Informazione

ALBANIA: 670 FAMIGLIE AUTORECLUSE PER CODICE VENDETTA

(ANSA) - TIRANA, 2 MAR - Il secolare codice della vendetta (Kanun)
continua
a restare in vigore nell'Albania del Duemila, e in questo momento 670
famiglie nel nord del Paese vivono chiuse in casa 24 ore al giorno in
una
condizione di vera e propria autoreclusione per sfuggire alla morte. Il
dato
e' contenuto nell'ultimo rapporto del Dipartimento di Stato americano
sul
rispetto dei diritti umani in Albania.
Secondo il rapporto il fenomeno coinvolge anche donne e bambini, esposti
come gli uomini al rischio della vendetta nonostante lo stesso Kanun lo
proibisca. Almeno 160 bambini nell'eta' della scuola dell'obbligo sono
stati
costretti ad abbandonare le lezioni, ma la cifra reale e' probabilmente
piu'
alta: lo stesso ministero dell'Istruzione si e' detto deciso ad
affrontare
il problema creando un nucleo di insegnanti con l'incarico di tenere
lezioni
itineranti nelle varie abitazioni in cui gli scolari sono rinchiusi.
Dei 160
bambini citati nel rapporto, 73 sono considerati ''ad altissimo rischio
di
vendetta''.
Il ''Kanun'' che risale al 1400 e che e' stato riportato in forma
scritta
solo da poco, regola da secoli la vita sociale nelle zone piu' arretrate
dell'Albania, soprattutto nel nord. Fra l'altro il codice fissa in
maniera
rigorosa il diritto di vendicare l'uccisione di un proprio familiare
colpendo i parenti maschi dell'assassino fino al terzo grado. Il diritto
alla vendetta in alcune zone e' addirittura considerato un obbligo,
pena il
disprezzo da parte della collettivita' e la completa emarginazione.
Il perdono da parte dei parenti offesi e' previsto e regolato sulla
base di
un rigoroso rituale e ha consentito finora a 650 nuclei familiari di
tornare
in liberta'. In alternativa il solo modo per sfuggire alla vendetta
resta
quello dell'autoreclusione in casa, luogo ritenuto dal Kanun
inviolabile.
Spetta ad amici e parenti lontani assicurare loro i rifornimenti
alimentari
e provvedere a tutte quelle incombenze che impongono un contatto con
l'esterno, compresi i pagamenti di bollette o la scelta di un abito da
acquistare. Naturalmente nessuno di loro ha la possibilita' di lavorare.
Congelato durante i cinquant'anni del regime [SIC], il fenomeno della
vendetta e' riesploso nei primi anni '90 facendo registrare decine di
delitti
talvolta compiuti per punire uccisioni avvenute prima della seconda
guerra mondiale.
Negli ultimi anni molte regole sono state deformate, il Kanun e'
diventato
pretesto per compiere delitti di stampo mafioso, donne e bambini un
tempo
preservati sono finiti nel mirino, e fra le vittime della vendetta
finiscono
persino agenti di polizia condannati all'autoreclusione per azioni
compiute
in servizio. Il ministero dell'Interno ha costituito un'apposita unita'
incaricata di indagare sugli omicidi provocati dalla legge della
vendetta e
che lo scorso anno sono stati dieci. A differenza di quanto prescrive il
Kanun che lo considera legale, l'omicidio per vendetta e' in realta'
trattato dal codice penale albanese al pari di qualunque altro fatto di
sangue senza alcun tipo di attenuante. Ma neppure l'ergastolo riesce ad
essere un deterrente sufficiente a placare il dovere della vendetta, per
sfuggire alla quale soltanto lo scorso anno 54 famiglie hanno scelto di
abbandonare l'Albania. (ANSA).
BLL-COR 02/03/2005 17:59

(segnalato da F. Rossi per il G.A.MA.DI.)

Da: "Mauro Gemma"
Data: Gio 3 Mar 2005 18:15:26 Europe/Rome
Oggetto: sulla situazione nel movimento comunista internazionale

 
17° CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA DI GRECIA

Atene, 9-12 febbraio 2005

http://www.kke.gr , mailto:cpg@...

in http://www.solidnet.org

28 febbraio 2005

 
Risoluzione sulla situazione nel movimento comunista internazionale

 
Il dibattito precongressuale ha evidenziato la necessità di
intensificare gli sforzi per il coordinamento, l’elaborazione di
obiettivi comuni di lotta e l’azione comune nel movimento comunista e
operaio per affrontare l’aggressività imperialista. Ha evidenziato la
necessità del socialismo come unica alternativa al sistema imperialista
attuale. La necessità che, con proprie specifiche caratteristiche, si
distingua l’opinione comunista, un polo comunista, per
affrontare meglio i problemi e le difficoltà di questa lotta; così come
la necessità di un intervento coordinato a livello internazionale
nell’ambito della lotta antimperialista, antimonopolista a cui
partecipano forze diverse.

Il Congresso dà incarico al nuovo Comitato Centrale di precisare
l’attività internazionale del Partito nelle seguenti linee generali:


1. La necessità di una presenza che distingua il movimento comunista e
dell’attività comune dei partiti comunisti e operai


Il nostro partito ritiene che negli ultimi tempi si siano fatti alcuni
passi nella direzione di un recupero dell’attività comune nel movimento
comunista internazionale. Un numero sufficiente di partiti comunisti e
operai si sono preparati più adeguatamente per affrontare
l’aggressività imperialista e hanno operato contro le guerre
imperialiste in Afghanistan e, soprattutto, contro quella scatenata
contro il popolo dell’Iraq. Alcuni di questi partiti hanno avuto un
ruolo protagonista nelle lotte della classe operaia e nelle
mobilitazioni dei lavoratori per i loro diritti. Inoltre, in questo
periodo ci si è maggiormente sforzati di coordinare l’attività dei PC
rispetto agli anni passati. Si sono moltiplicati gli incontri regionali
e internazionali.

Nonostante i passi compiuti, il movimento comunista internazionale
rimane ideologicamente frammentato, è ancora in crisi. Nelle sue file
continua la lotta tra i punti di vista rivoluzionari, comunisti e
quelli riformisti, opportunisti; tra la linea della
“resistenza-rottura” e la linea dell’ “adattamento-integrazione” al
sistema dell’imperialismo.

Al centro di questa lotta stanno: l’atteggiamento verso il socialismo
che abbiamo conosciuto e le cause delle sconfitte; l’attualità del
marxismo-leninismo; lo sviluppo della teoria nell’epoca della
transizione al socialismo e nelle condizioni della vittoria temporanea
della controrivoluzione; il carattere del partito comunista; il
carattere dell’imperialismo; la relazione tra le lotte a livello
nazionale e internazionale; la politica delle alleanze, l’atteggiamento
nei confronti della socialdemocrazia; l’atteggiamento dei comunisti nei
movimenti di massa; l’atteggiamento nei confronti della crisi
capitalista e delle contraddizioni interimperialiste e delle guerre
imperialiste; la politica verso le unioni imperialiste, interstatali,
regionali e internazionali; il ruolo storico della classe operaia; le
leggi della rivoluzione e della costruzione socialista;
l’internazionalismo proletario.

Di fronte a questa situazione, il PCG ritiene che occorra intensificare
gli sforzi tra i partiti comunisti perché si ricerchino i modi adeguati
ad affrontare la situazione di crisi, in maniera collettiva e nel
rispetto dell’indipendenza di ogni Partito.

Il nostro Partito intensificherà i suoi interventi a livello
internazionale, nello sforzo diretto ad ottenere una più distinguibile
forma di collaborazione con partiti comunisti ed operai, per il polo
comunista. Questa presenza che deve distinguere i partiti creerà
condizioni migliori per affrontare le difficoltà esistenti. Faciliterà,
inoltre, il raggruppamento antimperialista più in generale.

L’iniziativa per la creazione di questo polo può partire dai partiti
comunisti, i cui punti di vista ideologici e politici siano vicini, che
difendono il marxismo-leninismo e il contributo del socialismo che
abbiamo conosciuto e l’elaborazione di una strategia comune di fronte
all’imperialismo.

La collaborazione ad un livello superiore può realizzarsi su argomenti
che abbiano a che vedere con lo sviluppo della teoria, su temi che sono
al centro dell’attuale dibattito, attraverso lo studio a livello
internazionale delle cause della vittoria della controrivoluzione e
l’elaborazione di una strategia comune nei confronti dell’imperialismo.

Aspiriamo a che le forme della collaborazione abbiano un carattere
pratico, con risultati visibili.

Il polo comunista non può in alcun modo abolire l’indipendenza di ogni
partito e la sua responsabilità nei confronti della classe operaia e
del movimento del proprio paese. Avrà la forma di coordinamento
dell’attività comune, si costituirà in condizioni di parità.

Con i partiti comunisti e operai con cui abbiamo differenze ideologiche
dobbiamo continuare gli sforzi finalizzati ad azioni comuni intorno ad
obiettivi antimperialisti e antimonopolisti, respingendo posizioni
ideologiche e politiche erronee.

Il PCG vuole avere relazioni di collaborazione con tutti i partiti,
senza esclusioni.

 
Una presenza che distingua il movimento comunista, fattore decisivo
dello sviluppo dei movimenti.

 
L’attività comune dei comunisti deve trovare la sua espressione nelle
file dei movimenti di massa, nelle mobilitazioni internazionali.

La costituzione del polo comunista con caratteristiche proprie,
l’attività comune e la collaborazione dei partiti comunisti darà
impulso allo sforzo per costruire un movimento internazionale sempre
più forte, basato sul movimento della classe operaia, sui movimenti con
cui manifestano gli altri strati popolari, sui movimenti contro la
guerra, per la pace, sui movimenti della gioventù, delle donne, su ogni
forma di unità che abbia un orientamento radicale.

L’internazionalizzazione della lotta contro l’imperialismo non può
acquisire un carattere di massa e soprattutto saldo se non poggia su un
forte movimento comunista capace di distinguersi, su un polo comunista,
che possa trasformarsi nella leva con cui i popoli riescano ad influire
positivamente sugli avvenimenti internazionali. Ciò rappresenterà anche
un forte fondamento per un’alleanza antimperialista più ampia.

La risposta dei popoli alla strategia imperialista, all’attuale
barbarie, assume molteplici e distinte forme. Senza dubbio, sarebbe più
efficace se queste lotte riuscissero ad ottenere il risultato:

- Di unificare le loro forze nella lotta contro i monopoli e
l’imperialismo a livello nazionale, regionale e internazionale.

-  Di lottare in modo decisivo contro le forze del capitale, su tutti i
fronti della loro azione e del loro intervento: nell’economia, nei
diritti sociali, nella cultura, contro gli interventi militari,
economici e politici.

Il movimento della classe operaia e i suoi alleati cercheranno di
interpretare istanze politiche e condizioni di lotta definite dalla
posizione storica dell’imperialismo, come fase superiore del
capitalismo, che corrispondano alle necessità attuali dei lavoratori e
che dimostrino la necessità storica della transizione al socialismo.

La politica imperialista è diretta contro il diritto di ogni popolo a
decidere da solo, senza interventi esterni, in merito al sistema
sociale e politico di un paese.

Lo sviluppo del movimento antimperialista, antimonopolista passa
principalmente per la capacità di misurarsi con i seri problemi che
caratterizzano il movimento comunista internazionale.

Per il tempo trascorso senza che il movimento comunista abbia
affrontato la propria crisi, una serie di altre forze che subiscono
l’influenza diretta della socialdemocrazia, cerca di dirigere questo
movimento verso la collaborazione di classe e verso un capitalismo dal
presunto volto umano.

 
2. Le forme attuali di collaborazione

 
Le forme di collaborazione che si sono sviluppate tra i partiti
comunisti e operai, quali gli incontri internazionali, gli incontri
regionali e multilaterali, possono e devono continuare. Devono
ampliarsi attraverso il dibattito e lo scambio di opinioni su temi
teorici e alternarsi con incontri da indirizzarsi su un piano concreto
di azione su temi comuni.

In tal senso, deve essere rimarcata in special modo l’importanza degli
anniversari e degli eventi storici della lotta dei comunisti, della
classe operaia e più in generale delle lotte dei popoli per la loro
liberazione politica, economica e sociale (ad esempio, la Comune di
Parigi, il Primo Maggio, la Rivoluzione Socialista di Ottobre, il
Giorno della Vittoria Antifascista dei Popoli –9 maggio 1945-, la
battaglia di Stalingrado, ecc.) non solo come risposta allo sforzo di
riscrivere la storia da parte degli imperialisti, ma anche come
opportunità di mostrare aspetti attuali della lotta della classe
operaia e dei popoli.

Continuerà e si rafforzerà la solidarietà con i partiti comunisti che
operano in condizioni di illegalità, verranno appoggiati i comunisti e
gli altri combattenti perseguitati per le loro attività, i paesi e i
popoli che resistono all’aggressione dell’imperialismo e i paesi dove i
partiti comunisti sono al potere e cercano di affrontare, nelle attuali
condizioni avverse, la sovversione imperialista e di difendere le
conquiste dei loro popoli.

 
3. Sul Partito della Sinistra Europea

 
La creazione del Partito della Sinistra Europea (PSE), con la
partecipazione di certi partiti comunisti, esprime la tendenza a
sottomettersi al negativo rapporto di forza. Indipendentemente dalle
opzioni e dalle dichiarazioni soggettive, obiettivamente costituisce
l’accettazione fatalista della legalità borghese. Il PSE nega la teoria
del socialismo scientifico, le tradizioni comuniste e l’esperienza
delle rivoluzioni socialiste del XX secolo. Opta per la via pericolosa
senza uscita della perdita delle caratteristiche comuniste e
dell’integrazione nelle strutture dell’Unione Europea. In tal modo,
ostacola gli sforzi per il coordinamento e la collaborazione, su un
piano di parità, dei partiti comunisti, operai e di sinistra nello
scontro con il centro imperialista europeo e il sistema capitalista in
generale.

 
4. Il movimento antimperialista, il movimento per la pace, i movimenti
contro la guerra e gli altri movimenti popolari

 
In questo periodo un fenomeno importante è rappresentato
dall’apparizione e dallo sviluppo di movimenti, focolai di resistenza
dei popoli, forze radicali che tendono a toccare, con istanze e
obiettivi di lotta, tutto lo spettro della politica imperialista. Al
centro di tali movimenti si trovano i problemi della disoccupazione e
della povertà, le guerre e gli interventi militari, i profitti del
capitale, la militarizzazione, la repressione e la violenza dello
stato, la difesa e lo sviluppo delle libertà democratiche e dei diritti
politici. Sono diretti contro la distruzione dell’ambiente e il
saccheggio delle materie prime da parte dei monopolisti, contro il
razzismo e le persecuzioni di coloro che lottano contro il nuovo ordine.

In certi casi e regioni le lotte operaie assumono dimensioni maggiori.
Si sviluppano lotte contro le privatizzazioni, sui problemi
dell’educazione e della politica sociale. Le lotte per i problemi
sociali tendono ad espandersi in tutti continenti, a durare. Si
utilizzano varie forme di lotta. Le lotte contro la guerra sono state
più massicce e meglio coordinate a livello internazionale, ma non hanno
acquisito caratteristiche di permanenza, di continuità.

Questo sviluppo dimostra che l’aggressività imperialista non è riuscita
a congelare e a sottomettere i distinti movimenti e le lotte dei popoli
contro l’occupazione e l’intervento imperialisti.

Negli ultimi anni si sta manifestando una messa in discussione più
chiara della politica dell’Unione Europea, della NATO e delle altre
unioni imperialiste, emergono parole d’ordine contro i “pensieri unici”
e istanze per un cambiamento sociale più generale. Simili tendenze
vengono alla luce anche in Europa, nei referendum e nelle ultime
elezioni per il Parlamento Europeo.

Lo sviluppo dei movimenti riflette in larga misura un risveglio, che
non si è ancora manifestato nella sua pienezza. Senza dubbio, è molto
lontano dall’esprimere fino in fondo un’alternativa politica in
condizioni di conflitto e rottura con i monopoli e l’imperialismo, a
livello nazionale e internazionale.

 
Sulle organizzazioni internazionali dei movimenti di massa


Le organizzazioni internazionali più combattive e antimperialiste non
hanno ancora superato gli ostacoli incontrati nel tentativo di creare
infrastrutture serie a livello mondiale, di sviluppare solidi e forti
vincoli di comunicazione con forze che si ricostituiscono e si
rafforzano in molti paesi.

Molte organizzazioni e movimenti hanno ancora difficoltà, poiché non
dispongono di fondi e mezzi per sviluppare azioni internazionali, per
condividere responsabilità nella costruzione di alleanze per lottare in
modo conseguente contro l’imperialismo. A livello nazionale e regionale
hanno contraddizioni interne e differenze a causa della lotta tra le
forze del consenso e quelle dell’emancipazione.

In maggiore o minor misura, organizzazioni internazionali hanno fatto
passi in avanti verso la lotta sul piano internazionale e il
coordinamento della loro azione.

 
Il Foro Sociale


Nel Foro Sociale Mondiale e nelle sue strutture regionali predominano
forze della socialdemocrazia. Partecipano, inoltre, rappresentanti di
gruppi di impresa, forze del consenso e del compromesso che dichiarano
apertamente la loro inimicizia verso il movimento comunista e operaio e
verso le organizzazioni sociali di classe che vorrebbero sostituire con
organizzazioni non governative (ONG) oppure con organizzazioni della
cosiddetta società civile. Partecipano al Foro e lo appoggiano gruppi
anarchici e trotzkisti, come pure forze governative e apparati dei
paesi imperialisti.

Con le sue azioni il Foro Sociale Mondiale cerca di ingabbiare e
assorbire forze che manifestano le tendenze combattive della classe
operaia e degli altri strati popolari.

In Europa, dove le contraddizioni interimperialiste si acutizzano nel
momento in cui gli Stati Uniti pretendono sempre di più, quasi tutto,
nella spartizione del bottino, alcune forze socialdemocratiche hanno
assunto iniziative, con l’obiettivo di strumentalizzare e manipolare
questi movimenti a vantaggio fondamentalmente di una linea di appoggio
all’imperialismo franco-tedesco. Si rende necessaria l’intensificazione
del confronto politico-ideologico per contrastare il disorientamento
dei movimenti e l’integrazione di forze politiche in una lotta contro
l’amministrazione neoliberale senza un orientamento antimperialista,
antimonopolista. Queste forze aspirano a integrare i movimenti in una
lotta unilaterale contro gli Stati Uniti e a favore di altre potenze
imperialiste che chiedono, nella spartizione dei mercati, una parte
maggiore o almeno pari a quella degli Stati Uniti.

Ciò che il Foro presenta come necessario per i popoli non entra in
contraddizione con quanto è necessario e conveniente per il sistema
capitalista e deve essere respinto affinché la lotta contro
l’imperialismo acquisti un carattere di massa e una prospettiva in
direzione del socialismo.

 
Traduzione della versione in lingua spagnola della risoluzione

a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare      

Kappa Vu Edizioni – Libreria Librincentro

Presentano

Venerdì 11 marzo – ore 18 – Libreria Librincentro
Via Viola - Udine


Esuli a Trieste.
Bonifica nazionale e rafforzamento dell’italianità sul confine orientale
di Sandi Volk
(Kappa Vu Edizioni)


Interverranno insieme all’autore:
Luciano Patat
(storico dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione)
Alessandra Kersevan
(editrice)


Argomento di questo libro è la questione dell’insediamento a Trieste e
dintorni dei profughi/esuli che abbandonarono dopo la seconda guerra
mondiale l’Istria e la Dalmazia. Svoltosi in più fasi, l’insediamento
degli esuli fu, per lo schieramento filoitaliano a Trieste e per il
governo italiano, dapprima uno strumento per il rafforzamento delle
forze favorevoli all’Italia, in seguito il mezzo per «bonificare
nazionalmente» e «rafforzare l’italianità» di un territorio in cui
larga parte della popolazione - e non solo per la presenza di una
nutrita minoranza slovena - all’Italia guardava con molta sfiducia.
L’insediamento mirato dei profughi è stato uno dei progetti prioritari
per lo stato italiano in questo territorio ed è stato portato avanti e
completato con determinazione. L’autore, attraverso l’analisi di una
enorme quantità di materiale documetario, ne racconta le diverse tappe
e le conseguenze sul tessuto sociale ed etnico delle terre del confine
orientale.

Sandi Volk, nato a Trieste nel 1959, si è laureato in storia
contemporanea all’Università di Trieste e ha conseguito il master e il
dottorato in storia contemporanea presso il Dipartimento di Storia
della Facoltà di Filosofia dell’Università di Lubiana (Slo). Si occupa
di storia contemporanea della Venezia Giulia, in particolare di Trieste
e della storia degli sloveni della regione. Pubblica saggi in Italia e
in Slovenia e collabora con Istituti e Centri di ricerca. E’ membro
della commissione consultiva del Comune di Trieste per il Civico Museo
della Risiera di San Sabba-Monumento nazionale.


Info: Mauro Daltin – Ufficio Stampa Kappa Vu Edizioni
Tel: 0432530540
www.kappavu.it
info@...

https://www.cnj.it/INIZIATIVE/roma290305.htm

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G.A.MA.DI. (Gruppo Atei Materialisti Dialettici) e
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia

INVITANO
Nel 6° anniversario della criminale aggressione
dei Paesi NATO contro la Jugoslavia

Martedì 29 marzo 2005 ore 18
alla Libreria Odradek
Via del Banchi Vecchi, 57


UNA DJIHAD TARGATA U.S.A.

IN EUROPA E NON SOLO

Mujaheddin e servizi segreti occidentali nei Balcani


Dibattito e dialogo con l'autore
JUERGEN ELSAESSER
Giornalista e saggista autore del libro:
"Amerikas Djihad in Europa"

Partecipano inoltre
Prof. Andrea Catone (Ass. Most.za Beograd Bari e Coord. Naz. Per la
Jugoslavia)
Ing. Domenico Anastasia (Com. Scientifico G.A.MA.DI.)
Dott. Andrea Martocchia ( Portavoce del CNJ e Membro del Com.
Scientifico G.A.MA.DI.)
Presiede
Miriam Pellegrini Ferri ( Presidente del G.A.MA.DI.)
Per informazioni e contatti:
gamadilavoce @... – jugocoord @...

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Jurgen Elsaesser sarà a TeleAmbiente (Canale 68 per l'Italia centrale)
ospite del G.A.MA.DI. Sabato 26 marzo ore 21 e Martedì 29 marzo ore
12. Da non perdere!

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America's Jihad in Europe

CIA and al-Qaida in the Balkans

Dear ladies and gentlemen,
dear collegues and friends,

I send you the outline of the book "Wie der Dschihad nach Europa kam:
Gotteskrieger und Geheimdienste auf dem Balkan", which will go on sale
in Germany in the next days. You can order a copy by remail, and I can
also ask my publisher to send you a free copy, if you need it to write
a review. By the way: Do you know publishing houses in YOUR country
which might be interested in translating and publishing my book?

All the best, Juergen Elsaesser (www.juergen-elsaesser.de)

*********************

Outline of the book

Wie der Dschihad nach Europa kam: Gotteskrieger und Geheimdienste auf
dem Balkan
(NP-Verlag, 240 pages, 19.90 €)

The main suspects 9/11 attacks fought during the Nineties in the
Balkans. Only an hour's flight from European centers such as Vienna and
Munich, they trained in merciless combat against the infidels – with
the support of the CIA and other Western intelligence agencies.

While the mainstream press and standard literature about al-Qaida
describe the activities of the terrorists on all other continents at
length, the jihadists' European deployment area has been largely
ignored. In particular in the Bosnian civil war, several thousand
Muslims from Arabic countries and Iran fought alongside their Muslim
brethren against the Christians, i.e. Croats and Serbs. As in the
Eighties in Afghanistan, the US Administration did a deal with the
devil: in violation of the UN arms embargo, Washington supplied the
holy warriors with sophisticated weaponry. Osama bin Laden received a
passport from the `pro-Western' government in Sarajevo, and hundreds of
his followers settled permanently in Bosnia and Albania. From there,
U.S. secret agents funneled them into Kosovo and
Macedonia, while others headed for Vienna and Hamburg – where they
prepared the inferno of Sept. 11th.

The book is a result of several years of investigation, and is based
on Anglo-American, French, German and Serbo-Croatian sources, as well
as on information provided by intelligence experts on the Balkans and
members of the UN mission to Bosnia, and on numerous visits there.


Contents

The `Afghan' alliance between the USA and the mujahedin was revived in
the Balkans, and therefore it was no surprise that the main suspects of
9/11 obtained their baptism of fire there (Chapter 1). Because of its
history, Bosnia-Herzegovina offered ideal conditions for establishing a
jihad front (Chapter 2). But it was only due to Western interference
that the radical
Muslims and supporters of Holy War were able to oust the moderate
Muslim politicians in Bosnia in the early Nineties (Chapter 3). Vienna
was at first the control center for the arms smuggling operations to
support the jihad, and it was there that Osama bin Laden obtained a
Bosnian passport (Chapter 4). The Bosnian Muslim army was formed with
the help of money and volunteers from the Islamic world; Bin Laden
himself discussed the details with the Bosnian President Alija
Izetbegovic (Chapter 5). Foreign jihadis in particular committed
terrible atrocities in the course of the three-year-long civil war
(1992-1995), and even some of the massacres attributed to the Serbs may
have been committed by them (Chapter 6).

However, the combat effectiveness of the holy warriors was low at
first; this changed only after Bill Clinton became US President in 1993
and organized the secret supply of arms them—in cooperation with the
US's "arch enemy" Iran (Chapter 7). Military men assigned to the UN
peacekeeping mission, who had observed the breach of the UN arms
embargo, were pressured by US intelligence to keep silent (Chapter 8).
The most important player in this "Bosniagate" was the Pentagon
contractor MPRI (Chapter 9), which also supervised the Bosnian Army
after the Dayton Agreement of 1995 (Chapter 10). Instead of removing
the fundamentalists as the official American legend has it, MPRI put
the most able jihadis on its payroll, trained them in Albania, which by
now was also infiltrated by bin-Laden's associates (Chapters 11 and 12)
and sent them to support the Albanian terrorist movement KLA [=UCK] in
Kosovo and Macedonia (Chapter 13).

The bulk of these activities was financed by Saudi-American
"humanitarian" foundations, in which bin-Laden played only a minor role
(Chapter 14). Indeed, one begins to wonder whether al-Qaida is not more
a PR invention of US foreign policy than an actually active
organization, especially since many of the top terrorists are suspected
of working Western intelligence agencies as well (chapter 17). One
example is the main suspects of 9/11 (Chapter 18), especially the two
alleged masterminds of the plot (Chapter 19).

In any case, thanks to Western patronage, a terrorist bridgehead has
been established in Bosnia-Herzegovina that threatens the further
development of the country itself (Chapter 15), as well as the security
of the whole European continent (Chapter 16). Furthermore, significant
movements of jihadis and transports between the Balkans and Chechnya
have been observed for several years (Chapter 20). But this is not seen
as a danger by Western politicians and media, because the US oil lobby
has already cast an eye on the Russian fossil-fuel reserves (epilogue).

For more information: www.juergen-elsaesser.de

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https://www.cnj.it/INIZIATIVE/roma290305.htm