wird sich einen (oder mehrere)
Koalitionspartner suchen müssen. Viel Auswahl hat er dabei nicht.
Eigentlich stehen ihm hierfür nur die UCK-Führer Hasim Taci und
Ramuz Hajradinaj zur Verfügung, beide Verbrecher und
verantwortlich für das unsägliche Leid von zahllosen
Nichtalbanern in der Provinz. Das paßt aber nicht zum Nimbus
Rugovas als dem "Gandhi des Kosovo" wie ihn der Serbenhasser
Stephan Israel in der gestrigen Frankfurter Rundschau betitelte.
Somit bliebe dem "Friedensfürsten" Rugova eigentlich nur das
Bündnis mit dem verhaßten "serbischen Feind", den seine
Landsleute von der UCK in Kosovo und Metochien bereits beinahe
ausgerottet haben. Nur dieses wird er seinem Wahlvolk nicht
verkaufen können, aber vielleicht hat ja hierfür die
Internationale Staatengemeinschaft eine ihrer vielen
Patentlösungen parat, man wird abwarten müssen.
Was hat die nichtalbanische Bevölkerung von dieser Wahl?
Zumindest bekam sie heute von höchster Stelle in der EU
dahingehend Unterstützung, daß ihre Provinz nicht in eine
albanische Unabhängigkeit entlassen wird - übrigens das erste
klare internationale Bekenntnis der Zugehörigkeit der Provinz
Kosovo und Metochien zu ihrem Mutterland - aber desweiteren? Es
ist noch nicht einmal klar, wie die nichtalbanischen Abgeordneten
in ihr "Parlament" gelangen sollen, ohne von einem albanischen
Mob verfolgt, angegriffen, verprügelt oder gar getötet zu werden.
Es könnte diesen Abgeordneten leicht gehen, wie denen die sie
vertreten sollen, sie werden von den Albanern terrorisiert,
vertrieben, geschlagen und nicht selten ermordet. Ein denkbar
solides Fundament für eine Demokratie.
Genauso solide wie das Verfahren zur Registrierung der
nichtalbanischen Wähler, bei dem zahllose Vertriebene und auch in
der Provinz lebende Wahlberechtigte unterschlagen wurden, aber
selbst damit ließ sich die albanische Lüge von ihrem 90
prozentigen Bevölkerungsanteil in der Provinz nicht aufrecht
erhalten. Immerhin haben die nichtalbanischen Wähler trotz
deutlich geringerer Wahlbeteiligung ca. 20 Prozent der Stimmen
abgegeben. Man kann sich also leicht ausrechnen, wie eine Wahl
unter Beteiligung wirklich aller Wahlberechtigten der Provinz
ausgegangen wäre. So gesehen, ein durchaus interessantes
Ergebnis.
Dieser Beitrag wurde vorbereitet von:
Redaktion Amselfeld.com
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Subject: Kosovo: freie Wahlen?
Date: Wed, 21 Nov 2001 21:37:08 +0100
From: joesb@...
Organization: JOeSB Aktuell
Von der Presse wurden die von der Protektoratsverwaltung organisierten
Wahlen vom 17. November als der erste demokratische Urnengang in der
Geschichte des Kosovo überhaupt gefeiert. Der Wahrheitsgehalt dieser
Berichterstattung ist indes ungefähr genau so groß, wie jener über die
"humanitären" Ziele des Bombardements und die Verwirklichung eines
"multiethnischen" Kosovo durch die NATO.
Tatsächlich ging es um etwas ganz anderes, nämlich der bisher nur von
der sogenannten "internationalen Gemeinschaft" legitimierten
NATO-Besatzung eine Rechtfertigung auch durch Wahlen zu geben. Doch die
Bedingungen für freie und demokratische Wahlen sind entgegen den
Behauptungen der Kolonialorgane keineswegs gegeben: Die verbliebenen
Serben im Kosovo können sich nach wie vor nicht frei bewegen.
Insbesondere in den kleinen Enklaven im Süden sind selbst
selbstverständliche Tätigkeiten des Alltagsleben, wie Einkaufen oder
Schulbesuch, lebensgefährlich und immer noch werden Serben Opfer
nationalistisch motivierter Morde. Die Enklaven sind auf Gedeih und
Verderb dem Schutz der NATO ausgeliefert, von der die Eingeschlossenen
wissen, dass diese vermeintlichen Beschützer letztlich ebenfalls gegen
sie stehen. In diesem Klima der Einschüchterung, das dazu dient, die
wenigen ausharrenden Serben ebenfalls zu vertreiben und den Kosovo so
endgültig serbenfrei zu machen, ist an einen demokratischen Wahlkampf
nicht im entferntesten zu denken. Hinzu kommen die Hunderttausenden
vertriebenen Serben, die sich zwar registrieren lassen konnten, deren
Zahl mit 178.000 aber weit unter jener vor der NATO-Okkupation
liegt. Ohne Rückkehr der Vertriebenen wird der nichtalbanische Anteil am
Elektorat jenen des Vorkriegsstatus niemals erreichen können. Wenn man
weiß, wie gefährlich das Leben der wenigen von der Okkupationsbehörde
beschäftigten Serben ist, von denen bereits einige ihr Leben lassen
mussten, so ist klar, dass die nun in die Institutionen gewählten
serbischen Vertreter bestenfalls als demokratisch Tarnung benutzen
werden.
Dass die NATO alles versuchen würde, sich mittels der Abhaltung von
Wahlen zu legitimieren war klar. Doch wirklich schlimm ist, dass die
prowestliche DOS-Regierung in Serbien dieses schmutzige Spiel mitspielte
und so diesem Versuch letztendlich erst zum Erfolg verhalf. In dem sie
zur Beteiligung an den Wahlen aufrief, hat sie die UNMIK und die hinter
ihr stehende NATO-Besatzungsmacht anerkannt. So wird den albanischen
Parteien die Plattform bereitgestellt, auf der sie für die Sezession der
Provinz wirken können. Wie bei der Auslieferung von Milosevic an das
Haager Inquisitionsgericht ist die Absolution ein glatter Verrat an den
Interessen des serbischen und jugoslawischen Volkes. Ein zweites Mal hat
Djindjic belegt, dass er der neue Nedic ist.
Einen Lichtblick gibt es jedoch. Vergleicht man die Wahlbeteiligung der
Serben, dann ist sie sowohl in den Enklaven und in Serbien selbst hoch,
in Kosovska Mitrovica im Norden des Kosovo aber signifikant geringer.
Das lässt sich nur damit erklären, dass in diesem letzten verbleibenden
kompakten serbischen Teil der Provinz der Volkswiderstand und seine
Organisationen intakt sind. Ihre Unabhängigkeit und Opposition
gegenüber der DOS unter Beweis stellend, leisteten die Serben der
geteilten Stadt und der umliegenden Gemeinden mehrheitlich dem Aufruf
zum Boykott der undemokratischen und unfreien Wahlen Folge. Sie
verweigern damit dem Protektorat die Legitimität und das ist gut so.
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Jugoslawisch Österreichische Solidaritätsbewegung JÖSB
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L'ambasciatore USA nella RF di Jugoslavia William Montgomery, nel corso
di una visita effettuata nei giorni scorsi a Titograd/Podgorica, ha
comunicato al presidente separatista, il filoamericano Djukanovic, la
sua approvazione per fissare al 55 per cento la soglia di maggioranza
perche' gli esiti del referendum per l'indipendenza del Montenegro, da
tenersi nella prossima primavera, siano riconosciuti validi.
In questa maniera gli USA si inseriscono esplicitamente nella contesa in
atto sulla legittimita' e sui criteri di validazione del referendum
stesso, sancendo il loro appoggio alla linea estremista ed eversiva di
Djukanovic, contro la unita' della RF di Jugoslavia e contro
l'orientamento prevalente nella Unione Europea, apparentemente assai
piu' preoccupata per la stabilita' della regione.
(Italo Slavo)
MONTGOMERY SPEAKS WITH DJUKANOVIC
PODGORICA, Nov. 20 (Beta) - US ambassador to Yugoslavia, William
Montgomery, on Nov. 20, during a meeting with Montenegrin President Milo
Djukanovic in Podgorica, said that "the most important thing is to leave
the current no-win position" in Serbian-Montenegrin relations.
In an announcement, Djukanovic's office quoted Montgomery saying that
"an agreement of all political entities should be made on the conditions
for a referendum" in Montenegro.
"Stressing that the international community is not familiar with a magic
number regarding the referendum majority and that there are no
international standards on the matter, Montgomery said that an agreement
on this issue should lead towards an acceptable solution for all, which
will guarantee political stability in Montenegro," the announcement
said.
Djukanovic said that the Montenegrin authorities were ready to continue
the dialog between all political entities and were "absolutely willing
to reach a political agreement on the conditions for a referendum."
He also said that the agreement could be "on the line offered by the
leading Democratic Party of Socialists," headed by Djukanovic.
MONTGOMERY SUGGESTS 55:45 FOR INDEPENDENCE
PODGORICA, Nov. 20 (Beta) - On the cover of its Nov. 21 issue, the
Podgorica daily Vijesti says that U.S. ambassador William Montgomery
said in talks in Podgorica that, for the international community, a
compromise solution concerning the referendum majority would be that 55
percent of voters voted for independence at the announced referendum.
According to Vijesti, Montgomery made the suggestion in talks with the
Montenegrin leadership, pointing out that this was his personal opinion
and not that of the U.S. government.
+++ Montenegro: Montgomery nimmt Stellung +++
BELGRAD, 21. November 2001. Der US-Botschafter in Jugoslawien
William Montgomery sagte, daß die jugoslawische Teilrepublik
Montenegro unabhängig werden könne, wenn mindestens 55 Prozent
aller Bürger Montenegros an einem Referendum mehrheitlich für die
Unabhägigkeit stimmen. Von der jugoslawischen Opposition wird
Montgomery als der "Gauleiter Serbiens" bezeichnet, da die
prowestlichen Regierungen Jugoslawiens, Serbiens und Montenegros
keine wichtige Entscheidung ohne die Zustimmung Montgomerys
treffen. BETA
(Aus: AMSELFELD NEWSLETTER 21.11.2001 - http://www.amselfeld.com)
UNCLEAR ISSUES ABOUT MONTENEGRIN REFERENDUM'S OUTCOME
PODGORICA, Nov 23 ( Beta) - British Ambassador to Yugoslavia Carles
Crawford told BETA on Nov. 22, that a referendum on the future status of
Montenegro, which would not contribute to settling problems within the
Yugoslav federation, would be counterproductive.
Reiterating that the EU supported a democratic Montenegro and a
democratic Serbia within a democratic Yugoslavia, Crawford said that
regardless of the referendum's outcome, terrain for any possible outcome
was not yet well enough prepared.
Crawford also said that the EU was concerned with the high probability
of the proindependence option receiving a majority in the referendum,
without it being a legitimate majority.
Crawford confirmed that during his visit to Podgorica on Nov. 20, U.S.
Ambassador to Yugoslavia William Montgomery said that a 55 percent
majority of the referendum turnout would be necessary for a legitimate
referendum decision.
Gorski Kotar... Ora, dopo l’introduzione della kuna, mi ritorna in
mente come i miei compagni sono morti sgozzati o ammazzati dagli
ustascia".
ISTRA I POMIRBA
U zadnje je vrijeme cesto u opticaju termin pomirba. Sama po sebi ta
rijec zvuci dosta simpaticno i na prvi pogled ljudima sklonima povrsnom
prihvacanju pojmova moze biti i prihvatljiva, sve dok se ne otkriju
pravi ciljevi.
Nesporno je, da su "pomirbu" pokrenuli i u njoj su najglasniji upravo
oni koji su 45 godina uporno odbijali da se pomire i primire, a za to
su vrijeme planirali, pokusavali i izvodili teroristicke akcije protiv
svoga naroda. Oni su jedva docekali otvaaranje novog sukoba vidjevsi u
njemu sansu z arevans odnosno za pretvaranje poraza u pobjedu u
novonastalim uvjetima.
Pravi cilj je medjutim bio nacionalisticka homogenizacija hrvata
posebno onih nacionalno neopterecenih i eliminiaaranje ideoloske
komponente za prirodni sukob izmedju dobra i zla. Uz tvrdnju, da se
sinovi partizna i ustasa bore na istoj strani oni su treba sto
propagandom sto silom vlast, uspjeli mobilizirat, da se u zajednickim
rovovima sa ustasama bore i unistavaju one vrijednosti koje su stvarali
njihovi roditelji.
Da se sada osvrnem malo na situaciju i prilike kod nas u Istri. Tko s
kime bi se trebao pomiriti i tko kome bi trebao oprostiti. Naime i u
tom dijelu je situacija bitno razlicita od ostalih dijelova Hrvatske.
Ustvari u Istri srecom ustasa za vrijeme rata, pa sve do 1991 nije ni
bilo, odnosno nisu se javno deklarirali. Nije bilo ni domobrana osim
jedne jedinice koja je formirana na Porecstini 1944. I koja je dan
nakon formiranja unistena u borbi. Medjutim istrani su imali itekako
bolno iskustvo sa fasizmom, iskusali su njegovo djelovanje uz
stanovnistvo okupirane Dalmacije i Slovenskog primorja gotovo dva
desetljeca prije od ostalih Jugoslavenskih naroda. Imali su i vremena i
snage da na osnou vlastitog iskustva izgrade pozitivne stavove.
Sto se tice pomirbe i oprosta svima onima koji su na bilo koji nacin i
iz bilo kojih razloga bili ukljuceni u fasisticki pokret ili
institucije, a za koje se ustanovilo iznalo, da nisu pocinili zlocine
prema svom narodu, narod Istre je oprostio jos davno. Mnogi od njih su
se nakon kapitulacije Italije ukljucili u partizanske jedinice. Nakon
rata ti su ljudi postali punopravni clanovi drustva i institucija.
Ne bih postavljao osnovno filozofsko pitanje sto je moguce, a sto je
nemoguce pomirit. Dali je moguce pomirit takve suprotnosti kao
partizanski i ustaski pokret. Medjutim moze se slobodno postavit
pitanje tko je taj koji moze ili treba oprostiti i u cije ime.Nisam
siguran da smo za to kompetentni mi iz poslijeratne generacije pogotovo
dok su jos zivi ucesnici. Prezivjele partizane treba o tome pita.
Ovo sto sam iznio je vlastiti pogled bez pretenzije dda moze biti
prihvatljiv za svakoga, on moze biti i osporavan, medjutim usudio bih
se vjerovat da je on prihvatljiv za mnogo istrana, a u to uvjerenje
gradim osim na poznavanje okoline u kojoj zivim, takodjer i na
raspolozenju i atmosferi koja je vladala prilikom proslogodisnje
proslave jubileja 50 - godisnjice osnivanja 43. Istarske divizije u
Pulskoj areni.
U prilog tome naveo bih rijeci meni nepoznatog partizana koje sam cuo u
prolazu, a vezano je za pojavu kune. Koliko sam uspio zapamtit rekao je
otprilike slijedece : "Vec sam poceo zaboravljat kako su mi izginuli
borci u Gorskom kotaru, a nakon uvodjenja kune vratilo mi se sijecanje
za svakog pojedinog druga kako je zakoljen ili ubijen od ustasa".
Vlado Kapuralin, Pula krajem 2.000.
L'ISTRIA E LA PACIFICAZIONE
Ultimamente si sente spesso nominare il termine "pacificazione". La
parola in se stessa risuona abbastanza simpaticamente e, allo stesso
momento, per le persone che accettano superficialmente i concetti puo’
essere anche accettabile, fintantoche’ non se ne scoprono i veri
obiettivi.
E’ vero senz’altro che promuovono "la pacificazione", e attraverso di
essa si fanno oggi sentire con piu’ forza, proprio quelli che per 45
anni ostinatamente hanno rifiutato di pacificarsi e di calmarsi e in
tutto questo periodo hanno pianificato, hanno cercato ed effettuato
azioni terroristiche ai danni del proprio popolo. Essi non aspettavano
altro che l’inizio di un nuovo scontro, vedendo in esso l’occasione per
trasformare la sconfitta, sotto nuove condizioni, in vittoria.
Il vero scopo era l’omologazione in senso nazionalista dei croati,
particolarmente di quelli non ossessionati dal nazionalismo, e
l’eliminazione della componente ideologica dallo scontro naturale tra
bene e male. Con la tesi secondo cui i figli dei partigiani e quelli
degli ustascia avrebbero lottato dalla stessa parte, costoro, sia con
la propaganda che con la violenza del potere, sono riusciti a
diffondere l’idea che assieme agli ustascia, nelle stesse trincee,
abbiano lottato e distrutto i valori per i quali combatterono i loro
padri.
Voglio soffermarmi ora sulla situazione e le circostanze qui da noi in
Istria. Chi dovrebbe pacificarsi con chi, e chi dovrebbe perdonare chi?
Per dire, in questa regione la situazione era diversa che nelle altri
parti della Croazia. Infatti in Istria, fortunatamente, durante la
guerra 1941 - 1945, come nemmeno dopo il 1991, non c’erano ustascia,
cioe’ non dichiaravano pubblicamente di esserlo. Non c’erano nemmeno
i "domobrani" [altri corpi collaborazionisti dei tedeschi, ndt],
eccetto una unita’ formata a Parenzo nel 1944, e che il giorno dopo
esser stata formata nello scontro bellico fu distrutta. Pero’ gli
istriani hanno avuto una ben triste esperienza con il fascismo. Lo
hanno subito, insieme alla cittadinanza della Dalmazia occupata e del
Litorale sloveno, per almeno una ventina di anni prima degli altri
jugoslavi. Hanno avuto il tempo ed anche la forza per costruire con la
propria esperienza posizioni positive.
Per quanto riguarda la pacificazione ed il perdono verso tutti coloro i
quali, in qualunque maniera o per qualsiasi ragione fossero inseriti
nel movimento o nelle istituzioni fasciste, si e’ constatato e saputo
che non commisero crimini contro il proprio popolo, la gente istriana
ha perdonato da tempo. Dopo la Guerra di Liberazione, queste persone
sono diventate membri della societa’ e delle istituzioni con pari
diritti.
Non sto ponendo una domanda filosofica fondamentale su cosa si puo’ e
cosa non si puo’ pacificare. Ma se si possano pacificare contraddizioni
quali quelle tra il movimento partigiano e quello degli ustascia.
Pero’, senz’altro ci si puo’ chiedere chi e’ colui che potrebbe o
dovrebbe perdonare, e a che titolo. Non sono sicuro che siamo noi,
della generazione del dopoguerra, competenti in merito, in particolare
mentre sono ancora vivi i veterani della Guerra di Liberazione. E’ ai
partigiani sopravvissuti che si dovrebbe chiedere cio’.
Questa che ho esposto e’ la mia visione, senza la pretesa che sia
accettabile da tutti. Essa puo’ essere anche contestata, pero’ voglio
credere che essa e’ accettata dalla maggior parte degli istriani, e
questo lo dico non solo conoscendo l’ambiente nel quale vivo, ma anche
in base all’atmosfera che regnava nell’Arena di Pola l’anno scorso,
durante la celebrazione del 50-mo anniversario della formazione della
43-ma divisione istriana [dell’Esercito Popolare di Liberazione, ndt].
A testimonianza di cio’ annoterei anche le parole che ho sentito in
quella occasione da un partigiano a me sconosciuto, che riguardavano la
circolazione della "kuna" [la famigerata moneta dello stato fascista di
Pavelic, reintrodotta nel 1993; ndt]. Per quanto riesco a ricordare, mi
disse: "Ero riuscito a malapena a dimenticare come morirono i miei
compagni a Gorski Kotar [regione vicino alla citta’ di Fiume, ndt].
Ora, dopo l’introduzione della kuna, mi ritorna in mente come i miei
compagni sono morti sgozzati o ammazzati dagli ustascia".
Vlado Kapuralin, Pola, fine 2000
TERRORISM WHEN IT DOESN'T HIT AMERICA?
Date: Wed, 21 Nov 2001 22:18:09 +0100
From: "Vladimir Krsljanin"
WHAT HAPPENS TO TERRORISM
WHEN IT DOESN'T HIT AMERICA?
Series of UN Security Council Resolutions
in 1998 on situation in Serbian province
of Kosovo treated issue of terrorism,
it's consequences and it's foreign
support. Despite the strong words, there
was NO ACTION against it. Instead, these
resolutions contained much stronger
criticism and even treats against legal
authorities of Serbia and Yugoslavia,
that conducted legal struggle against
terrorism.
Today it is obvious - all that was only a
planned creation of atmosphere for the
illegal and criminal 1999 NATO aggression
against Yugoslavia - conducted in the
ALLIANCE with the terrorist organization
KLA - a part of the international
terrorist network:
"Fatos Klosi, the head of Shik, the Albanian intelligence service,
said last week that Bin Laden had visited Albania himself. His was
one of several fundamentalist groups that had sent units to fight in
Kosovo, the neighbouring Muslim province of Serbia, Klosi said.
"Egyptians, Saudi Arabians, Algerians, Tunisians, Sudanese and
Kuwaitis - they come from several different organisations." Klosi
said he believed terrorists had already infiltrated other parts of
Europe from bases in Albania through a traffic in illegal migrants,
who have been smuggled by speedboat across the Mediterranean
to Italy in huge numbers." The Sunday Times, November
29, 1998: BIN LADEN OPENS EUROPEAN TERROR BASE
IN ALBANIA by Chris Stephen, Tirana
And than it also becomes obvious why there is no
mentioning of the word 'terrorism' in the famous UN
Security Council Resolution 1244 (1999) which
subsequented the end of NATO aggression. It only
mentions 'disarmament of KLA and other groups',
that never took place because somebody needed to
prolong terror in Kosovo and to add some terrorism
to other Serbian southern areas and of course to
Macedonia that hoped all the time it is a NATO ally.
So, again, unless it is abolished or substantially
changed: NATO HAS NO ALLIES - IT ONLY HAS
FUTURE VICTIMS.
It is now sad and funny at the same time
to see three times repeated demand (in
1998 Resolutions) of Security Council to
Kosovo Albanian leaders to condemn (at
least) terrorism publicly. No matter that
they acted all the time 'under Chapter
VII of the UN Charter', glorious UN
ambassadors never noted in their
documents incompliance of Albanian
leaders to that demand. But, as a matter
of curiosity, it was done by the NATO
Secretary General in his letter to the UN
colleague (together with the notification
of all Serbian "sins") on March 23, 1999,
just a day before the largest criminal
act started.
So, lets take a look to the quotes from
the official Security Council documents.
Perhaps they still produce some
obligation. But anyhow, they are A
LESSON.
RESOLUTION 1160 (1998)
Adopted by the Security Council at its
3868th meeting,
on 31 March 1998
The Security Council, (...)
Condemning the use of excessive force by
Serbian police forces against civilians
and peaceful demonstrators in Kosovo, as
well as all acts of terrorism by the
Kosovo Liberation Army or any other group
or individual and all external support
for terrorist activity in Kosovo,
including finance, arms and training,
(...)
Acting under Chapter VII of the Charter
of the United Nations, (...)
2. Calls also upon the Kosovar Albanian
leadership to condemn all terrorist action, and
emphasizes that all elements in the Kosovar
Albanian community should pursue their goals by
peaceful means only;
3. Underlines that the way to defeat
violence and terrorism in Kosovo is for
the authorities in Belgrade to offer the
Kosovar Albanian community a genuine
political process; (...)
8. Decides that all States shall, for the
purposes of fostering peace and stability
in Kosovo, prevent the sale or supply to
the Federal Republic of Yugoslavia,
including Kosovo, by their nationals or
from their territories or using their
flag vessels and aircraft, of arms and
related matériel of all types, such as
weapons and ammunition, military vehicles
and equipment and spare parts for the
aforementioned, and shall prevent arming
and training for terrorist activities
there; (...)
RESOLUTION 1199 (1998)
Adopted by the Security Council at its
3930th meeting on 23 September 1998
The Security Council, (...)
Recalling its resolution 1160 (1998) of
31 March 1998, (...)
Condemning all acts of violence by any
party, as well as terrorism in pursuit of
political goals by any group or
individual, and all external support for
such activities in Kosovo, including the
supply of arms and training for terrorist
activities in Kosovo and expressing
concern at the reports of continuing
violations of the prohibitions imposed by
resolution 1160 (1998), (...)
Acting under Chapter VII of the Charter
of the United Nations, (...)
6. Insists that the Kosovo Albanian leadership
condemn all terrorist action, and emphasizes
that all elements in the Kosovo Albanian
community should pursue their goals by peaceful
means only; (...)
11. Requests States to pursue all means
consistent with their domestic
legislation and relevant international
law to prevent funds collected on their
territory being used to contravene
resolution 1160 (1998); (...)
RESOLUTION 1203 (1998)
Adopted by the Security Council at its
3937th meeting,
on 24 October 1998
The Security Council, (...)
Recalling its resolutions 1160 (1998) of
31 March 1998 and 1199 (1998) of 23
September 1998, and the importance of the
peaceful resolution of the problem of
Kosovo, Federal Republic of Yugoslavia,
(...)
Condemning all acts of violence by any
party, as well as terrorism in pursuit of
political goals by any group or
individual, and all external support for
such activities in Kosovo, including the
supply of arms and training for terrorist
activities in Kosovo, and expressing
concern at the reports of continuing
violations of the prohibitions imposed by
resolution 1160 (1998), (...)
Acting under Chapter VII of the Charter
of the United Nations, (...)
4. Demands also that the Kosovo Albanian
leadership and all other elements of the Kosovo
Albanian community comply fully and swiftly with
resolutions 1160 (1998) and 1199 (1998) and
cooperate fully with the OSCE Verification
Mission in Kosovo; (...)
10. Insists that the Kosovo Albanian
leadership condemn all terrorist actions,
demands that such actions cease
immediately and emphasizes that all
elements in the Kosovo Albanian community
should pursue their goals by peaceful
means only; (...)
Letter dated 23 March 1999 from the
Secretary-General
of the North Atlantic Treaty Organization
addressed
to the Secretary-General
I am writing to provide you with a
further report on compliance by the
parties to the conflict in Kosovo with
Security Council resolutions 1199 (1998)
of 23 September 1998 and 1203 (1998) of
24 October 1998 and by the authorities of
the Federal Republic of Yugoslavia
(Serbia and Montenegro) with commitments
provided to NATO on 25 October 1998.
(...)
Enclosure
North Atlantic Treaty Organization
compliance report for Kosovo
16 January-22 March 1999
Table 1*
United Nations Security Council
resolution 1199 (1998)
Resolution tenet
Related activity
(...)
(...)
10. Kosovo
Albanian
leadership:
Condemn all
terrorist
activity.
There has been no
public declaration
by either political
or military
leadership to
denounce alleged UCK
acts of terrorism in
the reporting
period.
(...)
To join or help this struggle, visit:
http://www.sps.org.yu/ (official SPS website)
http://www.belgrade-forum.org/ (forum for the
world of equals)
http://www.icdsm.org/ (the international
committee to defend Slobodan Milosevic)
http://www.jutarnje.co.yu/ ('morning news' the
only Serbian newspaper advocating liberation)
> http://www.suc.org/news/world_articles/handke_interview.html
---
> http://web.archive.org/web/20010222232308/
www.marx2001.org/crj/INTELL/handke.html
Peter Handke e' uno dei più significativi autori della letteratura
contemporanea di lingua tedesca. Di Handke è il libro "Gerechtigkeit
fuer Serbien - Eine winterliche Reise zu den Flüssen Donau, Save,
Morawa und Drina" (Suhrkamp 1996 - nella versione italiana: "Giustizia
per la Serbia - Viaggio d'inverno lungo i fiumi Danubio, Sava, Morava e
Drina", Einaudi 1996), nonchè una "Appendice estiva" al Viaggio
d'Inverno, "Sommerlicher Nachtrag zu einer winterlichen Reise" (sempre
per i tipi Einaudi nell'edizione italiana: "Appendice Estiva a un
viaggio d'inverno", Einaudi 1997, lire 10mila).
Entrambi i racconti, insieme a tutte le prese di posizione dell'autore
contro la disinformazione e la demonizzazione del popolo serbo, hanno
suscitato grande scandalo soprattutto nei paesi di lingua tedesca.
INTERVISTA A PETER HANDKE
effettuata dal giornalista televisivo tedesco Martin Lettmayer nel
gennaio 1997 e trascritta in inglese sul sito del Congresso dell'Unità
Serba. Le note tra parentesi quadre sono del traduttore J. Peter Maher,
a meno di altra indicazione.
Oggi, molte settimane dopo l'apparizione del suo libro, come si sente?
Come mi sento? Bene, sono contento di averlo scritto. Naturalmente sono
grato al mio editore che lo ha pubblicato, dopo che ha riscosso tanta
attenzione sui quotidiani.
E' stato pubblicato per questo o nonostante questo?
No, si era già deciso che questa storia sulla Serbia sarebbe uscita un
paio di settimane dopo il pezzo sulla Suddeutsche Zeitung.
L'idea di scrivere un libro e' nata insieme alla sua decisione di
intraprendere il viaggio?
Il viaggio volevo farlo comunque. Durante il viaggio, come ho
sottolineato altrove, non ho preso appunti su quanto vedevo in Serbia.
E' stato durante il viaggio di ritorno, lasciata la Serbia, mentre
guidavo attraverso l'Ungheria verso Ovest, attraverso l'Austria e la
Germania, che gradualmente mi sono reso conto del contrasto tra i vari
paesi, ed ho sentito che bisognava scrivere qualcosa sulla Serbia. In
questi anni non mi era mai accaduto. Cosi', l'idea del libro mi e'
venuta durante il viaggio di ritorno.
Qual e' stato il fattore decisivo?
Come ho detto, tutte le storie che ho letto riguardanti la guerra sono
state scritte come di fronte ad uno specchio. Io volevo arrivare al di
la' dello specchio. Non si e' mai scritto niente sulla Serbia in quanto
paese [durante la guerra]. Un'unica volta ho trovato qualche cosa su
Belgrado, ma sempre frammista ad una marea di cliché: "e' tutto grigio,
nessuno vuole parlare, l'opposizione e' debole, i feriti di guerra non
hanno modo di ritornare a casa", ecc. ecc. Ogni reportage era lo
stesso, e sempre Belgrado...Pensai che mi sarebbe piaciuto andare in
Serbia, ma fuori, in campagna. Volevo farlo, dovevo andare nella Bosnia
martoriata dalla guerra, ma non come la gran parte dei giornalisti.
Loro arrivavano sempre da Ovest. Io volevo arrivare in Bosnia dalla
parte opposta, dall'Est, attraverso la Serbia e passando la Drina, il
fiume che segna il confine con la Bosnia. Ecco il mio piano di viaggio.
Nessuno lo aveva fatto in tutti e cinque Gli anni di guerra.
Si sentiva adirato... per questi reportage dei media?
Si. All'inizio credevo ai reportage, ma sentivo che non c'era
equilibrio. Continuavo a sentire lo stesso giro di frasi, la stessa
contorsione grammaticale e nella scelta dei vocaboli... Sentivo che o
non poteva essere, oppure, se e', allora ognuno - che sia giornalista o
scrittore - almeno ha il dovere di considerare l'altra parte senza fare
un processo.
Una volta un giornalista ha scritto: "se osservi dalla torre d'avorio,
allora e' tutto uguale".
Beh, per me non e' tutto uguale, perche' io da sempre mi sento vicino
alla Jugoslavia, e' stato cosi' per tutta la mia vita, a cominciare dai
miei avi, che erano slavi, della Slovenia, o meglio della minoranza
slovena che si trova in Carinzia, da parte di mia madre. In secondo
luogo, per me la Jugoslavia era l'Europa. Io ci andavo, anche a piedi,
non solo in autobus o in macchina o in aereoplano. La Jugoslavia, per
quanto frammentata sia potuta essere, era il modello per l'Europa del
futuro. Non l'Europa come e' adesso, la nostra Europa in un certo senso
artificiale, con le sue zone di libero scambio, ma un posto in cui
nazionalita' diverse vivono mischiate l'una con l'altra, specialmente
come facevano i giovani in Jugoslavia, anche dopo la morte di Tito.
Ecco, penso che quella sia l'Europa, per come io la vorrei. Percio', in
me l'immagine dell'Europa e' stata distrutta con la distruzione della
Jugoslavia.
Questa immagine dell'Europa... multiculturale, multietnica...
[confuso]?
Si, certo, cosi'. Ma non sopporto piu' la parola "multi-culturale". E'
stata una scusa disonesta per far nascere dal nulla uno stato musulmano
in Bosnia. Non posso accettarla, se la parola e' applicata a Sarajevo.
Se invece ci si riferisce alla vecchia Jugoslavia, dove le nazionalita'
vivevano insieme, l'una con l'altra, eppur autonomamente, allora posso
accettare le parole "multi-etnica" e "multi-culturale" - non, tuttavia,
se ci si riferisce alla Bosnia. Per me creare uno Stato da quella che
era una regione, una pura unita' amministrativa - e questa era la
Bosnia nella vecchia Jugoslavia - e' stata una infamia. La Bosnia non
aveva mai costituito uno Stato sovrano. Per me, creare Stati autonomi
in Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina e' stato proprio come
fabbricare delle menzogne storiche. All'inizio credevo anch'io a tutto
il discorso sulla liberta' ed i suoi paladini, in lotta contro
il "panzer"-comunismo per la multietnicita'... All'inizio ci credevo.
Ma adesso non credo piu' ad una sola parola di tutto cio'.
Come spiega che gli sloveni ed i croati abbiano improvvisamente voluto
i loro Stati nazionali?
Era un momento opportuno. Io non sono un commentatore politico e non lo
saro' mai. Era un momento favorevole, dopo la morte di Tito, un momento
in cui ognuno ha potuto scapicollarsi ad afferrare quanto piu' poteva
per se' stesso.
E' stato scritto troppo poco su quello che ha fatto Hitler, insieme con
la Chiesa Cattolica, nei Balcani. Anche la Chiesa Cattolica e' stata
terribilmente dannosa in Croazia, a tutti gli effetti fondamentalista e
distruttiva - forse in misura solo un po' minore in Slovenia. E sui
crimini commessi in Croazia durante la Seconda Guerra Mondiale dalla
Chiesa Cattolica e dal nazismo, dal nazionalismo... C'era il campo di
concentramento di Jasenovac, dove sono stati eliminati tra i
seicentomila e gli ottocentomila serbi, ebrei, ed anche musulmani.
Questo ha portato alla rivalsa degli uomini di Tito per i crimini del
regime degli ustascia in Croazia e dei domobranci in Slovenia. Ci sono
state deportazioni, spesso ingiustificate, dalla Croazia e dalla
Slovenia verso tutta l'Europa, in Argentina, ed anche in America.
Il terreno di coltura in cui si sono poste le basi per la distruzione
della Jugoslavia e' la Croazia, con la sua ignota storia nazi-cattolica
della Seconda Guerra Mondiale, ed anche prima. Noi europei, e tutto il
mondo attorno, sappiamo troppo poco di tutto questo. E proprio mentre
la storia degli ebrei prima e durante la Seconda Guerra Mondiale viene
esaminata e chiarita, come ho detto nel mio libro, adesso e' necessario
portare alla luce tutto quello che ha fatto il fascismo durante la
Seconda Guerra mondiale in Jugoslavia, ed il suo Olocausto degli ebrei.
A piu' riprese sentiamo pronunciare la parola "Jasenovac". Questo per i
serbi e' un trauma. La guerra attuale, nonostante il lungo intervallo
di tempo intercorso, e' in fondo una continuazione di quella di 40 anni
fa?
Si, e' una metamorfosi, anzi: una metastasi, come si dice per il
cancro. E' una continuazione della Seconda Guerra Mondiale. E'
significativo che, mentre i Croati conquistavano l'area di Jasenovac
[di nuovo il primo maggio 1995, dopo le distruzioni del 1991; n.d.crj],
abbiano distrutto ogni monumento a chi li' fu ucciso. Il campo di
Jasenovac - in quanto monumento - e' stato distrutto di nuovo
quest'anno [1996]. E' significativo. Ecco che cosa mi ha portato a
scrivere.
Il suo libro non e' proprio politico, oppure si?
Che vuol dire "politico"? Il mio libro tratta dei problemi. Racconta
dei problemi, i problemi che ha un lettore di quotidiani a capire.
Parla dei problemi di un lettore di storia. Parla dei problemi di
visuale di uno che osserva una foto, i problemi di uno spettatore
televisivo. Parla inoltre dei problemi di come un lettore distante,
come me, come quasi tutti noi, come veda, come legga i reportage di
guerra. La critica e' rivolta alle strutture. Uno critica le forme
estetiche della tecnica di ripresa, della grammatica, dell'arte
dell'inviato di guerra. Al mio libro vengono rivolte critiche di
cecita' estetica. La politica e la poetica si fondono nel mio libro.
E' perche' lei afferma che tanto il politico quanto il poetico sono
presenti nella sua storia sulla Serbia.
Non c'e' contraddizione.
C'e' una frase nel suo libro: "Wilhelm, non farti instupidire dal tuo
afflato poetico verso il mondo".
Io ci ho messo tanto prima che il mio sentimento per il mondo divenisse
sentimento poetico, un sentimento delle piccole cose, un sentire
i "pars pro toto". Io credo che nei piccoli fenomeni si possa
intravedere un grande affresco. E' un metodo induttivo (...). Mi piace
partire dal fenomeno piccolo e vedere dove riesco ad arrivare.
Naturalmente voglio andare il piu' lontano possibile. Questo e' il
processo induttivo, o poetico.
Anche Peter Handke può essere tratto in inganno talvolta dal suo senso
poetico per il mondo? A questo ha pensato qualche volta, o no?
No, non posso esserlo. Se e' inganno allora e', come si dice, un metodo
del tipo 'prova e sbaglia': uno impara dai propri errori. Ecco il mio
atteggiamento di base quando scrivo delle cose del mondo. Sbagliando mi
rendo conto di cosa non andava. Non posso affermare in anticipo che
quello che scrivo e' la verita', ma facendo un errore capisco come puo'
essere la verita'. E' tutto qui il mio lavoro di narratore.
C'e' un'altra frase: "Se solo la dimensione poetica e quella politica
potessero essere una ed una sola..." In questo libro lo sono solo
parzialmente?
Io penso che non siamo molto lontani da una sintesi ideale tra la
dimensione storica, quella politica e quella poetica, proprio come tre
percorsi separati che si riuniscono formando una specie di radura
dentro ad un bosco, il bosco della storia. Non sono molto lontano da
questo.
Cito ancora: "Quella sarebbe la fine della nostalgia, e la fine del
mondo". E lei ha detto da qualche parte di non sapere, dopo la
pubblicazione del libro, se non tornerà mai a scrivere qualcosa.
E' assurdo. Questo e' quello che hanno scritto di me solo come per
reagire al mio libro sulla Serbia. In primo luogo, vogliono reagire
proprio contro la mia impudenza per aver scritto questa storia. (...)
[Qui inizia un lungo scambio di battute di argomento letterario che
poco hanno a che vedere con il problema della Serbia]
Lei ha affermato che l'osservazione vale di piu' dell'immaginazione
quando si scrive.
Per quanto riguarda i libri, in altre parole la letteratura - in una
parola, la scrittura - io non sono un amante del fantastico. A questo
riguardo uno scrittore svizzero, Ludwig Hohl, ha detto che la fantasia
e' una evocazione degli oggetti che ti sono di fronte, come un tavolo,
una pietra, l'occhio di un'altra persona. Tutto questo acquista
significato e senso improvvisamente. (...)
Immagino che il suo libro ha provocato una tale opposizione in Germania
ed in Austria soprattutto perche' mette in discussione due dogmi
assolutamente essenziali della politica occidentale. Il primo e' la
questione dell'aggressore: esiste un aggressore?
Non per come e' stato rappresentato. Ecco ripresentarsi il problema
dell'autorita'. La "Repubblica di Croazia" [come ex-unita'
amministrativa della SFRJ] diventa uno Stato. Di essa e' stato
arbitrariamente fatto uno Stato sovrano con poteri costituzionali, ma
questo su di un territorio abitato da 600mila persone di un'altra
nazionalita'. Prima della Seconda Guerra Mondiale, prima del regime
ustasha di Pavelic', li' abitavano un milione di serbi. Persino adesso
[all'inizio della guerra] in Croazia vivevano circa 400mila serbi.
Almeno un quinto della popolazione apparteneva ad un'altra nazione.
Sotto la costituzione croata questi sono diventati cittadini di seconda
classe, una minoranza. Si era ritenuto che questi fossero d'accordo ad
essere trattati come cittadini di seconda classe. Ecco la questione che
ho sollevato nel mio libro: come si puo' creare uno Stato laddove
esiste una minoranza cosi' forte, considerevole, appartenente ad
un'altra nazionalita'? Non si puo' considerare un'aggressione questa?
Non puo' uno difendere la sua nazione di fronte a cio'? Non c'e' modo
di confutare il fatto che questa e' un'aggressione contro l'altra
nazionalita' [da parte del nuovo Stato].
Ma tutto questo non e' un po' troppo in bianco-e-nero, come i bambini
che strillano "hai cominciato tu, hai cominciato tu!"?
Questo e' proprio quanto affermo nel mio libro. Posso difendere me
stesso in base a quanto ho scritto. Naturalmente io ho le mie opinioni
e le mie convinzioni, ma quello che ho scritto non ha niente a che fare
con esse: ha a che fare esclusivamente con questioni basilari. La mia
espressione migliore per questo e' la seguente: si tratta di raccontare
una storia, per come essa e', come ho fatto sempre nella mia
letteratura sin da quando cominciai a scrivere. Non ho mai lasciato
trapelare le mie opinioni. Ecco perche' trovo incredibile questa
esplosione di odio ed astio contro il mio libricino, soprattutto in
Germania.
Lei sarebbe disposto ad "allungare il collo" tanto da affermare che gli
aggressori non si sa chi siano, ma certamente non sono i serbi?
Non sono loro gli aggressori. E' precisamente cosi'. Le cose possono e
devono essere viste diversamente. E' quello che chiedo nel mio libro.
Il secondo dogma: lei riflette su Srebrenica e si pone degli
interrogativi su questo [seconda cassetta] (...)
Come per Srebrenica, dove il massacro e' stato commesso subito prima
della fine, nel giugno-luglio 1995, io mi chiedo: "perche' [sarebbe
successo]?". Per fini argomentativi, diciamo ch'io non mettero' in
dubbio i fatti nemmeno per un attimo. Non sono competente per dare
giudizi... Ma gli altri dovrebbero avere dei dubbi sui fatti, visto che
la storia del massacro e' stata rivenduta per cinque volte su tutta la
stampa mondiale. Finora nessuno ha provato che siano state ammazzate
tra le tre e le ottomila persone. Non e' stato provato. - Pero', chiedo
io, se dopo tre anni di spargimento di sangue e' potuta accadere una
cosa del genere, perche'. Come si e' potuto verificare li' un massacro
di 3-8mila uomini musulmani. Perche' questo? E perche' si leggono di
nuovo e di nuovo interventi su quel fatto? Dal giugno 1995 la storia
del massacro e' stata riciclata quattro o cinque o sei volte nella
stampa mondiale. Nell'autunno ci sono state delle copertine sul Time,
sul Nouvel Observateur, sullo Spiegel e cosi' via. Di nuovo e di nuovo,
in primavera, in autunno... Vengono mostrate fotografie aeree di zone
dove, si dice, sarebbero situate delle fosse comuni. Da una fotografia
satellitare ricavano che un bulldozer avrebbe dilaniato i cadaveri. Ma
anche assumendo, a soli fini argomentativi, che tutto questo sia
accaduto, perche', chiedo io, dopo tre anni, mentre tutti erano cosi'
stanchi di ammazzare, sarebbe dovuta o potuta accadere una cosa del
genere? Io mi chiedo perche' il generale Mladic' avrebbe potuto far
saltare in aria tutta quella gente. Ecco cosa mi chiedo. Sarebbe bene
che uno storico, od un giornalista, sollevasse questa questione -
perche'?
Qui ho ascoltato due cose, il "perche'?" e ...
Quel "perche'" sta nel mio libro. Io chiedo "perche'?".
Ha una risposta?...
Alcuni serbi della regione mi hanno detto - ed io non so se questo
corrisponde a verita', mi limito a riferire quanto mi hanno detto - mi
hanno detto che i villaggi attorno a Srebrenica furono attaccati dai
musulmani. Srebrenica e' una cittadina piccola, di modeste dimensioni,
abitata da musulmani. I villaggi rurali che la circondano sono serbi.
Laggiu', da tempo immemorabile, le citta' sono musulmane ed i villaggi
di campagna sono serbi. All'inizio della guerra, contadini serbi furono
fatti a pezzi da musulmani. La guerra e' stata una guerra delle citta'
contro la campagna. Il comandante musulmano di Srebrenica era
particolarmente portato a distruggere. Prima della caduta dell'enclave
questo comandante di Srebrenica, uno dei pochi musulmani sospettati di
crimini di guerra, [Nasir] Oric, fu trasferito a Tuzla dal Comando
Generale bosniaco-musulmano una settimana prima della caduta della
citta'. Nel frattempo costui ha aperto una discoteca a Tuzla. Bisogna
chiedersi se questo tizio non sia uno dei profittatori di guerra.
Personalmente non ho informazioni dirette di prima mano, ma i miei
amici serbi mi dicono che il massacro, se ha avuto luogo, e' stato per
rivalsa per tutti i villaggi serbi attorno a Srebrenica, distrutti [dai
musulmani] in tre anni di guerra. E' stata una rivalsa per le
distruzioni e gli annientamenti, e sicuramente per i massacri attuati a
danno dei serbi attorno a Sarajevo. Questo e' cio' che mi e' stato
raccontato.
E non la preoccupa il fatto ... [incomprensibile]
Per lo meno quella e' una spiegazione, una spiegazione che non ho mai
visto dare sulla stampa occidentale. Ho anche sentito che molti soldati
musulmani che scappavano da Srebrenica non cercavano rifugio ad ovest,
nella loro Bosnia musulmana, ma nel paese del nemico, al di la' della
Drina, all'est... Cercavano la loro salvezza nella madrepatria dei
serbi. Hanno attraversato la Drina su zattere e simili. Hanno
attraversato la Drina verso est e tanti di loro li' sono stati
internati in campi di concentramento, dove certamente non venivano
trattati bene, eppure sono sopravvissuti. Ora, bisogna che si chiarisca
a quanti dei soldati musulmani in ritirata e' stata garantita la
liberta' di transito. Pare chiaro che qualcuno ha attraversato la Drina
per andare in Serbia e qualcun altro ha cercato di muoversi a nord-est
di Srebrenica, per raggiungere il cuore della Bosnia musulmana. Io
vorrei sapere quanti sono stati e che cosa e' realmente successo loro.
E la disturbano le speculazioni su questa sofferenza?
Mi preoccupano molto.
E la preoccupa la manipolazione...
Inizialmente non la vedevo in questa maniera. Come molti altri ritenevo
che l'esercito dei serbi di Bosnia fosse un manipolo di meri assassini.
Questo pensavo. Stazionando sulle alture strategiche attorno a
Sarajevo, pensavo, questi potevano proprio giocare con la citta' di
Sarajevo. Era tremendo. Di nuovo e di nuovo un bambino colpito a morte
sulla strada. Vedevi le foto, e sembrava giustificato il paragone con i
peggiori crimini di questo secolo. Nel frattempo ho cambiato opinione.
Hans Koschnick, amministratore della citta' di Mostar, ha detto bene
quando ha affermato che la creazione di una Bosnia-Erzegovina dominata
dai musulmani e dalla quale i serbi erano esclusi comportava un
terribile vuoto di potere. Perche' la Bosnia e' un paese montagnoso,
fatto di villaggi isolati che si susseguono. Qualcuno come Karadzic, o
persino uno come il generale Mladic, non potrebbe assolutamente
esercitare il potere dappertutto. Percio' abbiamo creato a tutti gli
effetti un sistema di bande, proprio secondo il vecchio stereotipo
balcanico, che non e' completamente errato. Ma questa idea del vuoto di
potere, laddove la forza bruta riempie il vuoto, e' solo una
spiegazione. Tutti noi cerchiamo spiegazioni - e questa non mi sembra
del tutto errata.
Nel suo libro si legge: "Quasi tutti ritengono che la Jugoslavia non
risorgera' per i prossimi cento anni." Risorgera' o no?
Credo che non possa essere altrimenti. Risorgera'. E' l'unica cosa
sensata. Guardiamo l'economia, la geografia - i fiumi, le catene
montuose. La storia comune dopo il 1918 non e' stata poi cosi'
malvagia. C'e' stato il Regno di Jugoslavia, c'e' stata la Jugoslavia
comunista dei partigiani di Tito.
Con il 1980 il comunismo finisce. Per me quello e' stato un fatto dal
sapore quasi religioso. A differenza di molti Stati europei, la
Jugoslavia era un modello per tutta l'Europa. Essa non puo' restare
spezzettata, a dispetto di questi poteri occulti, come la Chiesa
Cattolica. La Chiesa Cattolica ha un potere incredibile - io stesso
sono cattolico e tale voglio restare per tutta la vita. - Ma nei
Balcani la Chiesa Cattolica pratica le conversioni. Questa e' l'essenza
della Chiesa Cattolica, il proselitismo: qualcosa che la Chiesa serbo-
ortodossa non ha mai fatto. A parte le uccisioni a danno dei serbi,
durante la seconda Guerra mondiale ci sono state ripetutamente
conversioni forzate, violente di Serbi da parte dei cattolici. In molte
epoche della storia la Chiesa e' stata accusata di questo. Cosi',
finché ci sara' il nazionalismo ed una chiesa militante, non si potra'
far rinascere la Jugoslavia.
(1/2 - continua)