Informazione

(srpskohrvatski/italiano)

"Hrisovulja" e' il nome del documento con il quale, durante il
Medioevo, i signori feudali della Serbia "davano in affidamento" al
clero ortodosso terre, paesi e popolazioni. La questione del potere
temporale e della influenza politica del clero ortodosso ritorna
d'attualita' oggi, nella Serbia governata dalle destre, vittima del
revisionismo e del decadentismo culturale (vedi la legge sulle pensioni
per i veterani cetnici o la proposta di legge per abolire la teoria di
Darwin dai programmi scolastici). Questa grave regressione, questo
allontanamento dal laicismo ed il rientro sulla scena culturale di
elementi vicini al nazismo di Nedic, di pari passo con l'avvicinamento
alla sfera d'influenza dell'Occidente, assomigliano in tutto e per
tutto a quanto gia' successo in Croazia sin dal 1990 - religione
cattolica sin dall'asilo, assegnazione alla chiesa dei beni immobili
confiscati dai comunisti, riabilitazione dei criminali ustascia e del
clero collaborazionista del nazismo, eccetera - o nella Bosnia dell'SDA
di Izetbegovic - notoriamente islamista, legato ed ispirato dal clero
musulmano in patria ed all'estero (Turchia, Iran, Arabia Saudita)...

Dal sito komunist.free.fr

Hrisovulja

La Serbia e la società serba in effetti già da un lungo periodo
mostrano un numero rilevante di segni di una malattia maligna, che si
manifesta per via di fenomeni retrogradi. Il fenomeno dominante è il
NAZIONALISMO ed il CLERONAZIONALISMO, con elementi di fascismo che
traspaiono sovente. La chiesa è presente nella scena sociale. I
preti... fino al livello del parroco di qualche villaggio, partecipano
a tutte le manifestazioni importanti. Essi determinano quando la
popolazione dovrebbe digiunare, e quando no, oppure se siano
permesse manifestazioni di altro tipo e di quale tipo
esse possano essere... Significa che è in atto ... una UNIONE tra
CHIESA e lo STATO. [...]
Significa che è più importante per una persona l'essere Serba e
ortodossa.... La suddetta tesi presenta un approccio
mitologico, secondo cui i Serbi sarebbero uno dei popoli più antichi
del mondo, con doti celesti e metafisiche, indistruttibili ed eterni,
un esempio per tutti gli altri, sempre e ovunque.
La suddetta idea, adottata dai suoi seguaci, ottiene un peso specifico
enorme con la costruzione di un'ulteriore idea della drammaticita' del
momento attuale, importante per la sopravvivenza della Serbia e
della Serbitudine, per cui sarebbe in corso una congiura
internazionale contro la nazione intera serba e contro l'ortodossia.
L'obiettivo di tale congiura e' la distruzione di suddetta
religione e nazione, e i motori di tale azione sarebbero gli Ebrei,
cioè i giudeo-banchieri.
I fatti esposti, dimostrano ... che c'e' un legame tra il
nazionalismo e il cleronazionalismo, che produce teorie del
complotto ed’antisemitismo, cioè il FASCISMO.
La personificazione di tali idee sono quei personaggi provenienti
dai ranghi delle forze sconfitte tanto tempo fa, le quali ora si
riaffermano spandendo la loro influenza. La persona più estrema
di tutte, secondo la mia personale valutazione, è un certo
RATIBOR-RAJKO ÐURÐEVIC', ex- membro delle forze di Nedic [capo dei
Serbi che collaborarono con l'occupante nazista, ndAM] e dei cetnici
[milizie monarchiche che combatterono sia i nazisti che i comunisti,
per poi dividersi appoggiando talvolta i primi, talvolta i secondi;
loro leader fu Draza Mihajlovic. ndAM], un ideologo che tramite la sua
casa editrice IHTUS HRIŠCANSKA KNJIGA (IHTUS-LIBRO CRISTIANO) ...
avvelena pericolosamente e potentemente la coscienza delle giovani
generazioni, a lungo termine.
La domanda che si pone ... è: QUAL' E' L'OPINIONE DELLO STATO E DELLE
SUE ISTITUZIONI NEI CONFRONTI DI TALI E SIMILI FENOMENI "LETTERARI"?
Lo Stato, come ai tempi della Serbia medioevale dei Nemanjici, ha
ceduto alla chiesa, quale suo alleato più vicino dal punto di vista
della classe, la popolazione in "affidamento" - HRISOVULJA è il nome
di quella carta-regalia con la quale il governatore della Serbia
feudale donava le terre alla chiesa, con tutti i villaggi e gli
abitanti. Lo Stato odierno in sostanza, effettua una mossa
identica. Ha affidato il popolo, tramite la "fideiussione
spirituale", alla chiesa, per la cura e lo sfruttamento spirituale,
mentre lo Stato continua a sfruttare il popolo per via lavorativa.
Il patrimonio statale, cioè sociale, che tutti i lavoratori hanno
creato per 50 anni, ora viene svenduto per un compenso misero
ai capitalisti nazionali e stranieri, il cui capitale ha origini
molto oscure. Dopodiche', questi capitalisti licenziano i lavoratori,
oppure li tengono ai loro posti, sfruttando al massimo il loro
lavoro, dando in cambio i stipendi minimi. [...] La realtà
sociale nella "democrazia" è molto, molto oscura e pesante per la
maggioranza della gente, cui appare davanti il miraggio di una
"prospettiva di futuro brillante nelle integrazioni euro-atlantiche".
Però, tra di loro e questo obiettivo, il popolo ha la chiesa - la
istituzione più antica e più esperta per questo tipo di lavoro di
mantenimento e surriscaldamento ideologico. In questo modo risulta che
lo Stato serbo e la chiesa sono unite nello stesso compito, quello di
inebriare il popolo, in modo che l'effetto dei contenuti della
realtà non agisca su di loro.
Infine si pone la domanda: fino a quando durerà e quando cessera'
l'effetto di tale "affidamento"? Durera' fino alla piena e
completa manifestazione di tutti i "benedetti" frutti
della transizione-neocolonizzazione, cioè fin dopo la
introduzione del capitalismo liberale, quando la maggioranza
delle persone iniziera' ad osservare e comprendere la realtà con
gli occhi ben aperti. Queste circostanze possono turbare
pesantemente, e credo anche in via definitiva, nel caso in cui
si manifestasse una costellazione particolare per eliminare
quell'alleanza tra lo Stato e chiesa che ora è in atto. In quel momento
si mostrera' il vero volto dell'ideologia nazionalista e della
mitologia - come una bolla di sapone che dietro di se lascia le
conseguenze peggiori: l'odio, le guerre, la morte - l'incendio e
le ceneri... La realtà vera delle relazioni socioeconomiche diventera'
l'oggetto principale della coscienza della gente. Però, la base, il
carattere e i prodotti di tali relazioni socioeconomiche
inevitabilmente implicheranno la necessità della rivalutazione di
molti valori, e verrano riaffermati e nuovamente oggettivizzati i
postulati basilari della società socialista, il che rappresenta de
facto un invito rivolto alle forze di avanguardia di iniziare e
compiere il cambiamento radicale e totale delle condizioni reali di
vita.

Sanja Djordjevic

(a cura di AM. Traduzione del testo: DK)

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http://komunist.free.fr/arhiva/dec2004/hrisovulja.html

Arhiva : : Decembar 2004.

Hrisovulja

Kada, gde, kako? Da li vreme teče unapred? Ne, kao da postaje sve
drugačije. Prostor i vreme, te kategorije egzistencijalnosti kao da
pokazuju mutantni karakter svojih bazičnih osobina.

Ljudsko društvo kao i prirodu determinišu od vajkada pomenute
egzistencijalnosti. Temporalnost upravo daje dinamiku razvoju društva.

Istorijske činjenice nedvosmisleno ukazuju kako jedna društvena forma,
jedan oblik društveveno-ekonomskog sistema smenjuje drugi. Upravo u
takvom sledu ogleda se normalan tok razvoja čoveka kao socijalnog bića.
Svakako ova dijalektička zakonitost je zdravog karaktera samo kada biva
determinisana progresijom kao suštinskom odrednicom. Progresija se
konkretno ispoljava u smislu da zaostali - retrogradni sistem smenjuje
napredniji i razvijeniji društveni i ekonomski poredak.

Srbija i srpsko društvo ovde i sada, zapravo već duže vreme pokazuju
veći broj snažnih i opasnih znakova maligne bolesti koji se manifestuju
kroz najretrogradnije fenomene. Dominantan fenomen takve vrste je
svakako NACIONALIZAM i KLERONACIONALIZAM sa često izraženim elementima
FAŠIZMA. Crkva je na javnoj društvenoj sceni. Sveštenici, od
predstavnika najuže crkvene hijerarhije, pa do paroha u kakvom selu
učestvuju u svim bitnijim zbivanjima. Oni određuju kada će narod
postiti, kada ne. Određuju i da li se u vreme posta sme održavati neka
javna manifestacija i kakvog karaktera sme biti. Apsolutno svaka
državna svečanost upriličena povodom značajnih kulturno-istorijskih
događaja je mesto na kome je uvek i nezaobilazno prisutna, uz državnu i
crkvena elita. Znači bez dvoumljenja CRKVENO-DRŽAVNI SAVEZ. Srbijo,
dobrodošla u 14-ti vek!! Žal za Srbijom "svetorodne loze Nemanjića".
Znači najbitnije je za čoveka da je Srbin i Pravoslavac. No, ovo je
samo manifestna pojava dugogodišnje teze lansirane u klerikalnim i
njima bliskim laičkim krugovima. Pomenuta teza eksponira mitski stav o
Srbima kao starom i jednom od najstarijih naroda na svetu, sa
metafizičkom nebeskom dimenzijom, dimenzijom neuništivosti i večnosti,
za ugled svima drugima, svagda i uvek.

No gore pomenuti stav dobija kod svojih pristalica veliku specifičnu
težinu, jer je izgrađen na ideji drmatičnosti trenutka opstanka Srbije
i srpstva. Ova dramatičnost eksponira ideju da protiv svekolikog
srpskog naciona i vere pravoslavne postoji svetska zavera. Cilj ove
zavere je uništenje pomenute vere i nacije, a kao nosioci ovog podhvata
imenovani su JEVREJI, tj judeo-bankari. Ova teorija ima i svoju
dogmatsko-metafizičku stranu, jer svoje ideje obavija tumačenjem
određenih apokaliptičnih hrišćansko-dogmatskih spisa u koje ne bi smeo
posumnjati ni jedan ortodoksni vernik.

Iznesene činjenice nedvosmisleno ukazuju na pomenutu spregu između
nacionalizma i kleronacionalizma koji produkuje teorije zavere i
antisemitizam, tj. FAŠIZAM.

Nosioci ovih ideja su personalizovani u likovima davno poraženih
retrogradnih snaga koje se sada ekspanzivno afirmišu. Najekstremnija
ličnost po subjektivnoj proceni iz te plejade je izvesni RATIBOR-RAJKO
ĐURĐEVIĆ bivši nedićevsko-četnički omladinac i ideolog koji putem svoje
izdavačke kuće IHTUS-HRIŠĆANSKA KNJIGA, zapravo literature koju
plasira, opasno i snažno truje svest naročito mladih generacija na duži
rok. Ovi podaci su precizno navedeni, primarno i da bi se empirijski
mogli proveriti.

Pitanje svih pitanja na temelju iznesenog je: KAKAV JE STAV DRŽAVE I
NJENIH INSTITUCIJA PREMA OVAKVIM I SLIČNIM "LITERARNIM" FENOMENIMA?

Država se po ovakvim pitanjima uglavnom ne oglašava. Ona je
"tolerantna" i "demokratska". Izraziti i ovakve stavove, izvesno je, da
je po shvatanju današnjih vlastodržaca "in", jer se i na takav način
najbolje distancira od "antisrpskog komunizma, koji je Srbiju razarao
50 godina". No, svako ko iole može i ume elementarno logički da
razmišlja odmah će zapaziti ne samo ordinarnu laž i izmišljotinu
"demokrata", već će u svemu tome prepoznati jednu zamaskiranu pozadinu,
čije razotkrivanje pokazuje istinsku suštinu stvari.

Naime, država je kao u srednjevekovnoj Srbiji Nemanjića, crkvi, svom
najbližem klasnom savezniku, podarila "tapijom" narod. HRISOVULJA je
zapravo naziv darovne povelje kojom je vladar feudalne Srbije darivao
crkvu zemljišnim posedima, sa svim selima i stanovnicima koji su u
njima živeli. Ovi seljani su bili obavezni da argatuju za svog
gospodara. Današnja država čini suštinski istovetan potez. Crkvi je
"duhovnom tapijom", na duhovnu obradu - eksloataciju podarila narod,
dok ga ona eksploatiše radno, i na veliki broj drugih,
najbeskrupuloznijih načina. Većina građana živi u ekonomskom
siromaštvu. Državnu, zapravo društvenu imovinu koju su svi zaposleni
stvarali 50 godina država rasprodaje za mizernu novčanu nadoknadu
domaćim i belosvetskim kapitalistima čiji je kapital često veoma
sumnjivog porekla. Potom ti kapitalisti, ili otpuštaju radnike kao
radni, tj. tehnološki višak, ili ih zadržavaju na radnom mestu
maksimalno eksploatišući njihovu radnu snagu i isplaćuju im najčešće
minimalne zarade. Kada je pak na bolovanju radniku se uglavnom zarada
uopšte i ne isplaćuje. Sa druge strane da i ne govorimo o tzv. radu "na
crno", gde radnici ne ostvaruju ni elementarna prava na socijalno i
zdravstveno osiguranje. Pri razmatranju ovih tema, realnog života
neophodno je pomenuti i penzionere koji su odradivši pošteno svoj radni
vek, većinom na rubu egzistencije, jer primaju minimalne penzije sa
zakašnjenjem od po nekoliko meseci. I tako redom, i tako dalje.
Stvarnost života u "demokratiji" je vrlo, vrlo turobna i teška za
većinu ljudi sa "perspektivom sjajne budućnosti u Evro-Atlantskim
integracijama". No do ostvarenja ovog cilja narod ima pominjanu
nacionalnu ideologiju i mitologiju koju održava i podgreva jedna od
najstarijih i najznalačkijih ustanova za ovakav vid posla - srpska
crkva. Tako su srpska država i crkva na istom zadatku opijanja naroda,
da životna realnost ne bi delovala u svom punom
sadržinsko-kvantitativnom smislu.

Na kraju treba postviti pitanje koliko će trajati i kada će prestati da
deluje ovaj efekat darovne povelje? Kada se svi "blagodatni" plodovi
tranzicije-neokolonizacije, tj. uvođenja liberalnog kapitalizma budu
manifestovali još snažnije i potpunije, neminovno većina ljudi će
početi da posmatra i sagledava stvarnost otvorenih očiju. Ove okolnosti
mogu snažno uzdrmati, a verujem možda i potpuno, u izvesnoj
konstelaciji i eliminisati aktuelni državno-crkveni savez. Tada će se i
sva nacionalna, tj. nacionalistička ideologija i mitologija pokazati u
svom pravom, suštinskom smislu kao mehur od sapunice, koji je za sobom,
na žalost ostavio najstrašnije posledice: mržnju, ratove, smrt - požar
i pepeo. Kao što sam na izvestan način maločas naznačila prava realnost
ekonomskih i socijalnih odnosa postaće dominantan predmet interesovanja
ljudi. No, sam osnov, karakter i produkti ovih odnosa neminovno će
inplicirati artikulaciju potrebe da se mnoge vrednosti prevrednuju, da
se REAFIRMIŠU I PONOVO OPREDMETE OSNOVNI POSTULATI SOCIJALISTIČKOG
DRUŠTVA, a što je de facto poziv na AKCIJU PROGRESIVNIM I AVANGARDNIM
SNAGAMA DA OTPOČNU I IZVRŠE TEMELJITU I POTPUNU IZMENU STVARNIH USLOVA
ŽIVOTA.

Sanja Đorđević

[ Sul malcontento dei cittadini della ex DDR ]

Source: Rick Rozoff / ANTINATO @...

Date: Wed, 12 Jan 2005 04:56:48 -0800 (PST)
From: Rick Rozoff
Subject: Eastern Germany: 'Velvet Revolution' Fifteen Years Later

http://www.dw-world.de/dw/article/0,1564,1456005,00.html

Deutsche Welle - January 12, 2005

East Germans Disappointed by Reunification

Ralf Lehnert

East Germany in 1989 was in the midst of a peaceful
revolution. Its citizens aged from 35 to 50 were also
in the midst of their adult lives back then. But for
the majority, hopes of a better future have been
dashed.

Mixed feelings and disappointment - that sums up the
general view of East Germans aged 50 and up, according
to a new report by the charitable organization,
Volkssolidarität.

The "Social Report 50plus 2005" found that while most
East Germans say they are satisfied with their lives,
when asked specifically about their expectations for
reunification, 69 percent said things were worse than
expected 15 years after the fall of the Berlin Wall.

Job worries

Jobs are the biggest source of worry, said Prof.
Gunnar Winkler, head of Volkssolidarität.

"Our organization is again having to fight suggestions
to keep people working beyond the age of 65 -
suggestions which only aim to cut pension payments,"
Winkler said.

"And such demands can only have an impact if there
were jobs for every senior citizen who wanted to
continue working."

According to Winkler, Germany's eastern states lack
almost a million jobs for the 50-65 age group alone.
Only 41 percent of people in this group currently have
jobs, almost a third have already retired, while
almost another third are either unemployed or in job
training schemes. Many are earning below average
salaries, and are having to get by on small pensions.
They hardly fit the stereotype of the well-to-do
German pensioner, said Winkler.

"Our organization is also having to combat this notion
that everyone age 50 and up is part of the so-called
'Inheritance Generation' benefiting from large sums of
money," he said.

"That's not the case in the eastern states, and it
only applies to a fraction of the western states. The
historical developments in eastern Germany didn't
allow, and didn't require anyone to save up large
amounts of cash."

Lack of savings

Under the East German socialist system, the state was
meant to provide for its citizens from cradle to
grave, making private financial resources obsolete.
Today, 15 percent of East Germans aged 50 to 65 are
affected by poverty. And the number of those whose
income lies just above the poverty line is much
greater.

Although the poverty risk of this group is much lower
than that for children or single mothers, East Germans
on the verge of retirement don't have much ground for
optimism - 42 percent responded that they were either
"dissatisfied" or "very dissatisfied" with their
future prospects.

[Sono 12mila i bambini serbi della Bosnia che hanno trovato rifugio in
Grecia negli ultimi anni...]


http://www.ekathimerini.com/4dcgi/_w_articles_ell_862654_13/01/
2005_51706


The story of a child forced to flee his homeland

His country, Yugoslavia, was being fragmented by wars and Lazar, then
9, found solace in the heart of a Greek family


[PHOTO: Lazar flanked by Iordanis and Dimitris Mallis at the boys’ home
in Kalamaria, Thessaloniki, on the first peaceful and safe Christmas of
his life.]

By Iota Myrtsioti - Kathimerini

In December 1995, dozens of children from war-torn Yugoslavia arrived
at Thessaloniki railway station to meet Greek families that were ready
to offer them love, family warmth and security as part of the «children
of war» project organized by the Central Union of Municipalities
(KEDKE).

Among the new arrivals was Lazar Mentarovic, a 9-year-old Serb from
Bosnia who, like the other children, carried a change of clothes in his
luggage and his own drama - the horror of war - which he had
experienced in his village, Mocronoge, near the town of Dirvar.

Waiting for him on the platform was a family from Kalamaria. He didn't
know a word of Greek and spoke no other languages but his mother
tongue; his hosts didn't know a word of Serbian. Yet a strong bond grew
between the terrified child and the family of Evdoxia Malli, a bond
that has endured.

Mentarovic's story is one of many that unfolded during the civil war in
Yugoslavia, when Greek families offered to help children, soothing some
of the pain and distress they had suffered as a result of the carnage.

Malli has written the story of her family's relationship with what she
calls their «adopted child,» she told Kathimerini, and plans to publish
it soon. «They were such intense moments that they came out
effortlessly on paper,» she said.

«The first day was awful. I had on my hands a child who wept
continually. I didn't know how to reassure him. I didn't know what he
was thinking - he didn't speak. I didn't know if he was afraid of us. I
tried to calm him down by speaking to him gently and I hoped he would
understand that from the warmth of my voice. I put him to sleep with my
other children. But in the morning, he wouldn't come out of the room.
When I went into the room, two tearful eyes peeked over the blanket and
looked at me in despair. I hugged him and talked to him non-stop. He
withdrew into himself and kept reading a little book which, as I found
out much later, contained wishes from his relatives who had written
about the trip to Greece. That ordeal of distancing lasted for three
days, until the children found a means of communication by playing with
a deck of cards. That's how he began to learn his first words of Greek.»

From then on, they lived together normally. Lazar's Greek improved in
the classes that were being given for the visiting children, and the
families overcame the difficulties of the unusual relationships by
talking with psychologists in specially set up groups.

At first, whenever Lazar heard an airplane, he would run and hide.
Gradually, however, the problems were overcome and Lazar started to
integrate into the family. He would call family members «grandfather,»
«grandmother,» «uncle» and «aunt» but never «mother.»

Time passed pleasantly into the summer, with excursions to different
parts of Greece. «We became close, we exchanged confidences and formed
tender relationships,» said Malli. «Besides, he's a very good person.
He didn't come here to have a good time and then disappear. His family
reciprocated everything when we we visited them in Novisad.»

«The landscape had lost its color,» Lazar told them when he showed them
the village from which he had fled with relatives, leaving his mother
for five-and-a-half years.

He went by cart to Novisad, where his aunt lived. His father and two
older brothers were still fighting in the war. His mother stayed in the
village with her elderly parents and father-in-law's brother. When they
heard that the Croats were entering the village, she decided to leave.
She put the three old people on the cart and set out with them and her
livestock (150 sheep) for Novisad. On the way, one of the elderly
people died and they returned home to bury him. By night, in torrential
rain, they dug the grave, hurriedly buried the body, then fled once
more. The journey took 70 days. By the time they reached Novisad, all
the animals had died. «We brought back what counts,» she told her
relatives: «Human lives.»

Lazar's older brother was missing for two years until the Red Cross
located him. His other brother was found in a camp and he too returned
to Novisad after the war. When the whole family - grandparents,
brothers, children and grandchildren - were gathered together again at
the aunt's house, they heard about Lazar's stay in Greece from his
school.

«I didn't know where the country was,» he told his «adopted mother»
later. «And I thought they spoke Serb there too.»

Since then, Lazar has visited every Christmas and summer except in
1999, during the bombardment. The family went back to the village after
some basic repairs were made to their ruined house with United Nations
aid.

«In 2002, we went to see them again in the village. They received us
with love; we felt very close. As we were leaving, Lazar's mother
looked me in the eye and said: 'I gave birth to Lazar; you brought him
up. You're his second mother.'»

Lazar is now in the final year of senior high school. He turns 18 in
July. Ahead of him is military service, study, a career. «I feel a
sense of responsibility for that child and I worry. I dream about him,
being a mother to support him, a friend to stand by him.»

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http://www.ekathimerini.com/4dcgi/_w_articles_ell_100005_13/01/
2005_51705

‘They offered us whatever they had’

By the time Lazar returned to his homeland, he had learned quite a lot
of Greek. “On those last days,” recalled Malli, “I couldn’t accept that
he wouldn’t be with us anymore. I hid my tears so as not to spoil the
joy of his return. His departure was the most difficult moment: I’ll
always remember seeing his fingers outside the train window, becoming
dots, until I couldn’t see them anymore.”

After the initial separation, things changed. “We talked constantly on
the telephone. We cried. He wanted to come back but he thought of his
parents. Three months later, in October, we couldn’t bear it and we
went to Novisad to see him. There was a great crowd — relatives,
neighbors, friends — the whole village was there and they offered us
everything, whatever they had (milk, cheese, embroidery), in general
thanks for what we had given one of their people.”

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http://www.ekathimerini.com/4dcgi/_w_articles_ell_100007_13/01/
2005_51704

Greeks took in 12,000 Serb children

STAVROS TZIMAS

More than 12,000 children from war-ravaged Yugoslavia came to Greece in
1992-1995, when slaughter was raging in Bosnia-Herzegovina. They were
all Serbs, even though Muslim and Croat children were suffering as much
or worse from the horrors of war.

Ordinary Greeks who offered hospitality to those children should not be
criticized for bias. The Greek line then was Greece-Serbia-Orthodoxy,
and it governed humanitarian initiatives. This does not diminish the
help given to those children by Greek families and agencies such as
KEDKE, the Church of Greece and Solidarity Caravan.

The combat has ceased in the former Yugoslavia, but the drama of
orphaned children goes on. Many of them live in institutions, in poor
conditions and without hope of anything better. Others roam the streets
of Belgrade, Serajevo and Zagreb, begging or picking pockets to eke out
a living.

Some luckier ones, like Lazar Mentarovic, survive thanks to the
humanity of families in Greece, which continue to offer them moral and
financial support in their country.

Da: Iniziativa PARTIGIANI! Roma 7/5/2005
Data: Ven 14 Gen 2005 10:57:47 Europe/Rome
Oggetto: Attacco contro la Resistenza


A PROPOSITO DEL FILMATO IL CUORE NEL POZZO IN PROGRAMMAZIONE RAI NEL
FEBBRAIO 2005.

Invitiamo tutti quelli che ricevono questa mail a girarla alla loro
lista ed a scrivere una protesta alla commissione per il controllo
sulla RAI, magari girando il testo stesso, variando però l’oggetto, in
modo che non cancellino subito il file, ma siano obbligati ad aprirlo.

 
In un’intervista al giornale La Stampa del 18 aprile 2002 l’attuale
ministro alle telecomunicazioni Gasparri (di A.N.) alla domanda “Ora
gli sceneggiati "vanno" molto: ha qualche altra idea?” rispose
«Credo sarebbe interessante realizzarne uno sulla tragedia delle foibe».

 E alla successiva: “E perché proprio uno sceneggiato e non un
programma storico?”
«Se facciamo un documentario, magari con la riesumazione delle ossa,
provochiamo soltanto ripulsa. Penso che sarebbe più efficace una
fiction che raccontasse la storia di una di quelle povere famiglie.
Sono grandi tragedie. Come quella dell’Olocausto o di Anna Frank.»

Da queste due domande, e dalle due risposte, si può capire quale fosse,
da subito, l’interesse del ministro e della sua parte, e quanto
disinteressati siano stati gli autori, registi e sceneggiatori che si
sono impegnati a realizzare l’opera così “commissionata”. Nessun
ordine, sia ben chiaro, solo una dichiarazione di interesse. E tutti
pronti, come un sol uomo, a dire signorsì, dando prova di una solida ed
autorevole indipendenza.

Vediamo come questa tragedia simile, per Gasparri, a quelle
dell’Olocausto e di Anna Frank è stata realizzata.

Innanzitutto è stato scelto un regista, Alberto Negrin, che ha già
girato sceneggiati su storie di persecuzioni naziste contro gli ebrei
(lo sceneggiato “Perlasca”); poi uno degli attori principali (che si
dichiara su posizioni di sinistra) è Leo Gullotta, che ha però accolto
la vulgata fascista del 17-20 mila infoibati.

Questa in breve la trama della fiction in programmazione a febbraio: in
Istria una giovane italiana viene violentata da un perfido sloveno,
Novak, che poi diventerà partigiano (bisogna dire che in Istria gli
sloveni sono una minoranza rispetto ai croati, e non abitano la zona
nella quale è stata ambientata la vicenda). Nel 1944 Novak inizia a
perseguitare la donna, alla quale ha infoibato i familiari, compreso il
marito, e per riprendersi il figlio (che sembra sia frutto della
violenza) arriva al punto di organizzare l’incendio dell’orfanotrofio
dove il piccolo è ricoverato, per uccidere lui e altri bambini,
massacrando altri buoni slavi che li difendono, uccidendo il parroco
che lotta per la loro salvezza,dandosi ad ogni sorta di bassezza,
vandalismo e saccheggio. Alla fine di tutto questo, ciò che rimane in
mente è che i partigiani sloveni erano feroci e cattivi, mentre gli
italiani erano solo vittime innocenti.

Ma cosa è accaduto veramente in Istria in quel periodo?

Per evitare di essere accusati di parzialità comunista o partigiana
daremo la parola a Nerina Feresini, un’insegnante di Pisino che ha
assistito nella sua città ai fatti dopo l’8 settembre del ’43, e nel
1947 è venuta, “esule”, in Italia. A Trieste è stata attiva nei circoli
istriani di destra (lo si capirà dalle sue stesse parole).

In risposta alle nostre domande, pubblichiamo quindi alcun stralci
tratti dalla pubblicazione di Nerina Feresini intitolata “Quel
terribile settembre”, edita nel 1993 dalla Famiglia pisinota di Trieste.

PARTIGIANI NEMICI DEGLI ITALIANI SOL PERCHÉ ITALIANI?

« La sera del 12 (settembre 1943, ndr) caddero le prime vittime. Verso
le 21 il lugubre silenzio che incombeva sulla cittadina fu rotto da una
nutrita sparatoria, da scoppi di bombe a mano accompagnati da urla
selvagge e dallo stridio di un treno costretto a fermarsi nei pressi
del Calvario. Per telefono era giunta la notizia dell’arrivo del
convoglio alla stazione di Pisino. Il capostazione Antonio Olmeda aveva
dato via libera. Ma i “drusi” (così i nazionalisti italiani
soprannominano i partigiani jugoslavi, ndr) non erano dello stesso
parere. Dopo una breve sosta il convoglio riprese la corsa a gran
velocità, ma alla stazione fu bloccato e assalito dai ribelli. Il
capostazione, accusato di intesa col nemico, fu accoltellato nel suo
ufficio. Seguirono la stessa sorte due ferrovieri, Giovanni Benassi e
Benedetto Masini e un partigiano. Sul treno c’erano circa 400 marinai
della scuola CREM: fatti prigionieri dai tedeschi dopo l’occupazione di
Pola, sotto la scorta di otto soldati venivano tradotti in Germania.
Furono costretti a scendere. Si sparpagliarono nella cittadina,
trovando conforto e ospitalità presso varie famiglie, finché, due
giorni dopo, ebbero l’ordine di allontanarsi a piedi. I loro
accompagnatori tedeschi si diedero alla fuga, che ebbe breve durata,
perché furono raggiunti e trucidati »

Ciò che noi capiamo è che i partigiani (croati), rischiando la propria
vita, liberarono 400 militari italiani che venivano deportati in
Germania, facendoli accogliere dagli abitanti, per poi favorirne la
fuga verso casa a piedi (le ferrovie erano controllate dai tedeschi).
Gli uccisi erano gli “accompagnatori” tedeschi e i ferrovieri che, col
loro operato, avrebbero invece favorito la deportazione degli italiani.

Di tutto ciò, ovviamente, non si parlerà nella fiction.

CHI DEVASTÒ LA CITTÀ DI PISINO?

« Il 27 (settembre ‘43, ndr) si verificò il primo bombardamento aereo
tedesco e colse di sorpresa la popolazione sfollata che era appena
rientrata dalla campagna (…) i tedeschi sganciarono 21 bombe che
colpirono diversi edifici ».

« Il giorno 2 ottobre Pisino fu colpita da un secondo bombardamento,
questa volta più massiccio. La formazione era composta da otto
apparecchi, che sganciarono 60 bombe un po’ dappertutto »

« Quel giorno andarono distrutti il Teatro e colpito in più parti il
Ginnasio – Liceo G. R. Carli, di cui crollarono le scale e l’ala
rivolta verso piazza Garibaldi, dove esplosero sette bombe ».

« Gli edifici disastrati non si contavano e numerosi crateri erano
stati aperti nelle strade ».

COME I TEDESCHI RIPORTANO L’ORDINE?

« Era la mattina del 4. La colonna (della divisione SS Prinz Eugen,
ndr) ebbe l’ordine di fare piazza pulita. Come si avvicinavano alla
periferia di Pisino, i soldati uccidevano quanti incontravano per la
strada o nelle case. Nessuna abitazione fu rispettata. Tutte ebbero dei
morti »

« Triste fu la sorte dei pisinoti rifugiati a villa Merzari. Era una
trentina di persone (…) furono condotti (dai tedeschi, ndr) dietro al
negozio dove una bomba aveva formato un cratere. E quella fu la loro
tomba »

« Per due giorni la truppa ebbe licenza di razziare. In città
continuarono le sparatorie. (…) La tiepida sera di ottobre fu
illuminata dal falò di 37 case incendiate col lanciafiamme, tra le
quali la scuola elementare di via D’Annunzio, di cui non rimase che lo
scheletro. (…) Così furono saccheggiati tutti gli appartamenti, fu
portata via la biancheria, i corredi delle spose, l’argenteria e il
vasellame. I mobili furono aperti con le baionette, insudiciati i
materassi, i generi alimentari, spaccati i grammofoni e le radio. Non
c’era casa che non portasse il segno della spaventosa razzia »

E dopo questa descrizione, così cruda ed efficace, cosa succede?

« Alcuni pisinoti che erano riusciti a salvarsi (…) decisero di
rimanere e scelsero coraggiosamente l’unica via allora praticabile in
difesa della popolazione, affiancandosi ai tedeschi. Un gesto
volontario di altruismo che alcuni pagarono con la vita, altri
riparando in Patria, con le persecuzioni comuniste. L’ordine fu dunque
ripristinato e i cittadini poterono ritornare nelle loro case, quelle
ancora abitabili »

Infine, ancora una piccola citazione dal testo di Nerina Feresini.

Nel suo scritto, che in parte prosegue sino al ’45, troviamo gli orfani
dell’ospizio Mosconi, probabilmente quelli cui si riferisce la fiction,
perché nell’interno dell’Istria gli orfanotrofi non dovevano certo
essere numerosi. Ma la professoressa non fa cenno ad alcuna
persecuzione operata dai partigiani nei confronti dei bambini, né a
maltrattamenti subiti dai religiosi: narra solo dello spavento
provocato dall’arrivo dei tedeschi.

Speriamo ora che sia chiaro a tutti chi fu il devastatore dell’Istria,
e chi collaborò con esso. Siamo certi che di tutto questo massacro,
narrato da una testimone presente ai fatti, la fiction girata per la
giornata della memoria dell’esodo non farà alcuna menzione, perché è
così che oggi si vuole riscrivere la storia, criminalizzando una parte
politica (ed etnica), attribuendole crimini che non ha commesso, ma
sono stati invece commessi da altri… dei quali si vuole invece
cancellare la colpa.

 
Comitato contro le falsificazioni storiche (Trieste)
per contatti: nuovaalabarda @ yahoo.it



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P A R T I G I A N I !

Roma, 7-8 maggio 2005:
Una iniziativa internazionale ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo

https://www.cnj.it/PARTIGIANI/index.htm