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Pristina-Bengasi e ritorno. Requiem per la Unione Europea


di Andrea Martocchia* per l'ernesto Online

su l'Ernesto Online del 10/06/2011

*segretario, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus

I meccanismi della comunicazione di massa che accompagnano la nuova guerra di aggressione cui partecipa il nostro paese - quella contro la Libia - ricalcano pedissequamente quelli già attivati nel corso di altre aggressioni degli ultimi anni - Iraq, Jugoslavia, Afghanistan. Nel caso libico dobbiamo però, in aggiunta, prendere atto che certi settori democratici, quelli del frequente richiamo alla "difesa della Costituzione", si comportano come se non avessero imparato assolutamente *niente* dalle guerre precedenti. Ci è capitato ad esempio di essere avvicinati da un cronista di una emittente del circuito di Radio Popolare, il quale ci ha allungato il microfono chiedendo: "Allora in che altro modo si doveva intervenire?" (intendendo al posto della guerra di aggressione, per "spezzare le reni" al dittatore di turno). Abbiamo replicato che la domanda era posta male ed era rivelatrice di come venti anni di guerre imperialiste costruite sulla disinformazione strategica non abbiano insegnato niente nemmeno ai giornalisti "di sinistra".

Il caso di Rossana Rossanda è da questo punto di vista il più emblematico ed il più scandaloso, anche perché era stato raccontato che Rossanda aveva fatto ammenda per avere sostenuto i bombardamenti della NATO contro la Repubblica Serba di Bosnia nel 1995. Pure il "circuito" di Michele Santoro dimostra di avere subito una pesante involuzione per quanto riguarda questi temi. Su AnnoZero del 5 maggio 2011, il leader della opposizione Bersani ha rivendicato la giustezza dei bombardamenti presenti e passati, con esplicito riferimento ai bombardamenti sulla Jugoslavia comandati dal suo compagno di partito D'Alema nel 1999, senza alcun contraddittorio.

A spiegare non solo questa degenerazione della "opinione pubblica" di sinistra in Italia, ma il più generale declino delle attività del movimento contro la guerra (1), si potrebbero portare alcune motivazioni specifiche. Un dato di fatto è la strumentalizzazione delle questioni libiche per finalità di politica interna, che dura da quasi tre anni. Ad avviso di chi scrive, se c'è una sola cosa buona che ha fatto il governo Berlusconi ebbene questa è stata la chiusura del contenzioso di epoca coloniale con la Libia in modo onorevole per quest'ultima, attraverso il Trattato di Amicizia (2); eppure, gli accordi - poi traditi - tra Roma e Tripoli sono stati fatti oggetto di veementi contestazioni da settori ben più preoccupati per la sorte dei migranti nei centri di accoglienza in Libia, che non per la sorte degli stessi nei CIE, nelle carceri, nelle periferie, nei cantieri o nei campi di pomodori in Italia. Quelle veementi contestazioni hanno sempre eluso tanto l'analisi del contesto internazionale, che vedeva la Libia alla guida di un movimento di emancipazione politica ed economica dell'Africa (Unione Panafricana: non è che per caso la aggressione militare c'entra qualcosa con questo?) quanto la memoria dei crimini pregressi dell'Italia su quei territori.

Una seria analisi delle cause della aggressione alla Libia dovrebbe certo considerare il quadro geopolitico più complessivo e ci porterebbe molto lontano, ben più lontano dei confini del nostro imperialismo straccione. Chiudiamo invece qui questa doverosa premessa, per passare al tema principale che ci siamo prefissati, e cioè alla questione del Kosovo.

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Lo abbiamo detto e scritto in più occasioni, e dobbiamo tornare a ripeterlo: paradigmatico degli "interventi umanitari" post-Ottantanove è proprio il caso jugoslavo. E, nell'ambito della complessa vicenda jugoslava, per ferocia e sprezzo di ogni legalità vanno rammentati quei bombardamenti del 1999, finalizzati a imporre un "regime change" a Belgrado, a spaccare la Federazione jugoslava (allora composta da Serbia e Montenegro) cancellando ogni residuo riferimento alla "Jugoslavia" dalle mappe geografiche e da ogni altro consesso formale (persino da internet, hanno voluto abolire il dominio ".yu"), e miranti a strappare alla Serbia la regione cui essa più teneva per ragioni storico-culturali ed economico-strategiche: il Kosovo.

Mentre scriviamo cade il dodicesimo anniversario dalla conclusione di quei bombardamenti (7 giugno 1999), e siamo prossimi al ventesimo anniversario dall'inizio della crisi jugoslava più generale (25 giugno 1991: secessioni di Slovenia e Croazia).

Il Kosovo dal giugno 1999 – con l'occupazione totale del territorio da parte degli eserciti stranieri – e ancora oggi, nonostante la dichiarazione di "indipendenza" (3), è a tutti gli effetti un protettorato coloniale. Il suo "status" è controverso al punto che la sua "indipendenza" finora è stata riconosciuta solamente da 75 dei 192 Stati che compongono le Nazioni Unite. "Arbitrio al posto del diritto internazionale" è l'eloquente titolo di una analisi del Centro di informazioni sulla militarizzazione (IMI), con sede a Tubinga, dedicata allo scandalo dei riconoscimenti internazionali e della omertà garantita dalla Corte di Giustizia dell'ONU (Wagner 2011).

La forzata ridefinizione dei confini interni balcanici è stata conseguita anche attraverso l'instaurazione di un regime di apartheid e terrore all'interno del Kosovo, che ha comportato la fuga di centinaia di migliaia di abitanti di etnia non-albanese o albanesi progressisti e anti-secessionisti (4), la distruzione o l'espropriazione dei loro beni oltreché di tutte le strutture, le infrastrutture e persino dei luoghi di culto e di quello straordinario patrimonio artistico che rimandava ad identità storico-culturali diverse da quella islamica. (5)

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Tra i paesi che non hanno riconosciuto il Kosovo come Stato indipendente ce ne sono alcuni aderenti alla UE: Spagna, Grecia, Romania, Slovacchia e Cipro si sono... avvalse della facoltà concessa dal balordo ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner : tra i paesi della UE « ognuno è libero di fare la scelta che vuole circa il riconoscimento dello Stato del Kosovo » (sic). Alla faccia di una politica estera comune europea!

La non ricomponibile differenziazione tra i paesi europei a proposito del Kosovo ha svelato dunque agli osservatori più attenti già in quella occasione (2008) il sostanziale fallimento dei progetti di unificazione politica europea. Tale fallimento appare oggi conclamato: persino Romano Prodi, l'europeista per antonomasia, che ancora nel febbraio scorso lamentava l'impossibilità di concordare regole comuni e condivise in sede UE a causa della tendenza franco-tedesca a prevaricare imponendo di fatto un modello di "Europa germanica" (6), in una importante intervista a Bianca Berlinguer agli inizi della crisi libica ha intonato un esplicito requiem funebre: « Io, guardi, non ci penso neanche più, nella politica estera, ad azioni comuni dell'Europa! » (7).
Nessuno potrebbe dargli torto, visto che l'azione unilaterale di parte francese contro la Libia ha spaccato persino quell'asse franco-tedesco di cui sopra.

Quello che però forse sfugge, non solo a Prodi, è che le basi di quella politica estera comune europea che è oggi completamente naufragata erano state poste a Maastricht il 17 dicembre 1991 sacrificando cinicamente l'unità jugoslava e con essa la pace e l'amicizia fra popoli che abitano nel cuore del continente. In quella sede infatti, compiacendo il cancelliere tedesco Helmut Kohl, si decise di sancire lo squartamento della Jugoslavia come prezzo da pagare proprio per l'unificazione europea (8). E' un dato di fatto che oggi sono sfumate sia l'unità jugoslava, sia l'unità europea. Sono passati venti anni: anche in questo caso, siamo prossimi ad un anniversario molto importante.

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Lo status coloniale del Kosovo è soprattutto evidente dal punto di vista economico. Dopo i bombardamenti del 1999, nella regione serba sotto occupazione da parte delle truppe internazionali si è aperta la grande partita della alienazione del patrimonio pubblico (o in incipiente privatizzazione) incluse le importantissime ricchezze del sottosuolo.

Già nel 2000 F. Marenco scriveva: « Alle truppe francesi è stato affidato il settore settentrionale, specializzato nella metallurgia non-ferrosa; la zona centrale della provincia, nella quale sono ubicate numerose centrali elettriche ed installazioni petrolifere, è invece stata affidata agli inglesi. (...) I Tedeschi, i quali hanno occupato il distretto meridionale in compagnia di Russi e Canadesi, hanno invece potuto prendere possesso della Balkanbelt, industria della gomma con una tradizione di collaborazione con la Deutsche Kontinental e fortemente indebitata nei confronti dei tedeschi. Quanto agli Italiani, essi hanno prontamente piantato la loro bandiera nel distretto occidentale di Pe?, al confine con l'Albania, prendendo sede nei locali della Zastava-Iveco, ditta che produce parti di camion e che è stata al centro di un progetto pluriennale di cooperazione internazionale » con la Fiat (9). « Le accuse che sono state fatte ai nuovi colonizzatori sono molteplici. Si parla per esempio della chiusura forzata di alcuni stabilimenti industriali, passati direttamente sotto il controllo dei militari, nell'ambito della competizione fra Francia e Inghilterra per il controllo della società mineraria Trepca (piombo, zinco, cadmio, oro e argento): uno dei principali volani dell'economia jugoslava, considerato dal New York Times "il più prezioso bene immobile dei Balcani". Nel novembre 1999, in un impianto produttivo della Trepca di Kosovska Mitrovica il generale francese Ponset si è autosostituito al direttore, cacciandone via gli operai serbi, sostituendoli con albanesi (...) Nell'agosto del 2000, con il pretesto di preservare l'inquinamento atmosferico il capo della missione dell'Onu Kouchner, francese, ha ordinato ai soldati dell'Alleanza di evacuare l'industria della Trepca. (...) Nel distretto di Pristina, invece, il 14 luglio 1999 le truppe inglesi hanno fatto irruzione nella miniera "Kisnica", sempre facente capo alla Trepca, sostituendone il direttore con uno di loro scelta e rimandando a casa 400 dipendenti » (Marenco 2000).

Come in Serbia e in gran parte dei territori jugoslavi smembrati nonché degli altri paesi ex-socialisti "in transizione", anche in Kosovo è stata creata una agenzia, la KTA (10), che ha lavorato in strettissima collaborazione con le autorità coloniali (UNMIK). Ma ancora oggi, dopo la fine delle attività della KTA, la situazione è instabile e la "liberalizzazione" dell'economia è fallimentare. Secondo la stampa locale (11) « nove anni di privatizzazioni orchestrate dall'UNMIK » e dalla KTA hanno prodotto solamente « una popolazione impoverita, servizi pubblici che colano a picco e infrastrutture inoperanti ». I giornali sintetizzano così il severissimo rapporto dell'Istituto Norvegese per le Relazioni Internazionali (14/9/2010), che ricorda come 70mila persone abbiano perso il lavoro a causa della chiusura forzata delle più grandi aziende statali e autogestite. Il momento clou di questa devastazione è stato proprio negli anni di reggenza di Bernard Kouchner, particolarmente zelante nell'ordinare il sequestro dei beni collettivi jugoslavi – e quindi anche la paralisi delle aziende - in vista della loro privatizzazione. Gli "internazionali" (soprattutto gli USA) hanno persistito « a voler praticare una privatizzazione rapida e totale » e la ossessiva « liberazione dal fardello dello Stato dichiarando che questo era il solo modo per garantire la sopravvivenza a lungo termine di un Kosovo indipendente ».

Tutti gli osservatori lamentano anche numerose irregolarità nelle procedure con cui i privati saccheggiano le risorse del Kosovo: e non c'è da sorprendersene, poichè è cosa nota (12) che la classe dirigente assurta al potere nella provincia non è solamente quella del terrorismo di matrice razzista dell'UCK, ma è anche quella mafiosa dei traffici di droga, armi ed esseri umani. Oltre alle malversazioni, comunque, bisogna considerare le condizioni della società kosovara, oggettivamente incompatibili con una vita economica "regolare", di qualunque segno essa sia. Il territorio è sotto massiccio controllo militare e sempre a rischio di esplosioni di violenza, e già questo scoraggerebbe qualsiasi investitore serio; inoltre, l'assetto proprietario dei beni immobili e delle aziende è suscettibile di contestazioni e revisioni, soprattutto da parte di quei soggetti pubblici e privati serbi che sono stati espropriati in maniera illegale e violenta negli ultimi dieci anni. Nel rapporto norvegese si evidenzia come gli espropri siano stati condotti senza concludere alcun regolare iter di messa in liquidazione (che comporterebbe un pagamento ai precedenti proprietari), di solito dichiarando solo "fallimento" manu militari. Dobbiamo poi ricordare che la distruzione della documentazione catastale e anagrafica a partire da giugno 1999 è stata una delle brutali consuetudini nel corso delle manifestazioni secessioniste-irredentiste, assieme al saccheggio e all'incendio di moltissimi edifici e strutture pubbliche e private.

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Il 2 giugno scorso, il presidente serbo Tadic non ha partecipato alla parata che cadeva nel 150.mo dell'Unità d'Italia perchè alla cerimonia era stata invitata, ed era presente, anche la cosiddetta presidentessa della cosiddetta Repubblica del Kosovo, Atifet Jahjaga.

La elezione della Jahjaga è l'esito di un percorso rocambolesco che illustra bene i conflitti politici interni alla leadership nazionalista-panalbanese e la crisi istituzionale apertasi lo scorso anno nell'entità kosovara, a seguito di svariati arresti tra cui quello del "governatore" della "banca centrale" Hashim Rexhepi (per corruzione) e le dimissioni del "presidente" Fatmir Sejdiu (per asserita incompatibilità con responsabilità di partito).

Le "elezioni politiche", conclusesi il 22 febbraio 2011 dopo alcune ripetizioni, sono state segnate da pesanti irregolarità. Il "parlamento" così insediato ha dapprima eletto a nuovo "presidente" - solo al terzo tentativo e con un margine risicato - il magnate Behgjet Pacolli dell'AKR (Alleanza per un Nuovo Kosovo), dopodiché ha votato la fiducia ad un "governo" nuovamente guidato dal criminale di guerra Hashim Thaci, del PDK (Partito Democratico del Kosovo, di maggioranza relativa), con l'appoggio dell'AKR e di svariati partitini - quelli falsamente rappresentativi delle "minoranze etniche" e quello di Uke Rugova, il figlio del "padre della patria" Ibrahim, storico promotore della politica del separatismo etnico. (13)

Se ci riferiamo ad Hashim Thaci come ad un criminale di guerra è, tra le altre cose, per il suo coinvolgimento nello scandalo dei "desaparecidos" serbi e della cosiddetta "casa gialla". La "casa gialla" è un edificio nella località di Burrell, in Albania a poca distanza dal Kosovo, dove vennero deportati centinaia di prigionieri che, in una sala operatoria fatiscente, subirono l'espianto di organi, utilizzati per finanziare l'UCK. Il crimine, che vede Thaci tra i principali responsabili nella "catena di comando", è stato tenuto insabbiato finché Carla Del Ponte era procuratrice al "tribunale ad hoc" dell'Aia, dopodiché è stata lei stessa a volerlo denunciare, forse per risciacquarsi la coscienza, parlandone nel suo libro «La caccia» (Del Ponte 2008). Di qui è partita una investigazione condotta da Dick Marty per conto del Consiglio d'Europa (CoE), sfociata in uno scottante Rapporto pubblicato nel dicembre 2010 e in una Risoluzione dello stesso CoE (gennaio 2011) che ha richiesto un approfondimento nelle sedi competenti. Attualmente ogni azione è impantanata in sede ONU perché gli Stati Uniti e i loro alleati si oppongono a che l'indagine sia proseguita da un organismo imparziale della stessa ONU. (14)

Torniamo alla geografia politica kosovaro-albanese. L' "opposizione parlamentare" è lì rappresentata dai partiti LDK, AAK (dell'altro criminale Ramush Haradinaj, anch'egli ex "premier" da anni protagonista di un balletto tra dentro e fuori le carceri dell'Aia) e dal movimento super-nazionalista Vetevendosje.
E' molto significativo che la polemica politica in Kosovo si incentri talvolta su chi è più o meno legato agli interessi stranieri: mentre il quotidiano Koha Ditore ha pubblicato una serie di foto in cui, sulla base degli sms scambiati tra Pacolli e l'ambasciatore Christopher Dell, si evincerebbe il ruolo decisivo degli Stati Uniti nella elezione dello stesso Pacolli, altri rimproverano piuttosto a questa figura di essere legato alla mafia russa. (15) Pacolli si è dovuto infine dimettere a causa dei brogli denunciati dalla "Corte costituzionale": a questo punto ha lui stesso denunciato che la nuova "presidente" Jahjaga - dapprima una illustre sconosciuta, impiegata in polizia come traduttrice per gli americani - era stata direttamente indicata dall'ambasciatore USA. (16) Ogni aspetto della vicenda kosovara ci riporta, insomma, alle pesanti e sfacciate ingerenze dell'imperialismo.

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Gli accostamenti che si possono fare tra la aggressione alla Libia e la aggressione alla Jugoslavia sono molti e clamorosi; in particolare, la strumentalizzazione della "fronda" etno-tribale della Cirenaica è simile, per molti aspetti, alla alleanza che i paesi NATO hanno stretto con l'estremismo pan-albanese in Kosovo.
La questione è stata affrontata da Diana Johnstone (16) che ha messo in evidenza il ripetersi dello stesso tipo di crimini contro la pace: « martellante campagna di menzogne mediatiche, demonizzazione del leader, ricorso al Tribunale Penale Internazionale, strumentalizzazione dei profughi, rifiuto dei negoziati » ... Nel caso libico abbiamo visto di nuovo "fosse comuni" inesistenti, "ribelli" filo-occidentali razzisti e criminali, bombe "umanitarie" a fermare un "genocidio" inventato, oltre alle ciniche operazioni "coperte" dei servizi segreti occidentali ed al vigliacco opportunismo della classe politica italiana.
A Pristina, lungo la strada che adesso porta il nome di Bill Clinton, da due anni svetta una enorme statua dello stesso Bill Clinton.
A Roma, lungo la via Nomentana, sul cancello dell'ambasciata libica presidiata da militari in assetto di guerra sventola di nuovo, come mezzo secolo fa, la bandiera della monarchia di re Idris.

I nuovi bombardamenti che sono oggi in corso contro la Libia, contro quello Stato e contro quel popolo, cadono nel centenario della colonizzazione italiana di quel paese (1911). Come nel caso jugoslavo, anche per la Libia gli anniversari scandiscono il tempo delle azioni e delle inazioni, delle bugie e delle rimozioni, delle responsabilità individuali e collettive, come rintocchi di campane. C'è chi ai rintocchi delle campane si abitua a tal punto da non sentirle più, e chi invece non riesce a non farci caso e quando rintocca una campana si ferma a pensare. Noi che non riusciamo a non sentire le campane quando suonano, crediamo ormai di essere in pochi e quasi ci vergogniamo di dire agli altri: le sentite anche voi, quelle campane? - perché sappiamo che è come richiamare tutti alle proprie responsabilità. E' così che, via via, ci isoliamo, diventiamo solipsistici, ci ritroviamo come dissidenti in questa società che non è più regolata secondo i valori ed i principi vergati sulla Carta Costituzionale, che non ha più memoria delle tragedie e dei crimini per scongiurare il cui ripetersi quella Carta era stata scritta. Dissidenti in una società totalitaria, nella quale guerre di conquista coloniale possono essere scatenate a forza di menzogne, anche contro l'opinione della maggioranza della popolazione.


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Fonti e Bibliografia:

Adem Bejzak e Kristin Jenkins, Un nomadismo forzato ...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia, Archeoares 2011 (Bejzak 2011)

Andrea Catone, FIAT Serbia. Un caso classico di imperialismo, su L'Ernesto n.3-4/2010 (Catone 2010)

Giuseppe Ciulla e Vittorio Romano, Lupi nella nebbia, Jaca Book 2010 (Ciulla 2010)

Carla Del Ponte e Chuck Sudetic. La caccia. Io e i criminali di guerra, Feltrinelli 2008 (Del Ponte 2008

Alessandro Di Meo, L'urlo del Kosovo, ExOrma 2010

Jürgen Elsässer, Menzogne di guerra, La Città del Sole 2002

Antonio Evangelista, La torre di crani. Kosovo 2000-2004, Editori Riuniti 2007 (Evangelista 2007)

Hannes Hofbauer, Experiment Kosovo. Die Rückkehr des Kolonialismus, Promedia Verlag 2008

Diana Johnstone, Fools' Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions, Monthly Review Press 2003

Franco Marenco, I falchi e gli usurai, su L'Ernesto n.5/2000 (Marenco 2000)

Andrea Martocchia, La rimozione della Jugoslavia, su L'Ernesto nn.3-4/2003 -
https://www.cnj.it/documentazione/rimozione.htm

Sandro Provvisionato, UCK: l'armata dell'ombra, Gamberetti 2000 (Provvisionato 2000)

Uberto Tommasi, Mariella Cataldo, Kosovo Buco nero d'Europa, Achab 2004 (Tommasi 2004)

Jean Toschi Marazzani Visconti, Il corridoio, La Città del Sole 2005

Jürgen Wagner, Willkür statt Völkerrecht, IMI-Studie Nr. 09/2011 (21.4.2011) - http://www.imi-online.de/2011.php?id=2293 (Wagner 2011)

Luana Zanella (a cura di), L'altra guerra del Kosovo. Il patrimonio della cristianità serbo-ortodossa da salvare, Casadeilibri 2006 (Zanella 2006)


Note:

(1) Non si confondano però le attività del movimento contro la guerra, né tantomeno la sua - oggi quasi inesistente - rappresentanza pubblica, con i sentimenti prevalenti nella popolazione, che nonostante la continua propaganda guerrafondaia si è mantenuta in ampia maggioranza contraria alla guerra di aggressione contro la Libia, come mostrato dai sondaggi di opinione (cfr. ad es. "Quando l'antiberlusconismo fa male a certa sinistra" di F. Francescaglia, che menziona i significativi numeri di un sondaggio di Mannheimer - http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20803 ).

(2) Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 - http://it.wikisource.org/wiki/Trattato_Di_Amicizia,_Partenariato_E_Cooperazione_Tra_La_Repubblica_Italiana_E_La_Grande_Giamahiria_Araba_Libica_Popolare_Socialista .

(3) Sul crimine commesso con il riconoscimento della statualità della entità secessionista-razzista del Kosovo, fortemente voluto da Massimo D'Alema, si veda il Comunicato Stampa di CNJ-onlus del febbraio 2008 "Italia e Balcani: una perfetta continuità con le politiche del Fascismo" - https://www.cnj.it/POLITICA/cnj2008.htm - ed anche l'inascoltato appello di senatori e senatrici del dicembre 2007 "L'Italia non legittimi azioni unilaterali in Kosovo" - https://www.cnj.it/documentazione/KOSMET/apelsenato.htm .

(4) Della pulizia etnica compiuta in Kosovo a partire dal giugno 1999 dai secessionisti pan-albanesi sotto la supervisione delle truppe straniere di occupazione è soprattutto trascurato un aspetto: e cioè quello della presenza in Italia di numerose vittime, appartenenti a molte diverse "etnie" kosovare e generalmente rifugiati, in misere condizioni, nei cosiddetti "campi rom". Su questa questione tanto sconvolgente quanto ignorata si vedano ad esempio l'Appello del giugno 2007 al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, al Parlamento Europeo e al Governo italiano (https://www.cnj.it/INIZIATIVE/appello07kosovo_firenze.htm) nonché il recentissimo importante volume di testimonianze di uno di questi rifugiati, Adem Bejzak (Bejzak 2011): entrambi i documenti gettano soprattutto luce sulle vicende dei kosovari rifugiati in Toscana.

(5) Sul tema rimandiamo a Zanella 2006.

(6) « L'Europa e il direttorio zoppo. Se Germania e Francia decidono tutto e l'Italia tace », su Il Messaggero del 6 febbraio 2011.

(7) Su TG3 Linea Notte del 22/2/2011 - http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-fc90c582-3539-4b49-86b1-df4b01cd9edd.html .

(8) Il documento UE numero 1342, seconda parte, del 6/11/1992 indicherà che a Maastricht l'unità europea era stata raggiunta proprio a scapito della Jugoslavia, con una cinica trattativa della quale ha raccontato anche Gianni De Michelis su Limes n.3/1996.

(9) Sul caso Zastava, più in generale, raccomandiamo la lettura dell'articolo di Andrea Catone "FIAT Serbia. Un caso classico di imperialismo", apparso su L'ERNESTO n.3/2010 e online: http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20054 .

(10) http://kta-kosovo.org/html/ .

(11) Koha Ditore, 15 settembre 2010.

(12) Su questo tema rimandiamo a: Provvisionato 2000, Tommasi 2004, Evangelista 2007, Ciulla 2010.

(13) Da segnalare il penoso tentativo di riabilitazione della figura di Ibrahim Rugova da parte di ambienti "pacifisti di sua maestà", a Rovereto lo scorso 26 maggio 2011. Bizzarro caso di intellettuale-poeta di cui nessuno ha mai letto una poesia e di pacifista-ghandiano che dichiarò testualmente: « Noi kosovari dobbiamo ringraziare Dio per l'intervento della NATO » (ANSA 13/02/2003) e « La NATO è il nostro esercito privato... deve rimanere in Kosovo in eterno » (Der Spiegel 11/12/2000), Rugova alla sua morte nel gennaio 2006 è stato sepolto a Pristina nel "cimitero dei martiri", riservato solo agli eroi della guerriglia (ANSA 23/01/2006).

(14) Sul rapporto Marty ("Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo", 15/12/2010) e sugli sviluppi dello scandalo sui crimini di guerra commessi dalla leadership secessionista kosovara rimandiamo a tutta la documentazione richiamata dalla pagina https://www.cnj.it/documentazione/KOSMET/organi.htm , in corso di aggiornamento.

(15) Oltre al fatto che Pacolli, ex-marito di Anna Oxa, è attualmente sposato ad una russa, va ricordato che il suo nome fu di spicco nell'inchiesta Mabetex avviata e poi insabbiata da Carla Del Ponte. Essa riguardava malversazioni economiche in cui erano implicati anche membri della famiglia Eltsin.

(16) "Kosovo: New president handpicked by Americans, predecessor says", ADN Kronos International - April 11, 2011

(17) "Un altro intervento della NATO? Rifanno il colpo del Kosovo?", su www.globalresearch.ca del 16/03/2011 - http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20721

(italiano / english)


NATO applying Balkan scenario to Libya


1) NATO’s Libya 'hope' strategy is bombing 
Lewis MacKenzie, June 10, 2011

2) NATO Says It Is Broadening Attacks on Libya Targets
Thom Shanker / NYT, 26 April 2011  

3) U.S.-British covert operations exposed
Abayomi Azikiwe / Pan-African News Wire , Apr 7, 2011 

4) VoR: Will NATO apply the Balkan scenario to Libya? (P. Iskenderov), Attack on Libya indiscriminate, disproportionate (T. Blokhin)

5) Un comandante della CIA per i ribelli libici / A CIA commander for the Libyan rebels
P. Martin / WSWS, 28 March 2011

6) Il possibile successore di Gheddafi
E. Piovesana, 24 marzo 2011

7) Dibattito: Aldo Bernardini, Piera Tacchino


See also:

RECOMMENDED: Global Research's latest articles on Lybia and desinformation
http://www.globalresearch.ca/

Who are the Libyan Freedom Fighters and Their Patrons?
By Prof. Peter Dale Scott

The Euro-US War on Libya: Official Lies and Misconceptions of Critics
by James Petras and Robin E. Abaya


Some pictures of brand new guns and other arms in the posession of Libyan "revolutionaries". All of these arms were manufactured in NATO lands and in Libyan military magasines is not possible to find munitions for them. More pictures  with  commentary in Russian at
http://nstarikov.ru/blog/8569

Reports suggest French intelligence encouraged anti-Gaddafi protests
http://www.wsws.org/articles/2011/mar2011/inte-m28.shtml

“Il nostro uomo a Tripoli” – i terroristi islamici si uniscono all’opposizione democratica della Libia
Prof. Michel Chossudovsky - Global Research, 3 aprile 2011
http://aurorasito.wordpress.com/2011/04/04/“il-nostro-uomo-a-tripoli-i-terroristi-islamici-si-uniscono-allopposizione-libia-democratica-della-libia/
"Our Man in Tripoli": US-NATO Sponsored Islamic Terrorists Integrate Libya's Pro-Democracy Opposition
by Prof. Michel Chossudovsky

What you dont know about the libyan crisis

Washington funnels confiscated Libyan assets to "rebel" leadership
The illegality of the Obama administration's moves to use Libya's national wealth to keep the so-called rebel leadership afloat underscores the colonial character of the US-NATO war to oust Muammar Gaddafi...

Gli inglesi, tramite accordi segreti, spremono altri soldi dai leader del "Consiglio ribelle"
http://aurorasito.wordpress.com/2011/04/29/gli-inglesi-spremono-altri-soldi-dai-leader-del-consiglio-ribelle-con-accordi-segreti/


Ecco tutte le bugie che ci hanno raccontato sulla guerra libica
http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/5897-ecco-tutte-le-bugie-che-ci-hanno-raccontato-sulla-guerra-libica.html
http://www.youtube.com/watch?v=nFN14FeGVzk

No all'intervento in Libia! Dichiarazione di 58 partiti comunisti e operai

Appello - Fermiamo la guerra in Libia 
Per adesioni fermiamolaguerra@...
PRIME ADESIONI: http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20771


=== 1 ===

http://www.theglobeandmail.com/news/opinions/opinion/natos-libya-hope-strategy-is-bombing/article2054254/

Globe and Mail - June 10, 2011

NATO’s Libya 'hope' strategy is bombing 

Lewis MacKenzie


We are now in the 84th day of the bombing campaign that the United Nations Security Council authorized to enforce a no-fly zone over Libya in a bid to protect civilians from Moammar Gadhafi’s forces. In a bizarre development, the North Atlantic Treaty Organization has said it will extend the campaign for 90 days, surely a first in the history of war when one side “extends the contract” for a set period. This presumably occurred because NATO’s strategy is still based on the flimsy hope that Colonel Gadhafi will see the error of his ways and capitulate before his surroundings and his supporters are bombed back to the Stone Age.

NATO’s obsession with its strategy of hope was tried once before in 1999, with the bombing of Serbia and the breakaway province of Kosovo. A myth that the 78-day bombing campaign persuaded Serbian leader Slobodan Milosevic to withdraw his forces from Kosovo continues to grow despite overwhelming facts to the contrary.

Before that war – and contributing to its start – the international community gathered in Rambouillet, France, and, on March 18, 1999, produced an accord that spelled out a peace plan to deal with the armed insurrection by the Kosovo Liberation Army (designated at the time by the CIA as a terrorist organization).

Unfortunately – but intentionally – the accord contained two poison pills that Mr. Milosevic could never accept, making war or at least the allied bombing of a sovereign state inevitable. The first pill demanded that NATO have freedom of movement throughout the entire land, sea and airspace of the former Federal Republic of Yugoslavia. In other words, NATO would have the right to park its tanks around Mr. Milosevic’s downtown office in Belgrade. The other pill required that a referendum be held within three years to determine the will of those citizens living in Kosovo regarding independence. The fact that Kosovo’s population was overwhelmingly Albanian Muslim guaranteed that the outcome of any such referendum would be a vote for independence and the loss of the Serbian nation’s historic heart.

Mr. Milosevic refused to sign the accord, and NATO began bombing Serbia on March 24, 1999, without a Security Council resolution, citing a “humanitarian emergency” – a decision still widely challenged by many international legal scholars. NATO said it would take only a few days of bombing to persuade Mr. Milosevic to withdraw his forces from Kosovo.

As the weeks dragged on, NATO’s strategy of hope appeared to be in serious trouble. Its aircraft, incapable of destroying to any significant degree the Serbian military’s personnel and equipment, had turned to bombing fixed infrastructure: bridges, roads, factories, refineries, TV stations. As in all wars conducted from thousands of feet above the target, mistakes were made and civilians were killed. In one town I visited during the campaign, a medical clinic and a 10-storey apartment building had been demolished, with no “legitimate” targets anywhere to be seen.

With no indication that Mr. Milosevic was going to give in, diplomacy was given a long overdue chance. Led by Russian envoy Vitaly Churkin, Mr. Milosevic was told that, if he withdrew from Kosovo, the two poison pills would be removed from the Rambouillet accord. Within days, Mr. Milosevic agreed.

Myth buster: Diplomacy, not bombing, played the key role in bringing a punitive bombing campaign based on hope to an end.

The same solution should be pursued in the case of Libya. The main obstacle is the rebel leadership. The UN envoy to Libya has requested that the rebels call for a ceasefire, but they have steadfastly refused to do so until Col. Gadhafi is gone. NATO leaders are no longer demanding Col. Gadhafi’s removal as a prerequisite for stopping the bombing. So where do the rebels get off refusing to accede to a request from the very organization that authorized the bombing in the first place? They should be told in no uncertain terms that, if they’re not prepared to negotiate with Col. Gadhafi’s representatives, NATO’s support in the air and at sea will cease.

Retired major-general Lewis MacKenzie was the first commander of UN peacekeeping forces in Sarajevo.


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http://www.nytimes.com/2011/04/27/world/middleeast/27strategy.html

New York Times - April 26, 2011

NATO Says It Is Broadening Attacks on Libya Targets

Thom Shanker  


WASHINGTON: NATO planners say the allies are stepping up attacks on palaces, headquarters, communications centers and other prominent institutions supporting the Libyan government, a shift of targets that is intended to weaken Col. Muammar el-Qaddafi’s grip on power and frustrate his forces in the field. 

Officials in Europe and in Washington said that the strikes were meant to reduce the government’s ability...link by link, the command, communications and supply chains required for sustaining military operations. 

The broadening of the alliance’s targets comes at a time when the rebels and the government in Libya have been consolidating their positions along more static front lines, raising concerns of a prolonged stalemate....

Strikes on significant bulwarks of Colonel Qaddafi’s power over recent days included bombing his residential compound in the heart of the capital, Tripoli — an array of bunkers that are also home to administrative offices and a military command post — as well as knocking state television briefly off the air. 

(...)

Senior officers who served in NATO’s previous air war, fought in 1999...said that the current air campaign over Libya drew on lessons from Kosovo. 

Gen. John P. Jumper, who commanded United States Air Force units in Europe during the Kosovo campaign, recalled that allied “air power was getting its paper graded on the number of tanks killed” — even though taking out armored vehicles one by one was never going to halt “ethnic cleansing.” 

So NATO began to hit high-profile institutional targets in Belgrade, the Serbian capital, instead of forces in the field. While they were legitimate military targets, General Jumper said, destroying them also had the effect of undermining popular support for the Serbian leader, Slobodan Milosevic. 

“It was when we went in and began to disturb important and symbolic sites in Belgrade, and began to bring to a halt the middle-class life in Belgrade, that Milosevic’s own people began to turn on him,” General Jumper said. “They began to question why the whole thing in Kosovo was going on, because it was ruining the country.” 


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CIA & MI6 in Libya

U.S.-British covert operations exposed


By Abayomi Azikiwe 
Editor, Pan-African News Wire 
Published Apr 7, 2011 8:01 PM


The New York Times, the Washington Post and other corporate news sources are now openly admitting that the opposition forces fighting the Libyan government are supported and coordinated by the U.S. Central Intelligence Agency and Britain’s MI6 with in-country special forces.

President Barack Obama in March signed an order dispatching CIA operatives to identify targets for bombing and to vet potential leaders within the rebel forces in the event of toppling the Libyan government.

Al Jazeera says in a recent article that both U.S. and Egyptian Special Forces are providing training to the rebel groups at a secret facility in eastern Libya. This adds greater clarity to the insistence on the part of the Obama administration that the current leader of Libya, Moammar Gadhafi, be forced from office. The U.S. wants a compliant regime in control of this oil-rich North African state of more than 6 million people.

Egypt’s military receives in excess of $1.5 billion a year from the U.S. for training, equipment and cooperation with Washington. An unidentified rebel fighter described being trained in military techniques by U.S. and Egyptian military forces.

“He told us that Thursday night (March 31) a new shipment of Katyusha rockets had been sent into eastern Libya from Egypt. He didn’t say they were sourced from Egypt, but that was their route through. He said these were state-of-the-art, heat-seeking rockets and that they need to be trained on how to use them, which was one of the things the American and Egyptian special forces were there to do.” (Al Jazeera, April 4)

The fact that the rebel forces are receiving arms and training from U.S., British and Egyptian intelligence and military units illustrates the hypocrisy of the naval blockade being imposed on Libya, under the guise of an arms embargo. The only arms embargo is against the Libyan government, while the imperialist states and their allies in the region are free to provide air and sea support for the rebels.

While Al Jazeera has been supportive of the military and political campaign against the Libyan government, it was forced to admit on April 4 that “since the rebels appear to be receiving covert support in terms of weaponry and training, it is not surprising that they are not inclined to criticize NATO openly.”

U.S. cover story falls apart

The Obama administration claims it does not know who the so-called “rebels” are in Libya. But Khalifa Haftar, officially appointed leader of the military campaign against the Libyan government, has for many years been financed and supported by the CIA. For two decades he lived in Virginia near CIA headquarters in Langley.

A report by the right-wing Jamestown Foundation declares, “Today as Colonel Haftar finally returns to the battlefields of North Africa with the objective of toppling Gadhafi ... he may stand as the best liaison for the United States and allied NATO forces in dealing with Libya’s unruly rebels.”

This same study revealed that Haftar played an important role in June 1998 in establishing the so-called Libyan National Army, the military wing of the National Front for the Salvation of Libya “with strong backing from the Central Intelligence Agency.” Not only did the CIA set up the LNA but it also created a training camp in Virginia where members of the group were taught counterinsurgency and destabilization tactics by the U.S. government.

The Nation magazine, in an April 3 article entitled, “The CIA, the Libyan rebellion, and the president,” concludes, “An event that Americans were led to believe was an autonomous rising on the model of Egypt turns out to have been deeply compromised from the start, and compromised by American meddling. All the external parties are in Libya for different reasons. Things could not have gotten this far without the CIA.”

The CIA and Africa

While the first clandestine operations of the CIA were directed against leftists in Europe after World War II, it soon focused on weakening oppressed nations, national liberation movements and socialist states. In 1953, the CIA engineered a coup against Mohammad Mossadegh, the elected leader of Iran, who had tried to nationalize the oil industry for the benefit of the people. He was replaced by the Shah, a U.S. puppet, who was finally overthrown in 1979.

The CIA was behind the 1954 overthrow of the progressive Arbenz government of Guatemala. In Cuba in 1961, CIA-trained exile forces landed at the Bay of Pigs in an attempt to topple the revolutionary government of Fidel Castro.

In 1966, the CIA was behind the destabilization and overthrow of the Pan-African and socialist-oriented government of President Kwame Nkrumah in Ghana. Nkrumah had supported national liberation movements throughout Africa and the world and formed close relations with the Soviet Union, China, Cuba and Yugoslavia.

In 1975, the CIA attempted to prevent the consolidation of national independence in the oil-rich Southern African nation of Angola. Agency operatives aided the racist South African Defense Forces and the counterrevolutionary UNITA and FNLA movements. Angola finally was liberated in 1994.

Importance of anti-imperialist perspective

An important role of the CIA has been to foster chaos in order to destabilize and overthrow governments in countries where U.S. imperialism wanted to intervene to protect its strategic interests. Thus it has a long track record of fomenting disinformation and psychological warfare.

The corporate media are always ready to build public support for U.S. imperialist aims and objectives, both domestically and internationally. As Washington sends the CIA, stealth bombers and “Tomahawk” missiles to engineer regime change in Libya, the media have framed this as an act of humanitarian relief designed to protect civilians. They have little to say when Libyans die and property is destroyed.

It is the duty of the anti-war and peace movements in the U.S. and throughout the Western industrialized countries to expose the role of the CIA and other intelligence services and uphold the right of oppressed, post-colonial and revolutionary governments to self-determination and sovereignty.

Any other approach strengthens the imperialists and their intelligence and military apparatuses. It only delays the struggle for international solidarity of the workers and oppressed inside the U.S. and around the world.


Articles copyright 1995-2011 Workers World. Verbatim copying and distribution of this entire article is permitted in any medium without royalty provided this notice is preserved. 

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http://english.ruvr.ru/2011/03/31/48262650.html

Voice of Russia - March 31, 2011

Will NATO apply the Balkan scenario to Libya?

Pyotr Iskenderov 

NATO is discussing the deployment of multinational forces in Libya, said Admiral James Stavridis, NATO’s supreme allied commander for Europe while testifying before the Senate Armed Services Committee. These forces will be under NATO command and will operate as they did in Bosnia-Herzegovina and Kosovo.
The statement by Admiral Stavridis shifts the possible development in Libya onto a new level. It seems that the U.S. and NATO do not consider rendering assistance to the opposition groups in ousting the Libyan leader Muammar Gaddafi as a priority. The Admiral believes that, clearly, there is a wide range of possibilities organizing a mission for stabilizing the situation in Libya under the aegis of NATO.
The West no longer considers the opposition groups as a means to oust Gaddafi for several reasons. Firstly, the opposition groups are very weak and divided. Secondly, according to Admiral Stavridis, al-Qaeda terrorists and pro-Iranian Hezbolla militants are among the rebels. In an interview with the NBC, President Barack Obama indirectly admitted this. He emphasized that there is no guarantee that there are no people who are unfriendly towards the U.S. and its interests among the rebels.
However, that the U.S. and NATO plan to carry out the operation in Libya in line with that of the Kosovo scenario has nothing to do with the state of affairs in the rebel camp. 
A deployment of multinational forces on a long-term basis under the aegis of NATO paves the way for Brussels to bypass the only restriction imposed by the UN Security Council on an operation in Libya. 
Resolution 1973 stipulates the use of all measures against the Gaddafi regime, except an occupation. The transition of the ongoing aerial operation to a multinational mission means, as shown by the Kosovo experience, a shift to an occupation under the peacekeeping slogans. 
Similar scenarios have been staged by the U.S., Britain and other Western countries also in Afghanistan and Iraq. "Their military presence remains despite of restrictions imposed by the U.N.," says Alexander Karasev, an expert at the Institute of Slavic Studies in an interview with our correspondent:
“The discussion of problems at the UN Security Council is aimed at finding a decision that will satisfy the international community and at the same time the interested parties. However, the latest developments show that the Western powers have lately learned to bypass formal restrictions imposed on them by the UN Charter and UN Security Council decisions. An allegedly humanitarian intervention by NATO against Yugoslavia in 1999 ended with the deployment of NATO forces in Kosovo and the setting up of the largest U.S. base Bondsteel Camp in the province. The U.S. and NATO may repeat this scenario in Libya,” Alexander Karasev said.
Speaking at the National Defence University, Barack Obama said that "we should not afraid to use our military swiftly and decisively, also unilaterally when there is a need to defend our people, our country, our allies and our innermost interests."
Commenting on the speech, an expert at the Centre for Strategic and International Studies in Washington, Stephen Flanagan, emphasized that the President’s speech had reminded him of the one that President Clinton gave during the Kosovo crisis explaining the reasons that led to the launch of the NATO operation in Yugoslavia. Both presidents emphasized the need for defending the American “innermost and other interests and values that were threatened”.
It’s unclear whether all this has anything to do with humanitarian aims and interests of the Libyan people as stated in by the authors of the UN resolution.

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http://english.ruvr.ru/2011/03/20/47711252.html

Voice of Russia - March 20, 2011

Attack on Libya indiscriminate, disproportionate

Timur Blokhin

Russia, China and India have joined the African Union and the Arab League in denouncing the Western-led attack on Libya as disproportionate and indiscriminate. Indeed, reports speak about mounting civilian casualties in the offensive. At least 65 Libyan civilians are known dead and more than 150 wounded or injured.
One earlier victim of such attacks is Serbia, where NATO warplanes hit the Chinese Embassy in Belgrade and a passenger train during the bombing campaign of 1999.
Dr George Vukadinovic is a political analyst in Belgrade:
"Similarly to the 1999 NATO campaign over Kosovo, the offensive in Libya is fraught with unpredictable political and economic consequences for Europe and the Mediterranean. I believe the European Union showed poor judgment in joining the Libya attack. The Libya resolution of the UN Security Council was the result of haste and unilateral pressure on the members. In the vote on the resolution, the much-hyped European unanimity on major issues showed cracks, with Germany abstaining."
We have a similar opinion from another Serbian analyst, Dr Gostemir Popovic:
"The attack on Libya is a unilateral action led by the United States. Dubbing Gaddafi an aggressor is part of American efforts to justify this war. It has nothing to do with the truth, because it is the attacking force that is killing Libyan civilians and destroying their once prosperous country. This war blatantly flouts international agreements. It must be stopped, and its masterminds brought to international justice. If this is not done, the entire Mediterranean may degenerate into unfettered violence. In 1999, the United States was after separating Kosovo. This time, it appears to be after splitting Libya. The pattern is the same, as is the puppet master behind the scenes."
The anti-Gaddafi coalition claims to have already knocked out 20 of Libya’s 22 air defence installations. It says this improves security for Libyan civilians and creates conditions for bringing aid to them.
Gaddafi, meantime, stays defiant and pledges everything in his power to defeat what he calls a Western aggression against his country. Civilian volunteers on the Gaddafi side are welcome to take up arms and join a popular militia. Gaddafi hopes this force can grow to at least one million within the coming days.


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A CIA commander for the Libyan rebels


28 March 2011


The Libyan National Council, the Benghazi-based group that speaks for the rebel forces fighting the Gaddafi regime, has appointed a long-time CIA collaborator to head its military operations. The selection of Khalifa Hifter, a former colonel in the Libyan army, was reported by McClatchy Newspapers Thursday and the new military chief was interviewed by a correspondent for ABC News on Sunday night.

Hifter’s arrival in Benghazi was first reported by Al Jazeera on March 14, followed by a flattering portrait in the virulently pro-war British tabloid theDaily Mail on March 19. The Daily Mail described Hifter as one of the “two military stars of the revolution” who “had recently returned from exile in America to lend the rebel ground forces some tactical coherence.” The newspaper did not refer to his CIA connections.

McClatchy Newspapers published a profile of Hifter on Sunday. Headlined “New Rebel Leader Spent Much of Past 20 years in Suburban Virginia,” the article notes that he was once a top commander for the Gaddafi regime, until “a disastrous military adventure in Chad in the late 1980s.”

Hifter then went over to the anti-Gaddafi opposition, eventually emigrating to the United States, where he lived until two weeks ago when he returned to Libya to take command in Benghazi.

The McClatchy profile concluded, “Since coming to the United States in the early 1990s, Hifter lived in suburban Virginia outside Washington, DC.” It cited a friend who “said he was unsure exactly what Hifter did to support himself, and that Hifter primarily focused on helping his large family.”

To those who can read between the lines, this profile is a thinly disguised indication of Hifter’s role as a CIA operative. How else does a high-ranking former Libyan military commander enter the United States in the early 1990s, only a few years after the Lockerbie bombing, and then settle near the US capital, except with the permission and active assistance of US intelligence agencies? Hifter actually lived in Vienna, Virginia, about five miles from CIA headquarters in Langley, for two decades.

The agency was very familiar with Hifter’s military and political work. AWashington Post report of March 26, 1996 describes an armed rebellion against Gaddafi in Libya and uses a variant spelling of his name. The article cites witnesses to the rebellion who report that “its leader is Col. Khalifa Haftar, of a contra-style group based in the United States called the Libyan National Army.”

The comparison is to the “contra” terrorist forces financed and armed by the US government in the 1980s against the Sandinista government in Nicaragua. The Iran-Contra scandal, which rocked the Reagan administration in 1986-87, involved the exposure of illegal US arms sales to Iran, with the proceeds used to finance the contras in defiance of a congressional ban. Congressional Democrats covered up the scandal and rejected calls to impeach Reagan for sponsoring the flagrantly illegal activities of a cabal of former intelligence operatives and White House aides.

A 2001 book, Manipulations africaines, published by Le Monde diplomatique, traces the CIA connection even further back, to 1987, reporting that Hifter, then a colonel in Gaddafi’s army, was captured fighting in Chad in a Libyan-backed rebellion against the US-backed government of Hissène Habré. He defected to the Libyan National Salvation Front (LNSF), the principal anti-Gaddafi group, which had the backing of the American CIA. He organized his own militia, which operated in Chad until Habré was overthrown by a French-supported rival, Idriss Déby, in 1990.

According to this book, “the Haftar force, created and financed by the CIA in Chad, vanished into thin air with the help of the CIA shortly after the government was overthrown by Idriss Déby.” The book also cites a Congressional Research Service report of December 19, 1996 that the US government was providing financial and military aid to the LNSF and that a number of LNSF members were relocated to the United States.

This information is available to anyone who conducts even a cursory Internet search, but it has not been reported by the corporate-controlled media in the United States, except in the dispatch from McClatchy, which avoids any reference to the CIA. None of the television networks, busily lauding the “freedom fighters” of eastern Libya, has bothered to report that these forces are now commanded by a longtime collaborator of US intelligence services.

Nor have the liberal and “left” enthusiasts of the US-European intervention in Libya taken note. They are too busy hailing the Obama administration for its multilateral and “consultative” approach to war, supposedly so different from the unilateral and “cowboy” approach of the Bush administration in Iraq. That the result is the same—death and destruction raining down on the population, the trampling of the sovereignty and independence of a former colonial country—means nothing to these apologists for imperialism.

The role of Hifter, aptly described 15 years ago as the leader of a “contra-style group,” demonstrates the real class forces at work in the Libyan tragedy. Whatever genuine popular opposition was expressed in the initial revolt against the corrupt Gaddafi dictatorship, the rebellion has been hijacked by imperialism.

The US and European intervention in Libya is aimed not at bringing “democracy” and “freedom,” but at installing in power stooges of the CIA who will rule just as brutally as Gaddafi, while allowing the imperialist powers to loot the country’s oil resources and use Libya as a base of operations against the popular revolts sweeping the Middle East and North Africa.


Patrick Martin


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Un comandante della CIA per i ribelli libici

APRILE 3, 2011 DI SITOAURORA LASCIA UN COMMENTO
Patrick Martin WSWS 28 marzo 2011

Il Consiglio nazionale libico, il gruppo di Bengasi che parla per conto delle forze ribelli che combattono il regime di Gheddafi, ha nominato un collaboratore di lunga data della CIA alla direzione delle operazioni militari. La scelta di Khalifa Hifter, un ex colonnello dell’esercito libico, è stata segnalata da McClatchy Newspapers Giovedi, e il nuovo capo militare è stato intervistato da un corrispondente di ABC News, nella notte di Domenica.
L’arrivo di Hifter a Bengasi è stato riportato da Al Jazeera il 14 marzo, seguito da un ritratto lusinghiero del tabloid britannico violentemente guerrafondaio Daily Mail del 19 marzo. Il Daily Mailha descritto Hifter come una delle “due stelle militari della rivoluzione“, che “era da poco tornato dal suo esilio negli USA per dare alle forze ribelli una certa coerenza tattica.” Il giornale non faceva riferimento ai suoi rapporti con la CIA.
Il quotidiano McClatchy ha pubblicato un profilo di Hifter, Domenica. Intitolato “Il nuovo leader dei ribelli ha trascorso gran parte degli ultimi 20 anni, nelle periferie della Virginia“, l’articolo osserva che una volta fu comandante superiore del regime di Gheddafi, fino “alla disastrosa avventura militare in Ciad, alla fine degli anni ’80.”
Hifter poi si avvicinò all’opposizione anti-Gheddafi, per emigrare infine negli Stati Uniti, dove ha vissuto fino a due settimane fa, quando è tornato in Libia per prendere il comando a Bengasi. Il profilo di McClatchy conclude: “Fin dal suo arrivo negli Stati Uniti, nei primi anni ’90, Hifter ha vissuto nella periferia di Washington, DC, in  Virginia.” Viene citato un amico che “si è detto non essere sicuro di quello che Hifter ha fatto esattamente per mantenere se stesso, e che Hifter ha avuto soprattutto l’obiettivo di aiutare la sua numerosa famiglia.
Per chi sa leggere tra le righe, questo profilo è una indicazione subdola del ruolo di Hifter come operativo della CIA. Come altro poteva, un alto ex comandante militare libico, entrare negli Stati Uniti nei primi anni ’90, pochi anni dopo l’attentato di Lockerbie, e poi stabilirsi nei pressi della capitale degli Stati Uniti, se non con il permesso e l’assistenza attiva delle agenzie di intelligence degli Stati Uniti? Hifter effettivamente ha vissuto per due decenni a Vienna, in Virginia, a circa cinque miglia dal quartier generale della CIA di Langley.
L’agenzia era molto familiare con il lavoro politico e militare di Hifter. Un articolo del Washington Post del 26 Marzo 1996 descrive una ribellione armata contro Gheddafi in Libia e utilizza una variante ortografia del suo nome. L’articolo cita testimoni della ribellione che segnalano che “il suo capo è il colonnello Khalifa Haftar, di un gruppo tipo contra, basato negli Stati Uniti è chiamato Libyan National Army“.
Il confronto è con le forze terroristiche “contra” finanziate e armate dal governo USA negli anni ’80, contro il governo sandinista in Nicaragua. Lo scandalo Iran-Contra, che ha scosso l’amministrazione Reagan nel 1986-87, riguardava la scoperta della vendita illegale di armi degli Stati Uniti all’Iran, e del loro ricavato utilizzato per finanziare i Contras, sfidando il divieto del Congresso. Democratici del Congresso coprirono lo scandalo e respinsero le richieste per mettere sotto accusa Reagan, per la sua sponsorizzazione delle attività palesemente illegali di una cricca di ex agenti dell’intelligence e di consiglieri della Casa Bianca.
In un libro del 2001, Manipulations africaines, pubblicato da Le Monde diplomatique, porta la connessione con la CIA ancora più indietro, al 1987, riferendo che Hifter, allora un colonnello esercito di Gheddafi, fu catturato in combattimento in Ciad durante la ribellione sostenuta dai libico contro il governo sostenuto dagli USA di Hissène Habré. Ha disertato aderendo al Fronte di Salvezza Nazionale libico (LNSF), il principale gruppo anti-Gheddafi che aveva l’appoggio della CIA statunitense. Ne organizzò la milizia, che operava in Ciad fino a quando Habré fu rovesciato dal rivale, supportato dai francesi, Idriss Déby, nel 1990.
Secondo questo libro, “la forza di Haftar, creata e finanziata dalla CIA, in Ciad, sparì nel nulla con l’aiuto della CIA, poco dopo che il governo fosse stato rovesciato da Idriss Déby.” Il libro cita anche un rapporto del Congressional Research Service del 19 dicembre 1996, secondo cui il governo degli Stati Uniti forniva aiuti finanziari e militari al LNSF e che un numero di membri del LNSF vennero trasferiti negli Stati Uniti.
Queste informazioni sono disponibili a chiunque conduca anche una sommaria ricerca su Internet, ma non è stata riportata dai mass media controllati dalle aziende negli Stati Uniti, fatta eccezione della notizia del McClatchy, che evita ogni riferimento alla CIA. Nessuna delle reti televisive, intenta a lodare i “combattenti per la libertà” della Libia orientale, si è preoccupato di segnalare che queste forze sono ora comandate da un collaboratore di lunga data dei servizi d’intelligence degli Stati Uniti.
Né i liberali né la “sinistra” entusiasta dell’intervento USA-Europa in Libia l’hanno notato. Essi sono troppo occupati nel salutare l’amministrazione Obama per il suo  approccio alla guerra multilaterale e “consultivo“, apparentemente così diversa da quello unilaterale e da “cowboy” di Bush in Iraq. Il risultato è lo stesso: la morte e la distruzione che piovono sulla popolazione, e la sovranità e l’indipendenza calpestate di un paese ex-coloniale non significano nulla per questi apologeti dell’imperialismo.
Il ruolo di Hifter, giustamente descritto 15 anni fa come leader di un “gruppo tipo contra“, dimostra le vere forze di classe al lavoro nella tragedia libica. Eventualmente ci sia stata una vera opposizione popolare espressa nella rivolta iniziale contro la dittatura corrotta di Gheddafi, la ribellione è stata sequestrata dall’imperialismo.
L’intervento degli Stati Uniti ed Europeo in Libia, è rivolto non a portare la “democrazia” e “libertà“, ma all’installazione al potere di tirapiedi della CIA che governano brutalmente come Gheddafi, consentendo anche alle potenze imperialiste di saccheggiare le risorse petrolifere del paese e d’utilizzare la Libia come base delle operazioni contro le rivolte popolari che spazzano il Medio Oriente e Nord Africa.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – Aurora03.da.ru

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24/03/2011

http://it.peacereporter.net/articolo/27574/Il+possibile+successore+di+Gheddafi


Dopo aver incontrato Sarkozy e la Clinton, Mahmoud Jibril è stato nominato ieri capo del governo provvisorio dei ribelli libici



Il Consiglio nazionale dei ribelli libici ha nominato ieri un governo di transizione guidato daMahmoud Jibril, il distinto signore ricevuto con tutti gli onori da Sarkozy all'Eliseo lo scorso 10 marzo e incontratosi pochi giorni dopo con la Clinton.
Questo anonimo tecnocrate sessantenne, finora sconosciuto alle cronache, è stato per anni l'uomo chiave di Washington e Londra all'interno del regime del Colonnello Gheddafi. In qualità di direttore dell'Ufficio nazionale per lo sviluppo economico (Nedb) del governo libico, Jibril lavorava per facilitare la penetrazione economica e politica angloamericana in Libia promuovendo un radicale processo di privatizzazione e liberalizzazionedell'economia nazionale.
Dopo aver studiato e insegnato per anni 'pianif

(Message over 64 KB, truncated)


(Una originale iniziativa è stata annunciata per protestare contro il vertice della NATO che è stato provocatoriamente convocato a Belgrado nei prossimi giorni. All'inizio della conferenza e per tutti i giorni successivi, alle ore 19:30, la gente è invitata ad affacciarsi alle finestre e a far risuonare sirene simili all'antiaerea, per creare un effetto analogo a quello drammatico vissuto dalla gente comune nella primavera del 1999. La locandina dice: "i vostri proiettili andavano addosso ai nostri bambini".
Per altre informazioni sulla opposizione alla NATO in Serbia:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6620 )


Sirenama na prozora protiv NATO!

1) Сиренама са прозора и на точковима против НАТО зликоваца!

2) S.K.O.J.: ANTI NATO KAMPANJA. Ne u naše ime! Ne u našoj zemlji!


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(Segnalato via Facebook / a cura di Ivana e Andrea


Сиренама са прозора и на точковима против НАТО зликоваца!

lunedì 13 giugno · 11.00 - 20.00

Luogo / Mesto: Прозор и Ушће

Двери Српске попуњен профил:
Дочекајмо НАТО конференцију у Србији сиренама за ваздушну опасност! НАТО марш напоље из Србије! 

Колико пута нас је сирена за ваздушну опасност за време бомбардовања Србије (СРЈ) подсетила да нисмо безбедни? Колико пута смо се због ње осетили нелагодно? Време је да ту нелагодност осете главешине атлантског савеза и наши „мудри“ властодршци за време НАТО конференције у Београду, од 13 – 15. јуна.

Преузмите звук шизеле са нашег сајта и пуштајте га свако вече за време трајања конференције, тачно у 19.30, када почиње једна НАТО информативна емисија која треба да нас убеди да је добро то што нам раде. 

Изнесите звучнике на прозоре и терасе и појачајте до максимума! Ширите даље ову вест и позовите пријатеље, комшије и познанике! Нека наш бунт и наш глас другима звучи као опасност! 

Звук сирене којом ћете „зачинити“ конференцију у Београду можете преузети овде http://www.dverisrpske.com/mp3/sizela.mp3

О протестној вожњи која креће од Ушћа у понедељак у 11х:http://www.dverisrpske.com/sr-CS/pokret-za-zivot-srbija/novosti/arhiva-najava/protest-na-tockovima-sirenom-protiv-natoa.php

http://www.dverisrpske.com/sr-CS/teme/serbia/ne-u-nato/probudimo-srbiju-podsetimo-one-koji-su-zaboravili.php

Овим позивом редакција се придружује и подржава кампању сајта antinato.in.rs


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POČETAK ANTI NATO KAMPANJE


Aktivisti SKOJ-a su otpočeli kampanju protiv održavanja NATO konferencije u Beogradu u periodu od 13.-15. juna 2011 podrškom akciji organizacije “Pokret za slobodu“ koja je sprovedena u Beogradu, 20. maja, ispred Ministarstva odbrane Republike Srbije uz učešće još nekoliko levičarskih organizacija. U okviru ove akcije bilo je planirano da se preda protestno pismo/zahtev ministru Šutanovcu sa ciljem da obrazloži građanima Srbije motive i druge pojedinosti vezane za organizovanje NATO konferencije u Beogradu. Više nego ciničan i banalan je bio razlog za ne prihvtanje protestnog pisma u Ministarstvu odbrane. Naime, objašnjeno je da u ministarstvu ne postoji pisarnica te da zbog toga nije moguće prihvatiti to pismo i uručiti ga ministru. To jasno pokazuje ne smao antinarodnu orijentisanost vlasti u Srbiji, poglavito Ministarstva odbrane i njenog ministra (koji je ukupnu vojsku Srbije sveo na manje od 15.000, što je nedevoljno za odbranu jednog okruga u Srbiji, a kamoli čitave zemlje), već i krajnju nedemokratičnost koja krasi vlast u Srbiji koja ne samo da ignoriše stavove ljudi angažovanih u akciji protiv NATO konferencije, već i skoro 85% javnog mnjenja Srbije koje ima izrazito negativno mišljenje o NATO-u. 
Podrška ovoj akciji od strane skojevaca dosledno predstavlja stav organizacije o nužnosti kreiranja što šireg mogućeg fronta u borbi protiv sramnog i licemernog pokušaja vlasti u Srbiji da uvuku NATO u našu državu i našu državu u NATO. NATO ubice nikada neće biti dobrodošle u Srbiji, a zahtev za otkazivanjem najavljene NATO konferencije predstavlja odbranu minimuma ljudskog, narodnog i nacionalnog dostojanstva građana Srbije. Zato će SKOJ aktivno nastaviti borbu sa ciljem otkazivanja NATO konferencije u Beogradu pozivajući najšire narodne mase da ustanu protiv ove bezočne imperijalističke sprdnje sa žrtvama NATO-a u Srbiji (sve i da nije bilo krvave agresije na SR Jugoslaviju 1999. naša dužnost bi bila da uradimo sve da do NATO konferencije u Srbiji ne dođe), kao i solidarnost sa svim progresivnim ljudima u svetu koji žele da žive u svetu mira, solidarnosti i progresa – svetu bez NATO-a!

Ne u naše ime! Ne u našoj zemlji!


Zbog čega Srbija ne treba da bude član NATO i zbog čega je odluka o održavanju NATO samita u Beogradu sramna:

NATO je agresivna imperijalistička organizacija koja zarad interesa krupnog kapitala gazi osnovna ljudska prava i prava naroda na samoopredeljenje. NATO zarad interesa krupnog kapitala gazi suverenitet i nezavisnost mnogih država i naroda u svetu.
NATO je odgovoran za razbijanje SFRJ u kojoj su u miru i bratstvu živeli južnoslovenski narodi i nacionalne manjine. Razbijanje Jugoslavije 
NATO je sproveo izazvavši i sponzorišući zajedno sa drugim imperijalističkim organizacijama i državama bratoubilačke ratove koji su odneli brojne živote i izazvale uništenje materijalnih dobara.
NATO je izvršio zločinačku agresiju na SRJ koja je odnela brojne živote i uništenje materijalnih dobara. Epilog NATO agresije pored brojnih civilnih žrtava je i okupacija Kosova. Na Kosovu je izgrađena najveća NATO baza na Balkanu koja za cilj ima dalje korake u porobljavanju balkanskih naroda i svih građana koji žive na Kosovu. 
Nakon NATO agresije na SRJ sproveden je neoliberalni ekonomski koncept u Srbiji koji je nazvan tranzicija a u stvari je bio legalna pljačka imovine koju je stvarala radnička klasa decenijama, a u interesu multinacionalnog kapitala za čije interese se NATO i bori. Taj retrogradni proces je doveo do propadanja srpske ekonomije, prelazak privrednih preduzeća u ruke stranih i domaćih tajkuna. Stotine hiljada ljudi je ostalo bez posla a radni ljudi jedva sastavljaju kraj sa krajem zbog ekonomske sistemske krize koju su izazvale finansijske vrhuške najmoćnijih zemalja članica NATO.
NATO je zločinačka imperijalistička vojna ogranizacija koja je izvršila brojne nepravedne invazije na mnoge zemlje sveta. Poslednji u nizu tih ratova su oni u Avganistanu, Iraku i sada u Libiji.
S obzirom na sve nabrojano a i na mnoge dobro poznate stvari o zločinačkim delima NATO imperijalista sasvim je jasno da Srbiji nije mesto u toj vojnoj alijansi. Ako bi se to ipak desilo, to bi bilo pogubno i za zemlju i za narod. Srbija i njeni vojnici bi postali deo imperijalističke soldateske sa zadatkom da okupiraju slobodoljubive zemlje i narode. Tako nešto nikada nije bilo svojsveno narodu Srbije i ne treba da bude ni sada. Većina naroda u Srbiji je protiv ulaska u NATO i buržoaski političari moraju da poštuju volju naroda. Ako bi Srbija postala deo NATO srpski vojnici širom sveta bi ginuli za interese multinacionalnog kapitala, istog onog koji je uništio SFRJ, izvršio agresiju na SRJ i okupirao Kosovo. Takođe, Srbija bi postala omražena među slobodoljubivim zemljama i narodima u svetu a našla bi se na udaru raznih terorističkih organizacija koje se iz sopstvenih razloga sukobljavaju sa NATO. Ništa od toga građanima ne treba, pa im tako ne treba ni samit NATO u Beogradu. Zadatak svih progresivnih i antiimperijalističkih snaga je da se ujedine i da jasno poruče i Vladi Srbije i NATO, Srbiji ne treba NATO- NATO napolje iz Srbije.

Ne NATO samitu u Beogradu!
Ne ulasku Srbije u NATO!
NATO napolje iz Srbije! 




ANTI NATO KAMPANJA


Protest protiv NATO konferencije u Beogradu 13-15. juna

Pozivamo vas da nam se pridružite u protestu protiv namere vlasti da Srbiju priključi NATO alijansi - namere kojoj se protivi ogromna većina stanovništva. Ministar odbrane Dragan Šutanovac najavio je da će se 13-15. juna održati NATO konferencija u Beogradu koja će za cilj imati razgovor o budućim aktivnostima NATO-a. Pozivamo sve slobodarske organizacije, iz zemlje i inostranstva, da udruženim snagama pružimo otpor održavanju ove konferencije. Udružimo se u borbi protiv prisiljavanja Srbije da se priključi vojnom savezu koji čini zločine širom sveta zarad imperijalističkih interesa.


Pre samo dvanaest godina naši gradovi bili su bombardovani, a civilne žrtve zavedene kao kolateralna šteta. Uprkos mogućnosti da se konflikt na Kosovu razreši na miran način, od Srbije je tokom pregovora u Rambujeu zahtevano da prihvati prisustvo stranih vojnih trupa na svojoj teritoriji - što je značilo pristati na vojnu okupaciju. Postavljajući uslove na koje ne bi pristala nijedna slobodna zemlja, predstavnici NATO-a sabotirali su mogućnost mirnog razrešenja konflikta između Srba i Albanaca – i tako sebi dali zeleno svetlo za početak bombardovanja. U tom konfliktu nijedna od sukobljenih strana nije bila nevina, ali nijedna nije zaslužila ni tako brutalnu odmazdu usmerenu najpre prema civilnom stanovništvu. Nedavno otkriće da je OVK bila umešana u trgovinu ljudskim organima razbilo je dugogodišnji mit o postojanju nevine strane u kosovskom sukobu. Kada im je to odgovaralo, Sjedinjene Američke Države skinule su OVK sa sopstvene liste terorističkih organizacija i proglasile ih borcima za slobodu, iako se radilo o jednoj nacionalističkoj i nehumanoj organizaciji. 

U intervenciji NATO protiv bivše SR Jugoslavije poginulo je oko 3.500 ljudi, dok je oko 10.000 ranjeno i povređeno. Bez odluke Saveta bezbednosti Ujedinjenih Nacija, vazdušni napadi trajali su skoro tri meseca. Uništavani su ne samo vojni ciljevi, već i energetska postrojenja, mostovi, vozovi, itd. NATO alijansa koristila je i zabranjeno naoružanje – 36.000 ''kasetnih bombi'' i 15 tona municije sa radioaktivnim primesama, kojom je bombardovano ukupno 112 lokacija. Materijalna šteta se procenjuje između 30 i 100 milijardi dolara. Bombardovane su izbegličke kolone, spomenici kulture, bolnice, rafinerije, zgrada nacionalne televizije, itd. 

Pretpostavljamo da je jedan od ciljeva bombardovanja Jugoslavije bio dokazati da se primenom vojnih sredstava mogu ostvariti politički ciljevi. Pustošenjem Jugoslavije inaugurisan je koncept borbe za ljudska prava koji ne preza ni od uspostavljanja sve većeg broja kriznih žarišta ni od upotrebe oružja od kojeg će stradati najpre civili. Sledećih godina smo na Bliskom Istoku, u Avganistanu, kao i nedavno u Libiji, videli tragičan ishod takvog uverenja – bezbroj nedužnih ljudi stradalo je kako bi Sjedinjene Američke Države nekom nametnule ''demokratiju''. I samo bombardovanje Srbije moglo bi se smatrati uspehom u borbi za ljudska prava; pod uslovom da se kao legitimno prihvati proterivanje stotina hiljada ne-Albanaca po dolasku NATO trupa na Kosovo. I danas se osobe izbegle sa Kosova, prema Sporazumu o readmisiji, iz inostranstva proteruju u Srbiju, jer im na Kosovu niko ne garantuje bezbednost. Na koji način su onda postignuti humani ciljevi proklamovani pre bombardovanja!?


Verujemo da je NATO izvor nestabilnosti i konflikta, a ne stabilnosti i razumevanja među narodima. Za ovu destruktivnu alijansu čitav svet je samo pozornica za sprovođenje vojnih akcija - dovoljno je neprijatelja optužiti za podršku ''međunarodnom terorizmu'', ili nameru pružanja takve podrške, i snažna medijska kampanja već će se postarati da opravda svaku intervenciju. Smatramo da je NATO instrument represije bogatih zemalja nad siromašnima - instrument koji siromašne treba da drži u pokornosti zarad eksploatacije prirodnih resursa i jeftine radne snage. Cilj NATO-a je proizvodnja kontinuiranog rata, ostvarivanje dominacije nad značajnim geostrateškim tačkama, i uništenje lokalnih pokreta otpora – što je sve praćeno neprestanom propagandnom koja za cilj ima opravdanje njegovog postojanja. NATO je činilac povećavanja nejednakosti pod parolom borbe za demokratiju i ljudska prava. On pospešuje implementaciju neoliberalnog ekonomskog poretka koji, između ostalog, podrazumeva degradaciju stečenih radničkih prava, sve veće klasno raslojavanje, dominaciju korporativnih interesa, itd. Uloga NATO-a je i u održavanju društveno-ekonomskih uslova u sadašnjem stanju koje nije nimalo povoljno za obične ljude osiromašene u procesu deindustrijalizacije i pada životnog standarda.
  
Vodeće članice NATO-a svojim delovanjem opstruišu Ujedinjene Nacije - jedinu međunarodnu organizaciju koja bi mogla imati legitiman mehanizam međunarodnog delovanja. Vodeća članica NATO-a – Sjedinjene Američke Države – poznata je po dugoj tradiciji zloupotrebe ljudskih prava kao sredstva za ideološko i političko ratovanje. NATO se, uostalom, angažuje u rešavanju konflikata jedino ukoliko u tome nalazi neki interes. Nasilje politički podobnih diktatora po pravilu ne nailazi ni na kakav otpor. Poznata je Ruzveltova opaska na račun nikaragvanskog diktatora Somoze: ''On je možda kučkin sin, ali je naš kučkin sin''. Progon Kurda u Turskoj i okupacija dela Kipra, kao i podrška vojnim diktaturama u Južnoj Americi od 50-ih do 80-ih, pokazuje da je NATO neprincipijelna organizacija koja ne drži do ljudskih prava već do interesa svojih najmoćnijih članica.
  
Oportunistička opravdanja za pristupanje NATO paktu neadekvatna su – i uglavnom su deo propagande interesnih grupa i plaćenih lobista:
  
- Države članice NATO-a možda imaju demokratske principe za kućnu upotrebu, ali u odnosu prema drugim zemljama njihove vojne akcije su nedemokratske: one potkopavaju legitimne međunarodne institucije i sprovode se samo zarad osvajanja sirovina, tržišta, resursa, energenata, i radne snage, kao i zarad kontrole stabilnosti ovih faktora. Međutim, i argument o demokratičnosti članica NATO-a otpada kad se prisetimo da se među osnivačima NATO-a našao Portugal, pod tadašnjim diktatorskim režimom. Turska, još jedna članica NATO-a, daleko je čak i od privida demokratije kakav imaju zapadne države.
  
- Argument o potrebi pristupanja NATO-u da bi Srbija bila primljena u EU, neubedljiv je koliko i argument da treba dozvoliti uzgajenje Genetski modifikovane hrane kako bismo bili primljeni u Svetsku trgovinsku organizaciju. Radi se o propagandnom triku NATO lobista koji nije potkrepljen nikakvim činjenicama. Finska, Švedska, Austrija, Malta, Kipar i Irska članice su EU a nisu članice NATO-a, dok je Norveška članica NATO-a a odbija da pristupi EU.
  
- NATO je potpuno neefikasan u spasavanju ugroženih civila. U Libiji je u više navrata NATO bombardovao sopstvene saveznike – pobunjeničke snage (verovatno kako bi uništio potencijalni otpor koji bi se javio po svrgavanju Gadafija). U Jugoslaviji je početkom NATO bombardovanja konflikt samo još više eskalirao – tokom bombardovanja albanski civili bili su proterani na makedonsku granicu a nakon bombardovanja ne-albanski civili su proterani sa Kosova uprkos bezbednosnim snagama NATO-a stacioniranim na kopnu.
  
- Argument da pristupanje NATO-u pojeftinjuje odbrambene potrebe jedne države proizilazi iz računice koja uzima u obzir najkatastrofalniji scenario. Umesto da se razgovara o demilitarizaciji, međusobno kontrolisanom razoružavanju i smirivanju konflikta, NATO potpiruje paranoične vizije budućnosti u kojima se podrazumeva da će preživeti samo oni koji se nađu pod njegovim okriljem.
  
- Odlučivanje unutar NATO-a nije nimalo demokratsko već je uslovljeno snagom pojedinih članica. One zemlje koje ekonomski zavise od drugih, mogu samo da podrže predloge vodećih članica – i to, po mogućstvu, dobrovoljno. Prilikom odlučivanja vrše se u pozadini jaki pritisci na članice kako bi se usvojila predložena agenda. Članstvo u savezu, dakle, podrazumeva ograničenu a ne punu ravnopravnost. Postoje brojni mehanizmi da se zaobiđe formalni princip odlučivanja konsenzusom a sve je veće nastojanje da se ograniči pravo veta, kako nove članice ne bi mogle da otežavaju donošenje odluka. O tome najbolje svedoči izjava Nikolasa Brnsa (predstavnika SAD-a u NATO-u): ''O velikim političkim pitanjima se sasvim sigurno neće odlučivati u Savetu NATO-a''. Osim toga, izjava Medlin Olbrajt: ''Delovaćemo multilateralno (zajednički), ako je to moguće i unilateralno (jednostrano) ako je to neophodno'', najbolje oslikava stav da će mišljenje drugih članica biti ignorisano ukoliko se ne poklapa sa stavom SAD-a.
  
-Tokom devedesetih vojna proizvodnja članica NATO sačinjavala je 80% ukupne svetske vojne proizvodnje – tolika industrija zahteva i tržište na kojem bi se roba plasirala i upotrebljavala – pa u tome treba tražiti razlog opstanka NATO i nakon okončanja Hladnog rata. NATO ustvari čini sve kako bi produbio i produžio krize naizgled podržavajući ideju smirivanja sukoba i zaštitu civila. Drugi razlog je potreba SAD-a da očuva dominaciju u evropskim i svetskim odnosima – odnosno odbrana ekonomsko-političke nadmoći zapadnih zemalja. 
  
-Članice NATO su i nuklearne sile što povećava mogućnost strateškog raspoređivanja nuklearnog oružja i na teritoriju novih članica. Pored povećanja rizika od nuklearnog rata, povećava se i mogućnost da se nuklearna odmazda sprovede nad potčinjenim članicama NATO-a. Nova politika NATO propisuje čak i delovanje nuklearnim oružjem u preventivne svrhe – za te svrhe u planu je bio rad na razvoju manjih nukelarnih bombi namenjenih za preciznu upotrebu na ograničenom prostoru. 
  
U susednoj Hrvatskoj ispitivanja javnog mnjena pokazala su da 70% stanovništva smatra da se o ulasku u NATO treba odlučivati putem referenduma. Istovremeno, 124.000 stanovnika potpisalo je zahtev za raspisivanjem referenduma, iako su organizatori inicijative bili suočeni s potpunim medijskim ćutanjem, kao i sa nedostatkom novca i resursa. Uprkos tome, Hrvatska je postala članica NATO-a bez ikakve ozbiljne javne rasprave. U Crnoj Gori, takođe, vlast je ta koja trenutno ulaže ogromna sredstva da bi promovisala priključivanje NATO alijansi. Njihova delatnost je u skladu sa preporukama iz NATO-a da je raspisivanje referenduma nepotrebno, kao i zahtevom da potencijalne članice poprave stav javnosti prema savezu. Janezu Drnovšeku, premijeru a zatim predsedniku Slovenije, predstavnici SAD-a poručili su da NATO želi poslušne članice koje ne stvaraju političke probleme (Delo, 2002). U Srbiji ministar Šutanovac smatra da o tako važnom pitanju ne treba davati narodu da odlučuje, jer, po onome što je izjavio, narod ne razume reformiste kao što su on i svojevremeno Vuk Karadžić.
  
Delegati NATO članica će 13-15. juna u Beogradu odlučivati o budućim aktivnostima NATO alijanse. Smatramo da je jedina budućnost koju NATO treba da ima - momentalna obustava svih aktivnosti, a zatim rasformiranje te nelegitimne i genocidne alijanse.


  
Ne u naše ime! Ne u našoj zemlji!




RESTAURAZIONE

<< Il principe ereditario Alexandar Karadjordjevic, attuale padrone di casa, >> ha riaperto la sua reggia a Belgrado. Per decenni, Sua Maestà era stato tristemente messo fuori dalla porta e l'edificio era utilizzato solamente per le funzioni di rappresentanza della Presidenza della Repubblica Federativa e Socialista di Jugoslavia. Finalmente << dai cambiamenti democratici del 2000 >> la reggia è << luogo di raduno delle persone più influenti di questo paese, con diversi ricevimenti per lo più di carattere umanitario >>, quale ad esempio la distribuzione di brioches agli ex operai della Zastava. 


(a cura di Italo Slavo)


(Sullo stesso tema del clerico-nazismo croato rimandiamo anche 
al recente contributo di C. Carpinelli, dedicato a Marco Aurelio Rivelli, "Chiesa e nazionalismo in Croazia", apparso su «RS» n.111/2011:
nonché a tutta la documentazione da noi raccolta alla pagina:
Autore dell'articolo che segue è Walter Peruzzi)



Le carte false di Benedetto


Posted on giugno 7th, 2011


Fin dalla partenza, e poi per tutto il viaggio in Croazia, Benedetto XVI ha ripetuto come un disco rotto uno dei suoi mantra preferiti, quello sulla sacralità della “vera” famiglia, contrapposta alle diaboliche coppie di fatto. Ciò ha relegato in secondo piano il fatto che, nella cattedrale di Zagabria, sia andato a pregare sulla tomba del cardinale Stepinac, beatificato di recente da Giovanni Paolo II.


Un grande “umanista”…

A Gian Guido Vecchi che gli chiedeva, per conto del “Corriere”, quale è « l’importanza della sua figura oggi», Benedetto ha risposto che Stepinac è « un grande pastore, un grande cristiano e così anche un uomo di un umanesimo esemplare» che dovendo vivere « in due dittature contrastanti ma entrambe antiumanistiche» (quella degli ustascia e quella di Tito) « ha lottato per la fede, per la presenza di Dio nel mondo, per il vero umanesimo», combattendo «due lotte diverse e contrastanti» E proprio questo ne fa un «grande esempio non solo per i croati ma per tutti noi» (4 giugno).

Senonché Stepinac, arcivescovo di Zagabria, non fu affatto un oppositore sia dei fascisti Ustascia, sia dei comunisti come vorrebbe far credere Benedetto, raccontando bugie a palate.


… o l’arcivescovo del genocidio?

«Stepinac», scrive Cosante Mulas Corraine (La verità sui fatti serbo- croati negli anni quaranta), «fu al fianco dei fascisti Ustascia fin dal primo momento (come ha dimostrato senz’ombra di dubbio V. Novak, Principium et Finis veritas), da quando, cioè, il 10 Aprile 1941 ebbe luogo l’occupazione tedesca di Zagabria insieme alla proclamazione dell’indipendenza della Croazia dal regno di Jugoslavia» con a capo Ante Pavelic, cattolico fanatico ricevuto e benedetto da Pio XII che il 26 giugno 1941 «accolse in pompa magna l’episcopato cattolico guidato da Stepinac, cui promise “dedizione e collaborazione in vista dello splendido futuro della nostra patria”». Ciò si tradusse nella ricattolicizzazione forzata della Croazia, condotta con l’appoggio dell’episcopato cattolico e dello stesso Stepinac instaurando un regime di terrore condannato perfino dai fascisti e dai nazisti.

Il 17 Febbraio 1942 il capo dei Servizi di Sicurezza scrisse al comando centrale delle SS: «È possibile calcolare a circa 300.000 il numero dei Pravoslavi uccisi o torturati sadicamente a morte dai Croati» (dagli archivi della Gestapo).

La complicità e la diretta partecipazione di Stepinac agli orrendi massacri commessi da Pavelic ai danni di ebrei, serbi e dello stesso clero ortodosso, è stata  poi ampiamente documentata anche da Marco Aurelio Rivelli nel libro L’arcivescovo del genocidio, Kaos, 1999.


Da “ustascia” a “martire”

«Alojzije Stepinac», ricorda Sergio D’Afflitto recensendo nel 2005 questo libro, «ebbe un ruolo di primo piano nella creazione e nel consolidamento della dittatura ustaša e, successivamente, nel tentativo di evitare che la Croazia tornasse sotto il legittimo governo jugoslavo. Quello che i suoi agiografi tacciono accuratamente è che egli fu anche membro del parlamento e capo dei cappellani militari, decorato al merito con la massima onorificenza ustascia. Un antisemita al cubo, che arrivò a dichiarare: “ho fatto notare in Vaticano che le leggi ustaša varate contro il crimine dell’aborto giustificano le leggi contro gli ebrei, i quali sono in Croazia i più grandi difensori, i più frequenti esecutori di questo crimine”. Tanto coraggioso prima dell’arrivo di Tito quanto pusillanime dopo, una volta finito sotto processo per tradimento (in quanto formalmente cittadino jugoslavo che aveva cospirato contro la propria nazione): interrogato perché avesse accettato l’onorificenza, non si vergognò di rispondere che“se avessi rifiutato la massima onorificenza militare ustaša, sarebbero successe delle cose ancora più terribili… Noi abbiamo stabilito in modo chiaro i principî delle conversioni, gli ortodossi erano liberi e nello stato spirituale di convertirsi o meno”, senza rendersi conto della plateale contraddizione: infatti, il pubblico ministero gli contestò che non era pensabile che un uomo del suo rango non potesse rifiutare un’onorificenza per timore di cose terribili, laddove, a dire dello stesso Stepinac, perfino i serbi potevano liberamente scegliere senza conseguenze se diventare ortodossi o meno. Il vile Stepinac non rispose».

Nonostante questo fu condannato a una pena molto lieve e uscì dal carcere dopo qualche anno. Ma tanto bastò alla Chiesa, quella stessa che oggi lo rappresenta come un “umanista”, a esibirlo come “martire” e a farlo poi “beato” in vista di santificarlo quanto prima.

Andrà così ad aggiungersi a altri assassini, come Pio V, Pio IX o Carlo Borromeo, che la Chiesa ha elevato all’onore degli altari facendo carte false, nel vero senso della parola, cioè occultando e falsificando i dati storici – che sono ben diversi da quelli raccontati ai creduli fedeli da Benedetto XVI e da altri bugiardi della sua risma.



(english / italiano)


NATO a Belgrado


Cade oggi il 12.mo anniversario della fine dei bombardamenti della NATO sulla RF di Jugoslavia:
Dopo quei bombardamenti, le truppe NATO occuparono militarmente la regione del Kosovo, strappandola di fatto alla Jugoslavia e alla Serbia e consegnandola formalmente nelle mani dei terroristi pan-albanesi (UCK) che avevano fino ad allora fatto le veci delle "truppe di terra". Nel 2008 alcuni paesi NATO hanno anche riconosciuto il Kosovo, etnicamente "ripulito" dai serbi e dalle altre componenti nazionali nonché dai cittadini di lingua albanese contrari alla secessione, come "stato indipendente":
L'instaurazione di regimi filo-occidentali sia in Serbia che in Montenegro ha anche causato lo smembramento della Federazione nelle due parti rispettive, ripristinando così l'ordine che nel 1941-1943 era stato imposto dai nazifascisti:
Oggi la NATO può comportarsi da padrona anche a Belgrado, dove per i prossimi 13-15 giugno è previsto il vertice dell'organizzazione.


0) LINK E INIZIATIVE

1) NEWS

2) Remorse - NATO officier Chris Kas repented 12 years after the bombing of Serbia

3) Serbia and NATO - Roundtable - 23 March 2011
Serbia should preserve military neutrality – NATO membership issue to be decided by referendum only
Conference proceedings available at www.beoforum.rs


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LINK E INIZIATIVE:
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Nećemo NATO skup u Beogradu!

http://www.youtube.com/watch?v=AwuUO-23150

http://www.antinato.in.rs/

(sito della Campagna contro il vertice NATO a Belgrado, promossa da ambienti anarchici che hanno anche organizzato la seguente manifestazione:)

PROTEST PROTIV NATO SKUPA U BEOGRADU - 12. JUN 2011

domenica 12 giugno · 18.00 - 21.00
Luogo: Plato ispred Sava Centra, Novi Beograd
Creato da: Nećemo NATO skup u Beogradu

Maggiori informazioni:
NATO i srpka vlast organizovaće najveći NATO skup do sada (Konferencija o strateškom vojnom partnerstvu), u Beogradu od 13. do 15. juna ove godine (zvanična informacija: http://www.mod.gov.rs/smpc/sr/)
Sama činjenica da taj militaristički savez održava konferenciju na tako visokom nivou i sa takvim strateškim značajem, predstavlja dovoljan razlog za organizovanje velikog protesta, na kom bi narod Beograda i Srbije, kao i ljudi iz drugih zemalja koji žele da izraze međunarodnu solidarnost, pokazali svoje protivljenje NATO i njegovim strateškim planovima.

(ricevuto via Facebook)

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NATO’s crimes from Kabul to Belgrade


ZA SRBIJU BEZ NATO-a! / FOR SERBIA FREE OF NATO!


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White Books about NATO aggression against the Federal Republic of Yugoslavia - FULL DOWNLOADABLE


NATO Crimes in Yugoslavia - Documentary Evidence 24 March - 24 April 1999 - Part One

Online preview:
http://www.beoforum.rs/white-book/nato-crimes-in-yugoslavia-documentary-evidence-24-march-24-april-1999

FREE DOWNLOAD (HQ PDF ebook for printing):

ISBN-86-7549-124-7.part1.rar (700 MB)
http://www.megaupload.com/?d=AM1KCBAS
ISBN-86-7549-124-7.part2.rar (326.66 MB)
http://www.megaupload.com/?d=77U06ZNC

(You need to download both files and then extract)

NATO Crimes in Yugoslavia - Documentary Evidence 25 April - 10 June 1999 - Part Two

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NATO AGGRESSION AGAINST THE FEDERAL REPUBLIC OF YUGOSLAVIA - Documents Part One

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NATO AGGRESSION AGAINST THE FEDERAL REPUBLIC OF YUGOSLAVIA - Documents Part Two

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NEWS:
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Al giorno d’oggi fu abbattuto “l’invisibile” F-117A

27 marzo 2011

Il cacciatore bombardiere F-117A, usato nei bombardamenti NATO contro l’allora Repubblica Federale di Jugoslavia, fu abbattuto al giorno d’oggi nel 1999 nei pressi di Ruma, nella Serbia settentrionale. L’aereo che fino ad allora veniva chiamato “l’invisibile” fu abbattuto dalla contraerea serba grazie ad una piccola innovazione tecnica. Il comandante dell’unità era il colonnello Zoran Dani. (fonte: glassrbije.org )

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http://www.independent.co.uk/life-style/history/a-day-that-shook-the-world-nato-accidentally-bombs-the-chinese-embassy-2257269.html

[Video at URL above.]

The Independent - March 30, 2011

A Day That Shook The World: Nato accidentally bombs the Chinese embassy

On 7 May 1999, Nato warplanes on a mission to bomb Belgrade accidentally hit the Chinese embassy, killing three journalists and nearly dragging them into the war on the Serbian side. 
Beijing did not believe the attack to be a mistake, so NATO found itself desperately scrabbling to make amends. 
The diplomatic crisis did not grow into a military one, but it did prolong the Kosovo conflict, causing no small extra friction with an angry China - whose citizens demonstrated in their droves. 

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http://www.adnkronos.com/IGN/Aki/English/Politics/Balkans-Bill-Clinton-gaffe-mixes-up-Montenegro-and-Macedonia_312047576233.html

ADN Kronos International - May 23, 2011

Balkans: Bill Clinton gaffe mixes up Montenegro and Macedonia 

Podgorica: Former US president Bill Clinton became a laughing stock in the Balkans this weekend after he confused Montenegro - his host - with Macedonia. 
Clinton made the gaffe during a speech in the Montenegro tourist resort of Budva by saying he was glad to be in Macedonia - another small Balkan country.
"If its problems are confronted in the right way, the future of the region will be bright, “including the future of Macedonia whose beauties are breathtaking,” Clinton said. “Don’t blow it and God bless you,” he said, triggering guffaws of laughter among his audience. 
His gaffe sparked a wave of comments on media forums in Serbia and Montenegro, ridiculing him.
“Poor man, he doesn’t even know where he was,” said one commentator.
“He must be in love again,” said another commentator, referring to Clinton’s love affair with White House staffer Monica Lewinski. “Too bad he didn’t bring Monica.”
“It’s shocking and sad to see what kind of people are ruling this world,” several commentators said.
Clinton was honorary guest at the weekend at a meeting in Budva on Balkans problems and perspectives, organised by the government of Montenegro and a private business company the “Atlas group”.
The meeting marked the fifth anniversary of Montenegro's independence from state union with Serbia and participants paid up to one thousand euros to attend. 
Clinton received an honorary doctor’s degree from a private university in Montenegro.
Clinton was the main driving force in 1999 NATO bombing of Serbia and Montenegro and animosities against him are still running high.

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http://www.focus-fen.net/index.php?id=n250971

Focus News Agency - May 30, 2011

Unexploded NATO projectile discovered during reconstruction work in Serbia

Belgrade: Workers reconstructing a section of the Fiat automobile complex in the central Serbian city of Kragujevac discovered an unexploded projectile, dating from the NATO bombing of Serbia in 1999, Xinhua informs.
The projectile was uncovered by a bulldozer operator, digging up a section of a parking lot near the entrance of one of the buildings in the original Zastava automobile complex. Fiat purchased the damaged and largely defunct company in 2010. Police cordoned off the area.
According to Bojan Tomic, head of the Emergency Services in Kragujevac, an expert team is scheduled to arrive on Monday to identify the projectile and to determine how best to deactivate or dispose of the unexploded ordnance.
During the NATO bombing campaign of Yugoslavia, the Zastava facilities were targeted on two separate occasions, unleashing more than 30 missiles.
On the evening between April 8 and 9, 1999, the truck plant and the auto assembly facility sustained significant damage. On Easter, a few days later, the forge, paint shop, an administrative building and tool crib storage facility were completely destroyed. 

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http://www.focus-fen.net/index.php?id=n251044

Focus News Agency - May 30, 2011

We want Western Balkan states integrated into Euro-Atlantic structures: NATO chief

Desislava Antova

Sofia: "We all would like to see Western Balkan states completely integrated into the Euro-Atlantic structures. I think the recent arrest of Ratko Mladic is a very important step," NATO Secretary General Anders Fogh Rasmussen said after meeting with Bulgarian President Georgi Parvanov in Sofia, FOCUS News Agency reported.
“First, his arrest sends a very clear message that war crimes are punished sooner or later and second, which is not less important, the arrest removes a very important hurdle on Serbia’s path to the European Union and NATO membership,” said Rasmussen.
“I want to see a stronger and more reinforced cooperation between Serbia and NATO,” he said.
He noted there could be skepticism about NATO in the Serbian society because of historical reasons.
“I would like to send a very clear message to the Serbian people – your future is in a productive and mutually beneficial cooperation between Serbia on the one hand and the EU and NATO on the other, which might lead to full-fledged membership in both organizations. I can assure you we are friends of the Serbian people today. You must not suffer from the mistakes made in the past,” said NATO chief.
“Thanks to the NATO intervention in the Balkans, the peoples of the Western Balkans can live in peace, security and stability. We managed to oust an autocratic system and assist the development of freedom and democracy. Now we call on you to try to use the maximum potential of the opportunities you have. You can do this by drawing closer to the EU and NATO. In this respect, I believe Bulgaria can play a constructive role in the region,” underlined Anders Fogh Rasmussen.

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http://en.rian.ru/russia/20110602/164388407.html

Russian Information Agency Novosti - June 2, 1011

Russia against pressure on Balkan states to join NATO - Lavrov

Moscow: Russia is against external pressure on Balkan countries to join NATO, Foreign Minister Sergei Lavrov said on Thursday.
Lavrov commented on a statement by NATO Secretary General Anders Fogh Rasmussen, who said on May 30 that all Balkan countries should join the alliance as they belong to the Euro-Atlantic structures.
"We believe that the accession to a military, political or some other organization is a sovereign right, and there must be no artificial external influence on this sovereign choice," Lavrov said at a joint news conference with his Bulgarian counterpart Nikolai Mladenov in Moscow.
Lavrov added that countries joining NATO automatically become members of the Russia-NATO Council, which operates on principles of indivisible security.
"According to these principles, none of the Russia-NATO Council member states must ensure national security at the expense of the security of others. This is a key element of the European security process for us," he said.
The Bulgarian foreign minister said, however, that all Balkan states should have the opportunity to join NATO.
"It is of paramount importance that our Balkan neighbors become a part of the European security system and share economic opportunities created by the European Union," Mladenov said.
The Balkan states include Albania, Bosnia and Herzegovina, Bulgaria, Croatia, Greece, Macedonia, Romania, Slovenia, Serbia and Montenegro.
Greece joined NATO in 1952. Bulgaria, Romania and Slovenia became NATO members in 2004.
Albania and Croatia joined NATO in April 2009, and in December 2009 Montenegro was granted a Membership Action Plan (MAP) status, which is designed to assist those countries that wish to join the alliance.
NATO foreign ministers agreed in April this year to conditionally invite Bosnia and Herzegovina to join the MAP.
The accession of Macedonia to NATO is pending since the 2008 Bucharest summit. NATO nations agreed that the country would receive an invitation upon resolution of the Macedonia naming dispute with Greece.
Serbia claims that the membership in the NATO Partnership for Peace Program (PfP), which Serbia joined in December 2006, is "the proper scale" of its relations with the alliance.


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Remorse - NATO officier Chris Kas repented 12 years after the bombing of Serbia

Former officer in the NATO force in Kosovo and Metohija, Christian Kas (Kristian Kahrs), has publicly asked forgiveness of the Serbian people because of the evil that they had been subjected to during and after the 1999 bombing. 

At the crime scene ... Kas now lives in Belgrade and he is sorry for the injustices inflicted on the Serbs

Kas is the rank of Major 2000th The spent six months in Kosovo in the KFOR mission.
- A month ago I saw the Serbs from Kosovo in a refugee camp near Resnik Crabs and then I realized how much we have caused harm to people here. More than ten years, I felt a collective responsibility because we did not defend the Serbs in Kosovo. However, after that visit the camp I felt a personal and moral responsibility since I was a senior officer in NATO. I want to publicly ask for forgiveness from the Serbian people. We were unable to protect them from the Albanians, we are totally failed in its mission. We are responsible for ethnic cleansing, under our supervision have been expelled more than 250,000 Serbs and other non-Albanians - began Kas story for the Press.
Norway welcomed the start of the bombing of the military exercises of his army, and soon after he arrived in Kosovo. According to UN Resolution 1244, Kas was part of a mission that was supposed to protect minority populations from the persecution of Albanians.
- In early January 2000. year I arrived in Kosovo. I stayed there for six months and I worked on the staff as an officer for notification. I was a spokesman for KFOR, and in my responsibilities was the official site of the mission. I watched closely to make big mistakes in the field. I watched as the force of law enforcement, as we are too busy on the role of liberators Albanians. We were too discouraged when we were allowed to transform the KLA into the Kosovo Protection Corps and then in Kosovo police.

Black Balance:

  • 78 days time the bombing of Yugoslavia, from 24 March to 10 June 1999.
  • 3,500 people killed
  • 89 children killed
  • 1031 member of the military and police killed
  • 12,500 people injured
  • 2,700 children were injured
  • 19 countries participated in the aggression
  • 2300 air attacks carried out
  • 995 facilities attacked
  • 1150 combat aircraft participated
  • 420 000 projectiles were fired
 

Kas said he did not know much about Serbia before the arrival of the mission. He was shocked by some of the details that he has learned.
- I was preparing to institute under the Ministry of Foreign Affairs of Norway. There I met a lot of scientists who knew the situation in the Balkans. He was a prominent opponent of the bombing, told me that the authorities in Kosovo holds the mafia, that organized crime is widespread. He told me that there are data that suggest that the Albanians were the main heroin dealers in Norway. Later I was convinced of the truth of it - says Kas.
He remained as an officer of NATO in Kosovo by July 2000. year. After leaving military service he returned to Kosovo as a freelance journalist and remained there until February 2001. year.
- I will never forget the 16th February 2001. year. Then the terrorist attack occurred on the bus "Nis Express" in Podujevo. The attack was carried out Florim Ejupi. Then killed 12 Serbs. I was only an hour and a half after the massacre, and I saw bodies of killed Serbs, including the body of a child. Then I decided to leave. I moved to Serbia, where they still live and work as a freelance journalist. I do not want to go back to Norway, I want to live in Serbia - ending his confession Christian Kas.


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Serbia and NATO - Roundtable - 23 March 2011


Serbia should preserve military neutrality – NATO membership issue to be decided by referendum only


It is in the lasting interest of Serbia to retain and reinforce military neutrality that was instituted by the decision of the National Assembly – is the key message of the participants in the Roundtable titled “Serbia and NATO”, held on the occasion of the 12th anniversary of launching of NATO aggression against Serbia (the FRY). NATO should not be ignored, but in mutual relations experiences from the past two decades must not be forgotten. NATO 1999 aggression was a crime against peace and humanity which marked Alliance’s turning point from a defensive into an offensive military block. NATO strategy aims at domination rather than democratization in international affairs. As demonstrated by all the aggressions and occupations committed so far, from the 1999 aggression on Serbia (the FRY), through Afghanistan, Iraq and nowadays Libya, these are but façade for taking control of energy and strategic minerals resources. NATO defends and tries to impose uni-polar world relationsin spite of global changes introducing multi-polar world order.
These are some of the positions and views presented in addresses of the participants in this Roundtable.

The Partnership for Peace (the PfP) that Serbia joined in 2006, at the Riga Summit, is quite sufficient framework for the mutual Serbia - NATO. Tactics of a “crawling” joining the Alliance is quite unacceptable. Serbia’s membership to NATO would bring much more detriment and risks upon Serbia than benefits. The concept of a balanced foreign policy requires a balanced security policy that is inexistent at present – was a unanimous view of speakers and participants in hours-long discussion.

Relations between Serbia and NATO are a strategic issue of the utmost national importance. This is supported by independent surveys, which show that more than 70% of Serbian citizens are against Serbia’s membership to the Alliance. The state leadership is obliged to respect this position. If the issue of Serbia’s membership to NATO ever comes to the agenda, it can only be decided only by citizens of Serbia at referendum.

The venue for this Roundtable was the Ceremonial Hall of the Municipal Assembly of Novi Beograd City Hall, and it was attended by several hundred guests from the country and from abroad. Exhibition of photos and books depicting the consequences of the 1999 NATO aggression accompanied the round table.

The events have been jointly organized by the Belgrade Forum for a World of Equals, the Club of Generals and Admirals, and the War veterans association of Serbia.

The participants paid tribute to the victims of aggression, recalling that, during 78-day long, incessant bombing, over 3,500 people were killed and additional 12,000 wounded. They recalled that 89 children lost their lives of NATO bombes; the infrastructure, economy, and public services were devastated; the use of depleted uranium, cluster and graphite bombes, destruction of chemical factories inflicted indiscriminate long-lasting consequences to the population and environment.

The participants gave full support to the Report of Mr. Dick Marty and the ensuing Resolution of the Council of Europe to the effect of establishing  the truth about human organs harvesting of Serbs from Kosovo and Metohija abducted and killed by the terrorist KLA. The participants demanded action and full contribution of relevant state bodies of Serbia. Serbia and Serbian media have a moral obligation to counter any attempt to water down this initiative of Dick Marty and the Council of Europe.

Among the participants of the Round table were Prof. Radovan Radinović, Vladislav Jovanović, Zivadin Jovanovic, Zoran Vujić(Assistant Minister of Foreign Affairs), Dr Stanislav Stojanović (Head of the Strategic Planning Department of the Minsitry of Defense), General Jovo Milanović, retired, Prof. Dr. Branko Krga, Prof. Dr. Peter Strutinski (Germany), Prof. Đorđe Vukadinović (“New Serbian Political Thought”), Dr Srđa Trifković, (“Chronicle”, the USA), Prof. Miodrag Zečević, Milovan Drecun, and others.

This Roundtable was also attended by several foreign diplomats accredited in Serbia.

The papers of the speakers will be published as the Roundtable Report and also uploaded to the website of the Belgrade Forum for a World of Equals, at: (www.beoforum.rs).





Comune di Casalecchio di Reno
Area Comunicazione e Servizi al Cittadino
Ufficio Stampa

Casalecchio delle Culture
Ufficio Stampa
E-mail stampa@...


COMUNICATO STAMPA


Martedì 7 giugno 2011, ore 20.45 – Casa per la Pace

150 anni d'Italia… 100 anni di colonialismo

Un dibattito a più voci sul progetto coloniale nel passato e nel presente


Il colonialismo è un fenomeno del passato, oppure un progetto politico ed economico che si estende fino al presente – e di conseguenza, perché parliamo di colonialismo oggi? Un'occasione per approfondire il tema, con particolare riferimento al nostro Paese, che ha spesso rimosso o considerato di scarsa rilevanza il proprio sforzo coloniale, sarà il dibattito a più voci "150 anni d'Italia… 100 anni di colonialismo" che si svolgerà martedì 7 giugno, alle ore 20.45, presso la Casa per la Pace "La Filanda" (Via Canonici Renani, 8 – Casalecchio di Reno).

La serata si aprirà con la proiezione di un video su vero volto e crimini del colonialismo italiano in Africa e nei Balcani; il colonialismo storico sarà poi analizzato da Diego Negri, giornalista della rivista online Contropiano.org, Andrea Martocchia (Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia), Giancarlo Bonsignori e Aldo Montagna, con riferimento a Libia, Etiopia e alle meno note vicende coloniali italiane nei Balcani. La "Rete Nazionale Disarmiamoli" e Giorgio Gattei, Professore di Storia del pensiero economico presso l'Università di Bologna, si concentreranno invece con i propri interventi sul colonialismo oggi, tra linee teoriche del progetto politico ed economico coloniale e cause economiche degli attuali interventi militari europei a guida francese in Africa, dalla Libia alla Costa d'Avorio.


Per informazioni:

Casa per la Pace "La Filanda"

Tel. 051.6198744 – www.casaperlapacelafilanda.it



Cordiali Saluti

Massimiliano Rubbi

6 giugno 2011





IL CARDINALE STEPINAC: UNA FIGURA SU CUI DISCUTERE

Nella sua prossima visita in Croazia papa Ratzinger si recherà anche a rendere omaggio alla tomba del cardinale Stepinac, beatificato da Giovanni Paolo II nel 1998, personaggio sul quale si continua a dibattere: salvatore di ebrei nel regime di Pavelic e poi vittima della repressione jugoslava o collaborazionista del nazifascismo ustascia?

Su questo tema la giornalista Claudia Cernigoi
intervisterà il ricercatore Vincenzo Cerceo

MARTEDÌ 7 GIUGNO 2011
ALLE ORE 17.30
PRESSO IL NARODNI DOM DI TRIESTE
Via Filzi 14

organizza
la redazione de La Nuova Alabarda
in collaborazione con
il Coordinamento Antifascista di Trieste
grazie alla Narodna in Studiška Knjižnica per l'uso della sala.


(segnalato via Facebook.
Sulla figura di Stepinac, e più in generale sui crimini commessi dal clerico-nazismo croato e dal Vaticano, si veda anche:
https://www.cnj.it/documentazione/ustascia1941.htm
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7066 )




Le forze di sicurezza hanno arrestato centinaia di attivisti che manifestavano davanti al parlamento


Sarebbe di due morti e 37 feriti il bilancio provvisorio dei disordini scoppiati nella notte a Tiblisi, capitale della Georgia.

Secondo fonti governative, le due vittime sarebbero membri degli apparati di sicurezza, travolti da auto dei manifestanti in fuga.

Gli incidenti si sono verificati davanti al parlamento, dove la leader dell'opposizione,Nino Burjanadze, aveva convocato una manifestazione per protestare contro il governo di Mikhail Saakashvili, definito "autoritario e corrotto".

Contro i manifestanti sono intervenuti i reparti del ministero dell'Interno, con lacrimogeni, manganelli e idranti.

L'opposizione parla di centinaia di arresti ma soprattutto denuncia una repressione brutale: alcuni testimoni racontano di strade sporche di sangue, teste spaccate e gambe rotte.

La Burjanadze, che poco dopo è apparsa su un canale televisivo georgiano, ha chiesto alla comunità internazionale di intervenire e condannare Saakashvili, isolandolo.


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28/05/2011


Soffocata nel sangue la 'rivoluzione d'argento' contro il regime filo-americano di Mikheil Saakashvili. La diplomazia occidentale non condanna l'uso della forza contro i manifestanti di Tbilisi, in maggioranza anziani pensionati

Non tutte le rivoluzioni escono col buco. Quelle contro i regimi amici degli Stati Uniti hanno il brutto vizio di venire brutalmente stroncate sul nascere, nel silenzio della stampa occidentale. E' successo a marzo nell'Azerbaigian di Ilham Aliyev. E' successo di nuovo ieri nella Georgia di Mikheil Saakashvili.

Da giorni migliaia di georgiani protestavano nel centro della capitale Tbilisi, chiedendo le dimissioni del presidente 'Misha', accusato di ignorare il progressivo impoverimento della popolazione - afflitta da crescente disoccupazione, aumenti prezzi e tagli alle pensioni e ai servizi sociali - e di governare in maniera sempre più autoritaria e repressiva. C'erano molti giovani, studenti e disoccupati, decisi a imitare le rivoluzioni arabe, ma soprattutto molti anziani pensionati dai capelli bianchi, tanto che i giornali hanno parlato di 'rivoluzione d'argento'.

Mercoledì i dimostranti si erano radunati davanti al parlamento occupando Viale Rustaveli, decisi a impedire la tradizionale parata militare dell'indomani, Giorno dell'Indipendenza. Poco dopo la mezzanotte, centinaia di poliziotti antisommossa appoggiati da blindati hanno attaccato il presidio da due lati, senza lasciare scampo ai manifestanti, sparando granate fumogene e proiettili di gomma a distanza ravvicinata e picchiando selvaggiamente persone già a terra, anche anziane (video). Decine i feriti, centinaia gli arrestati. Un'auto del convoglio della leader dell'opposizione Nino Burjanadze, in fuga dalle cariche, ha travolto un agente e un dimostrante, uccidendoli.

La pioggia notturna ha ripulito il sangue dal selciato di Viale Rustaveli, su cui poche ore dopo hanno sfilato colonne di carri armati e truppe dell'esercito georgiano - tutti mezzi e armi forniti dagli Stati Uniti - sotto lo sguardo marziale del presidente Saakashvili. ''Ogni cittadino ha libertà di esprimersi e di protestare - ha dichiarato dal palco - ma i fatti di questi giorni non hanno nulla a che vedere con questa libertà: sonoprovocazioni orchestrate all'estero, secondo un copione scritto fuori dalla Georgia, dal nostro nemico e occupante''. Il riferimento esplicito è alla Russia, le cui forze armate stanziano nelle repubbliche separatiste di Abkhazia e Sud Ossezia(quest'ultima al centro della breve guerra Russo-Georgiane dell'agosto 2008, scatenata e persa da Saakashvili).

La brutale repressione poliziesca della 'rivoluzione d'argento' aveva ottenuto l'implicito via libera da parte dei rappresentanti diplomatici dei governi occidentali a Tbilisi. 
Mercoledì, parlando ai giornalisti, l'ambasciatore americano John Bass aveva dichiarato: ''Sono preoccupato dal fatto che tra i manifestanti vi siano elementi più interessanti allo scontro violento che alla protesta pacifica'', ha dichiarato l'ambasciatore americano John Bass.
''Hanno il diritto di manifestare, ma la protesta deve cessare entro domani perché non hanno il diritto di impedire una parata ufficiale'', parola dell'ambasciatore francese Eric Fournier.

L'ex alleata di Saakashvili e oggi leader dell'opposizione, Nino Burjanadze - tutt'altro che filorussa - ha smentito ogni sostegno da parte di Mosca, affermando che ''l'azione punitiva'' di mercoledì notte non fermerà il corso della ''rivoluzione democratica'' georgiana. 
Ma l'Occidente non sembra proprio interessato a sostenere un altro cambio di regime in Georgia dopo quello ottenuto nel 2003 con la 'rivoluzione delle rose' che ha portato al potere il fido Saakashvili: soggetto tutt'altro che democratico, ma molto attento agli interessi politici ed economici occidentali.

Enrico Piovesana






Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word, corredata di fotografie) al link: 
http://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0311.doc 
Anche le precedenti relazioni di Zastava Trieste / Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL: 
http://www.cnj.it/solidarieta.htm#nonbombe

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ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle

RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC

Viaggio del 17-20 marzo 2011


Questa relazione e’ suddivisa in quattro parti:


  1. Introduzione e siti web
  2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri

  3. Alcune informazioni generali sulla Serbia e su Kragujevac

  4. Conclusioni


1. Introduzione

Vi inviamo la relazione del viaggio svolto poco piu’ di un mese fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.

Il nostro sito e’ all’indirizzo
sul quale trovate tutte le relazioni delle nostre attivita’ a partire dal dicembre 2006.

Sul sito del coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative a partire dal 1999
Trovate tutte le informazioni seguendo il link

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, scorrendo la pagina all'indirizzo:

2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso


Giovedi’ 17 marzo 2011; il viaggio, l’arrivo al Sindacato e la consegna dei contributi di sostegno all’ufficio internazionale adozioni

Come sempre partenza da Trieste verso le 8 del mattino, con il pullmino della Associazione di Solidarieta’ Internazionale Triestina; il furgone e pieno: Gabriella, Gilberto e Silvana da Trieste, Gianandrea e Lorena da Pordenone, Alessandra, Beatrice e Giandomenico da Conegliano; c’e’ anche Pietro, cameraman di Telefriuli, emittente che ha deciso di dedicare un proprio speciale alla nostra Associazione.
Come sempre sul furgone hanno trovato posto alcuni scatoloni per famiglie di Kragujevac inviati dai loro donatori italiani, e poi vestiario e scarpe, ed inoltre una grande quantita’ di medicine per il presidio medico della Zastava.

Dopo aver passato Zagabria il traffico diviene assolutamente inesistente. Non lo ho mai visto cosi’ scarso,neppure immediatamente dopo la guerra della NATO alla Jugoslavia. Mancano soprattutto i camion, ed e’ senz’altro indice di una crisi economica sempre piu’ grave per i Paesi della regione.

Passiamo senza alcun problema le varie frontiere e alle 19 incontriamo finalmente i nostri amici nella sede dell’Ufficio relazioni internazionali ed adozioni a distanza del Sindacato Samostalni.
Per quanto l’atmosfera dell’incontro sia come sempre festosa, si sente la tensione dovuta alla liquidazione della Zastava Automobili, avvenuta il 5 gennaio 2011, con la conseguente perdita del posto di lavoro per 1592 persone.
Come ricorderete nella Zastava Automobili, di proprieta’ pubblica, erano stati inseriti tutti i lavoratori del settore auto che non erano stati assunti dalla Fiat Auto Serbia.
La perdita del posto di lavoro ha interessato anche tre delle persone (su cinque) che lavorano per il Sindacato e che si occupano dell’ufficio adozioni.
E’ chiaro che senza di loro la campagna di solidarieta’ in piedi da piu’ di dieci anni sarebbe destinata a finire molto presto, tra l’altro in una fase in cui l’aiuto concreto che periodicamente portiamo diventa ancor piu’ indispensabile.
A questo proposito tutte le associazioni italiane che intervengono a Kragujevac (una decina) hanno deciso di creare un fondo. SENZA toccare il denaro destinato agli affidi, che integrera’ il sussidio di disoccupazione per queste tre persone (Rajka, Dragan e Delko) permettendo quindi di continuare l’attivita’ dell’ufficio.
Prepariamo tutte le buste con gli affidi che saranno consegnati durante l’assemblea pubblica di sabato 19 marzo, discutiamo gli appuntamenti che avremo nei due giorni successivi ed infine consegnamo le tre buste con i contributi per l’ufficio adozioni, per le quali ci viene rilasciata una regolare ricevuta.


Venerdi’ 18 marzo; assemblea sindacale e verifica dei progetti

La mattina e’ tutta dedicata ad una grande assemblea sindacale del Sindacato Samostalni.
Nel 1999 il grande complesso metalmeccanico Zastava aveva a Kragujevac 36.000 dipendenti, ed era un unico gruppo di proprieta’ pubblica.
Il complesso aveva subito una gravissima crisi durante gli anni novanta, a conseguenza delle guerre balcaniche che portarono alla dissoluzione della Jugoslavia, e fu pesantemente bombardato dalla NATO nel 1999; furono colpiti soprattutto i grandissimi capannoni che ospitavano le linee di montaggio delle auto, che davano lavoro a circa 14.000 operai.
Nel 2001 e’ il gruppo stato scomposto in 38 unita’ produttive differenti ed autonome tra di loro, con lo scopo dichiarato di renderne piu’ agevole la privatizzazione.
La sindacalizzazione dei lavoratori e’ molto alta, ed il sindacato Samostalni (con il quale noi collaboriamo) e’ del tutto maggioritario.
Ogni unita’ produttiva in cui e’ stato scomposto il gruppo Zastava nel 2001 ha una propria rappresentanza sindacale; alcune unita’ sono di proprieta’ privata, altre sono di proprieta’ pubblica.
Con lo scopo di avere una rappresentanza sindacale unica i segretari delle Samostalni delle differenti aziende eleggono ogni tre anni una struttura che chiamano Jedinstvena Sindikalna Organizacija (Organizzazione Sindacale Unica) e quest'anno hanno voluto celebrare questo importante momento durante la nostra permanenza a Kragujevac.
L'assemblea e' stata molto affollata. Erano presenti anche i rappresentanti di tutti i centri e di tutte le scuole dove siamo intervenuti.

Durante l’assemblea e’ stato presentato un CD sulle attivita’ che le associazioni italiane hanno realizzato dal 1999 in poi. E’ molto interessante e ben fatto; malgrado sia in serbo ve ne consiglio la visione; lo trovate su youtube all’indirizzo



Il campo profughi di Trmbas
Si tratta di un nuovo possibile progetto per la nostra ONLUS; il Sindacato ha chiesto la nostra collaborazione a febbraio scorso.

E’ un ex villaggio turistico, utilizzato fino al 1990 come colonia per gli studenti di Kragujevac; e’ situato in un bosco a circa 5 kilometri dalla citta’ nel piccolo villaggio di Trmbas.
E’ costituito da 10 edifici in legno a due piani, e tre edifici in muratura: servizi igienici, deposito viveri e locale cucina-refettorio.
E’ gestito dall’agenzia pubblica per il turismo del Comune di Kragujevac.
Dal 1991 fino ad ora e’ stato usato come campo per profughi, dapprima per quelli provenienti dalla Croazia e poi dal 1999 per quelli del Kosovo.
Attualmente e’ abitato da circa 65 famiglie per un totale di circa 280 persone.
I minori di 18 anni sono 98. Nessuno nel campo ha un lavoro regolare, chi puo’ si arrangia in nero.

Il commissariato governativo per i profughi paga per loro 300 dinari al giorno per persona, per le spese di acqua, riscaldamento, energia elettrica ed un pasto al giorno. Il cibo viene preparato nell’edificio cucina da cuoche dipendenti del Comune, e consiste in un piatto caldo e 300 grammi di pane.

Gli edifici sono tutti in condizioni precarie (ad eccezione del locale cucina) per assoluta mancanza di manutenzione, anche se sono tutti recuperabili in quanto le strutture non mostrano danni irreparabili ne’ nelle parti in legno ne’ in quelle in muratura.
Il problema piu’ grave e’ determinato dalle condizioni dei tetti, tutti piu’ o meno fortemente lesionati, con perdite d’acqua all’interno degli edifici.
Viste le pessime condizioni degli impianti elettrici esistono anche gravi pericoli di incendi.

Il campo soffre di un grande degrado ambientale ed umano; senza voler ne’ giustificare ne’ giudicare nulla e nessuno, dopo una lunga e salutare decantazione delle forti emozioni provate durante la visita, mi sembra di poter dire che probabilmente questo degrado dipende in gran parte dalla assoluta mancanza di prospettive per il futuro di questa gente.

[FOTO: Alcune viste del campo profughi]

Vi sono diversi livelli di intervento in questo villaggio; come detto sopra quello prioritario e’ sui tetti degli edifici, per un costo complessivo di circa 12.000 euro; un altro lavoro possibile prevede la riverniciatura delle pareti in legno, per un costo di circa 9000 euro, mentre l’edificio una volta usato come deposito per il cibo e’ in muratura e necessita di un intervento di ristrutturazione significativo, perche’ e’ in condizioni precarie; per quest’ultimo si deve prevedere l’impegno di circa 7000 euro.
Infine si puo’ pensare ad una ristrutturazione nel locale che ospita i servizi igienici comuni, per circa 5000 euro.
Queste cifre sono al di fuori della posibilita’ di una ONLUS come la nostra, anche in cooperazione con altre associazioni; per questo motivo abbiamo presentato un progetto di richiesta di finanziamenti per 25.000 euro alla Chiesa Valdese, che utilizza il proprio 8 per mille in progetti di cultura, diritti e solidarieta’. Sapremo a settembre prossimo se il nostro progetto sara’ approvato.
A questo punto dobbiamo esprimere un grande grazie a Samantha M. della ONLUS Un ponte per... di Roma che ha avuto l’idea di presentare questa richiesta e che si e’ sobbarcata la fatica di redigere il progetto.

Comunque, vista l’urgenza di intervento sui tetti, il Direttivo della nostra associazione, insieme alla associazione di Brescia e alla associazione Un ponte per... di Roma ha deciso di iniziare questi lavori nella prossima estate; se poi arrivera’ il contributo richiesto alla Chiesa valdese potremo intervenire su nuovi progetti.
Sono stati dunque stanziate le seguenti cifre, che saranno consegnate nel prossimo viaggio a giugno:
4000 euro da Non Bombe ma Solo Caramelle
2500 euro da Un Ponte per...
2000 euro da Associazione Zastava Brescia per la solidarieta’ internazionale.

A pochi metri dall’ingresso del campo profughi c’e’ una piccola scuola primaria, dotata di tre aule e frequentata dai ragazzi del campo ma anche dai loro coetanei del quartiere circostante.
Sono in totale 35 bambini, che frequentano le prime quattro classi elementari usando due aule con il doppio turno; 17 bambini sono figli di profughi.
C’e’ anche una classe preparatoria alle elementari, in pratica l’ultima classe di scuola materna, con otto bambini (sei figli di profughi).
Il personale e’ di tre maestri e una bidella.

La scuola si presenta pulita, ma molto ‘’spartana’’ e priva di ogni sussidio didattico.
Le lavagne sono talmente consumate che non possono piu’ essere utilizzate.
Ha un ampio spazio verde che potrebbe essere usato come campo giochi, ma non vi e’ alcun gioco...
Questa Scuola potrebbe essere un ulteriore campo di intevento per noi, specialmente tenuto conto del tipo di bambini che la frequentano (figli di profughi e di residenti locali).
Tutti questi bambini sono nati dopo il marzo del 1999, quando il loro Paese fu bombardato dalla NATO, il loro futuro spazzato via dalla ‘’ingerenza umanitaria’’; hanno sempre vissuto in un Paese isolato dal resto del mondo in ristrettezze economiche continue. E’ soprattutto per loro che dobbiamo continuare ad agire, perche’ i ponti di solidarieta’ creati in tutti questi anni continuino a dare i loro frutti.

[FOTO: Ingresso della scuola / Un’aula]

L’appuntamento successivo e’ alla Scuola 19 ottobre, nel quartiere periferico di Marsic, per la verifica dei lavori svolti nel locale da destinare a palestra e centro di aggregazione per tutto il quartiere; la Scuola ha questo nome perche’ proprio qui, il 19 ottobre 1941, inizio’ la strage nazista di Kragujevac con la fucilazione di 107 abitanti del quartiere.

Insieme alla Associazione Zastava Brescia e al Comune di San Giorgio di Nogaro esattamente un anno fa avevamo deciso di contribuire alla ristrutturazione di un locale pubblico adiacente alla Scuola, che sara’ usato come palestra e come centro di aggregazione per tutto il quartiere. La richiesta di aiuto ci era giunta dalla Direttrice della Scuola e da un gruppo di lavoratori della Zastava che abitano a Marsic.

A luglio 2010 avevamo consegnato 7000 euro, poi ulteriori 1800 erano stati portati all’inizio di ottobre 2010 dall’associazione Zastava Brescia, durante il loro periodico viaggio a Kragujevac.
Successivamente si e’ aggiunto il Comune di San Giorgio di Nogaro, che ha contribuito al progetto con 1000 euro.
Il Comune di Kragujevac (che aveva gia’ rifatto a sue spese i servizi igienici el il pavimento) aveva firmato con noi a luglio 2010 un protocollo di intesa in cui metteva a disposizione 2500 euro per l’acquisto parziale delle attrezzature sportive.

Durante la nostra visita di ottobre 2010 la nostra associazione aveva aggiunto altri 700 euro per la conclusione dei lavori, e specificatamente per la realizzazione delle grondaie.

Il centro ha iniziato a funzionare da alcuni mesi e la Direttrice e’ molto orgogliosa di raccontarci le attivita’ svolte fino ad ora, che riguardano soprattutto riunioni dei genitori in vista di un programma ambizioso di inclusione dei ragazzi con handicap (in Serbia esistono ancora le scuole speciali per questi ragazzi) e la preparazione di spettacolini da parte degli alunni, utilizzando il palco di cui il centro e’ dotato. A questi spettacoli prenderanno parte anche i bambini con handicap e questo e’ un risultato importante... al quale non avevamo pensato nel momento in cui decidevamo di dire si’ al progetto.
L’arredamento della sala e’ ancora piuttosto scarso, ma la Direttrice si mostra piuttosto ottimista sulla possibilita’ di trovare nuovi donatori locali.
Tra gli arredi acquistati dal Comune si nota un sistema computer-lettore DVD per le proiezioni.
A spanne direi che gli attrezzi ginnici esistenti al momento sono circa un terzo di quelli che erano elencati nella lista iniziale che ci era stata presentata a marzo 2010. Noi non abbiamo acquistato nulla di cio’ che era presente in quella lista, avendo preferito concentrare le risorse disponibili nella ricostruzione della struttura.

Ci lasciamo con la promessa di rivederci il prossimo ottobre, nel Parco di Ci lasciamo con la promessa di rivederci il prossimo ottobre, nel Parco di Sumarice, per la Grande Lezione di Storia.

[FOTO: Computer e schermo per proiezioni / Una vista interna / Il ping pong / Un particolare delle nuove grondaie]

Verso sera incontriamo alcuni studenti e la nuova Preside del Liceo di Kragujevac, per l’inaugurazione della nuova sala del Parlamento degli Studenti, che e’ stata appena restaurata con il nostro contributo.
Su loro richiesta avevamo avuto un incontro-dibattito con gli studenti del Liceo a luglio scorso (vedere la relazione di luglio 2010)
Questa e’ la Scuola da cui erano stati prelevati dai nazisti gli studenti e i loro professori il 20 ottobre del 1941, e poi fucilati il giorno dopo per rappresaglia a Sumarice.
Vi e’ una grande aula dove sono esposti le fotografie di questi fucilati e i loro ultimi messaggi, nonché documenti dell’epoca relativi a quel tragico evento. A ottobre prossimo, in occasione del settantesimo anniversario della strage, quasta aula dovrebbe essere trasformata in museo permanente dell’orrore nazifascista utilizzando fondi del governo serbo.

Gli studenti hanno a loro disposizione due aule per le attivita’ extrascolastiche, che gestiscono in modo assolutamente autonomo dalla Scuola attraverso una istituzione che chiamano Parlamento degli Studenti.
Una delle due aule e’ in buonissimo stato, ben arredata ed attrezzata con computers.
L’altra, quando la abbiamo vista la prima volta, era invece in cattivo stato ed arredata molto sommariamente; ci avevano chiesto di aiutarli nella ristruzzurazione di questo locale.
Il Direttivo della nostra associazione a settembre scorso aveva deciso di venire incontro a questa esigenza, prevedendo il recupero del pavimento originale, la riparazione di porte e finestre, la stuccatura e la imbiancatura dei muri e la posa in opera delle tende alle finestre; a ottobre avevamo quindi consegnato alla Scuola 2300 euro.

E in questa visita siamo accolti nella SALA DELLA SOLIDARIETA’ E DELLA PACE (cosi’ e’ stata chiamata questa’aula); su una parete spicca un quadro con le foto di Desanka Maksimovic e di Piero Calamandrei. Nello stesso quadro sono riportate in Italiano e in Serbo alcune righe della poesia La Fiaba Cruenta che la Maksimovic scrisse in memoria degli studenti fucilati e un brano dell’Ode a Kesserling di Piero Calamandrei dedicata alla Resistenza italiana.


Avvenne in un paese di contadini 
nella Balcania montuosa: 
una compagnia di alunni 
in un giorno solo morì 
di morte gloriosa. 

Desanka Maksimovic


Su queste strade se vorrai tornare

ai nostri posti ci ritroverai

morti e vivi collo stesso impegno

popolo serrato intorno al monumento

che si chiama

ora e sempre

RESISTENZA

Piero Calamandrei


[FOTO: La targa sulla porta / Le due poesie]


La sala e’ stata restaurata benissimo; spicca in modo particolare il pavimento, recuperato perfettamente; le sedie e i tavoli presenti sono piuttosto vecchi e malandati, a parte il nuovo armadio che il Comune si era impegnato a comprare.


Per ottobre prossimo esporremo in questa aula la mostra Quando morì mio padre. Disegni e testimonianze di bambini dai campi di concentramento del confine orientale (1942-1943), preparata dell’Istituto Gasparini di Gorizia, che stiamo traducendo in Serbo, affinche’ non si perda la memoria di quelle vicende.


[FOTO: L’inaugurazione / Un dettaglio della sala]

Sabato 19 marzo

E’ il giorno dell’assemblea per la distribuzione delle quote di affido.

Alle 10 abbiamo un incontro con i rappresentanti sindacali del settore auto, per verificare la situazione della fabbrica a poco piu’ di un anno della FIAT. I dati raccolti in questo incontro li ritrovate piu’ sotto, nella quarta parte di questa relazione.

Alle 11 inizia l’assemblea per la consegna degli affidi. Malgrado siano passati tanti anni e tanti viaggi dall’inizio della nostra campagna credo che nessuno possa abituarsi alla vista di tutte queste persone che pazientemente con qualunque condizione di tempo ci aspettano nel piazzale davanti alla grande sala della direzione della Zastava Camion dove avvengono le consegne.

Come sempre l’assemblea comincia con i saluti dei dirigenti sindacali e con un nostro intervento; questa volta i saluti sono piu’ commoventi del solito perche’ Delko dopo dieci anni lascia la guida del Sindacato, poiche’ fa parte di quelli che hanno perso il lavoro

E non e’ tra i piu’ sfortunati perche’ tra cinque anni sara’ in pensione (naturalmente se la pensione ci sara’ ancora...). Molto peggio stanno quel migliaio di lavoratori al di sotto dei 50 anni che sono stati messi in mobilita’ a gennaio 2011; molti di loro sono presenti in sala con la loro famiglia.


[FOTO: Il saluto di Delko / Durante la consegna degli affidi]

Comunque e’ importante essere coscienti che malgrado siano disoccupati, malati, disperati per il loro futuro, almeno non sono abbandonati da tutti. La solidarietà è soprattutto questo. E loro, i nostri amici, questo lo sanno bene e ce lo dicono, qualcuno con le parole, molti con gli occhi, i sorrisi, gli abbracci e le tante lacrime.
Consegnamo 153 affidi, quasi tutti in rate trimestrali, piu’ alcuni regali per 20.505 euro.
Consegnamo anche 14 affidi annuali per 4.340 euro a nome della Onlus ALJ (Aiutiamo la Jugoslavia) di Bologna.

Nel pomeriggio visitiamo il Parco della memoria di Sumarice, destinato al ricordo della strage nazista del 21 ottobre 1941, quando per rappresaglia furono fucilati 7300 abitanti tra cui i 300 studenti del Liceo insieme a tutti i loro professori.

Concludo questa parte di relazione con una bellissima foto del monumento delle ALI SPEZZATE, scattata a ottobre 2010 durante le celebrazioni a ricordo di quella strage. Questo monumento e’ il simbolo della citta’ ed e’ dedicato alla memoria di quegli studenti. [FOTO]


3. Alcune informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava

Quando la fonte non e’ indicata significa che i dati sono stati ricavati dai bollettini periodici dell’Ufficio Centrale di Statistica; qualora la fonte sia diversa viene esplicitamente indicata.

Tutte le informazioni sulla Zastava sono state fornite da Zoran Mihajlovic, gia’ segretario generale del sindacato Samostalni della Fiat Auto Serbia e ora Segretario Generale dei metalmeccanici della Repubblica di Serbia


ALCUNI INDICI ECONOMICI GENERALI


Cambio dinaro/euro.

A ottobre 2008 il cambio dinaro-euro era di 84 a 1.

Al 22 ottobre 2009 era di 93.2 dinari per euro.

Il 25 marzo 2010 era di 97 dinari per un euro.

Il 1 luglio 2010 il cambio e’ passato a 102 dinari/euro.

Il 20 ottobre 2010 il cambio era di 103.5 dinari per un euro

Il 28 novembre 2010 il cambio e’ arrivato a a 107.4 dinari per euro.

Dopo questa data c’e’ stato un rafforzamento progressivo del dinaro che ha raggiunto il suo massimo il 2 maggio, passando a 99 dinari per euro.

L’indebolimento del dinaro rispetto all’euro ha effetti devastanti sulle condizioni di vita delle famiglie, con una vistosa caduta del potere di acquisto delle famiglie, visto che la Serbia e’ un Paese con un fortissimo deficit commerciale e che piu’ della meta’ del commercio con l’estero si svolge con la Unione Europea (Germania e Italia sono i primi partners commerciali in quest’area).

Il suo recente rafforzamento invece e’ dovuto esclusivamente a ragioni politiche, legate alle prossime elezioni; ha vantaggi solo per chi ha aperto mutui in euro, ma penalizza fortemente le gia’ scarse esportazioni, mentre i prezzi dei beni di prima necessita’ e le tariffe continuano ad aumentare.

Un dato per tutti rispetto alle tariffe: il prezzo dell’energia elettrica e’ aumentato del 15.1 per cento dal primo aprile scorso


Commercio con l’estero.

La Serbia si conferma un Paese estremamente indebitato, con un deficit commerciale altissimo.

Tra gennaio e dicembre 2010 le esportazioni sono state pari 7393.4 milioni di euro, con un aumento del 24% rispetto all’anno 2009.


(srpskohrvatski / italiano)

L'UNITA' D'ITALIA, MENTRE SI SQUARTANO I PAESI VICINI

Il presidente serbo Tadic non parteciperà alla parata del 2 giugno a Roma, che cade nel 150.mo dell'Unità d'Italia, perchè alla cerimonia è stato invitato anche il cosiddetto presidente della cosiddetta Repubblica del Kosovo, Atifet Jahjaga.

Tadić ne putuje na godišnjicu ujedinjenja Italije
30.maj 2011 22:13  (izvor : Tanjug / http://www.glassrbije.org/)

Predsednik Srbije Boris Tadić je izjavio da 2. juna u Rimu neće učestvovati na proslavi 150. godišnjice ujedinjenja Italije, zbog toga što su domaćini na tu svečanost pozvali Atifetu Jahjagu kao predsednika samozvane države Kosmet. Ukazujući da je njegova obaveza i namera da brani legitimne interese Srbije, Tadić je u intervjuu agenciji ANSA izrazio duboko razočaranje potezom italijanskih vlasti i dodao da je očigledno da je zvanični Rim prednost dao prisustvu predstavnika Kosmeta. Takvi potezi ne idu u prilog razvoju odnosa Srbije i Italije, naznačio je Tadić. On je, međutim, napomenuo da odluka o nedolasku na proslavu u Rim neće uticati na održavanje bilateralnog samita u Beogradu krajem juna. Imamo mnogo važnih i konkretnih stvari o kojima bi trebalo da razgovaramo, naveo je Tadić i u tom kontekstu posebno pomenuo izgradnju saobraćajnog "Koridora 11" i potencijalno italijansko partnerstvo u izgradnji beogradskog metroa.



(Di seguito la Dichiarazione finale della V Conferenza internazionale di studi storici sul lager ustascia di Jasenovac, che si è svolta a Banja Luka il 24-25 maggio 2011, e l'intervento di Jean Toschi Marazzani Visconti che in quella sede ha rappresentato il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus)


The Fifth International Conference on Jasenovac (Banja Luka, 24-25 May, 2011)

1) Final Declaration

2) Proceedings contribution: In memory of Marco Aurelio Rivelli, historian and author 
by Jean Toschi Marazzani Visconti


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On the Fifth International Conference on Jasenovac see also:

FIFTH INTERNATIONAL CONFERENCE ON JASENOVAC

Republika Srpska Prime Minister Džombić Attends Opening of Fifth International Conference on Jasenovac

President of the Republic opens the Fifth International Conference on Jasenovac

Parliaments Urged to Declare Jasenovac as Genocide

DRAGANA ANA MIJATOVIC from London, the former student of Gimnazija Banjaluka, about Hans Ivan Merc at THE FIFTH INTERNATIONAL CONFERENCE ON JASENOVAC IN BANJA LUKA. The Main Hall of Banski Dvor, May 24th 2011, at about 5 pm.


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The Fifth International Conference on Jasenovac

May 24-25, 2011

Banja Luka



D E C L A R A T I O N


OF THE FIFTH INTERNATIONAL CONFERENCE ON JASENOVAC,
DEDICATED TO THE GENOCIDE COMMITTED AGAINST SERBS, JEWS AND ROMA IN THE INDEPENDENT STATE OF CROATIA

DURING THE SECOND WORLD WAR


  1. The Fifth International Conference on Jasenovac,


- Starting from the fact that in the present-day Republic of Croatia the memory of the genocide committed during World War II against Serbs, Jews, and Roma by the quisling government of the Independent State of Croatia, which at that time also included the area of today’s Bosnia and Herzegovina, especially the Muslim people, whom they called “the flowers of the Croatian nation”, has been deliberately and systematically blotted out;

- Bearing in mind that the casualty rate of this genocide, especially the number of victims in Jasenovac, has not only been suppressed in the Croatian public media and quasi-historiographic works, but also radically diminished to a mere 40,000 killed Serbs, Jews and Roma, just as Franjo Tudjman, the first president of the Republic of Croatia, did in his capacity as a historian;

- Having in mind that nowadays some very influential and very partial parties in Croatia present the Ustasha, as perpetrators of genocide in the Independent State of Croatia, along with Ante Pavelic, as fighters for Croatia’s national liberation and independence, based on alleged historical and national rights of the Croatian people;

- Given the fact that the historically proven genocide against Serbian, Jewish and Roma people has never been properly condemned by politicians, either in Tito’s communist Yugoslavia or the present-day Croatia; that unlike the German people, who have accepted responsibility for the Holocaust committed in their name by ​the Nazis, the Croatian people have never taken responsibility for the genocide committed in their name; and that the Roman Catholic Church has failed to condemn the crimes of genocide in the NDH, the way it has condemned crimes committed at other World War II execution sites across Europe and apologized for the involvement of some of its members in them;


Given that the authorities of the People’s i.e. Socialist Republic of Croatia, as a federal unit within the Federal People’s Republic of Yugoslavia (FPRY), and later the SFRY, as well as the authorities of the present-day Republic of Croatia, as an independent state, have never offered to pay any reparations to the victims of genocide and their descendants;

- Given the fact that the execution sites at which the victims of this genocide were tortured, massacred and killed, and the mass graves into which they were thrown and buried without due respect or a respectable funeral, have never been marked and protected in a proper way;

- Since Ante Pavelic and many of his associates fled the Independent State of Croatia after the war using the so-called rat lines, along with the support of some Vatican prelates and clerics, and that many of them have not been tried in the country, which would have led the Croatian people to acknowledge the unfathomable crimes committed on their behalf, and to their moral enlightenment and purification;


  1. Keeping all this in mind, the Fifth International Conference on Jasenovac hereby concludes that:


- The Ustasha crimes against Serbs, Jews and Roma during the Second World War in the Independent State of Croatia were a premeditated and planned genocide, as defined by the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide, adopted by the United Nations General Assembly on the 9th of December, 1948;

- In the perpetration of this genocide, 700,000 Serbs, 23,000 Jews and 80,000 Roma were tortured, robbed, raped and eventually killed by the Croat Ustasha in the Croatian system of concentration camps Jasenovac alone, used for the extermination of Serbs, Jews and Roma and the regime’s ideological opponents, only because they belonged to another nation, religion or race;

- The Independent State