Informazione

Disinformazione strategica:
I colleghi "iracheni" della Ruder&Finn

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=5018&s2=24

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Guerrieri dell'informazione

di Pratap Chatterjee da guerrillanews.com

La Rendon Group è l’agenzia di consulenza che fornisce servizi di
comunicazione politica. I servizi offerti variano dalla creazione di
“un ambiente favorevole in vista della privatizzazione” alla
giustificazione della guerra. Al suo attivo: la manipolazione dei media
durante guerra del Golfo, le reazioni dopo gli attentati dell’11
settembre, la giustificazione dell’invasione in Iraq...

“L’informazione è una componente del potere” – dal sito della Rendon
Group.


Alla vigilia della Convention nazionale dei democratici, un suggestivo
spettacolo pirotecnico illuminava la baia di Boston sotto gli occhi di
eleganti politici, di dirigenti e dei rispettivi amici, che osservavano
da un ristorante in riva al mare di nome Tia’s riservato per
l’occasione.
Rick Rendon, responsabile dell’organizzazione dell’evento, si
intratteneva amabilmente con i propri clienti: i dirigenti della Time
Warner, tra i quali il direttore Richard Parsons che lo aveva
ingaggiato per dedicare la serata a un’importante parlamentare della
California: Nancy Pelosi, leader del partito democratico.
Otto ore dopo, Rendon dava prova delle sue capacità tecnologiche nella
gestione delle informazioni: una video conferenza collegava le 56
delegazioni della Convention del partito democratico distribuite su
tutta la città in 23 luoghi differenti. “Un’iniziativa importante
perché il partito democratico esige che da tutti i suoi deputati emerga
un messaggio coerente e univoco, soprattutto per quanto riguarda la
comunicazione con i media,” ha rivelato a Information Week Rick Rendon,
co-fondatore e socio anziano della Rendon Group.

Comunicazione politica

Per la Rendon Group, il cui motto è: “l’informazione è una componente
del potere,” l’organizzazione dell’evento è stata solo uno dei tanti
servizi di “perception management” (comunicazione politica) che
l’agenzia di consulenza fornisce ai suoi clienti, tra i quali le
agenzie governative del Massachussets, i dirigenti di multinazionali,
il partito democratico, gli uffici della Defense Advanced Research
Projects Agency (DARPA) al Pentagono e il regime militare in Colombia.
I servizi offerti variano dalla creazione di “un ambiente favorevole in
vista della privatizzazione” alla giustificazione della guerra. La
società, che ha sedi a Boston e a Washington DC, è gestita da Rick
Rendon, suo fratello John Rendon, sua cognata Sandra Libby e da David
Perkins, già impiegato al Pentagono.
I rapporti di Rendon con il partito democratico risalgono almeno a 24
anni prima, in occasione della convention di New York del 1980, dove il
suo compito era quello di occuparsi dei deputati. Suo fratello John era
direttore esecutivo e direttore politico del Comitato nazionale
democratico.
Quando Jimmy Carter perse le elezioni contro Ronald Reagan, i Rendon
aprirono bottega come consulenti politici. Quasi un quarto di secolo
dopo la convention di New York, i due fratelli si ritrovano ancora a
stretto contatto sia negli affari che nella politica. John e Rick
sembrano lavorare in due mondi distinti, Boston e Washington, così come
la presenza in rete della Rendon Group si biforca in due siti
differenti, uno interno e l’altro internazionale. John gira il mondo
smerciando strategie di guerra mentre Rick rimane a casa a vendere
pace, produrre video per gli alti dirigenti e organizzare eventi. Ma la
società è a tutti gli effetti un’entità sola e un esame attento
suggerisce come forse questa netta divisione non sia che a sua volta un
caso di “perception management”.

Potere alla guerra

Quando Reagan vinse le elezioni, cancellando in un sol colpo dodici
anni di presidenti repubblicani, i Rendon ampliarono il loro raggio di
azione e John cominciò a fornire servizi di consulenza all’esercito.
Nel 1989 durante l’invasione di Panama, dall’alto di un palazzo di
Panama City (Florida) contribuì alla gestione delle informazioni sulla
guerra.
In occasione della prima guerra del Golfo nel 1991, il suo staff
operava nei dintorni di Taif in Arabia Saudita.
Durante la guerra in Afghanistan , ogni mattina alle 9:30 si riuniva
con alti funzionari del Pentagono per stabilire il comunicato del
giorno.

Una delle sue operazioni mediatiche più famose, realizzata con il
contributo dell’agenzia di pubbliche relazioni Hill & Knowlton, fu
inscenata durante la mobilitazione alla guerra del Golfo del 1991.
Il 10 ottobre 1990 il Congressional Human Rights Caucus (Commissione
per i diritti umani) tenne un’udienza a Capitol Hill. Tom Lantos,
deputato democratico della California, e John Porter, repubblicano
dell’Illinois, presentarono una quindicenne del Kuwait di nome Nayirah.
In lacrime e visibilmente turbata, la ragazza descrisse una scena
orripilante accaduta a Kuwait City. “Facevo la volontaria all’ospedale
al-Addan,” testimoniò. “mentre mi trovavo lì vidi dei soldati iracheni
irrompere con le armi nell’ospedale ed entrare nelle stanze dove
c’erano i neonati nelle incubatrici. Tolsero via i neonati e presero le
incubatrici lasciando morire i bambini a terra sul pavimento gelido”.
Sette senatori favorevoli all’intervento bellico utilizzarono queste
affermazioni per motivare la necessità dell’invasione in Iraq, portando
di fatto alla vittoria del sì per un margine ristretto di cinque voti.
In seguito si scoprì che Nayirah apparteneva alla famiglia reale del
Kuwait, era figlia dell’ambasciatore kuwaitiano negli Stati Uniti e che
l’episodio delle incubatrici era stato inventato.

Un altro trionfo mediatico di cui Rendon va fiero è stata la
manipolazione dei media attuata durante il conflitto vero e proprio.
“Chi di voi ha partecipato alla liberazione del Kuwait… o chi l’ha
soltanto vista in televisione, avrà notato le centinaia di kuwaitiani
che sventolavano delle piccole bandiere americane. Vi siete mai chiesti
come avesse fatto la gente di Kuwait City, dopo essere stata tenuta in
ostaggio per sette lunghi e dolorosi mesi, a procurarsi delle
bandierine americane? E quelle degli altri paesi alleati? Ora lo
sapete. Era uno dei miei compiti,” annunciò nel 1998 a una conferenza
sulla sicurezza nazionale.

Poco dopo gli attentati dell’11 settembre a Wall Street e Washington,
il Pentagono offrì a Rendon un contratto di 100.000 dollari al mese per
rintracciare notizie estere antiamericane, fornire consulenza sulle
strategie di comunicazione e seminare in rete, sulla stampa e in
televisione notizie filoamericane.
Nel 2002 quando il Pentagono tentò di istituire l’Office of Strategic
Influence (Ufficio per la manipolazione strategica) per poter
diffondere nei paesi stranieri notizie fuorvianti, fu proprio Rendon
l’uomo che avevano in mente. Il presidente Bush, infine, fu costretto a
eclissare il progetto dopo il fiume di proteste provenienti dai media e
dall’opinione pubblica, ma guardando indietro ci si chiede se
l’amministrazione non abbia semplicemente deciso di rinominarlo.

Ricevere il messaggio

Un anno fa fu chiesto a John Rendon di tenere un discorso a una
conferenza di funzionari dell’esercito organizzata al King’s College di
Londra su “come utilizzare al meglio le risorse militari nel campo
della gestione delle informazioni, istruendo politici e analisti e
promuovendo piani d’azione all’interno del proprio paese o all’estero”.
“Credo che l’Operation Iraq Freedom (Operazione Iraq libero) ci abbia
assicurato un posto in prima fila per lo scontro tra due diverse
culture della comunicazione. Se si seguivano i media statunitensi o
occidentali la guerra era raffigurata in un certo modo. Se si
ascoltavano o guardavano le notizie trasmesse da un’emittente araba si
ricevevano notizie di tutt’altro genere,” ha affermato Rendon, secondo
una copia del suo discorso ottenuta da CorpWatch. “In altre parti del
mondo la copertura televisiva forniva ai cittadini punti di vista
diversi. In Indonesia, per esempio, dove risiede la più grande
popolazione musulmana del mondo, i telespettatori potevano scegliere
tra la CNN International, la BBC World e, da fine marzo, Al-Jazeera…
Secondo voi qual è stato il canale più visto? Al-Jazeera, ovviamente.”
“E questo ci porta alla prima cosa importante da imparare. Dobbiamo
ancora lavorare se vogliamo far giungere il nostro messaggio al maggior
numero di persone possibile… in una miriade di lingue internazionali…e
con il giusto contesto culturale che permetta al messaggio non solo di
giungere ma anche di essere recepito”.

Potere alla pace

Mentre il fratello era alla guida della “gestione delle informazioni”
promuovendo la guerra, Rick Rendon si occupava delle pubbliche
relazioni per il progetto educativo post-11 settembre “United We Stand”
(Rimaniamo uniti) del Massachussets; progetto che, secondo il sito
della Rendon Group, “ha creato un simbolo visibile di speranza, una
bandiera americana di enormi dimensioni (20x35 m) formata da circa
40.000 brandelli di stoffa da 15x15 cm con messaggi di patriottismo,
pace, amore e sostegno al proprio paese scritti da 50.000 studenti
provenienti da oltre 675 classi”.
Di recente, Rick si è fatto promotore di un progetto intitolato
“Empower Peace” (Potere alla pace) che sfrutta le tecnologie di video
conferenza della Rendon Group per promuovere la pace tra gli alunni del
Medio Oriente e del Massachussets, anche se in scala ridotta rispetto
alle tecnologie utilizzate per la Convention democratica.
Il primo scambio è stato trasmesso il 20 maggio 2003. Il progetto era
semplice ma stimolante: la El Centro del Cardenal High School di
Boston, gli studenti della Stoneham High School di Stoneham e gli
studenti musulmani della Khawla School del Bahrein hanno parlato tra
loro di pace tramite la tecnologia video della Polycom.
“Per le vecchie generazioni farsi un’opinione o cambiare modo di
pensare è difficile. Per le generazioni future invece è essenziale.
Riponiamo le nostre speranze nelle giovani generazioni future,” ha
dichiarato Rendon all’epoca. Colleen Cull, insegnante alla El centro
del Cardenal High School, ha aggiunto entusiasta: “In sostanza credo
che prenderanno molte delle informazioni ricevute attraverso questo
progetto e le condivideranno con gli amici, i familiari avviando così
l’intero processo di pace”.
Che progetti come quello di “Empower Peace” o “United We Stand” siano
mezzi efficaci per contrastare la retorica antiamericana di Al-Jazeera?
Rick Rendon sta forse aiutando il fratello a comunicare “con le lingue
e con il giusto contesto culturale che permetta al messaggio non solo
di giungere ma anche di essere recepito”, utilizzando gli studenti di
Boston e del Bahrein come strumento per far sembrare l’occupazione
statunitense dell’Iraq un gesto d’amicizia? Rendon non si esprime
sull’argomento. Alla richiesta di discutere dell’invasione in Iraq, ha
risposto bruscamente: “È irrilevante. Sarò lieto di discutere
dell’Empower Peace, ma di nient’altro”.
Poco distante dalla festa da Tia’s a Boston, Rendon dichiarava che il
progetto era stato finanziato interamente dalla sua società. “È stato
realizzato grazie al nostro buon cuore. Si basava su ciò che è
diventata la campagna per la pace razziale tra scuole più grandi del
mondo; ha riunito qui a Boston 15.000 ragazzi per parlare di diversità
e di rispetto reciproco coinvolgendo studenti di Belfast dall’Irlanda
del Nord (cattolici e protestanti) e dal Sud Africa (neri e bianchi);
hanno interagito superando i pregiudizi e i luoghi comuni e hanno
imparato a vivere, studiare e giocare insieme”.

La guerra è pace

Ma come spesso accade nelle relazioni pubbliche il messaggio che
aleggia in superficie non necessariamente coincide con lo scopo ultimo
della campagna.
A rendere più interessante il lavoro dei due fratelli è il fatto che
spesso si servano delle medesime persone: uno di loro venne alla luce
quando inaspettatamente fu ucciso nel nord dell’Iraq nei primi tre
giorni dopo l’invasione del marzo 2003. Paul Moran, freelance per la
Australian Broadcasting Corporation di Adelaide, all’epoca viveva nel
Bahrein e lavorava per la Rendon Group all’Empower Peace. Oltre a
essere un freelance che girava video aziendali per vivere, Moran
lavorava per John Rendon e aveva quindi una doppia vita, secondo
l’Adelaide Advertiser che al funerale intervistò amici e familiari.
Moran fece tesoro della “sua esperienza di cameraman per addestrare i
dissidenti iracheni all’uso di telecamere nascoste per filmare attività
militari. Durante gli incontri tenuti a Teheran, in Iran, mostrava agli
iracheni contrari a Saddam come sfruttare oggetti di uso quotidiano, ad
esempio sacchi di datteri, per nascondere le telecamere… lavorò a
stretto contatto con i partiti di opposizione iracheni in esilio che
incitavano la popolazione a sollevarsi contro Saddam [e]… fu coinvolto
nella defezione di uno scienziato iracheno che fornì al governo
statunitense prove importanti sui laboratori per la costruzione di armi
biologiche, chimiche e nucleari irachene”. Inoltre “fu ingaggiato per
ripristinare una stazione televisiva del Kuwait utilizzata per
trasmettere in Iraq messaggi anti-Saddam e… per fornire annunci di
servizio pubblici per il Pentagono da trasmettere in Iraq in
preparazione dell’Operation Freedom Iraq.” Alcune di queste
trasmissioni vennero registrate a Boston.
Un articolo del Villane Voice rivelò che la Rendon Group aveva chiesto
la collaborazione di un dottorando di Harvard, sebbene in qualche caso
la produzione non fu organizzata in maniera adeguata. “Nessuno sapeva
una parola di arabo. Pensavano stessi ridicolizzando Saddam, ma per
quanto ne capivano potevo anche stroncare il governo americano. Quale
iracheno troverebbe divertente prendersi gioco dei baffi di Saddam,
quando lì li portano quasi tutti?” affermò lo studente, che chiese di
rimanere anonimo.

Il legame Chalabi

Ci si potrebbe chiedere se il “perception management” o la “gestione
delle informazioni” della Rendon Group siano ciò che una volta si
chiamava propaganda o disinformazione.

Alla luce delle recenti dichiarazioni che hanno rivelato come le prove
addotte dall’amministrazione Bush a giustificazione dell’invasione in
Iraq fossero fittizie, è opportuno considerare il ruolo avuto da Moran
e dalla Rendon Group in quella vicenda.
Per esempio Adnan Ihsan Saeed al-Haideri, un tecnico civile iracheno
che dichiarò di aver visto venti edifici segreti presumibilmente
utilizzati per la costruzione di armi chimiche e biologiche, venne
portato di nascosto in Tailandia per essere intervistato da Moran.
Ad assistere al-Haideri vi era Zaab Sethna, portavoce del congresso
nazionale iracheno (INC) e collega di vecchia data di Moran. Non
sorprende che lo stesso INC (noto per il suo fondatore, Ahmed Chalabi,
membro, caduto ormai in disgrazia, del consiglio di governo iracheno)
sia stato creato dalla Rendon Group, secondo quanto emerge dal rapporto
di Peter Jennings della ABC News del febbraio del 1998 che mostrava
come la Rendon Group avesse speso più di 23 milioni di dollari per
conto della CIA.
Secondo la ABC, fu proprio Rendon a trovare un nome per il congresso
nazionale iracheno.
Aggiunge Seymour Hersh del New Yorker che la Rendon Group fu “pagata
dalla CIA quasi cento milioni di dollari” per il lavoro svolto con
l’INC.
Per testate importanti come il New York Times, Chalabi e l’INC furono
tra le “fonti” principali di informazioni per quanto riguarda le
misteriose “armi di distruzione di massa” irachene.
La Rendon Group lavorava forse con Moran e Chalabi grazie a un qualche
contratto speciale stipulato con il governo americano affinché la
guerra fosse giustificata tramite la manipolazione dei media, come ad
esempio il New York Times? Non ci sono prove a confermarlo ma solo
molte coincidenze sospette.
Secondo il reporter australiano John Hosking, che intervistò Zaab
Sethna a Dateline, un programma di informazione australiano, l’unico
altro reporter che riuscì a intervistare al-Haideri prima che fosse
inglobato da un programma di protezione testimoni fu la scandalosa
Judith Miller del New York Times.
Miller firmò numerose inchieste che ribadivano la “minaccia”
rappresentata dalle armi di distruzione di massa irachene e indicò in
al-Haideri la sua fonte.
Articoli e informazioni di natura simile vennero presentati più volte
dall’amministrazione Bush come pretesto per l’attuale guerra in Iraq.
A maggio del 2004, il New York Times pubblicò un editoriale scusandosi
per cinque inchieste, inclusi parecchi articoli di prima pagina,
prodotte tra il 2001 e il 2003 che riferivano di armi biologiche,
chimiche e nucleari presenti in Iraq: “In alcuni casi, le informazioni
che all’epoca furono controverse, e che ora appaiono discutibili, non
vennero accertate con sufficienza o non vennero messe in discussione…
Guardando indietro, vorremmo aver mostrato più decisione nel
riesaminare le dichiarazioni ogni qual volta venivano – o non venivano
– alla luce nuove prove”.

Gestire gli eventi

Rick Rendon ha evitato ogni commento sul ruolo di Moran o sulle
attività della Rendon Group in Iraq. Verso mezzanotte quando la serata
al Tia’s stava ormai per concludersi, Rendon si è allontanato dal
reporter, troncando così l’intervista.
Nel frattempo i suoi committenti della Time Warner e i loro ospiti lo
hanno raggiunto per ringraziarlo dell’ennesima festa ben riuscita e
dell’occasione concessa per parlarsi.
Tra gli ultimi a lasciare la festa c’era Jason Steinbaum, responsabile
dello staff del parlamentare Eliot Engel, deputato democratico di New
York, che ha scambiato qualche parola con CorpWatch: “Chi di noi
frequenta determinate cerimonie è molto grato alle organizzazioni che
le sponsorizzano, siano esse agenzie o associazioni commerciali o altre
tipologie di… altre tipologie di società. Siamo davvero molto grati.
Con alcuni membri della Time Warner lavoro su tematiche che sono di
competenza del comitato di cui fa parte il mio responsabile e cerimonie
come queste ci danno la possibilità di conoscerci dietro le quinte,” ha
dichiarato.
“La Time Warner ha una sua presenza a Washington e siamo bel lieti di
accoglierla nei [nostri] uffici”.

Se John Kerry dovesse vincere le elezioni, potrebbe decidere di fare
affidamento sulla Rendon Group per plasmare l’opinione pubblica sulla
guerra in Iraq.
Dopo tutto i Rendon sono vecchi sostenitori del partito democratico che
sono stati in grado di mostrare due volti completamente diversi pur
lavorando per la stessa società: manipolando l’opinione pubblica nei
confronti delle operazioni anti-guerriglia in Colombia; incitando i
cittadini del Massachussets a pagare le tasse e a riciclare i
contenitori per le bevande; occupandosi delle pubbliche relazioni di
Jean Bertrand Aristide dopo che l’amministrazione Clinton lo aveva
reinsediato al potere e di quelle dei gruppi cittadini che chiedevano
la caduta di Noriega dopo l’invasione dell’esercito statunitense.
E anche se Kerry dovesse essere sconfitto dall’amministrazione
Cheney-Bush, nessun problema, la Rendon Group sarà sempre pronta e al
servizio di chiunque.


Traduzione di Maria Romanazzo per Nuovi Mondi Media
Fonte: http://www.guerrillanews.com/corporate_crime/doc50
36.html
For Fair Use Only

http://www.nuovimondimedia.it/modules.php?op=modlo
ad&name=News&file=article&sid=782&mode=thread&orde

NON C'E' PROPRIO NIENTE DA RIDERE


SERBIA: URANIO IMPOVERITO, CACCIA A UN RIMBORSO INESISTENTE (ANSA) -
BELGRADO, 21 AGO - Aiuti internazionali da 700 a 7.000 euro per i
bambini nati durante o subito dopo i raid della Nato del 1999, per
ripulirsi la coscienza dalle eventuali conseguenze dell'uso di bombe
all'uranio impoverito: era solo una voce senza fondamento, ma da
Leskovac, nella Serbia meridionale, la diceria si e' rapidamente
diffusa in tutto il paese, e ha provocato un vero e proprio assedio di
giovani genitori agli uffici comunali, agli ospedali e alle banche.
Come leggenda metropolitana, e' ben dettagliata: identifica anche
l'ente donatore, la svizzera 'Organizzazione internazionale per la
migrazione' (Iom). Non sono pero' bastate le smentite dei portavoce
dell'Iom a convincere gli aspiranti al rimborso.
L'assalto agli uffici ha provocato gia' molti danni: sono andati in
tilt i sistemi computerizzati, sovraccaricati dalle richieste, e i
pochi impiegati non andati in vacanza hanno dovuto smistare code
chilometriche.
La chiave del misterioso diffondersi della diceria sarebbe secondo la
stampa serba in un fantomatico modulo che i genitori avrebbero dovuto
compilare per formalizzare la richiesta di rimborso: alcuni lo hanno
mostrato ai giornali, senza voler precisare se avessero pagato per
averlo. Si tratta solo di un pezzo di carta elaborato da un comune pc:
e sarebbe la trovata di un abile truffatore, che ha saputo sfruttare le
inquietudini provocate dalle possibili conseguenze a lungo termine
dell'uranio impoverito usato dalla Nato nei raid della primavera 1999.
(ANSA).

OT 20/08/2004 14:18
http://www.ansa.it/balcani/fattidelgiorno/200408201418162340/
200408201418162340.html

"SOCIETA' CIVILE" E "DISOBBEDIENZA"


Dal Venezuela, Fulvio Grimaldi oggi ci scrive:
<<Sul giornalone della reazione sconfitta e tanto più virulenta perchè
si vede bloccati tutti gli sbocchi istituzionali nel futuro
prevedibile, appaiono sempre più frequenti appelli all’eversione. (...)
Un paginone intero sull’edizione odierna invita la “società civile”
alla “disobbedienza” e, trasparentemente, allude alla “guerra civile”,
la minaccia implicitamente. (A proposito, dalle mie lontananze non
riesco a sapere come si pone rispetto ai bolivariani e a Chavez quella
gente che, da noi, usa gli stessi termini propalati dalla destra
fascista e filocolonialista : “società civile”, “disobbedienza
civile”...) E’ vero sono stati stroncati dal voto libero e democratico.
Non gli restano altri mezzi che la violenza, il terrorismo, la
cospirazione...>>
Precisamente come hanno fatto in Jugoslavia.

[ L'associazione "Sloboda" - sezione belgradese del Comitato
Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic - ha preparato un
dettagliato Memorandum sull'iter della denuncia presentata nel 1999
presso la Corte Internazionale di Giustizia dalla allora RF di
Jugoslavia contro i paesi della NATO per crimini di guerra.
A motivare questo Memorandum e' il ventilato ritiro della suddetta
denuncia, prospettato dall'attuale governo della cosiddetta "Unione di
Serbia e Montenegro" in seguito alle pressioni giunte proprio da parte
NATO. Per i criminali ricattatori della NATO, infatti, il ritiro della
denuncia e' una delle condizioni poste al nuovo staterello per la
normalizzazione dei rapporti con la cosiddetta "comunita'
internazionale" e per l'accesso ai suoi "salotti buoni" - UE,
Partnership for Peace, eccetera.
Ma, di fatto, la cosiddetta "Unione di Serbia e Montenegro" - nata nel
2003 per decreto Solana allo scopo di rimuovere la Jugoslavia dalla
scena politica internazionale, dalle cartine geografiche e dalla
memoria pubblica - e' gia' essa stessa in via di scioglimento. Essa -
cosi' come il suo attuale governo, composto da servili "quisling" come
il ministro degli esteri Vuk Draskovic - e' diretta espressione ed
emanazione dei paesi responsabili dei bombardamenti, che da 15 anni
usano tutti i mezzi possibili per destabilizzare e frantumare il
paese...
(A cura di I. Slavo) ]


Da: "Vladimir Krsljanin"
Data: Lun 23 Ago 2004 14:00:49 Europe/Rome
Oggetto: Memorandum "Slobode" protiv povlacenja tuzbi

M E M O R A N D U M U D R U Z E N J A «S L O B O D A»
PROTIV POVLACENJA TUZBI SR JUGOSLAVIJE PROTIV ZEMALJA NATO PRED
MEDJUNARODNIM SUDOM PRAVDE

Savezna Republika Jugoslavija (SRJ) podnela je 29. aprila 1999. godine
tuzbe Medjunarodnom sudu pravde u Hagu protiv 10 zemalja NATO i to:
Sjedinjenih Americkih Drzava, Ujedinjenog Kraljevstva Velike Britanije
i Severne Irske, Kraljevine Belgije, Kanade, Republike Francuske,
Savezne Republike Nemacke, Republike Italije, Kraljevine Holandije,
Portugala i Kraljevine Spanije, zbog agresije, genocida, ratnih zlocina
i zlocina protiv covecnosti.

Posle javne debate, odrzane izmedju 10. i 12. maja 1999. godine,
Medjunarodni sud pravde je u svojoj Odluci od 2. juna 1999. godine,
odbacio zahtev SRJ za zavodjenje privremenih mera i, oglasavajuci se iz
proceduralnih razloga nenadleznim u pogledu tuzbi protiv SAD i Spanije,
rezervisao za kasnije raspravu o tuzbama protiv ostalih, napred
navedenih, osam zemalja NATO.

Poslednjih meseci pojedini predstavnici vlasti Srbije i Crne Gore
izlaze u javnost sa, manje ili vise otvorenim zalaganjem za povlacenje
tih tuzbi. Najdalje u tome su otisli sadasnji ministar spoljnih poslova
SCG Vuk Draskovic i neki njegovi saradnici, zatim, predsednik Srbije
Boris Tadic i drugi. Na istim linijama su i zalaganja nekih domacih
nevladinih organizacija za koje se pouzdano zna da su finansirane iz
izvora zemalja agresora, pre svega SAD.

Raspolozenje vecinske javnosti je protiv takvih stavova, uz naglaseno
iznenadjenje i nezadovoljstvo prema njihovim nosiocima. Verovatno zato
jos uvek nema zvanicnih stavova ni jedne od nadleznih institucija
vlasti. Iz toga se moze zakljuciti da izjave pojedinaca iz vlasti i
njihovo siroko publikovanje u onim medijima (''demokratski mediji''),
koji niz godina, ako ne i tokom citave poslenje decenije, primaju
finansijsku pomoc od NATO zemalja, imaju za cilj da pripreme domacu
javnost za takav jedan korak.
Obrazlozenja variraju od pojedinca do pojedinca, sto je svojevrsni znak
osecanja neubedljivosti, konfuzije i prikrivanja istine od javnosti.
Najcesce se navodi da SCG ne moze teziti Evropi, evropskim
integracijama, evro-atlantskim integracijama, Partnerstvu za mir i
clanstvu u NATO, a tuziti se istovremeno sa NATO zemljama. Zatim da su
tuzbe SRJ bez izgleda na uspeh i da ce ih Medjunarodni sud pravde
svakako odbaciti, odnosno, proglasiti se nenadleznim. Pri tom se, od
prilike do prilike, kao elementi za ovakvo predvidjanje, javnosti
serviraju stavovi o tome da SRJ u vreme podnosenja tuzbi (april
1999.), ili nije bila clanica UN, ili da nije moguce dokazati
odgovornost tuzenih drzava za genocid nad srpskim narodom, jer to
ukljucuje nameru za istrebljenje celog naroda, ili njegovog dela, a ta
namera ''ocigledno'' nije postojala.

U tim izjavama se, dalje, u javnosti nudi, opet kao stav pojedinaca,
ideja o istovremenom povlacenju tuzbi SCG protiv osam NATO zemalja i
tuzbi Bosne i Hercegovine i Hrvatske protiv SRJ za agresiju, odnosno,
genocid, kao i protiv-tuzbi SRJ protiv BiH i Hrvatske, takodje, pred
Medjunarodnim sudom pravde. Pri tome se precutkuje cinjenica da je
prethodna DOS-ovska vlast, gotovo odmah po preuzimanju drzavnog
kormila, 2001. godine jednostrano povukla pomenute protiv-tuzbe SRJ,
lisavajuci na taj nacin nasu drzavu i narod mogucnosti da se zastite i
ostvare svoje legitimne interese. I to precutkivanje je znak neciste
savesti tzv. demokratske vlasti koja je time pokazala da nije spremna
da snosi odgovornost pred narodom.

Treba podsetiti na cinjenicu da, kada su uspostavljeni formalni
dipslomatski odnosi SRJ i BiH 2001. godine, ''demokratska vlast'' nije
insistirala na prethodnom povlacenju tuzbe Alije Izetbegovica protiv
SRJ za navodnu agresiju i genocid, iako je potpuno jasno da niti je
bilo agresije, ni genocida, niti jedna drzava, dakle, citav jedan
narod, moze biti kolektivno odgovoran za bilo kakav zlocin, niti je
podnosilac tuzbe, Alija Izetbegovic, imao legitimitet da u ime citave
BiH, dakle u ime sva tri njena konstitutivna naroda, podnosi bilo kakvu
tuzbu protiv SRJ, jer je u to vreme srpski narod, kao konstitutivni
narod, bio izopsten iz vlasti BiH sve do uspostavljanja dejtonske BiH,
krajem 1995. godine. Niko iz tzv. demokratske vlasti nije tada koristio
argument o tome da nije normalno da BiH zeli diplomatske odnose,
doborosusedstvo i prijateljstvo sa SRJ dok istovremeno insistira na
tuzbi protiv SRJ, nista manje nego za agresiju i genocid.

Sto se tice zahteva za nadoknadu ratne stete od agresorskih zemalja,
sto je sastavni deo tuzbe SRJ pred Medjunarodnim sudom pravde, autori
pomenutih izjava, manje ili vise otvoreno, obeshrabruju takav zahtev i
ocekivanja nase javnosti. Pri tome se, najcesce, koriste dva osnovna
''argumenta'' : prvi, da smo dobili, ili da cemo dobiti finansijsku
pomoc Zapada, bespovratne ili povoljne kredite, te da ne treba
inistirati na formalnoj nadoknadi ratne stete; drugi, da je iluzija da
se od SAD i drugih clanica NATO zemalja moze ostvariti pravo na ratnu
stetu, jer su oni jaki i tesko ih je na to obavezati. Zato je bolje od
svega odustati, ''a u interesu dobrih buducih odnosa, saradnje i
prijateljstva''.

Sve ove izjave i svi ovi navodni argumenti praceni su ocenom ministra
spoljnih poslova SCG V. Draskovica i drugih pojedinaca iz vlasti da smo
za bombardovanje, odnosno za agresiju NATO, sami krivi, odnosno da je
za sve to kriv Slobodan Milosevic i njegov rezim. Zato je po njima
besmisleno insistirati na ''Milosevicevoj tuzbi'' i ''Milosevicevim
protiv-tuzbama'', jer su ti akti nasledje prethodnog rezima kojeg
''nova, demokratska vlast'' treba da se oslobodi.

Vremenski, ne slucajno, kampanja za povlacenje tuzbi SRJ protiv osam
zemalja NATO, poklapa se sa upornim nastojanjem Haskog Tribunala da
nametanjem branioca po sluzbenoj duznosti predsedniku Slobodanu
Milosevicu, ugrozavanjem njegovog zivota i zdravlja i manipulisanjem
time, promenom pravila postupka na sredini njegovog trajanja, kao i
drugim nezakonitim manevrima, oteza ili onemoguci iznosenje istine i
dokaza o stvarnoj krivici NATO i njegovim zlocinima protiv naroda SRJ
tokom agresije 1999. godine. Ocigledno da druga faza procesa
predstavlja ozbiljnu opasnost za NATO, zemlje - agresore i njihove
lidere da budu objektivno direktnije nego u prvoj fazi procesa
stavljeni na optuzenicku klupu, zbog cega bi povlacenje tuzbi SRJ
otklonilo, ili bar umanjilo takvu opasnost. Uostalom, istu svrhu imalo
je i ponistavanje presude Okruznog suda u Beogradu broj 381/2000. od
21. septembra 2001. godine protiv lidera NATO-drzava od strane bivseg
DOS-ovog rezima.

Zbog toga nema nikakve sumnje da je povlacenje tuzbi SRJ vazan interes
tuzenih zemalja i NATO pakta u celini. Da nije tako ne bi bilo
pritisaka i ucena da se one povuku. Po svom obimu i intenzitetu, ovi
pritsci su bez presedana u istoriji medjudrzavnih sporova pred
Medjunarodnim sudom pravde. Ovo se jedino moze objasniti time da je
NATO svestan svoje krivice, odnosno da je izvrsio agresiju, prekrsio
Povelju UN, osnovne principe medjunarodnog pravnog poretka, Zenevske i
Haske konvencije i mnoge druge izvore medjunarodnog javcnog prava.
Takodje, prekrsio je i sopstveni Osnivacki akt, a zemlje ucesnice u
agresiji su prekrsile i svoje sopstvene ustave, posto su odluke o
agresiji donete izvan i, najcesce, protiv volje nacionalnih
parlamenata. Otuda je normalno da NATO i njegovi lideri, posebno lideri
koji su igrali kljucnu ulogu u preduzimanju agresije protiv SRJ, svesni
dalekoseznosti posledica eventualnog prihvatanja nasih tuzbi i moguce
osude od strane Medjunarodnog suda pravde, nastoje svim silama da to
unapred sprece. Najbolji put za to jeste - povlacenje tuzbe od strane
SCG.

NATO je svojim uticajem i finansijama obezbedio da u oktobarskom
prevratu 2000. godine i na ''slobodnim i demokratskim izborima'' u SRJ
na najvaznije pozicije vlasti dodju licnosti za koje je siguran da ce
nastupati onako kako nastupaju, odnosno, da ce braniti i nametati
interese NATO pakta i odredjenih zemalja clanica, proglasavajuci te
interese za interese SCG, odnosno Srbije. Pokazalo se da su oni to
revnosno cinili i da i danas to cine, tako da su sa tom naglasenom
servilnoscu i sluganstvom nasu zemlju, umesto izgradnje partnerskih
odnosa sa svetom, posebno Zapadom, pretvorili u savremenog vazala,
koloniju, odnosno monetu za potkusurivanje, o cijim interesima ne
odlucuje nas narod, vec spoljni mentori ''demokratske vlasti''.

Sto se tice ''argumenata'' koje V. Draskovic i drugi pojedinci iz
vlasti navode u prilog povlacenja tuzbe protiv zemalja NATO, stvari
stoje ovako:

A) Nije tacno da SRJ u vreme podnosenja tuzbe (april 1999. godine) nije
bila clanica UN. Cinjenica je da SRJ, koja je bila jedan od osnivaca
svetske organizacije, nikada nije bila iskljucena iz clanstva UN.
Poznati su pokusaji SAD da posredstvom trecih zemalja na Generalnoj
Skupstini UN (tzv. Hrvatska inicijativa), iskljuce SRJ iz clanstva UN.
Ti pokusaji su pretrpeli potpuni neuspeh, jer je velika vecina zemalja
- clanica UN bila protiv iskljucenja SRJ iz clanstva UN, s obzirom da
za to nije postojao nikakav oslonac u Povelji UN. Da je SRJ bila
clanica UN potvrdjuje i tadasnje misljenje glavnog pravnog savetnika
UN. Istina je da je odlukom Generalne Skupstine UN samo privremeno
suspendovano pravo SFRJ (SRJ) na ucesce u radu Generalne Skupstine i
EKOSOK-a. Prema tome, nije bilo razloga, niti pravnog osnova za
podnosenje zahteva za ponovni prijem SRJ u clanstvo UN, kao nove
clanice, kako je to uradio tadasnji predsednik SRJ Vojislav Kostunica
svojim
aktom od 27. oktobra 2000. godine. Ako je bilo razloga za ikakvu molbu,
onda je to mogla biti samo molba za ukidanje privremene suspenzije od
ucesca SRJ u radu Generalne Skupstine i EKOSOK-a, a nikao molba za njen
prijem u clanstvo kao nove drzave. Osim toga, Vojislav Kostunica je
aktom od 27. oktobra 2000. grubo prekrsio Ustav SRJ, jer nije imao
ovlascenje za takvu odluku koja je u iskljucivoj nadleznosti Savezne
skupstine SRJ. Najzad, bez obzira na privremenu suspenziju samo jednog
segmenta clanskih prava, SRJ je, bez prekida, koristila sva druga
clanska prava u Ujedinjenim nacijama, ukljucujuci, na primer, ucesce i
istupanje na sednicama Saveta bezbednosti, ucesce u medjunarodnim
pregovorima pod okriljem UN, kao sto su, na primer, pregovori o zabrani
koriscenja hemijskog oruzja, potpisivanje medjunarodnih konvencija,
neprekodno funkcionisanje Stalne misije SRJ pri UN u Njujorku i dr.
Istovremeno, SRJ je redovno izvrsavala sve svoje clanske obaveze,
ukljucujuci i redovno placanje kontribucije (clanarine), u korist UN.

B) Tuzbe SRJ protiv clanica NATO ukljucuju i zlocin genocida, ali se ne
svode samo na to. One, takodje, obuhvataju odgovornost clanica NATO za
krsenje medjunarodnih obaveza i to: obaveza koje zabranjuju upotrebu
sile protiv druge drzave; obaveza koje zabranjuju intervenciju u
unutrasnje stvari druge drzave; obaveza koje zabranjuju krsenje
suvereniteta druge drzave; obaveza koje stite civilno staniovnistvo i
civilne objekte u vreme rata; obaveze o zastiti zivotne sredine;
obaveze o zastiti slobodne plovidbe na medjunarodnim rekama; obaveza
koje se odnose na osnovna ljudska prava i slobode; obaveze o zabrani
upotrebe zabranjenih oruzja; obaveza kojima se zabranjuje namerno
pogorsavanje uslova zivota civilnog stanovnistva sa ciljem da se
izazove fizicko unistavanje nacionalne grupe.

Ostaje pitanje zasto ministar Vuk Draskovic i drugi pojedinci iz vlasti
kriju od javnosti celinu tuzbi. Moze biti objasnjivo zasto tuzene
clanice NATO to cine, ali je tesko objasniti i nemoguce prihvatiti,
istupanje nasih zvanicnika kao advokata tuzenih zemalja.

V) Sto se tice ideje o istovremenom povlacenju svih tuzbi i
protiv-tuzbi, to su sasvim razlicite stvari i treba ih razlicito i
tretirati. Ni sam NATO ne porice da je napadom na SRJ prekrsio Povelju
UN. Pokusava da to obrazlozi moralnim i humanitarnim motivima.
Medjutim, ne moze se prihvatiti teza o tome da je SRJ izvrsila agresiju
na Hrvatsku i BiH. Tu tezu ne prihvata ogromna vecina svetske
zajednice. Cak su i UN u svojim dokumentima konstatovale da u ratu u
BiH nije ucestvovala JNA, dakle SRJ, vec da je to bio gradjanski rat
(Izvestaj specijalnog predstavnika Generalnog sekretara UN u BiH, iz
maja 1992. godine). Osim toga, Hrvatska i BiH (kao i Slovenija),
pristupile su jednostranoj, protivustavnoj i nasilnoj secesiji od SFRJ,
sto je dovelo do gradjanskog rata u tim dvema bivsim jugoslovenskim
republikama.

Sto se tice nadoknade ratne stete, treba istaci da je to neotudjivo
pravo nase zemlje koje ne zastareva i da stoga niko nema moralno pravo
da formalnim odlukama organa vlasti uskrati (u pravnom smislu) drzavi i
narodu mogucnost ostvarivanja prava na nadoknadu ratne stete.

Osim toga, danas je svima jasno da nikakva pomoc niti je stigla, niti
ce stici - koja bi nadoknadila bar deo stete nanesene agresijom NATO.
Sve sto imamo od tzv. demokratskih promena u proteklom periodu je
enormno povecanje spoljnog zaduzenja, cime su stvoreni realni uslovi
da nasa zemlja, za koju godinu, zapadne u krajnje ozbiljnu duznicku
krizu. Da li ce, kada i kako odgovorni za ogromnu ratnu stetu to
isplatiti nije razlog za odustajanje od zahteva. To je zahtev u ime
drzave i naroda, a ne u ime jedne garniture na vlasti, pogotovu bilo
kog pojedinca.

Sramna je teza predstavnika vlasti kojom pokusavaju da ubede narod da,
u interesu buducih dobrih odnosa sa agresorskim zemljama, prihvati
odustajanje od tuzbe, uz istovremeno isticanje da to odustajanje, kako
uveravaju narod, ''ne sprecava pojedince da individualnim tuzbama traze
nadoknadu svoje stete''. Ciji su to pojedinci ako nisu drzavljani ove
drzave koja ima ustavnu obavezu da ih stiti. Kakva je moc gradjanina -
pojedinca u drzavi koja bi povukla drzavnu tuzbu, ostavljajuci
gradjanina - pojedinca da se tuzi sa vladama najmocnijih zemalja na
svetu? Ako su drzave clanice NATO tako snazne da nece udovoljiti
zahtevu nase drzave za nadoknadu stete, kakva je, tek, sudbina ljudi -
pojedinaca u procesima koji bi eventualno bili pokrenuti?

Cilj izjava u prilog povlacenja tuzbe nije da se zastiti bilo koji
interes nase zemlje ili naroda. Pojedinci, a pre svega oni cija su
imena ovde navedena, vide svoju ulogu u tome da udovolje interesima
NATO i optuzenih zemalja, makar posle njih nastupio i potop za Srbiju.
Medjutim, odustajanje od tuzbe imalo bi visestruke negativne posledice,
a pre svega to bi znacilo:

1. Oslobadjanje NATO i zemalja - agresora od
odgovornosti za sve zlocine pocinjene tokom 78-dnevnog bombardovanja
SRJ. To znaci oslobadjanje od odgovornosti za: nicim izazvanu agresiju,
ubijanje i ranjavanje hiljada ljudi, zena i dece; treniranje,
naoruzavanje, finansiranje, opremanje i snabdevanje teroristicke tzv.
«Oslobodilacke vojske Kosova (OVK)», sa ciljem secesije Kosova i
Metohije od Srbije; napade na civilne ciljeve, razaranje i ostecivanje
kulturnih, verskih i istorijskih spomenika u SRJ; upotrebu zabranjenog
oruzja, kao sto su kasetne bombe i oruzje sa osiromasenim uranijumom;
unistavanje rafinerija i hemijskih postrojenja cime je ucinjena ogromna
steta covekovoj okolini; razaranje industrijskih postrojenja,
komunikacija, mostova, zdravstvenih i kulturnih institucija, i dr.

2. Oslobadjanje NATO i zemalja - agresora od obaveze
da nadoknade ratnu stetu koja prema proceni vlade SRJ iznosi preko 100
milijardi USA dolara;

3. Formalno prihvatanje teze o tome da NATO nije kriv
za agresiju, vec da su krivi nasa zemlja i nas narod oliceni u svom
demokratski izabranom predsedniku Slobodanu Milosevicu i drzavnom i
vojno-politickom rukovodstvu;

4. Legalizaciju nelegalno osnovanog Haskog tribunala
i punu legitimizaciju optuzbi tog Tribunala protiv predsednika
Milosevica i drugih najvisih drzavnih i vojnih rukovodilaca srpskog
naroda za navodne ratne zlocine. To bi bio nacin da se legitimna borba
protiv terorizma na Kosovu i Metohiji i odbrana SRJ od agresije prikaze
kao ratni zlocin, a agresija NATO opravda moralnim i humanitarnim
razlozima.

5. Da postoji sporazum iz Rambujea, iako je poznato
da u Rambujeu nikakvi pregovori nisu vodjeni i da, prema tome, od
strane predstavnika SRJ i Srbije nije prihvacen niti potpisan nikakav
sporazum;

6. Legalizaciju secesije na Kosovu i Metohiji i
reviziju Rezolucije 1244 koja garantuje teritorijalni integritet SRJ,
odnosno Srbije;

7. Reviziju Dejtonsko - Pariskog sporazuma, kojim je
ustanovljena Republika Srpska kao izraz suvereniteta i pune
ravnopravnosti srpskog naroda u okviru Bosne i Hercegovine;

8. Ucvrscivanje, odnosno, jacanje pozicija BiH i
Hrvatske u njihovim neosnovanim tuzbama protiv SRJ, uz prespektivu
nametanja ogromnih obaveza danasnjim i buducim generacijama u Srbiji i
Crnoj Gori za nadoknadu ratne stete.

Konacno, povlacenje tuzbi protiv zemalja - agresora znacilo bi
prihvatanje gubljenja nacionalnog suvereniteta i prakticnog nametanja
nasoj zemlji i narodu stranog protektorata u duzem periodu. To bi,
istovremeno, znacilo davanje dozvole unapred svim buducim agresorima da
pod izmisljenim moralnim i humanitarnim izgovorima, silom pokoravaju
manje i slabije drzave i po sopstvenoj volji namecu vlast koja ce
sluziti interesima jedne, ili grupe najmocnijih zemalja sveta.

Zbog toga je energicno suprotstavljanje pokusajima da se povuku tuzbe
protiv osam zemalja NATO za agresiju i brojne zlocine ne samo nas
vitalni nacionalni interes - da se tim putem izdejstvuje osuda agresora
i obezbedi pravicna nadoknada ratne stete, vec je to i u interesu
rehabilitacije i jacanja osnovnih principa medjunarodnih odnosa,
Povelje UN i medjunarodnog prava, kao i izgradnje pravednog
medjunarodnog poretka.

U Beogradu, 20. avgusta 2004.
UDRUZENJE «SLOBODA»


Dostavljeno:
- Narodnim poslanicima Narodne skupstine Republike Srbije
- Poslanicima Skupstine Srbije i Crne Gore
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- Sredstvima javnog informisanja

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