Informazione

SERBIA: CHIESA ORTODOSSA IMPONE COPYRIGHT SUGLI ANGELI


(Di Beatrice Ottaviano) (ANSA) - BELGRADO, 7 OTT - Si adeguano ai
tempi moderni, almeno in Serbia, le vecchie dispute teologiche sulle
prerogative degli angeli: accantonati i problemi filosofici sul loro
sesso o su quanti di loro possano stare su una capocchia di spillo,
la Chiesa ortodossa serba e' scesa sul terreno ben piu' concreto dei
diritti d'autore, vincendo la prima battaglia. Gli istituti
di credito 'Nationalna stedionica' 'Yugoslaveska Banka', 'Narodna
Banka Srbje' e altre 37 banche consociate sono stati costretti a
ritirare un milione di carte bancomat in circolazione perche'
l'ologramma identificativo riproduceva la figura di un angelo celebre
nella storia dell'arte, quello della chiesa di Mileseva, nella Serbia
centrale, uno splendido affresco protetto dall'Unesco come patrimonio
dell'umanita' e la cui immagine viaggia nello spazio assieme agli
altri esempi di cultura terrestre giudicati degni di rappresentare la
nostra specie presso eventuali civilta' aliene. L'edificio di
Mileseva, che risale alla prima meta' del XIII secolo, e' di
proprieta' della Chiesa ortodossa, che ha quindi accampato diritti
sulla sacra immagine. Il metropolita Filarete ha presentato alle
banche una ingiunzione per far valere quel copyright: i suoi
argomenti sono stati giudicati solidi, e la cifra richiesta per
utilizzare il sacro logo troppo esosa. Le banche hanno preferito
sobbarcarsi il costo del ritiro, della distruzione e della
sostituzione delle loro carte di credito. Filarete, afferma una
fonte vicina al Patriarcato, non intendeva battere cassa: il prelato
e' noto per le sue posizioni intransigenti, e voleva togliere l'icona
da un oggetto profano come un bancomat. La Chiesa ortodossa
peraltro non e' unanime in quello sprezzo del denaro, e anzi non
nasconde un bisogno urgente di finanziamenti: una legge sulle
relazioni fra stato e chiesa e' ancora al primitivo stadio di bozza,
e l'apparato ecclesiatico vive 'soltanto' di donazioni, dei ricavati
di battesimi, matrimoni e funerali, nonche' della vendita di oggetti
e oggettini sacri, di candele votive, di acqua benedetta, di
calendari. La maggior fonte di introito sono le offerte dei serbi
della diaspora, che ammontano a circa 2,5 milioni di dollari annui.
''Lo stato - ha detto all'Ansa la fonte vicina al Patriarcato -
finanzia di tempo in tempo lavori di restauro. Ma per il momento non
ha neanche restituito le proprieta' confiscate alla chiesa dal regime
comunista. Abbiamo riavuto dalla cattolica Croazia quattro edifici
nel centro di Zagabria un tempo nostri, mentre l'ortodossa Serbia non
ci ancora ridato nulla''. Con l'ascesa al potere del premier
Vojsilav Kostunica, fervente devoto, qualcosa sta cambiando: da un
lato c'e' stata la reintroduzione nelle scuole dell'insegnamento
religioso, dall'altro il peso politico della Chiesa si fa di giorno
in giorno piu' evidente. Il patriarcato e' riuscito ad esempio a
bloccare l'inno-chimera (parte montenegrino e parte serbo) proposto
in parlamento per l'unione Serbia e Montenegro che ha sostituito la
Jugoslavia: troppo laico, ricavato com'era dal connubio fra un inno
monarchico e una canzone popolare [*], e quindi sgradito alle
orecchie ecclesiali. La Chiesa ortodossa, che in Kosovo ha le sue
radici piu' profonde - e' nell'antico monastero di Pec che viene
consacrato il patriarca serbo - sta facendo poi da tempo lobby sulla
questione kosovara, e il suo intervento a favore del boicottaggio
serbo nelle elezioni legislative del 23 ottobre prossimo ha trovato
ampia udienza nel governo. La ritrovata forza politica dei
religiosi ha fatto registrare anche episodi vagamente grotteschi. E'
il caso dell'ex ministro dell'istruzione, la devotissima signora
Ljiljana Colic, che avrebbe voluto con un decreto eliminare dai
programmi scolastici l'insegnamento delle teorie evoluzionistiche di
Charles Darwin: contestate oggi anche da alcuni biologi, ma comunque
giudicate piu' 'scientifiche' del creazionismo. Il decreto e' stato
frettolosamente ritirato sull'onda delle proteste, e la signora ha
dovuto dare le dimissioni. (ANSA). OT
07/10/2004 17:51


[*] Ma con il testo riscritto dal nazifascista Sekula Drljevic... Si
noti come l'ANSA insista sulla presunta necessita' di cambiare l'inno
che fu jugoslavo.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3562/1/51/

Trieste: rinasce il Narodni Dom

02.11.2004 scrive Luciano Panella

Ad inizio secolo il Narodni Dom di Trieste era il simbolo dell’attività
culturale della minoranza slovena a Trieste. Poi il rogo, nel 1920,
appiccato dai fascisti. In questi giorni è stato inaugurato un Centro
Informativo Sloveno, chiamato proprio "Narodni Dom". Non solo un ideale
passaggio di consegne tra passato e presente, riportando nell'ambito
della comunità slovena di Trieste uno spazio nell'edificio che le era
proprio, ma anche il desiderio di aprire alla città e al mondo una
finestra sul mondo sloveno.

[FOTO: L'edificio progettato dall'architetto Max Fabiani nel 1904 già
sede del Narodni Dom]


Trieste e gli Sloveni: un argomento che è sempre stato, negli anni,
terreno di contrapposizioni e di scontri, con le ragioni e i torti, le
sofferenze e le sopraffazioni distribuite da entrambe le parti.
Se consideriamo che la Slovenia conta circa due milioni di abitanti,
una comunità slovena come quella presente in Friuli - Venezia Giulia,
stimata intorno agli 80.000 appartenenti, diventa estremamente
significativa. A Trieste e nella sua provincia, in particolare, esiste
da sempre una rilevante minoranza slovena, minoranza che, come in altre
zone della regione, ha contribuito alla formazione composita,
multilingue e multiculturale di questa terra di frontiera, incrocio tra
il mondo mediterraneo, la mitteleuropa e il mondo balcanico.

Il ventennio fascista, con l'ossessione della "razza", cercò in tutti i
modi di cancellare questa minoranza, italianizzandone i nomi, chiudendo
scuole e istituzioni, osteggiando in tutti i modi una lingua e una
cultura che minavano l'identità di Trieste "italiana".

Questo processo di annientamento ebbe uno dei momenti più drammatici
nel 1920 con il rogo del Narodni Dom (casa del popolo), l'elegante
palazzo liberty progettato dall'architetto sloveno Maks Fabiani.

Questo palazzo di quattro piani nel centro di Trieste, inaugurato
proprio un secolo fa nel 1904, ospitava varie attività culturali,
sportive e ricreative, un albergo e una banca. Vi si parlavano varie
lingue: sloveno, croato, italiano e tedesco, addirittura vi era
ospitato un centro culturale ceco. Il Narodni Dom era ritenuto il
simbolo della vita culturale slovena e ancora oggi la sua distruzione
viene ricordata come una ferita inferta alla comunità locale.

Nel dopoguerra l'edificio ospitò per molti anni un albergo poi, dopo un
lungo periodo di abbandono, venne acquistato e restaurato
dall'Università di Trieste, che vi ha collocato la nuova sede della
Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori.

Oggi, un secolo dopo, nello stesso edificio è stato inaugurato il primo
Centro Informativo Sloveno, chiamato proprio "Narodni Dom". Il Centro
offrirà informazioni sulla minoranza slovena in Italia, la sua cultura
e le numerosissime iniziative di vario tipo organizzate al suo interno.
Tra i curatori dell'iniziativa figurano la Biblioteca Nazionale Slovena
e degli Studi di Trieste (Narodna in Studijska Knjiznica) e l'Istituto
Sloveno di Ricerche (SLORI) oltre ad altre associazioni, come la SSO,
la SKGZ e l'Unione degli Italiani.

L' Istituto Sloveno di Ricerche, in particolare, ha seguito il progetto
Interreg di raccolta ed elaborazione dati denominato"Libris", con la
creazione di un sito Internet dedicato alla minoranza slovena
(www.slovenci.it) e la pubblicazione del bollettino bilingue "KAM?" che
presenta le informazioni sugli eventi e le iniziative organizzate dalla
minoranza slovena nell'intera regione. Tra i progetti del Centro figura
inoltre l'allargamento del proprio raggio d'azione, fino ad arrivare ad
essere un punto di riferimento informativo per le altre minoranze
linguistiche e culturali europee.

La realtà della minoranza slovena in Italia è una realtà estremamente
vivace e attiva, con un teatro stabile, un quotidiano, vari periodici,
scuole e istituti professionali, un'intensa vita sportiva, culturale,
ricreativa, religiosa, numerose tradizioni e manifestazioni
folkloristiche; tutto questo però era fino a ieri, più o meno, precluso
a chi non parlava lo sloveno e non faceva parte della comunità locale.

L'apertura del Centro Informativo "Narodni Dom" contiene anche un
risvolto simbolico non meno importante di quello pratico. Non c'è solo
questo ideale passaggio di consegne tra passato e presente, riportando
nell'ambito della comunità slovena di Trieste uno spazio nell'edificio
che le era proprio, ma c'è anche il desiderio di aprire alla città e al
mondo una finestra sul mondo sloveno.

Per anni infatti, le due realtà triestine, italiana e slovena, hanno
convissuto separatamente. All'inizio c'erano timori reciproci: se gli
Sloveni ricordavano le vessazioni subite durante il ventennio fascista
e i cartelli con scritto "Qui si parla soltanto italiano" dal canto
loro gli Italiani avevano ben presenti i drammatici giorni
dell'occupazione titina di Trieste, i drammi delle foibe e dell'esodo
con la città contesa tra i due blocchi mondiali. Come se ognuna delle
due parti identificasse l'altra con i lati peggiori del governo che
aveva avuto, e non per quello che poteva rappresentare in sé come
cultura e come potenzialità.

In seguito, da parte italiana c'è stata per molto tempo una certa
indifferenza per una realtà che veniva forse considerata poco
interessante; lo scrittore sloveno di Trieste Boris Pahor ha raggiunto
la fama in Francia e in Germania prima che in Italia e appena adesso, a
più di novanta anni, viene riconosciuto tra i grandi vecchi del mondo
culturale triestino.

La comunità slovena, dal canto suo, ha spesso dato l'impressione di
autoreferenzialità, con scarso interesse a comunicare all'esterno e a
farsi conoscere. Quando ad esempio il Teatro Stabile Sloveno ha
cominciato a proporre degli spettacoli con i sottotitoli in italiano,
qualche sloveno conservatore ha storto il naso.

Per fortuna, negli ultimi anni ci sono stati numerosi fattori che hanno
giocato a favore di un sempre maggior avvicinamento tra le due realtà
della provincia di Trieste. La multietnicità è ormai una caratteristica
comune a tutti i paesi e l'ingresso della Slovenia nell'Unione Europea
ha dato l'impulso definitivo ad avviare iniziative comuni tra Italia e
Slovenia, favorendo così indirettamente anche il rapporto tra la
maggioranza e la minoranza slovena.

Forse è veramente venuto il momento in cui il territorio di Trieste,
per anni drammaticamente privo di entroterra e schiacciato tra la
periferia dell'Italia e la Cortina di Ferro, potrà ritrovare la sua
vocazione di comunicazione tra mondi e culture diverse.


Vedi anche:

Se Miss Trieste 2004 è una slovena
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/3339

Pulizia etnica all'italiana
http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/2793


Centro Informativo sloveno "Narodni Dom"
Via F. Filzi 14
34100 TRIESTE
Orario: lu-ve 9.00-13.00 15.30-18.30

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3579/1/51/

Bisogno di rivoluzione? Chiamate Otpor

02.11.2004

I vecchi militanti del movimento Otpor ("Resistenza"), tra gli artefici
della caduta del regime di Slobodan Milosevic, sono diventati degli
esperti internazionali in rivoluzioni. I casi di Georgia e Ucraina in
questo articolo del quotidiano belgradese Politika

Di Aleksandar Apostolovski, Politika , 14 ottobre 2004
Da: Le Courrier des Balkans
Traduzione dal francese: Carlo Dall’Asta


I nomi di Aleksandar Maric e di Stanko Lazendic non dicono granché
all'opinione pubblica serba. Ma per Leonid Kouchma e Alexander
Lukaschenko, i presidenti dell'Ucraina e della Bielorussia, essi sono
gli "istigatori di un colpo di stato" e dei "pericoli pubblici".

Così erano visti anche dal regime di Slobodan Milosevic, con degli
aggettivi supplementari: "agenti stranieri e traditori della patria".

Anche se il movimento Otpor ufficialmente non esiste più, anche se non
è più registrato come partito politico, sembra che il suo alito minacci
tuttora i regimi che l'amministrazione americana considera "non
democratici". Aleksandar Maric e Stanko Lazendic sono due amici, vecchi
militanti delle ONG serbe che hanno giocato un ruolo essenziale nella
rivoluzione del 5 ottobre 2000.

Durante la "rivoluzione delle rose" in Georgia, che ha cacciato il
presidente Eduard Shevarnadze, in molti hanno imparato le "ricette"
rivoluzionarie dell'Otpor. L'Ucraina e la vecchia volpe Leonid Kouchma
si trovano ormai sulla lista?

Maric espulso dall'Ucraina

Aleksandar Maric, membro del movimento Otpor e collaboratore dell'ONG
americana Freedom House in Ucraina, è stato respinto martedì sera,
senza spiegazioni, all'aeroporto di Kiev, ha comunicato l'Agenzia
France Presse.

L'AFP aggiunge che membri del movimento serbo Otpor soggiornano già da
qualche mese in Ucraina, assicurando la formazione di giovani militanti
per l'azione non violenta, nel caso si verificassero brogli durante le
elezioni presidenziali, convocate per il 31 ottobre.

Stanko Lazendic ha confermato a Politika che il suo compagno Aleksandar
Maric non ha potuto lasciare l'areoporto, anche se i suoi documenti
erano tutti in regola.

Lazendic, Maric e uno dei dirigenti carismatici dell'Otpor, Ivan
Marovic, hanno fondato l'ONG "Centro per la resistenza non violenta" e
non sono confluiti nel Partito Democratico (DS), dopo l'accordo
intervenuto tra quest'ultimo e il partito politico che l'Otpor aveva
cercato di creare.

Il loro curriculum vitae professionale presenta comunque delle strane
specializzazioni: addestramento al colpo di stato, gestione delle
rivoluzioni.

Stanko Lazendic, che ha soggiornato in Ucraina insieme ad Aleksandar
Maric, spiega che "allorché l'Otpor ha rovesciato Milosevic ed è
divenuto celebre nel mondo intero, ci hanno contattato organizzazioni
di tutti i paesi dell'Europa dell'est. Come formatori dell'Otpor, noi
abbiamo partecipato a numerosissimi seminari. A titolo individuale. Io
sono andato in Bosnia e in Ucraina, Maric è stato in Georgia e in
Bielorussia. Per quanto concerne l'Ucraina, noi siamo coinvolti da un
anno, e giriamo con alcune organizzazioni non governative il cui scopo
è quello di mostrare agli Ucraini cosa significa il regime di Leonid
Kouchma. Noi gli abbiamo insegnato a condurre delle campagne, senza
raccomandazioni precise su cosa essi dovessero fare."

Aleksandar Maric ha soggiornato in Ucraina, quando il movimento Kmara,
uno dei principali attori della caduta di Shevarnadze e dell'arrivo al
potere di Sakashvili, sventolava le sue bandiere in ogni strada di
Tbilisi. La missione di Maric era quella di formare i giovani Georgiani
all'azione nonviolenta.

"Nella concezione dei dittatori, la nostra azione è inconsueta. Essi
non sono abituati a combattimenti dove i giovani usano l'ironia come
arma. Di colpo, ci tacciano tutti di essere organizzazioni violente,
paramilitari," spiega Stanko Lazendic.

L'ombra della Cia

I militanti dell'Otpor vorrebbero dimenticare il nome di Robert Helvy?
Questo colonnello americano in pensione ha tenuto all'inizio del 2000,
presso l'hotel Hilton di Budapest, dei corsi intensivi sui metodi di
combattimento nonviolento ai membri serbi dell'Otpor.

Helvy ha ammesso una volta di fronte ai media serbi di essere stato
convocato da rappresentanti dell'Istituto internazionale repubblicano
(IRI) a Washington, che gli hanno spiegato che lavoravano con dei
giovani in Serbia, e che sarebbe stato interessante se lui li avesse
formati nelle tecniche di resistenza nonviolenta, cosa che avrebbe
permesso loro di raggiungere i propri scopi.

Avrebbe dovuto addestrare i giovani di Otpor alla grande battaglia che
li attendeva. Come ha rilevato il Washington Post, i servizi di polizia
di frontiera serba hanno all'epoca rilevato che un sorprendente numero
di giovani andava a visitare il monastero serbo di Sent Andrej, in
Ungheria. La loro effettiva destinazione era naturalmente l'hotel
Hilton sulle rive del Danubio a Budapest.

Stanko Lazendic riconosce che il colonnello Helvy ha partecipato ai
seminari. "Ma quando noi siamo andati laggiù, non abbiamo mai pensato
che potesse lavorare per la CIA. Quello che lui ci ha insegnato, noi
ora lo insegniamo ad altri. Come creare un movimento d'opinione contro
il regime attraverso il materiale di propaganda o le manifestazioni di
piazza. Ora si dirà sicuramente in Ucraina e in Bielorussia che tutto
ciò è messo in piedi da agenti della CIA. I servizi segreti ucraini
sono al corrente dei seminari da noi tenuti, perché i media ne hanno
ulteriormente rivelato i contenuti. Nei media di Stato Maric ed io
siamo presentati come gli ispiratori di un colpo di stato. Viene
spiegato che noi abbiamo il nostro centro direzionale in Georgia e che
io sono il capo dei formatori inviati laggiù."

L'ONG americana Freedom House ha assunto Lazendic e Maric come
consiglieri speciali per i movimenti giovanili in Ucraina. Lo scopo
ufficiale? Lo sviluppo della società civile.

---

*** SULLO STESSO ARGOMENTO VEDI ANCHE: ***

... "Serbs Offer Nonviolent Revolution Advice": NED/Soros-Funded
Serbian Otpor Ready For Violent 'Velvet' Coups In Ukraine, Belarus + A
Letter by Blagovesta Doncheva / Advised By Henry Kissinger, Backed Up
By Otpor Thugs, Western-Engineered 'Velvet' Uprising Readied For
Ukraine ...

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3983

... Leader della organizzazione giovanile Serba OTPOR espulso
dall'Ucraina / I supporter di Yanukovych mettono in guardia sulle
rivoluzioni nei sondaggi per le elezioni / La "Rivoluzione delle
castagne" si prepara a Kiev ... PORA/OTPOR: Ukrainians Fear A 'Georgian
Scenario' / Pora: Ukrainian Version Of Serbian Otpor, Georgian Kmara
...

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3943

... ON THE EVE OF PRESIDENTIAL ELECTION, UKRAINE DEPORTS OTPOR
PROVOCATEUR / "CHESTNUT REVOLUTION" COMING TO UKRAINE ...

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3903

Besoin d’une révolution ? Appelez Otpor !

http://www.balkans.eu.org/article4676.html

Finanziamenti ricevuti dalla National Endowment for Democracy (NED)

http://liste.bologna.social-forum.org/wws/arc/forum/2003-06/
msg00214.html

Tute e guerre (F. Grimaldi)

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1440

"Otpor " ed il "National Endowment for Democracy

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/963

Come gli Stati Uniti hanno creato un'opposizione corrotta in Serbia

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/593

Corsi di formazione per attivisti OTPOR organizzati dalla CIA

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/517

Most za Beograd
associazione culturale e di solidarietà con la popolazione jugoslava
via Abbrescia 97 - 70121 BARI
0805562663
conto corrente postale 13087754
 
---
 
Kosovo, vi dice niente questa parola? I riflettori di giornali e TV da
tempo si sono spenti su questa provincia grande quanto la Basilicata
sulla quale nella primavera del 1999 fu rovesciato dalla NATO un
torrente di missili e bombe, per scongiurare – si disse – un genocidio.
Oltre 5 anni dopo, sotto gli occhi delle truppe della NATO, si è
realizzata la pulizia etnica a danno di serbi, rom e delle altre
minoranze non albanesi: oltre 250.000 profughi, più di 2.500 tra uccisi
e desaparecidos per mano dei separatisti albanesi, interi villaggi rasi
al suolo, città come Pristina e Prizren “ripulite”. Circa 150 monasteri
e chiese ortodosse devastati e incendiati. Tra questi i capolavori
dell’arte medievale... E per la minoranza serba rimasta, una vita
impossibile, fatta di insicurezza quotidiana, di vessazioni, di
apartheid: una prigione a cielo aperto. Da recentissimi viaggi in
Kosovo un reportage documentato e appassionato, un racconto nel
presente e nella memoria.


Presentazione del libro-reportage

 Kosovo Buco nero d’Europa

(Edizioni Achab, Verona, pp. 144, euro 11,00)
 
LECCE
SABATO 6 NOVEMBRE
ORE 18.00
 
presso l'associazione "Tabula rasa"
via Adua 32, Lecce
 
intervengono
 
Marina Bianco, Associazione Most za Beograd
prof. Nico Perrone, docente di Storia contemporanea all'Università di
Bari
Mariella Cataldo, coautrice del libro
Andrea Catone, presidente dell'associazione Most za Beograd
 
proiezione del video di Michel Collon e Vanessa Stojlkovic
I dannati del Kosovo  (2002, 60')
 
---
 
Dalla primavera del 1999, Most za Beograd è impegnata in un'attività
che si è mossa su un duplice binario:

1.la documentazione, l’informazione, l’analisi, contro la
“disinformazione strategica”, funzionale alla cattura del consenso” per
le aggressioni militari (attraverso documenti, bollettini, conferenze,
video, mostre itineranti, interventi teatrali);

2.la solidarietà con la popolazione jugoslava bombardata dalla NATO
(adozione a distanza dei figli dei lavoratori della Zastava di
Kragujevac; sostegno ai profughi serbi delle Krajne, della Bosnia, del
Kosovo; sostegno alle minoranze minacciate del Kosovo).

L’associazione si basa sull’attività volontaria e totalmente gratuita
dei suoi aderenti.Tutte le somme raccolte per la solidarietà vengono
consegnate direttamente nelle mani dei destinatari jugoslavi.Le spese
per l’attività dell’associazione vengono dai contributi volontari di
aderenti e sostenitori e dal ricavato dell’attività di diffusione di
libri, riviste, bollettini.

 
Non dimentichiamo il Kosovo!

Most za Beograd ha avviato una campagna di solidarietà con le minoranze
(serbe, rom e delle altre etnie non albanesi) del Kosovo vittime della
pulizia etnica. Siamo impegnati in particolare nella municipalità di
Vitina (sud del Kosovo), che ha subito dal 1999 pesantissime violenze
che hanno ridotto la presenza serba dal 90% al 1,5%.

 
Per informazioni tel. 0805562663 most.za.beograd@...

Chi voglia contribuire alla campagna di solidarietà può inviare la sua
donazione tramite il conto corrente postale 13087754 con la causale:
Bambini del Kosovo

Il 50% del ricavato della vendita dei libri richiesti direttamente
all'associazione Most za Beograd sarà consegnato in segno di
solidarietà alla piccola comunità della minoranza serba della città di
Vitina (in cui i serbi, prima della pulizia etnica erano circa il 90% e
ora sono ridotti all'1,5%), con cui abbiamo avviato un progetto di
"adozioni a distanza" degli orfani di uno o entrambi i genitori vittime
della pulizia etnica antiserba.