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Ucraina: aggiornamenti

1. Dmitrij Jakushev: SULLE ELEZIONI IN USA E IN UCRAINA
2. Elezioni in Ucraina: Lettera aperta di Luigi Marino a
La Repubblica (dal sito internet dei Comunisti Italiani)
3. JANUKOVIC E I COMUNISTI HANNO CONCLUSO UN’ALLEANZA ELETTORALE?
4. Partito Progressista Socialista di Ucraina: “VOTARE PER JUSCHENKO
SIGNIFICA VOTARE PER L’ADESIONE DELL’UCRAINA ALLA NATO”

5. John Laughland: WESTERN AGGRESSION
6. Progressive Socialist Party to back Yanukovich in runoff against
'pro-fascist dictatorship, colonization by US' / Kiev Mayor warns
Yuschenko against hampering Nov 6
festivities


=== 1 ===

SULLE ELEZIONI IN USA E IN UCRAINA

di Dmitrij Jakushev

http://www.left.ru/2004/15/yakushev114-2.html

Di seguito la traduzione di un interessante articolo, scritto dallo
studioso marxista russo Dmitrij Jakushev, alla vigilia delle elezioni
presidenziali in USA e Ucraina.

 
Putin ha sostenuto apertamente Bush. Il presidente russo spera
sinceramente che, vincendo ancora una volta la lotta per la Casa
Bianca, Bush, in segno di riconoscenza, avrà la volontà di frenare gli
umori antirussi dell’establishment americano. In realtà, il suo è un
errore serio di valutazione, persino dal punto di vista della politica
della borghesia e delle esigenze di sopravvivenza del regime. Inoltre,
le riverenze a Bush rischiano di compromettere il sostegno pubblico di
cui finora dispone Putin, sia in Russia che nel mondo, senza che possa
venirgli in cambio qualcosa dal punto di vista delle relazioni con gli
USA, anche nel caso di vittoria di Bush. Non si può che concordare con
Brzezinski, quando afferma in un’intervista a “Novaja Gazeta” che
“l’idillio tra l’America e Putin è finito”. Si, è veramente il caso di
credere all’anziano anticomunista e russofobo, quando afferma che:

“L’idillio con Putin, sia per i repubblicani che per i democratici, è
finito. Non prevedo rilevanti differenze nell’atteggiamento che Bush e
Kerry terranno verso la Russia. La preoccupazione per quanto sta
accadendo in Russia è condivisa dai più influenti circoli politici
degli USA. E’ il riflesso della delusione nei confronti di Putin, che
ha cominciato a condurre una politica esplicitamente antidemocratica,
che si traduce nella feroce e rovinosa guerra in Cecenia.” (“Novaja
Gazeta”, 14 ottobre 2004,
http://2004.novayagazeta.ru/nomer/2004/76n/n76n-s10.shtml, nota del
traduttore)

Le contraddizioni oggettive della Russia di Putin con i centri
imperialistici sono troppo grandi, perché si possa sperare, non solo in
rapporti di alleanza, ma neppure nella coesistenza pacifica. In questo
caso hanno certamente ragione i neoliberali quando affermano che non ci
sarebbero problemi con l’Occidente, non ci sarebbero atti terroristici,
solo se la Russia si ritirasse dal Caucaso, vendesse “Gasprom” e
“Transneft” e si adattasse alle ricette del FMI...

Un enorme significato per il futuro della Russia hanno anche le
imminenti elezioni del presidente dell’Ucraina. E’ addirittura
possibile affermare che l’Ucraina sta attraversando il suo “momento
della verità”, che assume un significato storico per tutto il mondo. E’
proprio in Ucraina che oggi si manifestano le più acute contraddizioni
mondiali. La Russia non può permettere che qui si affermi un regime
nazionalista ad essa ostile, perché in tal caso sarebbe la stessa
Russia ad avere i giorni contati. La Russia non può esistere senza
l’Ucraina, sua parte costitutiva indispensabile. L’Occidente, invece,
non può permettere che l’Ucraina cada sotto l’influenza della Russia.
Ci troviamo di fronte ad una contraddizione che può essere risolta solo
con la forza. La politica della lotta per l’Ucraina potrebbe anche
assumere, nel breve periodo, una continuazione bellica.

Che le parti non possano intendersi è testimoniato dagli ultimi giorni
della campagna elettorale. I seguaci di Juschenko danno ad intendere di
essere pronti a non riconoscere i risultati delle elezioni e a
trasferire la lotta per il potere nelle strade, come si è visto con i
violentissimi incidenti scatenati il 23 ottobre vicino al palazzo della
Commissione elettorale centrale. Sulla determinazione anche della parte
avversaria di andare fino in fondo testimonia invece la visita
presidenziale senza precedenti di Putin in Ucraina, e il suo appello
rivolto direttamente al popolo di questo paese a pochissimi giorni
dalla votazione.

Proviamo allora ad immaginare come potrebbero svilupparsi gli
avvenimenti. La Commissione elettorale centrale potrebbe ratificare la
vittoria di Janukovic e la cosa è assolutamente verosimile.
L’opposizione, gli osservatori occidentali, centinaia di migliaia di
sostenitori di Juschenko potrebbero non accettare la decisione. Ciò
potrebbe avvenire dopo il secondo turno. Allora tra potere e
opposizione si scatenerebbe la battaglia per il controllo di Kiev. E la
peculiarità della situazione potrebbe consistere nel fatto che la parte
soccombente non fuggirebbe a Mosca o a Washington, ma cercherebbe di
consolidare le sue posizioni a Donetsk (roccaforte filo-russa di
Janukovic, nota del traduttore) o a Leopoli (la città transcarpatica,
dove del resto, già dopo il primo turno, migliaia di militanti di
movimenti ultranazionalisti, sostenitori di Juschenko, sono
minacciosamente scesi in piazza, nota del traduttore). E ciò
significherebbe due governi e la sanzione della divisione dell’Ucraina.
Verrebbe dimostrato, tra l’altro, che l’Ucraina non è mai stata e mai
potrà essere una nazione separata, e che una sua parte significativa è
sempre stata e sempre rimarrà Russia.

In questa situazione, i comunisti hanno il compito di sviluppare la più
vigorosa propaganda antimperialista, di esigere l’unione dei nostri
popoli in uno stato unitario, di farla finita con la borghesia privata
venduta, dal momento che la vigliacca borghesia russo-ucraina non andrà
mai fino in fondo nella realizzazione dell’unità dei nostri popoli. Una
variante alternativa per i comunisti potrebbe essere semplicemente
quella di sedersi a bere il tè, aspettando che finalmente si creino le
condizioni per un’autentica, veramente pura, lotta di classe, facendo a
meno di qualsiasi corbelleria nazionale e unitaria.

Può anche darsi che le mie siano solo assurdità e che non si avveri
nulla di tutto ciò. Può darsi che, più semplicemente la vittoria vada a
Janukovic e che Juschenko la accetti. O che succeda il contrario, con
Janukovic che si adatta alla vittoria di Juschenko. Non lo so, ma
personalmente ho molti dubbi che ci troveremo di fronte ad uno scenario
così “usuale”.


Traduzione dal russo di Mauro Gemma      


=== 2 ===

Elezioni in Ucraina: Lettera aperta di Luigi Marino a
La Repubblica
 
Ufficio stampa

Roma, 3 novembre 2004
Egregio Direttore,

sono appena tornato dall'Ucraina insieme agli altri parlamentari della
delegazione italiana, osservatori internazionali per conto dell'Osce, e
confesso di essere sorpreso da quanto riportato negli articoli di
Giampaolo Visetti...

Non so da dove si siano attinte le notizie. Come possono testimoniare
anche gli altri colleghi inviati, in coppia, nelle diverse località
scelte dall'Osce, si è riscontrato un clima elettorale più che sereno.
Non si è avvertita alcuna tensione, né nella città di Kiev, né nei
distretti della regione, né alla vigilia del voto, né durante, né dopo.
Centoquarantamila poliziotti nella sola Kiev? Carri armati? In tutti i
seggi da noi monitorati (chi scrive è stato in undici seggi rurali
della regione di Kiev), erano presenti i rappresentanti dei ben 24
candidati in gara sia nelle Commissioni elettorali che tra gli
osservatori accreditati.

Nessuna irregolarità è stata da noi riscontrata né nei seggi, né a
livello di commissioni elettorali territoriali, alle quali pervengono i
verbali con i pacchi delle schede debitamente sigillati e firmati da
tutti i componenti dei seggi. Nei seggi rurali era presente un solo
poliziotto e secondo la legge in locali adiacenti al seggio. Gli
scrutini si sono svolti sotto gli sguardi attenti di tutti i
rappresentanti dei candidati in lizza. Insomma le garanzie erano
offerte dalla stessa presenza dei rappresentanti dei diversi candidati
a tutti i livelli.

Riferisco tutto ciò solo per amore di verità. Per quanto mi riguarda
infatti mentre i programmi del candidato socialista e di quello
comunista mi sono apparsi chiari, ben difficile comprendere le
differenze in termini di reali scelte diverse di politica estera e di
politica economica interna tra i due massimi candidati Yanukovich e
Yushenko, salvo che per le accuse di corruzione rivolte ad Yanukovich
da Yushenko, il che non è certamente poco e determinerà senz'altro il
risultato del ballottaggio.

Aggiungo che i risultati di questo primo round rispecchiano
pedissequamente quelli dei sondaggi pubblicati dalla stessa Osce, che
davano i due contendenti maggiori alla pari. Tutto ora dipende dal
sostegno che gli altri partiti, in particolare i partiti socialista e
comunista, daranno all'uno o all'altro candidato nel ballottaggio.
Questa la mia testimonianza, sia pure limitata alla regione di Kiev ed
ai pochi giorni di permanenza. Desidero altresì ricordare che l'Ucraina
è un paese di grande civiltà e lo svolgimento delle elezioni non è
certamente paragonabile a quello di altri paesi (Afghanistan, ecc.).

Cordiali Saluti

Sen. Luigi Marino

(dal sito dei comunisti italiani)


=== 3 ===

JANUKOVIC E I COMUNISTI HANNO CONCLUSO UN’ALLEANZA ELETTORALE?

www.ukraine.ru

5 novembre 2004

Il sito ucraino, collegato al russo “Strana.ru”, espressione delle
posizioni dell’amministrazione presidenziale, ha diffuso il seguente
comunicato:

 
Mosca, 5 novembre –La direzione del Partito comunista di Ucraina (KPU)
e il candidato alla presidenza del paese Viktor Janukovic hanno
raggiunto un’intesa sulla preparazione di un programma comune per far
uscire il paese dalla crisi economica e sociale. Lo ha comunicato il
leader del PCFR Ghennadij Zjuganov, commentando le consultazioni di
oggi tra la direzione del KPU e Janukovic.

“Janukovic è pronto ad inserire nel suo programma diverse proposte,
sostenute dai comunisti nel corso dell’ultimo decennio”, - ha affermato
Zjuganov oggi all’emittente radiofonica “Eco di Mosca”. Il leader dei
comunisti russi ha salutato questo passo del Partito Comunista di
Ucraina, definendolo “un approccio costruttivo”.

“Le proposte in merito alle pensioni minime, al salario, al
bilinguismo, ed altre ancora sono assolutamente costruttive, e per
questa ragione ho inteso fare appello ai sostenitori dei comunisti in
Ucraina, perché facciano la scelta più ragionevole: quella di avviare
consultazioni con Janukovic”, - ha rilevato Zjuganov.


Fonte della notizia: “Interfax”
Traduzione dal russo di Mauro Gemma 


=== 4 ===

“VOTARE PER JUSCHENKO SIGNIFICA VOTARE PER L’ADESIONE DELL’UCRAINA ALLA
NATO”

Il Partito Progressista Socialista di Ucraina decide di votare per
Janukovic al ballottaggio per le presidenziali

http://www.proua.com

5 novembre 2004

Natalja Vitrenko,  presidentessa della formazione di estrema
sinistra, emersa da una scissione del Partito Socialista di Ucraina
(che ha deciso di votare per il candidato filoccidentale Viktor
Juschenko) ha rilasciato una dichiarazione, in cui, tra l’altro, si
afferma l’intenzione di far confluire l’1.5% dei consensi, attribuito
alla sua candidatura presidenziale per il primo turno, sul premier
Viktor Janukovic.

“Indipendentemente da chi sarà eletto presidente, il nostro partito
condurrà un’opposizione socialista. Dal momento che sia Janukovic che
Juschenko non attueranno certamente trasformazioni socialiste in
Ucraina. Riteniamo però di dover appoggiare Janukovic esclusivamente
per un fattore di politica estera.Janukovic è per l’unione con la
Russia e la Bielorussia, mentre Juschenko vuole che l’Ucraina diventi
un’appendice di materie prime dell’Occidente e che aderisca alla NATO".

                        Traduzione dal russo di Mauro Gemma


=== 5 ===

http://www.spectator.co.uk/article.php?id=5200&issue=2004-11-06

Western aggression

John Laughland

The Spectator (Britain) - November 6, 2004

(John Laughland on how the US and Britain are
intervening in Ukraine’s elections)

A few years ago, a friend of mine was sent to Kiev by
the British government to teach Ukrainians about the
Western democratic system. His pupils were young
reformers from western Ukraine, affiliated to the
Conservative party. When they produced a manifesto
containing 15 pages of impenetrable waffle, he gently
suggested boiling their electoral message down to one
salient point. What was it, he wondered? A moment of
furrowed brows produced the lapidary and nonchalant
reply, ‘To expel all Jews from our country.’

It is in the west of Ukraine that support is strongest
for the man who is being vigorously promoted by
America as the country’s next president: the former
prime minister Viktor Yushchenko. On a rainy Monday
morning in Kiev, I met some young Yushchenko
supporters, druggy skinheads from Lvov. They belonged
both to a Western-backed youth organisation, Pora, and
also to Ukrainian National Self-Defence (Unso), a
semi-paramilitary movement whose members enjoy posing
for the cameras carrying rifles and wearing fatigues
and balaclava helmets. Were nutters like this to be
politically active in any country other than Ukraine
or the Baltic states, there would be instant outcry in
the US and British media; but in former Soviet
republics, such bogus nationalism is considered
anti-Russian and therefore democratic.

It is because of this ideological presupposition that
Anglo-Saxon reporting on the Ukrainian elections has
chimed in with press releases from the State
Department, peddling a fairytale about a struggle
between a brave and beleaguered democrat, Yushchenko,
and an authoritarian Soviet nostalgic, the present
Prime Minister, Viktor Yanukovych. All facts which
contradict this morality tale are suppressed. Thus a
story has been widely circulated that Yushchenko was
poisoned during the electoral campaign, the fantasy
being that the government was trying to bump him off.
But no British or American news outlet has reported
the interview by the chief physician of the Vienna
clinic which treated Yushchenko for his unexplained
illness. The clinic released a report declaring there
to be no evidence of poisoning, after which, said the
chief physician, he was subjected to such intimidation
by Yushchenko’s entourage — who wanted him to change
the report — that he was forced to seek police
protection.

It has also been repeatedly alleged that foreign
observers found the elections fraught with violations
committed by the government. In fact, this is
exclusively the view of highly politicised Western
governmental organisations like the OSCE — a body
which is notorious for the fraudulent nature of its
own reports, and which in any case came to this
conclusion before the poll had even taken place — and
of bogus NGOs, such as the Committee of Ukrainian
Voters, a front organisation exclusively funded by
Western (mainly American) government bodies and
think-tanks, and clearly allied with Yushchenko.
Because they speak English, the political activists in
such organisations can easily nobble Anglophone
Western reporters.

Contrary allegations — such as those of fraud
committed by Yushchenko-supporting local authorities
in western Ukraine, carefully detailed by Russian
election observers but available only in Russian — go
unreported. So too does evidence of crude intimidation
made by Yushchenko supporters against election
officials. The depiction is so skewed that Yushchenko
is presented as a pro-Western free-marketeer, even
though his fief in western Ukraine is an economic
wasteland; while Yanukovych is presented as
pro-Russian and statist, even though his electoral
campaign is based on deregulation and the economy has
been growing at an impressive clip. The cleanliness
and prosperity of Kiev and other cities have improved
noticeably.

There is, however, one thing which separates the two
main candidates, and which explains the West’s
determination to shoo in Yushchenko: Nato. Yanukovych
has said he is against Ukraine joining; Yushchenko is
in favour. The West wants Ukraine in Nato to weaken
Russia geopolitically and to have a new big client
state for expensive Western weaponry, whose
manufacturers fund so much of the US political
process.

Yanukovych has also promised to promote Russian back
to the status of second state language. Since most
Ukrainian citizens speak Russian, since Kiev is the
historic birthplace of Christian Russia, and since the
current legislation forces tens of millions of
Russians to Ukrainianise their names, this is hardly
unreasonable. The continued artificial imposition of
Ukrainian as the state language — started under the
Soviets and intensified after the fall of communism —
will be a further factor in ripping Ukraine’s
Russophone citizens away from Russia proper. That is
why the West wants it.


=== 6 ===

http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=1420775&PageNum=0

Itar-Tass - November 3, 2004

Progressive Socialist Party to back Yanukovich in
runoff

KIEV - The Progressive Socialist Party of Ukraine,
whose leader Natalia Vitrenko came fifth in the first
round of a presidential election with 1.5 percent of
votes, has stated its bid to support Prime Minister
Viktor Yanukovich in the runoff election.
Progressive socialists believe that “in case Viktor
Yushchenko is elected president, the establishment in
Ukraine of a pro-fascist dictatorship as well as
Ukraine’s colonization by the USA are inevitable”.
The party comes out in favor of Ukraine’s entry into
the union with Russia and Belarus. That is why it
welcomes the policy of the present government towards
the setting up of common economic space with Belarus,
Russia and Kazakhstan.
The Progressive Socialist Party of Ukraine has urged
socialists and communists, whose candidates came third
and fourth in the first round of the election, to
support Yanukovich.
Since neither opposition presidential candidate Viktor
Yushchenko nor Prime Minister Viktor Yanukovich took
more than 50 of the vote, a runoff between the two is
scheduled for November 21.

---

http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=1428811&PageNum=0

Itar-Tass - November 5, 2004

Kiev Mayor warns Yuschenko against hampering Nov 6
festivities

KIEV - Kiev Mayor Alexander Omelchenko has warned the
oppositionist parties united in Our Ukraine bloc with
presidential candidate Viktor Yuschenko at the head
the city authorities will launch a court motion if
they organize actions hampering official festivities
on the 60th anniversary of Kiev's liberation from Nazi
troops.
Saturday, the oppositionists plan holding an action on
Independence Square to kick off an all-Ukraine
marathon they have entitled The People Is Invincible.
Our Ukraine officials say such actions will be held in
all regions of the country until November 21, the date
of the second round of presidential election, in which
Yuschenko is competing neck and neck with Prime
Minister Viktor Yanukovich.
Yuschenko is expected to address participants in the
Saturday meeting and demonstration.
Mayor Omelchenko said, however, Our Ukraine had been
allowed to hold actions on all the streets and squares
in Kiev, except Independence Square and Kreschatik
Avenue.
“Liberation Day events are more important than Our
Ukraine’s marches,” he said in an interview with
reporters.

Direttiva Bolkestein, ovvero: si chiude la trappola della UE

1. La segreteria nazionale della FIOM chiede di fermare la nuova
direttiva
2. Attac Italia sulla "direttiva Bolkestein"
3. Dal FSE di Londra, 15 ottobre 2004: un APPELLO contro la
privatizzazione dei servizi sanitari ed alcune prossime SCADENZE


=== 1 ===

http://www.resistenze.org/sito/te/pr/la/prla4l28.htm
www.resistenze.org - proletari resistenti - lavoro - 28-10-04

La segreteria nazionale della FIOM chiede di fermare la nuova direttiva
sugli orari e la “direttiva Bolkenstein” dell’Unione Europea


Due direttive dell’Unione europea, in discussione in questo periodo,
possono produrre danni enormi ai diritti dei lavoratori e alla
contrattazione sindacale. La revisione della Direttiva sugli orari
peggiora ancora normative che hanno allargato flessibilità selvagge nei
tempi di lavoro. Si estenderebbe per tutto l’anno la flessibilità a 48
ore settimanali. Si darebbe la possibilità di deroghe individuali
all’orario settimanale fino a 65 ore. Si peggiorerebbe ulteriormente la
condizione dei lavoratori a chiamata e di tutti coloro che non hanno un
orario definito.

La nuova Direttiva sugli orari è quindi inaccettabile, essa distrugge
i Contratti nazionali e crea lo spazio per l’assoluto arbitrio negli
orari settimanali, per la totale individualizzazione di essi. Questa
Direttiva va quindi messa in discussione radicalmente e la Fiom chiede
a tutte le forze politiche di attivarsi affinché non vengano messi in
discussione fondamentali diritti dei lavoratori.

La Segreteria nazionale della Fiom aderisce poi con convinzione alla
campagna, lanciata nel corso del Social Forum di Londra, per fermare la
“DIRETTIVA BOLKENSTEIN” dell’Unione Europea. Tale direttiva, approvata
dalla Commissione europea nello scorso 13 gennaio verrà discussa a
partire dal prossimo 11 novembre nel Parlamento europeo e concluderà il
suo iter procedurale probabilmente nella primavera del 2005.

La gravità della Direttiva è che essa scardina i principi di
solidarietà e eguaglianza, di estensione dei diritti sociali e del
lavoro, che dovrebbero essere alla base dell’Unione e che sono
fondamentali per molte costituzioni, compresa quella della Repubblica
italiana. La Direttiva, nel nome dell’estensione del libero mercato e
della libera concorrenza, afferma il principio della più selvaggia
delle competizioni sul piano dei servizi, delle attività economiche,
dei rapporti di lavoro. Molti sono i punti inaccettabili della
Direttiva, ma quello più grave risiede nell’articolo 16, relativo al
principio del paese d’origine.

Secondo questo nuovo principio un fornitore di servizi è sottoposto
esclusivamente alla legge del paese in cui ha sede l’impresa, e non a
quella del paese dove fornisce il servizio. Un’impresa può assumere i
lavoratori e poi trasferirli in un altro stato, mantenendo leggi,
contratti, norme di sicurezza e di controllo del paese d’origine. Si
può così realizzare un gigantesco caporalato europeo, perfettamente
legalizzato, ove i lavoratori vengono assunti nei paesi a più basso
salario e con meno diritti e poi, trasferiti per lavorare nei paesi ove
le condizioni di lavoro sono migliori, senza che questo produca nessun
mutamento della loro condizione. E’ chiaro che per questa via si
scardinano i contratti, le norme di legge e di sicurezza, si crea un
meccanismo di concorrenza selvaggia tra imprese e lavoratori, che porta
allo smantellamento dei diritti sociali europei.

La Fiom ritiene necessaria la cancellazione di questa Direttiva e
chiede ai movimenti sociali e alle forze politiche, di far sì che un
tema di questa portata non sia affrontato dalle istituzioni, tenendo
all’oscuro gran parte dell’opinione pubblica.

La Fiom impegna tutte le proprie organizzazioni a partecipare alla
campagna di mobilitazione per conoscere e fermare la Direttiva sugli
orari e la “Direttiva Bolkenstein” e per riaffermare quei principi di
solidarietà sociale e di uguaglianza dei diritti che devono essere alla
base dell’Europa comunitaria.

Roma, 27 ottobre 2004


=== 2 ===

Da: rifondazione_paris
Data: Lun 8 Nov 2004 18:07:57 Europe/Rome
A: info_prc_paris @ yahoogroups.com
Oggetto: [info_prc_paris] Attac Italia sulla "direttiva Bolkestein"


Bolkestein. Dall'Unione Europea una direttiva contro lo stato sociale e
i diritti del lavoro


Si chiama Bolkestein - dal nome del Commissario Europeo per la
Concorrenza e il Mercato Interno dell'uscente commissione Prodi
- la Direttiva con cui l'UE si appresta a dare il colpo di
grazia a quel che resta del "modello sociale europeo", già
agonizzante dopo le privatizzazioni che si sono succedute e la
continua messa in discussione dei diritti sociali e del lavoro [Marco
Bersani, Attac Italia].


La proposta di Direttiva - approvata all'unanimità della
Commissione Europea nello scorso 13 gennaio - è entrata in
dirittura d'arrivo: il prossimo 11 novembre si terrà l'udienza al
Parlamento Europeo della Commissione per la Concorrenza e il Mercato
Interno; a fine novembre sarà sottoposta al vaglio del Consiglio
dei Ministri Europei; da lì inizierà l'iter procedurale per
giungere, probabilmente a marzo 2005, al voto finale del
Parlamento Europeo.

La Direttiva Bolkenstein -elaborata dopo la consultazione di ben
10.000 aziende europee e nessun sindacato e/o organizzazione della
società civile- è uno degli obiettivi di mobilitazione contenuti
nell'appello dei movimenti sociali uscito dal Forum Sociale Europeo
di Londra, in cui si è proposto il lancio di una campagna
continentale per il ritiro completo e immediato della stessa.
Proviamo a capire perchè.

Come il Gats

Pomposamente annunciata come un provvedimento teso a "diminuire
la burocrazia e ridurre i vincoli alla competitività nei servizi
per il mercato interno", la Direttiva Bolkenstein (IP/04/37) si
prefigge di imporre ai 25 Stati membri dell'Unione le regole
della concorrenza commerciale, senza alcun limite, in tutte le
attività di servizio"; dove, per servizio si intende (art. 4)
"ogni attività economica che si occupa della fornitura di una
prestazione oggetto di contropartita economica". E' evidente la
similitudine con i principi e le procedure già stabilite in sede
di Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) con l' Accordo generale
sul Commercio dei Servizi (Gats). Similitudine che è esplicitata
direttamente a pag. 16, laddove si dice come " i negoziati Gats
sottolineano la necessità per l'UE di stabilire rapidamente un
vero mercato interno dei servizi per assicurare la competitività
delle imprese europee e rafforzare la sua posizione negoziale".
Ed ecco svelato l'arcano: l'Europa deve privatizzare i servizi
sul mercato interno per poter pretendere, da una posizione di
forza all'interno dei negoziati Gats, la privatizzazione dei
servizi nel resto del mondo. Ovvero, siamo all'Europa che, lungi dal
proteggere le popolazioni dalla globalizzazione neoliberista, si
candida ad assumerne la guida.

Peggio del Gats

Ma la Direttiva Bolkenstein va ancora oltre. Innanzitutto perchè
- al contrario del Gats - non prevede alcuna possibilità di
restrizioni nazionali all'accordo. Configurandosi come una direttiva
"orizzontale" e non nominando alcun settore in particolare, si
applica dovunque sia possibile l'apertura di un mercato, intendendo
l'esistenza di un mercato "ogni settore di attività economica in
cui un servizio può essere fornito da un privato". In secondo
luogo perchè gli ostacoli "burocratici" alla competitività,
che si prefigge di eliminare, sono in larga parte le disposizioni
prese dai poteri pubblici per la migliore prestazione del
servizio in termini di garanzie sociali ed ambientali, di tutela
dell'accesso universale, di trasparenza delle procedure, di
qualità del servizio, di diritti del lavoro, di contenimento
delle tariffe.

In pratica, si rimette radicalmente in discussione il potere
discrezionale delle autorità locali; poco importa che queste ultime
siano elette e controllate democraticamente dai cittadini, a
differenza dei membri della Commissione Europea!

Il principio del paese d'origine

Ma il cuore della Direttiva Bolkenstein - e la sua eccezionale
gravità - risiede nell'art. 16 relativo al principio del paese
d'origine. Con questo principio, l'UE rinuncia definitivamente
alla pratica dell'armonizzazione" fra le normative dei singoli
Stati, pratica che era finora assurta ad elemento quasi
fondativo dell'Unione stessa.

Secondo il nuovo principio, un fornitore di servizi è sottoposto
esclusivamente alla legge del paese in cui ha sede l'impresa, e
non a quella del paese dove fornisce il servizio. Per dirla in parole
semplici quanto apparentemente incredibili: un' impresa polacca
che distacchi lavoratori polacchi in Francia o in Belgio, non
dovrà più chiedere l'autorizzazione alle autorità francesi o
belghe se ha già ottenuto l'autorizzazione delle autorità
polacche, e a quei lavoratori si applicherà solo la legislazione
polacca.

E' evidente, in questo principio, la novità introdotta
dall'allargamento dell'UE agli ex-paesi dell'Est: poiché entrano
nell' UE paesi le cui legislazioni fiscali, sociali e ambientali in
questi quindici anni di "transizione" sono divenute quelle
proprie dello "Stato minimo", si abbandona l'armonizzazione e si
prepara un processo di vero e proprio dumping sociale. Siamo di
fronte ad un incitamento legale a spostare le imprese verso i
Paesi a più debole protezione sociale e del lavoro, e, una volta
approvata definitivamente la Direttiva, a pressioni fortissime
sui Paesi i cui standard sociali e di lavoro sono storicamente
molto più avanzati.

Colpo di grazia allo stato sociale e ai diritti del lavoro

Senza volersi addentrare in ulteriori, ma significativi, dettagli
- come, ad esempio, il fatto che il controllo sulle condizioni di
lavoro dei lavoratori distaccati in un altro paese è affidata
agli ispettori del paese d'origine! - appaiono chiarissimi i
segni che la Direttiva Bolkestein è destinata a lasciare:
a) apertura alla concorrenza e alla privatizzazione di quasi
tutte le attività di servizio, dalle attività logistiche di
qualunque impresa produttiva ai servizi pubblici come istruzione
e sanità;
b) deregolamentazione totale dell'erogazione dei servizi con
drastica riduzione, se non annullamento, delle possibilità
d'intervento degli enti locali e delle organizzazioni sindacali;
c) destrutturazione e smantellamento del mercato del lavoro
attraverso la precarizzazione e il dumping sociale all'interno
dell'Unione Europea

Necessaria una mobilitazione di massa

Se questo è il quadro, stupisce come la risposta da parte di
partiti, sindacati e movimenti abbia tardato ad arrivare. A partire
dall'informazione, ancor oggi patrimonio di poche e volenterose
organizzazioni, ma priva della diffusione di massa che una
Direttiva così grave meriterebbe.

Al Forum Sociale Europeo di Londra, la rete europea di Attac ha
costruito due seminari ed un workshop che hanno visto la partecipazione
di componenti importanti dei sindacati e dei movimenti: dalle
marce europee alla Federazione Europea dei Trasporti,
dall'insieme dei sindacati nordici (svedesi e belgi in prima
fila) al Sud-PTT francese, da Oxfam Solidarity alla Cgil -
Funzione Pubblica. Ma tutto ciò continua ad essere largamente
insufficiente rispetto alla portata dell'attacco ai diritti, prevista
dalla direttiva Bolkenstein. Senza una forte mobilitazione dei
sindacati nazionali ed europei, dei movimenti sociali
continentali, delle forze politiche nei Parlamenti nazionali ed
Europeo, la partita del modello sociale europeo rischia di
essere definitivamente persa. Per questo e da subito, occorre
che nei luoghi di lavoro, nei territori e nelle sedi istituzionali si
costruiscano percorsi di sensibilizzazione e di mobilitazione
che, a partire dalla prossima scadenza dell' 11 novembre al
Parlamento Europeo, giungano nel marzo 2005 a Bruxelles con una
grandissima manifestazione per l'Europa sociale e per il ritiro
"senza se e senza ma" della famigerata Direttiva Bolkenstein.
Un'altra Europa è possibile, ma a condizione che ciascuno si assuma
la sua parte nel difficile compito di costruirla.

Comunicato stampa di Attac Italia

(fonte: www.contropiano.org)


=== 3 ===

APPELLO PER UNA MOBILIZZAZIONE PER LA DIFESA DEL DIRITTO ALLA SALUTE
CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DEI SERVIZI SANITARI

Londra 15 ottobre 2004

I partecipanti ai seminari sul diritto alla salute, svoltisi nel FORUM
SOCIALE EUROPEO di Londra, propongono all’Assemblea dei Movimenti
Sociali di assumere come obiettivo prioritario, nelle mobilitazioni
contro le privatizzazioni dei servizi sociali, la difesa del diritto
alla salute della popolazione. In Europa, la negazione di questo
diritto che è il frutto delle politiche neoliberiste, sta assumendo per
donne e uomini aspetti drammatici. Le politiche sanitarie neoliberiste
hanno trasformato la salute della gente in merce da cui trarre profitto.
L’attacco ai sistemi sanitari pubblici in tutta Europa e le politiche
di privatizzazione dei servizi stanno di fatto impedendo a molti
cittadini l’accesso all’assistenza sanitaria.
I servizi privatizzati sono piu’ costosi e meno accessibili per la
gente. Questa logica di privatizzazione impedisce una ricerca
indipendente perche’ assoggettata agli interessi delle multinazionali.

Il Trattato sulla Costituzione Europea sta cancellando il diritto alla
salute che in molti casi esisteva nelle Costituzioni Nazionali.
I partecipanti al seminario dichiarano la loro totale opposizione a
questo Trattato, frutto di accordi tra banche e potere economico, che
non ha tenuto in considerazione il soggetto piu’ importante rispetto a
queste scelte: le popolazioni europee. Per questo motivo invitano a
votare contro I referendum nazionali sul Trattato.
Rifiutano altresì gli accordi che vanno in questa direzione ed in
particolare la Direttiva Bolkestein che rende ancora piu’ duro
l’accordo generale sul commercio dei servizi (GATS).

PHM (People’s Health Movement), GHW (Global Health Watch), REDS (Rete
Europea per il Diritto alla Salute) si battono contro l’esclusione e
per il diritto all’accesso ai servizi sanitari pubblici senza
discriminazioni.
Si mobilitano altresi’ per ottenere in tutti i paesi servizi sanitari
pubblici gratuiti in grado di soddisfare i bisogni della popolazione.

Le reti si battono contro l’Europa “Fortezza” che nega i diritti ai
migranti impedendo loro di accedere alle strutture sanitarie e di
vivere in condizioni dignitose.
Per questo motivo le reti si propongono di costruire uno spazio
specifico sulla salute nel Forum Sociale Mediterraneo nel giugno 2005.
Inoltre PHM, GHW e REDS stanno collaborando all’organizzazione, insieme
alle reti latino amercicane e afro asiatiche del Forum Mondiale sulla
Salute che si terra’ a Porto Alegre dal 23 al 25 gennaio 2005 prima del
Forum Sociale Mondiale e dell’Assemblea Mondiale per la Salute dei
Popoli che si terra’ a Cuenca (Eq) nel luglio 2005.

Le reti che hanno organizzato I seminari sulla salute - PHM, GHW e REDS
- propongono una campagna di mobilitazione contro la privatizzazione
dei servizi sanitari a partire dal sostegno alla lotta dei cittadini
ungheresi, che stanno organizzando un referendum nazionale contro la
privatizzazione degli ospedali pubblici.

Fanno appello a tutti i presenti all’Assemblea dei Movimenti Sociali
per contribuire attivamente alla realizzazione delle giornate di
mobilitazione contro la privatizzazione dei servizi sanitari.

3 DICEMBRE 2004 giornata contro la privatizzazione della salute in
appoggio al referendum in Ungheria

18 FEBBRAIO 2005 giornata contro la Costituzione Europea e la Direttiva
Bolkestein in coincidenza con il Referendum sul trattato di
Costituzione Europea che si svolgerà nello stato Spagnolo.

10-16 APRILE 2005 settimana di mobilitazione contro gli accordi sul
Commercio

(deutsch / italiano)

L'IMPERIALISMO "ETICO" DELLA SOCIALDEMOCRAZIA EUROPEA

Mentre nella SPD tedesca di parla oramai esplicitamente delle
"responsabilita' imperiali" che la nuova Europa si dovrebbe assumere e
si esaltano l'aumento delle spese militari e la creazione di nuovi
"protettorati", il segretario del Partito della Rifondazione Comunista
dichiara su l'Unita' che bisogna "isolare" chi sostiene la resistenza
irachena.
Sono due drammatici esiti della deriva della socialdemocrazia europea,
tradizionalmente guidata da quella austro-tedesca -- dal tradimento
storico dei "crediti di guerra" (prima guerra mondiale) fino alla "Bad
Godesberg" della SPD (1958).

1. SPD sieht imperiale Aufgaben
2. UE: BERTINOTTI, UNA BAD GODESBERG EUROPEA PER FERMARE DESTRA DI BUSH
3. ISOLIAMO CHI PARLA DI RESISTENZA

(a cura di Italo Slavo)

1)

SPD sieht imperiale Aufgaben

http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1099960362.php

09.11.2004

Klartext

BERLIN/BONN (Eigener Bericht) - Führende Persönlichkeiten der in
Deutschland regierenden Sozialdemokraten (SPD) und ihnen nahe stehende
Analytiker verlangen ein deutliches Bekenntnis zu ,,neuen Formen von
Imperialismus". Mit wenigen Ausnahmen sei die EU von fragwürdigen
Staatsgebilden umgeben und habe für ,,Stabilitätsexporte" auch mit
militärischen Mitteln zu sorgen, äußert der Leiter des Referats
,,Internationale Politikanalyse" der sozialdemokratischen
Friedrich-Ebert-Stiftung. Der Wissenschaftler hatte bereits vor mehren
Monaten wörtlich angemahnt, die EU müsse ,,Kanonen statt Butter"
finanzieren. In einer Berliner Politikstudie über ,,Das imperiale
Europa" heißt es ergänzend, die EU habe ,,imperiale Aufgaben"
wahrzunehmen, die sie nach Afrika und Asien führen werde. Der ehemalige
Bundesminister Egon Bahr ist der Auffassung, Deutschland müsse die
Aufstellung europäischer Streitkräfte forcieren und mehr nationalen
,,Stolz" entwickeln. Dies vertraute Bahr (SPD) einer deutschen
Wochenzeitung an, die wegen ihrer Verbindungen zu rechten Kreisen von
mehreren Verfassungsschutzämtern beobachtet wird.

Zu den fragwürdigen und instabilen Staatsgebilden (,,failing states")
zählt Michael Dauderstädt von der ,,Friedrich-Ebert-Stiftung" (FES)
praktisch sämtliche Grenzanlieger der EU und nimmt von dieser
folgenschweren Einordnung lediglich die Schweiz, Norwegen sowie Island
aus.1) Auch Israel, erst recht aber die Staaten der arabischen
Halbinsel und Nordafrikas, die GUS, Rumänien und Bulgarien werden von
Dauderstädt in unterschiedliche Kategorien politischer oder sozialer
Minderwertigkeit eingereiht. Selbst Italien sieht Dauderstädt von
Makeln behaftet (keine ,,effiziente und transparente
Regierungstätigkeit"), die dem politischen Ordnungsempfinden der
deutschen Außenpolitik widersprechen.

Unangebracht

Wegen der weltweiten Defizite müsse sich ,,Europa" auf verstärkten
,,Stabilitätsexport" vorbereiten, nachdem es internationale Erfahrungen
bei der Errichtung von ,,Protektoraten" bereits gemacht und ,,neue
Formen des Imperialismus" erprobt habe. Zu diesen Protektoraten mit
mehr ,,Wohlstand" zählt Dauderstädt Bosnien-Herzegowina, Kosovo,
Afghanistan und ,,einige afrikanische Länder". Um auch die
Gesellschaften des übrigen Afrika und ,,der arabischen Welt" aus ihren
gegenwärtigen Zuständen in ähnliche Verhältnisse zu überführen, ist es
nach Auffassung des FES-Spezialisten geraten, großzügig vorzugehen.
,,Ideologisches Beharren auf idealtypischen Reformen wie Wahlen und
Wirtschaftsfreiheit" hält der FES-Referatsleiter in diesen Ländern für
unangebracht.

Kriegspolitik

Der weltweite ,,Stabilitätsexport" gehört zur ,,Übernahme imperialer
Aufgaben" und muss ,,zielsicher" beschritten werden, ergänzt der
Berliner Politik-Professor Herfried Münkler.2) Münkler hat
,,(f)ließende Grenzen" entdeckt, die ,,im Osten und Süden" zur
,,wirtschaftliche(n) Durchdringung" einladen. Die ,,Kontrolle" ,,des
nordafrikanischen Raumes wegen der dortigen Energievorkommen" gehöre
deswegen zu den vornehmsten Aufgaben des europäischen Imperiums.
Bevorzugte Fürsorge verdient laut Münkler auch ,,die südöstliche
Peripherie" (Türkei), die ,,nach dem Modell der vom Zentrum weg
verlaufenden Kreise und Ellipsen zu organisieren" ist. Damit bezieht
sich Münkler auf die Raumtheorien der deutschen Kaiserzeit und deren
Gründungsvater Friedrich Ratzel.3) Wie Ratzel lehrte, ist bei der
,,Raumbeherrschung" vom Zentrum zur Peripherie vorzugehen, wobei ,,der
Krieg die Schule des Raumes" wird.4) Die von Münkler herangezogenen
Raummodelle wurden im NS-Staat weiterentwickelt und fundierten die
faschistische Kriegspolitik.

Selbstbestimmt

Das sich entwickelnde Selbstbewusstsein imperialer Größe führt zu
fortschreitenden Annäherungen zwischen nationalen, nationalistischen
und rechtsextremen Fraktionen der deutschen Außenpolitik. Jüngstes
Beispiel ist ein Interview, das der ehemalige Bundesminister Egon Bahr
(SPD) einer deutschen Wochenzeitung unter Beobachtung des
Verfassungsschutzes gewährte. Darin empfiehlt Bahr den Lesern mehr
(National-),,Stolz" und rät zur Aufstellung einer EU-Armee, die
,,selbstbestimmt", nämlich in Konkurrenz zu den USA, ,,eingesetzt
werden" müsse.5)

Engagiert

Wegen der parlamentarischen Erfolge rechtsextremer Parteien in
Deutschland macht sich Bahr ,,keine Sorgen". Auf die Frage, ob deutsche
Schulen und Universitäten eine ,,Fixierung auf die Zeit des
Nationalsozialismus" betrieben, antwortet Bahr bestätigend, man hätte
in der Nachkriegszeit gegen die angebliche ,,Fixierung" deutlicher
auftreten sollen. Im Verlauf des Interviews lobt der ehemalige
Bundesminister das unter Beobachtung stehende Blatt wegen seiner
,,leidenschaftlich" und ,,engagiert" betriebenen Publizistik.

1) Michael Dauderstädt: Exporting Stability to a Wider Europe: From a
Flawed Union to Failing States; Internationale Politikanalyse -
Europäische Politik, Oktober 2004
2) Herfried Münkler: Das imperiale Europa; Die Welt 29.10.2004
3) S. dazu die Rubrik Geschichte
[http://www.german-foreign-policy.com/de/hist-archiv/dne.php%5d. S. auch
Raum im Werden
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1051048800.php%5d
und Aus der Tiefe des Raums
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1076722965.php%5d
4) Friedrich Ratzel: Politische Geographie, München/Leipzig 1897
5) ,,Wir müssen lernen, wieder eine normale Nation zu sein"; Junge
Freiheit 05.11.2004

s. auch Kanonen statt Butter (II)
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1074294898.php%5d
und In Liebe - Krieg
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1073865483.php%5d
sowie Schubweise barbarisch
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1091397600.php%5d

Informationen zur Deutschen Außenpolitik
© www.german-foreign-policy.com

2)

UE: BERTINOTTI, UNA BAD GODESBERG EUROPEA PER FERMARE DESTRA DI BUSH

Roma - Invita l'Europa a recuperare "una sua ideologia" da contrapporre
a quella "politico-religiosa della destra americana" il leader di
Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, che con "La Repubblica"
spiega di riferirsi ad "una ideologia" che non risale a Marx ma a che
affondi le radici nella "lezione sull'uguaglianza di Norberto Bobbio" e
"sul modello del manifesto dei socialdemocratici di Bad Godesberg".
"Fatte tutte le distinzioni possibili -afferma Bertinotti- nel voto
americano c'è una quota de te fabula narratur che ci riguarda tutti. La
destra americana vince grazie ad una gigantesca operazione
ideologico-culturale". "Con un enorme flusso di denaro verso le chiese
estremiste e i circoli culturali più radicali, i repubblicani -aggiunge
Bertinotti- hanno compiuto un 'investimento politico a redditività
differita', che nel fuoco della guerra e della crisi dell'economia
poteva essere riscosso solo attraverso una fondamentalistica visione
duale del mondo: le forze del Bene che lottano contro il Male".

Adnkronos (martedì 9 novembre)

BAD GODESBERG, PROGRAMMA DI (1958).

Approvato dal Partito socialdemocratico tedesco in occasione
del suo congresso del 1958 nella cittadina termale vicino a
Bonn, in Renania, rappresentò la più profonda revisione
programmatica compiuta dal partito dal programma di Erfurt (1891). La
Spd abbandonava la prospettiva rivoluzionaria per accettare il
riformismo, con l'intento di conquistare più ampi consensi
elettorali.

http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/b/b002.htm

3)

ISOLIAMO CHI PARLA DI RESISTENZA

Così titolava una intervista a Bertinotti apparsa sull'Unita' del 26
settembre 2004, nella quale il segretario nazionale del PRC, a
proposito dell'Iraq, diceva tra l'altro:

<< Non è vero che i nemici di Bush siano i nostri amici.
Respingiamo questa tesi. (...) L'idea, purtroppo, seppur minoritaria, è
presente nel mondo. Non vorrei che tutto scadesse in un banale
provincialismo. Perché se uno legge i testi che girano nel mondo si
potrà rendere conto che autorevolissimi uomini della cultura
terzomondista e di sinistra sono su questa tesi. (...) Nomi non ne
vorrei fare, ma basta vedere qualche convegno terzomondista [sic] e
leggere la letteratura che circola in questi ultimi mesi. A Londra, in
occasione del Social Forum dal 15 al 17 ottobre, avremo la riprova,
purtroppo. Questa cosa non va presa sottogamba nel modo più assoluto.
(...) È evidente che queste tesi che io considero così gravi e
pericolose possono far breccia anche in qualche area. Che non riesce a
vedere una prospettiva diversa per battere la guerra e non si rende
conto che il terrorismo e la guerra sono assolutamente speculari. >>

Nell'intervista il riferimento è a "pochissimi, una frangia marginale
del corteo" del PRC del 25 settembre u.s., che avrebbero "inneggiato
slogan macabri su Nassirya". Poiche' pero' nessuno dei partecipanti al
corteo ha sentito, tantomeno pronunziato slogan simili, e' evidente che
il "reato" che viene qui contestato e' quello di "parlare di
resistenza", come viene ben spiegato nel titolo.

[ Sulla manifestazione del 13 novembre a Roma vedi l'appello di
convocazione ad es. su:
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/roma131104.htm
Sul martirio della citta' di Falluja vedi ad es. la documentazione su:
http://www.uruknet.info ]


Che Falluja il 13 novembre sia su tutte le nostre bandiere

(di Fulvio Grimaldi)


Cari compagni,
la controinformazione internazionale e in particolare quella USA,
perlopiù ripresa da Uruknet, ci riversano agghiaccianti materiali su
quello che sta succedendo a Falluja. Come sapete, la città è assediata
e bombardata giorno e notte da oltre un mese. Nessun centro abitato,
dalla fine della seconda guerra mondiale, da Dresda, Stalingrado e
Hiroshima, ha subito un simile tentativo di liquidazione totale. 10.000
soldati statunitensi, rinforzati nelle retrovie dalle truppe
britannicke della Black Watch e da decine di migliaia di mercenari
delle compagnie private, stanno stringendo d'assedio i 100.000 abitanti
sopravvissuti o non fuggiti dei 500.000 originari. Sono ormai quasi
esclusivamente uomini. I bombardamenti hanno distrutto centinaia di
case d'abitazione con il pretesto, totalmente falso e smentito da
osservatori, analisti, nonchè dalle autorità religiose e amministrative
della città, di voler colpire Abu Mussab Al Zarkawi e i suoi seguaci.
Mentre è ormai provato che Zarkawi è un'invenzione degli strateghi USA
(oscenamente avallata da Padre Benjamin - divenuto repentinamente
antisaddamista - che gli attribuisce addirittura il controllo su 62
gruppi di combattimento:
http://www.uonna.it/vivi-reporter-francesi.htm ), un pretesto come lo
era Bin Laden quando si trattava di polverizzare l'Afghanistan per
uccidere il socio di Bush, gli abitanti di questo eroico simbolo della
resistenza antimperialista sono privati, non solo degli elementi di
base per sopravvivere - acqua, cibo, medici e farmaci (quasi tutti gli
ospedali sono stati distrutti), energia - ma perfino di un minimo di
solidarietà internazionalista, di quella che era ancora viva e si
manifestava al tempo dei massacri sionisti di Jenin, Ramallah, Rafah,
Khan Junis, Nablus - pure assai minori per portata genocida - e quanto
menoriuscì a frenare l'impeto stragista degli israeliani e a portare
questi crimini contro l'umanità alla ribalta internazionale,
alimentando la crescita e la forza del movimento contro la guerra e
contro l'imperialismo.

A Falluja sono stati frantumati a forza di bombe ad alta penetrazione,
ordigni incendiari, cannonate di grosso calibro, bombe a grappolo,
bambini, donne, uomini, quanti non ne hanno uccisi nei loro attacchi
tutti i combattenti suicidi palestinesi. Contemporaneamente una ONG
dalle ambiguità comprovate come Human Rights Watch, da sempre in
sintonia con i regimi di Washington, salvo qualche "correzione", fa
circolare la cifra di 400.000 vittime del precedente governo iracheno,
di cui 100.000 curdi, curdi che sarebbero stati uccisi nell'ultimo anno
di guerra Iraq-Iran. Inutile dire che la bufala dei curdi gassati da
Saddam a Hallabja è già stato smentita (il bombardamento con i gas fu
effettuato dagli iraniani) nel modo più autorevole dagli alti livelli
della CIA (Stephen Pelletiere, capo analista Cia di quella guerra, New
York Times 31/1/2003) (1), nonchè da tutti i servizi d'informazione
dell'epoca. Ma HRW non fornisce la benchè minima prova, oppure una per
quanto dubbia fossa comune, a sostegno della cifra (2), che, comunque,
collide con quanto ipotizzato dalla Croce Rossa e da altri enti di
ricerca per i quali le morti violente sotto il precedente regime non
superano il 2% di quelle verificatesi dall'inizio di questa guerra. E'
chiaro l'intento di questa organizzazione sedicente non governativa di
annullare l'effetto degli almeno 100.000 ammazzati tra i civili
iracheni, documentati da istituti prestigiosi come la Columbia
University e l'Università Al Mustanseria di Bagdad e riportati
dall'insospettabile periodico medico britannnico "Lancet".

A Falluja si muore come le mosche, a Falluja si sta compiendo, secondo
Simon Hersh, il giornalista che ha violato la consegna del silenzio
sulle stragi di My Lai in Vietnam e la strategia delle torture imposte
da Washington ad Abu Ghraib e in mille altre carceri, un olocausto di
porporzioni inenarrabili. Confortato dalla rielezione del burattino
Bush, la cerchia di neonazisti sionisti germogliati sotto Reagan e
ormai completamente padroni di un paese lobotomizzato dalla paura
indotta e in corso di rapida fascistizzazione, si appresta, fuori dal
giudizio di qualsiasi consesso umano o giuridico, a menare colpi
definitivi al più resistente e avanzato popolo del Medio Oriente. Un
popolo decisivo per il destino di quella regione, e non solo. Caduta
Falluja, e poi le altre città sotto controllo di una Resistenza che,
come dimostrano il suo eccezionale coordinamento, la sua capacità di
colpire come e quando vuole, l'appoggio popolare totale, le sue riserve
militari e umane, la sua coscienza politica, rappresenta oggi la più
grande minaccia per l'avanzata dell'imperialismo occidentale, le armate
barbare intenderanno muoversi all'assalto e alla distruzione di altri
popoli, stati, classi.

Falluja è una linea di resistenza dall'elevatissimo valore simbolico e
politico. Falluja è la cartina di tornasole dell'agghiacciante barbarie
degli aggressori e dell'eroismo degli aggrediti. A Falluja, come hanno
scritto gli abitanti della città martire inviando appelli alla comunità
umana, si difendono i valori di quella comunità, la sua stessa vita, il
suo futuro. Possibile che il presidente fantoccio installato dagli USA
a Bagdad si possa spendere per frenare il suo primo ministro, l'arnese
terrorista Cia Allaui, dall'assalto a Falluja, possibile che lo spento
notaio della "comunità internazionale" a stelle e striscie, Kofi Annan,
si sbilanci con un'invocazione ad evitare la carneficina e passare al
negoziato, mentre il movimento contro la guerra, lo schieramento
antimperialista, le persone perbene se ne rimangano in silenzio, per
poi inorridire magari quando qualche evento fortuito o qualche
residuato dell'ecatombe porteranno alla luce frammenti dell'orrore
inflitto a Falluja?

Dove è la nostra solidarietà con coloro che resistono all'imperialismo
ben oltre le nostre capacità e disponibilit, fino al costo della vita?
Potevano, i combattenti, la gente di Falluja fuggire tutta quanta e
lasciare ai barbari il loro deserto. Perchè credete che sono rimasti
lì, in armi, a difendere la loro città, il loro paese, la loro
sovranità, la loro dignità? Per tutte queste cose e per una cosa in
più: noi!

IL 13 NOVEMBRE ABBIAMO ANNUNCIATO CHE MANIFESTEREMO A ROMA, DA TUTTO
IL PAESE, CONTRO IL MURO DI SHARON, Abbiamo anche inserito un capoverso
contro l'occupazione di Palestina e Iraq e per il ritiro delle truppe
straniere dall'Iraq. Giusto. Ma oggi come oggi, con Falluja moribonda e
in piedi sotto i nostri occhi e alla mercè del nostro nemico mortale,
forse, nel rilanciare la manifestazione nazionale del 13, ci vuole
qualcosa in più. A Stalingrado abbiamo dovuto stare zitti. A Dresda
eravamo confusi. A Marzabotto eravamo inermi. A Hiroshima abbiamo
capito tardi. Non facciamo che dobbiamo vergognarci davanti ai ragazzi
di Falluja stroncati con l'RPG in mano, alle mamme e ai bimbi tritati
dalle bombe, davanti al nostro specchio, davanti ai nostri figli. Non
pieghiamoci davanti agli imbroglioni della "spirale guerra-terrorismo"!
Non ce le perdonerebbero gli stessi palestinesi che, ricordiamocene, il
17 gennaio del 1991 seppero stare, a costo di tutto, dalla parte giusta.

Che Falluja il 13 novembre sia su tutte le nostre bandiere, su tutti i
nostri striscioni, in tutte le nostre parole d'ordine, in tutte le
nostre anime, se ce l'abbiamo.

Fulvio Grimaldi


Note


1. Stephen C. Pelletiere - NYTimes, A Glimpse of The Past: A War Crime
or an Act of War?: http://www.uruknet.info?p=880

Vedi anche:

Sanjay Suri, Saddam può chiamare la CIA in sua difesa:
http://www.uruknet.info?p=4138

Jude Wanniski, Saddam Hussein Did Not Commit Genocide:
http://www.uruknet.info?p=1454

Carlton Meyer, Saddam never gassed his own people:
http://www.uruknet.info?p=3943

Jude Wanniski, Defending Saddam, Not President Bush:
http://www.uruknet.info?p=4249


2. Jude Wanniski, Falluja & Those Mass Graves:
http://www.uruknet.info?p=6856

Vedi anche:

Mass graves in Iraq : http://www.uruknet.info?p=3372

Mail&Guardian, Blair Admits 'Mass Graves' Claim Untrue:
http://www.uruknet.info?p=4209

Jude Wanniski, `The Media, Losing Their Way`:
http://www.uruknet.info?p=5935

MEDIA LENS, MEDIA ALERT: 100,000 IRAQI CIVILIAN DEATHS - PART 2:
http://www.uruknet.info?p=6833


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