Informazione
Sulla necessita', per l'oggi, del dibattito a proposito del 1948
-------- Original Message --------
Subject: Tito e Stalin
Date: Mon, 24 Dec 2001 13:02:59 +0100
From: "huambo1"
Cari compagni vedo che avete posta una intervista
dibattito Tito Stalin (1) il che fa prevedere 2, 3...
insomma come con Bin Laden a spasso nei Balcani 1
2 3.
Io capisco la necessità di vedere la storia del campo
socialista, non so quanto sia proficuo farlo in questo
momento e in questa situazione, su una lista, non
vorrei che ripigliassimo a scannarsi fra stalinisti
e così via proprio ora in questo momento.
Forse sarebbe più utile nell'interesse di tutti
guardare ai problemi di ora, visto che in guerra
stiamo, alla faccia della costituzione, pure se abbiamo
un paese che, salvo rare eccezioni, non si sente in
guerra per niente.
Credo che questi sarebbero i problemi da affrontare
insomma non girare sempre col collo torto e magari
rivangare pure Cucchi e Magnani. Non mi sembrano queste
le cose prioritarie in questa fase.
Magari è più importante far capire come la sconfitta
della Jugoslavia abbia permesso l'allargamento della
guerra totale e l'imposizione di una pace dura dura dura.
Qui tutto il mondo sta esplodendo dalla Palestina
alla Argentina passando per l'Afganistan e noi parliamo
ancora di Stalin e Tito, di Cucchi e Magnani. (...)
(Vittoria)
===*===
PERCHE' UN DIBATTITO SULLA SPACCATURA DEL 1948, OGGI?
Le perplessita' di Vittoria sulla nostra scelta di iniziare
una serie di approfondimenti sulla spaccatura tra comunisti,
avvenuta nel 1948, sono comprensibili. Si tratta ovviamente
di un argomento molto delicato. Tuttavia, quali sarebbero i
"tempi" ed i "modi" giusti per addentrarsi in questo dibattito,
che in piu' di 50 anni non e' mai stato realmente affrontato?
1. Il trauma irrisolto dei comunisti italiani
Della rottura tra Jugoslavia e Cominform, delle sue cause e
delle sue implicazioni, in Italia si e' parlato pochissimo
in questi decenni. Gia' il movimento di Cucchi e Magnani ebbe
un carattere sostanzialmente testimoniale, e con la morte di
Stalin apparentemente il trauma era superato.
In realta', invece, il trauma non fu superato per niente, e
probabilmente fu proprio l'Italia ed il movimento comunista
italiano a subire le maggiori conseguenze, di carattere
strettamente politico oltreche' ideologico, in seguito a
quella spaccatura.
Infatti con la rottura furono rescissi tanti legami tra comunisti
italiani e comunisti jugoslavi - di ogni nazionalita', compresi
dunque gli jugoslavi di nazionalita' italiana presenti in Slovenia
e Croazia, la cui bandiera e' rimasta in tutti questi decenni il
tricolore bianco, rosso e verde con la stella rossa al centro.
Ma questi legami erano in gran parte i gangli nei quali scorreva
la linfa dell'Italia partigiana, dell'Italia dell'antifascismo
combattente.
I cimiteri, nei quali a centinaia sono sepolti i partigiani
jugoslavi che combatterono sulla penisola italiana - soprattutto
nel centro Italia, ad esempio a Visso nelle Marche - rimasero
da allora spogli e dimenticati. Nella Associazione Nazionale
Partigiani d'Italia (ANPI) ando' affermandosi sempre piu'
una linea "nazionale", politicamente "laica", dimentica dei
rapporti di fratellanza internazionalista con i combattenti
all'estero, dimentica dei partigiani stranieri che combatterono
in Italia e, spesso, dimentica anche dei partigiani italiani
che combatterono all'estero.
A questo si accompagno' l'atteggiamento del Partito Comunista
Italiano. Il PCI nel 1948 ruppe in maniera drastica con la
Jugoslavia, espulse o radio' i suoi membri "meno convinti",
inizio' - soprattutto tramite il leader triestino Vittorio
Vidali - una vera e propria guerra fredda contro i comunisti
titoisti. Ovviamente, lo stesso (anzi: il simmetrico) successe
in Jugoslavia, in particolar modo al confine con l'Italia.
Ma in questa sede e' dell'Italia che bisogna parlare. Se
infatti "ragioni" per quella rottura si possono trovare
nell'una e nell'altra parte - nel Cominform, preoccupato
di questioni di rilevanza strategica, e nella Jugoslavia,
gelosa della propria indipendenza e dei propri ideali -,
la dinamica ed il riflesso di quella rottura per l'Italia
furono di ben altra natura. La adesione automatica di
Togliatti alla posizione cominformista non aveva infatti
ragioni dirette o spiegabili nel nostro paese, e percio' fu
un trauma: segno di una obbedienza aprioristica, determino'
la natura stessa del PCI ed il suo modo di stare nella
scena politica italiana.
2. La questione di Trieste
Nella zona di Trieste si susseguirono i pestaggi tra
comunisti, e questo - si badi bene - proprio mentre fascisti
e nazionalisti italiani organizzavano la "riscossa" che nei
primi anni Cinquanta sanci' la annessione di Trieste
all'Italia.
Le circostanze storiche, la particolarissima situazione
internazionale determinarono in pratica una convergenza
utilitaristica tra nazionalismo italiano e comunismo
italiano. L'atteggiamento di Togliatti rispetto ai fatti di
Trieste, agli scontri causati da fanatici di destra contro
le truppe alleate in favore di "Trieste italiana", fu il
seguente: "Non possiamo lasciare la questione nazionale
appannaggio della destra". Vale a dire: dobbiamo inserirci
nel contendere e fare anche nostra la causa di "Trieste
italiana" - posizione che peraltro contraddiceva nettamente
atteggiamenti e direttive assunte nel periodo bellico.
Usando la nostra speciale posizione di comunisti, che ci
consente di mediare e trattare con gli jugoslavi, ne
trarremo beneficio dal punto di vista della legittimazione
istituzionale e della forza contrattuale in patria.
Tito e la Jugoslavia accettarono di buon grado la mediazione
di Togliatti, e presto abbandonarono ogni rivendicazione su
Trieste - che pure avevano liberato nel 1945 - per il bene,
essenzialmente, della distensione internazionale. Da un certo
punto di vista fu un atto di generosita', poiche' a
Trieste/Trst la popolazione di lingua slava era ed e' una
grande percentuale degli abitanti, soprattutto nei quartieri
popolari, per non parlare di tutte le periferie e dei sobborghi
carsici che sono tuttora di lingua slovena. Inoltre, un
"diritto" su Trieste si poteva attribuire alla Jugoslavia
per ragioni storiche legate alla italianizzazione forzata
degli sloveni (dalla prima guerra mondiale in poi), ed ai
crimini del fascismo, che nel 1941 arrivo' ad occupare persino
Lubiana, incendiando paesi, fucilando in massa i civili,
rinchiudendoli in lager come quello di Rab/Arbe, eccetera.
Infine, una Trieste jugoslava sarebbe stata un ulteriore
tassello nella composizione internazionalistica, pluri-
lingue e multinazionale di quel paese - la Repubblica
Federativa Socialista di Jugoslavia - non fondato sulla
identita' nazionale (come e' invece adesso per gli
statarelli nei quali l'Occidente l'ha voluto smembrare)
ma bensi' sul comune impegno nella costruzione del
progresso civile e morale, nell'Unita' e nella Fratellanza.
Insomma: Trieste poteva essere jugoslava, e non lo fu. In
questo passaggio le scelte di Togliatti furono quelle
determinanti.
3. Sono maturi i tempi per parlarne?
Divisa tra anticomunisti - e quindi antijugoslavi - e
comunisti di tradizione cominformista - e quindi
antijugoslavi - l'Italia in tutti questi decenni e' stata
ostile alla Jugoslavia al cento per cento. Questa ostilita'
fu alimentata dal "carsico" riaffiorare dei traumi della
guerra e del dopoguerra: l'esodo da Istria e Dalmazia (1),
le notizie dei crimini commessi o presunti (2). Essa fu poi
alimentata dalla Guerra Fredda: in questo, la posizione
jugoslava di non-allineamento aiuto' poco, anzi per i
comunisti italiani, filosovietici, non fu di alcun aiuto.
E' proprio da questa ostilita' generalizzata, da questo
atteggiamento preciso dei comunisti italiani dal 1948 in poi,
che ha origine anche la assoluta mancanza di comprensione
della guerra fratricida scatenatasi nel 1991.
Nelle file del PCI, infatti, sedevano (e siedono ancora oggi
nelle file di vari gruppi parlamentari) quei personaggi -
qualcuno persino di origine giuliana, slovena, istriana,
eccetera - che curarono i rapporti internazionali
del PCI e dunque ben conoscono vicende, persone, luoghi,
tendenze e problematiche politiche dell'area jugoslava -
per non parlare dell'insieme dei paesi socialisti, e del
loro crollo. Ebbene: dove sono state tutte queste persone,
in questi anni? (3)
Dove sono i partigiani che avrebbero potuto raccontarci la
Guerra di Liberazione in Jugoslavia, il nazifascismo in quelle
terre e la questione delle nazionalita'? Perche' nessuno ha dato
la parola a chi conosceva divisioni e problemi dei comunisti
jugoslavi? Perche' nessuno ha chiesto la opinione dei
comunisti jugoslavi sullo sfascio del loro paese?
Dalla questione di Trieste in poi, si puo' dire che
sia stato il PCI a "garantire" il sistema istituzionale
del nostro paese. Questo nonostante il gioco sporco,
sporchissimo, della controparte. Non e' questa la sede
per esprimere valutazioni in merito, tantomeno con il
senno di poi. Quello che preme sottolineare e' che
l'atteggiamento tenuto nei confronti dei vicini di casa
jugoslavi in questi decenni ha qualcosa, anzi ha molto a
che fare con questa cieca fedelta' del PCI al sistema
repubblicano, con la incapacita' di parlare della "guerra
civile strisciante" pure in corso: stragi, poteri occulti,
e cosi' via. Fino al recente passaggio alla "Seconda
Repubblica" presidenzialista, di piduista memoria, ed alla
svolta bellica e neocoloniale del nostro paese, svolta della
quale le "sinistre di governo" portano una responsabilita'
totale ed indiscutibile.
4. Il dibattito
Persino a prescindere, dunque, dall'interesse storico delle
testimonianze sulla spaccatura tra Tito e Stalin, ed a
prescindere dalle implicazioni internazionali e geo-politiche
di quelle vicende, lo scambio iniziato su questa lista
potrebbe essere utile ad agevolare una "psicanalisi"
collettiva dei comunisti italiani. Essendo state superate
le condizioni storiche in cui si generarono quelle
contraddizioni tra comunisti di vario orientamento, si puo'
oggi arrivare, tra chi ancora si dice comunista, ad una sintesi
condivisa nell'interpretazione di quella storia. Si badi bene: non
della storia jugoslava nel suo complesso, ne' della guerra fredda
o dei movimenti comunisti che hanno animato il pianeta in tanti
decenni, ma di *questa* specifica vicenda della spaccatura del
1948, e dei sui riflessi per la Jugoslavia, per l'Italia, e per
i reciproci rapporti.
Questa "psicanalisi", per le ragioni di cui sopra, e' in particolar
modo utile per i comunisti italiani, oggi - nonostante il mutamento
radicale della situazione - ancora in cerca di una narrazione
propria, e condivisa, della loro stessa storia.
Pure la attuale in-capacita' dialettica dei comunisti di ogni
appartenenza, e tante continue spaccature di natura effimera,
specialmente in ambito extraparlamentare, derivano in gran parte
dalla non abitudine a contestualizzare le vicende legate alla propria
attivita' ed alle proprie scelte, a non inquadrarle nel fluire
degli eventi, a non usare cioe' l'analisi scientifica, materialista-
storica e materialista-dialettica, autoimprigionandosi cosi' in
posizioni, "frasi", cristallizzate, di natura sostanzialmente
idealistica (4). Dalle analisi "cristallizzate" sarebbe invece
ora di passare alle analisi "cristalline", superando rimozioni e
sensi di colpa che non hanno ragioni, ed impegnandosi finalmente
nel serio approfondimento, e nella lotta conseguente.
Italo Slavo, Roma, 29/12/2001
NOTE:
(1) Le ragioni dell'esodo furono molteplici, ma sicuramente esso
non fu dovuto ad una ostilita' di carattere nazionalitario: da
una parte, il moto migratorio dalle campagne alle citta' in
quell'epoca era generalizzato, e comporto' ad esempio anche la
emigrazione di triestini ed istriani verso citta' industriali
piu' grandi, ed anche verso l'estero; dall'altra, si sovrapposero
ragioni di carattere politico-ideologico (anticomunismo, accuse
di collaborazionismo, eccetera) che poco avevano a che vedere
con la identita' nazionale, tanto e' vero che in quel periodo
Trieste pullulava di esuli sloveni, croati e serbi legati
ai movimenti fascisti e nazisti delle loro terre.
(2) Durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo l'8 settembre,
Trieste ed il suo entroterra divennero parte della regione del
Terzo Reich denominata "Adriatisches Kuestenland". In questa
regione il collaborazionismo - di ogni "etnia" - si rese
responsabile di crimini facilmente immaginabili. La risposta
a tutto questo, da parte dei partigiani, fu quella necessaria
ed adeguata (cioe' anche cruenta, talvolta) ed occasionalmente
sconfino' nella vendetta. A ben vedere, le vendette contro i
nazifascisti causarono assai meno lutti nella regione giuliana
di quanto nello stesso periodo non successe, ad esempio, in
Piemonte od in Emilia-Romagna. Eppure, per le ragioni legate
alla guerra fredda ed alla ostilita' antijugoslava presente
in Italia, sui media italiani la questione delle "foibe"
assunse per la pubblica opinione italiana connotati abnormi,
legandosi alle operazioni di guerra psicologica dei servizi
segreti, alle azioni della Gladio e della Decima Mas. Questa
campagna riprese particolare enfasi dopo il 1991 come forma
di pressione su Slovenia e Croazia (cfr. C. Cernigoi, "Operazione
Foibe a Trieste", ed. KappaVu, Udine 1997). Si noti per inciso
che, mentre la campagna sulle "foibe" - peraltro iniziata gia'
sulla stampa dell'Adriatisches Kuestenland come mezzo di
propaganda - arriva a lambire persino l'insegnamento nelle
scuole dell'obbligo, nella stessa Italia vengono regolarmente
sottaciuti gli episodi relativi ai crimini di guerra italiani
in Slovenia ed in tutti i Balcani, e raramente si parla di
quanto successe nel campo di concentramento nazista della
Risiera, proprio dentro la citta' di Trieste. Anche per questa
mancata conoscenza dei crimini di guerra italiani durante la II
Guerra Mondiale, il PCI ed i suoi eredi portano gravi
responsabilita' di carattere, culturale, politico e civile.
(3) Forti delle loro conoscenze e delle loro frequentazioni,
in Italia ed in Jugoslavia, questi personaggi si sono
messi a lavorare oppure sono stati in vario modo utilizzati
dal sistema della informazione: nella RAI, ne "l'Unita'",
nelle Fondazioni ed in varie strutture universitarie, ma
anche nelle piccole radio o nelle iniziative del pacifismo
e dell'associazionismo. Sono questi che hanno costruito, o
almeno avvalorato, la "chiave di lettura" prevalente della
guerra fratricida come guerra etnica, o guerra di aggressione
serba, o guerra per la autodeterminazione dei tizi oppure
dei caii - mai e poi mai dei sempronii!
Sono questi i personaggi che "fanno" materialmente, oggi, la
diplomazia italiana in quelle terre, e che mediano percio'
anche la riconquista coloniale delle risorse di quei popoli.
(4) Tanto per citare qualche esempio di questa usanza nel
frasario e nel discorso politico: "Un altro mondo e' possibile"
(si, ma come?), "La guerra e' stata illegale" (si, ma chi e'
oggi il "depositario" della legalita'?), "La crisi dell'Urss si
e' originata con il revisionismo" (si, ma perche' e' nato il
revisionismo?), "In Jugoslavia vigeva un sistema di mercato,
percio' non era un paese socialista" (e come mai il grande
capitale internazionale, anziche' comparsela, l'ha voluta
squartare?).
===*===
Per intervenire nel dibattito su JUGOINFO, inviare i contributi
sul tema solamente all'indirizzo <jugocoord@...>
* Svenduti i cementifici della Serbia
* Jugoslavia: mandati in pensione i generali anti-NATO
* Il ministro degli esteri jugoslavo: la consegna dei serbi e' una
priorita'
* Sondaggio: l'Occidente "minaccia ed opprime" la Serbia
* Tre ciliegine dalla Tanjug, in inglese:
- BOOM DI PRIVATIZZAZIONI ATTESO PER IL PROSSIMO ANNO
- AMMINISTRATORI LOCALI IN VISITA AL QUARTIERE GENERALE DELLA NATO
- "CLUB ATLANTICO" (FILO-NATO) INAUGURATO A BELGRADO
===*===
NUOVO ULTIMATUM DEGLI USA AL GOVERNO SERBO
Il governo degli UA lega la concessione di nuovi prestiti al governo
serbo alla cooperazione con il tribunale dell'Aia. Una tranche di aiuti
consistente in 115 milioni di dollari USA sara' predisposta solamente se
il governo della Serbia rispettera' tutte le richieste del tribunale
entro il prossimo 31 marzo. Con una simile tattica gli USA avevano gia'
ottenuto la consegna dell'ex presidente Milosevic.
Neues US-Ultimatum gegen Regierung Serbiens
WASHINGTON, 21.Dezember 2001. Die US-Regierung knüpft erneut Hilfsgelder
für die Regierung Serbiens an die
Zusammenarbeit mit dem Haager Tribunal. Eine Hilfstranche in Höhe von
115 Mio. US-$ wird nur bereitgestellt sofern die Regierung Serbiens bis
zum 31. März kommenden Jahres bedingungslos alle Forderungen des
Tribunals erfüllt.
Die USA hatten mit einer ähnlichen Taktik bereits die Auslieferung des
früheren jugoslawischen Präsidenten
Milosevic erreicht. STIMME KOSOVOS / AMSELFED.COM
===*===
Quattro notizie da Amselfeld.com del 29/12/2001
(Le fonti sono riportate in fondo, insieme all'originale tedesco).
1. SVENDUTI I CEMENTIFICI DELLA SERBIA
Il governo-fantoccio della Serbia ha venduto tutte e tre le fabbriche di
cemento del paese a ditte straniere. La fabbrica della settentrionale
Beocin e' stata venduta alla francese Lafarge, quella della centrale
Novi Popovac alla impresa svizzera Holzim, e quella della occidentale
Kosjeric e' andata alla ditta greca Titan. Il realizzo complessivo delle
vendite e' stato di 138,9 milioni di dollari USA, inferiore persino al
gettito fiscale annuo delle tre imprese!
La svendita della economia serba e' stata voluta e sostenuta dalla BM,
dal FMI e dagli USA, secondo il modello noto in Bulgaria, Romania ed
Ucraina - si incomincia con la cessione al capitale straniero, a prezzi
stracciati, dei settori economici in grado di produrre lavoro e di
importanza strategica per il paese.
Il "regista" del suicidio economico della Serbia, a lungo collaboratore
della Banca Mondiale ed oggi ministro delle Finanze, Bozidar Djelic, era
stato annoverato tra i "cento leader mondiali" al summit economico di
Davos.
2. JUGOSLAVIA: MANDATI IN PENSIONE I GENERALI ANTI-NATO
Il presidente jugoslavo Vojislav Kostunica ha firmato oggi la
autorizzazione per il prepensionamento
di 21 generali dell'Esercito jugoslavo. Si tratta di alti ufficiali che
si erano impegnati per la indipendenza militare e politica della
Jugoslavia, e contro l'ingresso nel programma "Partnership for Peace"
della NATO. Il pensionamento di queste persone era una delle principali
richieste degli USA al governo jugoslavo.
3. IL MINISTRO DEGLI ESTERI JUGOSLAVO: LA CONSEGNA DEI SERBI E' LA
PRIORITA'
Il ministro degli esteri jugoslavo Goran Svilanovic, appartenente alla
formazione filooccidentale "Alleanza Civica" (GSS), ha definito la
"collaborazione con il Tribunale dell'Aia" e la consegna di serbi
a questa istituzione come "la piu' grande priorita'" della politica
estera jugoslava per il prossimo anno.
4. SONDAGGIO: L'OCCIDENTE "MINACCIA ED OPPRIME" LA SERBIA
Secondo gli ultimi sondaggi, piu' del 70% dei cittadini della Serbia
ritengono che l'Occidente "tuttora minaccia ed opprime la Serbia".
Nonostante l'abnorme campagna filooccidentale di tutti i media, che
perdura da piu' di un anno, la popolazione della Serbia non condivide
l'opinione del governo-fantoccio sulla necessita' della "cooperazione
con l'Occidente".
===*===
BOOM DI PRIVATIZZAZIONI ATTESO PER IL PROSSIMO ANNO
PRIVATIZATION BOOM EXPECTED NEXT YEAR
BELGRADE, Dec. 5 (Beta) - Next year will see a fantastic explosion of
the number of enterprises entering the process of privatization, said
Serbian Economy and Privatization Minister Aleksandar Vlahovic in
Belgrade on Dec. 5.
Vlahovic said that "more than 100 enterprises have entered a process of
auction privatization while more than 33 enterprises have entered a
process of tender privatization since the privatization law was adopted
four months ago."
"We will first have auction and tender sales of enterprises in January,"
said Vlahovic and added that the Ministry of Economics and Privatization
was very satisfied with "the level of interest shown in Serbian
enterprises" although political stability was a necessary condition for
nailing down sales.
AMMINISTRATORI LOCALI IN VISITA AL QUARTIER GENERALE DELLA NATO
LOCAL AUTHORITIES FROM SERBIA, MONTENEGRO VISIT NATO HEADQUARTERS
BRUSSELS, Dec 17 ( Beta) - NATO Secretary General George Robertson met
on Dec. 14 the presidents of several Serbian municipalities and
representatives of the Association of Yugoslav Cities and Municipalities
and the Association of Montenegrin Municipalities, whom NATO invited to
visit its headquarters in Brussels, and the NATO supreme command for
Europe, in Mons.
Belgrade Mayor Radmila Hrustanovic told BETA that the explanation for
NATO's "somewhat odd invitation" was that mayors were figures who were
close to citizens, who could convey the mood in Yugoslavia best,
including the citizens' sentiments about the NATO attack on Yugoslavia
and its aftermath.
The Yugoslav officials emphasized that this was a serious issue for the
Yugoslav citizens and authorities, but that Yugoslavia wanted to get
closer to NATO through the Partnership for Peace program.
"CLUB ATLANTICO" (FILO-NATO) INAUGURATO A BELGRADO
YUGOSLAVIA'S ATLANTIC CLUB INAUGURATED IN BELGRADE
BELGRADE, Dec 18 (Tanjug) - The Atlantic Club of Yugoslavia (ACHY), a
non-governmental organization whose role is to spread Euro-Atlantic
values and stimulate activities which will lead to Yugoslavia's
further
participation in Euro-Atlantic integration processes, was officially
inaugurated in Belgrade late Monday.
Allan Lee Williams, the president of the Paris-based Atlantic Club
Association (ATA) which rallies 40 clubs from NATO member-states,
expressed great satisfaction with the beginning of work of this club in
Yugoslavia, calling it a historic occasion.
Serbian Deputy Premier Nebojsa Covic also expressed satisfaction with
the founding of the ACY, pointing out that its founding coincides with
the anniversary of the beginning of joint work by the federal and
Serbian governments and the international peacekeeping force KFOR and
NATO on resolving the crisis in southern Serbia.
===*===
-------- Original Message --------
Subject: AMSELFELD NEWSLETTER 29.12.2001
Date: Sat, 29 Dec 2001 15:18:49 +0100
From: Redaktion Amselfeld.com <leserbriefe@...>
To: jugocoord@...
________________________
AMSELFELD NEWSLETTER
29.12.2001
http://www.amselfeld.com
________________________
+++ Serbische Zementindustrie ausverkauft +++
BELGRAD, 29. Dezember 2001. Die Marionettenregierung Serbiens
verkaufte alle drei Zementfabriken in Serbien an ausländische
Konzerne. Die Fabrik im nordserbischen Beocin wurde an den
französischen Konzern Lafarge verkauft, die Fabrik im
zentralserbischen Novi Popovac an den Schweizer Konzern Holzim
und die Fabrik im westserbischen Kosjeric ging an die griechische
Firma Titan Cement. Der Gesamtverkaufspreis beträgt 138,9
Millionen US-Dollar, weniger als die Steuereinnahmen von diesen
drei Fabriken in einem Jahr!
Der von der Weltbank, dem Internationalen Währungsfonds (IWF) und
den USA geforderte und geförderte Ausverkauf der serbischen
Wirtschaft läuft nach dem aus Bulgarien, Rumänien und der Ukraine
bekannten Modell ab - zunächst werden alle Segmente der
Wirtschaft, die gewinnbringend arbeiten und für das Land
strategisch wichtig sind, zu Spottpreisen an ausländische
Konzerne veräußert.
Der "Regisseur" des wirtschaftlichen Selbstmordes Serbiens, der
langjährige Mitarbeiter der Weltbank und heutige Finanzminister
Serbiens Bozidar Djelic wurde vom Weltwirtschaftsforum in Davos
zu einem der "100 Weltleader" ernannt.
STIMME KOSOVOS
+++ Jugoslawien: NATO-feindliche Generäle pensioniert +++
BELGRAD, 29. Dezember 2001. Der jugoslawische Präsident Vojislav
Kostunica unterzeichnete heute einen Erlaß über die vorzeitige
Pensionierung von 21 Generälen der Armee Jugoslawiens. Es handelt
sich um die hohen Militärs, die sich für die militärische und
politische Unabhängigkeit Jugoslawiens einsetzen und gegen den
Beitritt zum NATO-Programm "Partnerschaft für den Frieden" sind.
Die Pensionierung dieser Menschen ist eine der Hauptforderung der
USA an die jugoslawische Regierung.
TANJUG
+++ Jugoslawischer Außenminister: Auslieferung von Serben -
Priorität +++
BELGRAD, 29. Dezember 2001. Der jugoslawische Außenminister Goran
Svilanovic aus der prowestlichen Partei Bürgerbündnis (GSS) hat
die "Zusammenarbeit mit dem Tribunal in Den Haag" und die
Auslieferung von Serben an diese Einrichtung als die "höchste
Priorität" in der jugoslawischen Außenpolitik im nächsten Jahr
gennant.
TIKER
+++ Meinungsumfrage: der Westen "bedroht und erpresst Serbien"
+++
BELGRAD, 29. Dezember 2001. Nach den letzten Meinungsumfragen
sind mehr als 70% aller Bürger in Serbien der Ansicht, daß der
Westen "weiterhin Serbien bedroht und erpresst". Trotz der
ungeheuren prowestlichen Kampagne der gleichgeschalteten Medien
seit mehr als einem Jahr, teilt die serbische Bevölkerung bei
weitem nicht die Ansichten ihrer Marionettenregierung über die
Notwendigkeit der "Zusammenarbeit mit dem Westen".
TIKER
Diese Nachrichtenauswahl wurde vorbereitet von:
Redaktion Amselfeld.com
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la Repubblica Federale Tedesca per conto delle vittime del
bombardamento compiuto da aerei della NATO sul ponte della
piccola citta' serba di Varvarin. L'attacco, attuato contro una
struttura di nessun interesse dal punto di vista militare o
strategico, il 30 maggio del 1999 causo' dieci morti e piu' di
trenta feriti.
Per le spese processuali, l'Unione dei giuristi democratici della
Germania ha aperto, presso la Sparkasse (BLZ 100 500 00), il conto
numero 33522014. Causale: "Schadenersatz für Nato-Kriegsopfer".
Ulteriori informazioni al sito: http://www.nato-tribunal.de/varvarin
oppure per email: <w.schulz@...>
*** Badische Zeitung vom 28. Dezember 2001 unter Berufung auf: dpa
Mehrere serbische Opfer des Kosovo-Krieges wollen Deutschland auf
Schadenersatz verklagen. Dabei gehe es um einen Angriff von
Nato-Kampfjets auf eine Brücke in der Stadt Varvarin an Pfingsten
1999, berichtet die Berliner Zeitung. Bei dem Angriff waren zehn
Zivilisten getötet worden. Eine konkrete Summe für die
Schadenersatzforderung werde nicht genannt. dpa
*** Berliner Zeitung (Freitag, 28. Dezember 2001)
Serben fordern Schadenersatz von Deutschland
Opfer des Kosovo-Krieges verklagen Bundesregierung
Andreas Förster
BERLIN, 27. Dezember. Serbische Opfer des Kosovo-Krieges wollen
ihre Schadenersatzansprüche an die Bundesrepublik Deutschland
vor Gericht durchsetzen. Eine entsprechende Klageschrift hat der
Berliner Rechtsanwalt Ulrich Dost am vergangenen Montag beim
Zivilsenat des Berliner Landgerichts eingereicht. Gegenstand der
Klage ist ein Angriff von Nato-Kampfjets auf eine Brücke in der
jugoslawischen Kleinstadt Varvarin zu Pfingsten 1999. Bei dem
Angriff waren zehn Zivilpersonen getötet und mehr als 30 verletzt
worden, 17 davon schwer.
Der damalige Nato-Sprecher Jamie Shea hatte kurz nach dem Angriff
auf die Brücke die Attacke als "militärisch legitim" gerechtfertigt.
Anwalt Dost bewertet den Angriff hingegen als Kriegsverbrechen und
verweist auf eine gleich lautende Einschätzung von Amnesty
International. Varvarin habe weitab von militärischen Zielen
gelegen, auch sei die Brücke wegen ihrer geringen Tragfähigkeit
nicht für Armeetransporte geeignet gewesen, argumentiert der
Anwalt. Schließlich belegten seinen Worten nach auch die Umstände
des Angriffs "die unbedingte, vorsätzliche und kriminelle
Tötungsabsicht" der Verantwortlichen.
Angriff ohne Vorwarnung
Am 30. Mai 1999 gegen 13 Uhr hatten bei klarem, wolkenlosem Himmel
zwei tief fliegende Jets ohne Vorwarnung Raketen gegen die Brücke
von Varvarin gefeuert, auf der sich zu diesem Zeitpunkt
ausschließlich Zivilisten aufhielten. Drei Menschen kamen bei
diesem ersten Angriff ums Leben, fünf wurden schwer verletzt. Drei
bis sechs Minuten später kehrten die Nato-Jets zurück und feuerten
zwei weitere Raketen auf die Brückentrümmer. Zu diesem Zeitpunkt
waren bereits mehrere Helfer damit befasst, die Verletzten zu bergen.
Der zweite Angriff forderte noch einmal sieben Menschenleben, zwölf
Personen wurden schwer verletzt.
Bis heute hält die Nato geheim, aus welchem Nato-Land die an dem
Angriff beteiligten Kampfjets stammten. "Die Herkunft der Jets ist
für unsere Klage aber auch unerheblich", sagt Anwalt Dost.
"Entscheidend ist, dass Bundestag und Bundesregierung die
Mitwirkung Deutschlands am Kosovo-Krieg beschlossen haben. Damit
trägt die Bundesrepublik die völkerrechtliche Verantwortung für
die Verletzung des Kriegsrechts." Diese Verantwortung erstrecke
sich auch auf eingetretene Personen- und Sachschäden: Da der Krieg
von den Nato-Staaten gemeinschaftlich geführt wurde, haftet jeder
von ihnen für das Ganze, argumentiert Dost.
Bereits im vergangenen Juni hatte der Anwalt die Bundesregierung
schriftlich zu einer finanziellen Entschädigung der Varvarin-Opfer
aufgefordert. Das Ansinnen wurde im September jedoch vom
Bundesverteidigungsministerium als rechtlich unzulässig zurückgewiesen.
Die jetzt eingereichte Klage richtet sich gegen die Bundesrepublik,
vertreten durch das Bundesverteidigungsministerium. Eine genaue Höhe
der Schadenersatzforderung ist darin nicht beziffert. In seinem
Schreiben vom Juni hatte Anwalt Dost für die Hinterbliebenen von
acht der Toten und die 17 Schwerverletzten insgesamt 2,58 Millionen
Mark gefordert.
Diskussionsrunde
Im "Haus der Demokratie" in Berlin, Greifswalder Straße 4, findet
am 10. Januar 2002 um 19 Uhr eine Podiumsdiskussion mit
Militärexperten und Völkerrechtlern zum "Fall Varvarin" statt.
Für die Prozesskosten der Kläger wurde ein von der Vereinigung
demokratischer Juristen geführtes Spendenkonto bei der Sparkasse
(BLZ 100 500 00) eingerichtet.
Kontonummer: 33522014. Verwendungszweck: Schadenersatz für
Nato-Kriegsopfer.
Mehr Informationen unter: http://www.nato-tribunal.de/varvarin
*** Böblinger Zeitung vom 28.12.2001
Serben verklagen Bundesrepublik
Berlin (dpa) - Mehrere serbische Opfer des Kosovo-Krieges wollen
Deutschland auf Schadenersatz verklagen. Dabei gehe es um einen
Angriff von Nato-Kampfjets auf eine Brücke in der Kleinstadt
Varvarin an Pfingsten 1999, berichtet die ¸¸Berliner Zeitung''
in ihrer heutigen Ausgabe. Bei dem Angriff waren zehn Zivilisten
getötet und mehr als 30 verletzt worden. Nach Angaben der Zeitung
hat der Berliner Rechtsanwalt Ulrich Dost beim Berliner Landgericht
eine entsprechende Zivilklage gegen die Bundesrepublik eingereicht.
*** Bremer Nachrichten (29.12.2001)
Klage gegen Deutschland
Berlin (dpa). Mehrere serbische Opfer des Kosovo-Krieges wollen
Deutschland auf Schadenersatz verklagen. Dabei gehe es um einen
Angriff von NATO-Kampfjets auf eine Brücke in der Kleinstadt
Varvarin an Pfingsten 1999, berichtet die "Berliner Zeitung".
Bei dem Angriff waren zehn Zivilisten getötet und mehr als 30
verletzt worden. Laut Zeitung hat der Berliner Rechtsanwalt
Ulrich Dost beim Berliner Landgericht eine entsprechende
Zivilklage gegen die Bundesrepublik eingereicht.
*** Frankfurter Rundschau vom 28. Dezember 2001
Serben reichen angeblich Klage gegen Berlin ein
BERLIN, 27. Dezember (dpa). Mehrere serbische Opfer des
Kosovo-Krieges wollen die Bundesrepublik Deutschland offenbar
auf Schadenersatz verklagen. Dabei gehe es um einen Angriff
von Nato-Kampfjets auf eine Brücke in der Kleinstadt Varvarin
an Pfingsten 1999, berichtet die Berliner Zeitung in ihrer
Freitagausgabe. Bei dem Luftangriff waren zehn Zivilisten
getötet und mehr als 30 Menschen verletzt worden.
Den Informationen der Zeitung zufolge hat der Berliner Rechtsanwalt
Ulrich Dost beim Berliner Landgericht bereits eine entsprechende
Zivilklage gegen die Bundesrepublik eingereicht. Weder der
Rechtsanwalt noch das Landgericht waren bis Donnerstagabend
für eine Stellungnahme zu erreichen.
*** Saarbrücker Zeitung vom 27. Dezember 2001
Serbische Kriegsopfer verklagen Deutschland
Berlin (afp). Serbische Opfer des Kosovo-Krieges wollen ihre
Schadenersatzansprüche an die Bundesrepublik Deutschland vor
Gericht durchsetzen. Der Berliner Rechtsanwalt Ulrich Dost
reichte nach einem Bericht der "Berliner Zeitung" in ihrer
heutigen Ausgabe beim Zivilsenat des Berliner Landgerichts
eine entsprechende Klage gegen die Bundesrepublik, vertreten
durch das Bundesverteidigungsministerium, ein. Dabei geht es
um einen Angriff von Nato-Kampfjets auf eine Brücke in der
jugoslawischen Kleinstadt Varvarin zu Pfingsten 1999. Bei dem
Angriff waren zehn Zivilisten getötet und mehr als 30 verletzt
worden.
*** Züricher Zeitung vom 8.20.12.2001
Serbische Kriegsopfer verklagen Deutschland
Berlin, 27. Dez. (afp) Serbische Opfer des Kosovokrieges wollen
vor Gericht von Deutschland Schadenersatzansprüche geltend machen.
Dabei geht es um einen Angriff von Nato-Kampfbombern auf eine
Brücke, bei dem 10 Serben ums Leben gekommen waren. Mehr als 30
Zivilisten wurden zudem bei der Zerstörung der Brücke bei der
jugoslawischen Kleinstadt Varvarin an Pfingsten 1999 verletzt,
17 von ihnen schwer. Nach einem Bericht der «Berliner Zeitung» vom
Freitag reichte ein deutscher Rechtsanwalt beim Berliner Landgericht
für die Opfer Klage ein.
La traduzione in italiano in fondo.
===*===
Pisma
Urednistvu "Glasa Istre" - "Novog Lista"
Pula - Rijeka
Gospodine Miroslave Bertosa,
Boraveci nekoliko dana u rodnom gradu imao sam priliku procitati
u "Glasu Istre" od ponedjeljka, 1. Listopada, vase "Dijaloge i
solokolokvije" sa prizorima poratne Pule (2), koji obiluju
izmisljotinama i neistinama, pa se (ne) pitam kome se to dodvoravate i
dokazujete.
Vi mozete imati simpatije manje-vise, za koga i sto zelite, ali nemate
nikakvo pravo da sijete mrznju i pisete neistine ! Vasi dijalozi upravo
obiluju izlijevima netolerantnosti i bljuvotinama. Citirajuci
individualne primjere ponasanja blatite ONAJ, nas, socijalisticki
primjer cijelome svijetu suzivota, tolerancije, mira.
Izdvajam samo dva "bisera" vasih naziranja "bliskog susreta sa
balkanizmom" ; (No molim vas, na kojem se to prostoru proteze,
uglavnom, Hrvatska ? Ah da, nema vise patriotskih pjesama
kao : "...znas gdje je Balkan, Jugoslavija..."). Upravo vasim pisanjem
potvrdjujete da ste ustvari "balkanac". Sto se tice "brisanja nosa", to
je manje vise skriveni obicaj svakog "seljaka", samca, a i nahladjene
osobe. Ali "kod oficira i podoficira"... eh profesore, talijani bi
rekli "qui casca l'asino", blaze naski : "u tom grmu lezi zec"...
Znam da se kao vojnik nije moglo izaci iz kasarne ako nismo imali
maramicu, cesalj, iglu i konac sa sobom.
Kulminacija vasih izljeva strasti i lazi dostize u opisivanju
zivota u djecjem domu. Uspomene i mastanja dostojna jednog razmazenog
djeteta, a sada jednog malogradjanskog intelektualca. U tome ste
pretekli i Matvejevica. To vam mogu slobodno reci profesore, kao gost
ili "siroce iz Korduna", djecjeg doma "Ruze Petrovic" u Puli, sk.god.
l948/49 i 1949/50. Dom se tada nalazio pored Valkana gdje se sada
nalaze skole. U mom razredu su bili Delcarro Marcello, iz Rovinjskog
Sela, pa Tomasic Dinko, Tomislav, Milan iz Osijeka, Milos, Marija,
Mara...koje bih rado sreo, pa ih pozivam da se odazovu ovom pozivu. Sa
predskolskom djecom radila je gospodja Dinka iz Busulera, Pula, koja
sada zivi u Opatiji. Upraviteljica je bila Baticic Libera (prilazem
kopiju posvete "Petnaestogodisnjeg kapetana", knjigu koju mi je
poklonila prilikom odlaska iz doma).
"Drugi svijet" kako vi nazivate "djecji dom smrada" je bilo pranje
zuba ujutro i na vecer, petnaestak minuta jutarnje gimnastike pod
borovima, kada su vremenske prilike dozvoljavale, dorucak, pa skola
koja se nalazila gdje se sada nalazi dom. Vodili su nas cak na operu.
(Bio sam zaspao na "Aidi", kao sto smatram da znate, dugoj operi).
Ako bi koji put pogrijesili, izgovorili koji prostu rijec, ukazali
bi nam gdje smo pogrijesili na nacin koji nam je bio bolja pouka od
batina ili moljenja ocenasa2. Preko ljeta vodili su nas u
unutrasnjost ; Tenje kod Osijeka, Petrinju, dakle "zarista" 1991., kod
porodica koje su nas drzale kao sinove.
Koliko se tice citirane pjesme u vasim solokolokvijima, prvi put
cujem za te stihove. Tada su se mogle cuti parole kao "Zona A, zona B,
bit ce nase obadve", "Zivot damo, Trst ne damo" ! A mi smo, odlazeci u
red u skolu, znali zapjevati nestasne pjesmice : "Drugarica Katica,
mudra stroga glavica...i u red poziva sve nas". Nastavnice,
odgojiteljice ucile su nas voliti svoje i postovati tudje, a vi
profesore, osim sto prekajate povijest, sijete i netrpeljivost. Ne bi
me iznenadilo da ste i vi jedan od "bivsih" kao moja nekadasnja
profesorica Savka Dabcevic - Kucar.
S nepostovanjem,
dipl. oec. Ivan Pavicevac
Roma, 20. Listopada 2001.
P.S.
Nepostovani profesore, iz vaseg teksta "Prizori poratne Pule" (2),
mozemo "nazrijeti" vas visokocivilizirani venetsko-hrvatski ili
hrvatsko-venetski odgoj. Stoga se pitam sto tekst istog sadrzaja niste
objavili do 1990. godine. Vjerojatno bi takav tekst imao vise odjeka
za "poboljsanje" uvjeta zivota u sirotistu, kako vi nazivate djecji dom
u Puli.
Kratak osvrt mog prijatelja, gradjanina Hrvatske.
===*===
Lettera aperta
alla redazione di "Glas Istre" (Pula/Pola) e "Novi List" (Rijeka/Fiume)
Signor Miroslav Bertosa,
trascorrendo un paio di giorni nella mia citta' natale ho avuto
l'occasione di leggere su "Glas Istre - Novi List" di giovedi
1/10/2001 i suoi "Dialoghi e soliloqui con immagini di Pola
postbellica" (parte 2), che sono ricchi di invenzioni e falsita' - e
percio' (non) mi domando chi vorrebbe adulare e convincere con questi...
Lei puo' nutrire o meno simpatie per chi e per cosa vuole, ma non ha il
diritto di seminare odio e scrivere falsita'! I suoi "Dialoghi"
traboccano di intolleranza e disgusto. Citando esempi di comportamento
individuale lei infanga QUEL nostro esempio, per tutto il mondo, di
convivenza, tolleranza e pace nel socialismo.
Riporto soltanto due "perle" tra le sue visioni "d'un incontro
ravvicinato con il balcanismo". (Mi dica lei, su che territorio si
estende prevalentemente la Croazia? Eh gia', non ci sono piu' le poesie
patriottiche come "...Sai dove sono i Balcani, la Jugoslavia...").
Proprio con il suo scrivere lei dimostra di essere "balcanico" in senso
deteriore. Per quanto riguarda "il modo di pulirsi il naso", questo e'
piu' o meno l'uso di ogni "burino", ma anche delle persone
raffreddate... Ma "presso gli ufficiali e sottufficiali"... eh
professore, qui casca l'asino, o, come si dice dalle nostre parti: "ecco
il cespuglio dove si nasconde la lepre". Io so che da militari non si
poteva uscire dalla caserma se non si aveva il fazzoletto, il pettine,
l'ago ed il filo con se'.
Il culmine delle sue esternazioni di passione e falsita' e' raggiunto
nella descrizione della vita nei collegi (gratuiti), le "Case del
Bambino". Ricordi e fantasticherie degne di un bimbo viziato e
insolente, ed ora di un intellettuale borghese. In questo lei ha
superato anche Matvejevic. Glielo posso dire anche apertamente,
professore, come ospite o "orfano del Kordun" (1) nel collegio "Ruza
Petrovic" a Pola, anni scolastici 1948-49-50.
Il collegio si trovava presso Valcane, dove si trovano ora le scuole.
Nella mia classe c'erano un Marcello Delcarro di Rovinjsko Selo, un
Dinko Tomasic, un Tomislav, un Milan di Osijek, Milos, Marija, Mara...
che vorrei tanto rivedere - e li invito a rispondermi se leggono queste
righe. Con i bambini dell'asilo nido, sempre nello stesso collegio,
lavorava la signora Dinka di Bosoler, un borgo presso Pola, che vive ora
ad Opatija/Abbazia. La direttrice si chiamava Libera Baticic (allego
copia della dedica del libro "Il capitano quindicenne" di J. Verne, che
mi ha regalato prima di lasciare il collegio).
"L'altro mondo", come lei chiama il "collegio immondizia", in verita'
consisteva nel lavarsi i denti ogni mattino ed ogni sera, quindici
minuti di ginnastica mattutina nella pineta adiacente - quando il tempo
lo permetteva -, la colazione e poi la scuola, che si trovava dove ora
si trova l'edificio del collegio. Ci portavano anche a vedere l'Opera.
(Mi addormentai ascoltando l'"Aida", che, come credo lei ben sa, e'
un'opera molto lunga...).
Se qualche volta avessimo sbagliato, o detto qualche parolaccia, ci
avrebbero fatto capire in cosa consisteva l'errore in un modo che era
una lezione migliore delle bastonate, o delle preghiere per penitenza.
Durante l'estate ci portavano all'interno del paese: a Tenje presso
Osijek, a Petrinja, dunque i "focolai" del 1991, presso famiglie che ci
tenevano come loro figli.
Per quanto riguarda la poesia citata nei suoi "soliloqui", sento questi
versi per la prima volta in vita mia. Allora si potevano sentire slogan
come "Zona A, zona B, bit'ce nase obadve", "Zivot damo, Trst ne damo!"
(2), mentre noi andando in fila verso la scuola sapevamo cantare
canzoncine tipo: "Drugarica Katica, mudra stroga glavica... i u red
poziva sve nas" (3).
Le insegnanti, le educatrici, ci insegnavano ad amare il proprio ed a
rispettare l'altrui, ma lei professore, oltre a riscrivere la storia,
semina anche l'intolleranza. Non mi sorprenderebbe se anche lei fosse
uno degli "ex" come la mia professoressa di un tempo, Savka
Dabcevic - Kucar (4).
Senza stima
Dott. Ivan Pavicevac
Roma 20 ottobre 2001
PS.
Non-esimio professore, dal suo testo succitato possiamo "evincere" la
vostra somma civilizzazione di educazione croato-veneta o veneto-croata.
Percio' mi chiedo come mai un simile testo non lo abbiate scritto
prima del 1990. Probabilmente un testo simile avrebbe avuto molta piu'
effetto per il "miglioramento" delle condizioni di vita
"nell'orfanotrofio", come lei definisce la Casa del Bambino di Pola.
(Piccola nota di un mio amico, cittadino della Croazia)
(1) Nell'articolo in questione Bertosa cerca di fare dell'umorismo sugli
orfani, figli degli eroici partigiani del Kordun sterminati dai nazisti.
(2) "Zona A, zona B, saranno entrambe nostre"; "La vita daremo, Trieste
non lasceremo".
(3) "La compagna Katica, maestra saggia e severa, ci mette tutti in
riga" (filastrocca per bambini).
(4) Riferimento ad ex appartenenti al Partito Comunista, poi
convertitisi opportunisticamente al nazionalismo etno-separatista.
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EMPEROR'S CLOTHES ARTICLES ON 9-11 * A GUIDE
To be updated with new material
[24 December 2001]
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This page includes the web addresses of Emperor's
Clothes articles on the
9-11 atrocity and related material. It is divided in
four sections, each
with the most important articles at the top.
The four sections are:
(1) Articles directly addressing the air terror
attacks on 9-11
(2) Articles on Osama Bin Laden
(3) Exclusive Interviews related to 9-11
(4) Articles on other relevant issues.
=======================================
(1) ARTICLES DIRECTLY ADDRESSING THE AIR TERROR
ATTACKS ON 9-11
=======================================
Our Main Series: 'Guilty for 9-11: Bush, Rumsfeld,
Myers': Dedicated to the firefighters of New York.
Section 1: 'Why Were None of the Hijacked Planes
Intercepted?'
[Posted 14 November 2001]
http://emperors-clothes.com/indict/indict-1.htm
Update to Section 1:
[Posted 18 November 2001]
http://emperors-clothes.com/indict/indictupdate.htm
Section 2: 'Mr. Cheney's Cover Story'
[Posted 20 November 2001]
http://emperors-clothes.com/indict/indict-2.htm
'Scrambled Messages' - 'New York Press' article based
on the 'Guilty for 9-11' Series.
by George Szamuely
[Posted 14 December 2001]
http://emperors-clothes.com/articles/szamuely/scrambled.htm
'Map & Timetable for American Airlines Flight 77'
[Posted 8 December 2001]
http://emperors-clothes.com/images/maptime.htm
'Criminal Negligence or Treason?' by Jared Israel
Commentary on a 'NY Times' article
[Posted 15 September 2001]
http://emperors-clothes.com/articles/jared/treason.htm
'Reader Says Emperor's Clothes Wrong on bin Laden,
9-11' A very interesting debate.
[Posted 28 September 2001]
http://emperors-clothes.com/letters/wrong.htm
'Russian Air Force Chief Says Official 9-11 Story
Impossible'
[Posted 13 September 2001]
http://emperors-clothes.com/news/airf.htm
"'Explosives Planted In Towers,' New Mexico Tech
Expert Says"
[Posted 14 September 2001]
http://emperors-clothes.com/news/albu.htm
=======================================
(2) ARTICLES ON OSAMA BIN LADEN
=======================================
"Gaping Holes in the 'CIA vs. bin Laden' Story"
by Jared Israel. Using solid documentation, this
article tears apart the
claims that Osama bin Laden broke with his
family and the CIA. Also includes
the BBC program exposing Bush's efforts to
suppress FBI investigation of bin Laden family.
[Posted 8 November 2001]
http://emperors-clothes.com/news/probestop-i.htm
'Bin Laden in the Balkans'
Mainstream news accounts of bin Laden's involvement
in CIA-linked terrorist organizations attacking
Yugoslavia and Macedonia years after he supposedly
broke with the CIA.
[Posted 3 October 2001]
http://emperors-clothes.com/news/binl.htm
'Newspaper Articles Documenting U.S. Creation of
Taliban and bin Laden's Terrorist Network'
[14 September 2001]
'Osama bin Laden: Made in USA'
by Jared Israel
[13 September 2001]
"'Bin Laden, Terrorist Monster.' Take Two!"
by Jared Israel. This article examines the
too-convenient change in bin
Laden's public stance before and after the onset of
U.S. bombing of Afghanistan.
[Posted 9 October 2001]
http://emperors-clothes.com/articles/jared/taketwo.htm
'Bushladen'
by Jared Israel.
Bush Sr. and the bin Ladens are partners in 'defense'
business.
[Posted 8 October 2001]
http://emperors-clothes.com/news/bushladen.htm
'The CIA Allegedly Met Bin Laden in July'
>From 'Le Figaro' [1 November 2001]
http://emperors-clothes.com/misc/lefigaro.htm
'Transcript of BBC Report: "Has Someone Been Sitting
On the FBI?"
[Posted 12 November 2001]
http://emperors-clothes.com/news/probetrans.htm
'Bush-Bin Laden connection Slammed by Judicial Watch'
[Posted 8 October 2001]
http://emperors-clothes.com/news/jw.htm
'Baltimore Chronicle' information on Bushladen story:
George Soros & James Baker are members of the Family, too.
[posted 8 October 2001]
http://emperors-clothes.com/news/bushladen2-i.htm
'Reader Says Emperor's Clothes Wrong on bin Laden,
9-11' A very interesting debate.
[Posted 28 September 2001]
http://emperors-clothes.com/letters/wrong.htm
'The Creation Called Osama'
By Shamsul Islam
Reprinted from 'The Hindu' (India)
[posted 27 September 2001]
http://emperors-clothes.com/analysis/creat.htm
=======================================
(3) Exclusive Interviews related to 9-11
=======================================
'Interview With Manager at Huffman Aviation Casts
Doubt on Official Story'
Interview by Jared Israel
[Conducted and posted 13 September 2001]
http://emperors-clothes.com/interviews/dekkers.htm
'Red Cross Spokesmen Refute Pentagon Lies'
Interview by Jared Israel
[1 November 2001]
http://emperors-clothes.com/interviews/redcross.htm
=======================================
(4) OTHER RELEVANT ARTICLES
=======================================
'Why Washington Wants Afghanistan'
by Jared Israel, Rick Rozoff & Nico Varkevisser
[Posted 18 September 2001]
http://emperors-clothes.com/analysis/afghan.htm
'Bush's Press Conference: Into the Abyss'
by Rick Rozoff
[Posted 12 September 2001]
http://emperors-clothes.com/articles/rozoff/abyss.htm
'Operation Northwoods: Plan for Terror to Justify War'
The plan developed by the Joint Chiefs of Staff to
stage terrorist attacks against the US and blame
them on Cuba. With by comments from Jared Israel.
Quotations are hyperlinked to the Northwoods document
and the Northwoods document itself has been edited to
make navigation easier
[Posted 10 December 2001]
http://emperors-clothes.com/images/north-int.htm
'Congressman: U.S. Set Up Anti-Taliban to be
Slaughtered'
* Excerpts from a most revealing hearing with comments
by Jared Israel
[Posted 16 October 2001]
http://emperors-clothes.com/misc/rohr.htm
For full text of hearings go to:
http://emperors-clothes.com/misc/rohrfull.htm
'US Army Gets Secret Advice from Hollywood'
[Posted 8 October 2001]
http://emperors-clothes.com/news/hollywood-i.htm
'Washington Plots, Moscow Crawls, Kabul Burns'
by Jared Israel
[Posted 19 October 2001]
http://emperors-clothes.com/misc/burns.htm
Ex- National Security Chief Brzezinski admits:
'Afghan War & Islamism Were Made in Washington'
Interview with Zbigniew Brzezinski, President Jimmy
Carter's National Security Adviser
[Posted 6 October 2001]
http://emperors-clothes.com/interviews/brz.htm
'Death on a Very Small Planet'
Photo montage of tragedy in Belgrade and New York
City. Dedicated to the innocent.
[Expanded 2 October 2001]
http://www.emperors-clothes.com/1/rem.htm
'U.S. Military Schemes: Ominously Like 9-11'
[Posted 8 October 2001]
http://emperors-clothes.com/misc/bamford.htm
'NATO Buildup in the Balkans: Part of a Deadly Game'
[Posted 26 September 2001]
http://emperors-clothes.com/news/farish.htm
'Washington's Pakistani Allies: Drug Dealers, Killers'
By Rahul Bedi in New Delhi
Reprinted from Sydney Morning Herald
[Posted 27 September 2001]
http://emperors-clothes.com/analysis/allies.htm
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Da: Fulvio Grimaldi
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Oggetto: anno nuovo e tute nuove
Ieri mi sono temporaneamente, per impedire l'ingorgo, sottratto alle mie
liste di posta elettronica. I moderatori mi consentiranno di inoltrare
quest'ultimo pensiero per il 2002.
Invito solo tutti coloro che in qualche modo credono nelle potenzialità
del Movimento e individuano nella centralità della guerra imperialista
e della complementare fascistizzazione del mondo contro popoli e classi
il cuore epocale della nostra stagione a esaminare sempre con
attenzione e severità le imprese, parole d'ordine, apparizioni dei
negristi casariniani detti disobbedienti. Non è il caso di dimenticare,
nè di concedere attenuanti. La consapevolezza dell'estraneità dei
contenuti e metodi di quelli che erano - e in buona misura sono ancora -
solo i Centri sociali del Nord-Est, rispetto alla lotta
anticapitalista ed antimperialista, per la pace e la democrazia,
è progredita di molto dai tempi di Genova. Allora eravamo in pochi a
denunciare - rischiando l'ingiusta accusa di "nemici del movimento",
"partitisti sclerotizzati" - il carattere ambiguo, la valenza fortemente
mediale, gli aspetti provocatori, l'esilità politica, la conduzione
interna rigorosamente antidemocratica e verticistica, oltre i limiti
della violenza fisica, gli equivoci rapporti internazionali (uno per
tutti: Otpor, la potente formazione CIA della Jugoslavia) di tute
bianche e Ya Basta. Oggi i metodi e proclami di quel settore, insieme
alle superatissime e smentitissime (dagli avvenimenti dall'11 sett. in
poi) teorie negriane sulla compattezza e omogeneità dell'"impero
capitalistico mondiale", invece dilianiato da contrasti sotterranei
violentissimi e strategici, seppure a egemonia militaristica e
fascistica USA, sono stati percepiti da molti.
Interi settori, riformistici o sedicenti radicali, da Lilliput al
movimento degli studenti, hanno deciso di allontanarsi dal connubio con
Casarini, Caruso, Lutrario, Leoncavallo, percependone i fortissimi
pericoli, pur sapendo che distanziarsi da questi amici dei grandi media
significa pagarne lo scotto in termine di diffusione e peso politico.
Nel frattempo si sono succeduti gli episodi di violenze fisiche e
verbali dei disobbedienti a danni di non allineati.
Credo che per chi abbia il cuore il rafforzamento e soprattutto
l'evoluzione politica del movimento, della lotta di classe tutta, in
Italia e nel mondo, sia sempre utile ricordare alcuni fatti.
Le Tute bianche (TB) obbediscono a una ideologia della resa e della
fuga, di una disobbedienza e diserzione già formulati e falliti
nell'800. Sostengono un capitalismo ammortizzato dall'ingresso di un
più equo Settore (non) Profit. Definendolo "statalismo" vogliono la
demolizione del Pubblico, cioè della responsabilit collettiva nei
confronti di tutti i partecipanti al patto sociale nazionale,
sostituito da una remunerativa "sussidiarietà" che esime le istituzioni
e ne elimina il controllo. E questo è berlusconismo.
Disarmano con ciò la resistenza dei popoli e delle classi, nel nome di
una salvezza individuale da perseguire tra conventicole di uguali (ma
con leaderissimo), in ciò ripetendo l'esperienza delle Sun Cities
statunitensi.
La TB sono il punto centrale di un asse che collega lo zapatismo alla
componente ultradestra e CIA dei Balcani, dall'UCK a Otpor. Dello
zapatismo va detto che si tratta di un movimento a singhiozzo che,
nelle fasi cruciali della fenomenologia imperialista, scompare nella
Selva Lacandona a evitare imbarazzi. Un movimento che ha spento, dal
1994, la rivolta endemica, incontrollabile, di mille focolai di lotta
nel Chiapas, ha privato gli indios della capacità e volontà di
autodifesa, estrema risorsa biologica dell'uomo, ha provocato il
ritorno in forze dei militari e paramilitari in tutto il Chiapas, ha
rifiutato ogni collegamento con le infinite, anche più significative
lotte contadine, operaie e indigene in Messico (Nafta) e in
America Latina (ALCA), non ha mai speso una parola sul lo squartamento
della Jugoslavia, sul genocidio in Palestina, sullo sterminio degli
afghani, pur presentandosi come punta-leader del movimento antiglobal,
addirittura a carattere intergalattico. L'uomo in maschera, il neo-
Zorro, ha ritenuto, investite le tute bianche del ruolo di pretoriani,
di tributare riconoscimento e credibilità al peggiore e più amerikano
dei presidenti che il Messico abbia avuto, ricavandone uno sberleffo di
legge per gli indios.
Lo zapatismo, preso a modello dalla selva arcaica per società
industriali e postindustriali del 21.secolo, non pone la questione del
potere, cioè del cambiamento dell'esistente, ma solo quella della
preservazione, per grazia del principe, della nicchia e e dei suoi
corollari, anche folkloristici.
Marcos avrebbe dovuto sostituire nell'immaginario della liberazione il
volto e il ruolo di Che Guevara. Per fortuna ha fallito. Da questa, non
esauriente descrizione, si ricava come sia possibile un asse Marcos-
Tute bianche-Otpor.
Le TB, in linea con il particolarismo identitario dello zapatismo
(Zapata si rivolterebbe nella tomba), hanno sempre propugnato la
cosiddetta "democrazia municipale" o " di campanile". neanche più
il "socialismo in un solo paese", ma il governo del solo comune. Più
leghisti di così. Ecco perchè il grande abbaglio di Porto Alegre, dove
ai cittadini, nella mancata contestazione delle strategie reazionarie
complessive dello Stato brasiliano, si offre una partecipazione alle
discussioni e niente affatto al processo decisionale.
Ricordate "l'ingresso nel la scuola degli studenti e genitori"
nella "grande riforma democratica degli organi collegiali"? Chiedetene
conto agli studenti in piazza oggi.
A proposito di questo, risuona ancora nelle orecchie di molti il
disdegno con cui le TB accolsero, ai suoi inizi, la difesa della scuola
pubblica fatta da RC e altre sinistre di fronte alle prime manomissioni
lombarde e emiliane. Scrissero le TB (Il Manifesto): la difesa della
scuola pubblica è una battaglia arretrata, di retroguardia. Noi
dobbiamo puntare verso la scuola territoriale... Benetton non avrebbe
potuto dirla meglio. Quel Benetton, sciagurato tra i più sciagurati
sfruttatori di manodopera e turlupinatore di consumatori, che, passando
per il criptoleghista Cacciari, nume tutelare delle TB da sempre, ha
fatto alle TB il grazioso dono del centro sociale più grande d'Italia:
Il "Rivolta" di Mestre. Corollario dei remunerativi rapporti
istituzionali curati da Casarini con la ministra degli affari asociali
Livia Turco, nonchè con la ministra degli interni Jervolino,
per le famose sceneggiate degli scontri con la polizia.
Oggi Casarini e Caruso marciano in testa al corteo degli studenti, che
pure ne avevano energicamente respinto l'infiltrazione e il
condizionamento.
Oggi Casarini e Caruso, sostenuti solo da un pezzo di RC e circondati
dai dubbi o dall'avversione matura del resto del movimento, propongono
(al Congresso dei Verdi, tra i quali pure sono strumentalmente
transitati anni fa) il "nuovo soggetto politico", il nuovo partito. E
parti di RC sono disposti a farsi a pezzi pur di salire su questa
sbrindellatissima zattera, inventata per spuntare la risposta di
sinistra e pacifista all'imperialismo USA e alla fascistizzazione.
Le TB hanno ostinatamente espunto le guerre continue di sterminio, di
distruzione ambientale, di suddivisione imperialistica, dalle loro
tematiche. In Jugoslavia, protagonisti del partito del nè-nè, sono
stati fiancheggiatori dell'aggressore forte a scapito del difensore
debole, per poi ignorare del tutto il tragico esito dell'attuale
saccheggio privatizzatore e mafioso della Serbia, nonchè gli ulteriori
dismembramenti di Macedonia e Montenegro. Sono state amiche sia della
vecchia "Alleanza Civica", guidata da Vesna Pesic (laureata in un
istituto CIA di Washington e da Sonia Licht (presidente della
Fondazione Soros), sia di Radio B-92, del circuito CIA di Radio Free
Europe, sia ovviamente di Otpor, che minaccia l'attuale governo se non
si affretta con l'arresto e la consegna all'Aja di altri "criminali di
guera", nonchè con la privatizzazione di tutto quanto in Jugoslavia si
produce, insegna o cura. Il massimo per gente che si definisce
parte del movimento antiglobalizzazione.
Le TB hanno espunto la questione palestinese, il più terribile
genocidio in atto nel mondo, dalla loro predicazione-azione. All'unica
manifestazione nazionale che questo paese ha saputo mettere in piedi,
nel novembre 2000, a favore della Palestina, Ya Basta ha fatto
pervenire un comunicato in cui rifiuta l'adesione perchè non si
riconosce nella parola d'ordine "due stati per due popoli" (parola
d'ordine palestinese), in quanto il concetto di Stato gli è estraneo. I
palestinesi ringraziano.
La guerra è diventato tema del Movimento, soltanto a fiamme divampanti
su tutto il mondo, dopo le Torri gemelle e dopo le bastonate di Genova,
volute dal Potere, ma facilitate dalle TB con le loro ridicole e
provocatorie sceneggiate in costume medievale. Si è imposta per forza
di cose, e per sforzo di compagni lungimiranti di RC e di altre
organizzazioni, comuniste e non. Ma se oggi siamo in terribile ritardo
nella mobilitazione sulla Palestina, lasciando spazio solo a sporadiche
e demogagiche iniziative umanitarie, lo dobbiamo sicuramente al
sabotaggio delle TB e alla dabbenaggine di settori di RC. Settori per
questo oggi in conmsiderevole difficoltà. L'opportunismo costante e
globale delle TB si esprime oggi nel viaggio in Palestina, in coda a
tutti gli altri, annunciato ora anche da Ya Basta. Sarà interessante
vedere come saranno accolti.
In buona sostanza, l'azione politica di questi civilisti che negano la
necessità del potere, sono violentemente nonviolenti, disintegrano lo
Stato (unica difesa contro la disgregazione cercata dal'imperialismo)
dal basso, puntano sul municipio, non hanno parlato per anni di guerra
e militarismo, hanno minato l'appoggio ai popoli aggrediti, hanno
rifiutato la solidarietà alla Palestina, incitano all'esodo nell'isola
felice, sono del tutto estranei alle situazioni conflittuali sul
territorio se si eccettuano i migranti, propongono la finzione di un
Impero che invece è suddiviso in vari poli profondamente conflittuali,
è complementare all'azione di ricolonizzazione del mondo perseguito, a
partire dalla sconfitta del colonialismo ottocentesco, sulla precisa
falsariga della rivoluzione globalista e delle conquiste di territori,
risorse, stupefacenti e sovranità, perseguita dell'impero britannico.
Non ci sono "rivoluzioni capitaliste". C'è un capitalismo imperialista
anglosassone-sionista la cui catastrofe finanziaria ha tramutato un
tentativo di globalizzazione tipo regina Vittoria o Carlo V in feroce
competizione interimperialistica in fieri e in assoggettamento
militare, istituzionale e psicologico del mondo, con correlato
sfoltimento dell'umanità e distruzione del pianeta perseguiti
con l'uranio, la chimica, il petrolio, la guerra biologica, la fame e la
sete.
Al centro di questo marasma la Palestina, i popoli poveri, i lavoratori
di ogni classificazione nelle metropoli.
Ai più anziani chiedo di ricordare il '68 e chi ne pretese di dirigerne
gli esiti. C'erano i furbi, gli infiltrati, comunisti ufficiali che in
parte arricciavano il naso e ignoravano, come oggi ci sono comunisti
che si sdraiano ottusi e ciechi a zerbino Ai più giovani, di studiare
quella vicenda, di cui oggi abbiamo un replay, in termini di farsa ma
nondimeno pericolosissimo. Errare humanum, perseverare diabolicum.
Buon anno,
Fulvio Grimaldi
V. S. Anselmo 13 - 10155 Torino
338/1755563 - 328/7366501
Disponibile il "QUADERNO YUGOSLAVIA N. 1"
Informiamo che a cura dell’Associazione "S.O.S. Yugoslavia" è stato
prodotto un fascicolo contenente la raccolta di documenti
sull’aggressione alla Repubblica Federale Jugoslava (1999-2001).
Si tratta di una raccolta di materiali utilizzati ed in parte diffusi
nell’ambito delle attività dell’Associazione durante il conflitto del
Kosovo.
L’Associazione torinese, costituita nella primavera del 99’ sulla
spinta solidaristica di un gruppo di persone sensibili alle vicende
patite dai popoli jugoslavi, con una parte della comunità slava di
Torino, ha sviluppato un progetto d’aiuto concreto che si è
concretizzato nell’invio di materiali umanitari là dove il soccorso
internazionale era quasi assente, Voivodina, area di Kragujevac e
Belgrado. Il lavoro solidaristico si è sviluppato efficacemente ed è
tuttora in corso, validamente impegnato nella campagna di adozioni a
distanza.
La natura particolare del recente conflitto balcanico, la
cosiddetta "guerra umanitaria", mobilitava le coscienze e costringeva a
scelte di carattere morale, tali scelte, però, avvenivano nel frastuono
di un martellamento mediatico finalizzato a giustificare i
bombardamenti che sistematicamente colpivano le infrastrutture civili
dell’intera Repubblica Federale Jugoslava: fabbriche, centrali
energetiche, ponti, ferrovie (treni e passeggeri inclusi), abitazioni
civili, ambasciate, il palazzo della televisione (operatori inclusi),
autobus, profughi. Questo strano umanitarismo costellato di "errori"
ed "effetti collaterali" era sostenuto da un sistema informativo troppo
contraddittorio e fazioso per celare la sua vera natura di autentica
propaganda di guerra. La tragica situazione imponeva lo sforzo di
oltrepassare la versione superficiale dei fatti per andare al di là
dell’immagine del nemico mostruoso e crudele, sicché per tutto il corso
del conflitto e anche dopo, parallelamente all’opera solidaristica
umanitaria l’associazione raccoglieva una ricca documentazione sugli
aspetti più gravi delle vicende in cui erano coinvolti i civili
jugoslavi; la campagna di demonizzazione del popolo serbo già avviata
durante il conflitto in Bosnia, la strumentalizzazione della questione
profughi, il ruolo dell’UCK e la pericolosità delle armi all’uranio
impoverito.
Questi argomenti sono stati trattati avendo cura di citare le fonti e
di fornire un quadro preciso sulla base di documenti oggettivi, perché
lo scopo era quello di superare i pregiudizi e capire quanto accadeva
senza lasciarci trasportare da facili odi verso il nemico di turno, in
una parola, per promuovere finalmente una solidarietà cosciente,
indispensabile oggi più che mai dato il contesto internazionale,
attraverso un lavoro di informazione, puntuale, corretta e documentata.
L’isolamento in cui si è condotta l’attività dell’associazione, così
come l’ostilità da parte di certe aree del movimento pacifista durante
la guerra, sono oggi controbilanciate dalla verità venuta infine a
galla; i tormentoni che per mesi hanno alimentato il mito della "guerra
giusta" sono scomparsi, inghiottiti da nuove campagne mediatiche che
contraddicevano o sorvolavano disinvoltamente le precedenti (i soldati
italiani intossicati dall’uranio impoverito e subito dopo la "mucca
pazza"), travolti dalla disinformazione (le fosse comuni non esistevano
o le poche ritrovate contenevano tanto serbi che albanesi), cancellati
dall’indifferenza dei media verso la "pulizia etnica" condotta
dall’UCK, e dimenticati, semplicemente caduti nell’oblio generale.
Quanto al dopo, conclusosi il conflitto calava il sipario, eppure le
conseguenze del profondo cambiamento portato nella società di quei
popoli è causa di sofferenze la cui portata si coglie soltanto si
conosce direttamente. Ora che il "bene" ha vinto sul "male" la nostra
solidarietà continua, concreta e cosciente come prima, consentendoci di
affermare senza dubbi che quella guerra nulla ha avuto di giusto, molto
di neocoloniale, moltissimo di falso e propagandistico, proprio come la
pubblicità.
Riteniamo utile mettere il materiale di documentazione raccolto in
questi anni a disposizione di quanti fossero interessarti, a questo
scopo stiamo curando la pubblicazione di alcuni dossier tematici che
abbiamo chiamato "Quaderni Jugoslavia". Il numero uno è disponibile
prendendo contatto con l’associazione, altri ne seguiranno fino ad
esaurimento dell’archivio.
Per contatti: i numeri sopra indicati, oppure per email:
posta@...
Lo storico sloveno Anton Bebler ha confermato, in una analisi apparsa
sul "Delo" di Lubiana, che Slobodan Milosevic ebbe un ruolo essenziale
nel distogliere i capi dell'Armata Federale dall'uso della forza in
Slovenia nei giorni a cavallo tra giugno e luglio 1991. L'analisi di
Bebler, pubblicata nell'anniversario del riconoscimento internazionale
alla secessione slovena, che diede inizio allo squartamento del paese,
conferma in realta' quello che non e' mai stato un segreto per nessuno.
Di tante colpe presunte di Slobodan Milosevic, questa - di pensare che
potesse esistere una Jugoslavia amputata di qualcuna delle sue
repubbliche e dei suoi popoli costitutivi - non gli viene mai
attribuita come tale ne' dalla NATO, ne' da alcun "tribunale ad hoc",
ne' dai falsi pacifisti e commentatori ipocriti, i quali hanno
viceversa tutti caldeggiato e salutato con soddisfazione lo
smembramento della scomoda Jugoslavia in tanti statarelli-
banana "etnici". (I. Slavo)
Rettete Milosevic Slowenien?
LJUBLJANA, 26.Dezember 2001. Die ehemalige Führung Serbiens unter
Slobodan Milosevic rettete 1991 Slowenien vor einem entschiedenen
Eingreifen der damaligen Jugoslawischen Volksarmee (JVA). Milosevic
unterband das harte Eingreifen der Armee, obwohl sich die Armeespitze
bereits dazu entschlossen hatte um die territoriale Integrität des
Landes zu sichern. Dies bestätigt der slowenische Historiker Dr. Anton
Bebler in einer Analyse der Ereignisse, die zur Unabhängigkeit der
ehemaligen jugoslawischen Teilrepublik Slowenien geführt hatten.
Beblers Ausführungen erschienen in der Wochenzeitung Delo anläßlich des
zehnten Jahrestages des slowenischen Unabhängigkeitsreferendums.
TANJUG / AMSELFELD.COM
Il direttore del settimanale croato "Nacional", Pukanic, ha denunciato
in una intervista che "persone del Montenegro" gli hanno ripetutamente
offerto soldi perche', in cambio, facesse scendere una cortina di
silenzio sui traffici di sigarette. La rivista infatti si e' occupata
in una serie di recenti articoli della "mafia balcanica delle
sigarette", che fa capo al Montenegro. Persone vicine al presidente
montenegrino Djukanovic avrebbero offerto a collaboratori di
Pukanic "somme in marchi tedeschi, composte da sette cifre".
Zeitung soll schweigen
PODGORICA/ZAGREB, 25. Dezember 2001. Der Direktor der kroatischen
Wochenzeitung "Nacional", Ivo Pukanic, gab gestern in einem Interview
bekannt, dass ihm "gewisse Leute aus Montenegro" bisher zweimal Geld
angeboten haben, damit das Blatt nicht weiter über den illegalen
Zigarettenhandel schreibt. Die Wochenzeitung hatte jüngst in einer
Serie über die "Zigarettenmafia des Balkans" berichtet.
Pukanic sagte der in Podgorica erscheinenden Zeitung "Glas Crnogoraca",
zwei seiner Freunde seien im slowenischen Brezice von Vertrauensleuten
des montenegrinischen Präsidenten Djukanovic kontaktiert worden und
hätten einen siebenstelligen DM-Betrag angeboten bekommen. Wie Pukanic
weiter erklärte, habe man den Bestechungsversuch zurückgewiessen.
Quelle: BEOGRAD.COM / AMSELFELD.COM
1: IL MOVIMENTO DI CUCCHI E MAGNANI
Trascrizione della conversazione con Francesco
Ferraretto (FF) ed un altro compagno di Roma suo
amico (AA), entrambi ex partigiani ed appartenenti
al movimento di Cucchi e Magnani a partire dal 1948.
Il colloquio si e' tenuto a Roma nel gennaio 2000
con la redazione di "Voce Jugoslava" (VJ), che ha
effettuato la registrazione.
---
AA: ...Di queste questioni un esperto e' Maras
[Giuseppe], membro del Comitato esecutivo dell'ANPI.
Era amico personale di Tito e di Kardelj, e poi fu
anche amico di Mattei. Era il rappresentante delle
Brigate Verdi nell'ANPI, l'Associazione Nazionale
Partigiani d'Italia, e quindi conosce molto bene
la situazione di quel tempo, dei rapporti fra la
Resistenza fatta dagli italiani all'estero e quella
in Italia...
VJ: Voi la vostra Resistenza l'avete fatta a Roma?
AA: Si.
VJ: E la vostra vicenda jugoslava dunque e' degli
anni successivi? Da cosa nacque l'interesse per
la questione jugoslava?
AA: Fu a causa della Risoluzione del Cominform
contro la Jugoslavia [1948]. Praticamente, il
Cominform - che era un comitato di uffici dei
partiti comunisti, quello cioe' che sostitui'
il Comintern - dietro pressione della maggioranza
sovietica si pronuncio' contro la Jugoslavia,
dichiarandola "paese fuori campo", intendendo il
campo dei paesi socialisti.
Questo naturalmente genero' un isolamento della
Jugoslavia, sia dal punto di vista dei rapporti
con gli altri paesi comunisti sia nei confronti del
mondo occidentale, dove la Jugoslavia non era
assolutamente vista con occhio benevolo, era sempre
un paese comunista...
FF: Mah, praticamente la mia storia e' semplicissima -
e non c'entra niente mia moglie, io mia moglie l'ho
conosciuta a cose fatte...
Eravamo giovani comunisti, all'epoca, e dopo Stalin
per noi veniva Tito nella scala, chiamiamola cosi',
degli eroi, dei combattenti antifascisti. E, ad un
certo momento, sentire dall'oggi al domani, dalla sera
alla mattina, che Tito non era un eroe antifascista
che aveva combattuto eroicamente, ma era
nientepopodimeno che una spia dell'America, una spia
della Gestapo, il colpo fu talmente evidente che molti
di noi dubitaroro e dissero: vogliamo vedere, vogliamo
capire, vogliamo approfondire...
Bastarono queste parole perche' io venissi radiato
dal Partito Comunista - non espulso, radiato: la
differenza era che gli espulsi non potevano rientrare,
i radiati potevano rientrare.
AA: E con noi anche due deputati del Parlamento
italiano, Cucchi e Magnani, due deputati comunisti.
FF: ...dei quali uno medaglia d'oro della Resistenza!
VJ: La loro posizione critica rispetto al Cominform
forse era legata anche ad esperienze della guerra
partigiana in Jugoslavia?
FF: Magnani partecipo' alla Resistenza in Jugoslavia
nella Divisione Italia. Lui passo', l'8 settembre,
dall'esercito italiano ai partigiani di Tito. Parlo
di Valdo Magnani, che poi era nientepopodimeno che
il segretario della Federazione PCI di Reggio Emilia,
ed era legato a Togliatti: era cugino della Nilde
Iotti, ed uno dei pupilli di Togliatti. Infatti non
appena Magnani accenno' - seguito da Cucchi e da
altri fra cui Libertini, ad esempio: Lucio Libertini
- l'intenzione di fare questo movimento che in effetti
si costitui' e si chiamo' Movimento dei Lavoratori
Italiani, vennero espulsi con ignominia...
AA: Fu una sera, a Piazza della Fontanella Borghese...
FF: Si, furono espulsi da Togliatti, che li indico' in
questo modo: "Anche il migliore destriero - riferendosi
al Partito Comunista - nel suo crine ha dei pidocchi".
Cioe', Valdo Magnani e Aldo Cucchi - ed anche noi! -
erano dei pidocchi che avevano cavalcato sulla criniera
di questo cavallo magnifico che era il PCI... Fu una
lotta terribile...
VJ: Che storia ebbe questo Movimento dei Lavoratori
Italiani?
FF: Il Movimento dei Lavoratori Italiani ebbe una
bella storia, perche' vi aderirono elementi come
Lucio Libertini, per esempio, che poi ebbe tutta una
storia nella Rifondazione Comunista e fu fino all'ultimo
Senatore della Repubblica, Carlo Andreoni, Cocconi,
e tutta una serie di partigiani... Questo movimento
partecipo' alle elezioni del 1953, le famose elezioni
della "legge truffa", e con il suo mezzo milione di voti
impedi' che la legge truffa passasse, perche' se quel
mezzo milione non avesse votato, molto probabilmente
la legge truffa sarebbe passata. Con una maggioranza
del 51 virgola qualcosa per cento la legge non passo'...
VJ: Dunque il movimento ebbe una rappresentanza
parlamentare?
FF: La rappresentanza parlamentare era costituita da
Valdo Magnani e da Cucchi, che erano tutti e due
deputati al Parlamento Italiano e passarono con
questo Movimento.
VJ: Furono eletti nelle liste del Movimento Lavoratori
Italiani?
FF: No, erano stati eletti nelle liste del Partito
Comunista, ma passarono a capo di questo movimento.
Parliamo del 1951-1953. Poi, successivamente, credo
che questo movimento si trasformo' in Unione dei
Socialisti Italiani... Vi aderirono dei giovani elementi
come Nicola Caracciolo, Carocci (lo storico), insomma
dei giovani, come noi, classe 1928-1929, grossi elementi,
un bel fiorire di personaggi...
AA: C'era anche un giornale, si chiamava "Il Risorgimento
Socialista".
FF: Poi, man mano, questo movimento si liquefece,
soprattutto in seguito alla morte di Stalin ed al
riavvicinamento tra l'Unione Sovietica e la Jugoslavia,
quando Krusciov ando' a Belgrado e disse: "Abbiamo
sbagliato", anzi: lui dette le colpe a Molotov e Beria,
e quest'ultimo nel frattempo era gia' morto, e quindi
poteva prendersi anche quelle colpe...
AA: Poi ci fu il XX Congresso, e la denuncia dei
crimini di Stalin. Ma in realta' si puo' dire che
questa denuncia aveva gia' avuto inizio proprio con
la rottura tra la Jugoslavia ed il Cominform, perche'
gia' allora avevano incominciato a porsi tutta una
serie di questioni: ed a livello internazionale
incominciarono ad uscire anche notizie dall'Unione
Sovietica, notizie che i compagni comunisti italiani
ben conoscevano, Togliatti in testa, degli errori che
si commettevano in Unione Sovietica, degli eccessi
di potere, eccetera.
FF: Comunque voglio dire una cosa: il coraggio che
ebbe allora Tito di ribellarsi per primo - come paese
comunista, come partito comunista - a quello che era il
diktat di Stalin, fu immenso, perche' ai confini della
Jugoslavia di allora c'erano venti Divisioni della
Unione Sovietica, armatissime, dunque non era stato
tanto semplice. E ricordo che quando io andai in
Jugoslavia, alla fine del 1950, li' tutte le notti e
tutte le sere erano attacchi su attacchi alla frontiera,
camuffati da scontri fra pattuglie, ma erano tentativi
veri e propri di entrare in Jugoslavia - da Romania,
Ungheria, Bulgaria... Tutte le notti era un continuo
sparare, da una parte e dall'altra: la Jugoslavia si
difese, e si difese bene.
VJ: Un altro confine molto "caldo" era quello fra Italia
e Jugoslavia...
FF: ...il cosiddetto "Territorio Libero di Trieste"
(TLT)...
VJ: ...che era sotto amministrazione alleata, diviso
in zona A e zona B. Per 40 giorni, immediatamente alla
fine della guerra, Trieste era stata sotto amministrazione
jugoslava, poi era diventata protettorato internazionale,
con tutto l'entroterra, con il nome di TLT.
FF: In quella occasione si rischio' la terza guerra
mondiale!
VJ: Quale fu la vicenda dei comunisti a Trieste?
FF: I comunisti a Trieste si divisero in ala stalinista,
con a capo Vittorio Vidali, ed ala non-stalinista, che
includeva tutti quelli che non erano d'accordo con Vidali.
C'era una senatrice, alcuni deputati, c'era la minoranza
slovena e tutto un gruppo che combatteva al 100 per 100...
VJ: Localmente si formo' la cosiddetta "Unione Antifascista
Italo-Slovena" (UAIS), la quale presumibilmente aveva
rapporti con il movimento di Cucchi e Magnani.
FF: Certamente: erano tutti movimenti, posizioni anti-
cominformiste. Fu una lotta durissima, che causo'
scissioni anche all'interno della Jugoslavia, poiche'
all'interno della Jugoslavia ci fu un movimento - che
era minoranza ma era comunque evidente - di comunisti
jugoslavi che si schierarono contro Tito, contro Kardelj,
contro Rankovic e contro Djilas. Li' ci fu una lotta
molto aspra, tra la maggioranza dei comunisti jugoslavi
appoggiati dalla stragrande maggioranza della popolazione
jugoslava, sia serba che croata o di altre zone, e questo
piccolo gruppo di cominformisti che poi avevano la loro
rappresentanza in due uomini dell'ufficio politico del
Partito Comunista Jugoslavo, l'uno croato, l'altro non
ricordo, comunque due personalita' importanti. C'erano
poi alcuni membri dell'Armata Jugoslava, ad esempio
Jovanovic, che erano pro-Cominform, cioe' pro-Stalin e
pro Unione Sovietica, e li' ci fu una lotta asprissima
all'interno del Partito Comunista Jugoslavo.
[Tra gli episodi piu' noti di questa lotta ricordiamo
la creazione del campo di prigionia dell'Isola Calva
(Goli Otok), nel quale furono rinchiusi migliaia di
comunisti, anche italiani, e sospette spie]
VJ: Ma la risoluzione del Cominform a parer vostro
che motivazioni poteva avere? C'era una diversa
impostazione rispetto alle questioni strategiche, in
particolare quelle relative all'area balcanica, che
determino' la rottura fra Tito e Stalin?
Kardelj, in un suo libro, spiego' in seguito che il
contrasto esisteva gia' in qualche maniera dai
tempi della II Guerra Mondiale, perche' Stalin
chiedeva a Tito ed alla Resistenza jugoslava di
cedere rispetto ad alcune questioni, per
tranquillizzare gli alleati angloamericani. Questi
ultimi, soprattutto Churchill, insistevano perche'
i monarchici e Mihajlovic, con il suo movimento dei
"cetnici", fossero poi parte integrante nel processo
di ricostruzione dello Stato jugoslavo; viceversa
i partigiani e Tito in testa, coscienti della loro
propria forza e della possibilita' reale di costruire
una Jugoslavia assolutamente indipendente e socialista,
rifiutarono la collaborazione.
FF: Diciamo che c'era ancora di piu': Mosca, cioe' il
governo russo, era stato il primo governo a riconoscere
la vecchia Jugoslavia, la Jugoslavia del Re, tant'e'
vero che l'Ambasciata a Mosca [durante la guerra] era
l'Ambasciata del Regno di Jugoslavia, non era una
rappresentanza del movimento partigiano - e questo fu
il primo punto. Poi venne costituito un governo
Tito-Subasic: Subasic era il rappresentante del governo
in esilio a Londra, monarchico. Questo governo venne
costituito, ma poi non resse, perche' venne fuori tutta
una serie di collaborazioni, addirittura di tradimenti,
da parte di Mihajlovic in particolare, che [nella fase
finale del conflitto] non solo non aveva combattuto
contro i tedeschi, ma aveva combattuto contro i
partigiani jugoslavi.
VJ: Eppure questi problemi nel 1948 dovevano essere
stati superati. Quale fu allora la dinamica della
rottura violenta?
AA: Probabilmente le origini sono da collocare a
Yalta, nella spartizione che fu fatta a Yalta fra i
quattro "grandi". In pratica, all'Unione Sovietica
in quella occasione fu attribuita una sua area di
predominio, e in questa era compresa anche la
Jugoslavia, quindi l'URSS dettava le condizioni ai
paesi che facevano parte di questa alleanza, facendo
soprattutto attenzione di attenersi a quanto deciso
a Yalta, per non pestare i piedi...
La Grecia, per esempio, dove c'era un forte movimento
partigiano, che era capeggiato da Marcos - ricordo
le due formazioni greche, le Am e le Ras (?), molto
potenti, che avevano contribuito in maniera decisiva
alla Liberazione della Grecia dai tedeschi e dai
fascisti - furono sconfessate da Mosca, e trovarono
invece l'appoggio della Jugoslavia, e solo dalla
Jugoslavia! Marcos fu addirittura prelevato, portato
a Mosca - poi non se ne e' piu' parlato. Al suo posto
arrivo' Zachariades (?), che praticamente liquido' il
movimento di resistenza... Loro, queste due grosse
formazioni, si ritirarono sul monte Gramos (?), decise
a continuare la Resistenza, ma furono liquidate poi da
questo intervento dell'Unione Sovietica, in un territorio
fuori dalla sua sovranita', nel quale un movimento
comunista poteva creare qualche problema e mettere in
discussione quello che era stato gia' "spartito" a Yalta.
La Jugoslavia rientrava in questa spartizione. La
Jugoslavia non ha accettato, in pratica, di diventare
un paese satellite, soprattutto come lo erano la Bulgaria,
la Romania, l'Ungheria... ma perche'? Perche' la
Jugoslavia aveva avuto un movimento di resistenza talmente
forte, talmente grande, talmente sentito - tanto da
arrivare fino a Trieste! - che non accettava passivamente
questa posizione subordinata, subalterna all'Unione
Sovietica.
VJ: E la questione della "Federazione Balcanica"? E'
vero che c'era un progetto di Tito di includere in una
grande federazione anche l'Albania, e la Bulgaria?
FF: A dire il vero in un primo momento Stalin incito'
Tito ad occupare l'Albania, per farne la settima
repubblica della federazione jugoslava. Questo all'inizio;
in un secondo tempo, quando i russi si accorsero che
questo progetto stava andando avanti - specialmente
grazie alla partecipazione di Dimitroff [il leader
comunista bulgaro], che era d'accordo a creare questa
federazione balcanica, allora Stalin intervenne brutalmente
dicendo: voi non potete dire ne' fare niente, chi puo'
decidere e fare sono soltanto io. E quindi azzero'
qualsiasi progetto di federazione balcanica. Ma i motivi
furono certamente tanti: ad esempio quello della
colonizzazione della Jugoslavia... L'Unione Sovietica
aveva predisposto una serie di interventi di militari,
di ufficiali, e di tecnici o di specialisti, e
praticamente questi funzionari e questi militari presenti
all'interno della Jugoslavia ne erano a tutti gli effetti
i padroni. Ad un certo momento, Tito ed il partito
comunista jugoslavo dissero: basta, fuori, andatevene
via. Ebbe questo coraggio, e Stalin li minaccio': se
io muovo un dito, dopo un momento la Jugoslavia non
esiste piu'. Malgrado la minaccia, Tito ebbe coraggio e,
come a poker, disse: vediamo, vediamo queste carte... E
Stalin non si mosse.
AA: ...Stavolta invece la minaccia di distruzione e'
arrivata da Clinton, e finche' ha potuto la Jugoslavia
ha resistito.
FF: Clinton e' stato peggio di Stalin... Ma Clinton e'
una figura nemmeno paragonabile a Stalin, come statura
politica...
In fondo, minacce contro la Jugoslavia sono arrivate
da tre parti: due sono riuscite solo parzialmente e
una non e' riuscita per niente. Prima la minaccia di
Hitler, con l'attacco aereo su Belgrado [6 aprile 1941],
con circa 7000 morti in un solo bombardamento con gli
Stukas, e poi con l'occupazione; poi Stalin con queste
minacce; e poi Clinton con il suo gruppo, che va dalla
Albright fino a D'Alema. D'Alema ha grande responsabilita',
perche' ha dato le basi, ha dato l'appoggio dell'Italia,
ha fornito tutta la sponda logistica dell'attacco
terroristico contro la Jugoslavia. Senza l'Italia non
si sarebbe potuto fare questo attacco, ne' da Londra,
ne' da Parigi, basta guardare la carta geografica.
Questa e' la realta', e questo e' quello che ci brucia
dentro...
[Intervista, trascrizione e note a cura della redazione
di "Voce Jugoslava" su Radio Citta' Aperta -
http://www.radiocittaperta.it]
L'ex capo della missione OSCE in Kosmet, Dan Everts,
e' debitore dei due terzi dell'affitto della abitazione
da lui utilizzata a Pristina nei mesi di permanenza.
Secondo la proprietaria dell'appartamento - una serba
fuggita dalla provincia in seguito alle pressioni dei
nazionalisti albanesi - Everts non ha corrisposto
quanto da lei richiesto e si e' a tutti gli effetti
autoridotto la pigione.
OSZE-Chef verläßt Pristina mit Mietschulden
PRISTINA, 14.Dezember 2001. Der ehemalige
Chef der OSZE-Mission in der serbischen
Provinz Kosovo und Metochien, Dan Everts,
hat für die von ihm während seiner Amtszeit
benutzte Wohnung zwei Drittel der Miete
nicht bezahlt. Die Besitzerin der Wohnung,
eine von Albanern vertriebene Serbin,
erhielt zwar eine Zahlung von Everts,
allerdings in einer Höhe die dieser selbst
festgelegt hatte, und welche nur etwa einem
Drittel der realistischen Miete entsprach.
STIMME KOSOVOS (AMSELFELD NEWSLETTER 14.12.2001 -
http://www.amselfeld.com)