Informazione

KUSTURICA CON MARADONA CONTRO LE POLITICHE ASSASSINE DI J. W. BUSH

# La foto su: https://www.cnj.it/immagini/kustur_re.jpg #

http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/esteri/marabush/trenomara/
trenomara.html

L'ex calciatore in treno a Mar del Plata accolto da centinaia di persone
con lui altri contestatori del presidente degli Stati Uniti

Bush, Maradona guida la protesta
Alla stazione folla in delirio

La città argentina ospita i colloqui sull'accordo commerciale Alca
Insieme al Pibe de oro, intellettuali e politici dell'America Latina

MAR DEL PLATA (ARGENTINA) - E' arrivato questa mattina a Mar del Plata
l'espresso Alba, il treno con a bordo Diego Armando Maradona e altre
160 persone partite da Buenos Aires per contestare il presidente
statunitense George W. Bush e il Vertice delle Americhe in programma
nella località marittima argentina. Al centro del summit sono i
negoziati sponsorizzati dagli Usa per l'Area di libero commercio delle
Americhe (Alca), ai quali i manifestanti, con il "Pibe de Oro" in
testa, contrappongono Alba, un progetto di integrazione commerciale tra
stati sudamericani di ispirazione bolivarista messo a punto dal
presidente venezuelano Hugo Chavez.

Prima di salire a bordo del convoglio, Maradona, che indossava una
magliettina su cui era scritto "Stop Bush", con la "S" sostituita da
una svastica, ha detto che "è un orgoglio viaggiare in questo treno per
protestare contro questa immondizia rappresentata da Bush". A fare il
viaggio in compagnia dell'ex calciatore sono state varie personalità,
tra le quali il candidato alle presidenziali della Bolivia Evo Morales,
il regista bosniaco Emir Kusturica, e vari attori e cantanti argentini.

Tutti parteciperanno nello stadio Mundialista di Mar del Plata ad una
manifestazione in cui canterà fra gli altri il cubano Silvio Rodriguez
e che sarà chiusa dal presidente venezuelano Hugo Chavez. Il treno di
Maradona era atteso alla stazione da centinaia di persone e da una
grande quantità di giornalisti. Una folla tale che il "Pibe" è stato
costretto ad uscire di soppiatto da un vagone, lasciando poi la
stazione da un'uscita secondaria.

(4 novembre 2005)

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http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/esteri/marabush/marabush/
marabush.html

Il campione intervista il Leader Maximo all'Avana e accusa
"Guiderò la marcia anti Usa, lo prometto al mio comandante"

Maradona: "Castro è un dio
Bush soltanto un assassino"

L'AVANA - "Per me il comandante è un Dio". Bush invece "è un
assassino". Parola di Diego Armando Maradona. Il più grande calciatore
di tutti i tempi in un programma speciale della tv cubana in compagnia
di Fidel Castro è esploso in durissime accuse politiche. Il Pibe de oro
già in passato si era scagliato contro il presidente Usa. Nel 2002,
dopo aver condannato il terrorismo, il campione sottolineò però che
"gli USA fanno terrorismo contro Cuba da sempre" e che l'embargo
imposto all'isola causava la morte di uomini, donne e soprattutto
bambini. Poi aveva detto che era "meglio mille volte la Cuba di Fidel
Castro che l'America di Bush". Questa volta ha rincarato la dose.

Maradona era arrivato ieri all'Avana per intervistare il Leader Maximo
e trasmettere la conversazione all'interno del suo programma "La noche
del 10", che sta conducendo in Argentina.

Intervistato e intervistatore hanno dunque animato la serata dei
palinsesti televisivi cubani. Oltre a chiamare Castro "un dio",
Maradona ha promesso che guiderà la marcia anti-Bush che si svolgerà a
Mar del Plata, contemporaneamente al vertice delle Americhe del 4
novembre, che quest'anno si terrà in Argentina.

Quindi l'affondo contro George W.Bush: "Per me è un assassino - ha
detto davanti alle telecamere cubane e accanto a Castro - Gli argentini
devono rifiutarsi che venga nel nostro Paese. Guiderò la marcia che si
terrà in terra argentina", ha dunque annunciato.

Parteciperà alla marcia, ha assicurato El Pibe, "perché se lo prometto
al mio comandante lo faccio". Poi un altro attacco a Bush: "Ci
disprezza, ci vuole ai suoi piedi. Noi argentini abbiamo molti difetti,
ma la dignità la manteniamo sempre".

Intervistare Castro, ha aggiunto Maradona, "è un sogno" ed "il massimo
che può desiderare chiunque si trova a condurre un programma".

L'intervista di Maradona a Fidel Castro andrà in onda lunedì e si
aprirà con un abbraccio tra il presidente cubano e l'ex campione, che
indosserà una maglietta con il volto di Ernesto Che Guevara. "Questo è
l'abbraccio più grande della mia vita", ha detto Maradona, rivedendo
dopo la trasmissione di ieri le immagini della tv cubana.

El Pibe ha dichiarato all'Avana di sentirsi bene e recuperato: "Dico
che per avere il presente di oggi ho dovuto passare tutto quello che ho
passato, per ricordarmi che niente è definitivo e che se uno tocca il
fondo e non può più andare avanti non può che risalire".

Maradona conosce bene Cuba, dove andò per la prima volta dieci anni fa
e dove lo scorso anno ha trascorso un periodo di disintossicazione in
una clinica specialistica per curarsi dalla dipendenza della droga.

(28 ottobre 2005)

BERTINOTTI E L’USCITA DI LELLA


La presenza ossessiva di Bertinotti sui media piu’ disparati e’ a dir
poco sconcertante. Pensavamo che dopo la volata tiratagli per le
primarie (e vista la colossale trombata subita dall’inFausto —ha
accanitamente voluto una competizione che si e’ risolta in un
plebiscito per Prodi e che ha quindi spostato a destra tutto l’asse
dell’Unione al punto che si riparla del partito Democratico) lo
avrebbero  oscurato per un po’. Manco per sogno! E’ sempre sulle prime
pagine, rilasciando interviste a destra e a manca. Anzi, solo desso si
tocca il fondo. Come si addice ad ogni telenovela politica degna di
questo nome, doveva venir fuori anche Lella, la fisrt lady del PRC,
ovvero sua moglie. Dobbiamo pero’ ringraziarla per la sua prima
sortita. Ella, Lella, ha affermato: <Non fu Fausto a far cadere Prodi.
Fausto avrebbe le prove per dimostrarlo, ma non lo fara’. Eppo non e’
piu’ il tempo>. (Corriere del 29 ottobre). Davvero interessante questa
chicca. Non che non ci fosse chiaro che chi fece irrigidire Prodi
causando la rottura con Bertinotti lo fece in vista dell’aggressione
infame alla Jugoslavia —ovvero forgiare un governo che non si sarebbe
sfrangiato con lo strappo di quella guerra. Tuttavia la frasetta
sibillina della Lella implica un supplemento di verita’ che lascia
aperti torbidi interrogativi. Non ritengono la Lella e suo marito che
sia ora di dire la verita’ vera su quella sceneggiata? Perche mai se
Bertinotti ha le prove non le mostra, almeno al suo partito? E’ sempre
il tempo per dire la verita’. O no? Forse per poter saziare la propria
egocentrica ambizione (Bertinotti non ha nascosto di voler diventare
Presidente della Camera) egli deve fornire, ai burattinai che tirano
gli occulti fili delle trame di Stato, un’altra prova di lealta’.
Ovvero la capacita’ non solo di mentire, ma di mantenere sempre
rispetto alle cosche istituzionali, un vincolo di mafiosa omerta’.

(Fonte: Notiziario del Campo Antimperialista  ... 2 novembre 2005 ...
http://www.antiimperialista.org )

[ The original article, in english, can be read at:
www.globalresearch.ca/
index.php?context=viewArticle&code=CHO20050918&articleId=967 ]

Al Qaeda e il Movimento di Resistenza Iracheno

by Michel Chossudovsky
(traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

18 settembre 2005
GlobalResearch.ca

Voi lo sapete, io odio essere profeta di sventure di violenza, ma devo
proprio capire la natura degli assassini. Questo fantoccio, Zarqawi, un
membro di al Qaeda, che si trovava a Baghdad, a proposito, prima della
destituzione di Saddam Hussein, è tranquillamente libero di agire in
Iraq. E come voi ben ricorderete, una parte del suo piano operativo era
di seminare violenza e discordia fra i vari gruppi in Iraq, ammazzando
a sangue freddo. E noi dobbiamo aiutare a scovare Zarqawi, in modo che
il popolo dell’Iraq possa avere un futuro molto più roseo.
(George W. Bush, Conferenza Stampa, 1 giugno 2004)
 

Le forze Statunitensi stanno conducendo un pesante attacco contro la
città di Tal Afar del nord Iraq, diretto contro la Resistenza Irachena.
L’assedio USA alla città, che comprende bombardamenti aerei, ha come
risultato la morte per innumerevoli civili. I raids aerei di
bombardamento hanno causato una crisi umanitaria rimarcata da un esodo
di massa, sotto la minaccia delle armi, di una larga parte della
popolazione di Tal Afar di quasi 300.000 persone. Sia all’interno
della città, così come nei campi profughi, la forze USA e i loro
colleghi Iracheni sono stati impegnati in una “operazione di ricerche e
di violenza”, che ha terrorizzato la popolazione civile.

Simile nella sostanza all’assedio di Fallujah
del 2004, l’attacco su Tal Afar è identificato con indifferenza come
una iniziativa congiunta Statunitense ed Irachena per estirpare
terroristi. Vengono impiegati circa 6.000 uomini delle forse USA, con
armamento pesante, e quasi 4.000 uomini delle truppe Irachene. (
Peshmerga Curdi e l’Esercito di Shia Badr).
Tal Afar viene raffigurata dai media come una “roccaforte di Al Qaeda”
sotto la guida della mente direttiva del terrore Abu Musab Al Zarqawi.
La città è vicina al confine Siriano e la Siria viene identificata come
compiacente al movimento di “terroristi” verso l’Iraq.
Si dichiara che le truppe Irachene e Statunitensi stanno “inseguendo” i
cosiddetti “combattenti stranieri”, che sono “per lo più integralisti
religiosi e fanatici Sunniti”.


Mentre i documenti mediatici
puntano la loro attenzione sulla presenza di “combattenti stranieri”,
molti dei resistenti che combattono a Tal Afar sono Iracheni. Vi sono
stati rapporti poco attendibili di arresti di massa di combattenti
stranieri. ( vedi la dichiarazione del Colonnello Robert Brown, US
State Department, States News Services, 14 settembre 2005).

È stata stimata la presenza dai 400 ai 500 combattenti Iracheni.
Rapporti suggeriscono che la maggior parte dei combattenti della
Resistenza hanno abbandonato la città. È stato stimato che il 90% dei
residenti hanno lasciato le loro case, data la violenza distruttiva
dell’assedio, ed anche per evitare irruzioni nelle proprie case e i
cecchini.
Il modello Fallujah è stato applicato ancora una volta, sebbene su
scala più ridotta…
Mentre
l’Esercito USA dichiara di aver ammazzato approssimativamente 200
“terroristi” durante l’operazione, rapporti dal terreno degli scontri
stabiliscono che la maggior parte dei combattenti all’interno della
città si era da lungo tempo ritirata per evitare il confronto diretto
con la forza militare soverchiante (un principio fondamentale della
strategia della guerriglia).
(Vedi Dahr Jamail,
http://www.globalresearch.ca/
index.php?context=viewArticle&code=20050916&articleId=959 )
L’esercito USA ha identificato la regione dell’Eufrate come una
“roccaforte di Zarqawi " e, secondo il The New York Times, ha
pianificato di intervenire con operazioni similari in altre città nelle
prossime settimane: “Ufficiali superiori al Pentagono e in Iraq hanno
dichiarato di ritenere che Mr. Zarqawi e il “centro di gravità” della
rivolta si trovano ora nelle cittadine posizionate nelle anse della
vallata del fiume Eufrate, vicino al confine Siriano.


Comandanti
confermano il piano di schiacciare in queste aree la leadership di
Zarqawi e dei rivoltosi Iracheni. Per tutta la primavera e l’estate, le
forze armate e i marines hanno messo in atto attacchi contro queste
cittadine, requisendo grandi quantità di armi micidiali ai rivoltosi.
Ma molti combattenti si sono dispersi per le campagne, e qui non vi
sono bastanti truppe della coalizione per realizzare una sufficiente
presenza nei villaggi. Altresì, vengono confermate nuove offensive
nella Provincia di Al-Anbar per le prossime settimane, sul modello
dell’assedio di Tal Afar,che ha visto l’impiego di 8.500 uomini, fra
truppe Americane e Irachene.” (New York Times, 17 settembre 2005)
Secondo l’UPI (United Press International: una agenzia di stampa
americana), centinaia di famiglie di Samara, situata sulle rive del
fiume Tigri, stanno abbandonando la città ( 18 settembre) in seguito
all’annuncio del Ministro della Difesa Iracheno Saadoun al-Duleimi di
un progettato attacco militare contro la città, per “purificarla dai
terroristi”.

Blackout dei Media

Effettivamente vi è stato un blackout su quello che realmente sta
accadendo a Tal Afar. La crisi umanitaria e le condizioni di vita dei
civili non sono l’oggetto dell’attenzione e del dibattito sui media.
Inoltre, dai giornalisti “embedded”non ci vengono forniti particolari
dettagliati dal teatro di guerra sulla natura precisa delle operazioni
militari. In effetti, risulterebbe anche che i media, pur “embedded”,
sono stati esclusi dall’essere presenti. Molti articoli fuori
dell’Iraq sono concentrati sugli attentati suicidi nelle zone popolate
da Sciiti, che hanno procurato qualcosa come 200 civili morti. Senza
alcuna prova, questi attacchi suicidi vengono descritti come parte di
una “controffensiva”, come “azioni di vendetta” per Tal Afar. In un
testo pubblicato su un sito web misterioso, si afferma che Al Zarqawi
si è impegnato ad ingaggiare una guerra senza quartiere contro la
maggioranza Sciita, in risposta agli attacchi contro i Sunniti a Tal
Afar:  “ È sembrato che Abu Musab al- Zarqawi, il leader di al-Qaeda in
Iraq, abbia rivendicato la responsabilità per gli attacchi suicidi,
pubblicando una dichiarazione in un sito web che “ è iniziata la
battaglia per vendicare i Sunniti di Tal Afar". Seconda una logica
contorta, Tal Afar è stata presentata come parte di un “conflitto
settario” tra Sciiti e Sunniti in cui l’esercito Statunitense e la
“comunità internazionale” vengono presentati come mediatori. Ora, Tal
Afar è una città ad etnia prevalentemente Turcomanna. Il 30% della sua
popolazione Turcomanna è Sciita, e questi sono anche vittime delle
operazioni condotte dall’esercito USA.” . (Vedi Irish
Times, 14 settembre 2005).


Ecco allora che la pubblicazione sul sito web di Zarqawi che
puntualizza che “la battaglia è per vendicare i Sunniti” appare essere
priva di consistenza, data la composizione demografica della città, che
comprende in modo significativo anche popolazione Sciita e dove gli
Arabi Sunniti sono una piccola minoranza. Lo scorso anno, il governo
Turco aveva fatto pressioni su quello USA perché non intervenisse
militarmente a Tal Afar. “ La Turchia cesserà di cooperare con gli
Stati Uniti in Iraq nel caso in cui continuassero attacchi contro i
Turcomanni”, così si esprimeva il Ministro degli Esteri Turco Abdullah
Gul  (Anatolia news agency, Ankara, 15 settembre 2004). Di conseguenza,
l’operazione militare USA progettata nel 2004 diretta contro la
popolazione Turcomanna di Tal Afar era stata differita. Ora vi sono
indicazioni che le operazioni del settembre 2005 sono state accettate
dalle autorità Turche!
La testa pensante del terrorismo Al Zarqawi, che personifica
l’insurrezione, viene fatta apparire come l’ostacolo più importante per
la democrazia in Iraq. Contemporaneamente, il ruolo delle forze di
occupazione USA e le loro atrocità che non si contano più ricevono
scarsa o nessuna copertura giornalistica. Il compito della forza
multinazionale guidata dagli Stati Uniti è quello di “prevenire e
combattere il terrorismo”.

"Able Danger" e "Al Qaeda in Iraq"

I media, tutti in coro, presentano "Al Qaeda in Iraq", sotto il comando
di Al Zarqawi, come responsabile dei recenti attentati suicidi, senza
mai fare menzione che Al Qaeda è una creazione degli apparati di
spionaggio USA. Questa connessione è riconosciuta dalla CIA e
documentata in numerosi studi. ( Vedi
 http://www.globalresearch.ca/
index.php?context=viewArticle&code=20010912&articleId=368 ) 
Un recente documento relativo ad una operazione segreta del Pentagono,
ora in discussione presso il Congresso USA, getta seri dubbi non solo
sul resoconto ufficiale sui fatti dell’11 settembre, ma sull’intero
costrutto “guerra al terrorismo”. Nel caso dell’Iraq, questo costrutto
consiste nel presentare il movimento di Resistenza come un movimento di
“terroristi”:

“ Secondo il Tenente Colonnello riservista
dell’Esercito Anthony Shaffer, un progetto segretissimo del Pentagono,
nome in codice Able Ranger, aveva identificato Atta e tre altri
dirottatori dell’11 settembre come membri di una cellula di al-Qaida
più di un anno prima degli attacchi.

Secondo lo Shaffer, Able Danger era
un’operazione da 18 mesi altamente segreta a cui era stato assegnato il
compito di “ sviluppare informazioni con oggetto al-Qaida su scala
globale”, e che usava tecniche per estrarre dati per cercare “ esempi,
associazioni e connessioni”. Shaffer affermava che egli stesso per
primo si era imbattuto nei nomi dei quattro dirottatori a metà del
2000.”
(Vedi Daniele Ganser, Operation Able Danger,
http://www.globalresearch.ca/
index.php?context=viewArticle&code=20050827&articleId=867 )
Gli elementi operativi di Al Qaeda, incluso il capo dei terroristi
dell’11 settembre Mohamed Atta, sono stati sottoposti alla sorveglianza
diretta dell’esercito USA e dei servizi di spionaggio almeno un anno
prima dell’11 settembre, sorveglianza che risulta parte di una
operazione al massimo di segretezza del Comando Operazioni Speciali del
Pentagono (SOCOM).

“Able Danger” conferma che tutto questo è già noto e documentato: il
resoconto ufficiale dei fatti accaduti l’11 settembre, come viene
sottolineato dalla Commissione sull’11 settembre, costituisce solo una
copertura.

“Voci dal retroscena”

Per tutto questo, le rivelazioni respingono la “soffiata dal
retroscena”, vale a dire che Al Qaeda, creata dalla CIA durante la
guerra Sovietico-Afghana, in qualche modo si sia rivoltata contro i
suoi sponsors USA. Al Qaeda è ancora coinvolta attivamente nel
sovrintendere la propria organizzazione di intelligence nel contesto di
una Operazione del Pentagono di massima segretezza. In più, le
rivelazioni che concernono l’Operazione “Able Danger” hanno avuto una
diretta conseguenza sulla nostra presa di conoscenza su Al Zarqawi e
sugli attentati suicidi in Iraq, supposti sponsorizzati da Al Qaeda.



Allora, anche queste operazioni di Al Qaeda in Iraq
sono sotto la sorveglianza del Pentagono?
I numerosi collegamenti documentati, riguardanti i rapporti tra la CIA
e la Rete Terroristica Islamica, gettano ombre di dubbio sui documenti
dei media, che presentano “Al Qaeda in Iraq” guidata da Al Zarqawi
come una organizzazione paramilitare indipendente che combatte contro
le forze degli Stati Uniti.


In altri termini, se Al Qaeda in Iraq e la
sua struttura di spionaggio è (indirettamente) controllata dal
Pentagono e/o dalla CIA, ragionevolmente non può costituire un
effettivo movimento di resistenza contro l’occupazione militare USA. La
organizzazione di intelligence nel caso Iracheno è uno strumento delle
forze di occupazione.


Quindi, “Al Qaeda in Iraq” viene usata dall’esercito USA per indebolire
il vero movimento di resistenza, creando inoltre divisioni all’interno
della società Irachena?  

Gli attentati suicidi

Qual’è il ruolo di Zarqawi, che favorisce gli attentati suicidi?
Questi servono a far apparire il movimento di resistenza come
terrorista. Questi indeboliscono l’appoggio dell’opinione pubblica
all’interno dell’Iraq per il movimento di resistenza contro
l’occupazione USA. La Resistenza, costituita da diversi gruppi far loro
differenti, è caratterizzata da un esercito di guerriglieri impegnato
in operazioni che hanno come obiettivo diretto l’esercito degli Stati
Uniti. I documenti dei media, che centrano la loro attenzione sul
ruolo di Al Zarqawi e di bin Laden, servono a distorcere la natura del
movimento di resistenza, presentando i rivoltosi come aggressori di
civili:
“Al Qaeda ha fornito da se stessa le prove di essere una gang spietata,
settaria, che ha dichiarato guerra agli Sciiti in Iraq”, così ha
scritto un quotidiano Libanese in risposta al recente appello di Abu
Musab al- Zarqawi, affermando come“Al Qaeda abbia perso qualsiasi
possibilità di rivendicare, se mai l’abbia avuta, finalità morali,
nobili o razionali”. ( the Star, Beirut, 17 settembre 2005)
“Il leader di Al-Qa'ida in Iraq, Abu Musab al- Zarqawi, ha sostenuto la
sua responsabilità per l’ultima ondata di violenza e ha dichiarato
guerra senza quartiere agli Sciiti. Invocando l’assistenza
internazionale, il Presidente dell’Iraq, Jalal Talabani, non ha esitato
a dire apertamente e francamente che il suo paese aveva la disperata
necessità del…vostro appoggio per i nostri tentativi di combattere il
terrorismo.” ( The Australian, 17 settembre 2005)
In Iraq, quattro attentati suicidi hanno colpito ancora Baghdad,
ammazzando 31 persone e portando il tributo di sangue in due giorni a
200 morti: così il leader di al Qaeda in Iraq Abu Musab al- Zarqawi ha
cercato di infiammare le divisioni etniche e religiose fra Sunniti e
Sciiti. Comunque, l’esercito USA è sicuro che le sue recenti operazioni
che hanno obiettivo Al Qaeda in Iraq hanno avuto pieno successo,
malgrado l’attuale violenza. Il CBS Evening News (15 settembre,
articolo 6, 2:00, Martin) riferiva che esistevano ormai
“raccapriccianti riscontri della dichiarazione di Abu Musab Al- Zarqawi
di guerra senza quartiere contro gli Sciiti, che controllavano il
governo dell’Iraq. Il sito web di Zarqawi annunciava che la carneficina
di Baghdad era la vendetta per l’assalto delle truppe USA ed Irachene
contro la città di Tal Afar nelle vicinanze del confine Siriano, un
fulcro per le operazioni dei ribelli nel nord dell’Iraq, dove
l’esercito USA ha dichiarato di aver conseguito successi
drammaticamente.” (Frontrunner, 16 settembre 2005)
Gli attacchi si sono scatenati quando i leaders Iracheni hanno
conclamato di aver portato a termine una costituzione, e quando la
ramificazione di al-Qaeda in Iraq aveva giurato vendetta per la
recente offensiva USA-Irachena contro la città nord-orientale di Tal
Afar. Nella capitale, il tributo di morte in un solo giorno è stato
forse il più elevato dal marzo 2003, e uno degli attentati, un attacco
suicida con autobomba nel quartiere di Kadhemiya, a predominanza
Sciita, nel nord di Baghdad che ha ammazzato 117 persone, è stato il
secondo per entità di morti causati da un unico colpo…Testimoni
affermano che non esistevano nelle vicinanze obiettivi costituiti da
militari o poliziotti USA o Iracheni, e questo suggerisce che il
kamikaze aveva puntato a causare quanto più grande possibile la
carneficina di civili. (Financial Times, 15 settembre 2005)

Commento conclusivo

Gli Stati Uniti hanno creato, come parte di una operazione segreta di
intelligence, un finto “movimento di resistenza” truccando la stessa Al
Qaeda in appoggio ai "terroristi"? Gli attentati suicidi di Al Qaeda
prendono come obiettivo i civili Iracheni, piuttosto che l’esercito
degli USA.
Gli attentati suicidi tendono ad incoraggiare le divisioni settarie,
non solo in Iraq, ma in tutto il Medio Oriente. Questi sono utili agli
interessi di Washington e contribuiscono a indebolire lo sviluppo di un
movimento di resistenza più largo, che unisca Sciiti, Sunniti, Curdi e
Cristiani contro l’occupazione illegale della nazione Irachena. Inoltre
gli attentati cercano di creare, a livello internazionale, divisioni
all’interno dei movimenti contro la guerra e per la pace. Inoltre, la
campagna di disinformazione permea anche la stampa Irachena e
Mediorientale. Queste ultime tendono a dare valore alle supposte
dichiarazioni di Al Zarqawi pubblicate su Internet. Le minacce di
Zarqawi agli Sciiti sono considerate veritiere. Non vengono quasi mai
menzionati i collegamenti fra Al Qaeda in Iraq e lo spionaggio
Statunitense.


Michel Chossudovsky è Professore di Economia all’Università di Ottawa e
Direttore del Centro per le Ricerche sulla Globalizzazione (CRG), ed è
l’autore di America's "War on Terrorism" ,  Global Research, 2005.


articolo correlato:
Chi è Abu Musab Al-Zarqawi? Di Michel Chossudovsky, 11 giugno
2004, http://globalresearch.ca/articles/CHO405B.html

© Copyright Michel Chossudovsky, GlobalResearch.ca, 2005
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GUERRA BIPARTISAN CONTRO L'IRAN

1. Due Lettere Aperte, a Fassino ed a Veltroni
2. Minacce di guerra bipartisan contro l'Iran (S. Cararo)
3. Fiaccole romane (R. Rossanda)

4. 18-19 novembre: INIZIATIVE PER LA PALESTINA


=== 1 ===

G.A.MA.DI. (Gruppo Atei Materialisti Dialettici
Via di Casal Bruciato, 15 Roma
Telefono 0339 3873909
Sito Internet: www.gamadi.it

LETTERA APERTA
All’ attenzione dell’ onorevole Piero Fassino

Questa organizzazione fondata da partigiani nella lotta di liberazione
contro il nazi fascismo, si rivolge a te, compagno Fassino, facendo una
chiara premessa: per noi nessun Paese e sottolineiamo NESSUN Paese deve
venir cancellato dalla carta geografica e questo, logicamente, vale
anche per Israele il cui popol, non è colpevole dei continuati reati
contro il popolo palestinese, compiuti dal suo governo.

Fatta questa premessa, noi restiamo allibiti che tu vada a dar una mano
alla grottesca e spudoratamente di parte manifestazione inscenata da
Ferrara, azzeccagarbugli politico degli USA.

Onorevole Fassino!

Ti sei mai accorto che c’è un Paese clamorosamente cancellato dalla
carta geografica, un paese a noi vicino, compagno di lotta nella
guerra contro il nazifascismo, Paese che si chiamava “Jugoslavia” ?

Perché non sei mai sceso a manifestare contro questo grave misfatto,
fatto in pratica con bombe e distruzione e non solo di “parole”
pronunciate dal leader iraniano per cui andrai a manifestare?

Noi tutti siamo elettori di sinistra, e certe “cantonate” sono gravi e
pregiudicano, in certi casi, la partecipazione alle urne.

Capisco che oggi non è facile, per te, tornare indietro... ma noi
Gramsciani sappiamo che “la verità è sempre rivoluzionaria” e non
temiamo mai la critica e la verità.

A nome di tutta l’ organizzazione ti facciamo molti auguri, per il bene
della sinistra e ti salutiamo con cordialità.

Presidente
Miriam Pellegrini Ferri

2 novembre 2005

> -------Messaggio originale-------
>
> Da: Daniele Frongia
> Data: 10/31/05 16:22:19
> A: v.veltroni@...
> Cc: posta@...; PACIFISTAT; g.mannino@...;
> albeman@...
> Oggetto: bandiere senza vento
>
> Caro Veltroni,
> giovedi' ci incontreremo all'ambasciata iraniana per manifestare
> contro le dichiarazioni di Ahmadinejad ("Israele va cancellato"). Il
> diritto all'esistenza, tuttavia, non e' appannaggio del solo stato
> ebraico. Da quasi sessant'anni Israele sta di fatto "cancellando" i
> palestinesi e i loro diritti. Il ritiro di Gaza non e' l'inizio della
> fine dell'occupazione. Come rilevato dall'inviato del quartetto James
> Wolfensohn, ''il governo di Israele, nonostante le preoccupazioni
> sulla sicurezza, e' lontano dal cedere il controllo, agisce anzi come
> se non ci fosse stato alcun ritiro, rinviando ogni decisione ad altre
> riunioni". La Striscia di Gaza, senza poter usufruire dei propri
> confini, del mare e dello spazio aereo, e' diventata un enorme ghetto.
> In Cisgiordania le cose non vanno meglio: l'estensione della colonia
> illegale Ma'ale Adumim intorno a Gerusalemme est sta raggiungendo
> quella della Striscia, il muro (costruito non sul confine ma dentro le
> terre palestinesi) separa famiglie e villaggi, e gli oltre 700 check
> point rendono ulteriormente invivibile il tutto.
> Tuttavia il dramma palestinese non sembra interessarLa piu' di tanto:
> non una protesta, non un momento di riflessione sul dramma del muro,
> nemmeno la piu' volte richiesta via dedicata ad Arafat. Al comune di
> Marano son stati piu' coraggiosi e, nonostante la valanga di insulti e
> minacce ricevuti da autoproclamati "amici di Israele", hanno
> inaugurato Via Yasser Arafat.
> Ci vediamo giovedi'. Ferrara invita i partecipanti a portare e a
> sventolare la bandiera di Israele. Mi auguro che il mio Sindaco non
> scenda cosi' in basso.
> Daniele Frongia
>
> FONTE: http://groups.yahoo.com/group/aa-info/


=== 2 ===

MINACCE DI GUERRA BIPARTIZAN CONTRO L'IRAN

di Sergio Cararo*

Mentre gli USA sono pesantemente impantanati in Iraq, Israele e Gran
Bretagna spingono per aprire un nuovo fronte di guerra contro l'Iran.
Il prestesto dell'atomica iraniana non regge alla prova dei fatti. Che
forze politiche e personalità del centro-sinistra italiano si rendano
complici di questa operazione è vergognoso.

 
Diversamente dall’Iraq, questa volta anche importanti paesi europei
come Francia e Germania sembrano essersi fatti influenzare pesantemente
dalla Gran Bretagna. La “trojka” europea a cui gli USA hanno lasciato
parziali spazi di manovra nei negoziati con l’Iran,  in questa
occasione pare ripetere a pappagallo i luoghi comuni e le menzogne
diffuse a piene mani dai giornali reazionari statunitensi ed
israeliani. La posizione degli europei è talmente subalterna agli USA
da aver provocato la sospensione dei colloqui con le autorità iraniane
e il riavvio del piano nucleare di Teheran. Al momento solo uno
Schroeder azzoppato dalle elezioni  si è limitato a dire no all’opzione
militare contro l’Iran visti i guasti prodotti da questa opzione in
Iraq, ma se il cancelliere tedesco questa volta è un’anatra zoppa, il
suo partner francese – Chirac – lo è altrettanto a causa delle ripetute
batoste accumulate sul piano interno ed internazionale.

In tale contesto, un parte dei dirigenti e dei partiti dell'Unione (il
centro-sinistra italiano) si va rendendo complice di una campagna
politico-mediatica messa in piedi dal "Likudzik-System" esistente in
Italia. Vedere Fassino e Folena sfilare con Giuliano Ferrara contro
l'Iran e a sostegno di Israele è quantomeno disgustoso, anche perchè la
realtà dei fatti demolisce lo tsunami disinformativo messo in piedi
sulle dichiarazioni anti-israeliane del presidente iraniano.

Una cosa è certa, se la resistenza irachena non avesse inchiodato le
forze armate americane, l’escalation aggressiva statunitense ed
israeliana contro l’Iran oggi non sarebbe ancora limitata alle minacce.

I giornali ed i governi europei, hanno passato sotto silenzio il
rapporto indipendente di un gruppo plurinazionale di scienziati
rivelato dal “Washington Post”. Il rapporto, ha ulteriormente demolito
la campagna mediatica, politica e diplomatica contro l’Iran sulla
vicenda del nucleare. Questo gruppo di scienziati ha scoperto che i
residui di uranio “per la bomba iraniana”, appartengono in realtà ad un
vecchio silos pakistano portato pubblicamente (per l’Agenzia Atomica
Internazionale) in Iran per essere bonificato. Il Washington Post ha
affermato perentoriamente che questa rapporto priva la campagna
anti-iraniana dell’amministrazione Bush del suo argomento principale
(1).

E’ noto a tutti che gli artefici principali di questa campagna siano i
cosiddetti “likudzik” cioè i progetti e i soggetti convergenti della
fazione filo-israeliana nell’amministrazione Bush con le autorità
israeliane vere e proprie.

Per i primi la liquidazione – anche manu militari – dell’Iran significa
il completamento del progetto “Grande Medio Oriente”, per i secondi
rappresenta l’eliminazione di una potenza regionale rivale che sostiene
apertamente organizzazioni come gli Hezbollah libanesi e rimane l’unico
fattore di equilibrio nei confronti della strapotenza militare e
nucleare israeliana. A questa campagna si è unito "volenterosamente" il
premier britannico Blair, che ha accusato l'Iran - ma senza averlo
dimostrato - di appaoggiare la resistenza irachena nel sud del paese.


Una ragnatela contraddittoria nelle relazioni con l'Iran

Che i rapporti tra Iran, Stati Uniti ed Israele oggi non siano buoni è
evidente a molti. Sono meno noti i ripetuti tentativi delle varie
amministrazioni repubblicane (e degli israeliani) di utilizzazione
dell’Iran per i loro giochi di destabilizzazione in Medio Oriente.

Nonostante la crisi degli ostaggi che costò la rielezione a Carter nel
1980 e nonostante l’Iran degli ayatollah definisse gli USA “Il Grande
Satana”, sono note sia operazioni triangolari come l’Iran-Contras sia
il doppio gioco degli USA per scatenare l’Iran contro l’Iraq e
viceversa nella devastante guerra che ha dissanguato i due paesi tra il
1980 e il 1988. Lo stesso Rafsanjani, fortunatamente e clamorosamente
uscito sconfitto dalle recenti elezioni in Iran, rappresentava la
corrente dell’establishment iraniano che intendeva riaprire a tutto
campo le relazioni con gli Stati Uniti.

Abboccamenti c’erano stati durante l’invasione dell’Afganistan nel 2001
(i taleban non erano affatto amici degli iraniani, anzi contro la
minoranza sciita in Afganistan erano stati assai pesanti). E
abboccamenti ci sono stati anche per cooptare e dare potere nell’Iraq
occupato dagli USA alle milizie filo-iraniane dello Sciri che si vanno
configurando (insieme a quelle curde) come il vero braccio armato del
governo fantoccio scaturito dalle elezioni farsa.

Non solo. Nel 1998, Paul Wolfowitz (oggi collocato alla Banca Mondiale)
ma uomo chiave nel team della prima amministrazione Bush, pubblicava un
rapporto sul Medio Oriente in cui diceva quattro cose esplicite: gli
USA devono attaccare l’Iraq, non si può permettere che i prezzi del
petrolio siano troppo bassi, occorre impedire la destabilizzazione
dell’Arabia saudita, occorre riaprire il “dialogo con l’Iran”. Se un
falco come Wolfowitz auspicava il dialogo con Teheran, vuol dire che in
quell’ambito esistevano canali aperti, probabilmente lo stesso
Rafsanjani e settori dei cosiddetti “riformisti” (2)

Diverso è invece il rapporto tra Israele e Iran. In questo caso
possiamo parlare più di interessi oggettivi che di dialogo. La destra
israeliana infatti è dagli anni Ottanta che ha in mente la riscrittura
della mappa geopolitica del Medio Oriente funzionale ai propri progetti
(3)

In tal senso ha sempre cercato di dare vita ad una diplomazia di
interessi verso i paesi “non arabi” dell’area in funzione
destabilizzante nei confronti dei paesi arabi. E’ il caso dei cristiani
maroniti in Libano, della Turchia e dello stesso Iran. Gli effetti di
questa politica si sono visti nel prolungamento/dissanguamento della
assurda guerra tra Iran e Iraq, nelle ingerenze della Turchia contro
Siria e Iraq, nel sostegno ai falangisti libanesi, ai curdi iracheni o
ai gruppi secessionisti in Sudan ed infine nel pervicace tentativo di
balcanizzazione dell’Iraq in tre cantoni (curdo a nord, sciita a sud e
sannita al centro). L’approvazione della Costituzione federale in Iraq
segnerebbe un indubbio successo israeliano che non a caso ha inviato
numerosi “consiglieri” nella regione curda-irachena e parecchi
specialisti di controguerriglia al fianco delle truppe statunitensi.

 
L'atomica iraniana. Due pesi, due misure...

Alcuni dei commentatori che si prestano alla campagna contro l’Iran,
giocano su un argomento semplice ma di una certa efficacia. L’Iran
infatti è uno dei principali produttori di petrolio e dunque non ha
problemi di approvvigionamento energetico. Che bisogno ha del nucleare
se non per fare le bombe atomiche? E’ un ragionamento che su menti
semplici può fare effetto. Si potrebbe rispondere che anche paesi
petroliferi come Russia o Stati Uniti hanno le centrali nucleari, ma
potrebbe non bastare, in fondo il senso comune guarda sempre con
rispetto e timore alle grandi potenze.

Altri sostengono che solo le democrazie possono detenere le armi
atomiche. Ragione per cui non si trova nulla da eccepire se gli USA,
Francia, Gran Bretagna e Israele possiedono centinaia di testate
nucleari.

I meccanismi di controllo interno dei sistemi democratici
“impedirebbero” che vengano usate impropriamente. Qualcuno potrebbe
contestare il fatto che nella storia le uniche bombe atomiche sulle
città le hanno sganciate i “democratici” Stati Uniti. Ma anche su
questo vale il ragionamento fatto prima. Inoltre gli USA hanno la vinto
la guerra, la storia la scrivono come gli pare e piace e buona parte
del mondo “civilizzato” è disposto a credergli. Qualcun altro però
potrebbe contestare questa tesi accomodante e rammentare che le armi
atomiche ce l’hanno anche la Russia, la Cina, l’India e perfino il
Pakistan. Questi ultimi due paesi – sette anni fa – furono sottoposti a
sanzioni per gli esperimenti nucleari che sorpresero il mondo, incluso
il vertice del G 8.

Cina e Russia sono troppo grossi e potenti per vedere rimesso in
discussione il loro potere di deterrenza nucleare e poi sono membri
permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Ma l’India ha assai
migliorato le sue relazioni con gli USA mentre il Pakistan,
collaborando all’occupazione dell’Afganistan, si è magicamente
trasformato da una dittatura militare in una democrazia alleata della
coalizione antiterrorismo.

Secondo questa logica assai eccepibile, l’Iran non avrebbe alcuna
legittimità per dotarsi di impianti nucleari. Non ne ha bisogno, non è
una democrazia, gli ayatollah sono “matti”, non è una potenza
permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, non è neanche parte
della coalizione dei volenterosi contro il terrorismo quindi…l'Iran non
ha diritto a dotarsi dell'energia nucleare.

Stando così le cose un pò di verità non guasta, soprattutto alla luce
dell’esperienza di questi ultimi dieci anni e dello scatenamento della
guerra preventiva. Che la verità costringa talvolta al cinismo è una
causa ed un effetto della storia.

 
Il nucleare iraniano. Una minaccia o un fattore di riequilibrio?

I programmi nucleari sono stati sviluppati in moltissimi paesi nel
corso degli anni Novanta. Se vogliamo parlare di paradossi, il paese
che negli anni Novanta ha fatto incetta di plutonio e uranio… è stato
il Giappone. Pochi ricordano quante navi hanno preso la strada del Sol
Levante provenienti dalla Francia o dagli Stati Uniti con carichi
nucleari.

Diversamente che in Europa o nei paesi capitalisti, il ricorso al
nucleare in molti paesi emergenti corrispondeva più a standard di
sviluppo tecnologico (anche militare) che ad esigenze energetiche.

Va ricordato in tal senso il tentativo iracheno di costruire un
impianto nucleare a Osirak che fu stroncato unilateralmente dagli
israeliani con un bombardamento.

La “bomba islamica” l’ha costruita il Pakistan con i finanziamenti
ricevuti da tutti i paesi arabi ed islamici. Il Pakistan non lo ha
fatto per assicurarsi una fonte di approvvigionamento energetico
alternativo al petrolio ma per acquisire uno status di potenza
regionale nei confronti di India e Cina e per dare “un punto di forza”
alla nazione islamica nei confronti dell’arsenale nucleare israeliano.

La stessa Israele, ha creato l’impianto nucleare di Dimona non per
produrre energia di cui non dispone e aggirare così l’embargo
petrolifero arabo ma per produrre decine di testate nucleari operative.
Il povero Vanunu sta ancora passando i suoi guai per averlo rivelato al
Sunday Times.

Cosa hanno in comune la bomba islamica pakistana, quella indiana e
quelle israeliana? Che tutte e tre sono nate di nascosto e in paesi che
hanno rifiutato di firmare il Trattato di Non Proliferazione Nucleare
per evitare le ispezioni dell’AIEA nei loro impianti.

Al contrario, la Repubblica Islamica Iraniana, ha firmato il Trattato,
ha ospitato sistematicamente le ispezioni dell’AIEA ed ha dato vita
pubblicamente e legalmente al suo programma nucleare. Ma perché un
importante paese produttore di petrolio ha dato vita ad un programma
nucleare?

Le ragioni dell’accelerazione del piano nucleare iraniano, vanno viste
nel contesto del “Grande Gioco” apertosi pesantemente in Asia Centrale
a metà degli anni Novanta. Tra gli obiettivi dichiarati del “Silk Road
Strategy Act” statunitense vi era quello di tagliare fuori dai corridoi
energetici la Russia e l’Iran. (4)

La guerra degli oledotti che si è aperta e combattuta nel Caucaso e
nelle repubbliche asiatiche ex sovietiche non è ancora terminata ed è
stata di una durezza che pochi hanno saputo cogliere (se non in
occasione della guerra NATO nei Balcani).

Gli Stati Uniti puntavano a isolare ed estromettere l’Iran dalle
dinamiche della geografia mondiale del petrolio. Di questo erano
consapevoli il ricco Rafsanjani e i cosiddetti riformisti iraniani che
hanno quindi cercato di riallacciare i contatti con gli USA.

A complicare ed a chiarire le cose, ci si è messo però il Progetto per
il Nuovo Secolo Americano, il rafforzamento dei “likudzik” a Washington
ed a Tel Aviv e lo scatenamento della guerra preventiva da parte degli
Stati Uniti. La realtà infatti ha dimostrato fino ad oggi che le bombe
atomiche, è meglio averle che non averle e che se un paese dispone di
bombe atomiche può decidere da solo se farsi “esportare o meno la
democrazia in casa”. Lo scenario visto prima in Afganistan e poi in
Iraq è stato un serio deterrente per l’Iran. Questo paese infatti si
trova preso in mezzo ai due paesi occupati militarmente dagli USA e
l’amministrazione statunitense non nasconde affatto l’ambizione di
chiudere anche territorialmente questa parte dell’Arco di Crisi
indicato da tempo da Brzezinski e Kissinger.

Oggi l’amministrazione Bush è seriamente impantanata in Iraq ed è
ancora lontana dal raggiungimento degli obiettivi strategici prefissati
dal “Grande Medio Oriente”. La tabella di marcia del Nuovo Secolo
Americano deve fare i conti con la realtà e con la resistenza di popoli
e di Stati all’egemonia globale USA. Gli USA sono sottoposti a
fortissime pressioni israeliane per mettere in moto le operazioni
contro l’Iran. Bush non ha affatto escluso l’opzione militare ma deve
però prendere tempo e incentivare la campagna perché l’Iraq non è solo
una rogna dal punto di vista militare ma lo è ancora di più dal punto
di vista politico e della credibilità. Inoltre due potenze come Russia
e Cina hanno emesso un serio monito contro una eventuale aggressione
contro l’Iran.

Gli scienziati che hanno rivelato al Washington Post l’ulteriore
menzogna di guerra dell’amministrazione Bush e Sharon sul nucleare
iraniano, potrebbero essere più ascoltati e fortunati di quanto lo
furono quegli onesti ispettori dell’ONU che persero la voce a forza di
denunciare il fatto che di armi di distruzioni di massa in Iraq non ce
n’erano.

E’ possibile, anzi probabile, che nella prossima fase assisteremo ad
una escalation sempre più pericolosa contro l’Iran, ma sarà una
escalation la cui variabile indipendente non sarà rappresentata dagli
“ayatollah” ma da chi guiderà i governi israeliani. Per dirla con
Prodi: le chiavi della pace in Medio Oriente restano a Gerusalemme, non
a Bagdad né a Teheran.

Una conferenza o un piano che punti ad un processo di disarmo nucleare
del Medio Oriente riguarda certo l’Iran ma non può che includere anche
Israele. L'unico ad aver avanzato la proposta della denuclearizzazione
del Medio Oriente, è stato il Presidente iraniano intervendo alle
Nazioni Unite. Le potenze che vogliono attaccare o isolare l'Iran hanno
detto che non era credibile. Una domanda sorge semplice semplice:
perchè?

 * redazione di Contropiano

NOTE:
(1)  Washington Post del 23 agosto, riportato sulla stampa italiana il
24 agosto
(2)  Il rapporto di Wolfowitz è stato resto noto dal CorriereEconomia
del 14 dicembre del 1998
(3)  Vedi “Israele senza confini” a cura di Antonio Moscato e Sergio
Giulianati, edizioni Sapere 2000, 1984
(4)  Vedi Sergio Cararo “Il Grande Gioco in Asia Centrale”, Proteo nr.
4 del 2001

Mail: cpiano @ tiscali.it
Sito : http://www.contropiano.org


=== 3 ===

Fiaccole romane

di Rossana Rossanda

su Il Manifesto del 02/11/2005

Cominciamo con l'eliminare le bassezze. Un esponente della comunità
ebraica romana ha dichiarato che chiunque non sarà al suo fianco a
manifestare davanti all'ambasciata dell'Iran giovedì sera non soltanto
è nemico di Israele ma di tutti gli ebrei, e deve sapere che sarà
tenuto sotto osservazione. Il saggio amico Amos Luzzatto ha cercato di
rimediare osservando che qualcuno sarà impedito di esserci perché
ammalato o all'estero. Io sono in questa condizione. E però non a
Pacifici, che una volta mi ha additato come terrorista alle sassate dei
suoi seguaci, ma a Luzzatto voglio dire che non sarei andata alla
fiaccolata neanche se fossi a Roma e sana come un pesce. Primo, perché
nessuno mi farà andare o non andare a una manifestazione sotto minaccia
di essere schedata, e non preciserò che cosa questo mi ricordi;
secondo, perché non vedo ragioni di essere a fianco di Calderoli e di
Fini e sotto l'egida del Foglio. E con ciò chiuso. Che qualcuno della
comunità ebraica possa definirmi per questo antisemita è un problema
della medesima comunità. Delle intemperanze del Foglio, che sta
varcando il limite tra provocazione e stupidità, non meriterebbe
parlare se troppi e troppe non fossero frementi di frequentarne la
scena. E veniamo alle cose serie. Politicamente grave è stata l'uscita
di Ahmadinejad sulla necessità di cancellare Israele dalla carta
geografica, e miserrimo il rattoppo: «Ma non sarà l'Iran a cominciare,
e del resto sono cose che Khomeini e Khamenei hanno detto per
vent'anni». Grave che una folla di giovani e meno giovani e financo di
donne, trattate come sono da quel regime, si sia inebriata per le
strade di Tehran di questa minaccia simbolica.

Perché è un mero simbolo, ancorché pessimo. Non solo Israele è uno
degli stati più difesi, più armati e per certi versi più aggressivi del
mondo, e quindi non è certo messa in pericolo dall'Iran, ma quel che
gli ebrei hanno subito nel `900 fa dell'esistenza di una terra loro,
dove non possano mai sentirsi perseguitati o indesiderati, il minimo
che l'umanità deve a se stessa. Se c'è qualcosa da cancellare è
l'incapacità di molte comunità della diaspora di liberarsi dal senso di
essere in un ghetto, di essere isolata e perseguitata, e la parallela
incapacità di Israele di presentarsi come in stato d'assedio e quindi
di agire in modo conseguente per uscire da quel conflitto in
medioriente, nel quale sia ebrei sia palestinesi, spossessati della
loro terra, hanno perduto troppe vite e stanno dando il peggio di sé.
Non è vero che un forsennato presidente iraniano voglia cancellare lo
stato di Israele mentre il saggio Sharon riconosce pienamente
l'esistenza di uno stato palestinese. Ambedue rifiutano di
riconoscersi, si rilanciano minacce di sterminio che fortunatamente non
possono mettere in atto, svicolano dai loro problemi reali e danno
corda ai reciproci fondamentalismi.

Su questo l'appello a partecipare al presidio di giovedì non dice né
solo né tutta la verità. E' una manovra che fa comodo alla destra,
viene da uno dei suoi uomini, pretende di misurare la temperatura
democratica della sinistra di fronte a uno dei problemi più dolorosi
del tempo nostro. Soprattutto è una misera cosa davanti al vero
problema di civiltà dal quale è impossibile stornare ormai lo sguardo.
Da tutte le parti del mondo ci viene infatti un'analoga immagine: al
venir meno di un conflitto civilizzato come è stata e vissuta nel `900
la lotta di classe e quella di emancipazione dei popoli, sono
conseguite da parte della sinistra l'abbandono di ogni principio, e nei
paesi terzi la retrocessione dalla emancipazione all'identità di sangue
e terra. E' giocoforza constatare che alla fine di un messianesimo
terrestre per ingenuo che fosse, dai primi illuministi all'ambizione di
creare un soggetto sociale rivoluzionario internazionalista, è
sopravvenuta non altro che una regressione dell'una e dell'altra molto
al di qua del punto da cui si era partiti.
La fine dei laicismi arabi è una catastrofe per quei paesi: davvero
solo gli ayatollah potevano liberare l'Iran dalla modernità poliziesca
e filoamericana dello scià? Davvero solo la disperazione dei kamikaze
può ormai far fronte a Sharon? O Al Qaeda e la sue ramificazioni al
venire meno di ogni progressismo arabo? E sono le sette
fondamentaliste, musulmane o indu, che si danno reciprocamente fuoco ma
convincono e spesso organizzano i reietti della crescita indiana. Ma
anche in occidente sembra che alla mera forza della tecnica del mercato
non possa opporsi che la mera visceralità. Non è questa che ha dato
spazio negli Stati Uniti ai neocons, in Francia a Le Pen, a Bossi in
Italia, ai Kaczynski in Polonia, e si potrebbe continuare? Il modello
occidentale trionfante moltiplica i reietti, e i reietti non sono - su
questo ha ragione Dahrendorf - il terreno delle rivoluzioni. Sono
terreno del populismo. Così quel che potrebbe essere stato, anche nel
caso del presidente iraniano, un dibattito serio nel conflitto politico
italiano degenera di colpo in una brutta commedia. Bisognerà pure che
qualcuno si decida a dirlo.


=== 4 ===

PER LA PALESTINA:

Appello delle comunità palestinesi in Cisgiordania per il 3° anno della
campagna internazionale contro il muro dell’Apartheid.

 
Contro la distruzione della terra e dei suoi frutti che sono da sempre
la ricchezza e la bellezza della Palestina; Contro i muri colonizzatori
e ghettizzanti, contro la militarizzazione, le case, le strade e le
infrastrutture solo per i coloni, volte all’estinzione dell’eredità e
del futuro del nostro popolo; Contro la pulizia etnica di Gerusalemme –
il cuore della Palestina – e l’espulsione in corso della nostra gente
dalla propria casa.Per rafforzare la resistenza di massa palestinese e
isolare l’apartheid messa in atto da Israele sono necessarie azioni di
boicottaggio nei confronti delle compagnie che appoggiano l’occupazione
israeliana dei territori palestinesi, ed è indispensabile fare
pressioni sui governi per imporre un’applicazione delle sanzioni emesse
contro il muro dalla Corte Internazionale dell’Aja.

        
Proseguire e rilanciare la solidarietà e la mobilitazione a fianco del
popolo palestinese è una priorità di tutti i democratici del nostro
paese.

 
IL SILENZIO E’ COMPLICE DELL’OCCUPAZIONE DELLA PALESTINA

 
I territori palestinesi continuano ad essere occupati e Gaza continua
ad essere assediata. In Cisgiordania proseguono la colonizzazione e
l’annessione delle terre palestinesi di cui il Muro della vergogna è
uno strumento. Sharon e la dirigenza israeliana continuano ad agire
contro il diritto internazionale per impedire la nascita di uno Stato
palestinese indipendente.

 
ABBATTIAMO IL MURO DELL’APARTHEID IN PALESTINA
DIRITTO AL RITORNO PER I PROFUGHI
LIBERTA’ PER MARWAN BARGHOUTI E PER TUTTI
I PRIGIONIERI POLITICI PALESTINESI


IL 18 E 19 NOVEMBRE

Manifestazione Nazionale


VENERDI 18 NOVEMBRE 2005

Ore 21.30 alla Tenda del Villaggio Globale

Musica per la Palestina - CONCERTOCON LUCA ZULU IN THE AL MUKAWAMA
EXPERIMENT 3 dalle ore 20 nella sala cinema del Villaggio Globale
Mostre e filmati sull’occupazione israeliana e sulla resistenza
palestinese

Lancio della proposta di costituzione del comitato per la liberazione
di Marwan Barghouti con la partecipazione di Fadua Barghouti

 
SABATO 19 NOVEMBRE 2005

Facoltà diArchitettura Roma Tre (ex mattatoio Testaccio) via Aldo
Manuzio,72

Ore 16.30 INCONTRO PUBBLICO con:

Faruk Qaddumi (segretario di Al Fatah) Fadua Barghouti (comitato per la
liberazione di Marwan Barghouti)

Kassem Ayna (ONG profughi palestinesi in Libano)

Performance di Luca Zulu sul progetto Libano

COMITATO PER NON DIMENTICARE SABRA E CHATILA

Alle iniziative sono state invitate le forze politiche e sociali della
sinistra italiana


Info, contatti e adesioni: Palestina_novembre2005 @ yahoo.it

Prime adesioni e partecipazioni:

Comitato con la Palestina nel cuore; Associazione giovani palestinesi
Wael Zuaiter; Associazione culturale libera informazione; forum
Palestina; Associazione nazionale punto critico; settimanale “la
Rinascita”; rivista l’Ernesto; Contropiano; Radio Città aperta;
Comitato di solidarietà con l’Intifada; Centro sociale Intifada;
Associazione amici della mezzaluna rossa palestinese; Centro sociale
autogestito Villaggio Globale; CPA Firenze-Sud; Coordinamento toscano
di solidarietà con la Palestina; Circolo arci Agorà di Pisa; Campagna
Stop the Wall; Un ponte per; Associazione di amicizia italo-palestinese
di Firenze; Comitato donne RdB per la Palestina; Centro di cultura
popolare Tufello;Comitato pisano di solidarietà con la palestina