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(the original article, in its entirety:
The US-Al Qaeda Alliance: Bosnia, Kosovo and Now Libya. Washington's On-Going Collusion with Terrorists
By Prof. Peter Dale Scott - Global Research, July 29, 2011Tratto da:
del Prof. Peter Dale Scott
Fonti: Global Research, 29 luglio, 2011
The Asia-Pacific Journal Vol 9, Issue 31 No 1, August 1, 2011
Traduzione di Dario Gregorutti
(...) Bosnia
Gli interventi di Clinton in Bosnia e Kosovo sono stati presentati come umanitari. Ma entrambe le parti avevano commesso atrocità in quei conflitti, e anche Washington, come i media occidentali, ha minimizzato le atrocità musulmane a protezione dei suoi interessi.
La maggior parte degli americani sono consapevoli del fatto che Clinton ha inviato le forze Usa in Bosnia per far rispettare gli accordi di pace di Dayton, dopo aver ben pubblicizzato le atrocità serbe, come il massacro di migliaia di musulmani a Srebrenica. Grazie ad un'azione energica da parte della ditta di pubbliche relazioni Ruder Finn, gli americani hanno sentito molto sul massacro di Srebrenica, ma molto meno sulle decapitazioni e altre atrocità, che l'hanno preceduto, commesse da parte dei musulmani e che hanno contribuito alla vendetta serba.
Una delle principali ragioni per l'attacco serbo a Srebrenica è stato quello di rispondere agli attacchi armati provenienti dai villaggi vicini: "fonti di intelligence hanno detto che queste molestie hanno fatto scattare l'attacco serbo contro i 1.500 difensori dentro l'enclave musulmana." Il generale Philippe Morillon, comandante delle truppe Onu in Bosnia-1992-1993, ha testimoniato all'ICTY (Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia) che le forze musulmane stanziate a Srebrenica "hanno ingaggiato attacchi durante le vacanze ortodosse distruggendo villaggi e massacrando tutti gli abitanti. Questo ha creato un livello di odio straordinario nella regione "
Secondo il Prof. John Schindler:
Tra maggio e dicembre 1992, le forze musulmane hanno ripetutamente attaccato i villaggi serbi intorno a Srebrenica, uccidendo e torturando i civili, alcuni sono stati mutilati e bruciati vivi. Anche gli amministratori per Sarajevo hanno dovuto ammettere che le forze musulmane a Srebrenica ... hanno assassinato oltre 1.300 serbi ... e hanno fatto pulizia etnica in una vasta area.
L'ex ambasciatore statunitense in Croazia Peter Galbraith in seguito ha ammesso in un'intervista che l'amministrazione statunitense era a conoscenza di "piccoli numeri di atrocità" commesse dagli stranieri mujaheddin in Bosnia, ma ha respinto tali atrocità come "nell'insieme delle cose, una questione marginale."
Altre fonti rivelano che Washington ha dato tacita luce verde alla Croazia per l'armamento e l'aumento della presenza musulmana a Srebrenica. Ben presto aerei C-130 Hercules - alcuni dei quali, ma non tutti, iraniani - hanno paracadutato armi ai musulmani, in violazione dell'embargo internazionale che gli Stati Uniti ufficialmente rispettavano. I mujaheddin arrivati erano perlopiù arabo-afghani. Molti dei lanci e alcuni dei mujaheddin erano invece a Tuzla, a 70 chilometri da Srebrenica.
Secondo The Spectator (Londra), il Pentagono usava altri paesi come la Turchia e l'Iran in questo flusso di armi e guerrieri:
Dal 1992 al 1995, il Pentagono ha assistito con il trasporto migliaia di elementi islamici mujaheddin ed altri dall'Asia centrale all'Europa, per farli combattere a fianco dei musulmani bosniaci contro i serbi. .... Come parte della ricerca del governo olandese sul massacro di Srebrenica del luglio 1995, il professor Wiebes Cees dell'Università di Amsterdam ha redatto una relazione dal titolo 'Lo spionaggio e la guerra in Bosnia', pubblicato nell'aprile 2002. In essa egli dettaglia l'alleanza segreta tra il Pentagono e gruppi radicali islamici del Medio Oriente, e gli sforzi fatti per aiutare i musulmani della Bosnia. Nel 1993 c'era una grande quantità di armi di contrabbando attraverso la Croazia per i musulmani, organizzato da agenzie clandestine di Stati Uniti, Turchia e Iran, in associazione con una serie di gruppi islamici che comprendeva mujaheddin afgani ed i filo-iraniani Hezbollah. Armi acquistate da Iran e Turchia, con il sostegno finanziario dell'Arabia Saudita, sono state trasportate dal Medio Oriente in Bosnia - ponti aerei con i quali, puntualizza Wiebes, gli Stati Uniti sono stati 'molto coinvolti' .
Il resoconto dettagliato di Cees Wiebes è basato su anni di ricerche e documenti sia sulle responsabilità americane sia sulle vigorose smentite americane:
Alle 17.45 il 10 febbraio 1995, il capitano norvegese Ivan Moldestad, un pilota d'elicottero del distaccamento norvegese (NorAir), stava sulla porta del suo alloggio temporaneo alle porte di Tuzla. Era buio, e improvvisamente udì il suono delle eliche di un aereo di trasporto che si avvicina, ma era inequivocabilmente un quadri-motore Hercules C-130. Moldestad ha notato che l'Hercules era stato scortato da due caccia, ma non poteva dire con precisione il loro tipo a causa del buio. Ci sono stati altri avvistamenti di quel volo notturno segreto alla Tuzla Air Base (TAB). Anche una sentinella che era di guardia al di fuori dell'unità medica norvegese delle Nazioni Unite a Tuzla ha sentito e visto le luci dell'Hercules e dei caccia a reazione di accompagnamento. Altri osservatori delle Nazioni Unite, facendo uso di attrezzature di visione notturna, hanno visto l'aereo cargo e gli aerei da combattimento in questione. Le relazioni sono state immediatamente trasmesse al Combined Air Operations Center della NATO (CAOC) di Vicenza e il UNPF Deny Flight Cell a Napoli. Quando Moldestad ha telefonato Vicenza, gli dissero che non c'era nulla nell'aria quella notte, e che egli doveva essersi sbagliato. Quando Moldestad insistette, la connessione fu interrotta.
I voli segreti ed i lanci notturni di armi dai C-130 da carico su Tuzla hanno causato grande agitazione all'interno dell' UNPROFOR e nella comunità internazionale nei mesi di febbraio e marzo 1995. Quando è stato chiesto a un generale britannico egli ha risposto con grande certezza alla questione dell'origine delle forniture segrete tramite la TAB (Tuzla Air Base): “Sono stati gli americani a fornire le armi. Non c'è dubbio su questo. E società private americane sono state coinvolte in queste consegne.” Questa non è stata una risposta sorprendente, perché questo generale ha avuto accesso ad informazioni raccolte da un'unità del Servizio British Special Air (SAS) a Tuzla. L'aereo era arrivato nel raggio delle attrezzature speciali di visione notturna di questa unità, e gli inglesi videro l'atterraggio. È stata la conferma che una operazione clandestina americana aveva avuto luogo, nella quale sono state fornite armi, munizioni e apparecchiature di comunicazione militare all'Esercito della Bosnia-Erzegovina (ABiH). Queste operazioni notturne hanno portato molta costernazione in seno all'ONU e alla NATO, e sono state oggetto di innumerevoli congetture.
Wiebes menziona la possibilità che i voli dei C-130, alcuni dei quali si dice siano decollati da una base dell' Air Force USA in Germania, erano in realtà controllatati dalle autorità turche. Ma il coinvolgimento degli Stati Uniti è stato rintracciato tra le elaborate manovre di insabbiamento, per il fatto che i velivoli AWACS degli Stati Uniti o quelli con equipaggio statunitense, che avrebbero dovuto fornire una registrazione dei voli segreti, sono stati ritirati dal servizio nei momenti importanti.
Una sintesi esaustiva della relazione di Wiebes è stata pubblicata sul Guardian:
Il rapporto olandese rivela come il Pentagono ha stretto un'alleanza segreta con i gruppi islamici in un'operazione stile Iran-Contra.
Gli Stati Uniti, i gruppi di intelligence turca e iraniana hanno lavorato con gli islamisti in quello che il rapporto olandese chiama il "condotto della Croazia". Armi acquistate da Iran e Turchia e con il finanziamento dall'Arabia Saudita sono state fatte affluire in Croazia inizialmente dalla compagnia aerea ufficiale iraniana, Iran Air, e successivamente da una flotta “in nero” di velivoli C-130 Hercules.
Nel rapporto si dice che furono trasportati anche combattenti mujaheddin, e che gli Stati Uniti erano "molto coinvolti" nelle operazioni in flagrante violazione dell'embargo. I servizi segreti britannici hanno ottenuto documenti che provano che anche l'Iran ha organizzato consegne di armi dirette in Bosnia.
L'operazione è stata promossa dal Pentagono, piuttosto che dalla CIA, che è stata cauta nell'usare gruppi islamisti come canale per le armi, e nel violare l'embargo. Quando la CIA ha cercato di mettere il proprio personale sul terreno in Bosnia, gli agenti sono stati minacciati dai combattenti mujaheddin e dagli iraniani che li addestravano.
Le Nazioni Unite hanno incaricato l'intelligence americana di monitorare l'embargo, un fatto che ha permesso a Washington di manipolarlo a piacimento.
Nel frattempo il Centro Al-Kifah a Brooklyn, che nel 1980 aveva sostenuto la lotta "arabo-afghana" in Afghanistan, ha rivolto la sua attenzione alla Bosnia.
Il bollettino in lingua inglese di Al-Kifah, Al-Hussam (La Spada), ha cominciato a pubblicare aggiornamenti regolari sulle azioni jihad in Bosnia .... Sotto il controllo degli accoliti di Sheikh Omar Abdel Rahman, il bollettino ha incitato aggressivamente i simpatizzanti musulmani ad aderire alla jihad in Bosnia e in Afghanistan.... La filiale bosniaca di Al-Kifah a Zagabria, in Croazia, ospitata in un moderno edificio a due piani, era evidentemente in stretta comunicazione con il quartier generale dell'organizzazione a New York. Il vice direttore dell'ufficio di Zagabria, Hassan Hakim, ha ammesso di ricevere tutti gli ordini ed i finanziamenti direttamente dall'ufficio principale di Al-Kifah negli Stati Uniti, in Atlantic Avenue, controllato dallo sceicco Omar Abdel Rahman.
Uno degli istruttori di Al-Kifah, Rodney Hampton-El, ha collaborato a questo programma di sostegno al reclutamento guerrieri da basi militari USA come Fort Belvoir, anche addestrandoli nel New Jersey a diventare combattenti. Nel 1995 Hampton-El fu processato e condannato per il suo ruolo (insieme al capo di al-Kifah, lo sceicco Omar Abdel Rahman) nel complotto per far saltare punti nevralgici di New York. Al processo, Hampton-El ha testimoniato come gli furono personalmente dati migliaia di dollari per questo progetto dal principe ereditario saudita Faisal, nell'ambasciata saudita a Washington.
Circa in quel periodo, Ayman Al-Zawahiri, oggi leader di al Qaeda, venne in America per raccogliere fondi nella Silicon Valley, dove fu ospitato da Ali Mohamed, un agente doppiogiochista degli Stati Uniti veterano delle Forze Speciali dell'Esercito degli Stati Uniti, che era stato grande istruttore presso la moschea di Al-Kifah. Quasi certamente la raccolta fondi di Al-Zawahiri è stata a sostegno dei mujaheddin in Bosnia, che secondo a quanto è stato riferito era all'epoca la sua preoccupazione principale. ("L'edizione asiatica del Wall Street Journal ha riportato che, nel 1993, Bin Laden capo di Al-Qaeda aveva nominato lo sceicco Ayman Al-Zawahiri, secondo in comando, a dirigere le sue operazioni nei Balcani").
Il dettagliato rapporto di Wiebes e le nuove notizie basate su di esso, confermano le precedenti accuse mosse nel 1997 da Sir Alfred Sherman, consigliere di Margaret Thatcher e co-fondatore dell'influente istituto di destra e nazionalista Centre for Policy Studies, secondo cui "Gli Stati Uniti hanno incoraggiato e facilitato l'invio di armi ai musulmani attraverso l'Iran e l'Europa dell'Est - un fatto che all'epoca era negato da Washington, di fronte a prove schiaccianti" Questo faceva parte delle sue tesi:
La guerra in Bosnia è stata una guerra americana in tutti i sensi. L'amministrazione americana ne ha aiutato l'avvio, l'ha mantenuta, ed ha impedito che la guerra finisse presto. In effetti tutte le indicazioni sono che intende continuare la guerra in un prossimo futuro, non appena i suoi protetti musulmani saranno armati ed addestrati.
In particolare, Sherman accusa il segretario di Stato Lawrence Eagleburger, di aver istruito, nel 1992, Warren Zimmerman, ambasciatore americano a Belgrado, a convincere il presidente bosniaco Izetbegovic a rinnegare il suo accordo per preservare l'unione bosniaco-croata-serba, e invece accettare aiuti americani per l'indipendenza dello stato bosniaco.
lo trovate alla pagina:
http://it.calameo.com/read/00104163399165ba0304f
Indice:
Pag. 1/2 - Editoriale : Il golpe della BCE
Pag. 3 - Governo Monti e Banche
Pag. 4 - I Sindaci e la Crisi
Pag. 5 - II^ Assemblea Nazionale Comitato "No Debito"
Pag. 6 - Le Bugie dell'Ex Ministro dell'Istruzione
Pag. 7 - 40 Numero Magico
- A Rischio Chiusura 1100 Istituzioni Scolastiche
Pag. 8 - Strategia della Tensione
Pag. 9 - Caporalato in Fincantieri Monfalcone!
Pag. 10 - Congressi Prc
Pag. 11 - Colata di Cemento a S.Canzian
Pag. 12 - Lingue Locali e Democrazia
Pag. 13 - La Carnia ad Una Svolta Epocale
Pag. 14 - Reportage dal Forum Contro le Grandi Opere II^parte
Pag. 15 - L'Alleanza tra USA e Al Qaeda in Bosnia
Pag. 16/17 - Libia: Delenda Carthago
Pag. 18/19 - La Sinista e l'Intervento in Libia
Pag. 20 - Occupy U.S.A.
Pag. 21 - Recensioni Kappavu
Pag. 22 - Recensioni film: Faust
- Link Utili
Pag. 24 - Appello per il Proporzionale
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P. Sta su pokazali jucerasnji, 5. decembra, izbori u Hrvatskoj?
O. Izbori u Hrvatskoj su pokazali ono što se dalo naslutiti u vremenu koje im je prethodilo. Veliko nezadovoljstvo gradjana, na način kako je dosadašnja garnitura na vlasti vodila zemlju, dovelo je do oštre polarizacije birackog tijela , na frustriranu većinu koja je na svaki način tražila poraz HDZ-a i priklonila se koaliciji tzv. ljevog centra i na manjinu koja je ostala vijerna destruktivnom HDZ-u.
Za ostale je tu bilo malo prostora. Osim spomenuta dva pola uspjeh je postigla i lokalna stranka ekstremnih nacionalista ciji osnivac i predsjednik Branimir Glavaš izdržava višegodišnju zatvorsku kaznu zbog pocinjenih ratnih zločina prema civilima.
Nije mi poznato da igdje u svijetu izbornu kampanju vode pravomocno osudjeni ratni zlocinci.
Zatim valja istaknuti i uspijeh stranke imenom Laburisti, koja se ne odrice kapitalizma. Ocito da su glasači pokušali u njima vidit ono što oni nisu.
P. Kako je prošao SRP, jedina stranka autentičke ljevice.
O. SRP, kao stranka autentičke ljevice, opterećena je sa dva hendikepa. Kao jedina stranka u Hrvatskoj, koja se zalaže za ukidanje kapitalizma i za uvodjenje socijalizma, je po toj osnovi u potpunosti ignorirana od strane pisanih i elektroničkih medija, permanentno. Ono malo medijskog prostora kojeg smo na osnovi cenzusa dobili u kampanji nije bilo dovoljno, za snažnije prepoznavanje od strane birača.
Drugo je kronicni nedostatak materijalnih sredstava, Primjera radi dvije vodeče stranke u izborima HDZ i koalicija tzv. ljevog centra su prvog dana kampanje, koja je trajala dva tijedna, potrošile svaka po 140.000 eura, dok smo mi u cijeloj kampanji potrošili cca 5000 eura. Pa smo i pored toga odradili kampanju bolje nego dosada, ali stereotip o potrebi davanja glasa favoritima prevagnuo je kod glasača.
P. Što bi trebalo poduzet da se to promijeni.
O. Mogu reci da je SRP jedina stranka autenticne ljevice koja se pojavljuje na prostorima bivse Jugoslavije, neprekidno na svim politickim i administrativnim izborima.
Za stranke poput naše, koje žive i rade u uvjetima žestoke stigmatizacije iluzorno je očekivati veći uspijeh u situaciji potpunog izostanka me?unarodne solidarne pomoći, koja je bila itekako prisutna u vrijeme postojanja socijalističkog bloka u Evropi. Snažne komunističke i radničke partije u svijetu morat i će prestati okretati glavu od tog problema i odrediti se dali je i u njihovom interesu da subjekti nosioci socijalističke ideje i dalje slabe, umjesto da jačaju.
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Intervista a Vladimir Kapuralin, Pola 6 dicembre
D. Vlado, cosa hanno dimostrato le elezioni di ieri, 5 dicembre?
R. Le ultime elezioni in Croazia hanno dimostrato quello che già ci si poteva aspettare. Il grande scontento dei cittadini su come i governanti hanno condotto il paese finora ha provocato una polarizzazione dell'elettorato, con la frustrazione della maggioranza, che in tutti i modi cercava di abbattere l' HDZ e che si è rivolta alla coalizione del cosiddetto centrosinistra, e la minoranza rimasta fedele al distruttivo HDZ.
Per gli altri è rimasto ben poco spazio. Oltre ai due Poli, un certo successo lo ha ottenuto il partito locale del nazionalismo estremo il cui fondatore Branislav Glavas si trova detenuto in carcere con una pena pluriennale, accusato per i crimini commessi contro i civili durante la guerra civile.
Non mi risulta che in nessuno Stato al mondo un condannato per i crimini commessi possa condurre una campagna elettorale. Poi bisogna ricordare il successo dei Laburisti, i quali non rinunciano al capitalismo. E' evidente che gli elettori hanno cercato di trovare in essi quello che loro non sono.
D. Come è andata per il SRP (Partito Socialista dei Lavoratori), unico partito di autentica sinistra?
O. Il SRP, quale autentico partito di sinistra, è stato gravato da due handicap. Il primo: è l' unico partito in Croazia che si batte per l'abolizione del capitalismo e l'avvio del socialismo, ed è per questo che è stato ignorato permanentamente dai media sia cartacei che elettronici. Quel poco spazio consentitoci in base alla percentuale acquisita durante la campagna elettorale non è stato sufficiente per un più forte riconoscimento da parte degli elettori.
Il secondo handicap è la mancanza cronica di fondi. Per esempio, i due maggiori partiti alle elezioni - l' HDZ e la coalizione di Sinistra - il primo giorno della campagna elettorale, durata per 2 settimane, hanno speso ciascuno 140.000 euro, mentre noi circa 5000 euro in tutta la campagna elettorale.
Malgrado ciò abbiamo fatto un lavoro migliore rispetto agli anni passati - con volantinaggi ecc. Ma lo stereotipo della necessità di dare i voti ai favoriti per abbattere l' HDZ ha prevalso presso gli elettori.
D. Che si dovrebbe fare per cambiare questo?
R. Hm, non abbattersi! Bisogna andare avanti! Per i partiti come il nostro, che vivono e lavorano in condizione fortemente svantaggiate è illusorio attendersi un maggiore successo senza un aiuto solidale internazionale, quale era fortemente praticato nel periodo del campo socialista europeo.
I più forti partiti comunisti e operai di tutto il mondo dovranno smettere di distogliere lo sguardo da questo problema e decidere se è anche loro interesse che questi soggetti e portatori dell' idea socialista si indeboliscano ulteriormente, invece di rafforzarsi.
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Al vertice UE del 7-8 dicembre 2011 la Croazia ha firmato ufficialmente per diventare membro della UE: nessuna condizione è stata posta in merito ai diritti delle centinaia di migliaia di Serbi cacciati dalle loro case, né su quelli che sono tuttora desaparecidos.
Allo stesso vertice UE alla Serbia è stato negato di nuovo lo status di candidato: la nuova condizione posta (dopo quelle sulla cattura dei "criminali di guerra") è che la Serbia riconosca ufficialmente la secessione etnica della provincia del Kosovo-Metohija.
http://www.beoforum.rs/komentari-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/275-zivadin-jovanovic-potez-brisela-pokazuje-da-srbiju-tretiraju-kao-poseban-slucaj.html
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Parlamento UE vota sì a ingresso Croazia
La Croazia sarà il ventottesimo Stato membro dell’Ue: a dare il via libera finale è stato il Parlamento europeo oggi a Bruxelles, con un voto a larga maggioranza. Gli eurodeputati hanno poi rivolto un lungo applauso al presidente del Parlamento croato, Luka Bebic, presente nell’aula della plenaria. La prossima tappa del processo è la firma del trattato, fissata il 7 dicembre prossimo, a cui seguiranno le ratifiche da parte degli Stati membri dell’Ue e l’ingresso ufficiale di Zagabria, previsto il primo luglio del 2013. A sottolineare l’importanza del voto di oggi è stato il presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, aprendo i lavori dell’assemblea. «Durante questo viaggio verso l’adesione - ha detto Buzek - il nostro dialogo con il Parlamento croato è stato un motore importante delle riforme». «Non vediamo l’ora - ha aggiunto il presidente dell’Europarlamento - di salutare i parlamentari croati, prima come osservatori e poi come membri a pieno titolo» della stessa assemblea.
«Questo voto non è solo un segnale per la Croazia, ma per il futuro dell’Ue»’ ha detto l’eurodeputato socialdemocratico Hannes Swoboda, relatore della proposta di risoluzione, chiedendo una forte maggioranza alla vigilia del voto.
Gli eurodeputati seguiranno il monitoraggio pre-adesione della Commissione Ue e nella risoluzione invitano Zagabria ad affrontare importanti sfide, fra le quali la lotta contro il crimine organizzato, l’aumento degli sforzi sul fronte dei crimini di guerra e le riforme economiche strutturali.
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Inviato da: "momotombo @ libero.it" - Mar 8 Nov 2011 6:31 pm
Continuano praticamente indisturbati veri e propri pogrom contro i "neri" in Libia (siano essi libici o immigrati da altri paesi africani). I taglia-gole di Al Cia-ida agiscono indisturbati sotto la super-visione dei loro nuovi padroni coloniali e nel silenzio dei loro sostenitori "indignados" nostrani: intellettuali, giornalisti, gruppuscoli della galassia trotzkista, la cosìdetta "società civile" dell'alternativa Vendoliana/disobbediente. Qualcuno aveva definito questi taglia-gole "rivoluzionari" e perfino fatto paragoni con la Comune di Parigi. Uno dei motivi del linciaggio mediatico e fisico di Gheddafi è stata la sua amicizia nei confronti dei "neri" africani e la volontà irrinunciabile per difendere i diritti della donna in Libia. Che aspettano ora i nostri democratici a organizzare un bel convegno sui diritti a Tripoli?
par Bahar Kimyongur
di Stephen Gowans
http://www.youtube.com/watch?v=BpG1xgWxjwQ
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=TAQpv_EEjUc
Comment le mouvement anti-guerre a-t-il laissé faire ? Comment des militants avertis en sont-ils parvenus à gober tout ce que Sarkozy, TF1, Le Monde, France 24 et le Figaro leur balançaient sur Kadhafi ? Comment se peut-il que des êtres doués d’une conscience et d’une intelligence aigues n’aient pas tiré les leçons de la tragédie afghane ou irakienne qui se déroule encore sous leurs yeux ? Comment l’extrême gauche européenne en a pu arriver à applaudir la coalition militaire la plus prédatrice du monde ? Comment se fait-il que le lynchage d’un chef d’Etat tiers-mondiste, torturé à coups de pieds, de poings et de crosses de fusil, sodomisé avec un tournevis, le supplice d’un grand-père de 69 ans qui a vu quasi toute sa famille anéantie, bébés compris, ait réuni dans une même chorale les « Allah ou Akbar » de djihadistes voyous, les « Mazel Tov » du philosophe légionnaire franco-israélien Bernard-Henri Lévy, les tchin-tchin des Messieurs de l’OTAN, l’explosion de joie cynique d’Hillary Clinton diffusée sur la chaîne CBS et les hourras des pacifistes européens ?
On se rappellera que pour empêcher l’invasion de l’Irak dont le régime était bien plus despotique que celui de Mouammar Kadhafi, nous étions parfois dix millions à travers le monde. De Djakarta à New York, d’Istanbul à Madrid, de Caracas à New Delhi, de Londres à Pretoria, nous avons mis notre hostilité envers la dictature baathiste en sourdine pour arrêter l’acte le plus irréparable, le plus destructeur, le plus lâche, le plus terroriste et le plus barbare qui soit, à savoir la guerre.
En dehors des nombreuses manifestations de soutien à la Jamahiriya libyenne organisées sur le continent africain et dans une moindre mesure en Amérique latine et en Asie, la solidarité avec le peuple libyen, a été quasi inexistante. Ce peuple composé d’une myriade de tribus, de coutumes et de visages, ce peuple qui a commis le crime d’aimer son dirigeant et dictateur, d’appartenir au mauvais camp, à la mauvaise tribu, à la mauvaise région ou au mauvais quartier, n’a eu droit à aucune compassion. Les médias aux ordres ont ignoré l’existence de ce peuple qui, le 1er juillet encore, était un million dans les rues de Tripoli à défendre sa souveraineté nationale, sa révolution authentique et ce, au nez et à la barbe des chasseurs bombardiers de l’OTAN. Au même moment, un autre peuple, quasi identique à celui de Tripoli, un peuple tout aussi innocent qui pourtant n’a jamais mobilisé plus de quelques dizaines de milliers de manifestants même avec l’appui massif des commandos qataris [1], des propagandistes du djihad venus d’Egypte, de Syrie ou de Jordanie [2], même avec les techniques de cadrage trompeuses des caméras d’Al Jazeera amplifiant l'effet de foule, fut désigné « peuple à lui tout seul ». Ce peuple-là bénéficia de toutes les faveurs et de toutes les attentions. De toutes les armes et de toute l’impunité aussi. L’humanisme paternaliste et intéressé de l’OTAN à l’égard de ce pauvre peuple a ému nos gauchistes au point de leur faire dire : « Pour une fois, l’OTAN avait raison d’intervenir ».
Sans doute que le mirage des bouleversements sociaux que l’on appelle abusivement « printemps arabe » a contribué à brouiller les pistes, sans doute que la volte-face (coïncidant avec la démission de nombreux journalistes indépendants) des chaînes satellitaires arabes comme Al Jazeera qui sont désormais le joujou des pétromonarchies du Golfe et des stratèges américains ont semé la confusion, sans doute que la propagande de guerre était cette fois mieux préparée, sans doute que les rodomontades de Mouammar Kadhafi et de son fils Saïf Al Islam sciemment mal traduites par les agences de presse internationales ont aidé la propagande occidentale à rendre ces hommes détestables. Tout cela ne peut cependant expliquer l’incroyable silence approbateur des mouvements alternatifs européens prônant le changement social.
Défendre le faible contre le puissant
Depuis l’aube de l’humanité, s’il est une vertu qui a toujours élevé l’homme, c’est le sens de la justice. Quand la justice vient à manquer, parfois, les hommes sont pris d’une soif inextinguible et se battent pour elle au prix de leur vie. Dans l’histoire, divers courants philosophiques et mouvements sociaux ont un jour pris fait et cause pour la justice.
De nos jours et dans nos contrées, les femmes et les hommes qui brûlent pour Dame Thémis se disent souvent de gauche. Ils ont fait de la défense du faible contre le puissant leur combat, parfois leur raison d’être. Ils rejettent catégoriquement la loi du plus fort. Scrutant l’histoire, ces amoureux de la justice se placent quasi par réflexe du côté des Spartiates face aux troupes perses du roi Xerxès, du côté des Gaulois ou des Daces face aux légions romaines, du côté des Aztèques ou des Incas face aux Conquistadores de Pizarro ou de Cortes ou encore du côté des Cheyennes face à la cavalerie étasunienne du colonel Chivington ou du général Custer [3]. Le Juste n’est pas dupe. Il sait que c’est au nom de nobles causes comme la civilisation, la modernité ou les droits de l’homme que le colonisateur a réduit les « Barbares » en esclavage et exterminé près de 80 millions d’Indiens d’Amérique. Il sait aussi qu’en défendant le droit à la vie des Amérindiens par exemple, il cautionne indirectement des sociétés qui menaient des luttes fratricides ou des guerres d’annexion, qui pratiquaient le sacrifice humain ou le scalp. Le Juste est conscient que si l’on s’oppose à la guerre en Irak, on reconnaît implicitement la souveraineté nationale de l’Irak et donc, le maintien au pouvoir du régime de Saddam Hussein. Ce paradoxe n'a pas empêché le Juste de s'indigner du traitement réservé par le régime baathiste irakien ou par la Jamahiriya libyenne à leurs opposants. Il a légitimement dénoncé les abus de pouvoir de certains privilégiés du système Kadhafi, à commencer par le Guide lui-même, sa famille et son clan, les tortures et les exécutions sommaires perpétrées par les services de sécurité libyens, les opérations de séduction que le régime a lancées vers les puissances impérialistes dont il a graissé la patte des chefs d’Etat. Mais lorsque les opposants libyens se sont compromis aux pires ennemis de l’humanité, lorsqu’ils sont devenus de vulgaires agents de l’Empire et se sont à leur tour livrés à des actes de barbarie notamment contre les loyalistes, leurs familles, les Libyens noirs et les émigrés subsahariens, nos Justes n’ont pas bronché. Ils n’ont pas dénoncé l’imposture. Ils auraient pu dire : « plutôt que de faire la guerre en Libye, sauvons la Corne de l’Afrique sacrifiée par les marchés financiers ». En détruisant le pays le plus prospère et le plus solidaire d’Afrique pendant que la Corne de l’Afrique agonisait par la famine et la sécheresse, l’Empire nous a offert une occasion unique de lui porter un coup en pleine figure. Mais au lieu de rappeler cette cruelle réalité aussi intelligible et concrète qu’un slogan de lutte, nos Justes se sont terrés dans leur silence, se contentant de rabâcher les mêmes vieux clichés sur le régime libyen pour se donner bonne conscience et justifier leur couardise.
Pourtant, le Juste ne se tait jamais avec les lâches comme il ne hurle jamais avec les loups. Il ne renvoie jamais dos à dos le petit et le grand tyran. Non pas qu’il apprécie le petit tyran mais il estime que dans un monde où le Léviathan atlantiste est caractérisé par une voracité, une violence et une félonie sans égal, il est indigne de s’allier à lui pour écraser le petit tyran, en l’occurrence Kadhafi.
Si la résistance anti-régime qui s’est déclarée en Cyrénaïque, fief des monarchistes, des salafistes et autres agents pro-occidentaux, avait repris à son compte le moindre slogan anti-impérialiste, si elle avait été un tant soi peu patriotique, progressiste, intègre, conséquente et organisée, dès lors, la question de soutenir celle-ci ne se serait pas posée étant donné qu’avec un tel programme et un tel profil, à défaut de pouvoir la corrompre, l’OTAN aurait au moins tenté de soutenir le camp adverse, à savoir celui de Kadhafi. Or, dès le début de l’insurrection, il paraissait évident que la présence en son sein de quelques intellectuels et cyber-dissidents potiches bénéficiant d’un appui médiatique exceptionnel (alors que visiblement ils ne représentaient qu’eux-mêmes et leurs protecteurs occidentaux) ne faisait pas d’elle un mouvement démocratique et révolutionnaire.
Par conséquent, en Libye, le Juste devait défendre Kadhafi malgré Kadhafi. Il devait le défendre non pas par sympathie pour son idéologie ou ses pratiques mais par réalisme. Parce que malgré certains aspects douteux de ses manœuvres diplomatiques et de son mode de gouvernance, pour la Libye, l’Afrique et le Tiers-monde, Kadhafi représentait avec ses investissements économiques, ses programmes sociaux, son système laïc, ses tentatives (certes ratées) d’instauration d’une démocratie directe garantie par la Charte verte de 1988, sa politique monétaire bravant la dictature du franc CFA et finalement, ses forces armées, la seule alternative réelle et concrète à la domination coloniale à défaut d’avoir mieux dans une région dominée par des courants obscurantistes et serviles.
La niaiserie des « ni-ni »
Ni l’OTAN ni Slobodan. Ni Sam ni Saddam. Ni les USA, ni les Talibans. A chaque guerre, ils nous servent la même recette. Face à un prédateur comme jamais l’humanité n’en a connu auparavant qui désormais maîtrise terre, mer et ciel, un ennemi sans foi ni loi qui s’est juré de mettre l’humanité à genoux et de faire régner le siècle américain, leur devise est un vibrant « ni-ni ». Alors que le pot de fer a atomisé le pot de terre, tout ce qu’ils trouvent à dire, c’est un simple « ni-ni ». Cette posture d’apparence innocente a pour seul effet de décourager et de démobiliser les forces démocratiques et pacifistes. Elle offre donc un chèque en blanc aux forces qui dirigent les opérations de conquête de la Libye.
Parmi les « ni-ni », certains intellectuels se réclamant du trotskisme comme Gilbert Achcar ont hélas applaudi la guerre de conquête de l’OTAN [4]. D’autres comme le Nouveau Parti anticapitaliste (NPA) ont adopté une posture schizophrénique, oscillant entre critique « protocolaire » de l’OTAN (faut quand-même pas qu’on passe pour des pro-impérialistes tout de même) et approbation de sa mission d’élimination de Kadhafi [5]. D’autres militants proche de la même mouvance [6], ont été jusqu’à lancer des appels à l’armement des mercenaires djihadistes à la solde de l’OTAN, ces mêmes fanatiques qui veulent en découdre avec le nationalisme de Kadhafi considéré comme une menace à leur projet panislamique, qui brûlent son Livre vert taxé d’ « œuvre perverse », « communiste et athée » destinée à « remplacer le Coran ». D’après certains membres d’une 4e Internationale aussi hypothétique qu’inoffensive, le CNT serait malgré tout une « force révolutionnaire ». Peu importe que le CNT soit composé de tortionnaires anciennement kadhafistes, de maffieux et d’islamistes équarrisseurs de « mécréants laïcs », peu importe que le CNT soit nostalgique du fascisme et du colonialisme italien [7] et veuille offrir la Libye aux Empires sur un plateau d’argent, peu importe que le CNT soit financé et armé par la CIA, les commandos SAS britanniques, les royaumes du Qatar et d’Arabie saoudite et même par le président soudanais Omar El-Béchir lui-même poursuivi par la CPI pour crimes contre l’humanité, peu importe que l’OTAN commette des crimes contre la population civile libyenne, nos amis trotskistes ont tranché : le CNT, c’est l’avant-garde révolutionnaire... Nostalgiques de la guerre d’Espagne comme toujours, certains d’entre eux me disaient qu’il fallait offrir aux rebelles libyens de nouvelles brigades internationales. Sans doute se sont-ils réjoui que le matamore des beaux salons grand amateur de tirades antifranquistes, le bien nommé BHL les ait écoutés. Brandissant le glaive de la liberté qui reflète sa sainte image et la bannière frappée de l’invincible rose des vents, le Durruti milliardaire a dérouté les troupes de Kadhafi en bombant son torse glabre. Il est entré dans Tripoli sans se presser à la tête de sa Brigade internationale, à cheval sur un missile Tomahawk…
N’est-il pas piètrement ridicule pour des gauchistes qui n’ont jamais touché à une arme de leur vie et qui crachent sur toutes les guérillas marxistes du monde parce qu’elles seraient staliniennes, de faire campagne pour l’acheminement d’armes fabriquées à l’usine d’armement belge, la FN de Herstal, à destination de mercenaires indigènes à la solde des nos élites ? Camarades trotskistes, dites-nous donc combien d’armes vous avez fait parvenir à « vos » libérateurs ? Combien de brigadistes avez-vous envoyé sur le champ de bataille ? Combien de porteurs de valises avez-vous recrutés ? Honnêtement, qui des barbus supplétifs de l’OTAN ou des combattants enrôlés dans l’armée de Kadhafi sous la bannière du panafricanisme ressemblent plus aux Brigades internationales ? Comment un tel aveuglement, un tel pourrissement idéologique et moral a pu se produire parmi des forces qui se disent radicales et progressistes ?
Après nous avoir sidéré et parfois écœuré par ses frasques, son orgueil et ses excentricités, Mouammar Kadhafi aura à la fin de sa vie au moins eu le mérite de renouer avec son passé révolutionnaire. Au moment le plus critique de son existence, il a résisté à l’OTAN. Il est resté dans son pays en sachant que l’issue du combat lui serait fatale. Il a vu ses enfants et petits-enfants se faire massacrer et pourtant, il n’a trahi ni ses convictions ni son peuple. Peut-on en espérer de voir un jour le tiers du quart de la bravoure, de l’humilité et de la sincérité de Kadhafi parmi nos camarades de l’extrême-gauche européenne dans leur lutte contre l’ennemi commun de l’humanité ?
Bahar Kimyongür
Le 4 décembre 2011
Notes
[1] De l’aveu même du général Hamad ben Ali al-Attiya, chef d’état-major qatari. Source : Libération, 26 octobre 2011
[2] Des rebelles « libyens » parlant des dialectes issus de différents pays arabes étaient régulièrement montrés sur les chaînes satellitaires arabes.
[3] Dans tous ces cas, des tribus en lutte avec leurs frères ennemis ont fait appel ou se sont alliées aux envahisseurs. L’alliance OTAN/CNT libyen n’est que l’ultime épisode de la longue histoire des guerres de conquête appuyées par des populations indigènes.
[4] Interview de Gilbert Achcar réalisée par Tom Mills du site britannique New Left Project, 26 août 2011. Version française de l’interview disponible sur le sitewww.alencontre.org
[5] Communiqués NPA des 21 août et 21 octobre 2011.
[6] Ligue internationale des travailleurs – Quatrième Internationale (4e Internationale), Parti ouvrier argentin…
[7] Le 8 octobre 2011, le président du Conseil national de transition libyen (CNT) Mustafa Abdel Jalil a célébré le centenaire de la colonisation de la Libye par l’Italie aux côtés du ministre italien de la défense, Ignazio de la Russa, issu du Mouvement social italien (MSI), un parti néofasciste. Cette période de déportations, d’exécutions et de pillages fut d’après Abdel Jalil une « ère de développement ». Source : Manlio Dinucci, Il Manifesto, 11 octobre 2011
Source : michelcollon.info
Libia: Imperialismo e la Sinistra
di Stephen Gowans
Stephen Gowans è uno scrittore e attivista politico che vive ad Ottawa, Canada. I suoi articoli di fondo sono apparsi con regolarità su Canadian Content ed è un collaboratore assiduo di Media Monitors Network.
In passato, Gowans gestiva direttamente un proprio sito web, What’s Left in Suburbia?. Attualmente, dal febbraio 2007, Gowans ha messo in diffusione il suo lavoro su un blog dal titolo What's Left.
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
per concessione di what's left
fonte: http://gowans.wordpress.com/2011/08/28/libya-imperialism-and-the-left/
data dell’articolo originale: 28/08/2011
URL dell’articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=6099
Mentre nelle analisi sugli interventi imperialisti viene spesso indagato il carattere di classe dei regimi sotto assedio delle potenze occidentali, ed è spesso invocato per giustificarli, questo non spiega i veri motivi per cui le potenze imperialiste capitaliste intervengono, nemmeno si pone come giustificazione per le loro azioni.
La considerazione relativa alla spiegazione del perché gli interventi si verificano non risiede nell’orientamento politico del governo sotto assedio, nemmeno interessa le relazioni con i suoi cittadini, ma attiene agli interessi della classe dominante, di ricavare profitto nei paesi oggetto dell’intervento.
Questi, fanno buona accoglienza agli investimenti stranieri, permettono il rimpatrio dei profitti, esigono poco in termini di imposta sul reddito delle società, aprono i loro mercati, e mettono a disposizione abbondanti forniture di manodopera a basso costo e materie prime?
Oppure, impongono alte tariffe sulle importazioni, sovvenzionano la produzione nazionale, consentono le attività di imprese di proprietà statale (limitando le opportunità per le imprese straniere di proprietà privata), costringono gli investitori a trattare con partner locali, e insistono sul fatto che i lavoratori siano protetti da salari di disperazione e da condizioni di lavoro intollerabili?
Per quanto si potrebbe supporre che gli interventi imperialisti abbiano come obiettivo solo governi che operano in favore della classe operaia e contadina, questo non è il caso.
Anche regimi che promuovono gli interessi della loro borghesia nazionale, negando o limitando nel proprio paese gli interessi a scopo di lucro della classe dominante di altri paesi, sono regolarmente presi di mira per un cambio di regime, soprattutto se sono deboli militarmente o presentano sistemi politici pluralisti che offrono spazio alla destabilizzazione e ad interferenze politiche.
Per i paesi imperialisti, gli effetti prodotti da un regime locale contano nella stessa maniera: ad esempio, considerando l’espropriazione di una compagnia petrolifera di proprietà privata straniera, non importa se questa compagnia venga consegnata ad uomini d’affari locali, allo Stato, o agli impiegati della società; per i paesi imperialisti è una questione di suprema indifferenza che l’espropriazione avvenga per mano di comunisti, socialisti o nazionalisti radicali.
Che voi siate ispirati da Marx e Lenin, dal socialismo del 21 ° secolo, o dalle politiche capitaliste già messe in atto dagli Stati Uniti, Germania e Giappone a sfidare il monopolio industriale della Gran Bretagna, se state andando a mettere i bastoni fra le ruote del carro delle opportunità di fare profitti da parte di una classe capitalista di un paese imperialista, per voi saranno pasticci!
Gheddafi è stato demonizzato dal Dipartimento di Stato degli USA per le sue “politiche sempre più nazionaliste nel settore energetico”, e per aver cercato di “libianizzare” l’economia. (1)
Ha “dimostrato di essere un partner problematico per le compagnie petrolifere internazionali, spesso aumentando tasse e balzelli, e sottoponendole a continue richieste.” (2)
E la sua politica commerciale e gli investimenti esteri tutti in favore della Libia avevano creato irritazione alle banche, alle compagnie e ai grandi investitori dell’Occidente nella loro continua ricerca di cogliere le opportunità di lucrosi profitti in tutto il mondo.
Hanno la stessa probabilità di essere bersaglio di disegni imperialisti anche i rivali capitalisti, che competono per l’accesso alle opportunità di investimento e commerciali nei paesi del terzo mondo. Anche loro possono diventare gli oggetti di destabilizzazione, di guerra economica, e di accerchiamento militare.
Ciò è evidenziato da uno dei ruoli della NATO: contendere sfere di sfruttamento.
Il segretario generale dell’organizzazione Anders Fogh Rasmussen, nello spiegare perché i paesi della NATO devono spendere di più per le loro forze armate, sottolineava che: “Se non siete in grado di schierare truppe oltre i vostri confini, allora non vi sarà possibile esercitare un’influenza a livello internazionale, e quindi questo vuoto sarà riempito da potenze emergenti che non necessariamente condividono i vostri valori e il vostro modo di pensare.” (3)
Da questo si può trarre la conclusione significativa che quando si tratta di Africa e Medio Oriente, che sono probabilmente le aree del mondo a cui Rasmussen allude, la ragion d’essere dell’Alleanza è quella di sostenere il gioco dei Nord-americani e degli Europei occidentali, di escludere i Russi, i Cinesi e i Brasiliani, e di mantenere sottomessi i nativi .
Ma comunque lo si interpreti, è chiaro che il segretario generale dell’Alleanza non vuole intendere che la NATO deve essere solo un’organizzazione di mutua difesa, ma uno strumento che deve essere utilizzato dai paesi sviluppati per competere con quelli emergenti.
L’interesse e la preoccupazione per la legittimità degli interventi dei paesi della NATO, pur in riferimento al carattere di classe dei governi presi di mira, non coglie il punto. Non è il carattere di classe di un regime, né il modo in cui vengono trattati i suoi cittadini, che spiegano le ragioni per un intervento contro di esso, ma il carattere di classe dei paesi che intervengono. Questo dunque illumina se l’intervento sia legittimo o meno!
I principali paesi della NATO sono tutte società incontestabilmente di classe, in cui grandi compagnie, banche e investitori ultra-ricchi esercitano una influenza gigantesca sulle loro società.
I loro rappresentanti e i loro leali servitori occupano posizioni chiave dello Stato, anche e soprattutto quelle che determinano gli affari militari e stranieri, e i ricchi sistemi societari hanno accesso a risorse che permettono loro di esercitare pressioni sui governi, molto più energicamente di quello che possa esercitare qualsiasi altra classe o gruppo di interesse.
Di conseguenza, la politica estera di questi paesi riflette gli interessi della classe che domina questi paesi. Sarebbe oltremodo strano se non fosse così.
Comunque, le ansietà di fare profitti non si dissolvono quando amministratori delegati delle corporation, giuristi societari e banchieri vengono assegnati a posti statali chiave per la politica estera, e nemmeno quando costoro elaborano le raccomandazioni di politica estera per i governi nell’ambito di organizzazioni delegate a costruire consenso élitario, come il Council on Foreign Relations; o quando esercitano pressioni in favore di presidenti, primi ministri e segretari e ministri di gabinetto. [Il Council on Foreign Relations (Consiglio sulle relazioni estere) è un’associazione privata statunitense, composta soprattutto da uomini d’affari e leader politici che studiano i problemi globali e giocano un ruolo chiave nella definizione della politica estera degli Usa.]
Evidentemente sono necessari interventi diretti!
Dunque, per questo motivo, gli interventi degli Stati Uniti e della NATO, spacciati come umanitari per ovvie ragioni di pubbliche relazioni, in buona sostanza sono pratiche per proteggere e promuovere gli interessi della classe che domina la politica estera. Questo risulta abbastanza chiaro dalle pagine economiche dei principali quotidiani.
Nei giorni scorsi, la sezione “affari e finanza” del New York Times annunciava che “Ha inizio la corsa per accedere alle ricchezze petrolifere della Libia.”
Eric Reguly, editorialista economico per The Globe& Mail, il giornale dell’élite finanziaria del Canada, riecheggiava la questione:
“I più importanti protagonisti dell’industria petrolifera, nel frattempo, stanno sbavando per reclamare le loro vecchie concessioni e per nuove ruberie, tanto più in quanto la loro produzione di petrolio è in declino. I grandi bacini petroliferi di Ghadames e Sirte, in gran parte off-limits per le compagnie petrolifere straniere da quando il colonnello Gheddafi è salito al potere 42 anni fa, sono particolarmente attraenti. E così sono i giacimenti petroliferi della Libia in mare aperto.
Chi otterrà il premio? Il Consiglio nazionale di transizione ha già detto che premierà quei paesi che hanno bombardato le forze del colonnello Gheddafi.
‘Non abbiamo problemi con i paesi occidentali e con le compagnie italiane, francesi e britanniche,”così la Reuters ha riportato le dichiarazioni di Abdeljalil Mayouf, un portavoce della compagnia petrolifera ribelle Agogco, sottolineando che ‘Invece, possiamo avere alcuni problemi politici con la Russia, la Cina e il Brasile.’”
L’editoriale di Reguly si sviluppava secondo il titolo “Hanno bombardato e quindi mieteranno.”
Per altro, queste nazioni raccoglieranno i frutti anche in altro modo:
“Colui che sta alla testa del Consiglio nazionale di transizione, Mustafa Abdel-Jalil, esplicitamente ha promesso di premiare con contratti nella ricostruzione post-bellica dello Stato quelle nazioni, che hanno sostenuto la rivolta della Libia” (4)
Questo è il cerchio incantato dell’imperialismo aggressivo!
Miliardi di dollari vengono pompati dalle tasche dei contribuenti e riversati in quelle dei produttori di armi per costruire l’apparato bellico. La macchina da guerra viene tenuta sotto pressione, pronta contro i paesi i cui governi hanno negato o limitato le opportunità di fare profitti alle compagnie, alle banche e ai grandi investitori del paese imperialista (molti dei quali hanno interessi nella produzione di armamenti), causando gravi danni alle infrastrutture dei paesi vittima.
Vengono imposti regimi “compradori”, che spalancano le porte del loro paese alle esportazioni e agli investimenti del paese che ha messo in atto l’aggressione, e invitano questo paese prevaricante a insediare basi militari sul loro territorio. Allo stesso tempo, i nuovi regimi incanalano contratti per la ricostruzione verso il paese aggressore, per ricostruire ciò che il suo apparato bellico ha distrutto.
Così, la classe capitalista del paese aggressore fa profitti secondo tre modalità: attraverso contratti per il sistema di difesa, attraverso la ricostruzione post-bellica, attraverso nuove opportunità di investimenti ed esportazioni.
Una risoluzione pacifica della guerra civile in Libia avrebbe interrotto questo cerchio magico. C’è da meravigliarsi, allora, che Washington, Parigi e Londra abbiano ignorato tutte le proposte per una soluzione negoziata?
Potrebbe essere offerta una spiegazione alternativa. Per quanto le più importanti compagnie petrolifere e le società di ingegneria dei paesi leader della NATO trarranno profitto dalla caduta di Gheddafi, le motivazioni per l’ intervento erano tuttavia indipendenti da grossolane preoccupazioni di natura commerciale, ed invece erano essenzialmente umanitarie.
Ma se così fosse, si dovrebbe spiegare come è stato che le preoccupazioni umanitarie della NATO venivano unicamente riversate su un paese, la Libia, in cui possono ottenersi ancora opportunità di fare profitti per l’industria petrolifera occidentale, mentre la NATO non è rimasta scossa da preoccupazioni umanitarie per la situazione degli Sciiti del Bahrein, le cui proteste pacifiche sono state represse violentemente da una monarchia assoluta - con l’aiuto dei carri armati e delle truppe di tre altre monarchie assolute.
Due sono l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti; la terza che ha contribuito alla violenta repressione della rivolta del Bahrein, il Qatar, merita una menzione speciale.
Magnificata dalla stampa occidentale per il suo contributo ai ribelli libici, ai quali ha fornito armi, aerei da guerra, addestramento, riconoscimento diplomatico, e strumenti propagandistici (Al Jazeera è di proprietà dello Stato del Qatar!), questa monarchia assoluta è stata portata alle stelle come una vera amica dei “democratici” nella loro lotta contro la dittatura e la repressione.
Il New York Times faveca riferimento ad Al Jazeera come un “canale di notizie indipendente” (5), anche se non è chiaro da chi Al Jazeera sia indipendente. Il Times non ha mai, a mia conoscenza, fatto riferimento ai mezzi di informazione di proprietà statale dei paesi sotto assedio imperialista come “indipendenti”, questo aggettivo elogiativo e impossibile (tutti i media sono dipendenti, che si tratti dello Stato o di investitori privati) è riservato ai mezzi di comunicazione che hanno adottato punti di vista conformi agli interessi del consiglio di amministrazione del New York Times e dei suoi più importanti proprietari.
Il Bahrein, una società modello esemplare per gli investitori occidentali, ha già riversato a piene mani le occasioni di fare profitti sulle compagnie petrolifere occidentali. È anche sede della Quinta Flotta degli Stati Uniti. Quindi, “de facto” costituisce una zona di espansione dell’economia degli Stati Uniti, ed inoltre del territorio degli Stati Uniti, e così il suo governo può fare ciò che gli pare, fintanto che continuerà a mantenere felice Wall Street.
Bombardamenti, sanzioni, destabilizzazione e rinvii a giudizio presso la Corte Penale Internazionale sono riservati a quei governi che “aumentano tariffe e tasse” per le imprese petrolifere statunitensi e tentano di nazionalizzare le loro economie, una chiara “linea rossa” in un’epoca di imperialismo.
Secondo il punto di vista di qualche settore della sinistra, interventi imperialisti sono sopportabili fintanto che producono il rovesciamento di un regime capitalista, a prescindere dal fatto che un altro regime capitalista gli possa succedere. Naturalmente, l’esito di ogni intervento imperialista di successo contro un regime nazionalista borghese si manifesta con la sostituzione di questo regime con uno “compradore”. Ad un intervento capitalista molto difficilmente corrisponde un avanzamento.
Per ancora un altro settore della sinistra, quello che conta decisamente è il carattere del governo sotto assedio. Il carattere dello Stato che aggredisce, al contrario, non importa per nulla - non che questo Stato sia sottoposto al dominio dettato dagli interessi corporativi, delle banche e degli investitori; non il suo operato nel perseguire guerre di conquista; nemmeno il suo continuo ricorso alla falsificazione per giustificare le sue aggressioni.
Per questi “membri della sinistra”, così come sono, ad essere riprovevole è il governo preso di mira, mentre il loro modo di considerare è angelico o ben intenzionato. In questo quadro, per loro, il tentativo di Gheddafi di schiacciare una rivolta deve intendersi collocato su un piano ben più barbaro rispetto, ad esempio, alla guerra in Iraq, che ha creato una catastrofe umanitaria su una dimensione che le repressioni di Gheddafi non avrebbero mai uguagliato.
Che sorta di illusione porta a credere che gli Stati Uniti e Gran Bretagna, gli architetti di rapacità e di macellazione su scala globale, siano (a) angelici e ben intenzionati, (b) motivati nella loro politica estera da umanitarismo, e (c ) che stiano sostenendo un ruolo costruttivo in Libia?
I più pusillanimi fra quelli di sinistra sono coloro che condannano allo stesso modo i brutalizzati e i brutalizzatori. Assumono una posizione di tutta comodità, anche se moralmente vile, ma la loro condanna dei governi presi come bersaglio è non pertinente. Dato che la natura dei governi sotto assedio non ha nulla a che vedere con le ragioni dell’intervento, e interventi da parte del capitale imperialista non portano questa giustificazione, in questo contesto non può esistere che un’unica ragione per fare la scelta di condannare la vittima di questa aggressione e parimenti l’aggressore: il desiderio di rispettabilità e un’inclinazione ad adeguarsi all’opinione pubblica corrente, non contestandola e non offrendo una analisi alternativa, anti-egemonica.
Supponete di avere come vicina della porta accanto una donna dalle cattive maniere, completamente antipatica, che è riuscita ad allontanare tutti quelli che conoscete. Un giorno, il marito la picchia. Voi condannate il marito che picchia la moglie, e non dite nulla del carattere di questa donna. Perché dovreste fare così? Sottolineare il carattere della donna non scusa il comportamento del marito. Oppure, potreste condannare entrambi ugualmente, facendo notare quanto sia deplorevole chi picchia la moglie, ma stigmatizzate anche la vittima per le sue cattive maniere e i suoi modi fastidiosi. Questo secondo agire è insostenibile, e chi si comporta così dovrebbe giustamente essere rimproverato.
Tuttavia, questi che stanno seduti nel recinto della sinistra fanno lo stesso quando insistono nel condannare i governi dei paesi aggrediti dai paesi imperialisti capitalisti, per dimostrare che loro non appoggiano i crimini per cui vengono accusati quei governi.
Peggio ancora, si rifiutano di indagare sulla veridicità delle accuse, per poi perfino contestare se queste accuse non reggono ad un esame obiettivo, per paura di essere denunciati come apologeti. Invece, costoro molto semplicemente accettano come vere le accuse, anche se accuse simili contro altre vittime in occasioni simili si sono dimostrate pure e semplici invenzioni (le armi di distruzione di massa dell’Iraq, per esempio.)
Questa è apologia di un altro tipo, in nome della classe che controlla il recinto dove stanno tranquilli questi di sinistra. E lì vengono tenuti su un terreno sicuro. In seguito, costoro potranno affermare, come hanno fatto in tanti in concomitanza con la truffa delle armi di distruzione di massa degli Iracheni: “Non sapevamo. Sono sconvolto, sconvolto!, che il governo ci abbia ingannato.”
Tuttavia, l’analogia suggerisce che gli interventi avvengono solo nei paesi in cui i governi si comportano in modo riprovevole, e questo non è il caso.
Certo, l’impressione prodotta dagli assalti della propaganda che accompagnano gli interventi è che quei regimi presi di mira sono assolutamente detestabili e, di conseguenza, la loro scomparsa è da desiderarsi, anche se l’intervento prodotto è stato scatenato per ragioni sbagliate.
E dagli appartenenti alla sinistra, se costoro vogliono essere accettati alla corte dell’opinione corrente dei “rispettabili”, ci si aspetta la genuflessione davanti alla raffigurazione come criminali dei paesi fatti segno dell’aggressione, per tema di essere accusati di essere apologeti di dittatori, o utili idioti. Ma succede a volte che i crimini di cui sono accusati i regimi colpiti non esistono assolutamente, o si tratta di azioni sconsiderate non pesanti, nel peggiore dei casi.
La narrazione per spiegare la necessità di un intervento in Libia è che una rivolta pacifica di Libici fautori della democrazia contro la dittatura di Gheddafi stava sul punto di essere schiacciata nel sangue. Una narrazione che naviga più vicino alla verità è che l’insurrezione, scatenata dagli eventi che si stavano succedendo in Tunisia e in Egitto, traeva le sue origini dalla frattura in corso da lunga data tra un governo laico, nazionalista, da un lato, e Islamisti e elementi “compradori” dall’altro. Anche se questo non spiega del tutto la rivolta, spiega una buona parte delle sue cause.
La repressione delle forze reazionarie che minacciano lo Stato è un crimine? Se sei un Libico islamista, monarchico o un esule mantenuto dalla CIA, la risposta è “sì”, così come è “sì”, se sei un ideologo di questo particolare intervento imperialista. Ma se siete Gheddafi, e i suoi sostenitori laici e nazionalisti, la risposta è “no”.
È significativo il fatto che poche persone stiano lanciando seri appelli alla NATO perché l’Alleanza organizzi un’operazione a protezione dei civili del Bahrein dalla repressione violenta di una monarchia assoluta. Per quanto molto del giro di vite del regime di Khalifa contro i manifestanti del Bahrein sia considerato criminale, non è un crimine di dimensione abbastanza grande da giustificare un intervento della NATO.
Infatti, è difficile concepire una qualche giustificazione per un intervento NATO, poiché i paesi della NATO sono solo buoni a impegnarsi in interventi come investimenti.
Ci deve essere una promessa di una ricompensa lucrativa per una élite di padroni capitalisti, perché l’investimento in costi di sangue e di denaro possa essere giustificato: concessioni petrolifere libere da imposizioni e tasse che riducono i profitti; nuove opportunità di investimenti ed esportazioni; contratti per la ricostruzione. L’umanitarismo non deve costituire il punto essenziale.
Ma ammettiamo pure per il momento, ed è ingenuo il farlo, che la NATO decida di intervenire per ragioni di altruismo: questo è tanto possibile quanto il leone accucciato con l’agnello.
Perché dovremmo invocare un intervento contro Gheddafi, ma non contro Khalifa? Le ragioni per cui banchieri, imprese e grandi investitori dominano la politica estera dei paesi della NATO dovrebbero rendere lampante tutto ciò. Che appartenenti alla sinistra agiscano nello stesso modo, fa sorgere l’immediata domanda su cosa si intende per “sinistra”.
Diana Johnstone e Jean Bricmont hanno accusato settori importanti della sinistra europea per non essersi opposti con forza all’intervento della NATO nella guerra civile della Libia, e in molti casi di averla sostenuta. (6) Ma questo è come biasimare le pecore perché pascolano sull’erba. Mentre, purtroppo, non vi è nulla di strano o senza precedenti, che persone che si considerano parte della sinistra politica, anche socialisti, vadano a schierarsi con le eruzioni imperialiste del loro governo.
Questo è accaduto almeno a partire dalla Prima guerra mondiale.
Lenin ha offerto una spiegazione - e che si trovi la sua spiegazione convincente o no, il fenomeno che si è proposto di spiegare non si può negare. Un settore della sinistra regolarmente si mette al fianco del proprio governo imperialista, mentre un altro settore trova il modo di sottilmente appoggiarlo, mentre professa opposizione.
L’unico settore della sinistra occidentale, con una o due eccezioni, che può essere considerato affidabile per una effettiva opposizione all’imperialismo, e in possesso di un qualche tipo di consapevolezza evoluta e sofisticata su questo, sono i Leninisti.
Max Elbaum puntualizza questo fenomeno nel suo libro sul Nuovo Movimento Comunista degli anni ’60, “Revolution in the Air”.
Egli scrive: “Gli attivisti degli ultimi anni sessanta hanno sentito un forte legame politico ed emozionale con l’ala leninista del movimento socialista. Durante la Prima guerra mondiale, quest’ala rompeva decisamente ‘con quei socialisti che avevano sostenuto la guerra, o almeno avevano fatto poco o nulla per opporvisi’.
Gli attivisti erano attratti dal leninismo perché, come i primi seguaci di Lenin, ‘anche loro avevano trascorso anni in lotte frustranti con le forze più autorevoli della sinistra che si erano trascinate stancamente, o peggio, nella campagna contro la guerra’.”
Elbaum attribuisce il rifiuto del socialismo democratico ad opporsi con vigore alla guerra degli Stati Uniti contro il Vietnam al sostegno che la costruzione del Nuovo Movimento Comunista riceveva.
“Anche se i socialisti democratici di oggi non parlano molto di questo”, scrive Elbaum, “i socialdemocratici degli Stati Uniti hanno avuto un ruolo di freno o addirittura trainante all’indietro nel movimento contro la guerra del Vietnam.”
L’affiliato ufficiale degli Stati Uniti all’Internazionale Socialista, il Partito Socialista, “in realtà sosteneva il conflitto” ed “era quasi del tutto assente dalle attività contro la guerra.”
Il direttore di Dissent, Irving Howe, tra i più influenti socialdemocratici degli Stati Uniti, “a lungo si oppose alla richiesta di immediato ritiro dal Vietnam.”
Michael Harrington, forse il più noto fra i socialdemocratici degli Stati Uniti, mai ha pronunciato senza mezzi termini una denuncia della guerra. Secondo il suo sodale biografo, Maurice Isserman, Harrington faceva riferimento alla guerra come una forza della natura piuttosto che un prodotto dell’azione umana (una tragedia, come un uragano o un terremoto, piuttosto che uno strumento dell’imperialismo statunitense), per paura di alienarsi “i suoi compagni politici più stretti e di lunga data, che sostenevano il massacro ...” Harrington considerava i suoi compagni socialdemocratici favorevoli alla guerra non come collaborazionisti reazionari ed arretrati ma come “buoni socialisti con i quali egli differiva solo su questioni marginali.” (7)
A livello internazionale, i socialisti democratici hanno agito in modo da provocare disgusto.
“I socialisti francesi, mentre stavano al governo hanno condotto la guerra coloniale in Algeria, completa di torture. Il governo del partito laburista in Gran Bretagna, guidato da Harold Wilson, ha sostenuto la politica americana in Vietnam, nonostante le sue perplessità.” E “i socialdemocratici in tutto il mondo sono stati tra i sostenitori del sionismo e gli oppositori più accesi dell’autodeterminazione palestinese.”
Musica familiare?!
Alla fine degli anni sessanta, scrive Elbaum, “sembrava del tutto naturale identificarsi con la tendenza che aveva combattuto contro simili arretratezze dei socialdemocratici durante il precedente bagno di sangue imperialista.”
Ed ora, ancor di più nel 2011!
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