Informazione

[ Sulla giornata mondiale del 19 marzo ulteriori informazioni ai siti:
http://www.nowar19marzo.com
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/roma190305.htm
http://www.march19th.org/
http://troopsoutnow.org ]

Una manifestazione straordinaria apre una nuova fase del movimento
contro la guerra.
 
Comunicato del Comitato per il ritiro dei militari dall'Iraq
 
Una partecipazione vera, ampia, straordinaria e determinata fino in
fondo ha caratterizzato la manifestazione di Roma del 19 marzo
nell'ambito della giornata mondiale contro la guerra.
Decine di migliaia di persone (50.000, 70.000 o quanto volete) hanno
dato vita ad una manifestazione popolare su una piattaforma finalmente
adeguata alla posta in gioco: via subito le truppe dall'Iraq; sovranità
dell'Iraq e riconoscimento della legittimità della resistenza
all'occupazione; via le basi militari USA e NATO dal nostro paese,
hanno rappresentato il minimo comune denomitore di una coalizione di
forze che hanno posto al centro l'obiettivo di mantenere alta e più
qualificata la mobilitazione contro la guerra mettendo fine alla
ritualità delle manifestazioni per la pace e facendo saltare
clamorosamente e pubblicamente il tentativo di depotenziare il
movimento.messo in moto da mesi della "politica"
Una manifestazione motivata e determinata che ha saputo fare fronte con
maturità ed efficacia alla chiusura degli spazi di agibilità imposti
dal governo Berlusconi e dai responsabili dell'ordine pubblico.
Una manifestazione che non è arretrata di un millimetro di fronte
all'impressionante schieramento poliziesco e che con creatività ha
saputo praticare l'obiettivo di arrivare fino a Palazzo Chigi, la sede
di un governo che resta il principale responsabile della partecipazione
dell'Italia alla guerra e all'occupazione dell'Iraq.
Da oggi è chiaro a tutti che non è stata violata una "zona rossa" ma è
stato penetrato ed imposto un territorio politico: quello in cui di
fronte alle ambiguità e all'inettitudine dell'opposizione parlamentare
del centro-sinistra, è l'autonomia del movimento che entra in campo
contro il governo Berlusconi e i troppi silenzi della Presidenza della
Repubblica, ponendo con forza gli obiettivi condivisi dalla maggioranza
sociale di questo paese e della coalizione di forze che ha fortemente
voluto la manifestazione di sabato 19 marzo.
La scelta di alcune di forze di concentrarsi e di andare a Bruxelles
piuttosto che contribuire alla manifestazione di Roma, è qualcosa di
più un errore politico, è la sanzione che l'autonomia del movimento
contro la guerra ha fatto adesso un passo in avanti irreversibile. La
riuscita della manifestazione anche in assenza degli apparati
organizzativi e del consenso dei grandi partiti, dei maggiori sindacati
ed associazioni, indica che un nuovo percorso politico e con contenuti
più avanzati è avviato.
Il ritiro immediato delle truppe dall'Iraq, lo smantellamento delle
basi militari USA e NATO, il riconoscimento della resistenza irachena
come fattore legittimo e compagno di strada dei movimenti che in tutto
il mondo stanno lottando per mettere fine alla guerra, sono adesso un
elemento di consapevolezza e chiarezza comuni dentro il movimento. Si
tratta adesso di incalzare un governo in difficoltà perchè ritenuto
responsabile di una crisi politica, sociale e morale che la sua
complicità nella guerra di Bush ha fatto implodere ed esplodere. Con la
manifestazione del 19 marzo una nuova fase del movimento contro la
guerra si è aperta.
Grazie a tutti e a tutte coloro che vi hanno creduto e partecipato fino
in fondo
 
Roma 19 marzo
 
Comitato per il ritiro dei militari dall'Iraq
viadalliraqora@...

https://www.cnj.it/INIZIATIVE/milano010405.htm
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Milano, Venerdi 1 aprile
ore 21.00

Al Centro Popolare la FUCINA
Via Falck 44, Sesto S.Giovanni
(MM1 Sesto Rondò o FS, di fronte al Cinema Dante.
Mail: ass.lafucina @ libero.it)

FOIBE, UN FALSO STORICO

Dibattito con:
CLAUDIA CERNIGOI, autrice di “Operazione Foibe. Tra storia e mito”
e
ALESSANDRA KERSEVAN, editrice

Lo scorso 10 febbraio si e’ celebrata la “giornata del ricordo”,
contraltare del centrodestra alla “giornata della memoria” istituita a
ricordo degli stermini del nazismo.
La RAI ha prodotto una fiction ad hoc sulle foibe, applaudita dalla
destra e dalla sinistra istituzionale, mentre i settori piu’
lungimiranti della destra hanno approfittato dell’assenza di ogni
critica a questa operazione di palese revisione della storia per
proseguire l’opera di denigrazione della Resistenza (di ieri, per
criminalizzare quella di oggi), che prosegue con la concessione delle
pensioni di guerra ai repubblichini di Salo’, con gli scarsi fondi
messi a disposizione per la celebrazione del 60 della Resistenza
antifascista, con la programmazione di una nuova fiction tratta dal
libello anticomunista “Il sangue dei vinti” di Giampaolo Pansa, ecc.
Il tutto, mentre le truppe italiche di nuovo calcano terre straniere in
veste di colonizzatori, mentre quasi quotidianamente centri sociali o
sedi politiche vengono dati alle fiamme e distrutti, mentre si
restringono gli spazi di agibilita’ politica per chi non si piega al
pensiero unico.

Il popolo jugoslavo ha avuto, a causa del fascismo e del nazismo, oltre
300.000 morti, decine di migliaia di internati nei campi di
concentramento italiani e tedeschi, terre confiscate ed interi villaggi
distrutti. Chi sono gli “infoibati”? In larga misura coloro che,
direttamente o indirettamente, si sono resi responsabili di queste
atrocità. Questo per noi significa collocare l’esistenza delle “Foibe”
(per quello che veramente sono state nelle forme e nei numeri) come
giusta e inevitabile risposta popolare a fascisti, squadristi,
repubblichini, collaborazionisti, delatori e spie. L’unica giustizia
possibile.
Infatti i 1.300 italiani, criminali di guerra, responsabili dei crimini
in Africa prima ed in Jugoslavia poi, richiesti dai paesi coinvolti,
non sono mai stati consegnati, ma sono rimasti impuniti e spesso hanno
assunto posti di comando nel periodo successivo alla guerra.

Per questo e’ oggi importantissimo organizzare momenti di informazione
su questi temi, poiche’ crediamo che simili iniziative contribuiscano
alla conoscenza, attraverso i fatti, di come realmente si sono svolti
gli avvenimenti, a contrastare la cosiddetta opera di “pacificazione”,
che vorrebbe porre sullo stesso piano antifascisti e fascisti,
liberatori ed oppressori, torturati e torturatori.


Claudia Cernigoi è nata a Trieste nel 1959. Giornalista pubblicista dal
1981, ha collaborato alle prime radio libere triestine e oggi dirige il
periodico “la Nuova Alabarda” (il sito è www.nuovaalabarda.tk). Ha
iniziato ad occuparsi di storia della seconda guerra mondiale nel 1996,
e nel 1997 ha pubblicato per la Kappa Vu il suo primo studio sulle
foibe, Operazione foibe a Trieste. In seguito ha curato una serie di
dossier (pubblicati come supplemento alla “Nuova Alabarda”) su
argomenti storici riguardanti la seconda guerra mondiale e sulla
strategia della tensione. Nel 2002, assieme al veneziano Mario
Coglitore, ha pubblicato La memoria tradita, sull’evoluzione del
fascismo nel dopoguerra (ed. Zeroincondotta di Milano).


Operazione Foibe
Tra storia e mito

di Claudia Cernigoi

Kappa Vu Edizioni
Udine 2005
Pagine 308 - 16.00 Euro

Sul libro e sull'autrice vedi anche le schede alla pagina:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4223

Info: Mauro Daltin – Ufficio Stampa Kappa Vu Edizioni
Tel: 0432530540 -- info @ kappavu.it
www.resistenzastorica.it
www.kappavu.it

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https://www.cnj.it/INIZIATIVE/milano010405.htm

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24 MARZO -- VI ANNIVERSARIO DELLA AGGRESSIONE
DELLA N.A.T.O. CONTRO LA R.F. DI JUGOSLAVIA

https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm

Sul nostro sito internet stiamo raccogliendo la documentazione
essenziale sui crimini commessi, sulle denunce insabbiate, sulla
degenerazione del dibattito politico e culturale anche a sinistra in
occasione della prima "guerra umanitaria" scatenata nel cuore
dell'Europa dopo la II Guerra Mondiale. Contro quelli che
preferirebbero dimenticare. CNJ

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http://www.resistenze.org/sito/as/sosyu/assy5c18.htm
www.resistenze.org - associazione e dintorni - s.o.s. yugoslavia -
18-03-05

24 Marzo 1999 – 24 Marzo 2005 - Noi non dimentichiamo!

A sei anni dalla vile e vergognosa aggressione alla Repubblica Federale
Jugoslava, oggi la verità e le loro menzogne di guerra sono sotto gli
occhi di tutti. Hanno bombardato, distrutto, devastato, avvelenato e
annichilito un paese e un popolo, solo per i loro interessi economici,
politici e militari. I risultati sono scolpiti nella tremenda realtà
del popolo serbo e jugoslavo.

Riportiamo come atto di denuncia e memoria storica questi articoli di
due eminenti personalità indipendenti:
W. Rockler (giudice al processo di Norimberga) e H. Pinter ( scrittore
e professore universitario ).

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L’ILLEGALE BOMBARDAMENTO DELLA YUGOSLAVIA

di Walter Rockler (Pubblico Ministero americano al Processo di
Norimberga)


Argomento del video indirizzato alla Conferenza “Kosovo – Giorno della
Verità – nuovo e pericoloso per l’Europa” tenutasi presso la Friends
House (Camera degli Amici), Londra, organizzato da Justice Yugoslavia
(Campagna per la Giustizia dei Popoli della Yugoslavia - CJPY) e
Cristiani Contro l’Aggressione della NATO (CANA), 24 febbraio 2001.

Le mie osservazioni saranno dirette uno alla legalità del bombardamento
NATO della Yugoslavia come metodo di imposizione/accettazione della
NATO verso il Governo yugoslavo, in merito all’occupazione del Kosovo;
due agli ipocriti pretesti usati per giustificare il bombardamento e
l’occupazione; e tre ad alcuni “risultati” del bombardamento e
dell’occupazione.

Dopo il successo del potere Occidentale o NATO, nella divisione della
Bosnia in tre enclavi etniche, ciascuna incessantemente ostile alle
altre due, questo potere ha deciso di arrogarsi un ulteriore dovere di
regolare gli affari Serbi. In Kosovo, lo storico cuore della provincia
Serba, la minoranza Serba è stata continuamente perseguitata dalla
maggioranza Albanese immigrata dopo la Seconda Guerra mondiale.

I Serbi, governavano l’amministrazione, le politiche e la sicurezza
della Provincia. L’UCK Albanese, una volta, indicata come
organizzazione terroristica dagli Stati Uniti, divenne la carta
impiegata per le imboscate alla polizia Serba e agli amministratori; ed
i Serbi certamente venivano perseguitati, in quanto ciò equivaleva
oggettivamente ad una guerra civile di bassa intensità.

I dirigenti della NATO convocarono un meeting a Rambouillet con i
dirigenti jugoslavi in cui la NATO ha consegnato un ultimatum
non-negoziabile: il Kosovo doveva essere sottomesso alle regole NATO,
con lo scopo finale dell’indipendenza della provincia Albanese.
L’ultimatum fu sostenuto dalla minaccia di fare a pezzi la Yugoslavia
sottomettendola. Il Governo jugoslavo ha rifiutato la proposta della
NATO, con il risultato che la NATO usando la forza per “ragioni
umanitarie”, ha messo in atto la minaccia del bombardamento. Ciò ha
provocato un incessante bombardamento di notte e di giorno con una
media valutata di 14.000 missioni durante quasi tre mesi. Usando le
bombe intelligenti, le bombe silenziose, le bombe a grappolo e quelle
all’uranio impoverito, i bombardamenti al servizio dell’umanitarismo
hanno ucciso più di mille uomini, donne e bambini; hanno colpito le
fabbriche, gli acquedotti, gli elettrodotti, le emittenti TV e
radiofoniche, ponti, treni e civili abitazioni, senza parlare
dell'Ambasciata cinese. Durante il periodo del bombardamento, centinaia
di migliaia di albanesi hanno lasciato il Kosovo, molto probabilmente
forzati dalle truppe serbe.

La domanda diventa, data la presunta purezza dei motivi della NATO che
hanno l'obiettivo di assicurare la verità, la libertà ed il senso
democratico, era questo un bombardamento argomento censurabile secondo
il diritto internazionale? La risposta breve è che il bombardamento è
stato un atto di flagrante disprezzo del diritto internazionale, e,
secondo quella legge, un atto criminale.

Come fonte primaria del diritto internazionale, il giudizio del
Tribunale di Norimberga, nel 1945-1946, in merito al caso dei
principali criminali di guerra nazisti, è evidente e chiaro. I capi
americani e britannici spesso invocano in modo retorico ed elogiano
quel giudizio, ma ovviamente non lo hanno letto. La corte
internazionale ha dichiarato: "Iniziare una guerra di aggressione,
quindi, non è soltanto un crimine internazionale, è uncrimine
internazionale supremo chedifferisce da altri crimini di guerra
solamente in quanto contieneall’interno di sé, la malvagità accumulata
nel suo complesso ".

A Norimberga, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno esercitato
pressioni riguardo il processo dei capi nazisti per la pianificazione e
l'inizio della guerra aggressiva come estremo crimine. Il membro della
Suprema Corte di Giustizia Robert Jackson, capo del personale americano
al processo, ha asserito "che lanciare una guerra di aggressione è un
crimine e che nessuna situazione economica o politica può
giustificarlo".

La Carta della Nazioni Unite considera l’aggressione allo stesso modo.
Gli articoli 2,4 e 7 proibiscono le minacce di forza o l'uso di forza
da parte di uno Stato contro un altro e gli interventi nella
giurisdizione interna di qualsiasi Paese. L'assemblea generale delle
Nazioni Unite nella Risoluzione 2131, una “Dichiarazione
sull’Inammissibilità dell’Intervento", ha rafforzato il punto di vista
che un intervento militare, in qualsiasi Paese sia compiuto, è
un’aggressione e un crimine senza giustificazione.

Oggi c’è semplicemente una perversione dell'Organizzazione del Trattato
Nord Atlantico (North Atlantic Treaty Organization), originariamente
formata come alleanza difensiva sotto l’osservazione della Carta delle
Nazioni Unite. Il Trattato all’inizio ha impegnato i relativi firmatari
ad astenersi dalla minaccia o dall'uso di forza in qualsiasi maniera
incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite ed ha riconosciuto
esplicitamente la responsabilità primaria del Consiglio di Sicurezza
(delle Nazioni Unite) in merito al mantenimento della pace e della
sicurezza internazionali. Ovviamente, nell'escludere l'approvazione
delle Nazioni Unite e nell’ evitare il rischio di veto russo o cinese
per il bombardamento, la NATO ha ignorato e violato questo obbligo di
base.

A partire da un altro punto di vista di diritto internazionale, il
bombardamento condotto dalla NATO ha costituito un crimine di guerra.
Contrariamente alla convinzione dei nostri pianificatori di guerra, il
bombardamento aereo senza restrizione riguardante i siti civili è
escluso dal diritto internazionale. Il bombardamento delle
infrastrutture di un Paese – acquedotti, impianti elettrici, ponti e
fabbriche - non è un attacco relativo agli obiettivi militari
legittimi. Il nostro bombardamento inoltre ha provocato eccessivi
incidenti mortali e danni ai civili, che violano ancora un altro
standard.

Quando il bombardamento della NATO è iniziato non c’erano state
atrocità diffuse e massacri in Kosovo e l’esodo su grande scala degli
Albanesi non era in corso. Ciò non era in alcun caso la preoccupazione
del dettame NATO di Rambouillet, che ha rispecchiato alcune
considerazioni curiose. Così la NATO ha richiesto che la Yugoslavia
migliorasse la relativa economia seguendo le linee del mercato libero.
La NATO ha inoltre richiesto il diritto di spostare le truppe NATO
attraverso tutta la Yugoslavia, ma con la clausola che tali truppe non
fossero soggette alla legge e alla giurisdizione jugoslava. In realtà,
la Yugoslavia doveva trasformarsi in una sorta di Shanghai, colonia
straniera dell’inizio del ventesimo secolo.

Fingendo che un motivo del bombardamento fosse la relativa necessità,
gli apologeti della NATO hanno indicato l’esodo degli Albanesi dal
Kosovo come un crimine internazionale, per quanto l'ipocrisia coinvolta
in questo pretesto per l’assassinio dai cieli sia stata vergognosa,
così tale ipocrisia non è una casualità. Quando i Croati, sostenuti
attraverso la protezione e l'incoraggiamento della NATO, hanno cacciato
i Serbi dalla zona della Krajinapochi anni fa, con 200.000 - 300.000
Serbi espulsi con forzadalle loro case, questo comportamento non ha
evocato la critica da parte dei filantropi della NATO. Attualmente con
il Kosovo sotto l'occupazionebenevola della NATO, circa 100.000 o più
Serbi del Kosovo sonostati costretti a scappare in altre zone della
Yugoslavia sotto la minacciaomicida dell’UCK. Chi condanna o impedisce
questo esodo? E’ stato stimato che durante il periodo intero delle
operazioni della NATO,700.000 rifugiati Serbi sono stati costretti a
scappare in Yugoslavia. Ciò ha prodotto un assordante silenzio sia da
parte del New York Times che del London Times suggerito dalle
indicazioni del Dipartimento di Stato USA e dal Foreign Office
britannico. Decine di migliaia di ROM o zingari inoltre sono stati
cacciati fuori dal Kosovo.

...Ma dopo tutto, suppongo che ci sia un limite all’umanitarismo.

Attualmente l’UCK ha iniziato gli attacchi e le uccisioni nelle regioni
della Yugoslavia oltre i confini della provincia del Kosovo. La NATO,
che ha il compito, come occupante del Kosovo di esercitare la legge e
l'ordine, di mantenere i diritti civili della cittadinanza e di
mantenere un minimo di pace, sembra essere debole. In tal caso, la NATO
che cosa fa in Kosovo?

Quando ero un giovane accusatore dei nazisti a Norimberga, lessi le
analisi del membro della Corte di Giustizia Robert Jackson che
dichiarava: "Se determinati atti in violazione di trattati sono
crimini, sono crimini sia se li fa gli Stati Uniti, sia se li fa la
Germania, e non siamo autorizzati a stabilire una regola di
comportamento criminale contro altri, se non siamo disposti ad
accettarla verso di noi".

Oggi, non posso che essere persuaso che la distruzione e le uccisioni
di civili in Yugoslavia, espressione del forte contro il debole, siano
state qualche cosa di meno che l'uccisione al servizio dell’arroganza;
e respingo i miseri pretesti per questo comportamento criminale. W.
Rockler

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24 Marzo 1999

Anniversario del bombardamento Nato della Repubblica Federale Jugoslava

Harold Pinter ( scrittore, drammaturgo, professore universitario
inglese)


Gradirei leggervi un estratto del libro, potente e importante, di Eve
Ann Prentice, la Guerra di una Donna, sull’azione della Nato in Serbia.

“La piccola vecchia signora sembrava che avesse tre occhi. Ad
un’analisi più attenta, era l’effetto della granata che si era
esercitata sulla sua fronte e l’aveva uccisa. Una delle sue scarpe era
stata strappata via ed i ravanelli che lei aveva appena comperato al
mercato, giacevano come schizzi di sangue vicino alla sua mano distesa.

Subito i morti sembravano pressoché camuffati tra macerie, pezzi li
legno e vetri infranti ma una volta che cominciavi ad osservare, i
corpi erano dappertutto, alcuni coperti con tovaglie o lenzuola, altri
che giacevano semplicemente esposti la dove erano caduti. Non c’era un
pollice quadrato di muro, albero, macchina o essere umano che non fosse
stato torturato dalla granata. Case che ore prima erano state graziose,
con i loro recinti di legno e le finestre incorniciate dai fiori
sbocciati, adesso erano crivellate dai colpi dell’artiglieria. Vedove
in nero, appoggiate al cancello del loro orto, singhiozzando nel
fazzoletto, osservavano i loro vicini morti, stesi tra vetro rotto,
alberi divelti, auto bruciate, biciclette contorte.

Proprio vicino ai cadaveri erano sparpagliate borse di plastica, con
sparsi attorno pacchetti, uova, frutta, freschi di mercato ma che ormai
non sarebbero più stati mangiati.

Era Venerdì 7 Maggio 1999 nella città meridionale di Nis; e la Nato
aveva commesso un errore. Invece di colpire un edificio militare vicino
all’aeroporto, a circa tre miglia, i bombardieri avevano lasciato
cadere il loro carico letale in un groviglio di viuzze vicino al centro
cittadino. Almeno trentatre persone vennero uccise e un’altra ventina
subì ferite tremende; brandelli di mani, piedi, braccia completamente
volati via, addomi e toraci sventrati da frammenti di metallo volanti.

Questo non era stato un bombardamento “ordinario”, se può esistere una
cosa del genere. L’area era stata colpita da bombe a grappolo, congegni
progettati per causare, alla loro esplosione, una dispersione mortale
di frammenti di metallo roventi. Il governo jugoslavo aveva accusato
l’Alleanza di aver usato queste armi in altri attacchi che avevano
abbattuto civili ma l’indicazione ad Ovest era stata irrisa con sdegno”.

Il bombardamento di Nis non era nessun ‘errore’. Il generale Wesley K
Clark, all’inizio dei bombardamenti Nato, dichiarò: “noi stiamo
portando sistematicamente e progressivamente attacchi, distruzione,
degrado, devastazione e alla fine- a meno che il Presidente Milosevic
acconsenta alle richieste della comunità internazionale- distruggeremo
queste forze e le loro installazioni e i loro appoggi”. Le ‘forze’ di
Milosevic, come noi sappiamo, includevano stazioni della televisione,
scuole, ospedali, teatri, case di anziani- e la piazza del mercato di
Nis. Era in effetti una rappresentazione fondamentale della politica
della Nato per terrorizzare la popolazione civile.

Io vi chiederei di comparare quelle immagini della piazza del mercato
di Nis con le fotografie di Tony Blair con suo figlio appena nato che
era contemporaneamente su tutte le prime pagine. Che bel papà e che bel
bambino. La maggior parte dei lettori non avrebbe messo in relazione il
padre orgoglioso con l’uomo che aveva lanciato bombe a grappolo e
missili all’uranio impoverito sulla Serbia. Come noi sappiamo, dagli
effetti dell’uranio impoverito usato in Iraq, nel prossimo futuro in
Serbia nasceranno bambini che non sembreranno così carini come il
piccolo Leone. Ma loro non avranno i loro ritratti nei giornali.

Gli Stati Uniti furono determinati ad intraprendere la guerra contro la
Serbia per una e una sola ragione: affermare il proprio dominio
sull’Europa. E sembra molto chiaro che non si fermeranno là. Nel
mostrare il loro disprezzo per le Nazioni Unite e la Legge
Internazionale, gli Stati Uniti hanno aperto la via a più oltraggi alla
morale, più “interventi umanitari”, più dimostrazioni della loro
indifferenza al destino di migliaia e migliaia di persone, più bugie,
più stupidaggini, più sadismo casuale, più distruzione.

Ed il governo della Gran Bretagna segue la causa con un’ansia che può
meritare solamente il nostro disgusto. Noi siamo di fronte ad una
macchina brutale, spietata e malvagia. Questa macchina deve essere
riconosciuta per quello che è, e affrontata.

Questo intervento è stato tenuto alla Conferenza dei Balcani del
Comitato per la Pace,
nella Sala Conway, il 10 Giugno 2000 –

Da harolpinter.org
A cura di : Associazione SOS Yugoslavia


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24 MARZO -- VI ANNIVERSARIO DELLA AGGRESSIONE
DELLA N.A.T.O. CONTRO LA R.F. DI JUGOSLAVIA

https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm

Sul nostro sito internet stiamo raccogliendo la documentazione
essenziale sui crimini commessi, sulle denunce insabbiate, sulla
degenerazione del dibattito politico e culturale anche a sinistra in
occasione della prima "guerra umanitaria" scatenata nel cuore
dell'Europa dopo la II Guerra Mondiale. Contro quelli che
preferirebbero dimenticare. CNJ

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Militari all'estero

1. 10.000 militari italiani impegnati in operazioni all'estero ma solo
uno su 30 in missioni dell'ONU

2. Unione Nazionale Carabinieri: Per noi poco chiara la versione data
sulla morte del paracadutista Salvatore Marracino

Fonte: http://www.contropiano.org/doc_europa&russia.asp


=== 1 ===

10.000 militari italiani impegnati in operazioni all'estero ma solo uno
su 30 in missioni dell'ONU


I militari italiani impegnati in missioni all'estero, la cui proroga e'
stata votata dalla Camera, sono oggi 9.053, secondo dati aggiornati
allo scorso 21 febbraio. Complessivamente i nostri soldati sono
impegnati in 25 missioni distribuite in 18 paesi e tre aree
geografiche. Ma solo il 12% è impiegato in missioni effettivamente
delle Nazioni Unite. Diversamente da quanto riferito, la gran parte
sono impegnati in missioni militari della NATO o su base di accordi
bilaterali e multilaterali e non in missioni dell'ONU.

La maggioranza dei militari e' schierata nei Balcani: 4.364 in totale,
fra i quali 2.501 in Kosovo, 1.149 in Bosnia, 506 in Albania e 193 in
Macedonia. In Iraq i militari italiani sono 3.303. Il contingente e'
basato sulla Brigata 'Garibaldi', che a fine dicembre ha avvicendato la
brigata 'Friuli'. I soldati, oltre al controllo e al monitoraggio di
tutta la provincia di Dhi Qar, assegnata dalla coalizione al
contingente italiano, sono impegnati nella formazione delle forze di
sicurezza irachene - sono stati addestrati 5.000 poliziotti e 700
militari - e nella ricostruzione di infrastrutture, con centinaia di
progetti avviati e realizzati.

In Afghanistan, invece, sono complessivamente 655 gli italiani
impegnati nella Isaf, la Forza di stabilizzazione internazionale a
guida Nato. Sono impiegati una compagnia di sicurezza, uomini del
Genio, delle Trasmissioni, plotoni Nbc e artificieri.

Ad Enduring Freedom, la missione anti-terrorismo a guida americana,
l'Italia contribuisce con i 233 marinai che compongono l'equipaggio di
nave Zeffiro, che incrocia nel mare Arabico settentrionale, nel Golfo
persico e nel Corno d'Africa. Altra zona di impiego e' l'Eritrea, dove
sono 52 i carabinieri inseriti nella missione dell'Onu finalizzata al
rispetto della tregua e alla definizione dei confini contesi tra
l'Etiopia e l'Eritrea stessa. Infine 221 uomini sono distribuiti tra
Israele, India-Pakistan, Libano, Marocco, Egitto, Malta, Sudan, Senegal
e nella citta' di Hebron.

(15.03.2005)


=== 2 ===

Per noi poco chiara la versione data sulla morte del paracadutista
Salvatore Marracino

Unione Nazionale Carabinieri

E’ difficile per Noi del mestiere, credere che un esperto paracadutista
possa commettere una imprudenza simile, con la propria arma carica, per
giunta durante una esercitazione quando necessita la massima attenzione
e concentrazione. E’ già grave che simili incidenti si verifichino in
corso delle esercitazioni di routine in Italia, tra le reclute non
tanto esperte di armi, è gravissimo che ciò possa accadere in zona di
guerra, in Iraq appunto dove non c’è bisogno di esercitazioni di tiro
nei poligoni, essendo tutto l’Iraq un possibile poligono dove si spara,
e per davvero, più o meno per difendersi. Non crediamo quindi alla
versione fornita a caldo dai Comandanti di stanza in Iraq, e chiediamo
che si faccia chiarezza, ricordando che in Italia, quando si verificano
casi del genere, sia per “suicidi” di militari, che per morti a seguito
dell’esplosione del “fuoco amico” di qualche collega, si parla quasi
sempre di “ spiacevole incidente “ così escludendo responsabilità di
terzi nelle vicende. Non sarà il caso del paracadutista Marracino, ma
appare opportuno indagare ed a fondo su quanto accaduto, da parte di
organismi “esterni” e “ super partes” alle Forze Armate in causa, per
evitare qualsiasi distorsione della verità di cui è colma la Storia del
nostro Paese. Noi dell’Unione Carabinieri, continuiamo a ripetere da
tempo che il clima in Iraq, in cui vivono i nostri ragazzi, non è
affatto quello che arriva in Italia. Alla nostra Call Center, arrivano
di continuo telefonate di “preoccupazione” e di richiesta di “notizie”
certe, da parte dei familiari e dagli stessi militari che sono in Iraq
, i quali NON ci sembra che abbiano preso favorevolmente la scelta del
Governo Italiano di procrastinare quella che Noi continuiamo a definire
una “scellerata” Missione di guerra. Esprimiamo il nostro cordoglio
alla Famiglia dell’ultimo caduto, e garantiamo la nostra massima
dedizione a quel Contingente seguendo, da vicino ogni risvolto e dando
l’aiuto e l’informazione necessaria.

Per informazioni: Unac Presidenza : M.llo CC. Antonio SAVINO -
centralino 080.5238277 – 339.8430532 – Il Presidente Nazionale U.N.A.C.
Direttore de “La Rivista dell’Arma “ M.llo Ord.CC.® Antonio SAVINO
-U.N.A.C. - Unione Nazionale Arma Carabinieri -

(16.03.2005)