Informazione
Stenografske beleške i dokumenta sa suđenja Dragoljubu-Draži Mihailoviću
original na čirilici: Beograd, Savez Udruzenja Novinara FNRJ-e 1946
prijepis originala na latinski: Zagreb, Zaklada "August Cesarec" 2011
ISBN 978-953-95475-3-8
na raspolaganju kod CNJ-onlus / copie disponibili presso CNJ-onlus
// Il traditore e criminale di guerra Draza Mihajlovic dinanzi alla Corte.
Trascrizioni stenografiche e documenti del processo a Dragoljub-Draža Mihailović //
15 euro + spese di spedizione. Per ordini: jugocoord @ tiscali.it
prevod na engleski:
THE TRIAL OF DRAGOLJUB-DRAŽA MIHAJLOVIĆA
Stenographic records
Belgrade: Union of the journalists' associations of the Federative People's Republic of Yugoslavia, 1946
(download: https://www.cnj.it/documentazione/varie_storia/Trial-indictment.pdf PDF, 9MB)
http://www.znaci.net/00001/114.htm
http://www.youtube.com/watch?v=RfHEpIAwCDE
ISTORIJU NE PIŠU POBEDNICI NITI KOMUNISTI VEĆ SAMI UČESNICI I NJIHOVI DOKUMENTI
http://www.znaci.net/00001/114_1.pdf
DOKUMENTI JUGOSLOVENSKE IZBEGLIČKE VLADE
http://www.znaci.net/00001/114_2.pdf
DOKUMENTI VELIKE BRITANIJE
http://www.znaci.net/00001/114_3.pdf
AMERIČKI DOKUMENTI
http://www.znaci.net/00001/114_4.pdf
DOKUMENTI NEMAČKOG RAJHA
http://www.znaci.net/00001/114_5.pdf
DOKUMENTI NDH O SARADNJI ČETNIKA I USTAŠA
http://www.znaci.net/00001/114_7.pdf
Dokumenti Kraljevine Italije
http://www.znaci.net/00001/114_6.pdf
Nacionalista ne samo da ne osudjuje zlocine koje je pocinila njegova strana, nego ima izvanrednu sposobnost da za njih cak ni ne cuje............
Svakog nacionalistu proganja ubedjenje da se proslost moze izmeniti. On provodi deo svog vremena u svetu maste gde se stvari desavaju onako kako je trebalo da se dese -- u kojoj je, na primer, spanska armada bila uspesna a ruska revolucija ugusena 1918. -- i prenece delice ovog sveta u istorijske udzbenike kad god je to moguce. Veliki deo propagandistickog pisanja u nase vreme svodi se na ciste izmisljotine. Materijalne cinjenice se zataskavaju, datumi menjaju, citati izvlace iz konteksta i krivotvore tako da im se menja znacenje. Izostavljaju se primeri koji, kako se smatra, nisu smeli da se dogode i na kraju se negiraju.
(Рехабилитација Драже Михаиловића – SUBNOR, 19. март 2012.)
Lettera di un veterano
12 maggio 2015
UNO SOLO E’ STATO IL MOVIMENTO ANTIFASCISTA
Nella rassegna stampa mattutina nel giorno della Vittoria, alla TV Pink, il Sig. Andjelković, tra l’ altro, ha detto: “possiamo essere fieri perchè la Serbia ha avuto due movimenti antifascisti”. Non citando nessun fatto storico a proposito. Ecco un altro tentativo di revisione della II Guerra Mondiale come ultimamente è sempre più frequente nell’ avvicinarsi della decisione sulla riabilitazione di Draža (Mihajlović).
Il succitato “analista politico” è completamente incompetente nel giudizio perchè non tiene conto dei fatti storici che sono stati definitivamente stabiliti 70 anni fa dai principali statisti e capi della coalizione antifascista, su chi è stato antifascista nel nostro paese e chi no. Draža non viene citato come antifascista nemmeno con una parola ed in nessuna enciclopedia nelle loro valutazioni su chi lo fosse e chi non lo fosse, nella II Guerra Mondiale. Le loro citazioni non possono essere accusate di essere di parte, di avere pregiudizi.
Voglio citare soltanto alcuni dei grandi (statisti e generali) che hanno formato la coalizione antifascista e che hanno potuto valutare meglio il contributo di Tito e del suo esercito alla vittoria sul mostro di Hitler:
Winston Churchill nell’ agosto del 1944 ha detto: “La ragione per cui abbiamo smesso di aiutare Mihajlović e i suoi cetnizi è semplice. Lui non lottava contro Hitler. Ci siamo schierati decisamente dalla parte di Tito, per la sua grande forza e coraggio contro l’ esercito tedesco... I partigiani sono ora i padroni della situazione e rappresentano il pericolo mortale per i tedeschi...”.
Rooswelt, presidente degli USA: “La deliberazione di Tito di lottare contro il nazismo è il punto di svolta nella storia della II G.M.”.
Stalin scrive: “La eroica lotta del fraterno popolo jugoslavo e del suo glorioso EPL contro l’ occupatore tedesco induce la profonda simpatia dell’ Unione Sovietica e serve come esempio che ispira tutti i popoli schiavizzati d’ Europa” (Mosca, 7 marzo 1944, riportato su “Nova Jugoslavija” il 15 marzo dello stesso anno).
De Gaulle scrive: “Tito è stato un combattente vittorioso, malgrado circostanze tra le più difficili. Tito è un eroe leggendario”.
George Patton, generale americano: “Il maresciallo Tito e i suoi partigiani hanno avuto il coraggio politico e militare di prendere le armi nel mezzo dell’ Europa occupata e quando le cose non andavano bene, per infliggere un inaspettato duro colpo morale a Hitler. E non soltanto morale ma anche un serio colpo militare, il che ha comportato l’ impiego di un gran numero di divisioni tedesche per il fronte jugoslavo che sono state così sottratte al fronte europeo sia orientale che occidentale...”.
Adolf Hitler nella lettera a Mussolini scrive: “Anche se siamo riusciti a sbaragliare una parte delle organizzazioni di Tito e ad infliggere grosse perdite umane e materiali, ci sorprende e preoccupa la misura in cui è avanzata l’ organizzazione dei ribelli. E’ il momento decisivo di sedare la rivolta, se non vogliamo esporci al rischio che al momento dello sbarco anglosassone nei Balcani prendiamo la coltellata alle spalle...”.
Putin, presidente della Federazione di Russia, il 16 ottobre 2014 disse: “L’ Unione Sovietica e la Jugoslavia insieme hanno condotto la lotta implacabile contro il nazismo... I partigiani tenevano impegnate 10 divisioni di Hitler. Essi non hanno concesso a queste divisioni di essere impiegate contro l’ Unione Sovietica e le sue città di Stalingrado e Kursk...” (su “Vojni veteran”, ottobre 2014)
Il premier serbo Vučić ha detto: “Siamo orgogliosi della lotta contro il fascismo e non nasconderemo né ci vergogneremo di fronte a nessuno per la vittoria riportata sul fascismo in Serbia. Di questo siamo stati sempre orgogliosi e sempre lo saremo”. Vučić anche quest’ anno, durante la celebrazione della Giornata della Vittoria a Belgrado, ha sottolineato che nella II Guerra Mondiale "il nostro paese ha sacrificato se stesso per una grande idea, l’ idea alla base dell’ Europa… Abbiamo dimostrato che abbiamo saputo scegliere sempre tra il bene e il male. I serbi sono antifascisti. Hanno lottato e lotteranno sempre contro il fascismo”. (“Politika”, 10 maggio 2015).
Per quanto riguarda la rivendicazione del succitato analista politico, che in Serbia sarebbero esistiti due movimenti antifascisti che hanno facilitato la nostra strada verso l’ Europa pur estendendo le vecchie divisioni nella nostra società, lascio ai lettori di valutare loro stessi.
Branko Gulan
pilota, capitano d’ aviazione, veterano della Guerra di Liberazione Popolare
Viši sud u Beogradu rehabilitovao je komandanta Kraljevske vojske u otadžbini generala Dragoljuba Dražu Mihailovića i vratio mu građanska prava koja su mu bila oduzeta u političko-ideološkom procesu komunističkog režima 1946. godine...
[segue la traduzione della notizia]:
“
Riabilitato Draza Mihailovic
La Corte Superiore di Belgrado ha riabilitato il comandante del Regio Esercito in Patria, generale Dragoljub Draza Mihailovic, e gli ha restituito i suoi diritti civili di cui era stato privato nel processo politico-ideologico del regime comunista nel 1946.
Il Giudice Aleksandar Trešnjev ha dichiarato che il tribunale ha accettato l’esposizione per la riabilitazione ed ha cancellato la condanna con cui Mihajlovic fu sentenziato a condanna di morte il 15 luglio 1946 e fucilato due giorni dopo.
Ai sensi della Legge sulle riabilitazioni, non è possibile presentare ricorso, vale a dire che questo verdetto è definitivo.
Il Giudice Trešnjev ha detto che la sentenza del Tribunale Supremo della FNRJ nella sua parte in cui si riferiva a Mihajlovic, ora si considera nulla e nulle sono le sue conseguenze giuridiche, così come quelle relative ai beni personali.
"Dragoljub Mihailović ora si considera una persona priva di condanne ", ha detto il Giudice Trešnjev, ricevendo in seguito il forte applauso e saluti dal pubblico in aula.
L’emanazione del verdetto è stata seguita da tanti media e del pubblico, per questo motivo la Sala grande del Palazzo della Giustizia era strapiena.
Diritti di esclusiva per filmare la dichiarazione del proscioglimento sono stati assegnati all’agenzia informativa Tanjug e alla Radio-televisione della Serbia.
Tra i presenti, tra gli altri, erano anche il Principe Aleksandar Karađorđević, il Presidente della Srpska radikalna stranka Vojislav Šešelj, appartenenti del Ravnogorski pokret, dell’Obraz, delle Žene u crnom ed altri interessati, tra cui anche le persone nei costumi etnici e quelli con insegne dei chetnitzi.
Il Tribunale ha stabilito che la sentenza in oggetto, fu emanata dopo un processo illecito, per motivi politici e ideologici.
La prima domanda per la riabilitazione era presentata da nipote di Mihailović, ovvero da Vojislav Mihailović nel 2006, a cui in seguito si sono riunite alcune associazione e partiti politici.
Nel 2006, alla proposta per la riabilitazione, ha aderito il partito di Srpska liberalna stranka di Kosta Čavoški, l’associazione Udruženje pripadnika Jugoslovenske vojske u otadžbini, l’associazione Udruženje političkih zatvorenika i žrtava komunističkog režima, la professoressa del diritto internazionale Smilja Avramov e altri.
Con questo verdetto del Tribunale, si confermano le affermazioni degli esponenti – proponenti della riabilitazione, che Mihailović non ebbe i diritti di difesa durante il processo, che non s’incontrò mai con suo avvocato prima dell’inizio del processo, che non ebbe diritto al processo imparziale, mentre l’imputazione gli fu notificata soltanto sette giorni prima del processo.
Egli non ebbe diritto di ricorso a quella condanna, e fu fucilato di nascosto, due giorni dopo.
Uno speciale Comitato sta stabilendo il posto esatto del luogo di fucilazione, poiché si presume che sue salme furono trasferite a un posto diverso.
Di Mihailović non esiste la tomba.
In mancanza di altre prove riguardo morte di Mihailović, in base alla Decisione del Primo tribunale ordinario di Belgrado del 2013, come data della morte è stato stabilito il 17 luglio 1946, poiché il tribunale ha stabilito che egli fu fucilato in quel giorno.
“
Di Carlo Perigli
14 maggio 2015
Cetnici e partigiani in Serbia sono uguali, ora più che mai. Questa, in estrema sintesi, la conclusione che si può trarre dal percorso iniziato dai primi anni del 2000, e che ha trovato un ulteriore tassello nella sentenza resa oggi dall’Alta Corte di Belgrado, che ha fondamentalmente riabilitato Dragoljub ‘Draza’ Mihailovic, comandante dell’esercito jugoslavo in patria durante la seconda guerra mondiale. Il tribunale ha difatti annullato la sentenza di condanna resa nei confronti del leader dei cetnici il 15 luglio 1945, con la quale Mihailovic veniva condannato a morte per i numerosi crimini di guerra commessi, adducendo come motivazione le interferenze politiche ed ideologiche rese all’epoca dal regime comunista.
Una sentenza che sembra inserirsi alla perfezione in un un percorso più ampio, volto all’equiparazione di cetnici e partigiani, entrambi inquadrati nella comune lotta al nazifascismo. Un periodo di revisionismo iniziato dopo il “colpo di Stato dal volto democratico” del 5 ottobre 2000, che aveva sancito la fine del governo Milosevic e l’insediamento della nuova classe politica, decisamente più vicina ai nazionalisti monarchici e meno invisa agli occhi di Washington. Così, nel 2004 il Parlamento di Belgrado approvò una legge che equipara i diritti dei cetnici a quelli dei partigiani, assegnando anche i primi alcune garanzie previdenziali oltre al certificato di ex combattenti. L’anno successivo l’incontro del movimento cetnico a Ravna Gora per la prima volta veniva finanziata attingendo al budget statale, attraverso una decisione dell’allora governo serbo, il cui ministro degli esteri era Vuk Draskovic, fondatore del Movimento del Rinnovamento Serbo e promotore della sopracitata legge. Un filone a cui hanno partecipato anche gli Stati Uniti, che il 9 maggio del 2005, proprio nella giornata mondiale della celebrazione per la vittoria sulle forze nazifasciste, consegnavano, nei locali dell’ambasciata di Belgrado, la medaglia al merito e la Legion of Merit – la più alta onorificenza prevista da Washinton – a Gordana Mhailovic, nipote di Dragoljub.
Soddisfazione è stata espressa da Oliver Antic, consigliere del Presidente della Repubblica Tomislav Nikolic, mentre Aleksandar Karadjordjevic, erede della stirpe che governò in Serbia, ha parlato di una sentenza che sana “un’ingiustizia non solo contro un patriota, ma contro il nostro Paese e la nostra gente”.
Una vulgata che contrasta nettamente con le ricostruzioni avanzate dagli storici nel corso degli anni, nelle quali i cetnici, dopo un primo periodo di avvicinamento alle forze anglo-americane, collaborarono strettamente con gli occupanti nazi-fascisti, in quella che da più parti è stata definita una “lotta senza quartiere” contro il movimento partigiano guidato da Tito. Nessuna lotta anti-fascista, nè tantomeno di liberazione nazionale, le posizioni dei cetnici sono sempre rimaste sulla linea del collaborazionismo con le forze occupanti.
“Con un tratto di penna del giudice – ha dichiarato la Federazione delle Associazioni dei Veterani della Guerra di Liberazione Popolare (Subnor)– la verità è stata drasticamente svenduta e, al tempo stesso, sono stati cancellati il contributo storico innegabile fornito dalla Serbia nella disfatta del fascismo e nell’insuperabile vittoria della coalizione anti-hitleriana di cui sono state degne partecipi le unità dell’esercito popolare partigiano. […] La riabilitazione equivale a spargere il sale su una ferita ancora fresca: essa è un dito infilato nell’occhio degli attuali vicini ma anche dell’intero mondo antifascista che guarda con rispetto al nostro popolo e alla terra innegabilmente gloriosa di combattenti esclusivamente partigiani nella storia del genere umano. Forse che adesso, dopo settanta anni, può un qualche pezzo di carta, alla ricerca di una verità già provata, giustificare chi ha mendicato sotto bandiera straniera, al termine di una guerra di quattro anni, avendo di fronte l’Armata Rossa e l’Esercito popolare di liberazione? Dov’era questo Draza con la sua camarilla al termine del percorso della Liberazione? Perché ha declinato pubblicamente, sia di fronte al governo in esilio che a Pietro II a Londra, all’ordine di unirsi ai partigiani, su cui concordavano ferventemente gli inglesi, gli americani, i francesi e i russi? [..] Sarà con questa triste deriva serba di dolore e incomprensibile indulgenza che si otterrà l’adesione all’Unione Europea, verso cui tendiamo e sappiamo che nella Seconda guerra mondiale ha avuto schiere di collaborazionisti? [...] Senza motivo o necessità si gettano semi di discordia e si indica alla comunità internazionale progressista che l’area dei Balcani è terreno in cui, secondo la propria volontà e arbitrio, senza elementi, si possono tagliare fuori la storia e la verità. E le conseguenze sono incalcolabili. Il SUBNOR di Serbia, con oltre 100.000 soci e una partecipazione attiva nelle organizzazioni internazionali, è molto preoccupato per la situazione. Ma è fermamente convinto che la riabilitazione è immotivata, legalmente infondata e scorretta (come, per esempio, che il condannato non abbia avuto alcun diritto di ricorso), e quindi insostenibile. Nell’interesse del popolo della Serbia e per la reputazione acquisita nella eliminazione del fascismo in Europa, soprattutto in occasione del 70° anniversario della Vittoria”.
Објављено под Актуелно | 14. мај 2015.
ПРСТ У ОКО И СЕМЕ РАЗДОРА
Потезом судског пера драстично је прекројена истина и, у исто време, избрисани историјски непорецив допринос Србије у сламању фашизма и ненадмашна победа антихитлеровске коалиције чији су достојан саборац биле јединице народне партизанске војске.
Рехабилитација челника групације која је од 1941. године, избегавајући и, по правилу, сарађујући са окупаторском солдатеском, палила читава села, силовала, пљачкала, камом убијала чак и дечицу у колевци, као казнена експедиција прокрстарила у мучком походу многе крајеве негдашње заједничке државе, представља и нову одмазду над стотинама хиљада жртава и њихових потомака.
Рехабилитација је посипање соли на увек свежу рану, прст у око садашњим суседима, али и читавом антифашистичком свету који са поштовањем гледа на наш народ и непорециво славно место искључиво партизанских бораца у историји човечанства.
Зар сада, после седам деценија, може некакав папир да потре доказану истину, оправда бег под туђим заставама, пред Црвеном армијом и Народноослободилачком војском, на крају четворогодишњег рата?
Где је тај Дража са својом камарилом био на крају победоносног пута ослободилаца, зашто га се одрекла јавно и избегличка влада и Петар II из Лондона и наредио да се прикључи партизанима, због чега су се и Енглези, Американци и Французи и Руси са тим здушно сагласили?
Пада ли некоме у свету и помисао да рехабилитује колаборанте, да ли то чине Французи са маршалом Петеном, Норвежани са премијером Квислингом и многи други?
Хоће ли овим отужним српским путем туге и несхватљивог опроста кренути чланство Европске уније, чијим редовима стремимо и знамо да је у Другом светском рату имало издашних колабораната? Чак и тамо где, баш у ово садашње време, ничу нови следбеници нацистичких фирера.
Опасан, несхватљив преседан прави се у овој нама јединој отаџбини.
Сеје се без разлога и потребе семе раздора и указује слободарској међународној заједници да је Балкан подручје у којем се, по нечијој вољи и налогу, без доказа, могу прекрајати историја и истина. А последице су несагледиве.
СУБНОР Србије, са преко 100.000 агилних чланова и угледним учешћем у међународним ветеранским организацијама, веома је забринут због настале ситуације. Али и чврсто верује, да је рехабилитација без основа, правно неутемељена, чак и нетачна (као, на пример, да осуђени није имао право на жалбу) и због тога неодржива. У интересу народа Србије и стеченог угледа у сламању фашизма у Европи, посебно у години седме деценије победе.
РЕПУБЛИЧКИ ОДБОР СУБНОР-а СРБИЈЕ
Con un tratto di penna del giudice, la verità è stata drasticamente svenduta e, al tempo stesso, sono stati cancellati il contributo storico innegabile fornito dalla Serbia nella disfatta del fascismo e nella insuperabile vittoria della coalizione anti-hitleriana, di cui sono state degne partecipanti le unità dell'esercito popolare partigiano.
La riabilitazione del leader del gruppo che, dal 1941, mentre eludeva e di norma cooperava con le forze di occupazione, andava bruciando interi villaggi, violentando, saccheggiando, uccidendo a coltellate anche piccoli bambini nella culla, nel corso di spedizioni punitive durante la dura campagna in corso in molte parti dell'ex Stato comune, rappresenta una rivincita su centinaia di migliaia di vittime e sui loro discendenti.
La riabilitazione equivale a spargere il sale su una ferita ancora fresca; essa è un dito infilato nell'occhio degli attuali vicini ma anche dell'intero mondo antifascista che guarda con rispetto al nostro popolo e alla terra innegabilmente gloriosa di combattenti esclusivamente partigiani nella storia del genere umano.
Forse che adesso, dopo settanta anni, può un qualche pezzo di carta, alla ricerca di una verità già provata, giustificare chi ha mendicato sotto bandiera straniera, al termine di una guerra di quattro anni, avendo di fronte l'Armata Rossa e l'Esercito popolare di liberazione?
Dov'era questo Draza con la sua camarilla al termine del percorso della Liberazione? Perché ha declinato pubblicamente, sia di fronte al governo in esilio che a Pietro II a Londra, all'ordine di unirsi ai partigiani, su cui concordavano ferventemente gli inglesi, gli americani, i francesi e i russi?
Ritiene qualcuno al mondo o ha pensato di riabilitare i collaborazionisti? Forse lo fanno i francesi con il maresciallo Pétain, i norvegesi con il primo ministro Quisling, o tanti altri?
Sarà con questa triste deriva serba di dolore e incomprensibile indulgenza che si otterrà l'adesione all'Unione Europea, verso cui tendiamo e sappiamo che nella Seconda guerra mondiale ha avuto schiere di collaborazionisti? Addirittura, proprio in questo momento, con l'apertura a nuovi seguaci del Führer nazista.
Un pericoloso, incomprensibile precedente si verifica in questa che è per noi l'unica patria.
Senza motivo o necessità si gettano semi di discordia e si indica alla comunità internazionale progressista che l'area dei Balcani è terreno in cui, secondo la propria volontà e arbitrio, senza elementi, si possono tagliare fuori la storia e la verità. E le conseguenze sono incalcolabili.
Il SUBNOR di Serbia, con oltre 100.000 soci e una partecipazione attiva nelle organizzazioni internazionali, è molto preoccupato per la situazione. Ma è fermamente convinto che la riabilitazione è immotivata, legalmente infondata e scorretta (come, per esempio, che il condannato non abbia avuto alcun diritto di ricorso), e quindi insostenibile. Nell'interesse del popolo della Serbia e per la reputazione acquisita nella eliminazione del fascismo in Europa, soprattutto in occasione del 70.mo della Vittoria.
COMITATO REPUBBLICANO DEL SUBNOR DI SERBIA
IMMAGINI: La richiesta di perdono di Draza Mihailovic del 15 luglio 1946.
Sarebbe stato condannato per essersi addormentato in presenza di Kim Jong-un...
I servizi segreti sudcoreani hanno smentito la notizia secondo la quale la Corea del Nord avrebbe fatto uccidere il ministro della difesa, Hyon Yong-chol...
El ministro de Defensa de Corea de Norte, Hyon Yong-chol, ha aparecido en un programa de la televisión norcoreana después de que el Servicio Nacional de Inteligencia surcoreano declarara que había sido fusilado con un cañón antiaéreo, informa Yonhap...
3) LINKS: Prima / Durante / I primi report / Utili
– International appeal to lift the blockade & end hostilities in Donbass
– Statement: Support for and solidarity with the residents of Donbass
Carovana e Forum antifascista in Donbass, 6–10 maggio 2015
La Carovana, composta da più di cento antifascisti/e di numerosi paesi, è stata presa in consegna, al confine russo-ucraino, dalla scorta della Brigata Prizrak ("Fantasma"), che ha condotto il gruppo fino ad Alchevsk, dove è stata offerta ospitalità in un dormitorio militare.
Il giorno 7 maggio ad Alchevsk la Carovana ha consegnato gran parte dei materiali ed aiuti raccolti in Italia – vestiario, medicine, piccoli utensili, denaro, cibo – ai responsabili per le questioni umanitarie della Brigata. Il giorno stesso una parte della Carovana è stata condotta in visita presso un asilo e alla mensa delle persone disagiate, istituzioni destinatarie di gran parte degli aiuti umanitari.
In serata la Carovana si è recata a Stakanov, interessante città operaia dove sono forti ed evidenti le memorie del periodo sovietico. A fare gli onori di casa qui è stata l'unità militare dei Cosacchi, che ha messo a disposizione lo splendido teatro cittadino per una prima performance della Banda Bassotti; si è tuttavia preferito spostare l'esibizione all'aperto, nel parco pubblico cittadino, in un clima di festa popolare.
Il giorno 8 maggio, di nuovo ad Alchevsk, presso la Casa della Chimica, si è tenuto il Forum "Antifascismo, Internazionalismo e Solidarietà", organizzato congiuntamente dai Comunisti di Lugansk e dal Comitato per il Donbass Antinazista di Roma, sotto il patrocinio della Brigata Prizrak. Al Forum, che è durato dalle 11 alle 18 circa, sono intervenute non solo le numerose realtà partecipanti alla Carovana – incluso il nostro Coordinamento – ma anche svariate ulteriori delegazioni sopraggiunte successivamente, soprattutto dalla Russia, nonché lo stesso Alexey Mozgovoy (comandante della Brigata Prizrak), Alexey Markov (comandante dell'unità 404 interna alla stessa Brigata) ed altri esponenti delle autorità militari protagoniste della rivoluzione in atto nel Donbass.
Lo stesso giorno, la delegazione del Comitato Ucraina Antifascista di Bologna ha incontrato una referente del "Battaglione Umanitario" cui ha consegnato una parte della somma raccolta in Italia a scopi umanitari.
Il giorno 9 maggio, mentre la gran parte della Carovana partecipava alla sfilata per il Giorno della Vittoria organizzata a Alchevsk dalla "Prizrak" e la Banda Bassotti si esibiva con un concerto nella stessa città in un clima meraviglioso, la nostra delegazione era a Lugansk per incontrare altri destinatari degli aiuti raccolti. Abbiamo avuto così la possibilità di assistere alle grandi celebrazioni per il 70.mo della Vittoria organizzate dalle istituzioni della LNR, proseguire per tutto il giorno nel centro cittadino.
La nostra delegazione è rientrata a Rostov sul Don il giorno 10 maggio, dove in serata si è riunita al resto della Carovana, per scambiare le prime impressioni e calorosi saluti con il resto della Carovana in attesa di riprendere l'aereo per l'Italia. Anche a Rostov era palpabile il clima di festa e di orgoglio popolare per le celebrazioni del 70.mo della sconfitta del nazifascismo.
Su questa esperienza avremo tempo di comunicare ulteriori dettagli e pubblicare ancora foto e video nei prossimi giorni. Un primo bilancio sintetico è il seguente: gli obiettivi immediati della nostra missione sono stati tutti pienamente ottenuti; per dare continuità all'esperienza, che si è svolta in un contesto militare e politico instabile e in presenza di molteplici referenti, sarà necessario fare una riflessione più approfondita confrontandosi con le realtà omologhe alla nostra, partecipanti o meno alla Carovana.
NO PASARAN!
IL DONBASS SARA' LA TOMBA DEL FASCISMO!
dalle 20 apericena
VIDEO: http://youtu.be/7cuM5_92b2s (CASTELLANO / ENGLISH)
Antifaschistische Karavane: Bassotti geht im Mai in den Donbass
Banda-Bassotti bei der Rosa-Luxemburg-Konferenz 2015
https://www.youtube.com/watch?v=AXZyu6HjT_I
di Maksim Chalenko, primo segretario del comitato cittadino di Lugansk del Partito Comunista di Ucraina
La traduzione del comunicato è stata ripresa nel sito ufficiale dei comunisti di Lugansk https://vk.com/comfront
La caravana antifascista organizada por la banda italiana Banda Bassotti llegó a Donbass donde entregaron ayuda humanitaria. La agrupación realizará una actuación musical y un foro con diversos invitados internacionales para apoyar a esta región ucraniana. teleSUR.
Заявление группы #БАНДА "БАССОТТИ".
Нас сейчас около 100 человек . 100 добровольцев , которые принадлежат организациям коммунистов , #интернационалистов и антифашистов со всё Европы и России. Они примут участие в торжественной церемонии в честь #Дня Победы в народной республики Донбасс. Вероятно организации, присутствующие в караване дадут жизнь форуму, организованному совместно с представителями коммунистов народной республики Луганск .
Мы привезем солидарность антифашисткой #Европы, которая не поддается преобладающей слепоте.
Сейчас, когда Америка и Обама сбросили маски и открыто поставляют на территорию #Украины военный персонал и технику , мы должны приложить максимум усилий , чтобы наш голос пронизал тишину...
Pubblichiamo il diario dei nostri compagni del PRC e dei GC che stanno partecipando alla carovana antifascista con la Banda Bassotti nel Donbass
Italian anti-fascist punk band Banda Bassotti rocked Alchevsk in the Lugansk region, Friday, on the eve of World War II Victory Day celebrations...
…Торжественный парад в Алчевске, посвященный 70-летию Победы состоялся. Восхищает массовое посещение праздника – это доказывает, что память не уничтожить и историю не переписать. Каждый человек показал, что он помнит подвиг народа и чтит память наших героев. Помни павших, но не забывай живых...
Инициированный коммунистами Луганщины Международный форум солидарности с жителями Донбасса «Антифашизм. Интернационализм. Солидарность» состоялся 8 мая в Алчевске...
Il Donbass International Forum di Alchevsk è stato un momento importante di condivisione dove abbiamo avuto modo di conoscere le diverse realtà che come noi hanno deciso di supportare l'insurrezione del Donbass, ognuna con la propria storia e le proprie lezioni apprese dall'esempio novorusso. Durante lo svolgimento del forum abbiamo anche ricevuto la visita del Comandante Aleksey Borisovich Mozgovoy della Brigata Prizrak e del Commissario Alexey Markov dell'Unità 404 che ci hanno portato un importante saluto e contributo.
Il Commissario, da sempre refrattario a semplificazioni e comode illusioni, ha sottolineato la necessità di continuare questa lotta novorussa sul campo e nel cuore del nemico, l'Unione Europea, tenendo a mente che la situazione è lontana dall'essere monolitica: non ci sono solo nemici o solo amici, nella Russia e nell'occidente.
E' necessaria una ricomposizione delle forze, che possa servire in Donbass come altrove per la costituzione di una nuova concezione della società. Questo, d'altra parte, è stato il nostro obiettivo fin dall'inizio.
На форум прибыли 177 делегатов, представляющих 31 организацию из 13 стран мира (Беларуси, Великобритании, Германии, Греции, Испании, Италии, Польши, Российской Федерации, Страны Басков, Турции, Украины, Франции, Швеции). Более 20 организаций мира направили участникам Форума письма поддержки.
Участники Форума решительно осудили проявления фашизма в Украине, выражающиеся в политическом терроре, физических расправах и преследованиях инакомыслящих, запрете коммунистической идеологии.
Участники Форума поддержали жителей Донбасса в их стремлении к миру и борьбе с фашизмом.
Форум призвал правительства стран ЕС, США, депутатов Европейского парламента, представителей стран мира в ООН принять все возможные меры, включая экономические и политические санкции против государства Украина, с целью выполнения правительством Украины всех положений международных договоренностей, в том числе и Минских, направленных на прекращение войны и возрождение мирной жизни на Донбассе.
Участники форума приняли решение о создании Международного комитета солидарности с Донбассом «Антифашизм. Интернационализм. Солидарность», главной целью которого будет объединение политических партий, общественных организаций и движений, независимых активистов, готовых поддержать Донбасс на пути сохранения мира, противостояния фашизму и построения социально-справедливого общества.
Initiated by the Communists of Lugansk, an International Solidarity Forum with residents of Donbass, “Antifascism, Internationalism, Solidarity,” took place on May 8 in Alchevsk.
The Forum was attended by 177 delegates representing 31 organizations from 13 countries (Belarus, Great Britain, Germany, Greece, Spain, Italy, Poland, the Russian Federation, the Basque country, Turkey, Ukraine, France and Sweden). More than 20 organizations from around the world sent letters of support to the Forum.
The Forum strongly condemned manifestations of fascism in Ukraine, including political terror, massacres, persecution of dissidents, and the prohibition of Communist ideology.
Forum participants supported the residents of Donbass in their quest for peace and their struggle against fascism.
The Forum called on the EU governments, the United States, the deputies of the European Parliament, and representatives of the countries at the UN to take all possible measures, including economic and political sanctions, against the State of Ukraine and the Ukrainian Government to implement all the provisions of international agreements, including Minsk, aimed at ending the war and restoring peaceful life in the Donbass.
The Forum adopted a decision to establish an International Committee of Solidarity with the Donbass: "Antifascism, Internationalism, Solidarity,” whose main goal is united action by political parties, public organizations and movements, and independent activists to support the Donbass, preserve peace, oppose fascism and build a just society.
В Алчевске продолжает свою работу Международный форум солидарности с жителями Донбасса «Антифашизм. Интернационализм. Солидарность».
Международный форум, инициированный коммунистами, призван обсудить пути решения самых наболевших проблем региона.
Организаторы уверены, что участники Форума – представители политических партий, общественных организаций и независимые активисты смогут повлиять на правительства своих стран с целью оказания давления международной общественности на Киев. Только так можно остановить гражданскую войну на Донбассе, и дать людям шанс на послевоенное возрождение их региона.
#AISForum #Luhansk
May 8, 2015: In Alchevsk, the International Solidarity Forum with the residents of Donbass, 'Antifascism, Internationalism, Solidarity' is underway.
The international forum, initiated by the Communist Party - Lugansk Regional Committee, aims to discuss ways to solve the most urgent problems of the region.
The organizers are confident that the Forum participants -- representatives of political parties, public organizations and independent activists, can influence their governments and the international community to put pressure on Kiev.
The only way is to stop the civil war in the Donbass, and give people the chance for a post-war revival of the region.
PHOTOS: https://www.facebook.com/LuganskObkomKPU/posts/1605101276373530 / http://redstaroverdonbass.blogspot.it/2015/05/international-solidarity-forum-underway.html
maggio 9th, 2015
Il Forum Internazionale che si è tenuto ad Alcevsk, città della Repubblica Popolare di Lugansk, è stato un importante momento di confronto tra le differenti realtà che compongono la resistenza ucraina e novorossa con le realtà internazionali che ne sostengono la lotta.
Uno scambio politico che ha voluto andare oltre la fotografia dei rapporti di forza sul campo e al di là della necessità contingente ed ineludibile della lotta al risorgente fascismo, per cercare di delineare l’apertura di una prospettiva internazionalista e di classe.
In questo senso collocare la lotta del Donbass all’interno della più generale lotta anti-imperialista, che non si esaurisce dentro i confini della Novorossija, e ribadire la necessità della trasformazione politico-sociale sono stati alcuni dei punti fermi della lunga carrellata degli interventi.
La profondità strategica di chi in Donbass ed in Ucraina lotta in maniera indipendente non solo contro un’aggressione militare tout-court ed una feroce dittatura, ma contro un sistema oligarchico per l’affermazione di una società differente, non può che essere l’ampliamento e l’intensificazione delle relazioni con uno spettro di forze che – in un quadrante diverso – combattono lo stesso nemico e gli stessi “falsi amici”.
Ma quest’approdo a livello di condivisione di coscienza politica tra gli intervenuti al forum è una premessa per un’ assunzione di responsabilità comune che detta un’ agenda non poco impegnativa per il futuro, tra l’altro tutta da costruire e che, per così dire, “inchioda” ai nostri occhi – almeno in Italia – chi ha preso parola al forum ad un livello di iniziativa politica più elevato di quello fino ad ora conosciuto rispetto a questo “fronte”.
Questa impostazione internazionalista e di classe naturalmente è vista come fumo negli occhi da chi considera il conflitto solo all’interno del paradigma etno-linguistico, la Novorossjia come niente di più che un stato cuscinetto strategicamente importante a livello geo-politico e la sua popolazione una pedina sacrificabile sull’altare dell’accordo delle differenti oligarchie sia ucraine che russe.
Queste forze sono le vere “quinte colonne” della contro-rivoluzione preventiva, tesa a svuotare le giovani repubbliche popolari del loro contenuto progressista e ad impedire ulteriori sviluppi dei tratti più interessanti di queste esperienze, che di fatto vengono “rimosse” o addirittura “negate” anche in Italia da chi, seppure a parole si dica schierato con la Novorossjia, ne diviene affossatore.
Differenti interventi delle milizie, tra cui quello di Mozgovoi che ha “aperto” il forum, si sono alternati a quello delle organizzazioni politiche locali e a quelle provenienti da Germania, Grecia, penisola iberica, Turchia e ovviamente dall’Italia.
Le delegazioni erano composte sia da organizzazioni politiche vere e proprie, sia da comitati di appoggio locali specifici, mentre numerosi saluti sono giunti da coloro che non hanno potuto partecipare.
La traduzione costante dal russo all’inglese e viceversa ha permesso di seguire agevolmente la lunga sezione dei lavori, con la sala che ha visto un buon livello di partecipazione e di attenzione ed un ricambio fisiologico dei partecipanti.
Da segnalare anche la presenza dell’emittente televisiva sud-americana Telesur e dei media russi, oltre ad alcuni centri di informazione locali legati alle milizie, che permetteranno di dare a questo appuntamento la visibilità che merita.
In questo report non vogliamo fare una ve
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Kriegshetze
Skandalöse Äußerungen Merkels in Moskau
Von Arnold SchölzelWas gehört dazu, sich als Repräsentantin eines deutschen Staates in Moskau 70 Jahre nach dem Zweiten Weltkrieg hinzustellen und von einer »verbrecherischen und völkerrechtswidrigen Annexion der Krim« zu sprechen? Antwort: Erstens das Fehlen jeglichen Funkens Anstand. Das war bereits klar, als der Boykott der russischen Feierlichkeiten zum 9. Mai angekündigt wurde – insofern war es eine Wiederholungstat. Zweitens das verordnete Vergessen dessen, was »verbrecherische Annexion« an solch einem Tag der Erinnerung an Vernichtung und Kolonisierung – auch der Krim – durch einen deutschen Staat bedeutet. Der keiner linken Neigung verdächtige Historiker Götz Aly wies in der Berliner Zeitung am vergangenen Dienstag auf den ersten Befehl des sowjetischen Stadtkommandanten Berlins Nikolai Bersarin vom 2. Mai 1945 hin, in dem von Wiederherstellung des Gesundheitswesens, von Lebensmittelversorgung und Hilfe für kranke Kinder die Rede war. Aly setzte hinzu: »Ersparen wir uns erste Wehrmachtsbefehle in Minsk, Kiew oder Smolensk«. Der Name von Bersarin sollte nach 1990 auf Betreiben der SPD aus dem Berliner Stadtbild verschwinden, um seine Ehrenbürgerschaft gab es eine lange Auseinandersetzung auf Frontstadtniveau. Das war ein Beispiel für die Staatspolitik, die Angela Merkel mit ihrem Vokabular würdig vertreten hat.
Diese zutiefst reaktionäre, ja revanchistische Haltung ist drittens auch Quelle jener Ignoranz, die die Regierungschefin eines Staates, der unter ihrer Führung an jeder staatsterroristischen Aktion des Westens in den vergangenen zehn Jahren teilgenommen hat, gegenüber Meinungen auch deutscher Völkerrechtler zur »Annexion« der Krim pflegt. Dort gab es keine Annexion, so argumentieren nicht wenige Juristen, sondern eine Sezession, die durch ein Referendum legitimiert wurde.
Der Affront übersteigt das gewohnte Maß auf dem diplomatischen Parkett des Kalten Krieges. Es handelt sich um Kriegshetze, wie sie ansonsten von den in Kiew durch die von den USA installierten Kreaturen à la Jazenjuk zu hören ist. Mit ihrer Wortwahl hat sich die Kanzlerin fest an die Seite der »Fuck the EU«-Strategen gestellt. Lügen und Russophobie sind wichtigste Bestandteile der dazugehörigen westlichen Propaganda.
Fest steht zugleich: Derzeit zeigen die USA und ihre bundesdeutsche Lobby Angela Merkel die Instrumente. Die Vorgänge um die BND- und NSA-Affäre haben dazu geführt, dass die SPD öffentlich auf Distanz zu ihr persönlich geht und von »Lügen« aus dem Kanzleramt spricht. Das besagt, dass der Druck aus Washington, schärfer gegenüber Moskau aufzutreten, zunimmt. Gleichzeitig lässt aber der Druck des deutschen Kapitals, wenigstens den Handel mit Russland nicht weiter einzuschränken, nicht nach. Merkels Worte sind insofern ein deutliches Signal: Sie hat sich für Eskalation, wenn nicht für Krieg entschieden.
Magnifique : Une centaine de généraux allemands appellent l’Otan à cesser ses actions antirusses... !
BREIZATAO – ETREBROADEL (09/05/2015) Près d’une centaine de généraux et d’officiers supérieurs ont signé une lettre ouverte intitulée « Soldats pour la paix », dans laquelle ils condamnent la politique des USA vis-à-vis de la Russie.
Selon les militaires, le remaniement du monde sous l’égide des USA et de leurs vassaux a conduit à de nombreuses guerres. Pourtant, l’histoire montre qu’il est préférable d’être ami avec les Russes plutôt que l’inverse. Cette lettre sera envoyée au Bundestag et aux ambassades des pays de l’OTAN.
Ces anciens militaires appellent les pays de l’OTAN à stopper l’hystérie militaire et la russophobie. La lettre « Soldats pour la paix » a été publiée sur le site du quotidien allemand Junge Welt.
« Nous savons bien ce qu’est la guerre, et nous prônons la paix », indique le message signé par les ex-ministres de la Défense de l’ex-RDA Heinz Kessler et Theodor Hoffmann, trois généraux de corps d’armée, 19 généraux de division, 61 généraux de brigade, dont le cosmonaute Sigmund Jähn, plusieurs amiraux, ainsi que des colonels et des capitaines.
« Le remaniement du monde sous l’égide des USA et de leurs alliés a conduit aux guerres en Yougoslavie, en Afghanistan, en Irak, au Yémen, au Soudan, en Libye et en Somalie », souligne la lettre.
Les militaires allemands indiquent que la stratégie américaine vise à éliminer la Russie en tant que concurrent et à affaiblir l’Union européenne. Et la tentative de faire de l’Ukraine un membre de l’UE et de l’OTAN, selon eux, est une aspiration à créer un « cordon sanitaire » de la région balte jusqu’à la mer Noire pour isoler la Russie du reste de l’Europe, ce qui rend impossible l’union entre la Russie et l’Allemagne.
Les signataires de cette lettre remarquent également une campagne sans précédent des médias, une atmosphère d’hystérie militaire et de russophobie. D’après eux, cette tendance va à l’encontre du rôle diplomatique que pourrait jouer l’Allemagne au regard de sa situation géopolitique, de son expérience historique et des intérêts objectifs du peuple.
« Nous n’avons pas besoin d’une campagne militaire contre la Russie, mais d’une entente mutuelle et d’une coexistence pacifique. Nous n’avons pas besoin d’une dépendance militaire des USA, mais de notre propre responsabilité pour la paix », écrivent les militaires.
« En tant que militaires, nous savons bien que la guerre ne doit pas être un outil de la politique. En s’appuyant sur notre expérience, nous pouvons évaluer les conséquences pour toute l’Europe », a déclaré dans une conférence de presse l’ex-ministre de la Défense de la RDA l’amiral Theodor Hoffmann. Selon ce dernier, plusieurs signataires de cette lettre ont été témoins de la Seconde Guerre mondiale. Il a souligné également que les problèmes clés de notre époque ne pouvaient être réglés qu’en coopération avec la Russie.
« L’expérience montre qu’il vaut mieux être ami qu’ennemi avec les Russes », conclut Hoffmann.
(source)
Generäle sagen nein
»Soldaten für den Frieden«: Die Führungsspitze der ehemaligen DDR-Streitkräfte warnt vor Krieg. Kooperation statt Konfrontation mit Russland
Von Peter WolterEtwa 100 Generäle der vor 25 Jahren aufgelösten Nationalen Volksarmee (NVA) der DDR haben sich angesichts der Ukraine-Krise mit einem Friedensappell an die Öffentlichkeit gewandt. Unmittelbarer Anlass sind die Feierlichkeiten zum 70. Jahrestag der Befreiung vom deutschen Faschismus. Zu den Unterzeichnern gehören zwei ehemalige Verteidigungsminister, drei Generaloberste, 19 Generalleutnante sowie 61 Generalmajore sowie etliche Admiräle.
»Die Mehrheit der Unterzeichner hat noch den Zweiten Weltkrieg an der Front erlebt«, erklärte der frühere DDR-Verteidigungsminister Theodor Hoffmann am Dienstag in Berlin bei der Vorstellung des Aufrufs »Soldaten für den Frieden«. »Wir Militärs wissen sehr gut, dass Krieg kein Mittel der Politik sein darf, von unserer Erfahrung her können wir sehr gut die Folgen für ganz Europa einschätzen.« Die militärische Stärke des Warschauer Vertrages habe mit dafür gesorgt, dass aus dem kalten Krieg kein heißer geworden sei. Seit der Auflösung des Bündnisses akzeptiere der Westen aber immer häufiger militärische Stärke als Mittel der Politik – Beispiele seien die diversen Kriege um den Irak, auf dem Balkan, in Afghanistan, Libyen und anderswo.
»In der einen oder anderen Form war auch die deutsche Bundeswehr an all diesen Kriegen beteiligt«, sagte Hoffmann, der zuletzt den Rang eines Admirals bekleidete. »Sie hat Aufklärungsaufgaben übernommen, Daten ausgetauscht und sogar bei der Luftbetankung von Kampfflugzeugen geholfen.« Das widerspreche der Vereinbarung des früheren Bundeskanzlers Helmut Kohl mit dem damaligen DDR-Staats-und Parteichef Erich Honecker, dass von deutschem Boden nie wieder Krieg ausgehen darf.
Angeführt von den USA seien die NATO-Länder jetzt zum kalten Krieg zurückgekehrt und begründeten dies mit der angeblichen Aggressivität Russlands, sagte Hoffmann weiter. Die meisten Unterzeichner des Aufrufs hätten allerdings ganz andere Erfahrungen mit diesem Land gemacht, etliche hätten auch dort studiert. »Die Erfahrung lehrt uns, dass es besser ist, die Russen zum Freund und nicht zum Feind zu haben.« Die wichtigsten Probleme der Gegenwart ließen sich auch nur in Zusammenarbeit mit Russland lösen.
Soldaten für den Frieden
Dokumentiert: Die Führungsspitze der ehemaligen DDR-Streitkräfte warnt vor Krieg und fordert Kooperation statt Konfrontation mit Russland
Als Militärs, die in der DDR in verantwortungsvollen Funktionen tätig waren, wenden wir uns in großer Sorge um die Erhaltung des Friedens und den Fortbestand der Zivilisation in Europa an die deutsche Öffentlichkeit.
In den Jahren des Kalten Krieges, in denen wir eine lange Periode der Militarisierung und Konfrontation unter der Schwelle eines offenen Konflikts erlebten, haben wir unser militärisches Wissen und Können für die Erhaltung des Friedens und den Schutz unseres sozialistischen Staates DDR eingesetzt. Die Nationale Volksarmee war keinen einzigen Tag an kriegerischen Auseinandersetzungen beteiligt, und sie hat bei den Ereignissen 1989/90 maßgeblich dafür gesorgt, dass keine Waffen zum Einsatz kamen. Frieden war immer die wichtigste Maxime unseres Handelns. Deshalb sind wir entschieden dagegen, dass der militärische Faktor erneut zum bestimmenden Instrument der Politik wird. Es ist eine gesicherte Erfahrung, dass die brennenden Fragen unserer Zeit mit militärischen Mitteln nicht zu lösen sind.
Es sei hier daran erinnert, dass die Sowjetarmee im Zweiten Weltkrieg die Hauptlast bei der Niederschlagung des Faschismus getragen hat. Allein 27 Millionen Bürger der Sowjetunion gaben ihr Leben für diesen historischen Sieg. Ihnen, wie auch den Alliierten, gilt am 70. Jahrestag der Befreiung unser Dank.
Jetzt konstatieren wir, dass der Krieg wieder zum ständigen Begleiter der Menschheit geworden ist. Die von den USA und ihren Verbündeten betriebene Neuordnung der Welt hat in den letzten Jahren zu Kriegen in Jugoslawien und Afghanistan, im Irak, Jemen und Sudan, in Libyen und Somalia geführt. Fast zwei Millionen Menschen wurden Opfer dieser Kriege, und Millionen sind auf der Flucht.
Nun hat das Kriegsgeschehen wiederum Europa erreicht. Offensichtlich zielt die Strategie der USA darauf ab, Russland als Konkurrenten auszuschalten und die Europäische Union zu schwächen. In den letzten Jahren ist die NATO immer näher an die Grenzen Russlands herangerückt. Mit dem Versuch, die Ukraine in die EU und in die NATO aufzunehmen, sollte der Cordon sanitaire von den baltischen Staaten bis zum Schwarzen Meer geschlossen werden, um Russland vom restlichen Europa zu isolieren. Nach amerikanischem Kalkül wäre dann auch eine deutsch-russische Verbindung erschwert oder verhindert.
Um die Öffentlichkeit in diesem Sinne zu beeinflussen, findet eine beispiellose Medienkampagne statt, in der unverbesserliche Politiker und korrumpierte Journalisten die Kriegstrommeln rühren. In dieser aufgeheizten Atmosphäre sollte die Bundesrepublik Deutschland eine den Frieden fördernde Rolle spielen. Das gebieten sowohl ihre geopolitische Lage als auch die geschichtlichen Erfahrungen Deutschlands und die objektiven Interessen seiner Menschen. Dem widersprechen die Forderungen des Bundespräsidenten nach mehr militärischer Verantwortung und die in den Medien geschürte Kriegshysterie und Russenphobie.
Die forcierte Militarisierung Osteuropas ist kein Spiel mit dem Feuer – es ist ein Spiel mit dem Krieg!
Im Wissen um die zerstörerischen Kräfte moderner Kriege und in Wahrnehmung unserer Verantwortung als Staatsbürger sagen wir in aller Deutlichkeit: Hier beginnt bereits ein Verbrechen an der Menschheit.
Sind die vielen Toten des Zweiten Weltkrieges, die riesigen Zerstörungen in ganz Europa, die Flüchtlingsströme und das unendliche Leid der Menschen schon wieder vergessen? Haben die jüngsten Kriege der USA und der NATO nicht bereits genug Elend gebracht und viele Menschenleben gefordert?
Begreift man nicht, was eine militärische Auseinandersetzung auf dem dichtbesiedelten europäischen Kontinent bedeuten würde?
Hunderte Kampfflugzeuge und bewaffnete Drohnen, bestückt mit Bomben und Raketen, Tausende Panzer und gepanzerte Fahrzeuge, Artilleriesysteme kämen zum Einsatz. In der Nord- und Ostsee, im Schwarzen Meer träfen modernste Kampfschiffe aufeinander und im Hintergrund ständen die Atomwaffen in Bereitschaft. Die Grenzen zwischen Front und Hinterland würden sich verwischen. Millionen Mütter und Kinder würden um ihre Männer, um ihre Väter und Brüder weinen. Millionen Opfer wären die Folge. Aus Europa würde eine zerstörte Wüstenlandschaft werden.
Darf es soweit kommen? Nein und nochmals Nein!
Deshalb wenden wir uns an die deutsche Öffentlichkeit:
Ein solches Szenario muss verhindert werden.
Wir brauchen keine Kriegsrhetorik, sondern Friedenspolemik.
Wir brauchen keine Auslandseinsätze der Bundeswehr und auch keine Armee der Europäischen Union.
Wir brauchen nicht mehr Mittel für militärische Zwecke, sondern mehr Mittel für humanitäre und soziale Erfordernisse.
Wir brauchen keine Kriegshetze gegen Russland, sondern mehr gegenseitiges Verständnis und ein friedliches Neben- und Miteinander.
Wir brauchen keine militärische Abhängigkeit von den USA, sondern die Eigenverantwortung für den Frieden. Statt einer »Schnellen Eingreiftruppe der NATO« an den Ostgrenzen brauchen wir mehr Tourismus, Jugendaustausch und Friedenstreffen mit unseren östlichen Nachbarn.
Wir brauchen ein friedliches Deutschland in einem friedlichen Europa.
Mögen sich unsere Kinder, Enkel und Urenkel in diesem Sinne an unsere Generation erinnern.
Weil wir sehr gut wissen, was Krieg bedeutet, erheben wir unsere Stimme gegen den Krieg, für den Frieden.
Armeegeneral a.D. Heinz Keßler
Admiral a.D. Theodor Hoffmann
Die Generaloberste a.D. Horst Stechbarth; Fritz Streletz; Fritz Peter
Die Generalleutnante a.D. Klaus Baarß; Ulrich Bethmann; Max Butzlaff; Manfred Gehmert; Manfred Grätz; Wolfgang Kaiser; Gerhard Kunze; Gerhard Link; Wolfgang Neidhardt; Walter Paduch; Werner Rothe; Artur Seefeldt; Horst Skerra; Wolfgang Steger; Horst Sylla; Ehrenfried Ullmann; Alfred Vogel; Manfred Volland; Horst Zander
Vizeadmiral a.D. Hans Hofmann