Informazione


LERNER IL MANIPOLATORE


La7. Un piccolo ritocco alla foto e i comunisti scompaiono 

Nella puntata del programma L'Infedele sul tema degli "indignados", è comparsa un'immagine che ha destato subito dei dubbi. Si trattava della nota foto del manifesto con il quale il Partito Comunista di Grecia (KKE) , dal monumento simbolo di Atene, il Partenone, invitava i popoli dell'Europa e sollevarsi. 
I campioni della libertà di stampa, quali Gad Lerner, non si vergognano evidentemente di ritoccare le foto quando si tratta di nascondere i simboli comunisti e far passare i comunisti come dei semplici indignati.

GUARDA LE FOTO: http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o30019:m2

(13 Ottobre 2011)


====



E' nata indoona : chiama, videochiama e messaggia Gratis.
Scarica indoona per iPhone, Android e PC



(Nel 94.esimo anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, 7 novembre 1917-2011)

http://www.marx21.it/storia-teoria-e-scienza/storia/281-ottobre-rosso-in-asia-orientale.html

Ottobre rosso in Asia orientale


5 Novembre 2011

di Spartaco Puttini per Marx21.it

La rivoluzione russa e la lotta dei popoli oppressi contro l’imperialismo

 

“Quando la storia della prima metà del ventesimo secolo […] verrà scritta in una più ampia prospettiva, è difficile che un solo tema si riveli più importante della rivolta contro l’Occidente" [1] . [Geoffrey Barraclough]

 


La Rivoluzione d’Ottobre aprì una fase nuova nella storia, tanto per quel che riguarda le masse popolari dei paesi occidentali, quanto per quel che concerne la riscossa dei popoli coloniali.

 

Tra gli effetti ad oggi più duraturi della Rivoluzione d’Ottobre vi è senza dubbio quello di aver concorso in modo determinante al risveglio dei popoli sottoposti al colonialismo. E’ di questo aspetto che cercheremo di dare conto nelle righe che seguono, con una particolare attenzione all’Asia orientale dove nel corso del Novecento si svilupparono vittoriosamente due grandi rivoluzioni nazionali e antimperialiste (egemonizzate dai comunisti): quella cinese e quella vietnamita. Due rivoluzioni che contribuirono come poche altre a cambiare la storia del mondo. Oggi che l’Asia orientale con al suo centro la Cina emerge prepotentemente è il caso di interrogarsi sulle radici lunghe di quelle esperienze.

 

- “L’imperialismo” di Lenin

 

La condanna delle spedizioni militari nei paesi africani e asiatici e la condanna dei crimini e delle repressioni compiute dalle truppe coloniali oltremare erano già oggetto di attenzione da parte dei partiti socialisti della II Internazionale. L’agitazione di queste forze era per lo più incline a sottolineare il valore dell’antimilitarismo, tradotto nello slogan: “più burro, meno cannoni”. Ma i socialdemocratici non erano mai arrivati a comprendere fino in fondo la causa dei popoli oppressi e il legame che correva tra la loro liberazione e l’emancipazione delle classi lavoratrici nelle metropoli imperialiste. Non senza scopi polemici un pamphlet del Partito comunista francese, risalente all’incirca al 1927 ed indirizzato ai militanti e ai quadri di partito per spiegare loro l’importanza della questione nazionale e coloniale, così stigmatizzava la posizione della II Internazionale in merito:
“[la questione nazionale] era allora limitata quasi esclusivamente alla questione dell’oppressione delle nazioni ‘civili’. Irlandesi, ungheresi, polacchi, finlandesi, serbi: questi erano i principali popoli più o meno asserviti le cui sorti interessavano la II Internazionale. Quanto ai milioni di asiatici, e d’africani, schiacciati sotto il giogo più brutale, quasi nessuno se ne preoccupava. Sembrava impossibile mettere sullo stesso piano i bianchi e i neri. I ‘civili’ e i ‘selvaggi’. L’azione della II Internazionale in favore delle colonie si limitava a rare e vaghe risoluzioni dove la questione dell’emancipazione delle colonie era cautamente evitata” [2].

 

Il pamphlet del PCF mostrava come prima del 1917, anche all’interno del movimento operaio, vi era stato uno sguardo miope e venato di paternalismo verso i popoli oppressi dal colonialismo. Anche se si condannavano le modalità dell’amministrazione coloniale, la conquista di altri paesi ritenuti meno civili (e quindi bisognosi di essere educati sulla via dello sviluppo) non veniva messa in discussione. Questo faceva filtrare marcatamente il mito del “fardello dell’uomo bianco” anche nelle elaborazioni delle forze più progressiste.
Con l’elaborazione di Lenin la questione assume altri connotati. Lenin, con la sua analisi dell’imperialismo, lega indissolubilmente il problema della liberazione dei popoli oppressi (includendovi i popoli colonizzati) con la lotta del proletariato nelle metropoli. Questione nazionale e questione coloniale vengono così fuse. La lotta contro l’imperialismo deve essere portata da tutte le sue vittime. L’alibi del presunto “fardello dell’uomo bianco” che a frustate, se necessario, deve occuparsi di portare i popoli ‘incivili’ sulla via della ‘civiltà’ capitalistica viene smascherata come pura ambizione di dominio e di sfruttamento. Alcuni anni dopo lo scoppio della rivoluzione d’ottobre Lenin avrebbe sottolineato come “il movimento rivoluzionario dei paesi più progrediti sarebbe in realtà solo un inganno, senza l’unità più completa e più stretta tra gli operai in lotta contro il capitale in Europa e in America e le centinaia di milioni di schiavi coloniali oppressi da quel capitale”, sottolineando il legame tra i due fronti della lotta all’imperialismo [3].
Da allora la questione nazionale e la categoria di imperialismo entrarono a far parte della più ampia visione dell’internazionalismo propria del movimento comunista.

 

- Il Komintern e la rivoluzione nel mondo coloniale

 

Quando i bolscevichi conquistano il potere nel 1917 chiamano alla sollevazione il proletariato europeo. Con i primi passi dello Stato sovietico si rivolgono apertamente ai popoli coloniali. Lo fanno in quanto rivoluzionari (tramite la costituenda Terza Internazionale) e in quanto primo paese sfuggito alle grinfie dell’imperialismo e chiamato, dalle circostanze concrete, a traslare lo scontro tra le classi a livello di Stati, svolgendo un ruolo di contrasto alle pretese delle grandi Potenze predatrici. Le colonie vengono allora raffigurate come le “retrovie” dell’imperialismo, dove questo può attingere risorse per restare in piedi. La rivolta delle retrovie assume pertanto un rilievo prioritario per lo Stato sovietico e per il movimento comunista internazionale.
Al III Congresso del Komintern Lenin rilevò come “Centinaia di milioni di uomini (praticamente la stragrande maggioranza della popolazione mondiale) appaiono ora sulla scena come fattori rivoluzionari autonomi ed attivi, ed è chiaro che nelle prossime decisive battaglie della rivoluzione mondiale il movimento della maggioranza della popolazione del globo, che in origine era orientato verso la liberazione nazionale, si rivolgerà contro il capitalismo e contro l’imperialismo e assumerà probabilmente un ruolo rivoluzionario molto più importante di quanto non ci aspettiamo”[4].
Alcuni anni dopo, al XII Congresso del partito bolscevico, Stalin ribadì con estrema chiarezza il significato che le lotte dei popoli coloniali rivestivano nel quadro della lotta tra la rivoluzione e l’imperialismo: “Una delle due: o noi mettiamo in movimento le retrovie profonde dell’imperialismo, i paesi coloniali e semicoloniali dell’Oriente, infondiamo loro lo spirito rivoluzionario e acceleriamo così la caduta dell’imperialismo, oppure non ci riusciamo, e allora rafforziamo l’imperialismo e indeboliamo la forza del nostro movimento. La questione si pone in questi termini”[5].

 

Nel 1920 venne convocato a Baku il Congresso dei popoli dell’Oriente. L’evento era indicativo dell’orientamento che aveva preso tanto il movimento comunista internazionale, quanto la Russia sovietica e rappresentò una “pietra miliare”[6] per lo sviluppo dei movimenti di liberazione asiatici. Per la prima volta circa 2mila delegati provenienti da ogni parte dell’Asia si incontrarono per confrontarsi tra loro su come liberarsi dalla dominazione occidentale.
Nel suo II Congresso il Komintern aveva stabilito un’analisi della situazione coloniale e aveva avanzato la tesi dell’alleanza dei comunisti con le forze che nei paesi coloniali e semicoloniali si battevano conseguentemente contro l’imperialismo e per la conquista della piena indipendenza. A queste correnti andava fornito tutto l’appoggio possibile, sia da parte dei locali partiti comunisti, che sulla base della loro piena autonomia erano chiamati a stabilire con le correnti del nazionalismo rivoluzionario un’organica alleanza strategica, sia da parte dell’Unione Sovietica.
Nelle tesi del IV Congresso del Komintern sulla questione orientale si sostiene chiaramente l’appoggio alle correnti del nazionalismo-rivoluzionario in lotta contro l’imperialismo[7].

 

Il primo esempio e il banco di prova di questa strategia fu la rivoluzione nazionalista cinese del 1925-1927. La decisione unilaterale assunta dalla Russia di rinunciare ai privilegi strappati alla Cina dal regime zarista, avevano convinto il vecchio agitatore nazionalista Sun Yat-sen a guardare verso le cupole del Cremlino impostando in modo nuovo la questione della liberazione della Cina. Sun comprese che la comparsa sulle scene dell’Unione Sovietica creava una situazione nuova a livello internazionale. “La nascita della Russia rivoluzionaria aveva rotto oggettivamente il fronte internazionale imperialistico ed aveva creato un polo di riferimento per ogni lotta antimperialistica”[8]. Dopo aver riformato il Kuomintang (partito nazionalista rivoluzionario del popolo) su basi nuove stabilì un’alleanza con i comunisti (accettati all’interno del KMT) e con l’Unione Sovietica e accettò il ruolo e le rivendicazioni degli operai e dei contadini. Il suo programma si spostò notevolmente a sinistra rispetto al passato. Stabilito il suo governo a Canton, iniziarono ad arrivare gli aiuti sovietici in armi, istruttori militari e consiglieri politici. Questi sforzi miravano a consentire a Sun di disporre di una forza militare rivoluzionaria per unificare la Cina e schiacciare i “signori della guerra” feudali, alleati dell’imperialismo. Fu il primo passo della rivoluzione cinese che, dopo un tortuoso percorso, sarebbe sfociata nell’avvento al potere dei comunisti di Mao nel 1949.

 

- La rivoluzione russa vista dall’Asia orientale

 

Per valutare l’impatto che ebbe la rivoluzione russa sull’Asia occorre indagare come dal mondo coloniale, in particolare qui ci interessa l’Asia orientale, venne vista la rivoluzione russa. Tre testimonianze ci sembrano piuttosto emblematiche. La prima è quella del nazionalista vietnamita Nguyen Ai Quoc, il futuro Ho Chi Minh. Ho ha ricordato questo cruciale passaggio della sua vita in un articolo pubblicato nel luglio 1960 dal titolo significativo : Il cammino che mi ha condotto al leninismo. Il leader vietnamita ha rievocato le assidue riunioni nelle sezioni socialiste alla fine della prima guerra mondiale:
“A quell’epoca, nelle sezioni del partito…, si discuteva ardentemente per decidere se bisognava restare nella Seconda Internazionale, o creare un’internazionale due e mezzo, o aderire alla Terza Internazionale di Lenin. Assistevo regolarmente a tutte queste riunioni…All’inizio non ne comprendevo interamente il contenuto. Perché discutere con tanto accanimento? […] Si poteva fare la rivoluzione, perché accanirsi a discutere? … La questione che mi bruciava sapere era quale fosse l’Internazionale che sosteneva le lotte dei popoli oppressi. Nel corso di una riunione sollevai questa questione. Alcuni compagni risposero: è la Terza Internazionale e non la Seconda. E un compagno mi diede le Tesi di Lenin sui problemi delle nazionalità e dei popoli coloniali… Le tesi suscitarono in me una profonda emozione, un grande entusiasmo, una grande fiducia e mi aiutarono a vedere chiaramente il problema…Da allora ebbi fiducia in Lenin e nella Terza Internazionale. […] Dopo la lettura delle tesi di Lenin mi lanciai nella discussione…Il mio unico argomento consisteva nel domandare: ‘compagni, se voi non condannate il colonialismo, se non sostenete i popoli oppressi, quale è dunque la rivoluzione che pretendete fare?’”[9].

 

Diversa è la marcia di avvicinamento di un altro grande rivoluzionario asiatico: il generale Chu Teh, che sarebbe divenuto lo stratega militare della rivoluzione cinese e il fondatore dell’Esercito Popolare di Liberazione. Chu era già un militare di carriera ed era entrato nell’esercito proprio per salvare il suo paese dal colonialismo. Aveva fatto parte della cospirazione repubblicana del 1911 che aveva rovesciato la dinastia Manciù ed era stato un fedele seguace del rivoluzionario nazionalista Sun Yat-sen. Di fronte alla dissoluzione dell’autorità centrale, mentre la Cina sprofondava nell’anarchia e diveniva terreno di battaglia tra i signori della guerra, Chu aveva continuato a fare il soldato per sostenere la causa di Sun, ma questi aveva dovuto adottare la tattica di appoggiarsi ora all’uno ora all’altro capo feudale, considerato di volta in volta il meno peggio, pur di tenere accesa la debole fiaccola della rivoluzione. Perse le prospettive Chu sprofondò così, senza volerlo, nel gorgo che lo portò a diventare, lui stesso, un militarista, cioè un signore della guerra. E dei signori della guerra prese anche i vizi: divenne un accanito fumatore di oppio. Fino a che la rivoluzione russa destò in lui una profonda impressione; e la difesa della rivoluzione nel corso della guerra civile e contro l’intervento delle Potenze dell’Intesa, se possibile, ancora di più. Decise di partire per l’Europa per studiare da vicino i comunisti, chi erano e come agivano. Iniziò il percorso della disintossicazione dalla droga e, prima di partire, si recò a Shanghai per incontrare Sun Yat-sen. Così ricorda quell’incontro nell’intervista rilasciata anni dopo alla reporter americana Agnes Smedley:
“Sebbene ignoranti dal punto di vista della teoria marxista, i miei amici ed io seguivamo con profonda emozione le notizie delle vittorie che l’Armata Rossa rivoluzionaria riportava sulle forze armate della nobiltà zarista e quelle dei paesi imperialisti. Come mai i rivoluzionari russi avevano sconfitto i potenti eserciti avversari ed erano riusciti a instaurare il loro governo, mentre i rivoluzionari cinesi non ne erano stati capaci? [10] […] Avevamo perso ogni fiducia nelle alleanze tattiche con questo o quel militarista [signore della guerra]. Simili alleanze erano sempre finite in una disfatta per la rivoluzione e col rafforzamento dei militaristi. Avevamo trascorso undici anni in quella bolgia. Davanti a noi c’era un solo punto fermo: la rivoluzione in Cina era fallita mentre in Russia aveva trionfato. Esprimemmo al dr. Sun la nostra convinzione che i rivoluzionari russi avevano vinto perché si erano basati su una teoria e un metodo rivoluzionari di cui noi sapevamo poco o nulla. […] Avevamo deciso di andare all’estero per incontrarvi i comunisti, per studiare e approfondire la loro teoria, prima di rimetterci all’opera per combattere la nostra lotta in Cina. […] I comunisti sapevano cose che anche noi dovevamo imparare. […] Il dr. Sun disse che c’era molto di vero in ciò che dicevamo. Ci parlò di una svolta politica del Kuomintang ma in che cosa consistesse non potemmo capirlo allora. Dovevano passare altri due anni perché quelle parole ci diventassero chiare. Si trattava dell’alleanza tra il governo rivoluzionario di Canton e l’Unione Sovietica” [11].

 

Ma il racconto più singolare ed anche più significativo è quello dello stesso Sun Yat-sen, che tra l’altro non divenne mai comunista. Dopo la rivoluzione ed in seguito alla costituzione dello Stato sovietico Sun ebbe a dire: “Noi non guardiamo più verso Occidente. I nostri occhi sono rivolti alla Russia” [12]. Nel manifesto del 1919 disse: “Se il popolo della Cina vuole essere libero come il popolo russo, e vuole gli sia risparmiato il destino che gli alleati hanno preparato per lui a Versailles…deve
essere ben chiaro che nella lotta per la libertà nazionale i suoi soli alleati e fratelli saranno gli operai ed i contadini russi che combattono nell’Armata Rossa”[13].
Queste opinioni sono piuttosto esemplari di un diffuso atteggiamento. Stando al diplomatico e storico indiano Panikkar, “La sola esistenza di una Russia rivoluzionaria diede senza dubbio a tutti i movimenti nazionalisti asiatici une grande forza morale” [14].
“La Dichiarazione dei diritti dei popoli della Russia, firmata da Lenin e da Stalin, proclamava la sovranità e l’eguaglianza di tutti i popoli della Russia, e il diritto delle minoranze nazionali al proprio libero sviluppo. Fu, questa, una dichiarazione veramente esplosiva, e destò una nuova speranza in tutte le nazioni asiatiche che stavano lottando per la propria libertà” [15].
Con la successiva alleanza tra Sun Yat-sen e l’URSS “l’appoggio della Russia rivoluzionaria al nazionalismo asiatico veniva […] proclamato pubblicamente” [16].

 

L’appoggio sovietico cambiò anche l’atteggiamento dei movimenti nazionalisti sotto molti punti di vista. Anche quei movimenti che non furono egemonizzati dai comunisti o che non evolsero mai verso il marxismo-leninismo iniziarono a inserire la loro lotta in un quadro diverso. Iniziarono a dare maggiore importanza al coinvolgimento del popolo nel processo rivoluzionario e furono quindi spinti a prenderne, almeno parzialmente, in considerazione le istanze. Secondariamente l’esempio di sviluppo e crescita economica dell’URSS durante i piani quinquennali, che cambiò completamente il profilo di una nazione arretrata, costituì un punto di riferimento per quei paesi che si trovavano ai margini del mercato capitalistico mondiale. Iniziarono a comprendere che la sola indipendenza politica li avrebbe relegati ad accontentarsi di una indipendenza puramente formale e che per ottenere un’effettiva sovranità dovevano puntare anche sull’indipendenza economica.
I lasciti furono dunque numerosi, ben oltre il breve periodo.

 

L’URSS continuò a svolgere il ruolo di sponda dei movimenti di liberazione anche in seguito, nonostante tutti gli eventuali errori che i dirigenti sovietici commisero in questo o quel frangente. Questo fatto viene ampiamente riconosciuto, ad esempio, dai protagonisti della rinascita araba tra gli anni ’50 e ’60. La scomparsa dell’Urss ha lasciato un vuoto in questo campo. Ma l’ascesa della Cina, il ritorno della Russia e la spinta per la costituzione di un equilibrio multipolare lasciano presagire che il mondo globalizzato è in forte competizione dal punto di vista dei mercati e ancor di più dal punto di vista politico. L’emergere dei paesi del Sud del mondo si fa sempre più marcato e questo suggerisce che la spinta propulsiva della rivoluzione d’Ottobre non sia affatto esaurita.

 

NOTE

 

G. Barraclough, Guida alla storia contemporanea, Torino Laterza 1989, pp.157-158
2 Le communisme et la question nationale et coloniale par Lénine, Staline et Boukharine; Paris Bureau d’Editions [1927?], p.9
3 A. Agosti, a cura di- , La Terza Internazionale. Storia documentaria, vol.1.2 (1919-1923); Ed. Riuniti 1974, p.759
4 Ibidem, p.762
5 A. Agosti, a cura di- , La Terza Internazionale. Storia documentaria, vol. 2.2 (1924-1928), p.591
6 Così la definisce Jan Romein nel suo libro Il secolo dell’Asia; Einaudi, 1975
7 Tesi del IV Congresso sulla questione orientale (novembre 1922), cit. in: A. Agosti, a cura di- , La Terza Internazionale. Storia documentaria, vol. 1.2, pp.791-792


Trieste/Trst: i Partigiani di Guardiella

(aggiornamenti dal sito La Nuova Alabarda: http://www.nuovaalabarda.org)

1) RAGIONARE COME NEL 1945? SI\', SE SI ANALIZZANO FATTI DEL 1945
2) C. CERNIGOI: COMMEMORAZIONE DEI CADUTI DEL RIONE DI GUARDIELLA, 2 NOVEMBRE 2011
3) PARTIGIANI DI GUARDIELLA


=== 1 ===

http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-le_due_resistenze..php

Le Due Resistenze.

RAGIONARE COME NEL 1945? SI\', SE SI ANALIZZANO FATTI DEL 1945.

Abbiamo già altre volte parlato del fatto che in Italia, ma soprattutto a Trieste, vi furono due resistenze distinte, e quando oggi sentiamo dire, da parte di alcuni storici accademici, che gli jugoslavi “infoibarono” (nel senso non letterale ma simbolico come si esprimono gli storici medesimi) anche gli “antifascisti”, dobbiamo fare mente locale su un paio di cose che si evincono da documenti storici.
Innanzitutto ricordiamo che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 il Regno d’Italia (l’Italia non era un paese unitario, era divisa in due ed il governo legittimo era quello del Regno del Sud) era stato inserito come “cobelligerante” all’interno della compagine alleata, dove invece la Jugoslavia di Tito faceva parte degli alleati. Ricordiamo inoltre che le regole sottoscritte dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia comprendevano il fatto che dove arrivavano le truppe alleate i partigiani consegnavano loro le armi e si mettevano a disposizione.
Tutto ciò premesso, andiamo a leggere qualche documento.
Nell’archivio di Stato di Lubiana troviamo una relazione (AS 1584, zks, ae 451: purtroppo anonima e non datata) che delinea un “comitato di liberazione” definito Comitato di Salute Pubblica. Leggiamo che alla fine di marzo 1945 il podestà Cesare Pagnini aveva “reso dichiarazioni” ad un “nostro compagno” (un membro dell’OF oppure dell’OZNA, quindi) nelle quali affermava che esisteva a Trieste “un’organizzazione denominata Comitato di Salute Pubblica (CSP) o Comitato di Salvazione o Comitato di Italianità”, del quale facevano parte l’Esercito Repubblicano, la Decima Mas, la Guardia Civica, i Vigili urbani, la Milizia forestale e quella ferroviaria, i Vigili del fuoco, ed i poliziotti di via del Bosco (i cosiddetti “ciclamini”) e quelli della questura di via XXX ottobre. Pagnini avrebbe detto che il prefetto Coceani avrebbe voluto inserire anche le “Bande Nere” (probabilmente le Brigate Nere, n.d.a.), ma la proposta non fu accettata; inoltre Pagnini non fece parola dell’UNPA (la protezione antiaerea comandata da Peranna, uomo di fiducia del generale Esposito che al momento dell’insurrezione comandò una propria brigata autonoma all’interno del CVL nella quale aveva inserito agenti dell’Ispettorato Speciale di PS) che risultò “successivamente” averne fatto parte. La funzione di questo Comitato era “nettamente antislava e quindi antipartigiana” e “si proponeva di ostacolare genericamente la penetrazione slava in queste terre”. Ercole Miani (Partito d’Azione) avrebbe dichiarato di essere a conoscenza dell’esistenza del CSP, ma senza chiarire le relazioni che intercorrevano tra CSP e CLN; nella relazione si evidenzia che il CLN vantava forze armate proprie (la Guardia di Finanza ed i “singoli carabinieri ancora esistenti a Trieste”), ma “soprattutto la Guardia Civica”, che “era considerata parte organica del Comitato di Salute Pubblica e questo apparire della Guardia civica tra le file dei due comitati fa pensare ad una connivenza dei due comitati se non proprio un accordo perfetto”. Successivamente le forze armate del CSP scenderanno in piazza come combattenti del CLN.
Dall’archivio di Lubiana all’archivio dello Stato Maggiore dell’Esercito di Roma, nel quale troviamo (fondo SIM, raccolta relativa alla “Missione Nemo”, busta 91, n. 83403) una annotazione del CLN triestino datata 18/4/45, a margine di una relazione su un incontro tra Osvobodilna Fronta-Fronte di Liberazione e CLN per arrivare ad un accordo sulla composizione del comitato misto per gestire la città dopo l’insurrezione. L’accordo non ci fu, ma è importante leggere il “punto b” dell’annotazione “ad integrazione della relazione”.
“Il Prefetto sta organizzando un importante nucleo di forze repubblicane contro l’eventuale calata del IX Korpus di Tito. Naturalmente, in caso di necessità, noi siamo disposti a far causa comune con queste forze. Urge quindi sapere se possiamo assimilarle al momento opportuno al Regio esercito, sia pure con le opportune epurazioni e gli opportuni riti” .
Questa aberrante proposta, che significava praticamente che il CVL di Trieste si proponeva di sparare con le forze collaborazioniste del nazifascismo contro l’esercito jugoslavo (alleato), fortunatamente non andò in porto, quantomeno non in maniera ufficiale (va qui citata un’affermazione dell’emissario della Missione Nemo a Trieste, il capitano Luigi Podestà, che scrisse “il 1° maggio il CLN mi disse che Tito era un alleato e che bisognava evitare scontri con l’esercito jugoslavo” nella sua relazione conservata presso l’Archivio IRSMLT n. 867), ma qualcuno all’interno del CVL operò autonomamente proprio in questo modo, causando incidenti di non poco conto e provocando di conseguenza la reazione dell’Esercito jugoslavo che fece prigionieri i militari che avevano sparato contro di loro (ricordiamo che alcuni reparti di Guardie di Finanza, probabilmente a causa di ordini sbagliati, aprirono il fuoco contro l’Esercito jugoslavo che entrava in città, fatto che causò l’arresto e probabilmente la fucilazione di questi reparti, che oggi vengono considerati “infoibati”); così come furono arrestati gli elementi del CVL che durante il periodo di amministrazione jugoslava operarono armati contro di essa.
Quando chi scrive ricorda questi fatti, viene accusata di “ragionare come nel 1945”: ebbene, volendo analizzare fatti avvenuti nel 1945 come altrimenti si dovrebbe ragionare, viene da chiedersi, se si vuole fare della storia e non trinciare giudizi politici?

Ottobre 2011


=== 2 ===

http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-2_novembre%2C_ricordare_i_morti%2C_ma_non_tutti_i_morti_sono_uguali..php

COMMEMORAZIONE DEI CADUTI DEL RIONE DI GUARDIELLA, 2 NOVEMBRE 2011.

Questi sono i giorni in cui si ricordano i morti, tutti i morti, e pertanto abbiamo visto che le autorità cittadine si sono recate a rendere omaggio ai monumenti che ricordano i caduti.
Si è reso omaggio ai caduti per la libertà, ai partigiani come al poliziotto Eddie Cosina, assassinato assieme al giudice Borsellino mentre svolgeva il suo compito di difendere il magistrato; ma si è reso omaggio anche ai morti cosiddetti delle “foibe”, a Monrupino (dove in effetti erano stati sepolti i caduti della battaglia di Opicina, per lo più tedeschi, e che dovrebbe diventare un monumento contro tutte le guerre invece di essere usato come luogo di propaganda politica) ed a Basovizza, considerata il luogo-simbolo dove si ricordano tutti coloro che sarebbero stati uccisi in qualche modo dai partigiani o dall’esercito jugoslavo.
Qualche giorno fa era apparsa sul quotidiano locale una lettera di parenti di Bruno Luciani, che avevano visto nella bandiera con la stella rossa comparsa in piazza unità nel corso di una festa per un matrimonio, un triste ricordo del loro padre “infoibato”.
Bruno Luciani era un agente dell’Ispettorato speciale di PS, la famigerata banda Collotti, e ne parlo oggi perché è legato ad alcuni nomi di caduti del nostro rione.
Bruno Luciani fu arrestato dalle autorità jugoslave nel maggio del 45 e le accuse a lui mossegli dal Pubblico accusatore di Ajdovščina, secondo diverse testimonianze, furono di avere partecipato alle azioni svoltesi alla fine di dicembre 1944 proprio nel nostro rione, tra Strada per Longera e Strada per Basovizza e che causarono la morte in combattimento di Rino Ricci e Guido Persico, agli arresti di Bruno Kavčič (che fu fucilato il 28 aprile 1945) e dei suoi genitori, Giuseppe (morto a Dachau) ed Antonia, che sopravvisse.
Luciani fu anche accusato di avere torturato e picchiato Bruno Kavčič, Wilma Varich, Ferruccio Battich, assieme ad altri membri della squadra di Collotti, come il famigerato Cerlenco.
Non so come si sia svolto il processo a Luciani, né quando e come sia morto; ho fatto questo breve excursus storico per spiegare il motivo per cui ritengo che non tutti i morti siano uguali, e che se, logicamente, per i familiari la perdita di un congiunto è comunque una tragedia, non concordo con il fatto di rendere omaggio istituzionale sia a chi ha dato la vita per dei valori indiscutibili, come coloro che lottavano per la libertà e contro l’oppressione nazifascista (come Kavčič) o compiendo il proprio dovere istituzionale (come Cosina), e coloro che si macchiarono di crimini come il collaborazionismo con i nazisti, la violenza, la tortura e l’omicidio.
Ma voglio chiudere questo breve intervento con un’altra riflessione: stiamo vivendo uno dei periodi più bui della nostra storia, abbiamo davanti un vuoto istituzionale che non è in grado di dare una risposta positiva alle esigenze del paese, ma propone solo sacrifici e repressione. Per questo motivo ritengo indispensabile, nel nome degli ideali che mossero anche i nostri caduti, condurre una battaglia di democrazia e difesa dei diritti civili, dei diritti dei lavoratori, una battaglia di pace e contro le spese militari che prosciugano le nostre risorse per una politica di morte.
Non è questo il momento di restare a casa, è invece il momento di scendere in piazza a difendere la nostra vita ed il futuro nostro e dei nostri figli, anche per rispetto nei confronti di coloro che diedero la vita perché si potesse vivere in libertà e non sotto una dittatura.
Gloria ai caduti! Slava padlim!
Ora e sempre resistenza!

Claudia Cernigoi
San Giovanni, Trieste, 1/11/11.


=== 3 ===

http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-partigiani_di_guardiella..php

PARTIGIANI DI GUARDIELLA.

PREMESSA.

In occasione del sessantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo abbiamo pensato di dare corpo all’idea scaturita un paio di anni or sono nel corso di una riunione del Comitato per le onoranze dei caduti della Resistenza del rione di San Giovanni e Guardiella, e cioè di scrivere delle brevi biografie dei partigiani che sono ricordati sulla lapide apposta sull’edificio del Narodni Dom di San Giovanni, in Strada di Guardiella.
Le note biografiche sono tratte per la maggior parte dal libro curato dall’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione “Caduti, dispersi e vittime civili dei comuni della regione Friuli-Venezia Giulia nella seconda guerra mondiale” (Udine 1991); ma per alcuni nomi che non abbiamo trovato in questo studio dobbiamo ringraziare il prezioso aiuto di Dragica Ule Maver della sezione storica della Biblioteca di studi slovena (Odsek za zgodovino), che li ha rintracciati nelle pubblicazioni conservate nel loro archivio.
Grazie anche al professor Samo Pahor e a Silvio Pierazzi per le testimonianze; un ringraziamento particolare a Nerino Gobbo, “Gino”, che ha ricostruito per noi la vicenda dell’attentato al garage di via Massimo D’Azeglio.
Ci scusiamo anticipatamente per eventuali errori od omissioni, ed invitiamo chi fosse in grado di integrare o correggere quanto scritto in questo testo a mettersi in contatto con noi per dare vita ad una nuova pubblicazione, più ampia ed esaustiva. I dati sono aggiornati alla primavera del 2006.

SONO CADUTI PRIMA DELL’8 SETTEMBRE 1943.

Slavko (Luigi Andrea) ŠKAMPERLE, nato a Trieste, 18/6/10.
Organizzatore del movimento antifascista.
Deceduto al carcere del Coroneo il 13/8/40 nel corso dell’istruttoria del “processo Tomažič”. “Durante l’istruttoria molti detenuti vennero seviziati: morì sotto le torture l’operaio Luigi Skamperle. Altri decedettero in seguito o contrassero infermità inguaribili” (“Aula IV. Tutti i processi del tribunale speciale fascista”, di A.Dal Pont, A. Leonetti, F.Maiello, L. Zocchi, La Pietra 1976). 

Josip (Giuseppe) UDOVIČ, nato a Trieste nel rione di San Giovanni, 18/3/10.
Partigiano EPLJ, Segretario cittadino Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione di Trieste.
Caduto a Trieste nel corso di uno scontro a fuoco con i carabinieri il 14/1/43.

SONO CADUTI IN COMBATTIMENTO 
DOPO L’8 SETTEMBRE 1943.

Bruno BIZJAK, “Rino”, nato a Santa Croce-Križ, 18/01/23.
Partigiano EPLJ III Brigata d’oltremare.
Caduto in combattimento nei pressi del Monte Nevoso il 3/5/45.

Vittorio CANCIANI (KOCJANČIČ), nato a Trieste, 26/3/24.
Partigiano della Brigata “Triestina” dell’Istria.
Fucilato da forze nazifasciste presso Mune Piccolo (Fiume) il 5/10/44.

Ivan DOUGAN, nato a Trieste, 13/1/26. 
Partigiano EPLJ Distaccamento Istriano
Caduto in combattimento a Palčje (S. Pietro del Carso) l’8/10/44.

Ferdinand DUJC, nato a Muggia, 29/10/19.
Partigiano EPLJ VII Korpus, IV Brigata “M. Gubec, III Battaglione.
Fucilato da forze nazifasciste presso Čatež il 21/08/44.

Marij FERFOLJA, nato a Trieste, 11/4/24.
Partigiano EPLJ VII Corpus, XIV Brigata, II Battaglione.
Caduto presso Novo Mesto il 21/01/45.

Guerrino FINOTTO, nato a Trieste nel rione di San Giovanni, 22/11/17.
Partigiano Brigata “Garibaldi”. 
Caduto presso Skrbina il 27/03/45.

Giovanni (Nino) GROPAIC (GROPPAZZI), nato a Trieste, 3/3/20.
Partigiano Brigata Garibaldi “F.lli Fontanot”.
Caduto presso Novo Mesto il 21/03/45.

Josip (Giuseppe) KASTELIČ (CASTELLI), nato a Longera, 7/11/13.
Partigiano EPLJ VII Korpus. 
Caduto presso Križe nella Dolenska il 23/04/44.

Romeo KANTE (CANTE), nato a Trieste, 12/5/03.
Partigiano Brigata “Garibaldi”. 
Caduto presso Lokavice (Selva di Tarnova) il 5/11/44.

Marijan (Mario) KAVČIČ (CAUCCI), nato a Trieste, 11/10/25.
Partigiano EPLJ XIX Brigata “Srečko Kosovel”. 
Caduto presso Tarnova il 12/6/44.

Marja KERŠEVAN, nata a Gabrje, 28/11/04.
Partigiana XIX Brigata Kosovel.
Caduta in combattimento a Stjak il 25/4/44.

Romano KLUN (COLONI), nato a Trieste, 31/12/14.
Partigiano EPLJ VIII Brigata Končar, già soldato fanteria Battaglione Speciale Lavoratori.
Caduto presso Drvar, Bosnia, il 23/5/44.

Herman (Ermanno) MAKOVEC, nato a Komen-Comeno, 8/4/24.
Partigiano Brigata “Triestina” dell’Istria.
Caduto presso Gradena d’Istria il 3/10/43.

Cirillo Carlo MARTELANC (MARTELLANI), nato a Barcola 1/5/13.
Partigiano EPLJ I Brigata “Proletaria”.
Caduto presso Pozega (Slavonia) il 16/4/45.

Ivan (Giovanni) MEZGEZ, nato a Trieste, 22/8/23.
Partigiano EPLJ II Korpus, Distaccamento Marina.
Caduto presso Predmeja l’8/2/45.

Licerio MILLOCH, nato a Izola-Isola d’Istria, 12/2/23.
Partigiano dal 1944 nella Brigata “F.lli Rosselli”.
Caduto presso Como il 31/12/44.

Edvard (Edoardo) SUDIČ (SUDICH), nato a Trieste, 1/3/26.
Partigiano EPLJ VII Korpus, XII Brigata.
Caduto presso Veliki Čerovec, Gorjanci, Slovenia il 11/9/44.

TINTA Tullio, nato a Trieste, 23/8/26.
Partigiano EPLJ XVIII Brigata “Basovizza”. 
Caduto presso San Giacomo in Colle (ex provincia di Gorizia) il 3/11/44. 

Janež VOUK, nato a Trieste il 31/5/21.
Partigiano dal 16/2/45 nel I Battaglione, V Brigata del IX Korpus.
Deceduto in Slovenia il 6/7/45 per postumi di ferite riportate in combattimento.

Natale ŽIŽMOND, nato a Trieste 17/12/25.
Partigiano Brigata Garibaldi, Battaglione “Alma Vivoda”.
Caduto in località ignota dell’Istria, novembre 1944.

SONO MORTI PRIGIONIERI IN LAGER NAZISTI.

Miro (Vladimiro) FARASIN (FAZARINC), nato a Trieste, 18/6/12.
Partigiano Brigata “Garibaldi”, IV Battaglione GAP.
Deceduto nel campo di sterminio di Buchenwald il 29/12/44.

Slavko (Vladislao) FEKONJA, nato a Trieste, 7/11/13.
Partigiano Brigata “Garibaldi”, IV Battaglione GAP.
Deceduto nel campo di sterminio di Mauthausen il 18/04/45.

Giovanni GANDUSIO “Virgilio”, nato a Koper-Capodistria, 29/10/04
Partigiano Brigata “Garibaldi”, IV Battaglione GAP.
Deceduto nel campo di sterminio di Flossemburg il 10/11/44.

Vladimiro MARTELANC (MARTELLANI), nato a Barcola, 8/5/05.
Deceduto nel campo di sterminio di Dachau 11/4/44.

Milena PERSIČ, coniugata UDOVICH, nata a Trieste, 24/3/01.
Attivista dal 1941, partigiana EPLJ, Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione di San Giovanni.
Deceduta nel campo di sterminio di Auschwitz il 21/1/45.

Natale (Božidar Diodato) SKABAR, nato a Longera, 10/12/12.
Partigiano EPLJ Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione di San Giovanni, Unità Operaia.
Deceduto nel campo di sterminio di Dachau il 5/1/45.

Mario SKERLAVAJ, nato a Trieste, 13/8/25.
Partigiano Brigata “Garibaldi”.
Deceduto nel campo di sterminio di Mautahusen il 25/1/45.

Carlo SUDICH nato a Trieste, 5/7/02.
Partigiano EPLJ Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione di San Giovanni.
Deceduto nel campo di sterminio di Flossemburg Leitmeritz il 5/2/45.

Luciano VESNAVER, nato a Trieste, 19/1/29.
Partigiano Brigata “Garibaldi”, Battaglione “Alma Vivoda”.
Disperso dopo la liberazione dal campo di Buchenwald nell’aprile 1945.

Stanislav ZORMAN Trieste, 4/3/20.
Partigiano Brigata Garibaldi, già soldato del Genio.
Deceduto nel campo di sterminio di Buchenwald il 5/1/45.

Per alcuni partigiani siamo riusciti a raccogliere delle informazioni più particolareggiate rispetto alla loro attività.

AZIONE ANTIPARTIGIANA DELL’ISPETTORATO SPECIALE
DI PS DI TRIESTE DI AGOSTO/SETTEMBRE 1944.

Tra agosto e settembre 1944 l’Ispettorato Speciale di PS operò una vasta azione repressiva che portò all’arresto di 75 partigiani, tra i quali il dirigente comunista Luigi Frausin. Tra i nominativi indicati nel rapporto (copia del quale si trova nell’archivio dell’Odsek za Zgodovino di Trieste, busta NOB 24) inviato in data 27/9/44 dall’Ispettorato al Capo della Polizia, sede di Campagna, avente “Oggetto: Azione contro la Federazione del Partito Comunista di Trieste e l’Organizzazione informativa di Polizia del Fronte Liberatore Sloveno, detto VOS (Varnostno Obvasovalna Služba - Servizio informazioni della difesa) e VDV” (Vojška Državna Varnosti - Esercito per la difesa dello stato, inglobato nell’OZNA nel dicembre 1944) come “consegnati alla Polizia Germanica per i provvedimenti da adottare”, ci sono anche i seguenti, che facevano riferimento al rione di San Giovanni.

Giuseppe BARTOLI, “Corvo” o “Iurel”, nato a Montona, 8/4/05.
Partigiano Brigata “Garibaldi” Trieste.
Deceduto a Dachau il 26/09/44.

Ernesto NERI (ČERNIGOJ), nato a Trieste, 30/10/04.
Partigiano Brigata “Garibaldi” Trieste, IV Battaglione GAP.
Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944.

Carlo GABRIELLI, “Peter”, o “Rino”, nato a Trieste, 7/10/17.
Partigiano Brigata Garibaldi Trieste, IV Battaglione GAP.
Ucciso nella Risiera di San Sabba il 24/9/44.

Bruno GHERLANI (GERLANC), nato a Trieste, 26/6/12.
Partigiano Brigata “Garibaldi” Trieste, IV Battaglione GAP.
Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944.

Giuseppe (Pino) GIOVANNINI, “Severino”, nato a Trieste, 29/12/11.
Partigiano Brigata “Garibaldi”, intendente Battaglione “Alma Vivoda”; nel rapporto dell’Ispettorato Speciale di PS risulta “membro del Partito ed addetto al trasporto del materiale occorrente con un camioncino che è stato sequestrato”.
Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944.

Stanislavo GOICA (GOJCA), nato a Trieste, 24/6/04.
Partigiano EPLJ, Osvobodilna Fronta - Fronte Liberazione di Trieste - San Giovanni.
Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944.

Ernesto METLIKA, nato a Trieste, 14/10/08.
Partigiano EPLJ, Osvobodilna Fronta - Fronte Liberazione di Trieste.
Deceduto nel campo di sterminio nazista di Bergen Belsen, novembre 1944.

Josip (Giuseppe Antonio) MIOT (MIJOT), “Marco”, nato a Trieste, 3/3/04.
Partigiano Brigata Garibaldi Trieste, IV Battaglione GAP.
Ucciso nella Risiera di San Sabba il 26/9/44.

Silvestro ROSANI (ROŽANC), nato a Trieste, 30/12/26.
Partigiano Brigata “Garibaldi” Trieste, IV Battaglione GAP.
Ucciso nella Risiera di San Sabba il 26/9/44.

Giuseppe STERLE (ŠTERL), nato a Trieste, 18/1/06.
Partigiano EPLJ, Osvobodilna Fronta - Fronte Liberazione di Trieste, S. Giovanni; “membro del Partito ed arruolatore” secondo il rapporto dell’Ispettorato Speciale di PS.
Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944.

AZIONE DELL’ISPETTORATO SPECIALE DI PS
CONTRO LA “BANDA BOSCO”.

In un rapporto dell’Ispettorato Speciale di PS, datato 15/1/45, leggiamo di un’attività repressiva nei confronti della cosiddetta “banda Bosco”, così chiamata “dal nome del capo Giuseppe Sustersich detto Pepi Bosco” definita “la più temibile” sia “per numero di componenti che per efferatezza di delitti”. Giuseppe Šušteršič, nato a Trieste il 19/12/08, partigiano combattente già dal 1942, era stato arrestato e torturato dalla “banda” di Collotti già nel ‘43; successivamente fu partigiano della brigata Garibaldi “Trieste”, IV Battaglione GAP; prese parte il 31/5/44 ad un attentato (fallito) contro il prefetto Coceani; dopo la fine della guerra si arruolò nel corpo della neocostituita Polizia civile e morì il 30/12/45 per le conseguenze delle ferite riportate durante la guerra.
Proseguiamo la lettura del rapporto dell’Ispettorato: “Il 27/12, ore 14 mentre tre auto (…) appartenenti al Deutsche Berater sostavano sulla strada di Basovizza dinanzi all’osteria Dodich ed una parte degli autisti si trovava nel detto esercizio, alcuni individui armati di pistole e mitra irruppero nel locale e circondati gli autisti ingiunsero loro di alzare le mani. Dopo averli perquisiti, con le loro stesse auto li condussero in località Moccò alla sede di un comando partigiano”.
In seguito a questa azione, scattò un’operazione repressiva dell’Ispettorato Speciale, così descritta in un rapporto.
“A seguito intelligenti indagini svolte con spirito di assoluta abnegazione ed intima comprensione del dovere dal Vicecommissario Gaetano Collotti e la valida collaborazione vicebrigadiere Antonio Cerlenco, riusciva ad accertare luogo convegno banda “Bosco” capeggiata da noto pregiudicato Giuseppe Susterisch detto Bosco forte di una quindicina di elementi e dotata moderno e perfetto armamento. Ieri sera 17 agenti questo Ispettorato agli ordini preciso funzionario, militari X mas, predisponevasi vasta azione rastrellamento in zona strada di Longera. Verso ore 19 riuscivasi ingaggiare combattimento con elementi Bosco che riuscirono a sganciarsi. Venivano rastrellati 15 individui. Nel conflitto restavano uccisi certo Persico Ugo (Guido, n.d.a.) di Andrea n. a Trieste 1906 da parte nostra agente ausiliario Carmelo Russo appartenente all’Ispettorato speciale. Azione proseguita e rintracciato un gruppo banditi a bordo auto Lancia Ardea appartenente a Supremo Commissariato germanico (…) si davano alla fuga. Nel conflitto certo Ricci Rino Cosimo veniva ucciso. 2 feriti.
Su cadavere Ricci Rino venivano rinvenute una Sipe et pistola Berretta nonché documenti sua appartenenza VDV (polizia partigiana) e cui presume sua partecipazione a gravi delitti effettuati in questa città”. 

Guido PERSICO (PERSICH), nato a Trieste, 25/2/06.
Partigiano EPLJ, Osvobodilna Fronta - Fronte Liberazione di Trieste, San Giovanni.
Ucciso da forze nazifasciste a Longera il 27/12/44.

Rino Cosimo RICCI, nato a Trieste, 9/1/26.
Partigiano Brigata “Garibaldi”, IV Battaglione GAP.
Ucciso in fatto di guerra il 29/12/44.

Nel corso di queste azioni furono anche arrestati il giovane Bruno Kavčič (era nato nel 1927, fucilato il 28 aprile 1945) ed i suoi genitori, Giuseppe (morto a Dachau) ed Antonia, che sopravvisse. Di questi arresti e delle torture e violenze inflitte agli arrestati, fu accusato l’agente dell’Ispettorato Speciale Bruno Luciani (note del Pubblico Accusatore di Ajdovščina, in Arhiv Slovenije SI AS 1827 fascicolo 34), arrestato a Trieste nel maggio 1945 e scomparso, quindi considerato “infoibato” dalla storiografia corrente.

IL BUNKER DI VIA VALERIO.

Secondo un rapporto (in copia presso l’archivio dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste, n. 914) dell’Ispettorato Speciale di PS di Trieste del 3/4/45, in quella data fu svolta una “operazione nel rione Guardiella San Cilino Sup. ove nel fabbricato contrassegnato col n. 1801 è stato scoperto un bunker costruito per ordine del noto bandito “Zitomir” Capo del VDV verso la fine dello scorso dicembre. Nel bunker che fu costruito da Comari Giuseppe e Coretti Sergio (…) – confessi – è stata rinvenuta una valvola per radio trasmittente potentissima, un cinturone con fondina in uso nella Wehrmacht, scarso materiale propagandistico e diversa corrispondenza – relazioni, ecc.
A seguito di ciò è stata operata una minuziosa perquisizione nell’abitazione di Haas Ruggero (…) che ha portato alla scoperta di corrispondenza varia del PKS, dal cui sommario esame si rileva che l’abitazione stessa serviva da Centro smistamento per i corrieri del PKS”.
Secondo una ricerca del professor Samo Pahor, la moglie di Haas, Albina Brana, era membro della VDV di Longera e nel loro bunker erano conservati dei documenti molto importanti.
In seguito a questa operazioni furono arrestati i coniugi Haas e la sorella di Ruggero, Emilia, come risulta dal rapporto.
“Haas Ruggero – risultato appartenente al PKS egli partecipò alla costruzione del bunker nella sua stessa abitazione e su di lui gravano fondati sospetti di partecipazione al noto attentato terroristico nel palazzo dell’università, nonché ad altri attentati terroristici verificatisi in questa città.

Silvio Pierazzi ci ha raccontato di un attentato compiuto dalla GAP di Guardiella contro un edificio nei pressi dell’Università dove aveva sede una compagnia della Guardia Civica (maggio 1944). L’attentato aveva praticamente distrutto la sede, ed era stato proprio Haas a trasportare l’esplosivo.
Il rapporto prosegue nominando:
Bran Albina in Haas – corriera propagandista del PKS.
Haas Emilia – corriera del Commissario Politico del PKS per la Venezia Giulia Kiss”.

Zora BRANA, nata a Trieste, 1/3/13.
Partigiana EPLJ I Battaglione.
Coniugata con Ruggero HAAS, nato ad Opicina (TS), 26/11/11.
Partigiano Brigata “Garibaldi”, IV Battaglione GAP.
Furono fucilati ad Opicina il 28/04/45 assieme ad altri 13 prigionieri, tra i quali il corriere del Partito d’Azione Mario Maovaz. 
Emilia HAAS era gravemente malata al momento dell’arresto e non fu deportata, ma morì poco tempo dopo.

I MARTIRI DI VIA D’AZEGLIO: 28/03/45.

Giorgio De Rosa, “Felice”, nato a Trieste, 29/12/24; 
Sergij CEBRON, “Santo”, nato a Trieste, 8/5/28;
Livio STOK (STOCCHI), “Cedro”, nato a Santa Croce, 9/2/25;
Remigio VISINI, “Ettore”, nato a Trieste, 26/8/25:
Partigiani della Brigata Garibaldi “Trieste”, IV Battaglione GAP, impiccati per rappresaglia dai nazifascisti dopo l’attentato al garage “Principe” in via D’Azeglio, medaglie d’argento al V. M. alla memoria.

Il 27 marzo 1945 fu compiuto un attentato al garage di via D’Azeglio, che serviva da deposito per il carburante destinato alle truppe nazifasciste. Sentiamo il racconto di Nerino Gobbo, “Gino”, dirigente di Unità Operaia-Delavska Enotnost, che aveva coordinato l’azione di sabotaggio. 
“Avevamo deciso di sabotare il garage di via D’Azeglio perché c’erano dentro dei mezzi di rifornimento per l’offensiva che la X Mas stava preparando contro il IX Korpus (le forze allora si equilibravano perciò si trattava di un’importante offensiva ed era necessario fare il possibile per impedirla). Siamo arrivati sul posto ed abbiamo bloccato tutte le strade attorno al garage. In quel punto c’era un presidio armato delle SS, ma questi signori si sentivano spesso molto sicuri e qualche volta di notte lasciavano lì il custode da solo. Ci eravamo divisi i compiti: io e Silvio Pirjevec dovevamo entrare nel garage e farlo saltare in aria, mentre gli altri uomini a due a due dovevano, se succedeva qualcosa, sparare, in modo da dare l’allarme e dare a me e Silvio il tempo di scappare. Ad un certo punto è arrivato il proprietario del garage: non i tedeschi o la guardia che erano andati in un’osteria (così erano almeno le informazioni che ci erano state date), il proprietario, che faceva anche da guardiano. Noi lo abbiamo fermato, obbligato a farci entrare e poi consegnato a due compagni che avevano l’ordine di portarlo nella ritirata con sé, di tenerlo prigioniero per motivi di sicurezza. Invece al momento della fuga lo lasciarono libero e lui fece successivamente la spiata. 
Noi due demmo fuoco al carburante e ci mettemmo un po’ per uscire, ci siamo mischiati alla gente che era accorsa e abbiamo preso sottobraccio una ragazza con la quale abbiamo camminato per un po’ e che ci disse “Se fossero tutti come voi non ci sarebbero più i tedeschi a Trieste”. Così riuscimmo a metterci in salvo, mentre i compagni fuori, avendo sentito le bombe e visto le fiamme e non avendoci visti uscire, devono aver creduto che eravamo rimasti vittime dell’esplosione, quindi hanno iniziato una ritirata disordinata invece di attenersi a quanto era stato previsto nel piano.
Perciò sono caduti in un’imboscata alla Rotonda del Boschetto dove sono stati arrestati: questi furono i martiri di via D’Azeglio”.
Il quotidiano comunista “il Lavoratore” ricostruì in questo modo gli arresti in un articolo di pochi mesi dopo: Giorgio De Rosa fu fermato da “una pattuglia della Guardia Civica al comando del tenente Altieri (tuttora in circolazione)”, con la quale c’era anche il guardiano del garage; e che invece una pattuglia delle SS italiane “al comando del noto Boldrin (anche questo in circolazione), faceva irruzione nella casa del comp. D.” (cioè Donini), piantonavano la casa ed arrestavano, la mattina seguente, Sergio Stocchi, Livio Cebroni e Remigio Visini che, avendo perduto il collegamento con gli altri, erano andati da Donini a cercare notizie.

SONO CADUTI DURANTE L’INSURREZIONE DI TRIESTE.

Francesco AZZARO (ARZARRO), nato a Giarratana (RG), 24/1/20.
Partigiano Comando Città Trieste, II Battaglione.
Caduto il 30/4/45.

Felice COSTANTE, nato a San Severo (FG), 19/11/24.
Partigiano EPLJ.
Caduto il 1/05/45

Giovanni ZANETTI, nato a Trieste, 12/11/21
Partigiano Comando Città Trieste.
Caduto il 2/5/45.

Oreste FRANCIA, nato a Trieste, 26/9/25.
Partigiano Comando Città Trieste, I Battaglione.
Deceduto il 24/5/45 in seguite a ferite riportate durante la lotta.

====



E' nata indoona : chiama, videochiama e messaggia Gratis.
Scarica indoona per iPhone, Android e PC


(deutsch / italiano)


Fidel Castro Ruz
Il ruolo genocida della NATO / Die NATO in der Völkermord-Rolle


Vedi anche la documentazione sul carteggio Castro-Milošević ed altre valutazioni di Fidel in merito alla aggressione e squartamento della Jugoslavia:
https://www.cnj.it/documentazione/fidelcastro.htm


=== Il ruolo genocida della NATO (parti 1--4)


http://pl-it.prensa-latina.cu/index.php?option=com_content&task=view&id=29939

Il ruolo genocida della NATO

“Questa brutale alleanza militare si è trasformata nel più perfido strumento di repressione che ha conosciuto la storia dell'umanità.  
La NATO ha assunto questo ruolo repressivo globale rapidamente, quando l'URSS, che era servita agli Stati Uniti come pretesto per crearla, ha smesso di esistere. Il suo criminale proposito diventò palese in Serbia, un paese di origine slava, dove il suo popolo eroico lottò contro le truppe naziste nella Seconda Guerra Mondiale.  
  
Quando nel marzo del 1999 i paesi di questa nefasta organizzazione, nei loro sforzi per disintegrare la Iugoslava, dopo la morte di Josip Broz Tito, inviarono le loro truppe a sostegno dei secessionisti del Kossovo, trovarono una forte resistenza di questa nazione, le cui sperimentate forze erano intatte.  
  
L'amministrazione yankee, consigliata dal Governo conservatore spagnolo di Josè Maria Aznar, attaccò le stazioni radio e della televisione della Serbia, i ponti sul fiume Danubio, e Belgrado, la capitale di questo paese. L'ambasciata della Repubblica Popolare Cinese è stata distrutta dalle bombe yankee, vari dei funzionari sono morti, e non poteva essere stato un errore possibile, come hanno detto gli autori. Numerosi patrioti serbi hanno perso la vita. Il presidente Slobodan Milošević, oppresso dal potere degli aggressori e la sparizione dell'URSS, ha ceduto alle esigenze della NATO ed ha ammesso la presenza delle truppe di questa alleanza dentro il Kossovo sotto il mandato dell'ONU, quello che alla fine ha condotto alla sua sconfitta politica ed al suo posteriore procedimento giudiziario da parte dei tribunali per niente imparziali de L'Aia. E’ morto in circostanze strane nella prigione. 
Se il leader serbo avesse resistito alcuni giorni in più, la NATO sarebbe entrata in una grave crisi che è stata sul punto di esplodere. L'impero ha avuto così molto più tempo per imporre la sua egemonia tra i sempre più subordinati membri di questa organizzazione.   
  
Tra il 21 febbraio ed il 27 aprile del presente anno, ho pubblicato nel sito web CubaDebate nove Riflessioni sul tema, nelle quali abbordai con ampiezza il ruolo della NATO in Libia e quello che sarebbe successo a mio giudizio.  
  
Mi vedo per ciò obbligato ad una sintesi delle idee essenziali che esposi, e dei fatti che hanno continuato a succedere come erano stati previsti, ora che un personaggio centrale di questa storia, Muammar El-Gheddafi, è stato ferito gravemente dai più moderni cacciabombardieri della NATO che intercettarono ed inutilizzarono il suo veicolo, catturato ancora vivo ed assassinato dagli uomini armati da questa organizzazione militare.  
  
Il suo cadavere è stato sequestrato ed esibito come trofeo di guerra, una condotta che viola i più elementari principi delle norme musulmane ed altre credenze religiose prevalenti nel mondo. Si annuncia che rapidamente Libia sarà dichiarata “Stato democratico e difensore dei diritti umani”.  
  
Mi vedo obbligato a dedicare varie Riflessioni a questi importanti e significativi fatti.  
  
Proseguirà domani lunedì.  
  

Fidel Castro Ruz  
  
23 Ottobre 2011  
  
6 e 10 p.m”.
Ig


http://pl-it.prensa-latina.cu//index.php?option=com_content&task=view&id=30039

Il ruolo genocida della NATO (seconda parte)

"Poco più di otto mesi fa, il 21 febbraio del presente anno, ho affermato con piena convinzione: “Il piano della NATO è occupare la Libia”. Con questo titolo ho abbordato per la prima volta il tema in una Riflessione il cui contenuto sembrava frutto della fantasia.  
  
Includo in queste linee gli elementi di giudizio che mi hanno portato a quella conclusione.  
  
“Il petrolio si trasformò nella principale ricchezza nelle mani delle grandi multinazionali yankee; attraverso questa fonte di energia hanno disposto di uno strumento che ha aumentato considerevolmente il loro potere politico nel mondo”.  
  
“Su questa fonte di energia si sviluppò la civiltà attuale. Il Venezuela è stata la nazione di questo emisfero che ha pagato il maggiore prezzo. Gli Stati Uniti sono diventati i padroni degli enormi giacimenti di cui la natura ha dotato questo fratello paese.  
  
“Terminando l'ultima Guerra Mondiale cominciò ad estrarre dai giacimenti dell'Iran, oltre che da quelli dell'Arabia Saudita, dell’Iraq e dei paesi arabi situati attorno a loro, maggiori quantità di petrolio. Questi passarono ad essere i principali somministratori. Il consumo mondiale si alzò progressivamente alla favolosa cifra di approssimativamente 80 milioni di barili giornalieri, compresi quelli che si estraevano nel territorio degli Stati Uniti, ai quali ulteriormente si sommarono il gas, l'energia idraulica ed il nucleare.”  
  
“Lo spreco del petrolio ed il gas è associato ad una delle maggiori tragedie, non risolta in assoluto che soffre l'umanità: il cambiamento climatico.”  
  
“Nel dicembre del 1951, la Libia si trasforma nel primo paese africano a raggiungere la sua indipendenza dopo la Seconda Guerra Mondiale, nella quale il suo territorio è stato scenario di importanti combattimenti tra truppe tedesche e del Regno Unito...”  
  
“Il 95% del suo territorio è completamente desertico. La tecnologia ha permesso di scoprire importanti giacimenti di petrolio leggero di eccellente qualità che oggi raggiungono un milione 800 mila barili giornalieri ed abbondanti depositi di gas naturale. [...] Il suo rigoroso deserto è ubicato su un enorme lago di acqua fossile, equivalente a oltre tre volte la superficie di Cuba, cosa che ha reso possibile costruire un'ampia rete di condutture di acqua dolce che si estende per tutto il paese.”  
  
“La Rivoluzione della Libia ha avuto luogo nel mese di settembre dell'anno 1969. Il suo principale dirigente è stato Muammar Al-Gheddafi, militare di origine beduina chi si ispirò alle idee del leader egiziano Gamal Abdel Nasser nella sua più precoce gioventù. Senza dubbio molte delle sue decisioni sono associate ai cambiamenti che si sono prodotti quando, come è successo in Egitto, una monarchia debole e corrotta è abbattuta in Libia.”  
  
“Si potrà stare o no d’accordo con Gheddafi. Il mondo è stato invaso con ogni tipo di notizie, usando specialmente i mas media dell’informazione. Bisognerà aspettare il tempo necessario per conoscere con rigore quanto è vero o falso, od un miscuglio di fatti di ogni tipo che, in mezzo al caos, si sono prodotti in Libia. Quello che è assolutamente evidente per me è che il Governo degli Stati Uniti non si preoccupa in assoluto della pace in Libia, e non vacillerà nel dare alla NATO l'ordine di invadere questo ricco paese, forse in questione di ore o in pochi giorni.  
  
“Quelli che inventarono la bugia con perfide intenzioni che Gheddafi si dirigeva in Venezuela, come lo hanno fatto nel pomeriggio di ieri domenica 20 febbraio, hanno ricevuto oggi una degna risposta dal Ministro degli Affari Esteri del Venezuela, Nicolas Maduro...”  
  
“Da parte mia, non immagino il dirigente libico abbandonando il paese, evitando le responsabilità che le sono imputate, siano o no false in parte o nella loro totalità.  
  
“Una persona onesta starà sempre contro qualunque ingiustizia che si commetta con qualunque popolo del mondo, ed il peggiore di queste, in questo istante, sarebbe stare in silenzio davanti al crimine che la NATO si prepara a commettere contro il popolo libico.  
  
“Alla direzione di questa organizzazione bellicista l'urge farlo. Bisogna denunciarlo!”  
  
In quella precoce data avevo notato ciò che era assolutamente ovvio.  
  
Domani martedì, 25 ottobre, parlerà il nostro cancelliere Bruno Rodriguez nella sede delle Nazioni Unite per denunciare il criminale bloqueo degli Stati Uniti contro Cuba. Seguiremo da vicino questa battaglia che metterà un'altra volta in evidenza la necessità di mettere fine, non solo al bloqueo, bensì al sistema che genera l'ingiustizia nel nostro pianeta, dilapida le sue risorse naturali e mette in rischio la sopravvivenza umana. Presteremo un’attenzione speciale all'allegato di Cuba.  
  
Proseguirà il mercoledì 26.  
  

Fidel Castro Ruz  
  
24 ottobre 2011  
  
5 e 19 p.m”.
Ig


http://pl-it.prensa-latina.cu//index.php?option=com_content&task=view&id=30259

Il ruolo genocida della Nato (Terza parte)

“Il 23 febbraio, sotto il titolo “Danza macabra del cinismo” ho esposto:  
  
“La politica di saccheggio imposta dagli Stati Uniti ed i suoi alleati della NATO nel medio oriente entrò in crisi”.  
  
“Grazie al tradimento di Sadat a Camp David lo Stato arabo palestinese non ha potuto esistere, a dispetto degli accordi dell'ONU di novembre del 1947, ed Israele si trasformò in una forte potenza nucleare alleata agli Stati Uniti ed alla NATO.  
  
“Il Complesso Militare Industriale degli Stati Uniti somministrò decine di migliaia di milioni di dollari ogni anno ad Israele ed agli stessi stati arabi, sottomessi ed umiliati dallo stato sionista.  “Il genio è uscito dalla bottiglia e la NATO non sa come controllarlo.  
  
“Tentano di trarre il massimo vantaggio dai deplorevoli eventi in Libia. Nessuno sarebbe capace di sapere in questo momento quello che lì sta succedendo. Tutte le cifre e versioni, fino alle più inverosimili, sono state divulgate dall'impero attraverso i mezzi di massa, seminando il caos e la disinformazione.  
  
“È evidente che dentro la Libia si sviluppa una guerra civile. Perché e come si sviluppò? Chi pagheranno le conseguenze? L'agenzia Reuters, facendosi eco del criterio di una conosciuta banca del Giappone, il Nomura, ha espresso che il prezzo del petrolio potrebbe sorpassare qualunque limite.”  
  
“... Quali sarebbero le conseguenze in mezzo alla crisi alimentare?  
  
“I leader principali della NATO sono esaltati. Il Primo Ministro britannico, David Cameron, informò ANSA, ‘...ha ammesso in un discorso in Kuwait che i paesi occidentali si sbagliarono ad appoggiare governi non democratici nel mondo arabo '.”  
  
“Il suo collega francese Nicolas Sarkozy dichiarò: ‘La prolungata repressione brutale e sanguinante della popolazione civile libica è ripugnante '.”  
  
“Il cancelliere italiano Franco Frattini dichiarò ‘credibile ' la cifra di mille morti a Tripoli [...] ‘la cifra tragica sarà un bagno di sangue '.”  
  
“Hillary Clinton dichiarò: “...il ‘bagno di sangue ' è ‘completamente inaccettabile ' e ‘si deve fermare '...”  
  
“Ban Ki-moon parlò: ‘È assolutamente inaccettabile l'uso della violenza che c'è nel paese '.”  
  
“... ‘il Consiglio di Sicurezza agirà d’accordo a quello che decida la comunità internazionale '.”  
  
“‘stiamo considerando una serie di opzioni '.”  
  
“Realmente quello che Ban Ki-moon si aspetta è che Obama dica l'ultima parola.  
  
“Il Presidente degli Stati Uniti parlò nel pomeriggio di questo mercoledì ed espresse che la Segretaria di Stato andrà in Europa con lo scopo di accordare coi suoi alleati della NATO le misure da prendere. Sul suo viso si apprezzava l'opportunità di affrontare il senatore dell'estrema destra repubblicano John McCain; il senatore pro israelita del Connecticut, Joseph Lieberman ed i leader del Tea Party, per garantire la sua postulazione per il partito democratico.  
  
“I mezzi di massa dell'impero hanno preparato il terreno per agire. Non avrebbe niente di strano un intervento militare in Libia, col quale, inoltre, si garantirebbero all'Europa quasi due milioni di barili giornalieri di petrolio leggero, se prima non succedono eventi che mettano fine alla direzione od alla vita di Gheddafi.  
  
“In ogni modo, il ruolo di Obama è abbastanza complicato. Quale sarà la reazione del mondo arabo e musulmano se il sangue si sparge in abbondanza in questo paese con questa avventura? Fermerà un intervento della NATO in Libia l'onda rivoluzionaria sfrenata in Egitto?  
  
“In Iraq si è sparso il sangue innocente di più di un milione di cittadini arabi, quando il paese è stato invaso con falsi pretesti.”  
  
“Nessuno nel mondo sarà mai d’accordo con la morte di civili indifesi in Libia od in qualsiasi altra parte. E mi domando: applicheranno gli Stati Uniti e la NATO questo principio ai civili indifesi che gli aeroplani senza pilota yankee ed i soldati di questa organizzazione ammazzano tutti i giorni in Afghanistan e Pakistan?  
  
“È una danza macabra del cinismo.”  
  
Mentre meditava su questi fatti, nelle Nazioni Unite si aprì il dibattito previsto per la giornata di ieri, martedì 25 ottobre, intorno alla “Necessità di mettere fine al bloqueo commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d'America contro Cuba”, qualcosa che si è venuto esponendo dall'immensa maggioranza dei paesi membri di questa istituzione durante 20 anni.  
  
Questa volta i numerosi ragionamenti elementari e giusti -che per i governi degli Stati Uniti non erano altro che esercizi retorici – hanno messo in evidenza, come mai prima, la debolezza politica e morale dell'impero più poderoso che è esistito, i cui interessi oligarchici ed insaziabili di sete del potere e di ricchezze hanno sottomesso tutti gli abitanti del pianeta, compreso lo stesso popolo di questo paese.  
  
Gli Stati Uniti tiranneggiano e saccheggiano il mondo globalizzato col loro potere politico, economico, tecnologico e militare.  
  
Questa verità diventa sempre più ovvia dopo i dibattiti onesti e coraggiosi che hanno avuto luogo negli ultimi 20 anni nelle Nazioni Unite, con l'appoggio degli stati che si suppone esprimano la volontà dell'immensa maggioranza degli abitanti del pianeta.             
  
Prima dell'intervento di Bruno, numerose organizzazioni di paesi espressero i loro punti di vista attraverso uno dei suoi membri. Il primo di loro è stata l'Argentina a nome del Gruppo dei 77 più la Cina; di seguito l'Egitto, a nome dei NOAL; Kenya, a nome dell'Unione Africana; Belize, a nome del CARICOM; Kazaquistan, a nome dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica; ed Uruguay, a nome del MERCOSUR.  
  
Con indipendenza di queste espressioni di carattere collettivo, Cina, paese con crescente peso politico ed economico nel mondo, India ed Indonesia appoggiarono fermamente la risoluzione attraverso i loro ambasciatori; tra i tre rappresentano 2 700 milioni di abitanti. Lo hanno fatto anche gli ambasciatori della Federazione Russa, Bielorussia, Sudafrica, Algeria, Venezuela e Messico. Tra i paesi più poveri dei Caraibi ed America Latina, vibrarono le parole solidali dell'ambasciatrice del Belize che parlò a nome della comunità dei Caraibi, San Vicente e le Granatine e Bolivia, i cui argomenti relazionati con la solidarietà del nostro paese, nonostante un bloqueo che dura già da 50 anni, sarà uno stimolo imperituro per i nostri medici, educatori e scientifici.  
  
Il Nicaragua parlò prima della votazione, per spiegare con prodezza perché voterebbe contro questa perfida misura.  

Lo ha fatto anche in precedenza il rappresentante degli Stati Uniti per spiegare una teoria inspiegabile. Sentii pena per lui. È il ruolo che gli assegnarono.   
  
Quando arrivò l'ora della votazione, due paesi si assentarono: Libia e Svezia; tre si astennero: Isole Marshall, Micronesia e Palau; due votarono contro: Stati Uniti ed Israele. Sommati quelli che votarono in contro, si astennero, o si assentarono: Stati Uniti, con 313 milioni di abitanti; Israele, con 7,4 milioni; Svezia, con 9,1 milioni; Libia, con 6,5 milioni; Isole Marshall, con 67100; Micronesia, 106800; Palau, con 20900, sommano 336 milioni 948 mila, equivalente al 4,8% della popolazione mondiale che ha raggiunto già in questo mese 7 mila milioni.  
  
Dopo la votazione, per spiegare i suoi voti, parlò la Polonia a nome dell'Unione Europea che, nonostante la sua alleanza stretta con gli Stati Uniti e la sua obbligata partecipazione nel bloqueo, è contraria a questa criminale misura.  
  
Poi hanno fatto uso della parola, per spiegare con fermezza e decisione perché votarono la risoluzione contro il blocco, 17 paesi.  
  
Proseguirà venerdì 28.  
  
     
Fidel Castro Ruz  
  
26 ottobre 2011  
  
9 e 45 p.m”.
Ig


http://pl-it.prensa-latina.cu//index.php?option=com_content&task=view&id=30403

Il ruolo genocida della NATO (quarta parte)

“Il due marzo, con il titolo “La guerra inevitabile della NATO” avevo scritto:

“A differenza di quello che accade in Egitto e Tunisia, la Libia occupa il primo posto nell’Indice di Sviluppo umano in Africa ed ha la più alta speranza di vita del Continente. L’educazione e la salute ricevono una speciale attenzione dallo Stato. Il livello culturale della sua popolazione è senza dubbi il più alto. I suoi problemi sono di un altro carattere. [...] Il paese necessita di abbondante forza lavoro straniera per realizzare ambiziosi piani di produzione e sviluppo sociale.”

“Disponeva di enormi entrate e riserve in denaro convertibile depositate nelle banche dei paesi ricchi, con le quali acquistavano beni di consumo ed anche armi sofisticate che precisamente le erano fornite dagli stessi paesi che oggi la vogliono invadere in nome dei diritti umani”.

“La colossale campagna di menzogne da parte dei media di massa dell’informazione ha provocato una grande confusione nell’opinione pubblica mondiale. Passerà del tempo prima che si possa ricostruire  quello che è veramente avvenuto in Libia e separare i fatti reali dai falsi che sono stati diffusi”.

“L’impero, come i suoi principali alleati, ha utilizzato i mezzi più sofisticati per divulgare informazioni deformate sugli avvenimenti tra le quali si dovevano dedurre le tracce della verità”.

“L’ imperialismo e la NATO ─seriamente preoccupati per l’ondata rivoluzionaria  scatenata nel mondo arabo, dove si trova gran parte del petrolio che sostiene l’economia di consumo dei paesi sviluppati e ricchi, non potevano non approfittare la presenza del conflitto interno sorto in Libia per promuovere l’intervento militare”.  

“Nonostante il diluvio di menzogne e la confusione creata, gli Stati Uniti non sono riusciti a trascinare la Cina e la Federazione russa all’approvazione, nel Consiglio di Sicurezza, di un intervento militare in Libia, anche se sono riusciti ad ottenere nel Consiglio dei Diritti Umani l’approvazione degli obiettivi che cercavano in quel momento.

Il fatto reale è che la Libia è coinvolta già in guerra civile, come avevamo previsto, e le Nazioni Unite non hanno potuto fare nulla per evitarlo, eccetto che il loro segretario generale gettasse una buona dose di combustibile nel fuoco”.

“Il problema che forse gli attori non immaginavano, è che gli stessi leader della ribellione irrompessero nel complicato tema dichiarando che respingevano ogni intervento militare straniero”. 

“Uno dei capoccia della ribellione, Abdelhafiz Ghoga, aveva dichiarato, il  28  febbraio, in un incontro con i giornalisti: ‘Quello che vogliamo sono informazioni d’intelligenza, ma in nessun caso che si danneggino la nostra sovranità aerea, terrestre e marittima’”.

“L’intransigenza dei responsabili dell’opposizione sulla sovranità nazionale  rifletteva l’opinione manifestata in forma spontanea da molti cittadini libici alla stampa internazionale a Bendasi, ha informato un  dispaccio dell’agenzia AFP lunedì scorso”.  
“In quello stesso giorno una professoressa di Scienze Politiche dell’Universita di Bengasi Abeir Imneina, ―avversaria di Gheddafi― aveva dichiarato:

“In Libia c’è un sentimento nazionale molto forte. Inoltre l’esempio dell’Iraq fa paura all’insieme del mondo arabo, aveva sottolineato, riferendosi all’invasione nordamericana del 2003, che doveva portare la democrazia a questo paese e poi, per contagio, all’insieme della regione, ipotesi totalmente smentita dai fatti.

“Sappiamo quello che è avvenuto in Iraq e che s’incontra in piena instabilità e veramente non desideriamo percorrere lo stesso cammino. Non vogliamo che i nordamericani vengano per dover terminare poi rimpiangendo Gheddafi”, aveva continuato questa esperta.

“Poche ore prima della pubblicazione di quel dispaccio due dei principali organi di stampa degli Stati Uniti, il The New York Times e il The Washington Post, si erano affrettati ad offrire nuove versioni sul tema, come aveva informato l’agenzia DPA il giorno dopo, il 1º marzo: ‘L’opposizione libica potrebbe sollecitare che l’Occidente bombardi dall’aria le posizioni strategiche delle forze fedeli al presidente Muamar al Gadafi, ha informato la stampa statunitense’.”

“Il tema si sta discutendo nel Consiglio Rivoluzionario libico, avevano precisato il ‘The New York Times’ e il ‘The Washington Post’ nelle loro versioni  online.”

“Nel caso in cui le azioni aeree si realizzino nella cornice delle Nazioni Unite, queste non implicheranno interventi internazionali, aveva spiegato il portavoce del Consiglio, citato dal  ‘The New York Times’.”

“Il The Washington Post’ aveva citato ribelli che riconoscevano che senza l’appoggio dell’Occidente, i combattimenti contro le forze leali a Gheddafi potevano durare molto e costare grandi quantità di vite umane.

Immediatamente mi chiedevo in quella Riflessione:

“Perchè l’impegno è presentare i ribelli come membri prominenti della società, reclamando bombardamenti degli Stati Uniti e della NATO per ammazzare i libici?”

“Un giorno si potrà conoscere la verità attraverso persone come la professoressa di Scienze Politiche dell’Università di Bendasi, che con tanta eloquenza aveva narrato la terribile esperienza che ha ucciso, distrutto le case, lasciato senza lavoro o fatto emigrare milioni di persone dall’Iraq”.

“Oggi, mercoledì 2 marzo, l’agenzia EFE ha presentato il noto portavoce ribelle che ha fatto dichiarazioni che a mio giudizio affermano e insieme contraddicono quelle di lunedì : Bendasi, Libia, 2 marzo.  La direzione ribelle libica ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di sferrare un attacco aereo ‘contro i mercenari’ del regime di Muamar el Gheddafi.’”

“ A quale delle tante guerre imperialiste assomigliava questa invasione?”

“Quella della Spagna nel 1936, quella di Mussolini contro l’Etiopia nel 1935, quella di George W. Bush contro l’Iraq nel 2003 od a una qualsiasi  delle decine di guerre promosse dagli Stati Unti contro i popoli d’America, dall’invasione del Messico nel 1846, a quella delle Malvine nel 1982?”

“Senza escludere ovviamente l’invasione mercenaria  di Giron, la guerra sporca  e il bloqueo alla nostra Patria da 50 anni che si compiranno il prossimo 16 aprile”.

“In tutte queste guerre, come in quella del Vietnam, che è costata milioni di vite, hanno imperato le giustificazioni  e le misure più ciniche”.

“Per coloro che avessero dei dubbi sull’inevitabile intervento militare che avverrà in Libia l’agenzia di notizie AP che considero bene informata, è stata la prima a diffondere un dispaccio in cui si affermava che i paesi del Organizzazione del Trattato dell’Atlantico – NATO-  avevano elaborato un piano di contingenza, che prendeva come modello le zone d’esclusione dei voli stabilite sui Balcani nel decennio del 1990, nel caso in cui la comunità internazionale avesse deciso d’imporre un embargo aereo sulla Libia, hanno detto i diplomatici”.  

Qualsiasi persona onesta, capace d’osservare con obiettività i fatti, può apprezzare il pericolo dell’insieme dei fatti cinici e brutali che caratterizzano la politica degli Stati Uniti e spiegano la vergognosa solitudine di questo paese nel dibattito nelle Nazioni Unite sulla ‘Necessità di porre fine al bloqueo economico commerciale e finanziario contro Cuba’.

 Seguo da vicino, nonostante il mio lavoro, i Giochi Panamericani Guadalajara 2011.

Il nostro paese è orgoglioso di questi giovani che sono un esempio per il mondo per il loro disinteresse e lo spirito di solidarietà. Mi complimento con loro calorosamente, perchè nessuno potrà togliere loro l’onore che si sono guadagnati.

Proseguirà domenica 30.


Fidel Castro Ruz 
28 ottobre 2011

7: 14 p.m”.
Ig


=== Ausschnitt auf deutscher Sprache:

Reflexionen von Fidel

DIE NATO IN DER VÖLKERMORD-ROLLE 

Cubadebate (Deutsch)

Jenes brutale Bündnis ist zum verräterischsten Repressionsinstrument geworden, das die Menschengeschichte je kennen gelernt hat.
Die NATO hat diese globale Unterdrückungsrolle übernommen, sobald die UdSSR, die den Vereinigten Staaten zu ihrer Gründung als Vorwand gedient hat, ihre Existenz aufgegeben hatte. Ihre kriminelle Absicht wurde schon in Serbien offensichtlich, einem Land slawischen Ursprungs, dessen Volk im Zweiten Weltkrieg so heroisch gegen die Nazi-Truppen gekämpft hat.
Als die Länder jener unheilvollen Organisation im März 1999, in ihren Bemühungen zur Desintegration von Jugoslawien nach dem Tod von Josip Broz Tito, ihre Truppen zur Unterstützung der Sezessionisten von Kosovo entsandt haben, stießen sie auf starken Widerstand jener Nation, deren erfahrene Streitkräfte intakt waren.
Die Yankee-Regierung griff auf Anraten der rechtsgerichteten spanischen Regierung von José María Aznar die Fernsehsender von Serbien an, die Brücken über die Donau und Belgrad, die Hauptstadt jenes Landes. Die Botschaft der Volksrepublik China wurde durch die Bomben der Yankees zerstört, mehrere der Beamten kamen um, und ein Irrtum – wie von den Autoren behauptetet wurde – war unmöglich gewesen. Zahlreiche serbische Patrioten verloren ihr Leben. Niedergedrückt durch die Macht der Aggressoren und die Auflösung der UdSSR kam Präsident Slobodan Miloševiс den Forderungen der NATO nach und ließ die Anwesenheit von Truppen jenes Bündnisse innerhalb von Kosovo, unter dem Mandat der UNO, zu, was schließlich zu seiner politischen Niederlage geführt hat und seiner Aburteilung vor dem absolut nicht unparteiischen Gerichtshof von Den Haag. Er starb merkwürdigerweise im Gefängnis.  
Wenn die serbische Führungspersönlichkeit einige wenige Tage mehr standgehalten hätte, wäre die NATO in eine schwerwiegende Krise eingetreten, die beinahe ausgebrochen wäre. So verfügte das Imperium über viel mehr Zeit, um den ihm immer mehr untertänigen Mitgliedern jener Organisation seine Hegemonie aufzuzwingen.
In der Zeitspanne vom 21. Februar bis zum 27. April des laufenden Jahres habe ich auf der Website CubaDebate neun Reflexionen zum Thema veröffentlicht, in denen ich umfassend die Rolle der NATO in Libyen bzw. das, was meines Erachtens geschehen würde, behandelt habe.
Deshalb sehe ich mich heute zu einer Zusammenfassung der von mir dargelegten Hauptideen gezwungen, und von den Ereignissen, die so, wie vorausgesehen, geschehen sind, jetzt, wo eine der zentralen Gestalten der Geschichte, d.h. Muammar Al-Gaddafi, durch die modernsten Jagdbomber der NATO schwer verletzt wurde, welche sein Fahrzeug abgefangen und unbrauchbar gemacht haben, noch lebend gefangen genommen und durch die von jener militärischen Organisation bewaffneten Männer ermordet worden ist.
Sein Leichnam ist entführt und als Kriegstrophäe ausgestellt worden, eine Verhaltensweise, die die elementarsten Prinzipien der muslimischen Regeln und anderer, auf der Welt vorherrschender religiöser Glaubensrichtungen verletzt. Es wurde angekündigt, dass Libyen sehr bald zu einem „demokratischen Staat, Verteidiger der Menschenrechte“ erklärt werden wird. (...)

Fidel Castro Ruz
23. Oktober 2011
18:10 Uhr
 
Quelle: Cubadebate - Deutsch
karovier | Oktober 25, 2011 at 10:58 am | Tags: Großer Vaterländischer Krieg | Kategorien: Krieg und Frieden | URL: http://wp.me/p11QnV-4i 
http://karovier.wordpress.com/2011/10/25/reflexionen-von-fidel-die-nato-in-der-volkermord-rolle/


====





E' nata indoona : chiama, videochiama e messaggia Gratis.
Scarica indoona per iPhone, Android e PC