Informazione
VIJEK KOJI NIJE VRIJEDIO NI SATA
Lenjin
Evropa uzmiče, Azija napreduje
Pravda, br. 113 (317) od 3 (8) maja 1913.
Suprotstavljanje ovih riječi izgleda kao paradoks? Tko danas ne zna da je Evropa napredovala, a Azija nazadovala? A ipak, riječi iz naslova ovog članka sadrže gorku istinu.
Civilizirana i napredna Evropa – sa sjajnim dometima svoje tehnike, sa svojom bogatom i raznovrsnom kulturom, sa svojim Ustavom – dospjela je do historijskog momenta u kojem buržoazija, koja njome upravlja i koja nju podržava, zbog straha od proletarijata, što umnaža vlastita mnoštva i vlastitu snagu – podržava sve što je nazadno, sve što je u agoniji, sve što podsjeća na srednji vijek. Umiruća buržoazija se združuje sa svim starim snagama, koje gasnu, kako bi zadržala ropstvo plaćene radne snage, u koje više nije sigurna.
U naprednoj Evropi zapovijeda buržoazija, koja podržava sve što je nazadno.U našim danima Evropa napreduje zahvaljujući buržoaziji , ali i njoj usprkos, jer proletarijat, i isključivo proletarijat, neprestano daje hrane vojsci, što se sastoji od miliona i miliona ljudi, koji se bore za bolju budućnost; samo on održava i širi neumoljivu mržnju prema svemu što je nazadno, mržnju prema brutalnosti, prema privilegijama, mržnju prema poniženju i ropstvu, kojim čovjek uzapćuje drugog čovjeka.
U naprednoj Evropi samo je proletarijat napredna klasa. Buržoazija, koja još uvijek živi, spremna je na najbrutalnije i na najkrvavije poteze i na bilo koji zločin, kako bi održala kapitalističko ropstvo, kojem dolazi kraj.
Nema impresionantnijeg primjera te njezine trulosti, koja obuhvaća svu evropsku buržoaziju, od onog, kako ona pomaže reakcionare u Aziji za pohotne ciljeve vlastitih financijskih mahera, varalica i kapitalista.
U Aziji se svuda razvija, širi i jača na svim stranama snažan demokratski pokret. Tamo buržoazija još ide zajedno s narodom protiv reakcije. Stotine miliona ljudi bude se za život, za svjetlost, za slobodu. Koje samo oduševljenje pobuđuje taj sveopći pokret u srcu svih svjesnih radnika, koji znaju da put ka kolektivizmu prolazi kroz demokraciju! Tu simpatiju prema mladoj Aziji osjećaju svi pošteni demokrati!
A šta radi «napredna» Evropa? Ona pljačka i pustoši Kinu i pomaže neprijatelje demokracije, neprijatelje kineske slobode!
Evo malog proračuna, jednostavnog, ali instruktivnog. Novi zajam Kini odobren je protiv kineske demokracije: «Evropa» je za Yuan Ši Kai-ja, koji sprema vojnu diktaturu. Zašto ga Evropa podržava? Jer je to dobar posao. Kini je posuđeno 250 miliona rubalja, po kursu od 84% . To znači da su evropski buržuju dali 210 miliona, a da će od javnosti zahtijevati da plati 225 rubalja. Evo vam u kratkom roku, za svega nekoliko tjedana, dobiti od 15 miliona rubalja! Nije li to stvarno «čista» dobit?
A ako kineski narod ne prizna taj dug? Kina je republika, a nije li većina u Parlamentu protivna tom dugu?
Ah, u tom će slučaju «napredna» Evropa povikati do nebesa , govoreći o «civiliziranosti», o»redu», o «kulturi» i o «domovini»! Onda će progovoriti jezikom topova i uništit će tu «zaostalu» republiku Azije, u sprezi s avanturistom, izdajnikom i prijateljem reakcije Yuanom Ši Kajem!
Cijela Evropa, koja ima moć zapovjedanja, sva evropska buržoazija, je u savezništvu sa svim nazadnim snagama i snagama Srednjeg vijeka u Kini.
A za uzvrat Azija, to jest stotine miliona radnika u Aziji ima u proletarijatu civiliziranih zemalja sigurnog saveznika. Nijedna snaga na svijetu neće ga spriječiti da Oslobodi bilo evropske bilo azijske narode.
V.I. Lenjin »Opera omnia», tomXVI, str. 395-396 ruskog izdanja.
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Dalle guerre dell’oppio alle guerre del petrolio
«La morte di Gheddafi è una svolta storica»: proclamano in coro i dirigenti della Nato e dell’Occidente, i quali non si preoccupano neppure di prendere le distanze dal barbaro assassinio del leader libico e dalle menzogne spudorate pronunciate a tale proposito dai dirigenti dei «ribelli». E, tuttavia, effettivamente si tratta di una svolta. Ma per comprendere il significato che la guerra contro la Libia riveste nell’ambito della storia del colonialismo, occorre prendere le mosse da lontano…
Allorché nel 1840 le navi da guerra inglesi si affacciano dinanzi alle coste e alle città della Cina, gli aggressori dispongono della potenza di fuoco di diverse centinaia di cannoni e possono seminare distruzione e morte su larga scala, senza temere di essere colpiti dall’artiglieria nemica, la cui gittata è ben più ridotta. E’ il trionfo della politica delle cannoniere: il grande paese asiatico e la sua millenaria civiltà sono costretti a capitolare; inizia quello che la storiografia cinese definisce giustamente il secolo delle umiliazioni, che termina nel 1949, con l’avvento al potere del Partito comunista e di Mao Zedong.
Ai giorni nostri, la cosiddetta Revolution in Military Affairs (RMA) ha creato per numerosi paesi del Terzo Mondo una situazione simile a quella a suo tempo affrontata dalla Cina. Nel corso della guerra contro la Libia di Gheddafi, la Nato ha potuto tranquillamente effettuare migliaia e migliaia di bombardamenti e non solo non ha subito alcuna perdita ma non ha neppure rischiato di subirla. In questo senso, piuttosto che a un esercito tradizionale, la forza militare Nato rassomiglia a un plotone di esecuzione; sicché l’esecuzione finale di Gheddafi, piuttosto che essere un caso o un incidente di percorso, rivela il senso profondo dell’operazione nel suo complesso.
E’ un dato di fatto: la rinnovata sproporzione tecnologica e militare rilancia le ambizioni e le tentazioni colonialiste di un Occidente che, come dimostra l’esaltata autocoscienza e falsa coscienza che continua a ostentare, rifiuta di fare realmente i conti con la sua storia. E non si tratta solo di aerei, navi da guerra e satelliti. Ancora più netto è il vantaggio su cui Washington e i suoi alleati possono contare per quanto riguarda le capacità di bombardamento multimediale. Ancora una volta, l’«intervento umanitario» contro la Libia è un esempio da manuale: la guerra civile (scatenata grazie anche all’opera prolungata di agenti e unità militari occidentali e nel corso della quale i cosiddetti «ribelli» sin dagli inizi potevano disporre persino di aerei) è stata presentata come un massacro perpetrato dal potere su una popolazione civile indifesa; invece, i bombardamenti Nato che da ultimo hanno infierito su Sirte assediata, affamata e priva di acqua e di medicinali sono diventati operazioni umanitarie a favore della popolazione civile libica!
Quest’opera di manipolazione può ora contare, oltre che sui tradizionali mezzi di informazione e disinformazione, su una rivoluzione tecnologica che completa la Revolution in Military Affairs. Come ho spiegato in interventi e articoli precedenti, sono autori e organi di stampa vicini al Dipartimento di Stato a celebrare il fatto che l’arsenale Usa si è ora arricchito di nuovi e formidabili strumenti di guerra; sono giornali occidentali e di provata fede occidentale a riferire, senza alcun rilievo critico, che nelle corso delle «guerre Internet» sono all’ordine del giorno la manipolazione, la menzogna, nonché l’aizzamento di minoranze etniche e religiose anche mediante la manipolazione e la menzogna. E’ quello che sta già avvenendo in Siria contro un gruppo dirigente ora più che mai preso di mira, per il fatto di aver resistito alle pressioni e intimidazioni occidentali e di essersi rifiutato di capitolare dinanzi a Israele e di tradire la resistenza palestinese.
Ma torniamo alla prima guerra dell’oppio, che si conclude nel 1842 col trattato di Nanchino. E’ il primo dei «trattati diseguali», imposti cioè con le cannoniere. L’anno dopo è la volta degli Usa. Inviano anche loro le cannoniere al fine di strappare il medesimo risultato conseguito dalla Gran Bretagna, anzi qualcosa in più. Il trattato di Wanghia (nelle vicinanze di Macao) del 1843 sancisce per i cittadini statunitensi residenti in Cina il privilegio della extra-territorialità: anche se colpevoli di reati comuni, essi sono comunque sottratti alla giurisdizione cinese. Ovviamente, il privilegio della extra-territorialità non è reciproco, non vale per i cittadini cinesi residenti negli Usa: una cosa sono i popoli coloniali, un’altra cosa, ben diversa, è la razza dei signori. Negli anni e nei decenni successivi, il privilegio dell’extra-territorialità viene esteso anche ai cinesi che «dissentono» dalla religione e dalla cultura del loro paese, si convertono al cristianesimo (e idealmente diventano cittadini onorari della repubblica nord-americana o dell’Occidente in genere).
Il doppio standard della legalità e della giurisdizione è un elemento essenziale del colonialismo anche ai giorni nostri: i «dissidenti» ovvero coloro che si convertono alla religione dei diritti umani, così come essa viene proclamata da Washington e da Bruxelles, i potenziali Quisling al servizio degli aggressori, costoro vengono insigniti del premio Nobel o di altri premi analoghi: dopo di che l’Occidente scatena una campagna forsennata al fine di sottrarre i premiati alla giurisdizione del loro paese di residenza, una campagna resa più persuasiva dagli embarghi e dalle minacce di embargo e di «intervento umanitario».
Il doppio standard della legalità e della giurisdizione diviene particolarmente clamoroso con l’intervento della Corte penale internazionale (Cpi). Ad essa sono e devono essere comunque sottratti i cittadini statunitensi e i soldati e i mercenari a stelle e strisce che stazionano in tutto il mondo. Recentemente, la stampa internazionale ha riferito che gli Usa sono pronti a bloccare con il veto l’ammissione della Palestina all’Onu, anche al fine di impedire che la Palestina possa far ricorso contro Israele presso la Cpi: in un modo o nell’altro, nella pratica se non già nella teoria dev’essere chiaro a tutti che a poter esser processati e condannati sono soltanto i popoli coloniali. E’ di per sé eloquente la tempistica. 1999: pur senza aver ottenuto l’autorizzazione dell’Onu, la Nato inizia i suoi bombardamenti contro la Jugoslavia; poco dopo, senza perder tempo, la Cpi procede all’incriminazione non degli aggressori e dei responsabili della violazione dell’ordinamento giuridico internazionale emerso di fatto dopo la seconda guerra mondiale, ma di Milosevic. 2011: stravolgendo il mandato Onu, ben lungi dal preoccuparsi della protezione dei civili, la Nato ricorre a ogni mezzo pur di imporre il cambiamento di regime e assicurarsi il controllo della Libia; Seguendo un modello già collaudato, la Cpi procede all’incriminazione di Gheddafi. La cosiddetta Corte penale internazionale è una sorta di appendice giudiziaria del plotone di esecuzione della Nato, si potrebbe anche dire che i magistrati dell’Aia rassomigliano a preti che, senza perder tempo a consolare la vittima, si impegnano direttamente nella legittimazione e consacrazione del boia.
Un ultimo punto. Con la guerra contro la Libia, nell’ambito dell’imperialismo si è delineata una nuova divisione del lavoro. Le tradizionali grandi potenze coloniali quali l’Inghilterra e la Francia, avvalendosi del decisivo appoggio politico e militare di Washington, si concentrano sul Medio Oriente e sull’Africa, mentre gli Usa spostano sempre più il loro dispositivo militare in Asia. E ritorniamo così alla Cina. Dopo aver posto fine al secolo di umiliazioni iniziato con le guerre dell’oppio, i dirigenti comunisti sanno bene che sarebbe folle e criminale mancare una seconda volta l’appuntamento con la rivoluzione tecnologica e militare: mentre libera centinaia di milioni di cinesi dalla miseria e dall’inedia cui erano stati condannati dal colonialismo, il poderoso sviluppo economico in atto nel grande paese asiatico è anche una misura di difesa contro la permanente aggressività dell’imperialismo. Coloro che, anche a «sinistra», si mettono a rimorchio di Washington e Bruxelles nell’opera di diffamazione sistematica dei dirigenti cinesi dimostrano di non avere a cuore né la causa del miglioramento delle condizioni di vita delle masse popolari né la causa della pace e della democrazia nelle relazioni internazionali.
Da Bandung a Sirte
Comunicato della Rete nazionale Disarmiamoli
Le immagini della macellazione di Muammar Gheddafi sono il miglior commento sull’operazione militare dell’Alleanza atlantica in Libia. Alla ferocia dei macellai locali si somma l’immagine disgustosa di una classe dominante internazionale pronta a massacrare senza battere ciglio chi sino a ieri accoglieva con salamelecchi, trattati di amicizia, affari e baciamano.
In queste ore gli analisti delle grandi testate giornalistiche e TV sono impegnati a neutralizzare anche storicamente la figura del leader libico, immergendo in un fiume di fango tutto ciò che è stato fatto in quel paese, nel bene e nel male, dalla liberazione dal giogo colonialista nel 1968 sino a pochi mesi fa.
Non ci siamo mai erti a difesa dell’indifendibile, date le vergognose scelte fatte dal governo libico nell’ultimo decennio. Il giudizio sulla leadership libica non ci ha fatto però perdere indipendenza di giudizio sullo scenario nel quale maturavano le condizioni della nuova aggressione.
Molti – anche nel movimento pacifista – sono apparsi come irretiti e prigionieri di una narrazione scritta dai vincitori di oggi, che ha ridotto ai minimi termini il numero di coloro che hanno scelto di battersi contro l’aggressione alla Libia.
Una scelta che rivendichiamo, che continueremo a portare avanti se in quel paese riprenderà una lotta di liberazione nazionale contro il nuovo colonialismo euro – statunitense.
Niente di quello che è successo in Libia in questi mesi, sarebbe stato possibile senza le decine di migliaia di bombe (dalle 40 alle 50mila) sganciate dagli aerei dell’Alleanza atlantica in oltre 10mila missioni di attacco sulla testa di quei libici che avrebbe dovuto “difendere”. Nessuna città sarebbe stata “liberata” senza il supporto a terra di migliaia di soldati e mercenari italiani, francesi, inglesi, impegnati sia nelle retrovie, sia sul fronte, a sostenere una banda di tagliagole denominati “ribelli”, “rivoluzionari” dalla stampa embedded. Le uniche strutture militari di una qualche consistenza sono quelle dei fondamentalisti islamici addestratisi in Iraq e Afghanistan, ora insediati a Tripoli, Sirte, Bani Walid e altre città devastate dai combattimenti.
Se le immagini che i mass media occidentali ci propinano in questi giorni hanno un qualche fondamento, con le migliaia di persone che festeggiano il bagno di sangue impugnando insieme alle bandiere dell’ex re senussita quelle inglesi, francesi, statunitensi e italiane, allora saremmo di fronte a diverse leadership locali sostenute da una base di massa reazionaria, lieta di tornare sotto la tutela dei colonialisti di ieri. Non sarebbe la prima volta nella storia.
Dubitiamo fortemente di tutto ciò che ci propina la macchina da guerra mediatica al servizio della NATO, per cui ci riserviamo di esprimerci in merito, in attesa degli sviluppi, che promettono altro sangue e guerra.
A ventiquattro ore dal massacro di Gheddafi il Presidente degli Stati Uniti comunica al mondo il ritiro totale delle truppe dall’Iraq, mettendo la parola fine a una guerra persa.
La situazione in Afghanistan, a oltre dieci anni dall’inizio delle ostilità, evidenzia una situazione di stallo strategico sul piano militare. Per la potentissima alleanza impegnata a occupare quel paese ciò significa un’ulteriore, cocente, sconfitta.
La Libia del futuro promettere di essere una nuova polveriera, a poche miglia marine dalle coste del Bel Paese. La vittoria di oggi potrebbe riservare nuove delusioni per gli apprendisti stregoni della NATO.
Nonostante tutto questo i paesi occidentali, forti delle loro alleanze militari, continuano nella loro opera di “democratizzazione” del mondo, attraverso le loro “operazioni di pace” lanciate per “proteggere” i civili.
I mass media nostrani ci dicono che i popoli della Siria, del Libano, dell’Iran attendono trepidanti la prossima liberazione.
La Rete nazionale Disarmiamoli!
www.disarmiamoli.org info@... 3381028120 - 3384014989
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Zivadin Jovanovic, president of the Belgrade Forum for a World of Equals
REVOLUTIONS, INTERVENTIONS AND NEW TRENDS
ADDRESS AT THE WORLD PEACE COUNCIL’S (EUROPE) MEETING, BRUSSELS , OCTOBER 17-18, 2011
Europe and the World are undergoing profound, historic changes. The World is faced with tectonic economic and social crisis with unpredictable consequences. Social unrest and demands of impoverished masses are getting global proportions. The roots of the crisis have been misinterpreted, or misunderstood in mass media and establishment responsible to offer solutions. The ruling elites of the imperial powers are trying to solve the problems by printing money, subsidizing banks and corporations, drastically cutting social benefits, sale of public sectors and alike. Budgetary cuts, have been affecting all spheres of public services, but military expenditure. Military interventions under false pretexts, foreign military bases, violent changes of governments, militarization of political decision making have been expanding, particularly since NATO 1999 aggression against FR of Yugoslavia. So called “colored”, “spring” and other “democratic revolutions” have been mushrooming in parallel, or in combination, with military interventions of NATO dominated by USA . Both, military interventions and “democratic revolutions” let aside neo-colonial propaganda, have the same strategic objective – prolonging end expanding of the liberal corporate capitalistic system. Redistribution of the Planet’s natural, particularly, energy resources and the transfer of the burden of the crises to the underdeveloped part of the world are preconditions of such strategy.
At the same time, during the last decade, or so, the world has been undergoing profound changes in the global distribution of power, process which, step by step, is leading to changes from unipollar to multipollar system of world relations. In this regard it is certainly new, very important development - formation of the Shanghai Alliance, appearance of group of BRICS countries, G-20, Euro-Asian economic community, South-American economic and defense integrations and alike. All these new associations and groupings are based on common economic and security interests. Taking in consideration vast territories, huge human, economic and natural (energy) resources of member countries, these integrations and their individual members play growingly important political role on the international arena. In spite of many obstacles emanating from forces of unipollar system, generally speaking, this new development opens real perspectives of de-monopolization of decision-making in international relations, more balanced world relations, resistance to the practice of violation of basic principals of international law and abuse of the role of United Nations.
And here’s the question for all our peace movements - how do we take in account new trends and draw conclusions for our future work in order to be even more efficient in the struggle for peace, justice and overall progress of humanity?
The Belgrade Forum has been continuously participating in the activities of the World Peace Council , including participation at a number of international meetings organized by the Council. Traditionally, we maintain particularly close bilateral cooperation with comrades of the Greek EEDYE to whom we owe gratefulness for lasting solidarity and support. We remain committed to continue and even intensify this line of our work.
Neutrality – Serbia ’s best option
In the current year the Forum has organized four major national and international conferences. The first held in March was devoted to relations Serbia – NATO. It was noted that NATO is offensive military alliance whose policy of global interventions is incompatible with the peace and cooperation oriented policy of Serbia . This aggressive NATO policy became quite clear after its aggression on Serbia (FRY) in 1999. NATO is cold war institution which today serves as an instrument of unipollar system promoting the interest of corporate capital. NATO strategy of interventions all over the world is in direct collision with unstoppable new trends of multipolarization of the world relations and therefore it should be dismantled. In addition, it was underlined, that NATO attacked FR of Yugoslavia in 1999 without approval of UN SC , violating basic principles of UN Charter and paving the way to illegal secession of the Serbian Province of Kosovo and Metohija (2008). Over 70 percent of population of Serbia is against Serbia ’s accession to NATO. The conference concluded that Serbia should not be member of NATO, that any decision in that regard has to be taken by people at referendum and that Serbia ’s best interest is to stay militarily neutral.
The second conference was devoted to the security in Europe in the light of forthcoming (2012) elections (general and/or presidential) in USA , Russia , France , Spain , Italy , Serbia . One of the conclusions was that the security system in Europe has not been functional and unbiased in relation to the Yugoslav crisis and that new system should be established guaranteeing equal security for all European states regardless whether they belong to any military alliance, or not. NATO cannot be guarantor of security to all the countries of Europe a number of which are not and do not intend to become its members.
The third conference was devoted to the tendency of revision of the outcome of the Second World War. The general opinion of the participants was that this tendency is very dangerous and that it leads to revival of neo-fascism and neo-Nazism under the cover of democracy. It was considered unacceptable that Serbia which gave enormous contribution to the victory over Fascism and Nazism and sacrificed over million of human lives has no official state holyday devoted the victims.
Support Serbs in Kosovo and Metohija
Finally, the fourth conference held in September this year was devoted to express support and solidarity with the Serbian People in the Province of Kosovo and Metohija. It was attended by over 1.000 persons from all parts of Serbia , Republica Srpska ( Bosnia and Herzegovina ), Montenegro and Serbian Diaspora. The time of the Conference coincided with armed attacks of NATO (KFOR) soldiers against Serbian civilians in Northern Kosovo and Metohija who have been peacefully protesting against Albanian police and customs officers on the administrative line at Jarinje and Brnjak. About 12 protesters have been seriously wounded by ammunition fired by NATO soldiers.
Serbs in Kosovo and Metohija continue to be deprived of the basic human rights such as freedom of movement, personal and security of private property (homes, farms, business), education, health, worship. Twelve years after the Province was mandated by UN, many Serbs even today live in ghettos-like enclaves fenced by barbed wire. Every day some of them are subject to terorist attacks from the Albanian neighborhood. Perpetrators of countless crimes committed against Serbs have never been sentenced.
Northern Kosovo and Metohija is populated by about 60.000 Serbs with the city of Kosovska Mitrovica being its regional center. River Ibar is between north and south of the Province. Northern part ever since NATO 1999 aggression remained functioning with Serbian institutions and public services without any interference from Prishtina. It remained so even after March 17th, 2008 illegal proclamation of independence. However, in July this year NATO (KFOR) helicopters transported Albanian police and customs officers to Jarinje and Brnjak to extend the illegal authority of Prishtina to Northern Kosovo and Metohija. Serbs of the region protested peacefully and obliged NATO (KFOR) troops to return back Albanian officers. Ever since then Serbs have been protesting 24 hours a day. To defend their right to self-governing and the right to remain part of Serbia , they have erected stone, sand and trunks barricades on roads and bridges.
Return of 200.000 displaced and to UN SC Resolution 1244(1999)
Serbs in the Northern Kosovo and Metohija are constantly threatened by new military action of NATO (KFOR) troops. Therefore, I propose that participants of this meeting of World Peace Council extend their support and solidarity with all Serbs in Kosovo and Metohija, particularly with the Serbs in Northern part of the Province, in their legitimate efforts to defend their freedom, basic human rights and the right to remain integral part of Serbia as guaranteed by UN SC resolution 1244 (1999). Also, to strongly condemn use of force by NATO (KFOR) against Serbian civilians protesting peacefully against attempts to impose illegal authority of Prishtina by military force. To reaffirm that the secession of Kosovo and Metohija has never been approved or recognized by UN Security Council although the Province continue, even today, to be governed under UN SC mandate. To condemn current pressures and blackmails from Brussels and Washington aimed at forcing Serbia to, step by step, accept illegal secession of the Province in exchange for candidacy for membership in EU. To reaffirm WPC principle position that the peaceful, lasting solution is possible only if based on full implementation of the UN SC resolution 1244 and respect of sovereignty and territorial integrity of Serbia. Finally, we should demand safe and free return of over 200.000 of displaced Serbs to their homes in Kosovo and Metohija.
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