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THE USE OF DEPLETED URANIUM (DU) WEAPONS ]


Inizio del messaggio inoltrato:

> Da: chinino @ tiscali.it
> Data: Sab 8 Gen 2005 13:17:23 Europe/Rome
>
> Penso che questo articolo sull'Uranio Depleto, grazie alla messa in
> diffusione di uruknet.info, sia uno dei più profondi su questo
> argomento. Invio questa mia traduzione in allegato: il documento è
> decisamente lungo, molto strutturato, denso di informazioni, e quindi
> può risultare pesante alla lettura, ma vi assicuro che lo sforzo vale
> le informazioni e le riflessioni che ne derivano.
> Auguri di Buon Anno e di proficuo lavoro a tutti. Curzio
>


”... le truppe della NATO hanno usato Uranio Depleto (impoverito)
sparando 10.800 colpi (2750 kg) in Bosnia-Erzegovina dal 1994 al 1995,
e circa 31.000 colpi (una tonnellata) nel 1999 sul Kosovo, Provincia
della Repubblica di Jugoslavia. Dopo il conflitto, fra il personale del
PKO e la popolazione locale, non si contano più ormai coloro che se ne
sono andati all’altro mondo, avendo accusato gli stessi sintomi
presentati dai veterani della Guerra del Golfo…La gente dell’Iraq e
della Bosnia, come pure i veterani della Guerra del Golfo e della
Guerra dei Balcani, tutti hanno manifestato gli stessi sintomi di gravi
sofferenze e lesioni fisiche, e non vi sono dubbi che questi sono
effetti dovuti all’Uranio Depleto…”

L’USO DI ARMI AD URANIO DEPLETO (DU)

http://www.albasrah.net/

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

15 dicembre 2004


1. La verità sull’uso di armi all’Uranio Depleto (DU) da parte delle
truppe Statunitensi e Britanniche.

Le truppe Statunitensi e Britanniche, negli attacchi contro l’Iraq che
sono iniziati il 21 marzo 2003, hanno usato armi al DU durante le
battaglie avvenute nelle varie regioni dell’Iraq. La verità sull’uso di
armi a DU da parte delle truppe USA è stato comprovata e ammessa dal
generale di Brigata Brooks in una conferenza stampa del 26 marzo dello
stesso anno, quando dichiarava: “sono state usate bombe a DU”.
Michael Kilpatrick, Direttore Aggiunto del Dipartimento per
l’Assistenza Sanitaria dell’Ufficio del vice Ministro per la Difesa
della Salute, il 6 marzo 2004, ad un forum presso il MIT (Istituto
Tenologico del Massachussets) ha dichiarato: “L’Esercito ha sparato e
usato nei carri armati e nei veicoli corazzati almeno 240 tonnellate di
proiettili al DU, e l’Aviazione Militare ha sganciato almeno 100
tonnellate di bombe dagli aerei A-10. Queste, associate, dovrebbero
corrispondere ad un equivalente di 115 tonnellate di metallo puro di
Uranio.”
Le truppe USA non hanno fatto ulteriori dichiarazioni pubbliche
specifiche sull’uso di armi al DU, sulle località dove le bombe sono
state sganciate, e sulla quantità usata di armi al DU, ma questi
argomenti sono stati ben chiariti uno per uno dalla dimostrazione del
numero enorme di armi a DU usate in questa guerra, sulla base delle
indagini, degli sforzi e dei buoni intendimenti di giornalisti e
scienziati noti in tutto il mondo, che hanno condotto inchieste sul DU
in Iraq.

(1) Il Professore Associato Hiroyuki Fujita dell’Università di Keio ha
condotto ricerche in varie località dell’Iraq, scoprendo tantissime
bombe a DU nel distretto municipale di Baghdad. Inoltre, dagli squarci
nella corazza di tanks distrutti ha rilevato radiazioni e confermato la
presenza di particelle micronizzate di ossido di DU raccolte da una
vasca di raccolta acque di una fabbrica del ghiaccio.

(2) Un Ufficiale incaricato delle Forze Armate USA, in un giornale
Statunitense, ha testimoniato che “ sono state usate 500 tonnellate di
bombe a DU” e che “Bunker-Buster (l’Acchiappa Bunker) GBU- 28 è dotato
di DU.”

(3) Ed Pennel, un soldato USA, scriveva ai suoi, via e-mail, che “il 29
marzo sono state impiegate bombe a DU.”

(4) Scott Peterson ha trovato bombe a DU nelle vicinanze del Palazzo
del Ministero della Pianificazione e polvere fine di particelle di
ossido di DU vicino a un carro armato iracheno distrutto, a Baghdad.

(5) Il Ministro della Difesa Olandese ha confermato che bombe a DU sono
state usate a Samawa.
Inoltre, prima dello scoppio della guerra, il 15 marzo 2003, in un
rapporto con la stampa al Dipartimento della Difesa, il Colonnello
Naughton rendeva noto che “i carri armati Abrams sono stati dotati di
ordigni a DU, così come gli aerei A-10”, in quanto “non esistevano
alternative.”
Testimoni hanno visto ripetutamente strutture civili prese come
bersagli da aerei A-10, tanto per incominciare il Ministero della
Pianificazione dell’Iraq, durante i bombardamenti aerei su Baghdad.
La relazione con le ricerche condotte da Scott Peterson in realtà ha
confermato la dichiarazione fornita dal Colonnello Naughton nella
conferenza stampa prima citata. I carri armati Abrams sono stati i
principali carri da battaglia usati negli assalti terrestri in Iraq.
Quindi, è altamente probabile che, a prescindere dai fatti sicuramente
verificati, le Forze Armate USA abbiano usato in larga quantità armi a
DU, anche superiore al volume dichiarato, in tutta l’area
dell’offensiva contro l’Iraq, per di più in zone ad alta densità di
popolazione, particolarmente a Baghdad, Bassora, etc.
Anche il Ministero della Difesa Britannico ha ammesso l’uso di
parecchie tonnellate di proiettili a DU. Le località non sono state
rese di pubblico dominio, ma, come esempio apparso in un giornale
Britannico, il 25 marzo 2003, vi erano state indicazioni della
probabilità che bombe a DU fossero state usate sulla parte occidentale
della Città di Bassora durante un accidentale cannoneggiamento da parte
di un carro armato Challenger dell’esercito Britannico contro un altro
Challenger inglese.


2. Particolari caratteristiche dell’Uranio Depleto (Impoverito) DU

L’Uranio si trova diffusamente in natura come una miscela di tre
isotopi. L’Uranio naturale è solamente costituito per lo 0.72% da
Uranio 235, che produce la fissione nucleare, ma soprattutto per il
99.2746% da Uranio 238, che non produce fissione nucleare, e il
restante 0 .0054%, è Uranio 234 .
Per questa ragione, in modo da poterlo usare efficacemente negli
impianti per energia nucleare, o per la costruzione di bombe atomiche,
è necessario operare il processo detto di “concentrazione”, di
arricchimento della percentuale di Uranio 235, che permette la fissione
nucleare. In larga quantità, il sottoprodotto di tale processo è
l’Uranio Depleto (impoverito!), che effettivamente costituisce scorie
radioattive. Il termine “depleto” dà l’impressione che questo Uranio
abbia effetti radioattivi veramente di bassa intensità, ma la sua
percentuale di radioattività equivale al 60% di quella dell’Uranio
naturale ed emette radiazioni alfa. I raggi alfa, [N.d.tr.: I raggi
alfa sono costituiti da nuclei di elio-4, cioè da due neutroni e due
protoni dotati di grande energia di legame, che per questo vengono
emessi come unica particella], hanno debole forza di penetrazione,
possono propagarsi nell’aria solo per qualche centimetro, e possono
essere assorbiti e bloccati anche da un foglio di carta. Di
conseguenza, non hanno effetti sul corpo umano, se non hanno un
contatto diretto con esso, ma se una pur piccola particella di Uranio
Depleto entra nel corpo può causare una esposizione radioattiva
all’interno estremamente pericolosa. Quindi, questo è un materiale
estremamente pericoloso, che possiede combinate le caratteristiche non
solo di tossicità da radioattività, ma anche di tossicità tipica dei
metalli pesanti. E il suo tempo di dimezzamento è di 4.5 miliardi di
anni, e questo significa che in pratica continua ad emettere radiazioni
in perpetuo.


3. Caratteristiche Speciali delle Armi a Uranio Depleto (DU)

Stoccare Uranio Depleto è enormemente dispendioso, ma trovargli un
utilizzo, in qualsiasi modo, è quello che il Dipartimento USA per
l’Energia ha cercato di fare. È nelle munizioni per l’Esercito che
l’Uranio Depleto viene usato in larga scala; soprattutto come sostanza
penetrante che viene inserita nelle ogive delle bombe con l’intento di
aumentarne il potere di penetrazione, e anche nelle corazze dei carri
armati in modo da aumentarne la capacità difensiva. Soprattutto, le
armi ad Uranio presentano i seguenti vantaggi:

* L’Uranio Depleto, data la sua densità veramente alta (1.7 volte
quella del piombo, 2.5 volte quella del ferro) e la sua durezza, quando
viene usato nella punta dei proiettili, accresce il potere di
penetrazione di questi e dispiega la sua tremenda capacità di aprire
varchi in spesse lastre di ferro e nel calcestruzzo.

* Anche se non vi sono esplosivi all’interno dell’ogiva, esplode
all’impatto, ed è alta la capacità di uccidere e ferire il nemico, data
l’alta temperatura che si produce quando brucia.

* È veramente poco costoso, visto che la materia prima è costituita da
scorie radioattive, scaricate in modo massiccio e stivate in
contenitori speciali.

Inoltre, quando il DU esplode all’impatto, e brucia con sviluppo di
alte temperature, produce micro-particelle di ossido di uranio (aerosol
di particelle del diametro di micron, e un micron corrisponde ad un
millesimo di millimetro). Allora, le particelle diffuse nell’atmosfera
e trasportate nell’aria, inquinano vaste zone dell’atmosfera, e in
seguito le particelle che ricadono al suolo inquinano l’ambiente, il
terreno e l’acqua, ecc.


4. Terribili effetti negativi delle armi a DU sul corpo umano

Quando le particelle di Uranio vengono inalate dal corpo, le particelle
aggrediscono dapprima la trachea e il sistema respiratorio. Visto che
le particelle sono praticamente insolubili, hanno difficoltà a
dissolversi nel sangue, e quindi restano depositate per un lungo
periodo di tempo. Alla fine, queste particelle che hanno aderito in
modo stretto, continuano ad esporre alle radiazioni gli organi vicini.
Perciò, inducono nelle cellule e nei geni alcune trasformazioni, e
causano tumori, leucemie, linfomi, malattie e anomalie congenite.
Poi, gradualmente, vengono assorbite nel sangue e nel sistema
linfatico, e producono malattie e danni in tutto il corpo.
Inoltre, a prescindere dall’inalazione, possono essere introdotte nel
corpo ed entrare nel flusso sanguigno per ingestione orale e attraverso
piaghe e ferite.
Questo tipo di armi veramente pericolose sono state disseminate in
grande quantità su tutto l’Iraq dalle truppe USA e Britanniche. Non
solo durante la guerra, ma anche dopo la guerra, per una durata
inimmaginabile di tempo, pari a 4.5 miliardi di anni da adesso in
avanti, il popolo dell’Iraq dovrà sostenere il peso di vivere in una
terra intensamente inquinata e dovrà arrangiarsi a sopravvivere con
questa difficile realtà.
Le truppe Britanniche e Statunitensi, alla richiesta di rinunciare a
questo tipo di armi al DU, rispondono portando via solo vite preziose,
e producendo agli Iracheni ancora ulteriori sofferenze, e in eterno.

I. Lesioni materiali in Iraq, dopo la Guerra del Golfo.

Durante la Guerra del Golfo nel gennaio del 1991, le Forze Armate USA
hanno sganciato 320 tonnellate di proiettili a DU sull’Iraq. Subito
dopo la guerra, si è verificata un’alta incidenza di fenomeni strani,
mai visti prima della guerra. Sono avvenuti diversi casi di questo
tipo: molti membri della stessa famiglia hanno sviluppato forme
tumorali, o un unico paziente ha presentato forme di tumori diversi,
ecc.; il cancro che si diffonde rapidamente, lo scoppio di malattie
infettive dovuto al veloce estendersi del cancro, leucemia, anemia
aplastica, tumori maligni e immunodeficienza, herpes e sofferenze
legate all’herpes zoster, sintomatologie che richiamano quelle
dell’AIDS, sindromi collegate a disfunzioni del fegato e renali,
disfasia ereditaria e malattie congenite dovute a danni genetici.
Bambini, specialmente in tenera età, che non hanno possibilità di
reagire e sono senza colpa, sono diventati le vittime principali di
questa guerra. La parte meridionale della Città di Bassora, che è
vicina al campo di battaglia della Guerra del Golfo, è stata
danneggiata in modo preoccupante, e secondo un medico della Clinica
Universitaria di Bassora, il numero di casi che sono stati colpiti dal
cancro è aumentato dai 34 del 1988, prima della Guerra del Golfo, alla
sbalorditiva cifra di 603 del 2001, 17 volte più elevata.
(1) Maternità di Bassora ed Ospedale Pediatrico.
A Mohammed Hoji veniva diagnosticata una leucemia, proprio un anno dopo
la sua mamma, che era stata ugualmente ricoverata nello stesso
ospedale, morta di leucemia. Il medico incaricato di questo caso, il
Dr. Surin Shirub, relazionava: “Quello che risulta straordinario in
questo caso è che l’intera famiglia e i fratelli, uno per uno, avevano
subito il cancro e la leucemia. Questo tipo di casistica non si era mai
presentato prima della Guerra del Golfo.”
La zia Abed, che si era presa cura del bambino, si doleva: “Perché
dobbiamo patire tutto questo, anche quando la guerra è passata?”.
(2) Zein, che era stato ricoverato 5 mesi prima all’Ospedale Pediatrico
e Maternità di Bassora all’improvviso sviluppava un rigonfiamento
addominale e gli veniva diagnosticata una leucemia. Da allora, è
divenuto sempre più debole, e ha perso il suo buon umore. Sua madre,
Semal, sospirava: "Io vorrei che l’America sapesse come la guerra ci ha
causato tante sofferenze, anche per le molte generazioni a venire.”
(3) Abbas, al quale 3 anni fa veniva diagnosticata una leucemia, stava
dormendo profondamente vicino a sua madre Hamdi. Aveva sul capo i
capelli estremamente radi, per effetto delle medicine che li venivano
somministrate. Hamdi diceva: “È duro quando si è impotenti a fare
qualsiasi cosa per preservare il vostro bambino da queste sofferenze.”

Il dr. Jasem di questo ospedale relazionava: “Le lesioni causate dalla
guerra non sono una questione contingente, temporanea. Anche in
seguito, le sue vittime innocenti soffriranno per generazioni a venire.”

In effetti, questi bambini Iracheni del tutto innocenti sono stati
privati del loro diritto di nascere in buona salute e di crescere
normalmente, a causa degli effetti di queste armi a DU.
Inoltre, le sanzioni economiche imposte dall’ONU all’Iraq dall’agosto
1990 hanno contribuito ancor più a questa pietosa situazione.
La Risoluzione ONU 661 aveva esentato dall’embargo i materiali da
usarsi per scopi medici. Pur tuttavia, la commissione che era
incaricata degli adempimenti dell’embargo sotto le condizioni della
Risoluzione 661 non poteva dare luogo a questa esenzione operativa per
l’opposizione dei commissari Statunitensi e Inglesi, e quindi, si
presentava una deficienza grave di approvvigionamenti medicali, di
vaccini, siringhe, anestetici e di apparecchi sanitari necessari ai
trattamenti medici.
Secondo un rapporto UNICEF, nel febbraio 1991, i rifornimenti di
medicinali avevano raggiunto 1/6 del livello normale delle scorte.
Ancora l’UNICEF, in un rapporto del 1993, rendeva pubblico che
“all’inizio della Guerra del Golfo, il numero dei bambini morenti si
aggirava sui centomila, ma dopo la Guerra il livello di mortalità si
era innalzato di 3 volte quello anteguerra. Le protezioni sanitarie e
i servizi di previdenza risultavano non più adeguati a causa della
mancanza di risorse e di strutture per il trattamento e le cure
mediche. In più, a causa delle bombe a DU usate durante la Guerra del
Golfo, il numero di pazienti affetti da tumore repentinamente era
accresciuto dopo la guerra. Se fosse stato garantito un trattamento
adeguato nello stadio iniziale della malattia, potevano essere evitate
tante morti, ma dato l’esaurirsi delle scorte di medicinali e della
strumentazione specifica a causa delle sanzioni economiche, i pazienti
non potevano essere adeguatamente curati, con il risultato del grande
aumento del numero di vittime colpite.”
Parimenti, le depredazioni postbelliche avevano indotto i migliori
medici ad andarsene dall’Iraq. A dire il vero, molti dei medici e degli
studiosi rimasti venivano riconosciuti dal mondo accademico
internazionale, e avevano partecipato e presentato i risultati delle
loro ricerche in conferenze scientifiche e accademiche internazionali.
Comunque, a causa delle sanzioni economiche, non riuscivano ad ottenere
i visti per partecipare alle conferenze internazionali ed avere così
l’opportunità di continuare a stabilire scambi con altri studiosi,
indispensabili per l’avanzamento e il miglioramento del livello delle
conoscenze e delle pratiche mediche in Iraq. Anche se desideravano
andare oltremare per ricevere, ad esempio, maggiori istruzioni sulle
esposizioni radioattive, o magari procurarsi anche risorse mediche
necessarie, non lo potevano fare, dato che non venivano loro concessi i
visti. I dati sulle vittime Irachene erano indispensabili per far
fronte all’inesperienza rispetto alle problematiche degli effetti delle
radiazioni dovute alle armi a DU, e mentre i medici Iracheni erano
nelle condizioni di fornire questi dati e tutta la casistica, le
sanzioni economiche ostacolavano il loro progresso e sviluppo.
Il dr. Junan, un esperto per il cancro all’Ospedale Ibn Gaswan, una
Clinica Pediatrica e per la Maternità nella Città di Bassora, scriveva:
“La leucemia infantile, se trattata immediatamente al primo stadio, ha
il 70% di possibilità di essere curata, ma il tipo di medicine per
questo disturbo non è disponibile, e allora i pazienti non possono
essere curati bene, e, cosa deplorevole, devono anche morire. Ma, con
queste sanzioni economiche, che ci consentono solo di procurarci cibo
in cambio di petrolio, siamo costretti ad agire avendo a disposizione
solo il 20% delle risorse mediche necessarie. Dunque, come possiamo
curare i malati?”
Solo nel 2001, sono state confermate in questo Ospedale le nascite di
256 casi nati con difetti congeniti.

II. Pericoli per la salute dei Veterani della Guerra del Golfo

Chiaramente, non è solo il popolo dell’Iraq, ma anche i veterani della
Guerra del Golfo del 1991 stanno soffrendo degli effetti dell’uso di
queste pericolose armi a DU. Relativamente a costoro, vi è stata
un’alta incidenza di vari disturbi in differenti parti del corpo,
oscillando dalla perdita dei capelli, all’emicrania, artralgia,
gastralgia, diarrea, fino alla perdita di memoria, insonnia, etc., e a
sintomi effettivamente cronici di cancro, leucemia e immunodeficienza,
tanto per incominciare.
Secondo un’indagine di fine d’anno del 1999, condotta dal Centro
Risorse Nazionali per la Guerra del Golfo, Inc. (NGWRC) su 504.047 ex
militari, che si sono ritirati dal servizio dopo la guerra, e sono
stati ritenuti idonei per la pensione dall’Amministrazione per i
Rapporti con i Veterani, 263.000, più del 52% di questi veterani, si
lamentavano di qualche situazione anormale nel loro stato di salute, e
avevano fatto richiesta di cure mediche al Governo degli Stati Uniti e
all’Amministrazione per i Rapporti con i Veterani. Inoltre, 185.780,
il 37 % di questi veterani hanno fatto richiesta di un sussidio di
compensazione per inabilità al lavoro, ecc. dovuta a malattia. Circa la
metà di questi veterani ha denunciato qualche forma grave, pericolosa
per la salute, ed infatti più di 9.600 fra di essi sono ora deceduti.
Sebbene vi siano state solo 147 perdite direttamente in combattimento
durante la Guerra del Golfo, dopo il ritorno a casa molti hanno
cominciato a mostrare i sintomi di qualche grave problema di salute.
In più, dall’anno scorso, fra i soldati USA di stanza in Iraq si sono
verificati insoliti disturbi e malattie di natura sconosciuta. In una
recente indagine, il numero di militari che hanno chiesto il congedo
per ragioni di salute ha raggiunto i 18.000, e in tutte le
manifestazioni la causa sembra ricondursi al DU.
Comunque, anche se questo tipo di tragedia continua a succedere, il
dipartimento di Stato USA insiste a ribadire che “l’affermazione che il
DU sia la causa del cancro dei bambini in Iraq è priva di fondamento”,
o che “risulta altamente probabile che l’uso da parte dell’esercito
Iracheno di armi chimiche contenenti sostanze cancerogene sia la causa
effettiva del cancro e delle anomalie congenite.”
Ma sintomi consimili si possono osservare in Bosnia e in Kosovo, dove
questo tipo di armi chimiche menzionate dagli USA non è stato usato.

III. Pericoli per la salute dopo la Guerra dei Balcani

Le truppe della NATO hanno usato Uranio Depleto sparando circa 10.800
colpi (2750 kg) in Bosnia-Erzegovina dal 1994 al 1995, e circa 31.000
colpi (una tonnellata) nel 1999 sul Kosovo, Provincia della Repubblica
di Jugoslavia. Dopo il conflitto, fra il personale della PKO e la
popolazione locale, non si contano ormai più coloro che se ne sono
andati all’altro mondo, avendo accusato gli stessi sintomi presentati
dai veterani della Guerra del Golfo.

(1) Secondo il Centro Sanitario Jovanovich in Bosnia, dei 5.000
abitanti che erano fuggiti dal villaggio di Hajici della
Bosnia-Erzegovina, nel gennaio 2001, circa 400 persone sono morte,
principalmente di cancro. Ad Hajici, vi era una fabbrica di armi del
vecchio esercito Jugoslavo, e, per distruggerla, era stata usata una
grande quantità di bombe al DU.

(2) La gente, ricoverata al Kosovska Mirtovia, nella Provincia del
Kosovo, ha messo in evidenza che dall’11 gennaio 2001, dopo il raid
aereo condotto dalla NATO con bombardamenti nel Kosovo, il numero di
ammalati di cancro nell’ospedale sopra citato è aumentato di circa il
200 %, e nell’ultimo anno il numero raggiungeva i 160. Hanno denunciato
l’uso di bombe a DU, che si pensa costituisca la causa dell’aumento del
numero di pazienti di cancro, e questo si basa sul fatto che il 40% di
questi pazienti risultava proveniente da quelle zone che erano state
bombardate con ordigni a DU.

(3) La gente dell’Iraq e della Bosnia, come pure i veterani della
Guerra del Golfo e della Guerra dei Balcani, tutti hanno manifestato
gli stessi sintomi di gravi sofferenze e lesioni fisiche, e non vi sono
dubbi che questi sono effetti dovuti al DU.

In più, la verità sull’uso di armi a DU da parte delle Forze Armate USA
nella Guerra in Afghanistan nel 2001, e il fatto reale dell’esposizione
alle radiazioni da DU e i rischi per la salute della gente, sono tutte
questioni messe in piena luce nella arringa di chiusura del pubblico
ministero davanti al Tribunale Internazionale per i Crimini
nell’Afghanistan.

IV. Casi clinici relativi a Veterani USA della guerra in Iraq

Samawa, dove è dislocata la Forza di Auto Difesa, è un punto strategico
che si trova fra Bassora e Baghdad. L’esercito USA, quando era in
marcia verso Baghdad, passando attraverso questa statale, vi incontrava
una dura resistenza da parte delle truppe Irachene, e occorreva loro
una settimana per soffocare le rivolte nelle città e nelle strade che
venivano attraversate. Durante gli scontri venivano usate armi a DU.

Il dr. Asaf Durakovic, specialista in Medicina Nucleare, consigliere
della Fondazione Nazionale per le Scienze, e direttore della Clinica di
Medicina Nucleare creata dal Dipartimento dei Veterani USA, dopo la
fine della Guerra del Golfo, ha istituito il Centro Ricerche Mediche
sull’Uranio, che è un’agenzia di ricerca indipendente con sede in
Canada, e per diversi anni ha continuato ad esaminare i segni di
contaminazione da DU in soldati Americani, Britannici e Canadesi.
Secondo uno studio condotto dal dr.Durakovic, pubblicato in data 3
aprile 2004 sul New York Daily News, dopo la Guerra in Iraq era stato
riscontrato DU nelle urine di 4 su 9 militari USA, che erano di stanza
a Samawa a far rispettare la pace e l’ordine, ed erano stati
rimpatriati per le loro cattive condizioni fisiche, dopo aver accusato
emicrania permanente, nausea, sangue nelle urine, ridotta capacità
auditiva e indebolimento della vista, ecc.
La 442.ma Compagnia, alla quale appartenevano i soldati esaminati,
aveva l’incarico di scortare e di addestrare i poliziotti Iracheni, e
non era coinvolta direttamente nei combattimenti. Era stato rilevato DU
in questi soldati, che stavano eseguendo questa missione, ed era
probabile che fossero stati esposti all’Uranio per inalazione di
particelle di DU presenti nell’atmosfera.
Il Sergente Juan Vega, Capo Aiutante di Sanità di questa compagnia
riferiva: “Una notte, da 10 a15 persone improvvisamente si ammalarono e
svilupparono sintomi come febbre che superava i 39o C, brividi e altri
sintomi di natura inspiegabile. Più di una dozzina di persone su 160
soldati in modo inaspettato avevano presentato coliche da calcolosi
renale.” Juan Vega affermava: “Samawa è come l’inferno!”
La Compagnia Olandese si era insediata a Samawa, dopo che in un primo
tempo aveva deciso di accamparsi in pieno deserto, visto che il livello
di radioattività ambientale nel posto dove l’esercito degli USA aveva
piazzato i campi era veramente troppo alto.


5. Riscontri clinici

Per poter argomentare che i danni citati in precedenza siano stati
arrecati propriamente dal DU, dobbiamo avere le prove che esista una
correlazione fra DU ed effetti sul corpo umano, fondata su riscontri
clinici che attestino l’entità di questa situazione critica con
riferimento al DU.
Ora, specificatamente all’Iraq dopo la Guerra del Golfo, dove è stato
denunciato il maggior numero di casi vittime del DU, dobbiamo usare
come riferimento i dati raccolti da Fasy TM, che sono stati presentati
al Simposio Internazionale sul DU tenutosi a New York nel giugno 2003,
come comunicazione clinica mai fino ad ora pubblicata.

I. La Teratogenicità dell’Uranio Depleto

(N.d.tr.: un fattore teratogeno può causare alterazioni mostruose nello
sviluppo di un embrione)

(1) I bambini Iracheni

Secondo i dati presentati da Fasy TM, il rapporto di frequenza di
disfasia congenita era di 3.04 per 1000, monitorato a Bassora, ma nel
2000 raggiungeva il 17.6, che è 5 – 6 volte più alto di quello
precedentemente registrato. Questo diventa particolarmente reale in
molti casi riportati, nei quali i genitori erano soldati che avevano
partecipato alla Guerra del Golfo.

(2) Figli di Veterani della Guerra del Golfo

I risultati di un’indagine dell’Istituto di Ricerche Militari degli
USA, condotta per determinare il rapporto di frequenza di disfasia
congenita relativamente ai veterani della Guerra del Golfo, sono stati
pubblicati nel New England Journal of Medicine, una rivista di
medicina, nel 1997.
La conclusione era che non esisteva differenza alcuna nel rapporto di
disfasia congenita fra i bambini dei veterani della Guerra del Golfo
con quelli dei veterani che non avevano partecipato a questa guerra.
Comunque, 5 mesi più tardi, nella stessa rivista venivano pubblicati i
risultati di una indagine condotta da tre ricercatori Inglesi, Pat
Doyle, Eve Roman, Noreen Maconochie, che confutavano queste
valutazioni, piuttosto superficiali, fatte solo su bambini nati e
viventi, trascurando i nati abortiti e i nati morti a causa delle
pesanti deformità congenite, ed inoltre con l’esclusione di 1/3 del
numero complessivo di militari congedatisi.
Nel 2001, Kang dell’Amministrazione per le Questioni dei Veterani
rendeva pubblica una ricerca sui veterani, che teneva conto dei nati
abortiti e dei nati morti. Il risultato era che, rispetto ai veterani
che non avevano fatto la Guerra del Golfo, la disfasia congenita nei
bambini dei veterani che avevano prestato servizio in quella guerra era
di 2.3 volte più frequente negli uomini, e di 2.4 volte nelle donne. Il
dato vero su questo aumento nel numero, proprio rispetto a coloro che
avevano partecipato alla Guerra del Golfo, è sicuramente sorprendente.

(3) Sperimentazione sugli animali

Secondo una ricerca del 2001 condotta in Spagna da Domingo JL, et al.,
quando a cavie maschili veniva fatto ingerire Uranio naturale per un
periodo di 16 settimane, diminuiva il tasso di fertilità, avveniva una
degenerazione dei testicoli e si notava una diminuzione di produzione
spermatica. Inoltre, veniva confermato che per aver somministrato dosi
di Uranio a topoline, 10 giorni prima e dopo l’ingravidamento,
l’ossificazione nelle figliate diminuiva da 3 a 5 volte rispetto al
gruppo di controllo, e vi erano numerosi casi di nascite mancanti delle
estremità.
(Nota: la radioattività dell’uranio naturale è di 25.9 kilobecquerel, e
quella dell’uranio depleto è di 16.3 kilobecquerel).
Nel 2002 , McClain DE, et al., delle Forze Armate USA somministravano
Uranio Depleto alle cavie, e cercavano di determinare gli effetti del
DU sull’embrione. Veniva confermato che le dimensioni degli embrioni
dei ratti erano più piccoli, dopo che per più di 6 mesi era stato
effettuato il trattamento con DU, che era passato attraverso la
placenta.

La disfasia congenita e le varie disfunzioni nei bambini dei soldati
che avevano partecipato alla Guerra del Golfo erano del tutto consimili
alle condizioni dei bambini Iracheni, e questo può essere imputato alla
teratogenicità del DU.

II. Carcinogenicità dell’Uranio Depleto

(1) Bambini Iracheni

Sempre rispetto ai dati raccolti da Fasy TM, nel 1990 a Bassora, su
100.000 bambini si presentavano 3.98 casi di tumore, ma nel 2000 il
numero arrivava a 13.1 casi.

(2) Veterani della Guerra del Golfo

Non esiste alcuna relazione medica che dimostri statisticamente che vi
sia un aumento di tumori nei veterani della Guerra del Golfo, ma si
rende necessaria un’indagine dettagliata sul rapporto di incidenza di
tumore nei bimbi dei veterani.

(3) Esperimenti sugli animali

Per riassumere i risultati della serie di esperimenti sugli animali
condotti da Miller, et al., dell’Istituto delle Ricerche
Radiobiologiche delle Forze Armate, il DU aumenta la manifestazione
oncogena della cellula, favorisce la crescita degli squilibri
cellulari, e produce l’esistenza di attività cellulari che generano il
tumore. Inoltre, questi dati dimostrano che il DU, ancor più del nickel
che è noto per essere causa di tumori, aumenta in modo rilevante
l’anormalità cromosomica collegata con gli agenti carcinogeni.
Hahn, et al., hanno riportato che la somministrazione di Thorotrast
(N.d.tr.: una sospensione colloidale al 25% di biossido di Torio 232,
elemento radioattivo che emette particelle alfa, come il DU) in
aggiunta al DU producono più facilmente il sarcoma, una forma di tumore
maligno, rispetto agli esperimenti condotti sui ratti con la
somministrazione di tungsteno, metallo pesante ma non radioattivo, in
aggiunta al materiale radioattivo Thorotrast.
Questo dimostra che il DU non è solo cancerogeno, in quanto metallo
pesante, ma anche produce il cancro come le sostanze radioattive.

(4) Effetti sulla cellula umana

Nel 2003 , Schroeder, et al, in Germania hanno analizzato le anomalie
cromosomiche dei linfociti di 16 soldati, di servizio nella Guerra del
Golfo e in quella Balcanica, che sicuramente erano stati esposti a
radiazioni. Prima di tutto, questi ricercatori, basandosi sui dati
disponibili dopo gli eventi di Hiroshima e Nagasaki, sottolineavano il
fatto che l’esposizione alle radiazioni poteva causare anomalie
cromosomiche nei linfociti.
Veniva confermato per questi militari che il rapporto di anomalie
specifiche cromosomiche, (cromosomi dicentrici e ad anello centrico),
era 4.2 volte più alto rispetto alle anomalie cromosomiche non
specifiche riscontrate dopo esposizione a radiazioni ionizzanti. I
ricercatori nelle loro conclusioni hanno comunicato che, anche se le
cellule con specifiche anomalie cromosomiche non potevano sopravvivere
troppo a lungo (una vita media non superiore a 3.5 anni), avevano
osservato che, comunque dopo un intervallo di tempo di 10 anni dalla
Guerra del Golfo, il corpo continuava ad essere esposto alle radiazioni
dovute al DU che si era accumulato per lunghi anni nell’organismo.

Allora, non vi sono dubbi che la causa di cancro, così come l’aumento
odierno del numero dei casi di leucemia in Iraq, sia da collegarsi al
DU.

III. Verifica della Sindrome della Guerra del Golfo

La sindrome della Guerra del Golfo è caratterizzata da sintomi cronici,
come affaticamento, cefalea, dolori muscolari e osteoarticolari,
insonnia, sintomatologie neuropsichiatriche, perdita della memoria,
limitazioni della visione, ecc.

(1) Condizioni fisiche dei veterani della Guerra del Golfo

Risulta evidente che, sulla base dei dati di Fukuda del 1998 , che sono
dati di confronto delle condizioni fisiche di soldati che hanno
partecipato alla Guerra del Golfo ( da ora contraddistinti dalla sigla
GWV) con quelle di soldati che non hanno partecipato alla Guerra del
Golfo ( sigla, non-GWV), la frequenza di vari sintomi di cronicità è
del 39 % nei GWV contro il 14 % nei non-GWV per sintomi leggeri e di
media gravità, e del
6 % nei GWV contro lo 0.7% nei non-GWV per infermità gravi.
Risulta evidente che la frequenza sintomatica è più alta nei soldati
che hanno preso parte alla Guerra.
Non è molto lontano dalla verità ritenere che, sui dati di Kang del
1996 , il rapporto di mortalità nei GWV è di 10.4 contro il 9.6% nei
non-GWV, che statisticamente rappresenta una differenza. Comunque, nel
2002 i dati di Kang indicano che il numero di eventi mortali è più
numeroso per i GWV rispetto ai non-GWV.
Inoltre, nel 1997, Gray riportava che il rapporto di ospedalizzazione
era del 10% più alto per i soldati che avevano partecipato alla Guerra
del Golfo.
È vero che l’andare in guerra si accompagna a rischi gravi, e le
diverse sintomatologie che si presentano al ritorno dalla guerra
vengono identificate come “sindrome bellica”.
Pur tuttavia, sulla base della ricerca di Harvey RW, et al., del 2002 ,
effettuata sui militari ritornati dalla guerra, il numero di persone
che per la loro disabilità avevano ricevuto dei sussidi, per l’ 8.6%
avevano prestato servizio nella Seconda Guerra Mondiale, il 5 % nella
Guerra di Corea, il 9 .6% nella Guerra del Vietnam, e nel caso della
Guerra del Golfo raggiungevano il 16 % (valutabili intorno alle 110.000
persone).
È evidente che la Guerra del Golfo, confrontata alle altre guerre, ha
causato molte più infermità, che non possono essere catalogate nei
tipici rischi dell’andare in guerra.
Innumerevoli ricerche sono state condotte sulle cause di questi
sintomi, ma nessuna importante ricerca di massa, che individui come
fuoco primario il DU, è stata ancora messa in atto. Comunque, esiste
una letteratura diffusa relativa all’Uranio Depleto.

(2) Sperimentazione sugli animali.

Pellmar TC, et al, nel 1999, hanno riscontrato prove di danni al
cervello causati da DU introdotto in cavie, e sono arrivati alla
conclusione che il DU produce disordini neurologici.
Inoltre, per effetto del DU sui nervi periferici, hanno osservato il
verificarsi di crampi, di dolori alle estremità, di perdita di
equilibrio nella deambulazione, di brividi, ecc., e si evidenziavano
danni al metabolismo del calcio a livello delle giunzioni
neuromuscolari.

(3) Anomalie psico-neurologiche

McDiarmid, et al., del Centro Medico del Dipartimento per le Questioni
dei Veterani, in una pubblicazione del 2000 di una osservazione
clinica al 1997, dichiaravano di aver sottoposto a controlli 29 su 33
veterani con frammenti di DU nel loro corpo, che erano stati messi
sotto osservazione dal 1993. Venivano presi in considerazione test di
percezione neurologica che davano esiti cattivi in proporzione al
livello alto di concentrazione del DU nelle loro urine, e anomalie
nelle funzioni ormoniche del sistema riproduttivo. Inoltre veniva
rilevato il danno genetico e anomalie nel contenuto spermatico.
Ora, mentre veniva registrata questa serie di problemi alla salute, si
metteva in evidenza che non vi erano maggiori disturbi sintomatici
quando veniva effettuato un confronto su 21 veterani della Guerra del
Golfo che non erano stati esposti al DU.
Però, 11 di questi 21 soffrivano di fatto di qualche disturbo
neurologico e si trovavano in condizioni di salute estremamente cattive
e quindi evidentemente si voleva mettere in atto un terribile inganno!
Nello stesso modo,venivano condotti tests nel 1999, e in una
pubblicazione del 2001 venivano aggregati i casi dei 21 soggetti con
una concentrazione di DU nelle urine incomparabilmente bassa rispetto
ai 29 sui 33 soggetti esaminati in precedenza, in un tentativo di
diluire i risultati in modo da eliminare le differenze dovute ad
anomalie neurologiche e nei livelli ormonici riproduttivi. .

(4) Anomalie cromosomiche

Come visto in precedenza, i cromosomi di 16 soggetti che stavano
soffrendo della sindrome della Guerra del Golfo avevano un contenuto
5.2 volte più alto in cromosomi dicentrici e ad anello centrici.
Altre anomalie, secondo Uranobitz, et al, erano state riscontrate
studiando le anomalie cromosomiche nei veterani della Guerra del Golfo
che avevano mostrato tale sindrome.

(5) Aumento della concentrazione nelle urine di DU

P. Horan, et al, del Canada hanno esaminato le urine di 27 pazienti
Americani, Britannici e Canadesi, e vi hanno riscontrato in 14 soggetti
un’alta concentrazione di DU. Questi dati comprovano il fatto che anche
dopo 8 o 9 anni dall’esposizione al DU, viene eliminata nelle urine
un’alta concentrazione di DU.
Inoltre, Durakovic, et al, hanno analizzato l’uranio nelle urine di 8
residenti in 8 regioni diverse dell’Afghanistan, che presentavano
sintomi analoghi a quelli della sindrome del Golfo, e nel 2003 hanno
pubblicato i dati che dimostravano la presenza di un’alta
concentrazione di Uranio nelle urine di tutti i campioni. In più, nel
2004, sono stati pubblicati i dati sui rilevamenti di DU nelle urine di
4 su 9 soldati Statunitensi, che avevano l’incarico di mantenere
l’ordine pubblico dopo la Guerra Irachena, ed erano stati rimpatriati
date le loro condizioni di esaurimento fisico.

Indubbiamente, dalle indagini condotte da Horan e Durakovic, viene
dimostrato che il DU rimane nell’organismo per molti anni, e che il DU,
più o meno, è sempre parte in causa della sindrome della Guerra del
Golfo, data la sua tossicità.

IV. Vi sono ricerche che prendono in considerazione la tossicità del
DU, anche in ambito dell’Esercito USA

Arfsten DP, del Centro Navale per le Ricerche sulla Salute, e Rictchie
GD, et al, della Base dell’Aviazione Militare Wright-Patterson, hanno
preso in esame dettagliatamente tutte le ricerche militari USA, e nel
2001, congiuntamente hanno pubblicato le loro conclusioni.

(1) Veniva ritrovata un’alta concentrazione di DU nelle urine di
soldati anche dopo 10 anni, da quando costoro avevano inalato
particelle o erano stati trafitti da frammenti con DU, durante il
conflitto del Golfo o nel Kosovo.

(2) Nelle cavie, il DU si accumulava nei testicoli, nelle ossa, nei
reni e nel cervello.

(3) In esperimenti in vitro, si riscontravano in modo caratteristico
anomalie genetiche e teratogenicità, e il topo, quando veniva trattato
con DU, sviluppava tumori al cervello.

(4) È possibile osservare che, sia come metallo pesante che per la sua
radioattività, il DU ha un notevole effetto sulla riproduzione dei
ratti.

In questa dissertazione, vi è la sottolineatura che l’opinione espressa
non rifletteva necessariamente il punto di vista dei militari, ma si
basava solo sulle conclusioni degli autori! Comunque, anche come
ricercatori militari, avevano sufficientemente messo in risalto i danni
causati dal DU.

Il riconoscimento dei rischi non è limitato solo alle loro ricerche.
Come abbiamo visto prima, numerose sono state le ricerche mediche
realizzate sul DU, anche con sovvenzioni dell’esercito.
Anche quando queste ricerche sono state condotte sotto la diretta
supervisione dell’esercito, si sono sempre enfatizzati i risultati,
anche quando veniva dimostrata la pericolosità del DU.

Dalle pubblicazioni mediche esistenti si evince che il DU è una
sostanza estremamente pericolosa, che causa non solo in modo temporaneo
disturbi, ma perdita cronica della salute, anomalie congenite,
carcinomi e altre gravi forme di malattia.


6. Effetti sull’organismo umano esposto dall’interno alle radiazioni

I.Posizione ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità WHO

La WHO ha assunto la posizione ufficiale di negare costantemente la
pericolosità dell’Uranio Depleto. La sua considerazione di base è stata
che se l’esposizione non ha superato i limiti permessi dal dosaggio di
radiazioni annuale, (nel caso del pubblico,1 millisievert per anno,
quantità di radiazioni assorbite da un individuo all’anno per effetto
della radioattività naturale di base), anche se uno è stato esposto
alla radiazione, non si presenterà alcun pericolo.
Pur tuttavia, in un documento pubblico del gennaio 2003 veniva espresso
un giudizio più attuale sulle radiazioni da DU e si raccomandava che,
per i siti dove la contaminazione da DU aveva superato il limiti di
tollerabilità, venisse messa in atto la decontaminazione, dato sì che i
bambini erano a rischio e che bisognava proteggerli, e plausibilmente
questa è l’ammissione del fatto che sostanzialmente il DU può causare
rischi per la salute.

II. Metodo di valutazione, a tutt’oggi, dell’esposizione alle radiazioni

Quale sia il limite di tolleranza alle radiazioni a cui è possibile
essere esposti viene oggi determinato sulla base del Modello di Rischio
per le Radiazioni della Commissione Internazionale per la Protezione
Radiologica (ICRP).
Se noi seguiamo questo Modello dell’ICRP, il basso dosaggio di DU lo
renderà poco pericoloso alla salute, essendo dello stesso grado di
esposizione di quello di altre fonti radioattive e della radiazione
naturale della terra. Inoltre, l’ammissione dell’ICRP degli effetti
delle radiazioni si limita alla leucemia, ai tumori, alle anomalie
congenite, e agli effetti sui geni, e in base a questa teoria, ne
deriva che i sintomi che configurano la sindrome della Guerra del Golfo
non sono in relazione con l’esposizione al DU.
I contenziosi presso la WHO, la IAEA (Agenzia Internazionale per
l’Energia Atomica) o presso i governi delle nazioni che si appoggiano
su queste agenzie, e stanno negando il pericolo delle armi al DU, si
fondano proprio su questo.

III. Che tipo di agenzia è l’ICRP?

Secondo la Canadese Rosalie Bertell, una scienziata nel campo della
Radiologia, nel 1952 alcuni studiosi di fisica, che avevano preso parte
al Progetto Manhattan, cercarono di intervenire presso la Commissione
Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni del Congresso
Internazionale di Radiologia e avvicinarono i membri della commissione
radiologica invitandoli ad una collaborazione, e da questa sinergia
venne creata l’organizzazione denominata “ICRP”.
L’ICRP, con membri designati reciprocamente all’interno di ogni singolo
gruppo, e senza incarichi di ruolo fissi, è una sorta di organizzazione
non governativa (ONG), ed è formata da fisici e radiologi di nazioni a
potenzialità nucleare, biofisici e funzionari amministrativi
nell’ambiente sanitario. Oltre ai 13 membri del Comitato Direttivo
dell’ICRP, diversi altri occupano incarichi addizionali presso il
Comitato Scientifico dell’ONU sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche
(UNSCEAR), e appartengono ad entrambe le organizzazioni.
ICRP e UNSCEAR non sono ufficialmente organizzazioni a salvaguardia
della salute pubblica.
Si presume che l’ICRP prenda le decisioni rispetto ai profitti politici
ed economici derivati dall’uso dell’energia atomica (compreso lo
sviluppo e l’effettiva sperimentazione delle armi nucleari) e sui
livelli di tolleranza per prevenire i rischi prevedibili per la salute
dovuti all’esposizione alle radiazioni.
L’UNSCEAR dovrebbe dare parere favorevole alla società di fare queste
scelte.
L’ICRP non è nemmeno un’agenzia delle Nazioni Unite, neppure è
un’agenzia che ha responsabilità presso le Nazioni Unite, e però,
malgrado sia non più che un gruppo privato composto da persone che
fanno gli interessi delle nazioni e delle industrie che hanno investito
sull’energia atomica, questa agenzia si comporta in maniera tale, come
se le raccomandazioni che emette fossero le solenni conclusioni di
esperti, ed inoltre gestisce politicamente le questioni, a partire
dalle agenzie dell’ONU, fino a far trasformare le sue indicazioni in
leggi delle varie nazioni.
Inoltre, queste indicazioni, come la teoria stabilita in rapporto agli
effetti dell’esposizione alle radiazioni, diffuse anche adesso da
Università e da agenzie di ricerca, vengono usate nell’insegnamento dei
giovani studenti.

IV. L’applicazione del Modello sui Rischi da Radiazioni dell’ICRP,
applicato all’esposizione interna, non è valido.

Il Modello sui Rischi da Radiazioni dell’ICRP è stato creato
utilizzando i dati ottenuti dalle vittime sopravvissute ai
bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Costoro principalmente
erano state soggette all’esposizione esterna di radiazioni ad alta
concentrazione di raggi gamma, (N.d.tr.: radiazioni elettromagnetiche
di altissima frequenza, molto penetranti, emesse per effetto del
decadimento di nuclei radioattivi), (esposizione esterna).
Il Modello sui Rischi da Radiazioni è stato creato sulla base dei dati
ottenuti su quest’unica specifica condizione. definita come “dosaggio
acuto di esposizione esterna” e l’ICRP ha prodotto questo Protocollo di
rischio per deduttivamente conformarsi, e da applicare anche per
l’esposizione interna (esposizione all’interno dell’organismo), di
cronicità variante in tutte le situazioni. Che questo Modello sia o no
applicabile anche all’esposizione interna, può essere confermato solo
da un’indagine sui danni effettivi.
Infatti, con questo Modello, che è stato prodotto a partire da dati di
esposizione esterna, non è possibile valutare accuratamente gli effetti
di un’esposizione interna. Un esempio classico che questo modello non è
in grado di valutare completamente i danni effettivi è stato
l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl.
Come conseguenza dell’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl,
sono stati confermati nelle aree disastrate della Bielorussia, della
Russia e dell’Ucraina diversi sintomi da esposizione a basso dosaggio.
Malgrado la diffusione di numerosi studi effettuati sulle
manifestazioni di questi disturbi collaterali, l’ IAEA, l’UNSCEAR e la
WHO hanno concluso che le cause di questi disturbi erano da attribuirsi
a ragioni psicologiche e a stress. È stato riscontrato un consistente
aumento nel rapporto di comparsa del cancro alla ghiandola tiroidea
unicamente a carico dei bambini, ma anche di fronte a questo evento, l’
UNSCEAR ha sottostimato questi dati effettivi, insistendo nel seguire
il Protocollo ICRP.

Prima di tutto, il Modello sui Rischi da Radiazioni è solamente un
protocollo teorico. Secondo la metodologia scientifica tradizionale, i
dati ottenuti da casi reali dovrebbero avere maggior fondamento sulla
teoria, e questo deve succedere, che i fatti sperimentali devono avere
la preminenza. In altre parole, la teoria deve essere accantonata se
non è applicabile e non è conforme con la realtà che può essere
osservata.
Comunque, nel caso delle sue valutazioni dei danni da radiazioni, se la
teoria dell’ICRP non è applicabile e non si conforma alla realtà,
allora significa che vuole rifiutare la realtà.
Questo è quello che oggi capita relativamente ai danni da radiazioni, e
dopo la guerra, la teoria ICRP è stata utilizzata per nascondere agli
occhi del mondo la verità sulle vittime da radiazioni, anche dopo gli
incidenti alle centrali nucleari di Three-Mile Island e di Chernobyl.
Però, a tutt’oggi, ancora una volta, viene presa di riferimento per
negare i pericoli derivati dalle armi al DU.
Gli effetti del DU sull’organismo umano sono comprovati dai succitati
lavori clinici in pubblicazioni mediche e sono stati confermati i vari
sintomi che concernono il cancro e le anomalie genetiche. Il principio
generale del metodo scientifico, vale a dire che la verità deve avere
il predominio sulla teoria, deve essere allora ribadito, e noi
insistiamo che la teoria dell’ICRP deve essere abbandonata, visto che
nega i pericoli derivati dal DU.

V. Il Modello sui Rischi da Radiazioni ECRR

I movimenti contro il nucleare, che non possono distogliere gli occhi
dai danni prevalenti in tanti siti ambientali di strutture
eteroatomiche, come le regioni inquinate da DU, dall’incidente alla
centrale nucleare di Chernobyl, ecc., e gli scienziati che collaborano
con questi movimenti hanno insistito che i danni provocati
effettivamente dalla esposizione radioattiva a bassa intensità non
possono essere connessi al tradizionale Protocollo dell’ICRP, e hanno
messo in rilievo il pericolo per la salute derivato dall’esposizione
radioattiva a bassa intensità.
Nel momento in cui il Parlamento dell’Unione Europea stava discutendo
intensamente intorno a queste problematiche, la questione
dell’esposizione radioattiva a bassa intensità ha spinto parimenti alla
promulgazione di misure riguardanti il riciclaggio e la rigenerazione
delle scorie radioattive, e, in questo contesto, la Commissione Europea
sui Rischi da Radiazioni (ECRR) ha ribadito l’intenzione di rivedere il
tradizionale Modello ICRP, e nel 2003 la ECRR ha annunciato le sue
raccomandazioni.
Queste raccomandazioni hanno puntualizzato che gli effetti
sull’organismo umano dell’esposizione interna non possono essere
accertati con il Modello sui Rischi da Radiazioni ICRP.
E per l’esposizione interna, sono stati esaminati i meccanismi di danno
biologico sulle cellule e sul DNA, ed è stato creato un nuovo Modello
sui Rischi da Radiazioni.
Chris Busby, un membro della ECRR, ha determinato le dosi di radiazione
nel caso di avere 1 micrometro di microparticelle, che emettono
radiazioni alfa assorbite dall’organismo sulla base di questo modello
di rischio, e la dose assegnata al protocollo nell’intorno di 30
micrometri di microparticelle rivelava da 500 a 1000 millisievert per
un anno. Questo valore numerico supera di molto il livello di
tolleranza alle radiazioni (nel caso di una persona nella normalità, 1
millisievert per anno) indicato dal WHO.
Nel caso che si applichi il Modello ICRP, anche in presenza di
assorbimento nell’organismo di microparticelle di DU, il livello di
radiazioni risulterà basso, ma sulla base del Modello ECRR la stessa
emissione avrà una valutazione di alto livello di esposizione.
La ECRR ha analizzato anche i diversi rischi per la salute prodotti
dalle radiazioni. Asaf Durakovic, nel suo lavoro (Malattie non
diagnosticate e Radioattività da Situazioni Belliche) pubblicato nel
“Croatia Medical Journal”, ha verificato le tesi mediche sul DU, e ha
riportato che la contaminazione da DU all’interno dell’organismo può
essere la causa di varie mutazioni cellulari e di danni al DNA.

Questa relazione rende sostanziale la legittimità della impostazione
del Modello sui Rischi da Radiazioni della ECRR.


7. Consapevolezza da parte delle Forze Armate Statunitensi sulla
tossicità delle armi a DU

Le seguenti sono delucidazioni e giustificazioni intorno al fatto che
l’Esercito degli Stati Uniti è pienamente consapevole che le armi al DU
sono pericolose per l’organismo, visto il processo di sviluppo di
questi armamenti:

I. Lettera al Generale Groves

Nell’ottobre 1943, 3 fisici, A. H. Compton, et al., inviavano una
lettera al Generale Groves, che aveva preso parte al Progetto
Manhattan, con la quale caldeggiavano la “ricerca sullo sviluppo di
armi radioattive e la protezione da queste”.
In questa lettera , i 3 scienziati proponevano l’organizzazione di un
gruppo di lavoro con l’obiettivo di fare ricerche sulla manipolazione e
la preparazione di materiali radioattivi per uso bellico, e quindi la
preparazione di armi radioattive, nell’evenienza che i Tedeschi Nazisti
fossero in posizione di predominio nello sviluppo di tali armamenti e
nella protezione da queste armi. Inoltre ipotizzavano che queste
fossero armi con un’azione simile a quella delle armi a gas tossici.
Nella lettera, costoro proponevano: “Come uno strumento bellico
gassoso, il materiale dovrebbe essere costituito da particelle
microscopiche per formare polveri e fumi e da diffondere attraverso
proiettili incendiari, mezzi da trasporto terrestri o bombe aeree. In
questo modo le particelle potrebbero essere inalate nei polmoni. La
quantità necessaria per causare la morte di una persona che ha inalato
il materiale è estremamente piccola. Abbiamo valutato che un
milionesimo di grammo accumulato nell’organismo di una persona dovrebbe
esserle fatale.”
Inoltre puntualizzavano: “Due sono i fattori che sembrano accrescere
l’efficacia delle polveri o dei fumi radioattivi come arma: 1. Le
sostanze non sono registrabili dai sensi; 2. Il materiale può essere
diffuso in polveri o fumi, in forma tanto micronizzata da permeare
completamente un filtro di una maschera antigas normale, in quantità
tale da essere estremamente dannosa.
A questa efficacia come arma si contrappone un fattore, che il
materiale sotto forma di polveri o di fumi è così finemente
micronizzato da assumere la caratteristica di un gas che si può
disperdere rapidamente e quindi risulta soggetto a tutti quegli
accidenti, come il vento, che contrastano il mantenimento di alte
concentrazioni per più di alcuni minuti sopra una data area.”

Inoltre, nella lettera, stabilivano i metodi per usare armi di questo
tipo:
1. Come sostanza inquinante, questo materiale può essere disperso sul
terreno dall’aria o da terra, e, in funzione della quantità, gli
effetti delle radiazioni su una persona probabilmente dovrebbero essere
immediati, ma potrebbero dilazionarsi nel tempo, per giorni e forse per
settimane, e provocare la morte. Per queste sostanze, non si conoscono
metodi decontaminanti. 2. Come uno strumento bellico gassoso,
l’inalazione di un volume infinitesimo di sostanze distribuite sotto
forma di polvere o di fumo o disciolte nei liquidi deve essere fatale.
“Per il terreno contaminato con polveri o fumi radioattivi…le sostanze
radioattive possono essere messe in circolazione, come polvere fine,
dai venti, dal movimento di veicoli o truppe, ecc., e rimanere un
potenziale pericolo per lungo tempo.” E rispetto a questo ultimo punto,
"Queste sostanze possono essere diffuse in modo tale da entrare
nell’organismo non solo per inalazione ma anche per ingestione.
Serbatoi e pozzi devono essere contaminati, o gli alimenti avvelenati
con effetti del tutto paragonabili a quelli risultanti dall’inalazione
di polveri o fumi…Particelle del diametro più largo di un micron devono
depositarsi sulle vie respiratorie, naso, trachea e bronchi, per essere
trasportate con il muco sulle pareti alla velocità di 1/2 - 1 cm/min.
Particelle inferiori per diametro di un micron possono andare a
depositarsi sugli alveoli dove rimarranno indefinitamente o saranno
assorbite dal flusso linfatico e sanguigno… e mentre le armi chimiche
gassose possono dimostrare da subito i loro effetti, le sostanze
radioattive hanno effetti che rimangono nel tempo.”
A questo punto dobbiamo esercitare la nostra speciale attenzione sul
fatto che in questa lettera si ipotizza in modo evidente l’esposizione
interna, e sebbene nello specifico si faccia riferimento all’Uranio
238, si sono messi in rassegna i pericoli dell’esposizione interna
prodotti da microparticelle di materiali radioattivi.

II. Alcune documentazioni del Governo degli USA sugli effetti
pericolosi delle armi a D.U.

Vengono citati di seguito alcuni documenti pubblicati dalla Campagna
Contro l’Uranio Depleto (CADU) in Gran Bretagna, a provare gli effetti
pericolosi del DU:

Una circolare consultiva dell’Amministrazione dell’Aviazione Federale
(FAA) ai Membri del Congresso USA, in data 20 dicembre 1984, avvertiva
coloro che conducevano inchieste per conto della FAA sui luoghi di
disastri aerei, quando venivano a contatto con velivoli caricati con
DU, zavorra di bilanciamento aerodinamico, che “se venivano inalate o
ingerite particelle, allora queste potevano risultare chimicamente
tossiche e causare una esposizione radioattiva dei tessuti interni
significativa e di lunga durata.”

Il 7 marzo 1979, il Comando Equipaggiamento, Ricerca e Sviluppo per la
Mobilità dell’Esercito USA stabiliva che “non solo il personale nelle
immediate vicinanze, il personale di riserva e quello combattente sulla
linea del fuoco, ma anche quello a distanza dalla linea del fuoco
doveva far fronte ad una potenziale sovraesposizione all’aria di
polvere di Uranio bruciato.” (Questo veniva reso pubblico in seguito ad
una richiesta di Chris Kornkven, et al, del Centro delle Risorse
Nazionali per la Guerra del Golfo, basata sull’”Act” sulla Libertà di
Informazione).

L’Istituto per le Politiche Ambientali dell’Esercito degli Stati Uniti,
in una relazione del giugno 1995 al Congresso, afferma che il DU ha la
potenzialità di produrre importanti conseguenze sulla salute, se entra
nell’organismo. La dose radioattiva che compromette in modo critico gli
organi dipende dalla durata temporale di permanenza del DU negli
organi. Quando questo valore è noto o determinato, possono essere
stabiliti i rischi di tumore e di anomalie ereditarie.

Il 26 maggio 1997, il “Nation Magazine” pubblicava un articolo su un
documento del luglio 1990 del Comando Chimico, sui Sistemi d’Arma e il
Munizionamento dell’Esercito USA (AMCCOM) che affermava che il DU,
emettendo radiazioni alfa di bassa intensità, era da collegarsi al
cancro, quando si verificavano esposizioni interne, e che la sua
tossicità chimica era causa di danni renali.
Quindi, il gruppo di lavoro dell’AMCCOM sulle radiazioni aveva già da
lungo tempo stabilito che gli effetti di bassi dosaggi di radiazioni da
DU dovevano esser correlati agli sviluppi di cancro, e che non esisteva
una dose di radiazioni tanto bassa con possibilità di effetti
praticamente nulla.

Il 16 agosto 1993, il Col. Robert G. Claypool della Sezione di
Chirurgia Generale dell’Esercito USA, in una lettera affermava: “Quando
i soldati inalano o ingeriscono polvere di DU, allora incorrono in un
aumento potenziale di rischio di cancro. L’intensità di questo aumento
può essere quantificata se può essere valutata la quantità immessa di
DU. Gli effetti fisiologici prevedibili dall’esposizione alla polvere
di DU includono un possibile aumento della diffusione di tumori e di
danni renali.”

I dati sui materiali pericolosi per la salute, Foglio di Dati sulla
Sicurezza dei Materiali (MSDS), del Dipartimento USA sul Lavoro,
indicano che “il DU aumenta il rischio di carcinoma al polmone e la
tossicità chimica per i reni. Assolutamente pericolosi sono i prodotti
del decadimento di Uranio-238, U-235, e U- 234.”
Questi documenti indicano che, prima e dopo la Guerra del Golfo, le
Forze Armate USA e il Governo degli Stati Uniti avevano da molto tempo
portato avanti ripetute indagini sui pericoli derivanti dal DU e sui
rischi da irraggiamento interno, e conoscevano molto bene la
carcinogenicità e la teratogenicità dell’Uranio Depleto.
Dopo la Guerra del Golfo, queste informazioni erano state presentate al
Congresso degli USA.
Nel 1992, l’Ufficio della Ragioneria Generale degli USA e la
Commissione per gli Stanziamenti del Senato avevano raccomandato
rispettivamente al Dipartimento della Difesa e all’Esercito USA di
portare prove degli effetti causati dal DU sull’organismo umano e
sull’ambiente; nel giugno 1993, in risposta, il Dipartimento
dell’Esercito proponeva un piano per questo tipo di verifica, vale a
dire, “una verifica medica completa sul personale esposto alla
contaminazione da DU”, e “un adeguato addestramento, a partire da
subito, per il personale che può venire a contatto con equipaggiamento
contaminato da DU”, ecc.
Comunque, questo piano, a tutt’oggi, non è stato messo in atto e, come
dichiarato in precedenza, è stato deliberatamente ignorato o distorto.

III. Testimonianza di Doug Rokke

Doug Rokke era un professore di Fisica e Scienze Ambientali alla
Jacksonville University, un maggiore (della Riserva) dell’Esercito, e
nel 1994 - 95 aveva l’incarico del progetto sul DU del Pentagono. Egli
prendeva posizione e rispondeva alle domande dei pubblici ministeri del
Tribunale Internazionale per i Crimini nell’Afghanistan che
concernevano il progetto succitato.
Sull’origine della formazione del gruppo di lavoro che si doveva
interessare a questo Progetto del Pentagono sul DU, dichiarava:
“ Funzionari avevano ricevuto l’incarico dalla Gran Bretagna,
Australia, Canada e dalla Germania a partecipare al Progetto e di
studiare i rischi derivati dalle armi a DU, e dall’Esercito mi era
stata assegnata la direzione del gruppo.
L’obiettivo del Progetto era quello di assicurare quella adeguata
informazione e l’opportuno addestramento ai soldati che venivano
impiegati sulla linea di fuoco, in modo da renderli edotti in modo
chiaro sui rischi e i pericoli dopo l’uso di armamenti e bombe al DU, e
per portar loro la conoscenza del tipo di contromisure e di misure
precauzionali che bisognava adottare, e di fare proposte di come
bonificare il terreno dalle pallottole a DU. Perciò noi abbiamo
presentato informazioni e raccomandazioni su un argomento che era del
tutto sconosciuto. Fino a quel giorno, le Forze Armate e l’Esercito USA
non avevano mai preso misure a protezione dei soldati.”
Aggiungeva inoltre: “Noi avevamo raccomandato che la bonifica era
essenziale, ma in realtà bonificare completamente risultava
impossibile. Per questo, abbiamo proposto di non usare più a lungo armi
a DU. Purtroppo, le nostre indicazioni furono disattese dai livelli
superiori del Governo e completamente ignorate dalla NATO, dalla Gran
Bretagna, Australia e dagli altri.”
Inoltre, Doug Rokke affermava che, nell’ambito del Progetto sul DU,
aveva commissionato diversi videotapes, che erano stati pensati come
videotapes del Pentagono sull’uso delle bombe al DU.
"Il primo di questi era un’informazione su che tipo di pericolo si
incorreva quando una bomba al DU andava ad esplodere; il secondo, quasi
un manuale per quando bisognava effettuare una bonifica, e il terzo era
su come si doveva misurare la radioattività e si puntualizzava che
usare un contatore Geiger per misurare quella delle bombe a DU non
aveva validità. Il quarto era su che tipo di equipaggiamento bisognava
usare durante la eliminazione dei residui di un proiettile a DU, e il
quinto era su come bisognava maneggiare proiettili inesplosi. Questi
videotapes erano stati prodotti a beneficio dei soldati, che non
dovessero andare incontro a compiti pericolosi, ma in conclusione non
vennero mai utilizzati.”

Gli Stati Uniti avevano dato inizio al Progetto sulle armi al DU, ma, a
causa della relazione che era stata stesa sui rischi estremamente alti
di queste armi e della raccomandazione a non più usarle, i risultati
delle ricerche del Progetto vennero secretati. Attraverso la diffusione
di queste informazioni e i video, la natura pericolosa delle armi al DU
sarebbe risultata lampante e gli USA hanno avuto paura di essere visti
con criticismo dalla comunità internazionale, e che le armi a DU non
avrebbero potuto essere usate più a lungo.
Questo è quanto, secondo Doug Rokke, et al.. Le loro raccomandazioni
sono state ignorate, il loro Progetto mandato all’aria, e nulla è stato
fatto per proteggere i soldati dalle armi a DU e per fornire loro
protezioni sanitarie.

IV. Consapevolezza da parte delle Forze Armate Statunitensi delle
violazioni delle leggi internazionali

Nell’ambito delle Forze Armate USA, esiste la consapevolezza, oltre che
della natura pericolosa dell’Uranio Depleto, come si è visto in
precedenza, anche della possibilità di violazioni del Diritto
Internazionale, dato che l’uso di questo tipo di armi costituisce una
violazione delle norme internazionali.

Il manuale dell’Aviazione Militare USA del 1976, dal titolo “Diritto
Internazionale: La conduzione di un conflitto armato e le operazioni
aeree”, fa riferimento a trattati, compresa la Convenzione dell’Aja del
1907, il Protocollo di Ginevra sui gas del 1925, e la Convenzione di
Ginevra relativa alla Protezione dei Civili in tempo di guerra del
1949, e nello specifico analizza come si devono comportare ed impegnare
le Forze Armate USA.
Il Protocollo di Ginevra sui gas mette fuori legge i gas asfissianti,
tossici o altri gas, e tutti gli analoghi liquidi, solidi o derivati, e
la Convenzione dell’Aja proibisce esplicitamente l’uso di veleni o di
armi avvelenate.
Il manuale dell’Aviazione Militare USA definisce veleno “sostanze
biologiche o chimiche che causano la morte o disabilità con effetti
permanenti quando, anche in piccole quantità, vengono ingerite, entrano
nei polmoni o nel flusso sanguigno, o vengono a contatto con la pelle.”
Il manuale recita: “Qualsiasi arma può essere applicata secondo un uso
illegale e, senza ombra di equivoci, un’arma di “per sé” può essere
illegale se, per consuetudine internazionale o per trattato, ne viene
proibito l’uso, qualsiasi siano le circostanze. Un esempio è costituito
dal veleno che può uccidere o menomare una persona.”
Gli anni Settanta sono stati il periodo in cui l’esercito USA ha
iniziato in grande scala a sviluppare e a produrr<br/><br/>(Message over 64 KB, truncated)

Comunicato

Care/i Compagne/i,

come saprete senz’altro il Comitato in Italia del JVP sta contribuendo
allo sforzo dei fratelli in Patria raccogliendo fondi che saranno
inviati alla Brigata di Servizio Sociale del JVP impegnata nella
distribuzione di aiuti alla popolazione.

Domenica saremo tutta la giornata (dalle 10 alle 20) in L.go
Argentina(Roma) (e non in P. zza del Popolo come precedentemente
comunicato) per raccogliere i contributi dei lavoratori italiani. Vi
aspettiamo numerose/i.

Ricordiamo inoltre che, per quanti fossero impossibilitati a venire, è
possibile sopperire tramite versamento sulconto corrente di "Radio Onda
D’urto" Banca Popolare Etica N°100748, ABI 5018, CAB 11200,
specificando la causale “solidarieta' Sri-Lanka"

Una mano sul cuore, l'altra sul portafogli!


JVP-SRI LANKA-Comitato in Italia

Via G.Giolitti 231 – 00185, Roma

Tel/Fax: 06 30609546 – Cell: 3396386214 - Cell;3200844252 Cell;
3396267506 -E-mail;jvpitalia@...

GIORNALISTI, ANZI: BUFFONI


"L'occupazione americana dell'Iraq e' terminata il 28 giugno 2004, poco
piu' di un anno dopo la vittoria delle truppe angloamericane contro
Saddam Hussein"

Première phrase du dossier sur l'Irak, publié sur le site Internet de
Libération :

"L'occupation américaine de l'Irak a pris fin le 28 juin 2004, un peu
plus d'un an après la victoire des troupes anglo-américaines sur Saddam
Hussein."

http://www.liberation.fr/page.php?Rubrique=IRAK

(Source: CUBA SOLIDARITY PROJECT
http://perso.club-internet.fr/vdedaj/cuba/
http://fr.groups.yahoo.com/group/CubaSolidarityProject/ )

L'articolo che segue e' apparso sul mensile triestino
"La Nuova Alabarda" (n.187, novembre 2004)

Un Autunno Nazionalista

È dall’inizio del 2004, con la motivazione che si tratta del
cinquantesimo anniversario del ritorno dell’Italia a Trieste (noi
preferiamo usare questa definizione, che ci pare più appropriata,
piuttosto di quella corrente, cioè “ritorno di Trieste all’Italia”,
dato che Trieste è sempre rimasta dov’era e in realtà è l’Italia che ha
spostato i confini), che stiamo assistendo ad un continuo profluvio di
tricolori, patriottismo esagerato che sconfina spesso e volentieri nel
nazionalismo (per non dire irredentismo), ed, infine, ad una
progressiva riscrittura della storia di queste terre, tendente a
dimostrare che l’unica Resistenza accettabile oggi come oggi è quella
del CLN filoitaliano e non invece quella dei partigiani comunisti,
dell’OF, dell’Esercito di Liberazione jugoslavo
A questo proposito si sono susseguite manifestazioni, conferenze ed
interventi sulla stampa che hanno ribadito che la “vera” insurrezione è
stata quella del 30 aprile, che è stato il CLN italiano a liberare
Trieste dai nazisti (interessante è che non dicono “nazifascisti”), che
quando sono “scese” le “truppe di Tito” la città era già stata liberata
e quindi queste non ebbero altro da fare che reprimere gli italiani e
gli “antifascisti non filojugoslavi”; che coloro che combatterono con
il Fronte di Liberazione e con Unità Operaia e con i GAP assieme
all’Esercito jugoslavo non devono essere considerati come “partigiani”,
ma come “traditori” che gettarono Trieste nelle “grinfie di Tito”.
Ed infine che i “40 giorni” in cui Trieste rimase sotto amministrazione
(generalmente si dice però “occupazione” jugoslava, ma vorremmo
ricordare che la Jugoslavia era alleata degli angloamericani e di
conseguenza anche del regno d’Italia, cioè del governo legittimo del
Paese) furono “di gran lunga” peggiori degli anni in cui Trieste fu
sotto occupazione nazista. Dove ci piacerebbe che chi sostiene un tanto
avesse presente quante esecuzioni di massa (ricordiamo soltanto gli
eccidi per rappresaglia di Opicina, sia del marzo ‘44 che dell’aprile
‘45, e di via Ghega, e le migliaia di uccisioni commesse in Risiera)
avvennero in città, senza parlare dei villaggi bruciati del
circondario. Altro che i 500 arrestati e non rientrati del maggio ‘45!
Questa riscrittura della storia, condita da tutto il contorno di
nazionalismo che abbiamo evidenziato prima, non è, secondo noi, fine a
se stessa, ma preparatoria a quanto dovrà avvenire l’anno prossimo,
anno in cui cadrà il sessantesimo anniversario della Liberazione di
tutta Europa dal nazifascismo, anniversario che nelle nostre terre
(vogliamo scommettere?) sarà trasformato, grazie appunto a questa
propaganda battente che dura da diversi mesi, nel sessantesimo
anniversario non tanto della liberazione di Trieste, quanto delle
“foibe” e dell’“occupazione titina” di Trieste, Gorizia e dell’Istria e
di Fiume.
Un’occasione, quindi, per ribadire, come sta accadendo negli interventi
che si susseguono sulla stampa ed in pubblico, anche i “diritti
naturali” dell’Italia sui “territori ceduti”, così come era “naturale”
il diritto dell’Italia a riavere Trieste. Motivo per il quale furono
eroi meritevoli di medaglia d’oro alla memoria i cinque uccisi dalla
Polizia civile nel ‘53, definita molto arditamente “forza
d’occupazione” (“dimenticando” che il GMA era espressione delle potenze
alleate), definizione che comporta di conseguenza la giustificazione e
l’elogio di tutte le azioni contro di essa commesse, senza considerare
che la Polizia in Italia, negli stessi periodi, usò mano ancora più
forte per sedare le sommosse. Aspettiamo quindi anche la proposta di
medaglie d’oro alla memoria per i morti di Avola, di Battipaglia,
quelli del luglio ’60, fino ad arrivare a Carlo Giuliani, luglio 2001.
Ma lasciando a parte queste polemiche sul diritto alla rivolta ed allo
scontro armato in piazza, torniamo all’argomento iniziale: cioè
l’escalation nazionalista cui stiamo assistendo.
Abbiamo già detto dei tricolori che stanno pavesando tutta la città,
spesso anche a sproposito (usando la bandiera nazionale sempre comunque
e dovunque, se ne sviliscono il senso ed il significato), e delle
parate militari, dei discorsi dei politici e dei pubblici
amministratori.
Politici di alto rango, a cominciare dal Presidente della Repubblica,
hanno deciso di venire a Trieste per rendere quanto più solenni le
celebrazioni di questo anniversario; ma abbiamo anche visto la
manifestazione nazionale organizzata da Azione Giovani per rivendicare
il fatto che Trieste è sì tornata italiana, ma in cambio sono state
perse Istria, Fiume e Dalmazia, gli stessi concetti sono poi stati
espressi dall’Unione degli Istriani e dalla Lega Nazionale ed infine
anche dal Gruppo Unione Difesa (GUD), cioè uno dei nomi con cui operano
Forza Nuova e altri neofascisti par loro quando non vogliono firmarsi
con le proprie sigle. Il GUD ha sfilato il 30 ottobre a Trieste in un
profluvio di bandiere della RSI, della X Mas, di saluti romani, di
vecchie canzoni squadriste e di insulti rivolti in un perfetto clima da
par condicio sia ad Illy che a Fini (chissà se ci saranno conseguenze
penali per qualcuno di questi reati commessi nelle vie del centro di
fronte ad un pubblico per lo più scioccato all’idea che certe cose
esistano ancora?).
Abbiamo poi sentito esponenti del Partito dei Comunisti italiani
esprimere la propria preoccupazione per “la possibilità che alla
vigilia della visita del Capo dello Stato vengano messe in atto
provocazioni in grado di aumentare la tensione in città e turbare i
rapporti di buon vicinato”. Dunque la situazione non è per niente
tranquilla, né serena In questa città, dove spuntano come funghi (forse
per il clima caldo umido che ha caratterizzato questo autunno anomalo?)
iniziative di ogni tipo (mostre, conferenze, convegni, manifestazioni
varie) dedicate tutte, in variegati modi, all’italianità di Trieste ed
all’orgoglio nazionale dei politici che hanno combattuto per essa.
Iniziative che non sono soltanto appannaggio di associazioni ed
esponenti di estrema destra, ma coinvolgono anche una parte di
centrosinistra (o considerato tale).
Quindi non parliamo soltanto delle mostre organizzate dal Comune e
dalla Provincia di Trieste (che sono notoriamente gestite dalla
destra), né della disgraziata iniziativa del “kit tricolore” con il
flop della bandiera umana da Guinness dei primati, o della
presentazione dell’ultimo libro autobiografico di Giorgio Galazzi, dove
abbiamo sentito degli interventi che ci hanno fatto accapponare la
pelle, come la risposta di Galazzi a Vasco Guardiani (esponente del CLN
triestino, ma anche inserito nell’elenco “ufficiale” dei “gladiatori”
della nostra Regione). Infatti il dottor Galazzi, dopo avere elogiato
la Guardia civica nella quale si era arruolato per “servire la Patria”
(tralasciando il fatto che il giuramento che i militi facevano era di
fedeltà al Reich ed al Führer), all’osservazione di Guardiani che
“nella Guardia civica c’erano anche quelli che avevano la stella
rossa”, ha risposto “i traditori ci sono dappertutto”. I traditori
dunque, per Galazzi, erano i partigiani comunisti, non coloro che
collaboravano con la Germania, paese occupante, e combattevano contro
il governo legittimo italiano, quello di Bonomi.
Ma dicevamo che non di questo intendiamo parlare, ma piuttosto di
quanto è emerso nel corso di un convegno organizzato dalla UIL
triestina, con la partecipazione di storici (Arduino Agnelli e Roberto
Spazzali) politici (Stelio Spadaro) e di testimoni dell’epoca (Fabio
Forti, Oliviero Fragiacomo).
Il segretario Luca Visintini ha spiegato nell’introduzione come il
sindacato UIL sia il legittimo erede di quei Sindacati giuliani nati
dal CLN triestino di don Marzari ed Ercole Miani, che si erano
costituiti in alternativa ai Sindacati unici, i quali avevano invece un
atteggiamento anticapitalistico e quindi estraneo alla Camera del
Lavoro che negoziava i diritti, ma non solo: i Sindacati unici
indicevano scioperi per Trieste jugoslava e quindi facevano politica e
non sindacato. Visintini ha però poi rivendicato il fatto che la UIL,
quando iniziarono le manifestazioni per Trieste italiana, nel 1952
diede la copertura con l’indizione di uno sciopero generale ad una
manifestazione che aveva visto un morto, e addirittura indisse quella
del 1953, quando ci furono diversi morti. Ma non è forse anche questo
fare politica e non sindacato?
Inoltre Visintini ha liquidato l’episodio delle indagini sulla Loggia
P2 (nelle quali fu coinvolto anche il segretario UIL triestino Carlo
Fabricci, anche se Visintini non lo ha citato nel corso della
conferenza) come “errori politici in buona fede”. Infatti, ha spiegato,
nel dopoguerra si accettarono all’interno del sindacato ex fascisti in
funzione antijugoslava, in quanto i partigiani democratici venivano
perseguitati dagli esponenti della comunità slovena verso la quale vi
fu da parte della UIL una chiusura non etnica ma politica.
Antonio Di Turo, che fu il braccio destro di Fabricci, ha spiegato che
i sindacati giuliani furono fondati nel maggio ‘45 dagli esponenti del
CLN Carra, Tironi, Spaccini e Bartoli in base a valori di “libertà e
democrazia” per impedire ai “comunisti slavi l’annessione di Trieste
alla Jugoslavia”. Ed il successivo intervento di Oliviero Fragiacomo
(già membro repubblicano del CLN triestino) ha specificato meglio il
concetto: “il sindacato giuliano ha salvato Trieste dalle grinfie di
Tito”
Che i Sindacati giuliani nacquero in clandestinità è stato detto, con
una punta di orgoglio anche da Rodolfo Carmi, ma quello che è
soprattutto da rilevare è l’intervento di Fabio Forti, che ha asserito
che il loro CLN è stato l’unico in Italia che rimase in clandestinità
fino al 1954, anzi “nel nostro spirito”, ha aggiunto Forti, “siamo
ancora oggi in clandestinità”. Infatti
Un’affermazione che ci sembra decisamente grave, in quanto fatta nel
corso di un convegno politico pubblico, quasi a sottendere che chi
sostiene questa idea non rispetta (quantomeno nel “proprio spirito”) le
istituzioni dello Stato (democratico) nel quale vive. Un’affermazione
che a noi è parsa eversiva, non rispettosa della Costituzione. e
Forti ha detto anche che solo il CLN italiano aveva rappresentato
l’Italia, “gli altri combattevano con il IX Korpus”, che il loro scopo
era quello di dimostrare, nel corso dell’insurrezione, che Trieste era
italiana ponendo il tricolore su Municipio e Prefettura. Brigate
partigiane a Trieste non sono mai esistite, perché loro sono “sempre
stati clandestini, anche oggi”. Ed ha poi aggiunto, riguardo alla
composizione del CVL, che saltarono fuori di colpo 350 giovani di
diciassette/diciott’anni che furono “sacrificati” dai loro dirigenti
all’arrivo della IV Armata jugoslava, infatti, sostiene Forti, 30
volontari furono “infoibati”, ma ne mancano 200 all’appello, e che “per
la Risiera” sono passati tanti di loro “quanti nelle foibe”. Da dove
Forti abbia tratto questi numeri non è dato sapere: ma non
corrispondono a nessuna documentazione in nostro possesso o comunque
disponibile sull’argomento.
Il grosso problema posto da Forti in conclusione del suo intervento è
che “non esistono più” né la Venezia Giulia né l’Istria, che sono stati
cancellati come nomi dalle carte geografiche. Mentre questi nomi,
sempre secondo Forti, deriverebbero dalla “Decima Regio”
dell’imperatore Augusto, e la loro cancellazione significherebbe la
“cancellazione di tutta la nostra cultura”.
Infine va riportato l’intervento di Stelio Spadaro che ritiene che
negli anni passati hanno operato “due entità nazionaliste” (quella
italiana di matrice di destra e quella slovena di matrice di sinistra)
che hanno cercato di cancellare l’esistenza della “resistenza urbana”
compiuta dal CLN triestino, come quella portata avanti da Vasco
Guardiani; e che in questo contesto viene tacciato di “revisionismo”
chi decide di far emergere la realtà storica rompendo questi “accordi
taciti” tra le due ideologie, che avevano lo stesso obiettivo:
cancellare questa storia.
Noi non sappiamo quale sia stata esattamente l’attività portata avanti
da Vasco Guardiani; sappiamo soltanto, perché l’abbiamo letto in alcuni
documenti, che aveva fatto attività (non meglio specificata) nei
Cantieri, e che (da una testimonianza di Ferdi Häring conservata presso
l’Archivio di Stato di Lubiana) era stato il “commissario politico”
della Brigata Frausin che avrebbe dato “ordine diretto” di “fregiare
della stella rossa e della falce e martello” l’ex caserma dei
Carabinieri di via dell’Istria, dove si erano insediate le Brigate Nere
e che era stata scelta dalla Brigata Frausin come sede per il momento
dell’insurrezione. Perché mai Guardiani, che era un partigiano
anticomunista e che poi risultò negli elenchi della Gladio, avrebbe
dato un ordine simile se non per intorbidare le acque al momento
dell’insurrezione?
Ma quello che vorremmo infine evidenziare e chiarire una volta per
tutte, è la mistificazione di fondo che sta purtroppo prendendo piede
anche negli ambienti storici, sul fatto che il PCI triestino scelse di
uscire dal CLN italiano, per allearsi con i “titini”, e “tradendo” in
tal modo la propria patria. In realtà, e per verificare questo
basterebbe andare a leggere qualche libro di storia oppure i semplici
documenti ufficiali, nell’estate del ‘44 il Comitato di Liberazione
Nazionale Alta Italia (CLNAI, ) ebbe degli incontri a Milano con
rappresentanti dell’Osvoboldilna Fronta. Nel corso di queste riunioni,
i due comitati si accordarono per un’alleanza in funzione
antinazifascista. Però il CLN triestino (quello di don Marzari, Fonda
Savio ed Ercole Miani) rifiutò questa alleanza con l’OF, in quanto non
voleva “collaborare con gli slavi”. Fu questo il motivo per cui il PCI
triestino decise di uscire dal CLN: per rispettare le direttive del
CLNAI (che istituzionalmente rappresentava, a livello internazionale,
qualcosa di più del CLN triestino) in merito all’alleanza con
l’Esercito di liberazione jugoslavo. Quindi, se vogliamo parlare di chi
si fosse trovato “fuori linea” o comunque non in regola con le
direttive alleate, questo era il CLN triestino, che aveva preferito
cercare accordi con le formazioni collaborazioniste triestine (la
Guardia civica prima di tutte) perché il loro scopo principale non era
stato quello di abbattere il nazifascismo (essi davano per scontata la
sconfitta di Hitler, quindi ritenevano relativa la resistenza ad esso),
ma piuttosto di preparare il terreno per il ritorno di
un’amministrazione italiana, apprestando nel contempo la resistenza
armata, questa volta sì, nei confronti dell’Esercito jugoslavo che
sarebbe entrato a Trieste, visto non come liberatore dal nazifascismo,
ma come nuovo occupatore, perché non italiano.

http://www.nuovaalabarda.tk/