Informazione

(english / italiano)

Anche un pezzo di Grecia nella Grande Albania

PREMESSA: Un po' come nella nostrana "vulgata" della questione degli
"esuli istriani", anche negli articoli che qui riportiamo, riguardanti
gli esuli schipetari della Cameria (Epiro), "l’accusa di aver
collaborato con i fascisti e i tedeschi" viene usata sostanzialmente
come una nota di merito, o quantomeno un punto a favore: qualcosa da
far valere in positivo nel contenzioso in atto con la Grecia.
Rileviamo dunque con sorpresa e preoccupazione che il portale
"Osservatorio Balcani" (OB), nel contenzioso tra Grecia ed Albania,
sposa immediatamente ed acriticamente la posizione revanscista
pan-albanese. La cosa sorprende di meno notando come sull'argomento OB
si avvale essenzialmente del lavoro di propaganda del gruppo di
"Notizie Est", che da anni conosciamo per le sue posizioni
pregiudizialmente a favore di quei secessionismi revanscisti - UCK
compreso - che hanno squartato i Balcani, capovolgendo gli esiti della
II Guerra Mondiale. [A cura di Italo Slavo]

1. Albania-Grecia, scontro aperto sulla “Cameria” (Indrit Maraku / OB)

2. Albania: la questione dei Cam e la paura di Tirana (Indrit Maraku /
OB)

VEDI ANCHE:

Cameria: non cambia la posizione del governo greco
(Fonte: "Lobi", Skopje, marzo 2004)

http://www.notizie-est.com/article.php?art_id=916

ALTRI LINK / MORE LINKS:

The Greek Foreign Ministry Condemns Violence Against Greek Minority In
Albania

http://www.mpa.gr/article.html?doc_id=483794

Macedonian minority criticise Greece at OSCE conference
(by George Papadakis)

http://www.eurolang.net/news.asp?id=4785

Albanian Authorities Blow Up Cross Outside Orthodox Church

http://www.mpa.gr/article.html?doc_id=480506

Troubled Greek-Albanian history (by George Gilson)

http://www.athensnews.gr/athweb/
nathens.prnt_article?e=C&f=&t=01&m=A06&aa=2


=== 1 ===

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3574/1/51/

Albania-Grecia, scontro aperto sulla “Cameria”

29.10.2004 scrive Indrit Maraku
Durante la recente visita del presidente greco Stefanopulos in Albania
si è riaccesa l’annosa questione della Cameria, regione al nord ovest
della Grecia un tempo abitata da albanesi, spesso fonte di tensione fra
i due stati confinanti


È di nuovo scontro tra Tirana ed Atene, e al centro delle polemiche
ritorna l’ormai nota questione “Cameria”. Il Presidente greco,
Kostantinos Stefanopulos, in visita ufficiale il 18 ottobre nella
capitale albanese, ha dichiarato che quello dei Cam è un problema
dimenticato ed ormai appartenente al passato. In totale disaccordo con
lui, il Presidente della Repubblica, Alfred Moisiu, che nella congiunta
conferenza stampa ha espresso pensieri diversi. La polemica, poi, si è
spostata sui media che hanno protestato apertamente contro l’arroganza
di Stefanopulos. Al quale, è “scappata” pure una minaccia: se le
richieste della minoranza greca non verranno accettate, l’Albania non
entrerà mai nell’Unione europea.

“Problema dimenticato”!

Arrivato a Tirana il 18 ottobre, il primo colloquio del Presidente
greco, durante la sua visita di tre giorni, è stato con colui che lo ha
invitato, l’omologo albanese Moisiu. Ne segue una conferenza stampa,
dove da subito si nota il clima teso. All’interesse dei giornalisti sui
problemi dei Cam, Stefanopulos risponde seccamente: “è una questione
definitivamente chiusa che appartiene al passato”. Trovandosi davanti
allo stupore dei presenti, aggiunge: “Non esiste la necessità di
risolvere il problema dei Cam e non vedo perché dobbiamo tornare alle
pretese sulla questione. Non desidero ricordare il passato che
appartiene al 1944. La Grecia ha rinunciato a tali pretese”.
Altrettanto decisa anche la replica di Moisiu, secondo il quale “devono
cominciare al più presto i negoziati bilaterali a livello di esperti
per trovare la giusta soluzione giuridica al problema delle proprietà
dei Cam e degli albanesi in Grecia”.

La tempesta esplosa sui media e l’indignazione generale dell’opinione
pubblica ha dato un po’ di coraggio pure al Primo ministro Fatos Nano,
da sempre molto vicino ad Atene. “Nessun Presidente o Primo ministro
può sollevarsi contro gli esperti e la storia”, ha detto nell’incontro
con Stefanopulos, nella seconda giornata della visita, senza
dimenticare di sottolineare la retorica delle “ottime relazione” tra i
due Paesi.

E la voce grossa di Tirana sembra aver funzionato, vista la marcia
indietro del Presidente greco che, mentre stringeva la mano al capo del
Parlamento, Servet Pellumbi, ha accettato l’esistenza di un “problema
Cam”, nonostante abbia evitato di pronunciare queste parole. “La
questione delle proprietà dei cittadini albanesi in Grecia, e
viceversa, deve essere risolta per vie legali e con il dialogo”, ha
detto, mentre il suo interlocutore albanese definiva “legittime” le
richieste dei Cam.

La regione della Cameria, nel nord-ovest della Grecia, era abitata da
albanesi fino alla seconda guerra mondiale, quando vennero cacciati
dalle proprie terre e perseguitati dalle autorità greche con l’accusa
di aver collaborato con i fascisti italiani e quelli tedeschi: i Cam
furono espulsi, 70 villaggi abitati da loro vennero svuotati e i beni
sequestrati. Ora i Cam chiedono di riavere le loro proprietà, ma il
tempo non promette: alla fine dell’anno scadono gli effetti di una
legge di Atene sul riconoscimento dei patrimoni e chi non avranno
presentato una richiesta entro questo termine perderanno ogni diritto.

La minaccia

È dagli inizi degli anni Novanta, quando i primi emigranti albanesi
andarono a lavorare in Grecia, che le divergenze tra i due Stati non
mancano. Di fronte ai problemi dei suoi cittadini con le autorità
elleniche, Tirana spesso ha dovuto abbassare la testa, cosciente del
rischio di ritrovarsi a casa centinaia di emigranti mandati indietro,
ai quali non aveva niente da offrire. Si tratta della famigerata
“operazione scopa” che Atene ha usato con abilità in tutti questi anni
per zittire i vari governi albanesi.

Ma era da un po’ di tempo che molti analisti di geopolitica avvertivano
di un trasferimento delle pressioni elleniche a Bruxelles e a
Strasburgo: ora la minaccia più grande sembra il veto della Grecia
sull’integrazione dell’Albania nell’Unione europea e nella Nato.

A dare conferma degli avvenuti cambiamenti di strategia è stato lo
stesso Presidente greco Stefanopulos, durante il terzo e l’ultimo
giorno della sua visita nel sud del Paese, dove ha avuto vari incontri
con rappresentanti della minoranza greca. “L’Albania non entrerà
nell’Ue – ha detto - senza adempiere le vostre richieste, dalla A alla
Z. Ho chiesto al Governo albanese anche il riconoscimento delle vostre
proprietà, come accade con i cittadini albanesi. Questa richiesta verrà
soddisfatta”.

Avendo, forse, “dimenticato” quello che aveva affermato solo due giorni
prima a Tirana, sulla rinuncia da parte di Atene delle sue pretese
territoriali, Stefanopulos è tornato a parlare di “Vorioepir”, una zona
nel sud d’Albania che la Grecia rivendica come propria e pretende che
sia popolata dalla sua minoranza, i “Vorioepirioti”, che il Presidente
definì “l’anima dell’ellenismo”. Un argomento che per Tirana non esiste
assolutamente.

Il capo dell’organizzazione “Omonia” (che difende i diritti della
minoranza greca), Jani Jani, prendendo coraggio dalla presenza di
Stefanopulos, ha alzato la voce lamentandosi. “Noi non viviamo – ha
detto – ma sopravviviamo in questo Paese, perciò non abbandonateci”.
Poi le richieste: “Vogliamo che a Himara (cittadina del sud dove vive
una minoranza greca, ndr) siano aperte delle scuole greche, che gli
standard delle lezioni siano uguali a quelle dei Paesi dell’Ue e che la
lingua greca diventi ufficiale in quelle zone dove vive la minoranza e
che il Governo albanese riconosca la nostra identità greca”. Jani Jani
si è spinto più in là, accusando i governi di Tirana degli ultimi 14
anni di aver rubato le proprietà della minoranza greca.

Forte anche la reazione del Partito repubblicano (Pr, opposizione), che
ha chiesto una mozione di sfiducia per il Premier Nano. Il suo numero
uno, Sabri Godo, chiamato anche “la vecchia volpe” per le sue abilità
in politica, ha detto che il Parlamento europeo si è occupato diverse
volte della minoranza greca e le pretese di Atene sono risultate
infondate. Per Godo, le dichiarazioni di Stefanopulos mostrano che “le
reminiscenze del passato esistono ancora”. Più duro, invece, è stato
con il capo dell’Omonia: “Il diavolo ha fatto vedere apertamente le
corna. Qui ci sono tendenze di annessione e tentativi di toccare la
sovranità” del Paese. Dashamir Shehi, invece, a capo della commissione
parlamentare sulla Difesa, ha detto che la minoranza greca gode di più
diritti di quanto si meriti. “La minoranza greca non può pretendere di
più: le abbiamo dato la terra che noi ancora non abbiamo, le abbiamo
dato scuole dove studiano solo 3 alunni, le abbiamo dato una
rappresentanza nell’amministrazione pubblica non del 2% quale è, ma del
10%”.


=== 2 ===

http://www.osservatoriobalcani.org/article/view/3026

Albania: la questione dei Cam e la paura di Tirana

26.04.2004 scrive Indrit Maraku
La popolazione della Cameria – territorio nel nord-ovest della Grecia
abitato da albanesi fino alla seconda guerra mondiale – venne cacciata
dalle proprie terre e perseguita dalle autorità elleniche con l’accusa
di aver collaborato con i fascisti


L’8 aprile rimarrà a lungo nella memoria degli albanesi d’origine Cam
come il giorno in cui il Parlamento bocciò una risoluzione riguardante
i loro diritti. I Cam chiedono da anni il riconoscimento e la
restituzione del loro patrimonio in Grecia, perso alla fine della
seconda guerra mondiale, quando l’allora governo di Atene li cacciò
dalle loro case con l’accusa di collaborazione con il fascismo. La
risoluzione, sulla quale era stato raggiunto un accordo tra
l’opposizione e la maggioranza, è stata bocciata all’ultimo momento
dopo il cambiamento di rotta dei socialisti al potere su pressione
greca.

Sentendosi traditi da coloro che hanno il dovere di proteggere i loro
interessi, i Cam hanno protestato davanti alla sede del Parlamento in
una manifestazione che è sfociata in violenza: i manifestanti si sono
scontrati con la polizia cercando di entrare all’interno dell’edificio,
ma sono stati bloccati dall’ingente cordone di forze speciali in tenuta
anti-sommossa.

I Cam e le loro richieste

La popolazione della Cameria – territorio nel nord-ovest della Grecia
abitato da albanesi fino alla seconda guerra mondiale – venne cacciata
dalle proprie terre e perseguita dalle autorità elleniche con l’accusa
di aver collaborato con i fascisti e i tedeschi. Circa 70 villaggi
abitati da loro vennero svuotati, i beni confiscati e l’intera
popolazione Cam venne espulsa.

Gli albanesi della Cameria ora chiedono l’intervento del Parlamento di
Tirana e dell’Unione Europea (di cui la Grecia è membro) per riavere le
loro proprietà. Richieste che durano sin dall’inizio degli anni
Novanta, ma che fino ad ora sono state sempre ignorate. Ora i tempi
stringono e i Cam rischiano di perdere tutto. Infatti, alla fine di
quest’anno dovrebbero scadere gli effetti di una legge del Governo
d’Atene per il riconoscimento dei patrimoni: quelli che non avranno
presentato una richiesta entro questo termine perderanno ogni diritto
sulle loro proprietà.

Ma si tratta pur sempre dei Balcani, dove i problemi diventano ancora
più intrecciati del solito. Il Parlamento greco non ha ancora
ratificato l’abolizione dello stato di guerra fra Albania e Grecia, il
quale rimane ancora in vigore, sia pur formalmente, sin dal 1944. Gli
albanesi hanno da sempre accusato Atene di ritardare questa ratifica
proprio per non procedere alla restituzione dei beni ancora trattati al
pari di bottino di guerra.

“È incredibile ed umiliante che il Parlamento bocci una risoluzione
riguardante il proprio popolo – dice Servet Mehmeti, a capo
dell’associazione ‘Cameria’ – Noi ci sentiamo delusi ed estremamente
sdegnati da quest’azione. Questo – spiega – per noi significa
giustificare ora, nel 2004, le azioni repressive del 1944 che erano una
conseguenza della seconda guerra mondiale”.

Il colpo basso dei socialisti

Dopo innumerevoli rinvii, sembrava che tutto andasse verso il giusto
fine. Socialisti e democratici si erano già messi d’accordo sul testo
della risoluzione, la quale era stata varata all’unanimità dalla
commissione parlamentare creata appositamente per questo problema.
Proprio quando sembrava che tutto ormai fosse soltanto una formalità,
la notizia della bocciatura è arrivata come una doccia fredda: 55
deputati del Parlamento si sono astenuti, 53 hanno votato pro e 4
contro.

La sberla dei socialisti ha lasciato tutti a bocca aperta. Secondo i
media, che citano non meglio precisate fonti all’interno del gruppo
parlamentare socialista, il Premier Nano, ritenuto legato da rapporti
molto stretti con Atene, avrebbe dichiarato che “l’approvazione della
dichiarazione sui diritti dei Cam invece di risolvere il problema, lo
avrebbe accentuato”.

Invece l’opposizione di centro-destra, che ha votato a favore della
risoluzione, considera “assurda” la decisione del Parlamento. “Sarebbe
stato meglio non sottoporla alla votazione – ha dichiarato Fatmir
Mediu, a capo del Partito repubblicano, spiegando che “bocciarla
vorrebbe dire ignorare del tutto la questione dei Cam”.

Da parte loro, i media hanno subito accusato Atene di aver fatto
pressione sul Governo di Tirana, ricattandolo con un’altra questione,
quella degli almeno 800 mila emigranti albanesi che vivono in Grecia,
gran parte dei quali senza regolare permesso di soggiorno. In Albania
si temeva che una risoluzione del genere avrebbe scatenato la reazione
greca, la quale di fronte ad ogni problema negli ultimi anni tra i due
Paesi, si è sempre tradotta nella famigerata operazione “Scopa”,
cacciando verso l’Albania centinaia e centinaia di emigranti tra i
quali anche quelli con regolari documenti di soggiorno.

E sono stati gli stessi socialisti ad ammetterlo, su pressione dei
media. Il deputato socialista Petro Koci ha dichiarato che il suo
partito ha condotto una politica amatoriale sulla risoluzione dei Cam,
gestendo male il problema. Spartak Braho, anch’egli socialista, ha
ammesso che la causa principale della bocciatura della risoluzione è il
problema degli emigranti albanesi in Grecia e la pressione di Atene che
minaccia di cacciarli via. Il più duro è stato Sabit Brokaj, per il
quale il problema degli emigranti è solo una giustificazione. Secondo
lui, la bocciatura della risoluzione è l’ultima raccomandazione di
Nicolas Gage (a capo della lobby ellenica negli Stati Uniti) ai
dirigenti dello Stato e della politica albanese. Per Brokaj, salvo il
Presidente della Repubblica Moisiu, tutti i vertici dello Stato sono
responsabili per la bocciatura della risoluzione sui Cam.

“La forca sulla quale la Grecia tiene il governo albanese riguardo la
politica degli emigranti è solo un gioco di pressioni – ha detto - al
quale si sottomettono quei politici albanesi che sono legati ai
monopoli greci, oppure coloro che si sono compromessi nell’economia
informale o negli introiti illegali. Io continuo a pensare che i Cam
abbiano ragione e debbano essere sostenuti”.

In un summit a Sarajevo dei Paesi dell’Europa dell’est, il Premier Nano
ha incontrato l’omologo greco Karamanlis, il quale l’ha invitato a
visitare Atene nei primi giorni di maggio, dove si sono messi d’accordo
per discutere, tra l’altro, anche delle richieste della popolazione Cam.

Ma a dire la sua sulla questione, pur se indirettamente, è stato anche
il Presidente della Repubblica, Alfred Moisiu. Il capo dello Stato,
andando anche al di là delle richieste dei Cam, ha chiesto alla classe
politica di non essere timida nel risolvere i problemi regionali ma di
cooperare alla ricerca di alternative concrete. “Nel trattare questi
problemi c’è bisogno di riflessione anche da parte dei nostri politici
– ha detto – La loro timidezza non parla di realtà e coerenza”. Secondo
Moisiu, “la cooperazione con i vicini non viene aiutata lasciando in
sospeso i problemi ma parlandone e risolvendoli”.

SECONDO L'UNIONE EUROPEA, I REFERENDUM VANNO BENE SOLO QUANDO SERVONO A
FRAMMENTARE I PAESI E A METTERE LE "ETNIE" LE UNE CONTRO LE ALTRE


Anche la repubblica ex-Jugoslava di Macedonia ha la sua "DEVOLUTION":
cosi' viene chiamato dai media locali il progetto di decentramento
amministrativo sponsorizzato dalla UE e dagli USA.
Contro questa vera e propria "dissolution" dello Stato -- simile alla
nostra nel senso dello smantellamento dello "stato sociale" ma gravida
di implicazioni molto piu' serie in un contesto inquinato dai
micronazionalismi e dal secessionismo -- tutte le opposizioni hanno
promosso un referendum che si e' tenuto ieri e che e' stato fatto
fallire dal governo, mero esecutore dei diktat delle potenze
imperialiste (soprattutto quella tedesca e quella statunitense).
L'Ue ha oggi accolto "con soddisfazione" il fallimento del referendum,
i cui promotori sono definiti "nazionalisti" dai nostri media
asserviti e dalle agenzie di Stato. Sia l'Alto rappresentante Ue per la
politica estera, Javier Solana, sia il commissario per le relazioni
esterne, Chris Patten, hanno commentato positivamente il fatto che
non sia stato raggiunto il quorum di partecipazione. Solana ha in un
comunicato sottolineato per esempio che il ''chiaro'' risultato di
ieri ''permette al paese di proseguire nell'attuazione della riforma
sulla decentralizzazione'', consentendo al governo di ''portare
avanti i cambiamenti cruciali sul fronte economico e sociale''.
''Cosa ancora piu' importante'' - ha sottolineato Solana - il voto di
ieri ha evidenziato che ''i cittadini hanno scelto di mantenere in
piedi il cammino intrapreso verso l'Ue''. Da parte di Patten, la
''soddisfazione'' sul fallimento del referendum e' stata sottolineata
in modo esplicito: un risultato positivo del voto - ha precisato la
portavoce di Patten - avrebbe rappresentato un ''serio ostacolo'' al
processo di avvicinamento della Macedonia verso l'Europa.


(vedi anche: MACEDONIA: REFERENDUM; UE, SODDISFAZIONE PER FALLIMENTO
VOTO
http://www.ansa.it/balcani/macedonia/20041108150533147367.html )

[ L'ultima, tragicomica novita' dalle repubbliche jugoslave: e' la
invenzione della "lingua montenegrina", anche definita "lingua madre"
(sic) in un acrobatico e ridicolo sforzo di differenziazione e
secessione dall'ambito culturale cosiddetto "serbo". Come se vi
dicessero: da oggi in Toscana si parla solo la "lingua toscana", non
piu' l'italiano.
E' un passaggio ulteriore ed estremo, insomma, di quel separatismo
culturale ipersciovinista che vorrebbe negare l'esistenza della lingua
comune degli slavi del sud: il serbocroato -- o croatoserbo o jugoslavo
che dir si voglia.
In quest'ultima vicenda, che viene dopo dopo i casi del "croato", del
"bosgnacco" e dello stesso "serbo", la tragedia si ripete sotto forma
di farsa: questa della "lingua montenegrina" e' apparsa infatti da
subito come una vera e propria buffonata, che esemplifica pero' il
sostanziale suicidio culturale al quale e' stato costretto tutto un
popolo, o (se preferite) tutti i popoli jugoslavi. Dove sono gli
intellettuali, i letterati, i linguisti occidentali e filo-occidentali,
in questa evenienza? Che cosa hanno da dire i Matvejevic, i Pirijevec,
le Janigro o gli Stefano Bianchini a riguardo? A giudicare dall'attuale
loro perfetto silenzio, niente; d'altronde, che cosa potrebbero dire
adesso, dopo che per anni hanno avallato esplicitamente e/o
implicitamente questa deriva decadentista, questa aberrazione del
differenzialismo culturale a scopo di carnaio e devastazione politica?
Però, mentre gli opportunisti ed i vigliacchi tacciono, in Montenegro
sono già incominciati i licenziamenti di quegli insegnanti che si
rifiutano di prestarsi a questa farsa vergognosa. (A cura di A.
Martocchia) ]

Sullo stesso argomento vedi anche :

Monténégro : Des licenciements au nom de la langue
http://www.balkans.eu.org/article4723.html

e dal nostro archivio
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages :

"Maternji jezik" ili "srpski jezik"... ili SRPSKOHRVATSKI ?
JUGOINFO 3 Nov 2004

IN MONTENEGRO NON SI PARLA SERBOCROATO
JUGOINFO 24 Ott 2004

PROTEST PROFESORA SRPSKOG JEZIKA U NIKŠICU
JUGOINFO 7 Set 2004

Sulla questione della lingua e letteratura serbocroate e della loro
"abolizione per legge" negli staterelli etnici sorti dallo squartamento
della Jugoslavia, vedi anche :

Jezičko pitanje (Nenad Glišić)
JUGOINFO 16 Set 2004

UNA LINGUA "BOSNIACA", PER DECRETO OSCE
JUGOINFO 26 Ago 2004

Il croato creato e la frattura delle lingue - Un commento di Babsi
Jones, da http://www.exju.org/comments/590_0_1_0_C/
JUGOINFO 6 Gen 2004

nonche' l'articolo di Luka Bogdanic:
“Serbo o croato? L’uso geopolitico della lingua”, apparso su Limes a
gennaio 2004 ("Il nostro oriente. I Balcani alle porte")

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Razbijeno ogledalo srpsko

Matija Beckovic

Dogorelo je do jezika! Ako je ta vest tacna - dogorelo je do temelja.
Vest je stigla iz Crne Gore, koju je jezik stvorio i u kojoj izvan
jezika nema nikoga i nicega.
Od bolesnika se najpre trazi da isplazi jezik i kaze "A". Spasioci
hitaju da davljeniku izvuku jezik da se jezikom ne udavi. Za onog ko je
promenio svetom kaze da je prekrenuo jezikom. Da li je i Crna Gora
prekrenula jezikom upravo se utvrduje. Jezik najtacnije pokazuje ne
samo da li je jedan covek, nego i da li je jedan narod ziv ili nije.
Da je najnovije usekovanije jezikov u Crnoj Gori ispratio muk, znali
bismo da je Crna Gora pala sapatom, razjezicena i obezlicena. Crna Gora
kakvu znamo moze opstati samo na jeziku na kojem je i postala. Ticanje
u zivac jezika je ispitivanje njenog ili-ili, biti ili ne biti. I ako
nestane Crna Gora ce svoju poslednju rec reci na srpskom jeziku.
Svaki dan umire po jedan jezik, a jezik ne umire dok ne umre narod koji
ga govori. U Crnoj Gori bi se moglo desiti nesto sto se jos nije desilo
nigde i nikome. Da se sudbina naroda i jezika razdvoje, pa da umre
narod koji ga je govorio a da njegov jezik ostane zdrav i ziv.

CETIRI IMENA

DA se predmet zove maternji jezik bivalo je i ranije, ali ono sto je
uradilo Ministarstvo prosvete Crne Gore bivalo nije. Naime, ono je uz
maternji jezik dodalo i kako se on zove. I da ne bi bilo zabune navelo
da ima cetiri imena.
Ali kako je svaki covek roden od majke logicno je da ih bude i vise.
Ali ako broj maternjih jezika ne prede broj stanovnika, to opet nece
biti neki preterano veliki broj. Bilo je oko 20 odsto onih koji su se
na popisu stanovnika izjasnili da govore crnogorskim jezikom. Slucajno
se taj procenat poklopio i sa procentom nepismenih i nikako ih ne bismo
smeli dovoditi u vezu. Iz te izjave izveden je zakljucak da je to i
njihov maternji jezik, a da majke niko nista nije pitao. A ta provera
je bila neophodna. Pogotovo u danasnjoj Crnoj Gori gde majke cesto ne
govore istim jezikom kao njihova deca, a jos cesce deca jedne majke
pripadaju razlicitim nacijama i govore razlicitim maternjim jezicima.
Kuca se u stroj Crnoj Gori zvala kula. U nase vreme ta kula je postala
vavilonska i to ona posle pometenija jezikov. Tako bi umesto
lakomislenog zakljucivanja kako se zove njihov maternji jezik bilo
verodostojnije ispitivanje u kojem bismo dobili odgovor na pitanje:
"Koliko ste imali godina kad ste prvi put progovorili crnogorskim
jezikom? Da li ste pre toga govorili nekim drugim jezikom ili ste
progovorili prvi put?" Takvim ispitivanjem ne bi bila na dobitku samo
lingvistika montenegrina-materina, nego i covecanstvo, koje se
obogatilo saznanjem da ljudi u ozbiljnim godinama mogu progovoriti
nekim jezikom i to istovremeno i obavezno, pod uslovom da su iz iste
partije.
Srpski jezik, ime i pismo zabranjivali su u Crnoj Gori samo okupatori.
I to u ratu. Nemoguce je zamisliti neku domacu vlast, kakva god bila,
koja bi u miru davala za pravo okupatorima.
Istina, nekada jednojezicna i jezikonosna Crna Gora danas ima sve po
dvoje.
Jedan od najmanjih evropskih naroda jedini je koji pripada dvema
nacijama. Iz tog dvojstva nastaju i dva jezika i dve istorije i dve
civilizacije. A te istorije i civilizacije, crkve i nacije, javljaju se
u jednoj kuci, medu bracom i sestrama, pa je neko rekao - da bi im se
po vazecim zakonima i teorijama valjalo medusobno uzimati - zeniti i
udavati.
Sto je sve po dvoje nikoga ne zabrinjava jer uprkos tome o svemu
odlucuju samo jedni, i sto ih je manje tim vise i cvrsce.
I tako podvojena Crna Gora i dalje ostaje ogledalo srpsko. Istina,
razbijeno.

LUDNICA OTVORENOG TIPA

SA svih govornica se u demokratskoj Crnoj Gori svakodnevno ponavlja da
svako moze svoj jezik da zove kako hoce i da je to jedno od osnovnih
ljudskih prava. Nazalost, ili mozda srecom, takvo pravo nigde u
civilizovanom svetu ne postoji, ako je ikada igde i postojalo. Tako bi
samo Drago Dragovic, koji je nekad bio jedini centor "u pecatnji
slobode crnogorske", prosirio svoje nadleznosti i dobio nova
ovlascenja. Kad bi jurisdikcija Draga Dragovica bila prihvacena u
lingvistici, zasto ne bi i u fizici i matematici. Medu onima cija je
glavna deviza: "Hocu i drago mi je!" imao bi veliki broj pristalica a
neznalice bi konacno docekale oslobodenje od svih stega.
Razume se da je jedno od osnovnih ljudskih prava nemati pojma ni o cemu
ali jos nije bilo drzave koja je to pravo unela u skolski program. Kad
bi to bilo moguce onda bi svaka vlast imala pravo da svoju teritoriju
izdvoji iz nadleznosti bilo koje nauke, a bezakonje stavi pod zastitu
policije. Zar se vec nesto slicno nije dogodilo u Niksicu gde su
profesore koji su postovali ustav otpustili sa posla.
Crnogorski je jedini strani jezik koji se predaje na srpskom jeziku. Uz
to, crnogorski jezik je jedini strani jezik koji se srpski govori, cita
i pise. I ko pravilnije govori srpski, sto ima bolju dikciju i
preciznije osecanje za melodiju i akcente srpskog jezika, to tecnije i
izvornije govori crnogorski. Do naseg vremena nije se znalo da se moze
govoriti jedan jezik i biti poliglota. I to je jedan od lingvistickih
fenomena koji je svet dobio sa naseg terena.
Da li je moguce da je jezik u Crnoj Gori do sad cekao da mu bas
sadasnja vlast nadene ime?
Bilo bi tragicno kad bi se pitanje srpskog jezika ticalo samo profesora
niksicke gimnazije i ostalo u nadleznosti zakona o radnim odnosima i
zavoda za zaposljavanje Crne Gore. Otkaze su dobili ne samo profesori
srpskog jezika nego i elektroinzenjeri, profesori biologije,
filozofije, fizike, matematike, istorije, ruskog jezika, pa cak i kafe
kuvarica. A tako moze da prode svako ko se slepo drzi ustava Crne Gore.
Bilo je originalnijih i dobronamernijih predloga da se kao izlaz iz
ovakvog zamesateljstva u Crnoj Gori kao sluzeni jezik uvede engleski.
To bi bio prvi slucaj da se u jednoj zemlji za sluzbeni jezik uzme onaj
koji niko ne govori. Ili ga govori tako i toliko da bi sluzbeni jezik
mogao biti i nemusti.
Bilo kako bilo, tako se Crna Gora i Srbija pretvaraju u ludnicu
otvorenog tipa. Kad bi bila zatvorena ne bi imao ko ni da je zakljuca
ni da nasije kosulja.

JEZIK I IME

CRNA Gora se na srpskom jeziku zove Crna Gora. Crnogorci se na srpskom
jeziku zovu Crnogorci. Crnogorski jezik se, cak i po vazecem ustavu
Crne Gore zove srpski jezik ijekavskog izgovora. Na drugim maternjim
jezicima Crna Gora se zove drukcije, pa bi oni koji hoce da joj promene
jezik najpre morali promeniti i njeno ime. Tih imena ima u izobilju:
Karadag, Malezez, Montenegro, Mavro Vuko... "Gorski vijenac" se samo na
srpskom tako zove dok je "Luca mikrokozma" smo na srpskom luca, a
mikrokozma na svim jezicima.

TRI SLOVA

ZANIMLJIVO je da za postojanje crnogorskog jezika nema pisanih dokaza.
Niti oni koji tvrde da njime govore imaju nesto napismeno. Kazu da za
sad ima samo ime i tri slova. Ali s tim slovima se lakse kvici, sisti i
vristi nego sto se govori. Cudno da pre danasnjih Crnogoraca nije bilo
Crnogoraca koji su govorili crnogorskim jezikom. Zato je njihov jezik
crnogorskiji od crnogorskog, kako je kazao jedan od najistaknutijih
lingvista. Crnogorski bez muke uci se po recnicama, gramatici,
pravopisu, prirucnicima za srpski jezik ciji su autori, opet, vecinom
Crnogorci.

PODRSKA OTPUSTENIMA

Ovaj tekst Matija Beckovic je napisao kao podrsku profesorima Niksicke
gimnazije, otpustenim zbog neprihvatanja da predaju maternji, umesto
srpskog jezika. On je i danas u Niksicu sa njima.

http://www.novosti.co.yu/

LA BIELORUSSIA CONTESTA LA REGOLARITA' DELLE ELEZIONI USA


MosNews (Russia) - November 4, 2004

Belarus Doubts Legitimacy of U.S. Presidential Election

The Belarus Foreign Ministry has expressed doubts
about the transparency of the presidential elections
in the U.S., Russian news agency Interfax reported on
Thursday.
According to reports from independent observers and
media representatives, a number of violations were
noticed in the course of preparations and during the
elections, namely basic international obligations set
by the 1990 Copenhagen Document of the OSCE, the press
secretary of the Belarus Foreign Ministry said in a
statement circulated on Thursday.
In particular, the official noted that U.S. officials
had not applied sufficient effort to get rid of the
major shortcomings in the U.S. electoral system.
“This is why we are not surprised by reports that a
large number of absentee ballots send by post have
been lost, that the computer systems crash, that the
voters are being threatened, that some voters cannot
find themselves on voting lists, that it is impossible
to get information on regional elections commissions
and places where the voting was held,” the release
reads.
Belarus observers and a number of observers
representing NGOs have reported that the U.S.
authorities had not ensured the free work of
international observers and accreditation of such
observers in some states turned out to be virtually
impossible.
The release also notes that in the states where the
international observers had managed to get the
accreditation, the local authorities restricted their
rights by “unprecedented harsh demands”.
The Belarus Foreign Ministry expressed its hope that
the mission of international observers of the OSCE
would cover the U.S. presidential elections
“objectively and truthfully” and give its evaluation
of the event.

http://www.mosnews.com/news/2004/11/04/belaruscritic.shtml


Radio Free Europe/Radio Liberty - November 5, 2004

BELARUSIAN PRESIDENT CALLS U.S. ELECTION UNFAIR

Alyaksandr Lukashenka [Alexander Lukashenko] said on 4
November that this week's presidential election in the
United States was held under standards that are
unacceptable for Belarus, Belarusian media reported.
"The presidential elections, according to their [U.S.]
standards, are inadmissible for us," Belapan quoted
Lukashenka as saying.
"If we had staged an election like they did in the
United States, we would have been crushed a long time
ago."
The same day the Belarusian Foreign Ministry issued a
statement saying that the United States did not meet
many international commitments regarding elections.
"Therefore we are not surprised by many reports on the
disappearance of a large number of ballots sent by
mail, the malfunctions of the electronic voting
system, intimidation of voters, the absence of voters
on voter registers, the impossibility to freely obtain
information from precinct and district commissions
about the procedure and places of voting," the
statement says.
Minsk also charges that the U.S. authorities failed to
ensure unhindered work by international election
observers. "[These facts] cast doubt on the
transparency and democracy of the U.S. elections," the
statement concludes. JM

http://www.rferl.org/newsline/3-cee.asp


( source: Rick Rozoff - ANTINATO @... )