Informazione

Convegno CNJ 16/11/2002
3: Kapuralin

[ Ovaj Referat Kapularin Vladimira
(SRP - Socijalisticka Radnicka Partija Hrvatske -, Pula):
"Socijalna i Ekonomska Situacija u Bivsim
Jugoslovenskim Republikama - slucaj HRVATSKE"
moze se procitati i na srpskohrvatskom:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2376 ]

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE/
trascrizioni.html

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Trieste / Trst, 16 novembre 2002, Convegno:
"...PASSANDO SEMPRE PER LA JUGOSLAVIA..."

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE/
kapuralin.html

INTERVENTO DI VLADIMIR KAPURALIN
(Partito Socialista Operaio - SRP -, Pola)


La situazione socio-economica nella ex-Jugoslavia:
il caso della Croazia


La Jugoslavia, formatasi durante la lotta contro il nazismo negli anni
successivi alla fine della II Guerra Mondiale, ha saputo ricostruire
l'intero Paese e la sua economia, distrutta in guerra, grazie
all'applicazione dell'intera popolazione.
Secondo le analisi degli esperti stranieri, per un lungo periodo essa
era in testa ai paesi con il piu' alto tasso di sviluppo.
I cantieri navali erano al terzo posto nella classifica mondiale e le
imprese edili e di ingegneria ottenevano appalti in tutto il mondo.
Il Paese prosperava anche nella scienza e nella cultura, e
l'autogestione, accompagnata dalla quasi assenza di disoccupazione,
con allo stesso tempo una grande sicurezza sul piano sociale,
permetteva un'esistenza dignitosa alla
popolazione.
A tutto questo contribuiva la politica del non-allineamento e della
sovranità ed indipendenza, anche grazie ad un esercito forte e ben
equipaggiato che garantiva ai cittadini sicurezza, libertà ed
indipendenza dai fattori esterni. Tutto questo con un debito estero di
18 miliardi di dollari, ovvero poco più di 800 dollari pro-capite.

Anche se non esisteva il sistema pluripartitico, e solo il 10% della
popolazione faceva parte del partito al potere, la maggior parte della
popolazione era leale al paese. La parte dei cittadini che voleva
ottenere di piu' era emigrata per ragioni
economiche, senza rompere i legami con la patria. C'e' da dire che era
emigrata anche quella parte di popolazione che faceva parte dei
perdenti della seconda Guerra Mondiale.
A loro si sono affiancati all'estero anche quelli che si consideravano
nemici del socialismo autogestito, e insieme avevano pianificato e
svolto azioni terroristiche contro la Jugoslavia, spesso ricevendo un
aiuto logistico dai Paesi che li ospitavano.

Alla fine degli anni 80 e 90 iniziano i processi che cambiano
radicalmente la situazione politica. Dopo il crollo del muro di
Berlino, i centri del potere capitalista rappresentati dalla Banca
Mondiale, dal Fondo Monetario Internazionale e dall'Organizzazione
Mondiale per il Commercio, guidati dai
sette Paesi piu' sviluppati del mondo, con l'aiuto logistico degli USA
e della NATO iniziano a realizzare il progetto lungamente preparato:
la distruzione dei regimi socialisti dell'Europa Orientale.
Su questa loro strada si e' trovata anche la Jugoslavia.
Nel processo - diretto dall'estero ed effettuato dalle forze interne -
si arriva alla secessione della Slovenia e della Croazia, seguite per
effetto domino dalla Bosnia e dalla Macedonia. Bisogna sottolineare
pero' che i centri di potere non avevano come scopo principale la
distruzione della Jugoslavia, bensi' quella del suo regime socialista
e autogestito - cosa che era impossibile realizzare senza
distruggere il Paese.
Questa battaglia era facilitata dal fatto che le destre nazionaliste
riuscirono a convincere la popolazione del fatto che con il capitalismo
non avrebbero perso nessuno dei diritti acquisiti, bensi' ne avrebbero
guadagnati di nuovi.
In senso economico, la distruzione della Jugoslavia significava la fine
dell'esistenza del mercato comune che per decenni aveva stabilito e
regolato i percorsi delle merci, accompagnato dalla libera circolazione
degli uomini e delle idee.
Per la Croazia questo ha significato la perdita improvvisa di oltre il
50% dei suoi beni, che prima della secessione venivano scambiati sul
mercato ex-jugoslavo, il quale non e' stato sostituito da alcun altro
mercato.

Il conflitto armato, in seguito alla secessione, ha avuto come
conseguenza la distruzione materiale delle infrastrutture
dell'economia e l'interruzione del flusso turistico dall'interno e
dall'estero, il che ha portato alla sparizione di questo ramo vitale
dell'economia.
Cosi' si e' creata la prima ondata di disoccupazione e l'abbassamento
dello standard di vita. La seguente ondata e' consistita
nell'interruzione dell'economia socialista e nell'introduzione del
capitalismo nella sua forma peggiore: l'accumulazione primordiale del
capitale.
Le imprese esangui non potevano competere di pari passo con i soggetti
capitalistici nella corsa al mercato. I neo-proprietari, diventati tali
per "meriti" politici, non avevano ne' interesse ne' volonta' e nemmeno
conoscenze per sviluppare la produzione; si limitavano a sfruttare la
materia prima.
Il passo successivo consisteva nella svendita anarchica, agli
stranieri, di tutto quanto aveva un valore, e questo come conseguenza
ha avuto nuove perdite di posti di lavoro e abbassamento dello standard
medio; anche perche' agli investitori stranieri interessava solamente
il mercato ed i beni, non lo sviluppo.

Cosi' [in Croazia] il 94% del potenziale finanziario e' diventato
proprieta' delle banche estere. E' rimasta soltanto la Banca Nazionale
che e' un istituto di emissione monetaria. Sono state vendute le
telecomunicazioni, gran parte delle case giornalistiche, gli hotels e
gli impianti turistici, molte fabbriche.
Da vendere ci sono rimaste ancora l'industria farmaceutica, quella
energetica, gli istitutti di assicurazione ed il latifondo agricolo.
Svendendo ogni giorno ogni potenziale di valore - i cosiddetti
"gioielli di famiglia" - lo Stato troppo costoso e spendaccione cerca
di ottenere i finanziamenti per mantenersi: pero' questo si e' mostrato
insufficiente.
Parallelamente e' cresciuto anche il debito estero, che e' arrivato
alla cifra di 14 miliardi di dollari, vale a dire 3.000 dollari
pro-capite, ossia il 60% del PIL - e per pagare gli interessi serve un
miliardo di dollari l'anno.
Vulnerabile com'e', la Croazia e' diventata la destinazione prediletta
per disfarsi degli equipaggiamenti industriali e bellici obsoleti e
nocivi, e poi anche il poligono per l'addestramento gratuito degli
eserciti.
Negli ultimi 12 anni la Croazia e' retrocessa in tutti i campi; si
stima che abbia perduto 700.000 posti di lavoro; la disoccupazione e'
di 400.000 unita' (la piu' grande in Europa) [in effetti essa e' oggi
superata perlomeno dalla Serbia di Djindjic, che sfiora un milione di
disoccupati; ndCRJ] ovvero
il 20% della popolazione attiva.
A titolo comparativo, la Germania un anno prima dell'ascesa di Hitler
al potere aveva il 20% di disoccupati. E' caratteristico per il paese
che una parte degli operai non viene pagata per mesi o addirittura per
un anno intero. Questa categoria in un certo momento era arrivata alla
cifra di 150.000 persone.

Si stima che durante il conflitto e dopo di quello sono state distrutte
o incendiate 50.000 case. Interi paesi sono scomparsi dalla faccia
della terra. Sono stati cacciati via 250.000 serbi. Intere province
sono rimaste deserte.
Si stima che circa 100.000 giovani altamente scolarizzati siano
emigrati, soprattutto per sfuggire a una guerra che non volevano e
all'assenza di una prospettiva di vita. E' irreale aspettarsi che
questi giovani all'apice della forza produttiva ritornino.
Secondo i dati del 1998, ogni cittadino croato disponeva di 25 kune al
giorno da usare per i consumi, il che corrispondeva a meno di 4 dollari.
E' cosa nota che si considera al di sotto della soglia di poverta' chi
disponga di meno di 5 dollari al giorno.

Le condizioni di vita in Istria e sul Litorale, dunque in regioni
relativamente vicine all'Italia, hanno determinato la nascita di una
specifica categoria sociale: le donne, di varia eta', di diverse
professioni, spesso anche molto istruite, molte con una salute
precaria, che hanno adottato una soluzione sui generis per la
sopravvivenza propria e della propria famiglia, ossia il cercare lavoro
oltre frontiera [in Italia], assistendo gente anziana e/o facendo i
lavori piu' umili. Si ritiene che siano circa
10.000 le donne di tale categoria. Vogliamo ricordare il fatto che
anche le nostre madri si guadagnavano da vivere in questo modo tra le
due guerre mondiali, nelle regioni occupate dagli italiani; la
differenza e' che perlomeno rimanevano a lavorare a casa, mentre quelle
odierne devono separarsi dalle loro famiglie. Cio' ha lasciato segni
inequivocabili nella sfera emotiva e vitale di ogni individuo. In
queste persone si
alternano sentimenti di delusione, apatia, rabbia, impotenza,
riluttanza, rassegnazione. Sono ovvie le conseguenze sullo stato di
salute di queste persone. Non ultima l'abbreviarsi della longevita' dei
cittadini croati negli ultimi dodici anni.

La Croazia e' oggi deindustrializzata. Mancano gli investimenti,
eccetto quelli per la ricostruzione delle strade e delle chiese.
La sanita' e' ridotta ai minimi termini ed e' accessibile solo a chi
puo' permettersela pagando. Anche l'istruzione e' scesa di livello. Uno
dei problemi principali consiste nel revisionismo storico: la storia
viene adattata alle esigenze nazionaliste, il che avra' conseguenze a
lungo termine nella formazione delle nuove generazioni. Un esempio e'
dato dall'accettazione di una netta iconografia ustascia. Quello che ci
deve preoccupare particolarmente e' l'aumentato uso di stupefacenti tra
i giovani in risposta alla mancanza di prospettive per il futuro. Ne
consegue anche una corruzione dilagante tra le istituzioni in vario
modo coinvolte nello spaccio di narcotici.
La Chiesa e' aggressivamente presente in ogni ambito della societa', a
cominciare dagli asili nido.
Il sistema giuridico e' paralizzato dall'onnipresenza di persone
corrotte e dai bisogni del nazionalismo imperante. In particolar modo
cio' e' evidente nel modo in cui vengono trattati i crimini compiuti
dalla parte croata durante e dopo gli scontri bellici.
Per la Croazia e' rischioso il gioco attuato dal suo governo nei
confronti della comunita' internazionale, in particolare con il
Tribunale dell'Aia. La Croazia cerca di sottrarsi arrogantemente alla
collaborazione con la Comunita' Internazionale, ai tentativi di questa
di processare i crimini
commessi. In questo modo essa si accosta alla destra piu' retrograda,
nazionalista, portando il Paese al limite delle sanzioni e
dell'isolamento internazionale.

La domanda che ci si pone e': quali sono le possibili soluzioni di
questa situazione quasi irrisolvibile?
Se partiamo da una constatazione reale, e cioe' dal fatto che
l'economia croata non dispone in questo momento di prodotti che possano
competere sul sofisticato mercato occidentale, mentre potrebbe offrirne
a quello dell'Est, se ne ricava che essa dovrebbe, senza sentirsene
frustrata, accettare questa possibilita'. Questo significa che dovrebbe
stabilire relazioni diverse d'integrazione, s'intende con le
ex-repubbliche jugoslave , nonche' relazioni piu' ampie con quei paesi
dove essa era un tempo presente, il che, secondo le valutazione del
dott. Branko Horvat, comprenderebbe un territorio di 150 milioni di
consumatori. In ambito economico, tanto interno quanto esterno, questo
territorio si denomina "Balkanska unija" (Unione balcanica).
Per far cio' dobbiamo immediatamente fermare l'ulteriore svendita del
patrimonio nazionale che porta alla distruzione dell'economia del
Paese. Laddove e' possibile bisogna restituire all'autogestione da
parte degli operai cio' che e' stato loro sottratto e creare le
condizioni per il rinnovamento della proprieta' collettiva e
dell'autogestione. Bisogna lavorare sulla ricostruzione usando tutte le
nostre risorse intellettive e
utilizzando appieno il potenziale umano di cui disponiamo.
Questo processo non e' facile ma ogni minuto perso lo rende solo piu'
difficile. In mancanza di capitali si potrebbe iniziare da un utilizzo
migliore delle risorse agricole di cui gia' disponiamo. I risultati si
raccolgono gia' dopo un solo anno, e lo stesso vale per il turismo,
naturalmente nel limite di quanto non e' stato ancora svenduto.

Il terrorismo "buono" (english / italiano)

1: MUJAHEDDIN A ZENICA E DINTORNI

A. 7th Bosnian Muslim Brigade, based in Zenica - the international
Islamic mercenary force known as the mujahedeen
+ interesting LINKS

B. Bosnia Seen as Hospitable Base and Sanctuary for Terrorists (Los
Angeles Times)

NOTA:

Sul quotidiano Vecernji List di Zagabria del 3/8/2003 e' scritto che i
due attentatori che con il Boeing si sono schiantati contro il
Pentagono l'11 Settembre, nel 1995 combattevano in Bosnia-Erzegovina. I
loro nomi sarebbero Khalid Al-Mihdhar e Nawaf Al-Hasmir.
Non sappiamo se questi due personaggi si siano veramente schiantati sul
Pentagono. Quello che invece e' assodato e' che militanti islamisti di
svariata provenienza hanno combattuto in Bosnia, al fianco di
Izetbegovic, Clinton ed Adriano Sofri, come e' ben spiegato nei due
articoli che seguono. (IS)


=== A ===


http://www.balkanpeace.org/temp/tmp13.html

7th Bosnian Muslim Brigade, based in Zenica - the international Islamic
mercenary force known as the mujahedeen

(photo)
Alija Izetbegovic with members of 7th Brigade

"... The first and foremost of such conclusions is surely the one on
the incompatibility of Islam and non-Islamic systems. There can be no
peace or coexistence between the "Islamic faith" and non- Islamic
societies and political institutions. ... Islam clearly excludes the
right and possibility of activity of any strange ideology on its own
turf. Therefore, there is no question of any laicistic principles, and
the state should be an expression and should support the moral concepts
of the religion. ..." page 22 "The Islamic Declaration" book ("Islamska
deklaracija"), written by Mr. Alija Izetbegovic, Bosnian Muslim leader.

In preparing the ground for the conflicts between Bosnian Cristians
(Croats and Serbs) and Bosnian Muslims, residents of different Arab
countries who in the B&H had recognized the elements and challenge of
“a holy war” - jihad. Coming from different Arab countries, most of
them were from Yemen, Algeria, Egypt, Tunisia and Afghanistan, and
bringing with them experience from a war from some of the Islamic
trouble spots.

Mujahedin, or «holy warriors», is a generic term for Muslim volunteers
fighting in the former Yugoslavia. Many Mujahedin originate from Muslim
countries outside the former Yugoslavia. It was reported that the
Mujahedin began arriving in BiH as early as June 1992. (Tom Post & Joel
Brand, «Help from the Holy Warriors», Newsweek, 5 October 1992, at 52).
Reports on the number of Mujahedin forces operating in BiH vary, but it
is unlikely that the Mujahedin forces have made a significant military
contribution to the BiH Government's war effort (Christopher Lockwood,
«Muslim Nations Offer Troops», Daily Telegraph, 14 July 1993, at 14.
According to Lockwood, Muslim nations depended on Western logistical
support to deliver troops to BiH. He concludes that the same logistical
troubles which kept the Muslim troops promised in July of 1993 from
joining UN forces in the UN declared «safe havens» also limited the
number of Muslim volunteers in the BiH armed forces. He states that the
number of Mujahedin in BiH never exceeded three or four hundred. See
also Mohamed Sid-Ahmad, «Muslim World Between Two Fires», War Report,
January 1993, IHRLI Doc. No. 63744. However, the Belgrade Daily,
Vecernje Novosti, reported that as many as 30,000 Mujahedin were
operating in BiH. «Other Reports in Brief: Muslims from Abroad Settling
in Bosnia and Herzegovina, Belgrade Daily Claims», BBC, Summary of
World Broadcasts, 19 September 1992. )

The Mujahedin forces came from several Muslim states and many of them
were veterans of the Afghan war. (Andrew Hogg, «Arabs Join in Bosnia
Battle», Sunday Times, 30 August 1992)

Reports submitted to the Commission of Experts alleged that the
Mujahedin have been responsible for the mutilation and killing of
civilians, rape, looting, the destruction of property, and the
expulsion of non-Muslim populations. The deputy commander of the BiH
Army, Colonel Stjepan Siber, has said, «it was a mistake to let them
[the Mujahedin] here . . . They commit most of the atrocities and work
against the interests of the Muslim people. They have been killing,
looting and stealing.» Andrew Hogg, «Terror Trail of the Mujahedin»,
Sunday Times, 27 June 1993.

Several reports indicate that the Mujahedin were placed under the
command of the BiH Army.(See «Some 400 Mujahedin Volunteers Fighting
with Bosnian Muslims», Agence France Presse, 22 September 1992; Andrew
Hogg, «Arabs Join in Bosnia Battle», Sunday Times, 30 August 1992; see
also Charles McLoed, ECMM, «Report on Inter-Ethnic Violence in Vitez,
Busovaca and Zenica», April 1993, IHRLI Doc. No. 20178- 20546, at
20207; Croatian Information Centre, Weekly Bulletin, No. 9, 4 October
1993, IHRLI Doc. No. 36434-36438, at 36435; US Department of State,
1993, IHRLI Doc. No. 62612-62877, at 62648, 62724, 62730, and 62756)

The Mujahedin forces were closely associated with the 5th Corps, the
6th and 7th Zenica Brigades, the 7th Travnik Brigade, and the 45th
Muslim Brigade which belongs to the 6th Corps in Konjic of the Army of
BiH (US Department of State, 1993, IHRLI Doc. No. 62612-62877, at
62648; see also Croatian Information Centre, Weekly Bulletin, No. 9, 4
October 1993, IHRLI Doc. No. 36434-36438, at 36435; «Continuing Clashes
in Northwestern Enclave Reported from Both Sides», BBC, Summary of
World Broadcasts, 14 December 1993.)

They also allegedly fought alongside the Muslim Police, the Krajiska
Brigade from Travnik, units of Kosovo Muslims, Albanian soldiers, and
paramilitary groups such as the «Green Legion» and the «Black
Swans».(Charles McLoed, ECMM, Report on Inter-Ethnic Violence in Vitez,
Busovaca and Zenica, April 1993, IHRLI Doc. No. 20178-20546, at 20207;
Croatian Information Centre, Weekly Bulletin, No. 9, 4 October 1993,
IHRLI Doc. No. 36434-36438, at 36435; US Department of State, 1993,
IHRLI Doc. No. 62612-62877, at 62648, 62724, 62730, and 62756.)

Reports also indicate that the Mujahedin had the support of President
Izetbegovic and his government. *57 This was demonstrated in the Bihac
pocket, where the Mujahedin joined BiH forces loyal to Izetbegovic.
Together, these forces battled separatist forces who entered into a
separate peace treaty with Bosnian Serbs («Continuing Clashes in
Northwestern Enclave Reported form Both Sides», BBC, Summary of World
Broadcasts, 14 December 1993)

In Zenica, between 31 August and 2 September 1992, 250 Mujahedin troops
allegedly come to BiH from Turkey, Qatar, Bahrain and Iran. These
troops worked alongside the Green Legion and HOS paramilitary groups
stationed in Zenica. The Mujahedin allegedly also operated a camp at
Arnauti.(Charles McLeod, ECMM, Report on Inter-Ethnic Violence in
Vitez, Buscovaca and Zenica, April 1993, IHRLI Doc. No. 29043-29131, at
29064; Biljaja Plavsic, Republic of Serbia Presidency, To Serbs All
Over the World, 30 September 1992, IHRLI Doc. No. 48072- 48093, at
48081)

It was reported that a unit of the Mujahedin, called the «Guerilla»,
participated in the 16 April 1993 attack on Vitez and attempted to
exchange 10 HVO hostages for foreign prisoners held in HVO prisons. (US
Department of State, 1993, IHRLI Doc. No. 62612-62877, at 62629; see
also Charles McLeod, ECMM, Report on Inter-Ethnic Violence in Vitez,
Busovaca and Zenica, April 1993, IHRLI Doc. No. 29043-29131, at 29072
(attack on Vitez).

The Croatian Ministry of Defence is reported to have provided
information about an event occurring in June 1993 -- a joint
BiH/Mujahedin unit reportedly attacked Travnik, allegedly forcing 4,000
Croatian civilians and military personnel out of the town. (US
Department of State, 1993, IHRLI Doc. No. 62612-62877, at 62650. Media
reports however claim that Croats left Travnik voluntarily. The
incident was investigated by an organization, which reported that the
forceful eviction did not take place)

The Mujahedin allegedly fought alongside the 6th Muslim Brigade from
Zenica and the Krajiska Brigade from Travnik. Witnesses stated that
they saw Mujahedin operating in small patrols ahead of the approaching
BiH troops.

According to HVO intelligence, Mujahedin forces arrived in Travnik
sometime before June 1993 and came from Algeria, Pakistan, Afghanistan
and Iran. The Mujahedin trained at a camp at Mehurici, where they were
allegedly financed and equipped by a man named Abdulah, the owner of
the «Palma» video store in Travnik. Once in town, the Mujahedin were
linked to the Seventh Brigade of the BiH Army, and were reportedly
assembled into units of 10 to 15 men, and moved about on regular
patrols. The Mujahedin created tension in Travnik in the days prior to
the attack on 3 June. One witness stated that the Mujahedin directed
their actions towards the HVO personnel in town. They allegedly
demonstrated, shouted slogans and fired their rifles in the air.

Mujahedin allegedly participated in the attack on Maljine in Novi
Travnik on 8 June 1993, killing 20 to 30 HVO members and transporting
Croatian women and children to the training centre at
Mehurici.(Croatian Information Centre, Weekly Bulletin, No. 1, 9 August
1993)

In Konjic, the Mujahedin were part of a 100 member force stationed at
Liscioi and led by Haso Hakalovic. The unit was assembled in February
1993 and included some Kosovo Muslims and members of the Black Swans
from the Igman mountain region. (US Department of State, 1993, IHRLI
Doc. No. 62612-62877, at 62756)

Allegedly, Mujahedin troops killed and expelled villagers, and looted
and burned homes, when they moved against the Jablanica- Konjic area.
The Mujahedin troops and members of the Black Swans reportedly
conducted occasional raids without members of BiH forces. (at IHRLI
Doc. No. 62752 and 62756. The village of Vrci was attacked on 25 May,
and the village of Radesine was attacked on 10 June. See also Tadeusz
Mazowiecki, Fifth Periodic Report on the Situation of Human Rights in
the Territory of the Former Yugoslavia, U.N. Doc. E/CN.4/1994/47, 17
November 1993, IHRLI Doc. No. 52399-52435, at 52405 (alleging that the
Mujahedin were involved in attacks at Kopjari on 21 October, Doljani on
27 and 28 June, and Maljane on 8 June). UN Special Rapporteur
Mazowiecki claims that corpses of Mujahedin victims displayed evidence
of protracted cruelty and mutilation. )

Reportedly, the Mujahedin volunteers arrived in Konjic in small groups.
It was reported that they were from Afghanistan and that they claimed
to be students. They were allegedly armed with Hekleri automatic
weapons and former JNA equipment. Some Mujahedin were reportedly former
students with no military experience.

Mujahedin forces were present in Mostar since early June 1993. They
were reportedly stationed in the Santica neighbourhood on the
Muslim/HVO front, where they manned bunkers, usually in groups of six
or seven, armed with 7.62 millimetre semi-automatic weapons,
machine-guns, and Zolja anti-tank weapons. They were billeted in a
building they shared with the Muslim military police on the east bank
of the Neretva River. The Mujahedin forces apparently left Mostar on 15
August. (US Department of State, 1993, IHRLI Doc. No. 62612-62877, at
62742 and 62677. For more details on the location of the Neretva living
quarters, see Id. at 62739)

FRY reported that the Mujahedin began operations near Teslic in July
and August of 1992. Troops from Saudi Arabia allegedly killed three
Serbian Territorial Defence members and placed the victims' severed
heads on poles near the «Tesanj turret». (Federal Republic of
Yugoslavia, Second Report Submitted to the Commission of Experts, 1993,
IHRLI Doc. No. 28401-29019, at 28533)

Beheadings of Serbs by Mujahedin forces have also been reported in
other areas.

The Mujahedin were also alleged to be part of the forces that invaded
the village of Trusina near Foca on 15 April 1993. According to the
report, attackers wore white ribbons on their arms and fought beside
Albanian Muslim troops. Twenty-two civilians reportedly died in the
attack. (US Department of State, 1993, IHRLI Doc. No. 62612-62877, at
62648; Croatian Information Centre, Weekly Bulletin, No. 9, 4 October
1993, IHRLI Doc. No. 36434-36438, at 36435)

The Mujahedin allegedly performed crude circumcisions upon Serbian
police forces, who were later treated by an American surgeon at the
Kosevo hospital in Sarajevo. (Letter dated 7 December 1992 from the
Deputy Representative of the US to U.N. Secretary-General, U.N. Doc.
S/24918, 8 December 1992, IHRLI Doc. No. 3160-3177, at 3173; Federal
Republic of Yugoslavia, Second Report Submitted to the Commission of
Experts, 1993, IHRLI Doc. No. 28401-29019, at 28566)

(photo)
This photograph was seized from Saudi Arabian fighters captured in Crni
Vrh near Teslic, Bosnia. A Muslim solder displays the severed head of
Blagoje Blagojevic, a Serb from the village of Jasenovo near Teslic.

(photo)
The severed heads of three Serbs (identified as Blagoje Blagojevic,
Nenad Petkovic, and Brana Djuric) beheaded by Muslim fighters. This
picture was seized from Saudi Arabian solders captured near Teslic in
Bosnia.


LINKS:


7th Brigade, loyal Islamic force
http://www.usnews.com/usnews/news/timbeat4.htm

Director of the U.S. Congress' Task Force on Terrorism and
Unconventional warfare: "Some Call It Peace"
http://members.tripod.com/Balkania/resources/geostrategy/
bodansky_peace/bp_part1.html

7th Muslim "Liberation" Brigade
http://www.wargamer.com/sp/military/bih/armija/foreign.asp

Washington Post - Iranians Form Terror Force in Bosnia
http://impact.users.netlink.co.uk/namir/sreport.htm

Bosnia losing the pluralistic character
http://www.bosnet.org/archive/bosnet.w3archive/9501/msg00252.html

No future for Muslims in Europe unless they have a state of their own
http://www.amber.ucsf.edu/homes/ross/public_html/bosnia_/mus.txt

US Senate Document; Clinton-Approved Iranian Arms Transfers Help Turn
Bosnia into Militant Islamic Base
http://www.senate.gov/~rpc/releases/1997/iran.htm

A BOSNIAN VILLAGE'S TERRORIST
http://www.mfa.gov.yu/Aktuelno/BIVSE/BiH/wpost11032000_e.html

The Second Coming of Alija Izetbegovic
http://www.balkanpeace.org/our/our05.shtml

Selling the Bosnian Myth to America: Part I-Buyer Beware
http://reagan.com/HotTopics.main/HotMike/document-12.11.2000.3.html

Army suspects munitions manufactured for Bosnian army
http://archive.nandotimes.com/newsroom/nt/0204yugfff.html

Similarity - The 13th Waffen-Gebirgs Division der SS Handschar
http://www.wssob.com/013divhnd.html

Jihad - the "Holly War"
http://blaskic.croat.net/jihad.htm


=== B ===


The Los Angeles Times
October 7, 2001


Bosnia Seen as Hospitable Base and Sanctuary for Terrorists

By CRAIG PYES, JOSH MEYER and WILLIAM C. REMPEL , Times Staff Writers

ZENICA, Bosnia-Herzegovina -- Hundreds of foreign Islamic extremists
who became Bosnian citizens after battling Serbian and Croatian forces
present a potential terrorist threat to Europe and the United States,
according to a classified U.S. State Department report and interviews
with international military and intelligence sources.

The extremists include hard-core terrorists, some with ties to Osama
bin Laden, protected by militant elements of the former Sarajevo
government. Bosnia-Herzegovina is "a staging area and safe haven" for
terrorists, said a former senior State Department official.

The secret report, prepared late last year for the Clinton
administration, warned of problem passport-holders in Bosnia in numbers
that "shocked everyone," the former official said. The White House
leaned on Bosnia and its then-president, Alija Izetbegovic, to do
something about the matter, "but nothing happened," he said.

Although no evidence connects any Bosnian group to the suicide
hijacking attacks of Sept. 11 blamed on Bin Laden, U.S. and European
officials are increasingly concerned about the scope and reach of Bin
Laden networks in the West and the proximity of Bosnia-based terrorists
to the heart of Europe.

A number of the extremists "would travel with impunity and conduct,
plan and stage terrorist acts with impunity while hiding behind their
Bosnian passports," the former official said.

In several instances, terrorists with links to Bosnia have launched
actions against Western targets:

* An Algerian with Bosnian citizenship, described by a U.S. official as
"a junior Osama bin Laden," tried to help smuggle explosives in 1998 to
an Egyptian terrorist group plotting to destroy U.S. military
installations in Germany. The shipment included military C-4 plastic
explosives and blasting caps, the former U.S. official said. The CIA
intercepted the shipment, foiling the attack.

* Another North African with Bosnian citizenship belonged to a
terrorist cell in Montreal that conspired in the failed millennium plot
to bomb Los Angeles International Airport.

* One of Bin Laden's top lieutenants--a Palestinian linked to major
terrorist plots in Jordan, France and the United States--had operatives
in Bosnia and was issued a Bosnian passport, according to U.S.
officials.

After the foiled plot against American bases in Germany, the U.S.
suspended without public explanation a military aid program to Bosnia
in 1999 in an attempt to force the deportation of the Algerian leader
of the group, Abdelkader Mokhtari, also known as Abu el Maali.

Finally, after the U.S. went a step further and threatened to stop all
economic aid, Izetbegovic agreed to deport El Maali. But the Algerian
was back in Bosnia within a year. Two months ago, he was reported to be
moving in and out of the country freely. He is now thought to be in
Afghanistan with the leadership of Bin Laden's Al Qaeda group,
according to a senior official for the NATO-led peacekeeping force,
SFOR, in Bosnia.

President Clinton's secretary of State, Madeleine Albright, personally
appealed to Izetbegovic to oust suspected terrorists or rescind their
Bosnian passports.

The effort by top State Department aides continued through the last
days of the administration. "It wasn't just one meeting, it was 10 to
12, with orders directly from the White House," said a former State
Department official.

Izetbegovic declined the appeals, several sources said, apparently out
of loyalty to the fighters who had come to his country's rescue. The
president argued that many had married Bosnian women, had taken up
farming and were legal citizens.

"The point we kept making to Izetbegovic was that if the day comes we
find out that these people are connected to some terrible terrorist
incident, that's the day the entire U.S.-Bosnia relationship will
change from friends to adversaries," the former State Department
official said.

Senior U.S. and SFOR officials believe that some hard-line members of
Izetbegovic's political party gave direct support, through their
control of the Foreign Ministry and local passport operations, to
foreign Islamic extremists with ties to Bin Laden.

Although Izetbegovic stepped down in October 2000, many hard-liners
remain in Bosnia's bureaucracy, and they are suspected of operating
their own rogue intelligence service that protects Islamic extremists,
military and intelligence sources said.

Last week, Bosnia's new interior minister, citing "trustworthy
intelligence sources," said scores of Bin Laden associates may be
trying to flee Afghanistan ahead of anticipated U.S. military reprisals
for the Sept. 11 attacks, seeking refuge among militant sympathizers in
Bosnia. The minister, Mohammed Besic, vowed to intercept any who try to
enter the country.

U.S. and SFOR officials acknowledge that the new coalition government
in Sarajevo has become much more responsive to fighting terrorism. A
senior State Department official lauded Sarajevo this year for "working
with the international community" in trying to clamp down on suspected
terrorists.

Since Sept. 11, Bosnia has launched an audit of passports and mounted a
more intensive crackdown on naturalized citizens who are wanted by
foreign law enforcement agencies. After years of inaction, several
international fugitives have been arrested this year and extradited.

Western Interests in Balkans May Be at Risk

Bosnia has a large Muslim population, most of whom do not practice a
strict form of Islam.

A senior State Department official cautioned that "a lot of people's
interests are served by hyping the terrorism problem in the Balkans,"
referring to anti-Muslim sentiment among other ethnic groups there.
But, he added, "that is not to say there are not bad people who would
exploit the weaknesses in the government and the lax security and use
[Bosnia] as a place to hide."

To date, Western interests in the Balkans have not been terrorist
targets. However, a senior peacekeeping official in Bosnia said local
police report that "there are plans to attack the Western interests
here in Bosnia after any future retaliatory strikes in Afghanistan. We
don't have anything to confirm it."

Bosnia has traditionally served as "an R&R [rest and recreation]
destination" for members of Bin Laden's organization and other
extremists, according to U.S. officials and the peacekeeping force.

"They come to Bosnia to chill out, because so many other places are too
hot for them," said a former State Department official active in
counter-terrorism.

They also use Bosnian passports to travel worldwide without drawing the
kind of scrutiny that those who hold Middle Eastern or North African
documents might attract, officials said. Bosnian passports are
particularly valuable for ease of travel to other Muslim countries
where no visa requirement is imposed on Bosnians.

Under the Izetbegovic government, the immigration system was so
unregulated that Bin Laden allies "would get boxes of blank passports
and just print them up themselves," the former State Department
official said.

A military official said that "for the right amount of money, you can
get a Bosnian passport even though it's the first time you've stepped
foot into Bosnia."

Among those who Western intelligence sources say was granted Bosnian
citizenship and passports was Abu Zubeida, one of Bin Laden's top
lieutenants. Zubeida, a Palestinian from the Gaza Strip, was in charge
of contacts with other Islamic terrorist networks and controlled
admissions to terrorist training camps in Afghanistan. He arranged
training for unsuccessful millennium bomb plots in Canada and Jordan
and a recently foiled suicide attack on the U.S. Embassy in Paris,
according to court records and investigative reports.

Zubeida also asked LAX bomb plot figure Ahmed Ressam to get blank
Canadian passports that would allow other terrorists to infiltrate the
United States, according to testimony from Ressam, who was convicted in
the bomb plot and is cooperating with investigators.

Another terrorist with Bosnian credentials is Karim Said Atmani, a
Moroccan who was Ressam's roommate in Montreal and who was in the group
that plotted to bomb LAX, according to testimony. The Bosnian
government arrested him in April, and Atmani was extradited to France,
where he awaits sentencing on terrorism charges.

Beginning in 1992, as many as 4,000 volunteers from throughout North
Africa, the Middle East and Europe came to Bosnia to fight Serbian and
Croatian nationalists on behalf of fellow Muslims. They are known as
the moujahedeen. A military analyst called them "pretty good fighters
and certainly ruthless."

"I think the Muslims wouldn't have survived without this" help, Richard
Holbrooke, the United States' former chief Balkans peace negotiator,
said in a recent interview. At the time, U.N. peacekeepers were proving
ineffective at protecting Bosnian civilians, and an arms embargo
diminished Bosnia's fighting capabilities.

But Holbrooke called the arrival of the moujahedeen "a pact with the
devil" from which Bosnia still is recovering.

The foreign moujahedeen units were disbanded and required to leave the
Balkans under the terms of the 1995 Dayton, Ohio, peace accord. But
many stayed--about 400, according to official Bosnian estimates.

Although the State Department report suggested that the number could be
higher, a senior SFOR official said allied military intelligence
estimated that no more than 200 foreign-born militants actually live in
Bosnia, of which closer to 30 represent a hard-core group with direct
links to terrorism.

"These are the bad guys--the ones you have to worry about," the
official said.

But he also said that "hundreds of other" Islamic extremists with and
without Bosnian passports "come in and out" and that Bosnia remains a
center for Al Qaeda recruiting and logistics support.

Bin Laden Reportedly Financed Recruits

A U.S. counter-terrorism official confirmed that "several hundred"
former moujahedeen remain in Bosnia. "Are they a threat? Absolutely.
Are we all over them? Absolutely," he said.

The fighters were organized as an all-moujahedeen unit called El
Moujahed. It was headquartered in Zenica in an abandoned hillside
factory, a compound with a hospital and prayer hall.

Bin Laden financed small convoys of recruits from the Arab world
through his businesses in Sudan, according to Mideast intelligence
reports. Other support and recruits for El Moujahed came, at least in
part, through Islamic organizations in Milan, Italy, and Istanbul,
Turkey, that European investigators later linked to trafficking in
passports and weapons for terrorists.

A series of national security and criminal investigations across Europe
have since identified the El Moujahed unit in court filings as the
"common cradle" from which an international terrorist network grew and
ultimately stretched from the Middle East to Canada.

Abu el Maali, its leader during the Bosnian war, remains an enigmatic
figure, charismatic and popular within the moujahedeen but barely known
outside. He briefly appeared in a propaganda video on El Moujahed
during the war, but his face was digitally removed before distribution.

French court documents say El Maali now is the leader of terrorist
cells in Bosnia, Pakistan and Afghanistan.

Court testimony, confidential police records and interviews with
European intelligence officials show how El Maali marshaled recruits
from the West and Muslim countries to assemble the infrastructure of
what would become a terrorist organization.

Two French converts to Islam, both in their mid-20s, were among the
early volunteers for El Maali's ranks in the Bosnian war. Christophe
Caze, a medical school dropout, and Lionel Dumont joined El Moujahed to
provide humanitarian services. But once assigned to the moujahedeen
unit in Zenica, they immediately "plunged into violence," an associate
told French police.

A French judicial official said their eventual passage to terrorism was
strongly influenced by El Maali, with whom they became close. El Maali
"exerted a lot of influence on the fighters . . . which led them to
commit these violent actions under the cover of Islam," the magistrate
said.

The converts emerged as leaders, rendering impassioned exhortations to
younger volunteers to defend Islam "by all means," according to court
records. They also began setting up a clandestine network in France,
creating multiple identities, encoding phone lists and recruiting
followers they could call into action later. Court records say that
Caze, working as a medic, recruited future terrorists among the wounded
he treated.

At the war's end, U.S. officials focused on state-sponsored terrorism
and worried about getting Iranian fighters back to Iran. Less clear
were the implications of loosely allied extremist groups and
individuals.

Looking back, peace negotiator Holbrooke blamed imprecise and "sloppy
intelligence" for failing to distinguish which Muslim groups posed a
threat to the United States. It turned out that Iranian fighters went
home. Many of El Maali's trained warriors did not.

Spasm of Violence Hits Northern France

In Bosnia, most of the violence stopped with the peace accord in 1995.
But in January 1996, it broke out again--on the streets of northern
France.

A puzzling crime wave swept the area around Roubaix, a gritty,
Muslim-majority town near the Belgian border. Small groups of men began
holding up stores and drivers. They brandished machine guns and wore
hoods and carnival masks. Two people were killed.

On March 28, just before a Group of 7 summit of leading industrial
nations that would bring top ministers to Lille, police discovered a
stolen car abandoned in front of the police station. It was parked
askew. And it contained a bomb packed into three gas cylinders rigged
to devastate everything within 600 feet. It was disarmed.

The next night, a special tactical squad surrounded a house at 59 Rue
Henri Carette in Roubaix that had been linked to the booby-trapped car.
Police fired thousands of rounds into the building. The house erupted
in flames because of munitions inside, police said later. Four charred
bodies were recovered.

Two men fled the barrage and inferno. At a police roadblock just inside
Belgium, another furious gun battle erupted. One of the men was killed,
and his accomplice was wounded.

In the getaway car, police found rocket launchers, automatic weapons,
large amounts of ammunition and grenades. They also recovered an
electronic organizer containing coded telephone contacts, nearly a
dozen of them in Bosnia. The dead ringleader was identified as
Christophe Caze, the young medic who went to fight in Bosnia.

French authorities, confused about the motives for the spasm of gang
violence, considered it a new phenomenon, calling it "gangster
terrorism." Their investigation uncovered what may have been the first
terrorism cell exported from Bosnia.

After an investigation of the surviving associate, Caze's electronic
organizer and other evidence recovered by French police, the robbery
gang was identified as nine militants who attended a local mosque. Most
of them had undergone military training at the El Moujahed compound in
Bosnia.

The armed robberies were a radical form of fund-raising by Caze and his
associates to benefit their "Muslim brothers in Algeria." Their
high-powered weapons were smuggled home from the Bosnian war.

Caze's organizer was described by one official as "the address book of
the professional terrorist." It contained phone contacts in England,
Italy, France and Canada, as well as direct lines to El Maali's Zenica
headquarters. It led French authorities to trace travels and phone
records and to set up electronic surveillance.

French counter-terrorism officials soon realized they had stumbled upon
more than a band of gangsters. Five years before the sophisticated
terrorist assault on the U.S., the French were starting to uncover
loosely linked violent networks spreading into several countries, all
tied together by a common thread: Bosnia.

One of the phone numbers in the dead terrorist's organizer led to a
suspect in Canada: Fateh Kamel, 41, who ran a small trinkets shop in
Montreal.

French authorities say Canada rejected their initial request to
investigate Kamel, calling the dapper Algerian "just a businessman."

But Kamel also was a confidant of El Maali. He spoke frequently to the
Bosnia moujahedeen chief over his wife's cell phone. Kamel had gone to
Bosnia early in the war, suffered a shrapnel wound in one leg and been
treated at the El Moujahed hospital by Caze, the young medic.

Kamel first came to the attention of European intelligence officials in
1994, when Italian agents tracking suspected terrorists stumbled upon
him recruiting fighters in Milan for El Maali's brigade.

After the Dayton accord, French police say, Kamel became deeply
involved in terrorist logistics. He was "the principal activist of an
international network determined to plan assassinations and to procure
arms and passports for terrorist acts all over the world," according to
a French court document.

In 1996, an Italian surveillance team recorded Kamel discussing a
terrorist attack and taped him declaring: "I do not fear death . . .
because the jihad is the jihad, and to kill is easy for me."

During the same period, Kamel assisted other North African extremists
relocating to Canada, exploiting the country's lax immigration laws and
Quebec's eagerness for French-speaking immigrants such as Algerians.

According to French investigators, Kamel was the leader of a terrorist
cell in Montreal. Other members included Ressam, Atmani and a third
roommate, Mustafa Labsi.

Like Kamel, Atmani had served in Bosnia and was close to El Maali. A
U.S. law enforcement official described Atmani as a "crazy warrior with
a nose so broken and twisted that he could sniff around corners."

Later, authorities believe, the three roommates went to Afghanistan
together to train for a terrorist attack on the United States. They
returned to the West after learning that their target would be Los
Angeles International Airport. The conspiracy was interrupted when
Atmani was deported from Canada to Bosnia.

When Ressam, traveling alone, was captured at the border with
explosives in his rental car, U.S. officials tried to track down his
former roommate Atmani. Authorities had information that he was
traveling between Sarajevo and Istanbul, but Bosnian officials denied
even that Atmani had been deported there. Investigators later learned
that Atmani had been issued a new Bosnian passport six months earlier.

Atmani was part of the hard-core terrorist group noted in the secret
State Department report. He remained beyond the reach of international
extradition until this year, when he was arrested and turned over to
France by Bosnia's new coalition government. He awaits sentencing on
terrorism charges.

Kamel, the alleged ringleader of the group, was arrested in Jordan and
was extradited to France, where he is in prison on a terrorism
conviction. Ressam and Labsi also have been jailed. All of the members
of the former Montreal cell have been convicted of being operatives in
a terrorist network that originated in Bosnia.

James Steinberg, deputy national security advisor in the Clinton
administration, said that although the U.S. works closely with
countries in the Balkans to deal with "the problem of these cells," the
very nature of secret terrorist organizations confounds those efforts.

"It's one thing to [arrest] the people you know [are terrorists], but
then the others . . . bury themselves even deeper," he said.

Südosteuropa: Presse unter deutscher Kontrolle
GERMAN PRESS BUYS POLITICAL POWER IN THE EAST

Berichte auf deutsch aus http://www.german-foreign-policy.com

A synopsis in english from: http://www.freenations.freeuk.com


=== DEUTSCH ===


http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1055887200.php

18.06.2003

Südosteuropa: Presse unter deutscher Kontrolle

ESSEN - Die Westdeutsche Allgemeine Zeitung (WAZ) baut ihre
Vorherrschaft auf den Pressemärkten Südosteuropas aus. Durch eine Reihe
von Übernahmen - zuletzt in Ungarn - will der Konzern dort seine
,,maßgebliche Position" durchsetzen.

Der WAZ-Konzern - bereits jetzt der dominierende Zeitungsverlag in
Südosteuropa - beherrscht große Teile der Zeitungsmärkte in Rumänien
und Bulgarien, besitzt die führenden Zeitungen in Serbien und
Montenegro und hält wichtige Beteiligungen in Ungarn und Kroatien. In
den letzten Jahren hat das deutsche Unternehmen durch den Aufkauf
zahlreicher renommierter Zeitungen in Südosteuropa, darunter die
traditionsreiche Belgrader ,,Politika" oder die Bukarester ,,Romania
Libera", von sich reden gemacht. Der Konzern will nach eigenen Angaben
in allen Ländern Südosteuropas eine ,,maßgebliche Position" auf den
Zeitungsmärkten erreichen.

Schritt für Schritt

Erst im März hat die WAZ 50 Prozent der Anteile an der führenden
montenegrinischen Zeitung ,,Vijesti" gekauft. Im Mai wurde bekannt,
dass der Konzern sich um die Übernahme der drei führenden Zeitungen in
Mazedonien bemüht - unterstützt vom Ex-Außenminister und Botschafter in
Deutschland, Srgan Kerim, der als Berater angeheuert wurde. Auch in
Serbien wird intensiv über den Kauf einer weiteren Zeitung in Novi Sad
in der Provinz Vojvodina verhandelt.

In Ungarn steht die WAZ in Konkurrenz zum Bertelsmann-Konzern, der mit
dem Tochterunternehmen Gruner + Jahr den dortigen Markt beherrscht.1)
Der WAZ-Konzern besitzt dort derzeit fünf regionale Tageszeitungen.
Diese Position wird jetzt weiter ausgebaut: Der Essener Konzern hat 75
Prozent der Anteile an dem ungarischen Verlag HVG Rt. in Budapest
gekauft, der das führende ungarische Wochenmagazin ,,Heti
Vilaggazdasag" herausgibt.

Quellen:
WAZ kauft 50 Prozent der Anteile der führenden Zeitung Montenegros;
Deutsche Welle Monitor Ost-/Südosteuropa 18.03.2003
WAZ-Gruppe expandiert auf dem Balkan; Financial Times Deutschland
15.05.2003
WAZ kauft ungarisches Wirtschaftsmagazin; Handelsblatt 13.06.2003

---

http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1055023200.php

08.06.2003

Berlin droht Belgrad

SMEDEREVO - Das Auswärtige Amt setzt die serbische Regierung massiv
unter Druck, um den Verkauf eines Stahlwerkes an ein US-Unternehmen zu
verhindern. Der deutsche Botschafter in Belgrad drohte in einer
offiziellen Note mit schweren wirtschaftlichen und rechtlichen
Konsequenzen, wenn die Entscheidung nicht rückgängig gemacht werde.

Anlass der Berliner Drohgebärden ist der Verkauf des traditionsreichen
serbischen Eisen- und Stahlwerks Sartid an U.S. Steel Kosice
(Slowakei), eine Tochtergesellschaft des US-Stahlgiganten U.S. Steel,
die mit dem Erwerb von Sartid ihre Marktposition in Ost- und
Südosteuropa ausbaut. Auch deutsche Konzerne waren an dem bedeutendsten
serbischen Stahlproduzenten interessiert.

Der Berliner Botschafter in Belgrad hat die serbische Regierung jetzt
aufgefordert, die Entscheidung zum Verkauf von Sartid rückgängig zu
machen, da die potentiellen deutschen Investoren ,,rechtswidrig"
benachteiligt worden seien. Wenn dies nicht geschehe, könnten deutsche
Unternehmen ihre Investitionen und ihr Engagement in der Staatenunion
einstellen. Deutschland verfügt als stärkster Wirtschaftspartner von
,,Serbien und Montenegro" (früher: Jugoslawien) über großen Einfluss im
Land1), der deutsche WAZ-Konzern hat eine führende Stellung auf dem
jugoslawischen Medienmarkt inne2) und kann daher maßgeblich in
öffentliche Debatten eingreifen.

Der deutsche Botschafter gab darüber hinaus bekannt, deutsche
Unternehmer würden ihre Ansprüche auf Sartid vor dem Internationalen
Schiedsgericht in Wien durchzusetzen versuchen.

Quelle:
Deutscher Botschafter in Belgrad übt nach Verkauf von Eisenwerk an
US-Firma scharfe Kritik an serbischer Regierung - Serbischer
Wirtschaftsminister betont Rechtmäßigkeit des Verkaufs; Deutsche Welle
Monitor Ost-/Südosteuropa 04.06.2003

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http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1029500348.php

16.08.2002

,,Deutscher Blitzkrieg" auf dem Pressemarkt

ESSEN - Die Westdeutsche Allgemeine Zeitung (WAZ), eines der größten
deutschen Medienunternehmen, expandiert seit Jahren insbesondere in
Südosteuropa. Dort ist es nun dem Vorwurf ausgesetzt, in einzelnen
Staaten der Region Meinungsmonopole zusammenzukaufen und Konkurrenten
mit ihrer wirtschaftlichen Macht an die Wand zu drücken.

Quasi-Monopole auf dem Pressemarkt

Der WAZ-Konzern besitzt allein 22 Zeitungen und 50 Zeitschriften und
gehört mit einem Umsatz von rund 1,9 Milliarden Euro im Jahr 2001 zu
den größten deutschen Medienunternehmen. Bereits seit Mitte der 1980er
Jahre hält die WAZ-Gruppe in Österreich unter anderem eine
50-prozentige Beteiligung an der größten Boulevardzeitung des Landes,
der ,,Neuen Kronen Zeitung". 1992 begann die WAZ mit dem Aufkauf von
Regionalzeitungen in Ungarn, inzwischen gehört dem Konzern die größte
Zeitungsgruppe des Landes1). Seit 1996 kaufte sich die Mediengruppe in
Bulgarien ein, wo sie inzwischen eine marktbeherrschende Stellung hat
wie nirgendwo sonst. Die WAZ gibt dort die auflagenstärkste
Tageszeitung, die größte politische Wochenzeitung, die auflagenstärkste
Frauenzeitung und die einzige Abendzeitung heraus und kontrolliert,
gemessen an der Auflage, 80 Prozent der bulgarischen Tagespresse. ,,Die
WAZ hat den bulgarischen Print-Medien-Markt monopolisiert", hieß es in
einer Stellungnahme der bulgarischen Anti-Trust-Kommission.

Auch in Kroatien und Rumänien2) gehört die WAZ-Gruppe inzwischen zu den
Marktführern. Durch eine 20-Millionen-Euro-Einlage erreichte die
WAZ-Gruppe 1998 eine 50-prozentige Beteiligung an der kroatischen
Europapress Holding (EPH), die Eigentümerin zahlreicher Tages- und
Wochenzeitungen sowie eines umfangreichen Vertriebsnetzes ist. Mit
mittlerweile 70 Prozent der kroatischen Zeitungen hat der WAZ-Konzern
auch in Kroatien ein Quasi-Monopol auf dem Pressemarkt.

Mitte Oktober 2001 unterzeichnete der WAZ-Konzern mit dem Belgrader
Verlag Politika AD einen Vertrag zur Übernahme von 50 Prozent des
Presseunternehmens3). Die WAZ bringt 25 Millionen Euro in das Joint
Venture ein, Politika AD nur 1.000 Euro. Politika AD gilt als der
traditions- und erfolgreichste Medienkonzern auf dem Balkan. In
Jugoslawien verfügt das Unternehmen über 3 Tageszeitungen und 14
Magazine sowie Druckereien und den Auslieferungsservice und betreibt
einen Rundfunksender. Die gleichnamige Zeitschrift des im Jahre 1904
gegründeten Traditionsverlags gilt als wichtigstes Sprachrohr der
jugoslawischen Regierung. Ende Juli kaufte sich der Konzern Berichten
zufolge für 10 Millionen Euro auch bei der führenden Zeitung der
Provinz Vojvodina ein. Auch in Jugoslawien übt damit die WAZ de facto
die Medienkontrolle aus. Weitere Verhandlungen zu Übernahmen in
Montenegro und Bosnien stehen kurz vor dem Abschluss.

,,Die Deutschen kommen"

Insgesamt besitzt der WAZ-Konzern heute durch direkte oder
verschachtelte Beteiligungen 23 Zeitungen, 38 Zeitschriften und 10
Anzeigenblätter in Tschechien4), Ungarn, Rumänien, Bulgarien, Kroatien
und Jugoslawien. Der neue WAZ-Geschäftsführer Hombach versucht, die
Übernahmen als Wohltaten darstellen: ,,Nicht wir klopfen dort an die
Türen und sagen, nun sind wir da und möchten uns für weitere Titel
interessieren, sondern die Titel fragen bei uns an. Denn sie wissen,
das wir ein guter Partner sind. Wir sichern die technischen und auch
die ökonomischen Voraussetzungen, damit Publizistik in diesen jungen
Demokratien möglich ist."

Kritiker in den betroffenen Ländern sehen das anders: Der WAZ-Gruppe
wird vorgeworfen, sie versuche Meinungsmonopole zusammenzukaufen und
Konkurrenten mit ihrer wirtschaftlichen Macht an die Wand zu drücken.
Vertreter der regionalen Presse zeigen sich über die beherrschende
Stellung der WAZ empört: Durch die Monopolisierung des Werbemarktes
werde der Regionalpresse die Haupteinnahmequelle entzogen. ,,Die
Deutschen kommen", alarmierte das jugoslawische Magazin ,,NIN" seine
Leser. Der Vorsitzende der bulgarischen Vereinigung der
Zeitungsverleger trat mit einer Stellungnahme unter dem Titel
,,Deutscher Blitzkrieg ruiniert die bulgarische Presse" an die
Öffentlichkeit.

1) In Ungarn steht die WAZ in Konkurrenz zum Bertelsmann-Konzern, der
mit dem Tochterunternehmen Gruner+Jahr den dortigen Markt beherrscht
(s. Deutsche Pressekonzerne in Osteuropa ,,räumen auf")
2) Dort wiederum gemeinsam mit Gruner+Jahr, die durch die mehrheitliche
Übernahme des  Bukarester Pressehauses Expres u.a. über die
überregionale Boulevardzeitung Evenimentul zilei (EZ) verfügt, mit
130.000 Exemplaren täglich eine der auflagenstärksten Tageszeitungen
Rumäniens.
3) Der EU-Koordinator des Stabilitätspaktes für Südosteuropa, Bodo
Hombach, hatte dem Konzern die Tore des jugoslawischen Medienmarktes
geöffnet und wechselte anschließend als Geschäftsführer zur WAZ (s.
Hombach eröffnet der Westdeutschen Allgemeinen Zeitung den Medienmarkt
in Jugoslawien)
4) Die tschechische Regierung beklagte bereits, die Zeitungen des
eigenen Landes, die sich ,,in deutscher Hand" befänden, berichteten
zunehmend einseitig über die Auseinandersetzungen um die
,,Benes-Dekrete". Drei der überregionalen Zeitungen befinden sich im
Besitz deutscher Verlage (s. Tschechische Regierung wehrt sich gegen
deutsche Medien-Dominanz)

Quellen:
Ganz wie bei Orwell. Nach Ungarn und Österreich ist die Verlagsgruppe
WAZ nun auch in Bulgarien auf dem Vormarsch; M, Zeitschrift der IG
Medien, 08.08.1997
Medienmacht auf dem Balkan; 2-sat Kulturzeit 21.06.2002
Komischer Kochtopf; Der Spiegel 12.08.2002
Sensible Märkte - Die deutsche Mediengruppe WAZ kauft immer mehr
Zeitungen in Südosteuropa; Deutsche Welle Monitor Ost-/Südosteuropa
14.08.2002

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http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1014073200.php

19.02.2002

Hombach eröffnet der Westdeutschen Allgemeinen Zeitung den Medienmarkt
in Jugoslawien

ESSEN - Kurz bevor Bodo Hombach Ende des Jahres 2001 seinen Posten als
EU-Koordinator des Stabilitätspaktes für Südosteuropa verließ und als
Geschäftsführer zur Westdeutschen Allgemeinen Zeitung (WAZ) wechselte,
öffnete er seinem künftigen Arbeitgeber die Tore des jugoslawischen
Medienmarktes.

Mitte Oktober 2001 unterzeichnete der WAZ-Konzern mit dem Belgrader
Verlag Politika AD einen Vertrag zur Gründung einer gemeinsamen
Gesellschaft. Hombach hatte die Kontakte zwischen der WAZ und Politika
vorbereitet. Die gleichnamige Zeitschrift des im Jahre 1904 gegründeten
serbischen Traditionsverlags galt jahrelang als wichtigstes Sprachrohr
der jugoslawischen Regierung unter Slobodan Milosevic. Das heute hoch
verschuldete Presseunternehmen verlegt in Jugoslawien drei
Tageszeitungen, 14 Magazine und betreibt einen Rundfunksender. Die
WAZ-Mediengruppe ist bereits mit 25 Zeitungen und 50 Zeitschriften in
sechs anderen osteuropäischen Ländern vertreten.

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http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1005433200.php

11.11.2001

Deutsche Pressekonzerne in Osteuropa "räumen auf"

HAMBURG (Eigener Bericht) - Bertelsmann, größter europäischer
Medienkonzern, ordnet seinen Osteuropa-Besitz neu, um in das ungarische
TV-Geschäft einzusteigen. Mit mehreren Beteiligungen an ungarischen
Tageszeitungen (Nepszabadsag/Delmagyarorszag/Deelvilag), die von dem
Tochterunternehmen Gruner+Jahr gehalten werden, ist Bertelsmann in
Ungarn Monopolist.

Da die ungarische Regierung wegen der beabsichtigten TV-Expansion
Bedenken geltend macht, plant Bertelsmann eine Rochade. Die
osteuropäischen Zeitungsbeteiligungen (u.a. auch in Rumänien und
Tschechien) sollen in einer Holding zusammengefasst werden. Darin wäre
Bertelsmann (gemeinsam mit dem Schweizer Ringier-Verlag) als
bescheidener Anteilseigner weniger auffällig. Die Kaschierung der
deutschen Monopolstellung würde einen widerstandslosen Einstieg in das
ungarische TV-Geschäft erlauben.

Bertelsmann beherrscht nicht nur den osteuropäischen Zeitungsmarkt,
sondern gehört zugleich in Österreich, Frankreich, Spanien,
Großbritannien und den USA zu den führenden Branchenunternehmen. Die
nordamerikanischen Konzern-Aktivitäten werden gegenwärtig ausgeweitet.
Gehörten bereits bisher Publikationen wie Family Circle, Rosie,
Parents, Child, Fitness, American Homestyle, YM, Inc. oder Fast Company
zum ertragreichen Bertelsmann-Besitz, so sollen diese Aquisitionen
jetzt ergänzt werden.

,,Hitlers bester Lieferant"

Bertelsmann wird in den USA einer aggressiven Geschäftspolitik
beschuldigt. Die dortigen Bertelsmann-Druckereibetriebe kontrollieren
die Herstellung von rund 500 Magazinen mit Netto-Verkäufen in Höhe von
monatlich 300 Millionen US Dollar.

Bertelsmann legte seine Konzern-Fundamente in der NS-Zeit und verdiente
an der nationalsozialistischen Kriegspolitik. Das Haus darf als
,,Hitlers bester Lieferant" bezeichnet werden. Heute beschäftigt
Bertelsmann weltweit 70.000 Mitarbeiter und erzielt rund 40 Milliarden
DM (20 Milliarden Euro) Umsatz.

,,Deutscher Blitzkrieg"

Neben Bertelsmann sind auch andere deutsche Pressekonzerne weltweit
tätig. Dazu gehört die Kirch-Gruppe (1998 Nr. 8 in der Weltrangliste,
kooperiert mit der italienischen Berlusconi-Gruppe), die Axel Springer
AG (Nr. 28) und die Zeitungsgruppe WAZ (Nr. 41).

Die deutsche Presseexpansion (Tschechische Republik: Blesk, Slowakische
Republik: Novy Cas) sei ,,brutal und heimtückisch", sagt der
bulgarische Journalist und ehemalige Vorsitzende der bulgarischen
Vereinigung der Zeitungsverleger, Valeri Naidenow. Das Auftraten der
deutschen Konzerne erinnere an einen ,,Blitzkrieg". Über die Folgen der
deutschen Medienexpansion prophezeite die bulgarische Zeitung Novinar
ihren Lesern: ,,Du wirst denken, wie es dir die deutschen Zeitungen
befehlen".

Quellen:
Gruner + Jahr räumen in Ungarn auf, Die Welt 11.11.2001
Deutsche Verlage auf Osteuropa-Trip; ,,M" (Zeitschrift der IG Medien)
8-9/1997


=== ENGLISH ===


http://www.freenations.freeuk.com/news-2003-07-23.html
 
GERMAN PRESS BUYS POLITICAL POWER IN THE EAST
                                   
Translated from german-foreign-policy.com and commentated by Rodney
Atkinson
Dateline: 23rd July 2003

                     
INTRODUCTION: In the normal course of international investment the
expansion of German firms abroad would be no different from the same
activities by British or American or French corporations. However much
depends on the political history of the  relationships between the
investing and the recipient nation and in what sectors the investment
is taking place.
In the case of German industry today as it invests in Poland, The Czech
Republic, Austria, Yugoslavia and elsewhere in Eastern  Europe the
political history is one of bloody conquest and exploitation by Germany
and the industrial sectors which are being targeted are those highly
political areas of newspapers and the electronic media. We already have
examples – especially in Yugoslavia and The Czech Republic – of the
pressure put on local editors by their German owners to report national
and above all "European" affairs in a light favourable to German
interests. For instance the editor of the Czech regional newspaper
"Svoboda" received a letter from his German owner during the Yugoslav
war (21st April 1999) which warned him not to report so favourably the
activities of the Serbs "(your comments) exceeded tolerability…not to
mention your evaluation of other hideous acts perpetrated by Milosevic
- you do not devote due attention to them. I shall not repeat my
challenges of 14th and 20th April…I expect from you a less one-sided
approach…With friendly(!) greetings Matthias Roscher". The full wording
of the letter is in my possession and will appear in the next edition
of Fascist Europe Rising.

The following translation of a report from our journalist friends in
Germany shows how the above is undoubtedly being replicated elsewhere.

German press groups are expanding further into East and Southern
Europe, especially into Poland. The German Springer Verlag (owner of
the lurid tabloid Bildzeitung which recently stoked the German-Italian
crisis with an advert for "blonde nationalistic……Germans" whom the
paper would send on holiday to Italy!) already the second biggest
newspaper publisher seeks to double its circulation. The German press
expansion – not surprisingly - reminds the Polish media of the German
colonisation and the occupation of Western Poland by Prussia.

The Axel Springer Organisation the largest German newspaper group seeks
through expansion abroad to improve its prospects in the harsh
competitive world of the German printing business. Up to now only 16%
of its turnover comes from abroad (2002 - 2.78billion Euro) and wants
to double this in the next few years. The competitors, German
Publishers Bauer, Gruner und Jahr, the WAZ Group and Burda have been
expanding into other countries in recent years and have achieved almost
50% of their turnover from abroad.

Springer seeks to achieve the goal of having 30% of its turnover from
abroad by large acquisitions and the founding of new newspapers. About
half of the 32 purchases and new businesses of the last two years have
been abroad. Emphasis has been put in  Western Europe on France, Spain,
and Switzerland and in Eastern Europe on Poland, Czech republic,
Rumania and Hungary – where Springer is the leader in the newspaper
market. They also have their eye on the Asian markets: "We are at
present considering market entry in Russia and China and will be active
there probably in the next two years" the publisher declared.

A New Colonisation of Poland?

Spinger’s expansion in Poland started in 1994 and the company is now
the second biggest newspaper publisher in the country and  the owner of
16 publications including the successful economic magazine Profit.
Since the successful introduction of "Newsweek Polska" in 2001,
Springer Polska is now the market leader in news magazine.

The next step is a new polish daily newspaper. At the moment there is
only one tabloid on the Polish market – Super Express – half of which
belongs to the Swedish Bonnier group. With a new tabloid Springer wants
to double his Polish turnover. But there is competition. Agora, the
publisher of the largest Polish newspaper "Gazeta Wyborcza" is working
on its own tabloid which is due to appear at the end of August.

The Polish press is mostly dominated by German publishers. By far the
largest, with 28 titles and a total circulation of about 10 million, is
Bauer. Passau (now dominant in the Czech market) took over the Polish
titles of the French Group Hersant and is the largest publisher of
regional newspapers. This dominant position is facing growing
criticism. At the end of last year (2002) the economically liberal and
Europe-friendly weekly magazine WPROST described, on its front page,
with the heading Drang nach Osten, the German press take-over as a new
colonisation. In some regions of Poland the Germans were so prominent
in the newspaper market that it already resembled the Prussian
occupation of Western Poland

Srebrenica, lettere di protesta ai giornali
(english / italiano)

Sulla vicenda di Srebrenica abbiamo diffuso in passato, e continueremo
a diffondere in futuro, la documentazione che evidenzia le
manipolazioni giornalistiche soprattutto sugli antefatti, sulla
dinamica e sull'entita' del massacro.

In lingua italiana consigliamo in proposito l'analisi di Juergen
Elsaesser contenuta nel suo libro "Menzogne di guerra" (ed. Citta' del
Sole, Napoli 2002).

In lingua inglese, tra le tante cose, suggeriamo il link:

What really happened in Srebrenica ?
http://www.antiwar.com/srebrenica.html


---

Ad Alessandro Curzi e Rina Gagliardi
Alla Redazione di "Liberazione"
 
Sovente nei giornali vengono riproposte notizie di agenzie che non
corrispondono alla verità  e che sono, da tempo, smentite.
I vari "Metro", "City" vengono distribuiti gratis, ma sono tanto più
pericolosi proprio perché arrivano in mano a chiunque, anche ai
giovanissimi... Trovando riportate queste "verità" su "Liberazione",
viene da ripetere la frase di R. Rossanda, "Al diavolo (tali)
comunisti"!
Non si capisce la subalternità di questo giornale (forse ai Dalemiani,
again?)... Come poi giudicare, quando anche un vostro giornalista che
scrive "come si deve"  dall'Irak, dalla Palestina, dalla Jugoslavia,
viene censurato e poi licenziato!? Davvero, salvo pochi casi sporadici,
di fatto non avete preso una netta posizione e "non avete visto" le
vere ragioni della distruzione anche di quello che rimaneva della
Jugoslavia. Avete seguito anche voi il coro dei "Ne - Ne"...
Scrivo, in ritardo, a proposito di Srebrenica, titolo apparso due
settimane fa su "Liberazione". Notizie, come sopra, smentite "da quel
dì"... Tante se ne susseguono... e poi il caldo. Protesto in ritardo
anche perché il  tempo libero lo dedico (e lo dedichiamo) al lavoro
volontario di assistenza ai tre bambini malati di leucemia e simili,
ricoverati al "San Camillo" di Roma: Marko di 14 anni dalla Serbia,
Lazar 4 anni e Miroje 17 dal Montenegro.
Per quanto riguarda il caso di Srebrenica, ed altri eventuali "casi" da
sollevare nel prossimo futuro (Racak, etc, etc), rileggetevi il libro
"Menzogne di guerra" di Jurgen Elsasser, Edizioni "La Città del Sole",
una recensione del quale è stata  pubblicata anche da "Liberazione".

Ivan Pavicevac  
 26/7/2003

---

Da: Boba
Data: Mar 5 Ago 2003 17:45:11 Europe/Rome
A: (Recipient list suppressed)
Oggetto: Re: BBC// Clinton to open Srebrenica memorial

My letter to BBC

To: INFO@... ; worldservice.letters@...
Cc: newsonline@...
Sent: Tuesday, August 05, 2003 7:09 AM
Subject: Response to BBC report: Clinton to open Srebrenica memorial

BBC
Letters

5 August 2003
In responding to your article, "Clinton to open Srebrenica memorial" (5
August)

"Killers always come back to the scene of their crime". So is the case
of the former US president Bill Clinton. It is under his command and
his approval that unspeakable crimes of the 20th century were allowed
to happen and some of them are hidden from the world and justice. It is
with his knowledge and the knowledge of his generals, MPRI generals and
his secretary of State, Albright that Muslim mujahedeens used UN
protected "save haven" to wage terror on Serb villages surrounding
Srebrenica.

Judging by Mr. Clinton's dishonesty and distorted way of applying
justice I am sure that he would not remember Naser Oric, Muslim
general, turned war criminal, responsible for killing over 640 Serbs in
villages that surrounded Srebrenica!
Oric used the "safe-haven" of Srebrenica as a military base to destroy
42 Serbian villages in the year prior to Srebrenica's fall.
Clinton even found support in his wife Hillary who in a strange way of
patching up for his infidelity with Monica Lawinsky ordered Bill to
bomb Serbs in 1998. Strange couple, these Clintons, indeed! What else
are they capable of doing?

The Clinton's administration for its part let Islamic extremists range
terror in the Balkans and against Serbs in Bosnia and Kosovo. Militant
Islamic extremism found its base and support in Europe and elsewhere.
These were essential steps in the overall terrorist escalations which
were to later include the September 11, 2001, attacks on the World
Trade Center in
New York and the Pentagon in Washington, DC and the October 2002
attacks in Bali, Indonesia.

Clinton couldn't care less for Srebrenica victims. All he cares is the
money that might come from Saudi Arabia or others, now that he does his
part in overall media campaign of lies about the wars in the Balkans.

Boba Borojevic
Ottawa, Canada

---

(Note: Nasir Oric has been recently brought to The Hague; however, his
responsabilities are never brought to light by the media)

Da: Boba
Data: Lun 14 Lug 2003 01:40:04 Europe/Rome
A: letters@..., forum@...
Oggetto: Re: WT // Bodies identified from massacre buried on 8th
anniversary, by Almir Arnaut

RE: Bodies identified from massacre buried on 8th anniversary, by Almir
Arnaut
The Washington Times

WORLD -- 12 July 2003/Pg.A5
Letter to the Editor:

Goebbels said: 'Tell a lie a hundred times, it becomes the truth.' And
this is what Washington Times and other Western media have done.
Playing with false numbers of killed Muslims without mentioning
killings of Serbs by Muslims in Serb villages surrounding Srebrenica
equals Nazi style propaganda.
By purposely avoiding any mention of Muslim attacks on dozens of Serb
villages surrounding Srebrenica, killing of Serbs and torching of Serb
houses, Washington Times also fell pray to Muslim stories from
Srebrenica.
In fact The Washington Times helps the spreading of these lies.
Deceptively, Almir Arnaut omits any reference to Naser Oric, a war
criminal responsible for killing over 640 Serbs in villages that
surrounded Srebrenica and he is not even indicted! This Muslim criminal
has created video films of his exterminations. These videos are being
sold on street corners in the Arab world showing Naser Oric
decapitating and murdering innocent Serbian victims, the Muslim world's
version of pornography. Oric used the "safe-haven" of Srebrenica as a
military base to destroy 42 Serbian villages in the year prior to
Srebrenica's fall. Naser Oric is also the same Muslim that converted
the Serbian Orthodox Church in Konjic into a public
toilet and the Serbian church in Srebrenica into a stable."*
"ICRC document 37, dated September 13, 1995, reveals that some 5,000
Srebrenica Muslims left the enclave prior to its fall and that the
Muslim government has admitted that these men were reassigned to other
units of its armed forces. The fact that family members were not
informed of it was justified by the obligation to keep it a military
secret.'
Mr. Almir Arnaut proves capable of ignoring any evidence that
contradicts his own Muslim bias toward the Serbs.
And yet this inevitable play with numbers that does not prove anything
gives the story a false credibility. Even Goebbels would be surprised
with this kind of propaganda machine.
"Since the New York Times story, the figure of 8,000 Muslim men and
boys "massacred by the Serbs" has taken on a life of its own and
despite challenges from a number of sources the mainstream media in the
West continues to repeat the figure. Nor has the War Crimes Tribunal
ever attempted to set the record straight. It accepted the allegations
from the outset. It did so despite any hard evidence other than hearsay
information
provided by claimed eyewitnesses and documentation promised to be
forthcoming from United States sources. The documentation from the
United States has never been produced."**
Even today, eight years after the fall of Srebrenica we do not know how
many Serbs have been murdered by Muslims? How many Muslims were really
killed? How many of these Muslims were Muslim soldiers hiding armed in
the UN in safe-haven?
The only thing we know is that this twisted story about "Srebrenica
massacre" will feed generations, unchallenged by the Western media.
Thus, protecting real war criminals and their masters, who are still
active in spreading lies about the Serbs and the war in Slovenia,
Bosnia, Croatia and Serbia, i.e. Kosovo, such as Clinton and his
Secretary of State Madeline
Albright, Richard Holbrooke, Jaime Rubin, William Cohen, et. al. and
the" usual pimps to power in the media" Thomas Friedman, David Rhode,
Roy Gutman, Robert Kaplan, Noel Malcolm, Christopher Hitchens, Todd
Gitlin and countless
network news and media outlets.

* http://www.balkan-archive.org.yu/politics/media_watch/html/dorich.html
** http://www.snd-us.com/Liberty/bissett_symposium.htm

Boba Borojevic
Ottawa, Canada

"Processo" Milosevic

1. Carla Del Ponte scende sempre piu' in basso
2. Dichiarazione di Ghennadij Zjuganov
Allegato: "Carla Del Ponte ha rivelato ai killer come trovarmi"


=== 1 ===


Carla Del Ponte scende sempre piu' in basso

(a cura di I. Slavo)

La procuratrice svizzera Carla Del Ponte, "pubblico ministero" al
"processo dell'Aia" contro Milosevic, ha recentemente rilasciato una
comica intervista al settimanale svizzero "Die Weltwoche" (n. 32/03, si
veda:
http://weltwoche.ch/ressort_bericht.asp?asset_id=5538&category_id=60 ,
ripresa anche da Expres, Belgrado, n.29/7).

Eccone alcuni stralci:

---
Nel suo ufficio, subito vicino alla porta, un grande poster segnaletico
per la cattura con la scritta: «Up to $ 5 Mio. Reward» (Fino a 5
milioni di dollari) e tre grandi fotografie - di Milosevic, Karadzic e
Mladic. Sulla foto di Milosevic e' stato tracciato con violenza un
segno a penna, e fintantoche non potra' fare lo stesso con le altre due
teste la 57enne Carla Del Ponte non lascera' il suo ufficio di
procuratore generale al Tribunale dell'Aia...

...Deve cercare sostegno politico soprattutto in Occidente, per il suo
lavoro. Li chiama 'pellegrinaggi' - non sono proprio la sua occupazione
prediletta, benche' varie foto nell'ufficio li testimonino... Una
stretta di mano con il ministro degli esteri USA Colin Powell, e di
quest'ultimo anche la affettuosa dedica «To Carla, with admiration and
best wishes».

...Due matrimoni non sono sopravvissuti allo zelo di Carla del Ponte
per la propria carriera professionale. Ama i gioielli e le automobili
veloci, ma oltre ad essere stata entusiasta guidatrice di Porsche, essa
intraprende oggi anche tour in bicicletta per l'Olanda, dove le e'
capitato di andare a sbattere contro la propria guardia del corpo,
ferendosi un ginocchio.

"...Naturalmente siamo felici per ogni arresto, ma io aspetto ancora 17
persone (...) tra cui 2 grossi nomi - Karadzic e Mladic. La
soddisfazione e' dunque ancora incompleta..."

"...Karadzic e' nella Repubblica Srpska, ben nascosto. Viene difeso da
tutto il popolo, per loro lui e' un eroe... Nessuno lo
consegnerebbe, dunque questo lo devono fare la SFOR e la NATO... E'
davvero sorprendente... Quando dal comando supremo arrivano 150 soldati
con automezzi blindati ed elicotteri per arrestare Karadzic, lui riesce
a saperlo ed in 5 minuti scompare... Mladic e' in Serbia protetto da
settori dell'esercito"

[Qui Del Ponte prosegue sostenendo che Esercito e Polizia in Serbia si
scaricherebbero la palla a vicenda, IS.]

...Che cosa la motiva nel suo lavoro?

"La giustizia. Ed anche l'esperienza personale con 350 donne di
Srebrenica..."

[Forse le stesse andate a protestare dopo la cattura del signor Nasir
Oric? IS.]

...Lei ha materiale a sufficienza per condannare Milosevic?

"Credo di si... Gia' solo per i crimini di guerra in Croazia e Kosovo
lo potremmo dal mio punto di vista condannare all'ergastolo."

[Dal suo punto di vista, sicuramente Milosevic si potrebbe condannare
all'ergastolo anche senza processo. Comunque, in base ad altre fonti la
Del Ponte ha promesso di tirare fuori nuove "prove evidenti" e
"decisive" contro Milosevic dopo l'estate - in particolare ottobre
dovrebbe essere "decisivo" (intervista all'AP 16/7/03). IS.]

...C'e' qualcuno che lei vorrebbe assolutamente vedere giudicato da
questo nuovo Tribunale penale internazionale?

"Saddam Hussein."

...In Serbia la hanno odiata a lungo. E' migliorato qualcosa negli
scorsi mesi? Oggi lei se ne andrebbe in giro da sola per Belgrado una
sera?

"No, no di certo."

"...Per riuscire ad arrestare Mladic, (Djindjic) doveva riorganizzare
l'esercito e la polizia. Due settimane prima di morire mi disse che per
ora questo era impossibile. Ma dopo avermi spiegato i suoi piani
aggiunse anche: «They will kill me.» (mi ammazzeranno). Non intendeva
proprio sul serio... E' stato ucciso perche' voleva arrestare gli
elementi criminali in Serbia, ed i criminali di guerra. Credeva nel
futuro del proprio paese."

Commenti della stampa francese ed anche voci dalla Serbia sostengono
che lei sia responsabile della morte di Djindjic. Questo deve averla
colpita.

"Proprio per niente. Io so bene come e' andata tra noi e Djindjic.
Quello che mi ha colpito e' stata la sua morte. Una amara ironia in
tutto questo sta nel fatto che con la sua morte a Belgrado molte cose
sono migliorate. Solo la sua morte ha consentito di colpire la
criminalita'..."
---

Si noti il cinismo della Del Ponte, che dimentica di spiegare che a
Belgrado dopo la morte di Djindjic e' stato instaurato un regime
autoritario, che esistono denunce di ogni parte sulle violazioni dei
diritti umani, e che il governo si e' ripetutamente spaccato per le
accuse incrociate di legami con la mafia e la criminalita'.
Nell'intervista la del Ponte e' anche evasiva su Berlusconi, sui suoi
rapporti con la mafia ed il conflitto tra politica e magistratura in
Italia.
Infine, brillano per la loro assenza dall'intervista due questioni
scottanti:
- la prima, l'annunciata sostituzione della Del Ponte dalla funzione di
pubblico ministero nel processo per il Ruanda, sostituzione che si dice
sia voluta da Annan, e della quale si e' parlato sulla stampa di luglio;
- la seconda, le responsabilita' della Del Ponte nell'insabbiamento
dell'inchiesta Mabetex-Pacolli e nella morte di alcuni testimoni,
denunciate nell'intervista a F. Turover che riproduciamo in allegato.

Sulla strana carriera della Del Ponte si veda anche:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2443


=== 2 ===


LIBERTA’ PER SLOBODAN MILOSEVIC!

Dichiarazione di Ghennadij Zjuganov

www.kprf.ru                                                             
                                                   1 agosto 2003

Sono nuovamente peggiorate le condizioni di salute del più noto
prigioniero politico del mondo: l’ex presidente della Repubblica
Federale di Jugoslavia Slobodan Milosevic. La malattia si è talmente
acutizzata che persino l’ingiusto tribunale della NATO si è visto
costretto a sospendere il suo lavoro.

L’opinione pubblica mondiale ha ripetutamente richiesto di inviare
all’ex capo di stato jugoslavo in carcere medici dalla Jugoslavia e da
altri paesi, per procedere a consulti regolari e per assicurargli cure
specialistiche. Ma i giudici del tribunale NATO e le autorità olandesi
si rifiutano nel modo più vergognoso di adempiere agli obblighi più
elementari nei confronti del prigioniero politico S. Milosevic.

Il Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) e l’Unione Popolare
Patriottica di Russia (UPPR) esigono la liberazione immediata di
Slobodan Milosevic dalla prigionia.

Egli deve avere la possibilità di ristabilire completamente la propria
salute a Belgrado, presso i medici che lo seguono da molti anni.

Slobodan Milosevic deve anche avere la possibilità di prepararsi alla
seconda fase del processo, in cui presenterà le prove della sua
innocenza riguardo ai crimini, che gli vengono falsamente imputati dal
“tribunale” della NATO dell’Aia.

Traduzione dal russo di Mauro Gemma  


=== ALLEGATO ===


http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2137

Felipe Turover:
"Carla Del Ponte ha rivelato ai killer come trovarmi"

Articolo apparso sulla rivista KONKRET, dicembre 2002
Vedi anche:
http://www.konkret-verlage.de
http://www.juergen-elsaesser.de

"La giustizia è donna" aveva detto il Segretario Generale dell'ONU,
Kofi Annan, riferendosi a Carla Del Ponte, Pubblico Ministero nel
processo presso il Tribunale dell'Aia contro Slobodan Milosevic. Sono
invece di tutt'altro segno le esperienze fatte da Felipe Turover con il
magistrato svizzero. L'uomo, un trentasettenne, proviene da una
famiglia spagnola repubblicana; i suoi genitori erano fuggiti da
Franco, assieme a lui, nell'Unione Sovietica. Dopo la morte del
dittatore, Turover tornò nella sua patria per ritornare di nuovo a
Mosca, verso la fine degli anni Ottanta, in veste di consulente
finanziario, pronto a partecipare agli sviluppi positivi promessi dalla
Perestrojka. Ha lavorato con il governo Jelzin dal 1992 fino al 1999,
nella cogestione dei crediti con le banche creditrici occidentali.

(Intervista)

Elsaesser: Lei è il testimone principale dell'accusa nell'affare
Mabetex, diventato famoso come "Russia-Gate". Di che cosa si tratta e
come c'entra Carla Del Ponte con questo affare?

Turover: La Mabetex è un'azienda che opera nel settore dell'edilizia,
con sede a Lugano, nella Svizzera italiana. Titolare dell'azienda è
l'albanese-kosovaro Beghijet Pacolli, che nel frattempo ha ottenuto un
passaporto svizzero. Pacolli ed il suo socio d'affari, Viktor
Stolpowskich, durante gli anni Novanta hanno ricevuto dal Cremlino
appalti nell'ordine di due miliardi di Euro, in divisa odierna,
apparentemente per lavori di costruzione e di risanamento nel quartiere
governativo e presidenziale.

E' ormai provato che nell'ambito di questi appalti sono scomparsi
miliardi di dollari verso l'estero e, in direzione opposta, sono
affluite a Mosca tangenti miliardarie. Pacolli ha firmato le
fidejussioni per carte di credito intestate a Jelzin ed alle due figlie
di Jelzin, secondo quanto viene confermato dalla Banca del Gottardo che
aveva emesso le carte di credito. Carla del Ponte, all'epoca Pubblico
Ministero della Confederazione, si era messa in contatto con me durante
l'anno 1997 invitandomi a rendermi disponibile a deporre, in veste di
testimone, su questa faccenda. Più tardi, Carla Del Ponte ha invitato
il Pubblico Ministero russo Jurji Skuratow, che ricopriva l'incarico di
giudice inquirente, a recarsi in Svizzera dove me lo ha fatto
conoscere. All'epoca, Carla Del Ponte aveva già la reputazione di una
paladina della giustizia e perciò io avevo fiducia in lei. Questo è
stato un errore che per un pelo non mi è costato la vita.

Elsaesser: E perché?

Turover: Io mi basavo sull'onestà ed avevo fatto presente a Del Ponte,
sin dall'inizio, che la mia deposizione mi avrebbe esposto al pericolo
di morte. Occorre considerare che all'epoca lavoravo ancora come
consulente per i vertici del governo russo - cioè esattamente per le
persone contro le quali i miei documenti fornivano prove di gravi reati
a loro carico. Ma cosa fece la signora Del Ponte? Comunico' alla stampa
il mio nome completo, precisando anche la mia funzione. Era come se io,
dalla città di Medellin, avessi dato informazioni sul clan degli
Escobar direttamente alla polizia anti-droga degli USA, per leggere poi
sul New York Times, stando sempre a Medellin, il mio nome come quello
del testimone principale convocato contro Escobar. Nel mio caso non si
trattava di Medellin, ma di Mosca, ed il giornale in questione era il
Corriere della Sera, ma l'effetto era tale e quale: ero "bruciato", e
sono riuscito a salvarmi la vita solo grazie ad una fuga precipitosa da
Mosca. Da allora, cioè, da ormai tre anni, vivo da clandestino. Per
questa mia situazione devo ringraziare Carla Del Ponte. E' stata lei ad
indicare ai killer la strada che porta a me.

Elsaesser: Ma non sta forse esagerando parecchio? Che responsabilità
può avere un Pubblico Ministero svizzero per un articolo uscito su di
un quotidiano italiano?

Turover: I due giornalisti del Corriere hanno avuto tutte le loro
informazioni dalla Del Ponte, anche il mio numero di cellulare. Loro
stessi me l'hanno confermato, perché sanno che la mia vita è in
pericolo.

Elsaesser: La Del Ponte ha smentito questo.

Turover: Allora sta dicendo il falso. Io viceversa ho confermato la
mia versione già molte volte, senza mai essere stato querelato dalla
Del Ponte per calunnia. Il motivo è semplice: lei non ha alcuna prova,
io invece, sì.

Elsaesser: Il capo della Mabetex, Pacolli, non è poi soltanto un pezzo
grosso nel settore dell'edilizia: si dice che avrebbe anche saldi
legami con i terroristi dell'UCK kosovaro-albanese.

Turover: E' proprio così. Secondo le sue proprie affermazioni, al suo
gruppo di imprese farebbe capo, almeno fino al 2000, anche il
quotidiano kosovaro-albanese Bota Sot che è stato incriminato perfino
dall'OSCE per gli articoli razzisti che pubblica. Questo giornale
conduce una campagna razzista, innanzitutto a danno dei serbi, ma è
anche antisemita in quanto mi aveva bollato come "il giudeo Turnover".

Elsaesser: Nel caso che tangenti kosovaro-albanesi siano state pagate
al clan di Jelzin, avremmo una spiegazione per il comportamento del
Presidente della Russia durante la primavera del 1999. Mentre la NATO
stava preparando la guerra contro la Jugoslavia, Jelzin non ha mosso un
dito per difendere il popolo serbo, ufficialmente popolo fratello.
Durante la Conferenza di Rambouillet, ad esempio, mentre gli Stati-NATO
prendevano una posizione estremamente unilaterale a favore degli
albanesi, Mosca non protestò, e ciò benche' i suoi diplomatici
partecipassero al tavolo delle trattative. Gli albanesi-kosovari
avevano forse comprato un atteggiamento passivo da parte di Jelzin?

Turover: Questo potrebbe spiegare come sono andare le cose. Queste
storie costituiscono una simbiosi di politica, saccheggio e lavaggio di
danaro in grande stile.

Elsaesser: E nel caso della Del Ponte?

Turover: Tutte le indagini condotte in Svizzera per il caso Mabetex
sono state archiviate per motivi politici su disposizione delle
altissime gerarchie. Di più: i documenti trasmessi, a suo tempo, dal
magistrato russo Skuratow alla sua collega svizzera Del Ponte sono
finiti, per vie misteriose, presso Pacolli. Pacolli ha informato i suoi
amici a Mosca, Jelzin e Borodin. In seguito, Skuratow, un giurista
onesto e competente, è stato destituito - e ciò benche' il Senato russo
si fosse espresso, quasi all'unisono, a suo favore. La fine della
carriera di Skuratow ha segnato anche la fine delle indagini sulla
Mabetex - la più recente indagine è stata archiviata nel dicembre 2000.

Elsaesser: La Del Ponte si è mossa in veste di protettrice della mafia
albanese, oppure del clan Jelzin?

Turover: Ne' l'uno ne' l'altro. Lei si muove soltanto nell'interesse
proprio. E' totalmente indifferente agli obiettivi politici. Consideri,
ad esempio, che quando decise di rendere pubbliche le sue conoscenze
sulla faccenda Mabetex, compreso il mio nome, eravamo alla fine
dell'agosto 1999. Questo non fu soltanto un colpo contro di me, ma
anche contro Jelzin. E' vero che lei successivamente non contino' le
sue indagini, ma nel preciso momento in cui fece le sue rivelazioni,
queste avevano danneggiato Jelzin gravemente. Poco prima di queste
rivelazioni, nell'estate 1999, vi fu la spettacolare azione dei soldati
russi d'elite nel Kosovo: dopo l'armistizio, avevano occupato
l'aeroporto di Pristina, mentre le forze della NATO arrivarono in
ritardo. Per un pelo non è scoppiata la terza guerra mondiale per
questo incidente, come spiegò allora il capo britannico delle forze
KFOR, Michael Jackson. Mosca stava giocando una carta molto importante,
voleva prendere possesso di una propria zona di occupazione nel Kosovo
per poter proteggere i serbi. Per tenere testa all'imbarazzante sfida
russa, Jelzin doveva essere abbattuto. Quindi, l'allora Ministro degli
Esteri USA, Madeleine Albright, si incontrò nel luglio 1999
nell'aeroporto londinese di Heathrow con la Del Ponte, probabilmente
per fare presente l'urgenza della situazione. In agosto poi, tramite il
Corriere della Sera, la Del Ponte fa le sue rivelazioni al pubblico
incalzando il governo di Mosca con un'ulteriore dichiarazione fatta in
settembre alla CNN, nella quale denuncia la corruzione del governo
russo. Jelzin è messo alle strette e deve temere una procedura di
destituzione, accompagnata perfino da una processo penale. Verso la
fine di settembre, due attentati dinamitardi colpiscono Mosca e gli
danno subito respiro. Apparentemente gli attentati sono stati
perpetrati da terroristi ceceni e, di conseguenza, forze armate russe
invadono la Cecenia distraendo l'opinione pubblica dalla faccenda
Russia-Gate.

Elsaesser: In queste circostanze la Del Ponte si era mossa su
disposizione di Washington?

Turover: Lei non è ne' pro-americana ne' filo-albanese. Si muove
all'inseguimento dell'interesse svizzero, cioè, nell'interesse della
politica favorevole alla mafia, condotta dalla Svizzera.

Elsaesser: Quest'affermazione chiede di essere spiegata meglio.

Turover: La Svizzera e le banche svizzere campano innanzitutto grazie
al riciclaggio di denaro. Tutti i dittatori e tutti i grandi criminali
di questo mondo depositano i loro soldi sporchi qui; innanzitutto il
Canton Ticino si presta in modo favoloso: basta attraversare i confine
tra l'Italia e la Svizzera con i milioni in una valigia o nel cassetto
del cruscotto. Lo sanno tutti i politici del Ticino e tutti ne traggono
vantaggio. E la del Ponte, come Procuratore del Cantone Ticino, aveva
protetto queste pratiche già prima dell'affare Mabetex, sorto negli
anni Novanta. Guardi, ad esempio, il caso di una società per azioni di
Chiasso, contro la quale fu aperta un'indagine per il sospetto di
coinvolgimento nel lavaggio di denaro per conto della mafia italiana.
La Del Ponte fece archiviare le indagini. La del Ponte è,
innanzitutto, pro-Del Ponte. Farebbe di tutto per promuovere la propria
carriera, metterebbe sotto accusa perfino George W. Bush. Come
giurista, del resto, vale zero. Lei riesce ad immaginarsi che, per
quanto ne sappia io, nel corso della sua intera carriera, la Del Ponte
non ha vinto una sola causa da Pubblico Ministero? La sua unica
capacità e quella della promozione di se stessa, il marketing di se
stessa.

Elsaesser: Il suo accordo con la Albright è, comunque, risultato
vantaggioso. Poco dopo, si e' vista promossa Pubblico Ministero al
Tribunale dell'Aia - su proposta di Washington. Il giornale di Zurigo,
Die Weltwoche, s'e' meravigliato: "Per quale motivo gli americani
l'abbiano voluta come successore della scomoda, precocemente
dimissionata Louise Arbour, rimane un mistero. In fin dei conti, non
hanno mai nascosto il fatto cheritengono il Tribunale una gran cosa
inutile."

Turover: La Del Ponte ed il governo della Svizzera hanno aiutato la
Albright e come compenso - gli americani sono gente onesta, pagano per
l'esecuzione delle loro commissioni - Del Ponte ha avuto l'incarico
all'Aia. Anche su quella poltrona riesce a vendersi molto bene. E
ciononostante, il processo e' una grande catastrofe. Non ha nulla in
mano contro Milosevic, il quale, per legge, sarebbe dovuto essere
rilasciato da tempo. In questo modo Milosevic, che è soltanto un
bandito ed un truffatore, riesce a presentarsi nel ruolo di un
perseguitato innocente, mentre il nazionalismo serbo viene
incoraggiato, come hanno dimostrato le ultime elezioni. Ma è possibile
che all'Aia non sappiano che il governo svizzero ha dato incarico
speciale ad un giudice per svolgere indagini a carico della Del Ponte?
Com'è possibile che una donna rimanga al suo posto quale Pubblico
Ministero di un Tribunale dell'ONU per crimini di guerra, mentre essa
stessa è sottoposta ad indagini per il sospetto di essere coinvolta in
crimini gravi?

Elsaesser: Nel marzo 2001 lei ha sporto una denuncia contro Carla Del
Ponte ed ignoti, tra l'altro per avere messo in pericolo la sua vita e
per tentato assassinio nell'ambito dell'affare Russia-Gate. Ma il
Pubblico Ministero della Svizzera, Valentin Roschacher, ha respinto
l'accusa mossa contro il suo predecessore. Come fa allora, a sostenere
che ci sarebbero indagini speciali in corso contro la Del Ponte?

Turover: Il Roschacher ha protetto la Del Ponte e perciò l'ho
denunciato per favoreggiamento nei confronti della Del Ponte. Questa
denuncia non solo è stata accolta, ma nel maggio 2002 è stato
incaricato persino un Inquirente speciale dal Consiglio Confederale
della Svizzera, Arthur Hublard, ex Pubblico Ministero del Cantone Jura.
E' lui chi conduce, adesso, le indagini in seguito alla mia accusa
contro Roschacher - ma con ciò, la faccenda Del Ponte riaffiora
finalmente. Ho inoltre intentato una causa contro la Svizzera davanti
al Tribunale Europeo per i Diritti Umani a Strasburgo.

Elsaesser: Contro la Svizzera - non contro la Del Ponte?

Turover: A Strasburgo non si può querelare una persona privata. Ma
nella sostanza, la mia querela è diretta, innanzitutto, contro la Del
Ponte, perché operando come Pubblico Ministero della Svizzera, lei ha
esposto a pericolo la mia vita. E' insensato che lei possa continuare a
rappresentare l'accusa all'Aia, mentre a suo carico sono in corso due
cause specifiche.

Elsaesser: Lei vive sotto falso nome nella clandestinità, cambiando
continuamente domicilio. Per quanto tempo ancora pensa di reggere in
questa situazione?

Turover: A causa della del Ponte sono costretto a vivere così,
altrimenti sarei un uomo morto. Ovviamente ho preso le mie precauzioni
provvedendo a che, in caso di una mia morte, informazioni ancora più
scottanti affiorino. Ma certamente, non ne ricavo una tranquillità per
la mia vita. Ad ogni modo, finora sono stati già eliminati almeno
cinque testimoni dell'accusa nell'affare Mabetex. La vittima più
recente era la segretaria personale di Pacolli, una signora 32enne,
trovata morta nel suo bagno, apparentemente in seguito ad un coagulo
del sangue. Sul cadavere non e' stata condotta alcuna autopsia, ed il
giorno dopo il decesso esso e' stato cremato.


L'intervista è stato condotta da Juergen Elsaesser.

[Ringraziamo Susanne per la traduzione. Revisione di A.M.]

http://www.balkan-archive.org.yu/politics/papers/history/ranz.html

SERBS, JEWS and BOSNIA

John Ranz

The Jewish Week, July 28, 1995.

A Holocaust Survivor Speaks

What in the world is going on? How is it possible that some Jewish
³leaders" can be so blinded, brainwashed or corrupt and support
Bosnian Moslems in their denying the Serbs their human rights.

Never again will the Serbs be ruled by those who yesterday murdered
their fathers, mothers, sisters, brothers, kidnapped and forcefully
converted their children to Islam. The Serbs who survived the
Nazi-Bosnian Moslem occupation in their villages cannot forget these
things and want to be free on the soil they tilled for centuries. 65%
of Bosnia was always owned by the Serbs. They were and still are the
peasant class. The Moslems were the rulers; "urban boys;" the elite.
They were the elite because they were converted to Islam. Originally
Bosnia was all Serbs and Croats.

Don't we Jews remember that the Mufti of Jerusalem, the highest Moslem
official in Palestine, Hajj Amin Al-Husseini went to Berlin in 1941
and offered Hitler a Moslem army to help fight the allies and win the
war? His only condition was that after the Nazis win the war Hitler
should liquidate-exterminate the entire Zionist-Jewish population of
the then Palestine. Hitler readily agreed, and the Mufti in a
surprisingly short time organized two divisions of Bosnian Moslems -
incorporated into the S.S.; the most infamous murderers. These Bosnian
Moslem SS soldiers not only burned Serbian villages, churches with the
people to the ground but also murdered most of the Bosnian Jews, 90%
of them. They then volunteered to hunt the Jews in Croatia together
with the Ustashi (the Croatian Nazis). They battled Russians on the
Stalingrad front.

Just imagine if these two divisions would have been a decisive part of
a Nazi victory - not a single Jew, in all of Europe, would have
remained alive...Over 1 million Serbs, 80,000 Jews and 25,000 Gypsies
died and were buried in common graves. They shared our fate.

The Serbs did not want to surrender. They fought Nazis courageously.
In anger, Hitler ordered - no mercy for the Serbs. Belgrade was bombed
and for each Nazi soldier who died in Serbia, 100 Serbs were executed.
Jews were killed anyway.

As incredible and incomprehensible as it may seem, there are Jewish
"leaders" today that urge that the U.S. should follow in Hitler's
footsteps and bomb the Serbs.

In the Serbian mountains Jews were welcomed by the Serbian partisans
with open arms, and the 5,000 that survived in Yugoslavia survived
among the partisans. At the same time the Serbs helped 500 American
fliers to survive when they were shot down by the Nazi Wehrmacht. The
Serbs protected them until the end of the war at the risk of
endangering their own lives.

July 5, 1995 at Ravna Gora these American fliers, under the leadership
of Major Richard Felman (a Jew) returned to Bosnia to say "thank you
Serbian people for saving our lives" and they embraced and kissed each
other, the Serbs and the Americans, and cried.

But all that was 50 years ago, "today is different" the "wise"
admirers of bombing say. ..So let's see. Bosnia is being more and more
converted into an Islamic fundamentalist country where the Serbs were
and would be again - second-class citizens. President Izetbegovic
declared that in Bosnia today there is no place for any other
philosophies but Islam.

Today in Bosnia hundreds of Hamas and Hetzbolah volunteers are getting
special courses how to commit terror in Israd (Yediot Achronot related
by the Forward 7-15-94, page 3). They stated that after defeating the
Serbs, they will "finish" Israel. They get all the weapons they need
from Iran, Iraq. ..The embargo is non existent.

Aren't these Hamas volunteers the new Nazis of today, helped and
supported by the government of Moslem Bosnia? And Jewish ³leaders² the
A. Lewises, Safires and even the long discredited Wiesenthal Centre in
Los Angeles (an insult to the Memory of the Holocaust) are urging
Clinton to bomb the Serb ..Aren't these people betraying the memory of
the Holocaust, the victims of Nazism, Jews and non-Jews alike? Yes
these people are with the Hamas and other Moslem fundamentalist and
are helping them to de troy the Serbs and Israel.

And finally "The New Order," the organ of the American Nazis, in the
issue of Feb. 1994 calls on all National Socialists, here and in
Europe, to join the war against "Communist Serbs." Standing
triumphantly on top of a tank is a uniformed Nazi. This is today, not
50 years ago.

White Nazis, Islamic Nazis, they both have the same objectives - to
kill the Serbs and then the Jews. The Nazis and some Jewish "leaders"
urge our President, NATO, and now Germany to bomb and bomb instead of,
as A.M. Rosenthal from the New York Times suggested to negotiate with
the Bosnian and Croatian Serbs an agreement they can live with,
guaranteeing the Serbs their right to self determination and freedom
from a nightmare they lived first under the Turks and then under the
Nazis.

We Jews have a choice: urge the president and the congress to
negotiate with the Serbs for a peaceful solution for which the Serbs
are ready; or join the White Nazis and the Hamas Moslem Nazis and urge
to bomb the Serbs and widen the war. We must decide, some of our
"leaders" already did. Our dead are listening.

John Ranz, Chairperson

Survivors of the Buchenwald Concentration Camp Box 14, Homecrest
Station, Brooklyn, NY 11229


END




This article does not have permission of the copyright by owner, but is
being offered for comment, criticism and research under the "fair use"
provisions of the Federal copyright laws

Social massacre in Serbia (3)

A. DEFENSE MINISTERS OF ISRAEL AND SERBIAMONTENEGRO SIGN COOPERATION
AGREEMENT

B. Links to Human Rights Watch documents on the mistreatment of
political prisoners in Serbia

C. OUTRAGEOUS REGIME ATTACKS CONTINUE

D. Massive Army purge has begun

E. SERBIAN SOLDIERS TO "PEACEKEEPING" MISSIONS: DOS AND OTPOR
"WHOLEHEARTEDLY SUPPORT"

F. The New Janissaries
How Low Can Serbia's Rulers Go? (N. Malic)


=== A ===


TADIC: POSSIBLE MILITARY COOPERATION WITH ISRAEL

TEL AVIV,July 30 (Beta)-Serbia&Montenegro Defense
Minister Boris Tadic said on July 30 that he had
talked with senior managers of the Izreali military
and aircraft industry about possible modes of
cooperation and that there was a possibility of
reaching an agreement.
Tadic told BETA in a telephone conversation that the
projects included a certain type of automatic rifle
produced by Serbia&Montenegro and unmanned aerial
vehicles.
Tadic said that these vehicles had important software
components, which could be produced in Serbia and
Montenegro. He added that they had also considered the
possibility of modernizing Russianmade helicopters,
which are commonly used in Serbia&Montenegro and the
neighboring countries.
Tadic, who is on a threeday visit to Israel, said that
an expert meeting had been scheduled, to discuss the
possibility of reaching an agreement with the Isreali
aircraft industry on one of these projects.
He said that he had talked with Izreali Prime Minister
Shimon Perez about the peace process in the Middle
East and the Balkans and the solutions that could be
applied in both cases.

DEFENSE MINISTERS OF ISRAEL AND SERBIAMONTENEGRO SIGN COOPERATION
AGREEMENT

TEL AVIV,July 31 (Beta)-Minister of Defense for
SerbiaMontenegro, Boris Tadic, and the Israeli defense
Minister Saul Mofaz, have signed an agreement on July
30 in Tel Aviv, about a collaboration between the two
ministries.
"We've analyzed the possibilities of
militaryindustrial cooperation, which was the goal of
this visit, modernizing helicopters, new antiterrorism
weapons, which are at a high technological level in
Israel", said Tadic during a telephone conversation
with Beta.
The Defense Minister for SerbiaMontenegro also said
that the results of the visits to Israel will be seen
after expert and work groups from the two countries
meet in Belgrade in September, where a finalization of
all the agreements will be made.


=== B ===


LINKS
to Human Rights Watch documents on the mistreatment of political
prisoners in Serbia:


Serbia: Run-Around on Prison Visits
http://staging.hrw.org/press/2003/05/serbia051403.htm

The Serbian authorities are obstructing efforts by Human Rights Watch
and other nongovernmental organizations to visit people arrested during
the state of emergency, Human Rights Watch said today.
May 14, 2003     Press Release


Serbia: Detainees’ Access to Lawyers Long Overdue
http://www.hrw.org/press/2003/05/serbia051003.htm

Serbia should ensure that all persons detained during the state of
emergency promptly get access to lawyers, Human Rights Watch said today.
May 10, 2003     Press Release


Serbia: End Complete Isolation of Detainees
http://hrw.org/press/2003/04/serbia070403.htm

Serbia Should Uphold Council of Europe Standards
Serbia should immediately end the isolation of those detained during
the ongoing state of emergency, Human Rights Watch said today.
April 7, 2003     Press Release


Serbia: Emergency Should Not Trump Basic Rights
http://hrw.org/press/2003/03/serbia032503.htm

Certain restrictions on rights imposed by the Serbian government in the
wake of the assassination of Prime Minister Djindjic may not be
justified under international law, Human Rights Watch said in a letter
(http://hrw.org/press/2003/03/serbia032503-ltr.htm) to Prime Minister
Zoran Zivkovic today.
March 25, 2003     Press Release


=== C ===


From: Vladimir Krsljanin / Sloboda Association

OUTRAGEOUS REGIME ATTACKS CONTINUE

Press Conference of Belgrade Lawyers Mr. Balsa Govedarica and Ms. Sanja
Pejovic

Belgrade, August 4, 2003.

The Belgrade media reported recently that ‘the interrogation of
Slobodan Milosevic by the Belgrade investigative judge is scheduled for
August 6 and 7 in The Hague tribunal’. It is supposed, but never
officially confirmed, that the interrogation is linked with the
“Stambolic case”. The media also quoted a statement of the Hague
tribunal spokesman Jim Landale saying that the interrogation ‘will not
be public, in spite the tribunal is not against the public hearing, but
Belgrade authorities demand that it shall be without public, in the
interest of the investigation’.

Both information have been condemned yesterday by Mr. Balsa Govedarica
and Ms. Sanja Pejovic, the Belgrade legal counsels of President
Milosevic in the “Stambolic” and other recently fabricated cases. They
have underlined that in spite their attempts, they had no insight into
court documents concerning the investigation against President
Milosevic, except the file number – Ki.P. No.1/03. In addition, they
have been orally informed by the investigative judge that he plans to
go to The Hague for the interrogation, but the judge refused to answer
whether he would accept the request of President Milosevic for public
interrogation, nor did he even explain what the interrogation is about.
According to the Hague tribunal rules, the interrogation is possible
only if the detainee agrees.

Govedarica and Pejovic stressed the lack of legality and morality in
the investigation, which makes their job as attorneys almost
impossible. Behind the behavior of the Belgrade authorities, the have
concluded, the obvious intention to make a moral and political
disqualification of President Milosevic is seen. The authorities
continue an illegal and morally unacceptable public campaign against
Slobodan Milosevic and his family and show no will to allow that his
arguments become public. The public campaign led by high government
officials (Interior Minister, Head of the governing coalition
Parliamentary Group) refers to “information obtained in the
investigation”, in spite all the information of the investigation have
been proclaimed “official secret” by the Belgrade District Court. Such
behavior of the authorities and of the Belgrade court violates
international and Serbian law. Under such conditions, when there are no
guarantees for a public and fair interrogation, Mr. Govedarica and Ms.
Pejovic will not travel to The Hague. It is expected that President
Milosevic will not agree to a non-public interrogation.

After launching a campaign of media lynching against President
Milosevic and his family in March 2003, during the “state of
emergency”, the Belgrade puppet regime filed “criminal charges” against
around a dozen of people as alleged perpetrators and inspirers of the
murder of Ivan Stambolic and the attempted murder of Vuk Draskovic.
Most of these persons are detained in Belgrade. According to the Law on
the Criminal Procedure, the investigative judge can make a decision to
launch an investigation against certain person, only after
interrogating that person. So, formally, we are dealing here only with
the “pre-investigation” procedure. An eventual indictment is only a
possible third step.

As we reported earlier

http://www.sloboda.org.yu/engleski/news/20030401-2.htm%c2%a0
and
http://www.sloboda.org.yu/engleski/news/20030401-1.htm

on March 31, President Milosevic stated at The Hague (we quote the
transcript): 

President Slobodan Milosevic

Since we are again at the open session and the new witness has not come
yet, can I get the floor in relation to my requests?

Richard May

Yes.

President Slobodan Milosevic

So, first of all I repeat my request to allow my questioning and to
make it possible to be in public, since it is related to the media
campaign that is going on publicly. The retaliation against one’s wife
and children is something we remember from the darkest days of the last
century, from the darkest years of the last century! I also demand an
investigation about the involvement of this illegal prosecution in the
fabrication of untruths that are being launched. Besides that…

Richard May

Mr. Milosevic, I have stopped you already once. The events in Belgrade
are not something that this court deals with. If that would have any
direct influence to this trial, than we would take it into
consideration, but nothing you have said up to now shows that it has
any influence. You wanted to say something about your health. That’s
what we would like to hear.

President Slobodan Milosevic

I will tell you about the health, but direct influence is in their aim
to prevent my wife to give me her assistance and support. And above
that, I want to inform you that they have arrested several members of
the National Committee for my defense "SLOBODA" ("Freedom"), in spite
they have no ground for that. Accordingly, we deal here with an
orchestrated attempt to put pressure on me and my family since this
false Prosecution suffers a fiasco here every day. I consider as your
duty to establish the degree of their involvement.

Richard May

That is only your comment. There is absolutely no evidence to support
what you are saying. Maybe there are good reasons for some people to be
arrested. However, in this moment we will not deal with such
allegations.

-End quote-

So, using Nazi methods, Del Ponte’s prosecution and its Belgrade
servants separate President Milosevic from his wife and family and try
to discredit him with fabricated accusations without giving him a
chance to respond.

All this is done in order to undermine his successful and heroic
struggle for the truth at The Hague and its enormous political impact
on Serbian people.

The regime in Belgrade as the worst outrage in Serbian history has to
be exposed and attacked with all our weapons.

If not earlier than now! After the recent offer of Serbian Prime
Minister Zivkovic to send 1000 Serbian troops to Iraq, after the
military agreements signed with Israel and after the decision of the
Supreme Council of Defense to depose an unaccountable number of army
officers, the regime which sent Slobodan Milosevic to The Hague has to
be condemned by all as one of the worst US puppet cliques – in the same
line with Pinochet and the South African apartheid regime.

PROTEST AGAINST IT AND DEMAND FROM YUGOSLAV (“Serbia and Montenegro”,
as they now illegally call it) EMBASSIES AND CONSULATES THE STOP OF
VIOLATION OF HUMAN RIGHTS AND OF GROUNDLESS ATTACKS AGAINST PRESIDENT
SLOBODAN MILOSEVIC AND HIS FAMILY.

SLOBODAN MILOSEVIC IS A CHAMPION OF FREEDOM, JUSTICE AND PEOPLE’S
RESISTANCE.

Vladimir Krsljanin,
Sloboda/Freedom Association

---

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http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
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http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)


=== D ===


http://www.ptd.net/webnews/wed/cc/Qserbia-montenegro-army.R3Ai_Da2.html

Serbia and Montenegro dismiss 12 army generals
Saturday, 02-Aug-2003 12:30PM

BELGRADE, Aug 2 (AFP) - Serbia and Montenegro's Supreme Defence
Council, which is in charge of the army of the new union, has dismissed
12 army generals, including the chief of army intelligence, the
Politika daily reported Saturday.
The 12 included General Vladimir Lazarevic, who commanded the Pristina
corps that were responsible for the majority Albanian region of Kosovo
during the 11-week NATO bombing campaign on Yugoslavia in spring 1999,
the daily said.
The reasons for Lazarevic's dismissal were unclear, but it may be due
to rumours that some international officials have demanded it as a
condition for the country's integration into the European Union and the
NATO alliance, Politika said.
Serbia and Montenegro, a loose union that replaced federal Yugoslavia
in February, have applied for membership in NATO's Partnership for
Peace Programme, considered the first step towards full membership in
the alliance.
Lazarevic's departure was reportedly demanded due to his military
engagement in Kosovo during the 1998-99 war, particularly during the
NATO bombardment, Politika said.
According to the daily, international pressure may also be a reason for
dismissal of General Radoslav Skoric, chief of army's intelligence
service.
Defence Minister Boris Tadic would neither confirm or deny the reports
of the dismissal of the top army generals, but has said there would be
personnel changes as part of army reform.


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24099&order=priority&style=headlines
B92 - August 6, 2003

Defence Council poised for massive army purge

BELGRADE -- Wednesday – Twenty generals and another
three hundred senior officers will be either retired
or replaced by the Supreme Defence Council at its
meeting tomorrow, B92 has learnt.
Unofficial sources say that the purge will begin at
the top, with the head of the National Defence Academy
and a number of corps commanders leading the way.
The list also includes the former commander of the
joint forces in southern Serbia, General Ninoslav Krstic.
B92’s source also confirmed that the head of military
intelligence, General Radoslav Skoric “will not keep
his job”.
Tomorrow’s meeting of the Defence Council will be held
in Meljine in Montenegro.
The three-man Council consists of Montenegrin
President Filip Vujanovic, acting Serbian president
Natasa Micic and federal President Svetozar Marovic,
who chairs the body.
Defence Minister Boris Tadic, who has proposed the
personnel changes, will also attend the meeting,
together with Chief of Staff Branko Krga and Marovic’s
security advisor, General Blagoje Grahovac.


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24092&order=priority&style=headlines
Beta - August 6, 2003

Customs begins purge of border officers

BELGRADE -- Wednesday – The Customs Service has begun
a purge of employees at the Subotica Customs Office
near the Hungarian border.
Sixty customs officers have been sacked since the
beginning of August, on orders from the Ministry of
Finance.
“In a few months Subotica will be a gateway between
Serbia and Europe and we must put it into order,” said
Finance Minister Bozidar Djelic.
Djelic told media that some officers who had already
been dismissed were complaining about unjust
dismissal, despite being known to have taken advantage
of their position and living in ostentatious wealth.
“We will bring in new blood, young officers who will
take their jobs seriously and won’t use them to amass
private wealth but will work for the good of the state
and the society,” said the finance minister.

 
=== E ===


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24098&order=priority&style=headlines
B92 - August 6, 2003

Zivkovic confirms peacekeeping offer

BELGRADE -- Wednesday – Serbian Prime Minister Zoran
Zivkovic tonight confirmed that he had discussed the
possibility of Serbia-Montenegro troops being deployed
in international peace missions during his recent
visit to the US.
Zivkovic told state media that the issue had been
raised by senior US official Jacques Klein.
“Our return to peacekeeping operations anywhere in the
world would primarily mean another political victory,”
said the prime minister, adding that there was also a
clear financial and development interest in such a
move.
He said that he expected a response to his offer in
the near future.


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24083&order=priority&style=headlines
FoNet/Beta - August 6, 2003

Support for troop deployment, but precision needed

BELGRADE -- Wednesday -- Deputy Serbian Prime Minister
Zarko Korac said today that leaders of the country's
DOS ruling coalition wholeheartedly supported PM Zoran
Zivkovic's offer to send 1,000 troops of the
Serbia-Montenegro army to serve in the UN's
international peace missions.
Korac explained that the decision was made for
"political reasons" at a meeting of the government's
executive committee.
Fellow deputy PM Nebojsa Covic warned that the
government must be "very precise and careful" when
passing decisions to send soldiers to participate in
such missions.
Covic said that the issue should first be discussed
and carefully analysed, bearing in mind the events of
the past decade.
Covic supported Zivkovic's initiative in principle,
explaining that it was launched in an effort to hasten
the state union's accession to international
structures.


http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=24094&order=priority&style=headlines
Beta - August 6, 2003

Otpor backs peace troop offer

Uzice -- Wednesday – The Otpor People’s Movement has
thrown its support behind Prime Minister Zivkovic’s
offer of federal troops for international peacekeeping
operations.
Otpor representative Srdjan Milivojevic said today
that, as a signatory to the UN Charter,
Serbia-Montenegro was obliged to take part in peace
operations.
Moreover, he said, troops would be better occupied in
crisis regions around the world than creating them at
home.


=== F ===


http://www.antiwar.com/malic/m080703.html

August 7, 2003

The New Janissaries

How Low Can Serbia's Rulers Go?
by Nebojsa Malic

This week, just as His Elevated Majesty was becoming increasingly testy
about all the questioning of his feeble rationalizations for the
Empire's Middle Eastern adventure – which has turned quite sour for the
troops on the ground – Washington received an unlikely morale booster.
It was announced that during hi late July visit to Washington, Serbian
Prime Minister Zoran Zivkovic offered 1000 Serbian troops for the
occupation of Iraq or Afghanistan – "any mission" His Majesty decides
on.

During the centuries of occupation, Ottoman Turks would regularly round
up young Serbs and other Balkans Christians, march them to Istanbul,
convert them to Islam and train them as the sultans' shock troops and
administrators. This was known as devshirme, or the "blood levy," and
these converts as janissaries. This conscription and forcible
conversion was considered a particularly painful episode in Serbian
history. Apparently, in the "new democracy," that has changed.

The Blood Offering

Zivkovic came to Washington in order to boost his flagging popularity
among Serbians by appearing to enjoy favor with the ultimate power.
Upon his return, he talked about "strategic partnership" and "end to
pressure and coercion," never mentioning the troops.

The Prime Minister's offer was revealed in a patronizing Washington
Post column this Monday. Even as it actually sought foreign mercenaries
to relieve the strain on its shock troops, the Empire was so scornful
of its groveling slaves that it treated the offer cautiously. The
columnist who reported it, one Jackson Diehl, was openly contemptuous.

One is tempted to treat Diehl himself with caution. He displays
appalling disrespect for facts by claiming NATO "crushed"
the Yugoslav Army in 1999 (it didn't), and that
Serbia was "the most frequent starting point for European wars in the
past 100 years" (it wasn't). He reported differently from Kosovo back
in 1986, when he still knew how. But given the Dossies' record of
prostrating Serbia (not so much themselves) before Washington, the
claim that Zivkovic offered troops is credible
enough.

Furthermore, news from Belgrade this past weekend was that Dossie
defense minister Boris Tadic purged the top brass, forcing into
retirement a perfectly competent general who humbled NATO in Kosovo, as
well as the head of Army Intelligence. While Tadic has pledged to purge
opposition to joining NATO's satellite program
"Partnership for Peace," these dismissals might be aimed specifically
at clearing the way for Zivkovic's troop offer.

"Partners" or Servants

Is it not enough that four years ago the Empire launched a war
of aggression against Serbia – accusing it of "invading"
its own territory – thus committing a clear-cut prima facie
war crime? Now the Serbs are expected to join Imperial
aggression against Afghanistan, Iraq, and God only knows who
else, and maybe even say, "thank you very much, may we have
another?" to the whole issue of NATO's barbaric bombing.

Perhaps not. Again, Zivkovic had not mentioned the troops at
all until Tuesday night, when the word got out on CNN. Serbian
media then re-broadcast the news, and it was all over the
Wednesday morning newspapers as well. Obviously, someone
in Washington talked. So much for the "strategic partnership,"
then.

So what now? With the Empire "considering" Zivkovic's
offer, how will Serbia react? Will the Women In Black protest
the deployment of Serbian conscripts to an Imperial war, the
way they protested "Serbian nationalist aggression"? Or is it
OK to die for foreign "democracy," but not for one's own
home? Don't bet on it. All the supposedly pro-peace and
human-rights NGOs are a pillar of Dossie (i.e. Imperial) power,
guided by nothing even remotely resembling a coherent
principle. Knowing which side their bread is buttered on, they
will stay silent.

Prattle aside, there will never be a "partnership" – strategic
or otherwise – between Serbia and the Empire. The neocons
want servants, not "partners;" compliance, not "cooperation."
Everything Washington needs in the Balkans, it has already
received from Serbia's hostile neighbors, and even its co-
habitant in the "union," Montenegro. Far from securing some
sort of preferential treatment, further groveling will only
invite further abuse. But that is yet another concept the
Dossies are incapable of comprehending.

A Power Struggle

Some clues as to why Zivkovic is courting support from
Washington come from Serbia itself. In late July, the
government managed to purge the Serbian central bank,
whose governor was leader of an opposition party. In place of
Mladjan Dinkic and his G17 associates – chiefly responsible
for the Dossies' economic program in 2000, be it noted – DOS
appointed Kori Udovicki, former Energy Minister notorious for soaking
the life savings of elderly Serbians by raising electricity
prices.

The departing governor accused two high-ranking advisors in
the Zivkovic government – and members of his Democratic
Party – of money-laundering. This pushed the already
scandal-ridden government's approval rating to new lows.
DOS-friendly analysts at Radio Netherlands speculated
this week that the scandal would herald a power struggle
within the Democratic Party, from which Zivkovic would emerge
stronger and ready to "confront the voters," but that is
highly unlikely. Dossies view elections as a vampire would
garlic and stakes – with a mixture of fear and loathing.

And with good reason. Their former Trojan horse Vojislav
Kostunica is enjoying rising poll numbers, a development the
Empire is observing with some concern. Erstwhile Djindjic
stooge Miroljub Labus is also polling well, though not
nearly as well as Kostunica. Both of them are just as committed
to "reforms" and service to the Empire, albeit somewhat
more subtly, as DOS. Empire's grip on Serbia is not in
jeopardy, unfortunately – only Zivkovic's.

Lessons from Another Vassal

Another recent visitor to Washington was the Macedonian KLA
leader Ali Ahmeti, until recently on the US terrorist blacklist.
His one-time nemesis, former interior minister Ljube
Boskovski, was meanwhile added to the blacklist. Neither
change was followed by an explanation, leaving the
Macedonians confused. They've done everything the US has
asked of them, and more, yet the Empire has persistently
favored the Albanian segregationists. While the Empire claims
to fight terrorism, it blacklists Macedonian security officials and
treats the leaders of terrorists ("murderous thugs," as NATO
chief Robertson called them) as statesmen.

Back in September 2001 it was obvious that US actions (or
rather, lack thereof) in Bosnia, Kosovo and Macedonia made
the "war on terror" as good as lost. For their part, Macedonians
learned a depressing lesson from their bitter experience:
sometimes, even being an obedient US vassal cannot save
you.

DOSta!

In fact, Zivkovic & Co. should read one of Wednesday’s
editorials in the Washington Times, composed by the known
Serbophobe Helle (Bering) Dale. Her "Are you being Serbed?"
asks how these uppity savages dare protest US hostility and
demand fair treatment, when the entire world knows they are
as racist, genocidal and criminal as Nazi Germany. Zivkovic
and his foreign minister, Svilanovic, yap to presstitutes
at Washington clubs over brandy and cigars, but it’s the people
they represent who suffer. Dale's verbal abuses are one thing,
but deaths in battle quite another. No number of dead Serbs
can ever appease the likes of Dale and her employers at the
Heritage Foundation and the Council of Foreign Relations.
Yet that’s what Zivkovic is trying to do.

DOS is nothing but a motley collection of irresponsible, corrupt,
statist kleptocrats, who came to power only because of the
public's resentment of the government they replaced – and
lots of bags filled with US taxpayers' cash. Ostensibly
"democrats," they've established a "domination of political and
economic life of which Slobodan Milosevic could only have
dreamed" (BHHRG). Whatever troubles beset Serbia before 5
October 2000, the situation today is entirely the fault of DOS.
Zivkovic's groveling offer of Serbian troops to help the Empire's
wars of conquest and occupation ought to be the last straw for
the people who simply cannot take any more social
engineering, deliberately malicious or otherwise.

It is time to show these lying, plundering quisling sleazebags
the door – preferably to Hell, or prison, but out of office
will do. Anyone else could run Serbia better, preferably
as little as possible, guaranteeing the Serbians their liberty
but otherwise not preventing them from improving their lives,
as all governments have done so far.

At some point during the Dossie reign, an anonymous
Belgrade street artist made a pun on the ruling band of thieves'
name: "DOSta," meaning "Enough of DOS." It's time the pun
becomes reality, before young Serbians start coming home in
body bags from once again serving a cruel conqueror.

Nebojsa Malic

ORUŽANA AGRESIJA NATO: ČETIRI GODINE POSLE

Okrugli sto na temu "Četiri godine od agresije NATO na SRJ"

1. APEL Beogradskog foruma 09.06.2003.
2. POLITIČKI ZNAČAJ AGRESIJE NATO NA SRJ
Izlaganje Vladislava Jovanovića
3. AGRESIJA NA JUGOSLAVIJU- vojno-strateški aspekt
Izlaganje prof. dr Radovana Radinovića, generala u penziji

4. DECA POGINULA OD NATO BOMBI
CHILDREN KILLED BY NATO BOMBS
I BAMBINI UCCISI DALLE BOMBE DELLA NATO


=== 1 ===


APEL Beogradskog foruma
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2003-06-09_1.html

BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Beograd, 09.06.2003.

Beogradski forum za svet ravnopravnih, dana 07.06.2003. godine održao
je okrugli sto na temu Oružana agresija NATO četiri godine posle. Na
skupu su učestvovali eminentni naučni i javni radnici iz naše zemlje i
inostranstva. Tokom rasprave razmorena su sva relevantna pitanja i
aspekti te zločinačke agresije, njene karakteristike i brojne,
raznovrsne posledice. Kako se u našoj zemlji od strane aktuelne vlasti
i kontrolisanih medija uporno nastoji da se agresija zaboravi, a njene
razorne posledice po naš narod i državu u potpunosti ignorišu, a
vinovnici te agresije amnestiraju od svake vrste odgovornosti, učesnici
okruglog stola su odlučili da našoj javnosti upute sledeći

A P E L

1.) Oružana agresija NATO na SR Jugoslaviju je bila nelegitimno nasilje
suprotno Povelji UN i izvedena bez saglasnosti Saveta bezbednosti UN
koji je inače jedini bio ovlašten da zatraži primenu vojne sile protiv
neke od svojih članica. Zato se i okupacija Kosova i Metohije kao
direktna posledica tog nelegitimnog vojnog nasilja ne može prihvatiti
kao trajno rešenje niti kao prvi korak na putu ka potpunom državnom
osamostaljivanju od Srbije kao njegove matične države.
Da bi to političko stanovište zadobilo odgovarajuću specifičnu težinu,
Forum zahteva da se što hitnije održi vanredna sednica Skupštine Srbije
na kojoj će se usvojiti deklaracija o Kosovu i Metohiji. Tom
deklaracijom treba izričito zabraniti bilo kome da u ime srpske države,
srpskog naroda i srpske istorije pristupi pregovorima o konačnom
statusu te pokrajine. Kosovo i Metohija je neotudjivi deo srpske države
i niko nema mandat da ga bilo kome, pod bilo kojim ucenama i pretnjama
ustupa u vidu njenog konačnog rešenja. Pregovarati se mora i može, i
treba pregovarati o svemu osim o izdvajanju Kosova iz srpske države. O
tome se pregovarati ne može.

2.) Isto onako kako niko ne može dobiti mandat da Kosovo i Metohiju
ustupa bilo kome, tako ne može dobiti mandat niti da oprašta ratne
zločine koji su počinjeni u toj nelegitimnoj agresiji. Uostalom, sama
ta agresija je zločin protiv čovečnosti i protiv mira. Zato je
neophodno u deklaraciji izričito zabraniti bilo kome da u ime srpskog
naroda i hiljada nevino stradalih, ranjenih i osakaćenih, proteranih i
ostalih bez krova i celokupne pokretne i nepokretne imovine, oprašta
vinovnicima zločina za njihova zlodela. Oni treba da odgovaraju pred
sudom, a njihove države da nadoknade ogromnu ratnu štetu koju su naneli
našoj državi i narodu. Ovo podrazumeva da mora ostati na snazi tužba
koju je naša zemlja podigla pred medjunarodnim sudom. U njoj treba
rezolutno zahtevati nadoknadu ratne štete čiju je visinu utvrdila
Savezna vlada tadašnje savezne države. Nikakvo članstvo ni u NATO ni u
"Partnerstvu za mir", pa čak ni u EU, niti donacije i tzv. povoljni
krediti ne mogu biti pravedna nadoknada za zločine učinjene našoj
zemlji i za njihove nemerljive materijalne i nematerijalne posledice.

3.) Po svemu sudeći, aktuelna vlast pažljivo priprema našu javnost za
prihvatanje američkog zahteva o izuzeću američkih državljana od
odgovornosti pred medjunarodnim sudom za ratne zločine. Taj zahtev SAD
smatramo krajnje licemernim i nečuveno uvredljivim iz dva bitna
razloga: 1. Prvo, što je i glavni pokretač i izvršilac zločinačke
agresije na našu zemlju bila upravo Amerika i
2. Drugo, što Amerika najglasnije, kao uslov svih uslova, našoj zemlji
nameće obavezu izručenja svih njenih državljana koje potražuje Haški
tribunal, iako je svima pa i Americi jasno da se radi o izrazito
političkom sudu. Na tako licemeran zahtev SAD ne treba pristati i zato
što je prioritet naše zemlje učlanjenje u EU, a upravo EU od nas traži
da taj zahtev ne prihvatimo.

U Beogradu, 07.06.2003.

UČESNICI OKRUGLOG STOLA
"ORUŽANA AGRESIJA NATO: ČETIRI GODINE POSLE"


=== 2 ===


Cetiri godine posle:
POLITIČKI ZNAČAJ AGRESIJE NATO NA SRJ
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2003-06-13_1.html

BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Okrugli sto na temu "Četiri godine od agresije NATO na SRJ"

Izlaganje Vladislava Jovanovića
07. juni 2003. godine

Vremenski razmak od cetiri godine nije, u principu, dovoljan da se o
nekom znacajnom dogadjaju da valjani sud.

U slucaju vazdušne agresije SAD i NATO na SRJ pravilo o istorijskoj
distanci nije relevantno.

SAD i NATO su se u toj vojnoj operaciji bili suviše odmetnuli od
medjunarodne zajednice, suviše su bili arogantno prisvojili njene
prerogative, suviše osnovnih principa medjunarodnog prava su bili grubo
i izazivacki prekršili, suviše su nepoštovanja i prezira bili pokazali
prema sopstvenim statutarnim obavezama, suviše su se bili služili
obmanama i manipulacijama, suviše su bili ugrozili mir i bezbednost u
našem regionu - da bi mogli da se stave pod zaštitno krilo istorijske
distance.

Moral, pravo, istina, viteštvo i humanost bili su njihove prve i
najvece žrtve. Dvostruki aršin i dvostruka pravda bili su i ostali
instrumenti njihove politike.

Sa bezbednih visina i ogromnih daljina njihovi piloti i artiljerci su
"nevidljivi i kukavicki" rušili civilnu infrastrukturu i ubijali naše
nenaoružane gradjane. Toga se predsednik Buš nije setio kada je s
pravom osudio Bin Ladenove teroriste koji su se isto tako "kukavicki i
nevidljivi" bili obrušili na imovinu i civile SAD 11. septembra 2001.
godine. Da se tada toga setio i da je u isto vreme osudio i prethodnu
americku administraciju što je Bin Ladenu pružila obrazac kako
kukavicki i nevidljivo napasti civilne objekte u nekoj zemlji, sadašnji
americki predsednik bi stekao zasluženi moralni kredibilitet.

Da bi se dobio izgovor za agresiju na SRJ, našoj zemlji su u Rambujeu
bili postavljeni nemoguci uslovi i upuceni ultimativni zahtevi da
izvrši samoamputaciju Kosova i Metohije. Takav metod razgovora pod
pretnjom rata nije u svetskoj politici bio praktikovan od 1938. godine,
kada je Hitler, pod pretnjom oružane invazije, zahtevao od Cehoslovacke
da mu preda Sudetsku oblast. Nažalost, smrt Hitlera nije oznacila kraj
hitlerovskog metoda teritorijalnog cepanja jedne suverene clanice
medjunarodne zajednice. Taj metod je, iako osudjen na nirnberškom
procesu 1946, zadržan kao najznacajnija ratna reparacija. Demokratski
zapad je brzo uvideo njegovu efikasnost i ugradio ga u tzv. novi
svetski poredak, nedavno preimenovan u proces globalizacije.

Agresiju na SRJ NATO je izvršio bez odobrenja Saveta bezbednosti,
nadležnog organa za pitanja mira i bezbednosti u svetu, cime je pocinio
eklatantan primer zlocina protiv mira. Nažalost, Svetska organizacija,
umesto da osudi i zaustavi agresiju, povila se i povukla pred
bezobzirnim vojnim maršem novog svetskog poretka. Zakon sile je
nadjacao snagu prava. Presedan je bio napravljen. Senka Abisinije se
nadnela nad OUN, kao što je pre 60 godina doprinela nestajanju Lige
naroda. Vojne intervencije NATO u drugim zemljama postale su moguce bez
saglasnosti Saveta bezbednosti. Bauk "humanitarnih intervencija" NATO-a
poceo je da kruži planetom.

Sve ono što je decenijama, ako ne i vekovima služilo kao zaštita manjih
i slabijih država i predstavljalo nezamenjiv okvir i temelj njihove
koegzistencije sa vecim i jacim silama - suverenitet, jednaka
bezbednost, medjunarodno pravo, primarna uloga i odgovornost OUN u
ocuvanju mira, bezbednosti i stabilnosti u svetu - bilo je dovedeno u
pitanje, ugroženo ili na drugi nacin kompromitovano.

Posle agresije NATO na SRJ, svet više nije bio isti. Jednopolarnost je
antipod svakoj ravnoteži. Nastale na poukama iz drugog svetskog rata i
ravnoteži interesa pobednicke koalicije, OUN nije više mesto gde SAD sa
svojim saveznicima ostvaruju svoje vitalne interese. Svetska
organizacija se sve više i opasnije marginalizuje. Sa uzurpacijom
ovlašcenja Saveta bezbednosti od strane NATO, nastalo je vreme
bezakonja u medjunarodnim odnosima. Upotreba sile ili pretnje silom pod
jedva argumentovanim izgovorom opasno su ucestale. Razlozi koji se
navode za njenu upotrebu najcešce se zaboravljaju tokom same upotrebe i
u hodu zamenjuju nekim drugim, kao što pokazuju primeri Avganistana i
Iraka. Pravi razlog se ne navodi, iako je on uvek geostrategijske,
geopoliticke ili geoekonomske prirode.

Pored sve organizovanijeg i agresivnijeg medjunarodnog terorizma,
maligna priroda jednopolarnosti predstavlja najneposredniju pretnju
miru u svetu. Posle neizazvanog i protivpravnog oružanog napada NATO na
SRJ, prvo i najvažnije pitanje je bilo: "Ko je sledeci?" Naša zemlja je
Savetu bezbednosti s pravom ukazala da bi nesuprotstavljanje agresiji
na nas predstavljalo ohrabrenje za nove agresije i da bi se u tom
slucaju mnoge zemlje, posebno one slabije i manje, mogle uskoro naci na
udaru NATO-a. Nažalost, OUN i Savet bezbednosti su se odlucili za
politiku noja, cime su izgubili poverenje mnogih zemalja. Kao rezultat
toga, neke srednje i manje razvijene zemlje pocele su se okretati
raketnom i nuklearnom oružju kao jedinom sredstvu koje NATO, odnosno
SAD, možda može odvratiti od agresivnih namera. Indija, Pakistan i DR
Koreja su možda samo vrh ledenog brega. Nepoznato je da li i koliko
drugih zaplašenih zemalja razmišlja na slican nacin. To je direktan
rezultat protivpravne vojne akcije SAD i NATO protiv SRJ. Umesto da se
svet krece ka deklarisanom idealu nuklearnog i raketnog razoružavanja i
bržem ekonomskom razvoju, odvija se suprotan proces. Vidi se pocetak te
spirale, ali ne i njen kraj. Jedina preostala supersila ubrzano i
dramaticno razvija nove vojne tehnologije 21. veka, a zemlje koje
oružano kažnjava zbog neposlušnosti služe joj kao poligon za
isprobavanje novih vrsta oružja.

Pošto je i sama bila jedan takav poligon, naša zemlja ne samo da još
oseca posledice takvih oružja, nego ce ih osecati i generacije koje ce
doci. Zemlje NATO-a nemaju zbog toga nikakvu grižu savesti. Naprotiv,
jedan od uslova koje postavljaju sadašnjoj vlasti naše zemlje je da za
ulazak u Partnerstvo za mir moramo povuci tužbe kod Stalnog
medjunarodnog suda u Hagu za naplatu ratne štete. U isto vreme, SAD
snažno podupiru tužbe koje su ranija muslimanska vlada BiH i vlada
Hrvatske podnele tom istom sudu za osudu SRJ zbog navodne agresije
pocinjene protiv njih i naplatu ratne štete na osnovu toga.

Nema sumnje da je rec o nastavljanju politike pritisaka na našu zemlju
i posle politickih promena izvršenih posle 5. oktobra 2000. Ta
politika, pored one koja se vrši zadržavanjem i neprekidnim
produžavanjem otvorene liste zahteva predstavlja dvostruku omcu oko
vrata naše zemlje. Cilj je da se naša zemlja ucini mekom i popustljivom
do te mere da joj iznudjeni pristanak na formalnu ili fakticku
nezavisnost Kosova i Metohije i transformisanje preostale Srbije u neku
labavu federaciju bude izgledalo kao kraj muka, a ne kao pocetak novih
nesreca.

Zlocin NATO protiv mira bio je moguc zato što ad hoc Haški krivicni
tribunal, pod ociglednim uticajem SAD, nije takav zlocin uvrstio u
spisak ratnih zlocina za koje se optužuju pojedina lica sa prostora
bivše SFRJ. Tako je taj najveci ratni zlocin, iz kojeg proizlaze svi
ostali ratni zlocini, zašticen pravilom "nulum crimen, nula pena sine
lege". Ali, ako zbog toga nije bilo formalno -pravnog osnova za
podizanje optužnica protiv politickih i vojnih lidera NATO i njegovih
pojedinih clanica, nesporna cinjenica da je vojna akcija NATO protiv
SRJ bila protivpravna predstavlja dovoljan osnov za njihovo gonjenje od
strane Haškog tužilaštva. Polazeci od toga, Haško tužilaštvo nije smelo
da prihvati teoriju agresora o kolateralnoj šteti, jer je opšte poznato
da nepravo ne radja pravo. Ali Haški tribunal zna da ne sme da dira u
nedodirljivo. Kada bi, iz obaveze prema cinjenicama i duga prema
pravicnosti to cinio, prestao bi da postoji. Njegov zadatak je da
izvršava volju agresora, a ne da joj se suprotstavlja.

Na zvanicnoj vlasti naše zemlje je velika odgovornost da ne podlegne
neprincipijelnim pritiscima i ucenama. Agresija na našu zemlju je bio
suviše veliki zlocin sa suviše velikim i štetnim posledicama da bi se
zemlje pocinioci amnestirale. Utoliko pre što i u tim zemljama sve više
probija svest o neprihvatljivosti nepravde koja nam je bila nanesena.
Politika pomirenja i obnavljanja normalne saradnje je neophodna posle
svakog rata, ali ona pretpostavlja uzajamnost a ne jednostranost
ustupaka. Pored toga što znaci slabljenje sopstvenog položaja,
jednostranost ustupaka opravdava i nagradjuje agresiju. Nije moralno,
pravedno i isplativo da se zemlje koje su nam ucinile tolika zla i
nanele toliku materijalnu štetu oslobode odgovornosti za to. Skoro
tromesecno bombardovanje naše zemlje bilo je, po svim definicijama
medjunarodnog prava, stoprocentna protivpravna akcija. Sve posledice te
protivpravne akcije bile su, takodje, protivpravne. Eufemizam
"kolateralna
šteta" koji je NATO uporno ponavljao i prodavao svetskoj javnosti,
predstavljao je svestan pokušaj agresora da izbegne krivicnu i
materijalnu odgovornost.

Pravo je i obaveza naše zemlje pred istorijom i istinom da insistira
kod Stalnog medjunarodnog suda u Hagu na odgovornosti NATO-a za
pocinjenu agresiju i njene posledice. Takav uspravan stav ne slabi vec
ucvršcuje naš opšti položaj prema zemljama pociniocima i odnose sa
njima cini ravnopravnijim i valjanijim. Iskustvo sadašnje vlasti sa
zemljama NATO-a pokazuje da neprincipijelno popuštanje donosi našoj
zemlji manje koristi i uvažavanja, a više novih pritisaka i ucenjivanja.


=== 3 ===


General Radovan Radinović:
AGRESIJA NA JUGOSLAVIJU- vojno-strateški aspekt
http://www.artel.co.yu/sr/gost/2003-06-19_1.html

BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Beograd, 07. juni 2003. godine
Okrugli sto na temu "NATO agresija na SRJ - četiri godine posle"

Izlaganje prof. dr Radovana Radinovića, generala u penziji

Proteklo je dovoljno vremena da bi se imala neophodna kritička distanca
za objektivno razmatranje prirode agresije i njenih posledica. Takodje,
u medjuvremenu je po sličnom scenariju izvršena agresija na Irak, pa je
moguće povlačiti izvesne paralele i uočavati sličnosti i razlike
izmedju ova dva zločina prema miru. Ovaj skup smatram tim značajnijim
što se vladajuće i opslužujuće elite u našoj državi silno trude da se
ta agresija, taj sramni zločin Zapada prema našem narodu zaboravi i da
naprasno svi zavolimo NATO.

Agresiju NATO prema Jugoslaviji potrebno je, a i moguće razmatrati sa
različitih aspekata: kulturno-istrorijskih, civilizacijskih,
ekonomskih, političkih i geopolitičkih, ekoloških, vojnih i
geostrateških itd. Ja ću ukratko razmotriti neke vojno-strateške
karakteristike i posledice te agresije.

PROMENE U KARAKTERU RATA

Nikada u istoriji ratovanja u jednom ratu nije uspostavljen tako i
toliko neravnopravan odnos vojnih i svih drugih snaga i moći kao što je
to bio slučaj u agresiji NATO na Jugoslaviju. Ta činjenica je dobro
poznata i ovog puta je ne ističem da bi je uočili i registrovali kao
objektivnu karakteristiku tog rata, već da bih na taj način podvukao
krajnje antiherojski (Smilja Avramov) i zločinački karakter agresije
Zapada na Jugoslaviju. Taj zločinački karakter posebno se ogleda u
činjenici da žrtva agresije nije bila u stanju da nanese bilo kakvu
ozbiljniju štetu agresoru, osim da izbegava udare i prekomerne gubitke.
To je agresor znao i time je rat kao sudar dve strane, dve volje radi
ostvarivanja političkih ciljeva izgubio svaki smisao i srozao se na
puko kažnjavanje i ubijanje jednog naroda i to isključivo iz mržnje da
bi njegovo političko vodjstvo prinudio na kapitulaciju. To se jasno
može zaključiti ako se pogleda šta su bile mete napada: infrastrukura,
javni objekti, mostovi, civilna naselja. Iako je agresor pouzdano znao
da u epicentru Beograda nema vojske, to ga nije sprečilo da taj deo
grada izloži najčešćim udarima. On je znao da preko mostova na Dunavu
iz Vojvodine i ka Vojvodini uopšte neće prolaziti nikakve vojne snage,
ali ga to nije sprečilo da ih sve do jednog razori. Pazite paradoksa:
danas se u Hagu sudi srpskim političkim i vojnim liderima najčešće za
dva navodna ratna zločina: za neselektivnu upotrebu vojne sile i za
neproporcionalno dejstvo po inače legitimnim vojnim ciljevima. Voleo
bih da mi neko danas objasni kako je to NATO u agresiji na Jugoslaviju
selektivno koristio vojnu silu ako se zna da je pogadjao putničke
vozove, pešake na mostovima, civile na pijacama i bolesnike u
bolnicama. Nije li možda TV Beograd, inače simbol slobode medija i
neophodan uslov svake demokratije, bila vojni cilj. I kako to razumeti.
Je li to taj princip selektivnosti na koji se danas tako rezolutno
poziva Haška pravda. Još je drastičniji slučaj sa principom
proporcionalnosti upotrebe sile. Zna se da je smisao tog principa nalog
da se prema legitimnim vojnim ciljevima upotrebi onoliko sile koliko je
dovoljno da se taj cilj onemogući u svom delovanju. Ne, dakle, iznad
granica od kojih se tom cilju nanose nepotrebne dodatne patnje.
Zamislite, molim vas, kako taj princip funkcioniše u praksi ako se zna
da je NATO na našu zemlju ispalio na desetine hiljada tona eksplozivnih
naprava i to sa daljina na kojim im naša vojska uopšte nije mogla ničim
i nikako nauditi. Je li to princip proporcionalnosti ne važi za NATO
već samo za njegove žrtve?

TESTIRANJE NOVE DOKTRINE NATO

Agresija Zapada na Jugoslaviju (ja namerno podvlačim da se radi o
agresiji Zapada, a ne NATO) poslužila je kao laboratorija za testiranje
doktrine novog intervencionalizma. Ovo je bitno uočiti jer se radi o
korenitom preobraćaju NATO kao vojnog saveza. Od nominalno odbrambenog,
od ove agresije NATO je postao ofanzivni i agresivni vojni savez
Zapada. S obzirom na činjenicu da mu na čelu stoji jedna imperijalna
sila, bilo je samo pitanje dana kada će se taj odbrambeni savez
pretvoriti u agresivni, tj. u sredstvo za američko preoblikovanje
sveta. Osnovne stavke te doktrine novog intervencionalizma su:

- sloboda izbora prava na intervenciju protiv bilo koje države ili
političke grupacije za koju SAD procene da ugrožava njihove strateške
interese, naravno koje mogu da poraze bez ozbiljnijih posledica po
sopstvene snage;
- pravo na intervenciju bez saglasnosti Saveta bezbednosti UN i uprkos
njegovom protivljenju;
što je posebno zabrinjavajuće, pravo na preventivnu intervenciju, tj.
protiv onih država za koje SAD procene da mogu u perspektivi da ugroze
njihove strateške interese.

Nema sumnje da se SAD ovim izborom svrstavaju u red arogantnih imperija
koje su bez milosti i bez ikakvih kočnica, mimo principa prava i
pravde, gazile sve one narode i države koji su im stajali na putu
ovladavanja svetom. Kuda to Amerika vodi svet ostaje da se vidi. No,
bojim se da se ostvaruje ona crna slutnja koju je Ignacio Ramone
izrekao pre izvesnog vremena u svojoj knjizi ''Geopolitika haosa'' da
se svet približava više haosu nego uredjenom svetskom poretku.

JAČANJE ULOGE VOJNOG FAKTORA I MILITARIZACIJA POLITIKE

Pre tridesetak godina svet se poradovao da je prošlo vreme politike
topovnjača i ekspedicionih korpusa kao sredstva kolinijalne strategije
i da je vojni faktor ustupio mesto političkom. Agresija Zapada na
Jugoslaviju nas je grubo otreznila i ponovo vratila u eru
militarizacije svetske politike, ali sa monopolom jedne sile na tu
militarizaciju. Inače, svaka objektivna analiza pokazala bi da bi svi
politički ciljevi koji su isticani kao motiv za agresiju bili uspešnije
ostvareni bez vojnog faktora nego pomoću njega. Takodje analiza bi
otkrila potpuno izvrnutu logiku, tj. da su politički ciljevi i politika
poslužili vojnom faktoru i ratu, umesto da bude obrnuto, tj. da vojni
faktor bude sredstvo. U ovom slučaju vojni faktor je bio cilj. Rat i
agresija nisu bili u funkciji ostvarivanja političkih ciljeva već su
politički ciljevi (navodno smirivanje krize na Kosovu i Metohiji i
zaštita prava Albanske manjine) izmišljeni samo da bi se legitimisala
oružana agresija u okviru koje je trebalo inaugurisati jednu potpuno
novu doktrinu Atlantskog saveza - doktrinu intervencionizma po
sopstvenom izboru i tu doktrinu praktično isprobati.

Tako militarizovana medjunarodna politika dovela je, po prvi put nakon
Jalte, da se vojna sila upotrebi kao sredstvo za geopolitičko
preoblikovanje evropskog kontinenta. Tri su pokazateqa tog
geopolitičkog prekomponovanja dela Evrope (Balkana):

- Rusija je prvi put u njenoj novijoj političkoj istoriji isterana sa
Balkana, čime je praktično svedena na rang minornog geopolitičkog
faktora koji se više ništa ne pita kada je reč o globalnim svetskim
poslovima;
- Srpski faktor je primoran da učini oštar otklon od svog autentičnog
kulturno-civilizacijskog i geopolitičkog identiteta tako što je gurnut
u naručje NATO i primoran da se do karikaturalnih razmera dodvorava
Zapadu, zaboravljajući da to neće ići lako niti bez lomova i u realnom
životu i u dušama qudi;
- Agresija na Jugoslaviju predstavlja praktično kamen temeljac u zgradi
koja se zove ''Velika Albanija''. Možda je upravo to najočitiji znak
tog geopolitičkog prekomponovanja Balkana. Posledice toga se danas tek
naziru, a tek u budućnosti će pokazati svoje nakazno lice.

OKUPACIJA KAO POSLEDICA AGRESIJE

Najtragičnija posledica oružane agresije Zapada na na{š zemlju je
okupacija. Agresija je trajala petnaestak godina (različitim
sredstvima, traje i danas) i imala je karakter svedimenzionalne
agresije: u privredi, politici, medijima, u svetskom javnom mnjenju, u
kulturi ... Kao kruna svega napokon je usledila oružana agresija. Isto
onako kako je agresija bila svedimenzionalna, tako je okupacija kao
njena posledica svedimenzionalna:

Politički i ideološki smo potpuno okupirani i to spolja raznom vrstom
političkih diktata, a iznutra jednom nametnutom i potpuno nelegitimnom
vlašću koja sve čini da što dublje udjemo u odnos potčinjenosti prema
okruženju;
U kulturi i ideologiji (tu podrazumevam celokupnu i celovitu nacionalnu
i državnu ideologiju) podvrgnuti smo jednom nečuvenom ispiranju mozga
kako bi se obrisao svaki trag bilo čega što pripada nacionalnom i
kulturnom civilizacijskom identitetu našeg naroda. To poprima
zastrašujuće razmere tako da su napadnute sve nacionalne institucije:
od Srpske akademije nauka, preko univerziteta, do Srpske pravoslavne
crkve. Sve što je nacionalno proglašava se primitivnim. Patriotizmu se
rugaju tako što ga izjednačavaju sa kriminalom i ratnim zločinom. To
ponižavanje naroda poprima karikaturalne razmere. Postali smo zemlja
koja hapsi i zlostavlja svoje borce za slobodu protiv NATO agresije, a
slavi špijune. Uz to, sa zvaničnog mesta se naredjuje oficirima da
špijuniraju svoje dojučerašnje saborce i preti im se sankcijama.
Izgleda kao da smo u Nušićevom dobu i da nam je svima sudbina da
postanemo rejonski, mesni, opštinski ili sreski špijuni. Isto onako
kako je to bio čuveni Aleksa Žunić, sreski špijun iz jednog Nušićevog
dela. Bilo bi komično da nije tragično;
U ekonomiju se ne razumem, ali ipak znam toliko da smo narod koji živi
od donacija i tzv. povoljnih kredita, a da ubrzano rasprodajemo imetak
koji su decenijama stvarale generacije radnih ljudi koje danas žive
doslovce u bedi;
Vojna okupacija je posebna priča i ona me ovde i danas posebno zanima.
Nije samo okupirana Srbija, već i sve srpske zemlje. Negde Srba više ni
nema kao političkog naroda, a tamo gde ih ima ili im se preti da će
izgubiti entitet (Republika Srpska), ili im se priprema status
nacionalne manjine i to u sopstvenoj nacionalnoj državi (u Crnoj Gori).
Najizrazitiji oblik vojne okupacije je prisustvo stranih vojnih snaga
na Kosovu i Metohiji. Neću da ulazim u raspravu da li je do okupacije
moralo doći, koliko će ona trajati i dr. Želim samo da podvučem da se
radi o okupaciji za otimanje Kosova i Metohije kao dela državne i
nacionalne teriotorije srpskog naroda. Te okupacione snage su pod
direktnim diktatom Amerike, za koju naša vlada kaže da je naš danas
osvedočeni prijatelj, pa zato zaslužuje da se odreknemo prava za
gonjenje američkih državljana za počinjene ratne zločine u našoj zemlji
dok ista ta Amerika iz dana u dan imperativno traži sve više srpskih
glava u Hagu. Takodje, ista ta Amerika čini sve da teritoriju Kosova i
Metohije odcepi od Srbije. U toj funkciji legalizovali su terorističku
paravojnu organizaciju OVK pod eufemističkim imenom ''Kosovski zaštitni
korpus'' - to je onaj korpus koji izvodi diverzije po srpskim
enklavama. Medjunarodna uprava na Kosovu i Metohiji po diktatu Amerike
ne dozvoljava da se vrate proterani Srbi sa Kosova, poklanja srpsku
imovinu Šiptarima, kao da im je to dedovina. Amerika sponzoriše
raznovrsne i brojne rezolucije, deklaracije i izjave proalbanskog
lobija u Americi za nezavisno Kosovo i na taj način praktično pomaže
proces dalje destrukcije srpske države.

Ja naravno znam da mi nismo u stanju da se sami odupremo američkoj
zlovolji sadržanoj u nameri da se u perspektivi ali što pre Kosovo otme
Srbiji. No, jedna je stvar nešto primiti k znanju kao trenutno realno
stanje stvari, a sasvim druga pristati na to kao na trajno rešenje.
Znam takodje da ako se to bude zahtevalo iz svetskih centara moći,
moramo prihvatiti razgovore o Kosovu i Metohiji. Radi se o tome da se
zna o kakvoj vrsti razgovora i pregovora može biti reči. Jedino na šta
sme pristati bilo koja prolitička garnitura u Srbiji jeste da je Kosovo
bilo, da ono danas jeste i da će u budućnosti biti deo srpske državne
teritorije. Niko nema mandat da tu teritoriju ustupa bilo kome pod bilo
kojom pretnjom ili ucenom. Smatram da bi jedna od tačaka u zaključcima
ovog skupa trebalo da bude obraćanje našeg foruma javnosti u kojem
zahtevati da se u Skupštini Srbije usvoji deklaracija koja će izričito
zabraniti bilo kome da u ime srpskog naroda potpiše ustupanje Kosova i
Metohije pod izgovorom tzv. konačnog statusa. Okupacija Kosova i
Metohije je posledica nelegitimne oružane agresije Zapada i nju ne
priznajemo kao trajno rešenje niti kao osnovu za bilo kakve pregovore o
eventualnom izdvajanju Kosova i Metohije iz sastava Srbije.

KRIZA STRATEGIJE I ODVRAĆANJA

A sada mi dozvolite da se sa par napomena osvrnem na neke čisto vojne
aspekte ove agresije. Agresija je pokazala da je danas strategija
odvraćanja njenim tradicionalnim standardima u ozbiljnoj krizi, tj. da
uopšte ne funkcioniše. Njena je uloga da spreči odnosno, da odvrati
agresora od namere da napadne. Odvraćanje inače, funkcioniše na dva
načina i dva modela: odbranom i odmazdom. U osnovi oba ova dva modela
odvraćanja je realna pretnja. U odbrani da je napadnuta zemlja u stanju
da nametne takav rat koji će dovesti do nepodnošljivih gubitaka
agresora, pa se on u takav rat ne sme upustiti. Odmazdom se preti tako
što nakon otpočinjanja agresije, zemlja žrtve je u stanju da izvrši
kaznene udare po vitalnim ciljevima agresora, što takodje ne sme da
prihvati, pa ga to primorava da agresiju i ne preduzima.

Videli smo da je NATO kao agresor, odnosno SAD kao njegov čelnik u
stanju da ignorišu obe ove pretnje i to tako što udare vrše sa bezbedne
distance i što ne ulaze u rizike kopnenih operacija. Bilo da se ceo rat
vodi udarima sa distance, bilo da se u kopnena dejstva ulazi tek nakon
vatrene obrade bojišta koja ga lišava bilo kakvih gubitaka ili ih svodi
na podnošljivu meru. Moglo bi se čak reći i da SAD ili vojne koalicije
koje SAD sklapaju radi preduzimanja oružanih agresija širom sveta, za
svoje agresivne ciljeve biraju isključivo one zemlje koje nemaju
nikakvih mogućnosti da zaprete, odnosno da i agresoru nametnu
odgovarajuće gubitke.

Dakle, SAD su postigle takvu vojnu nadmoć da samo mali broj zemalja ima
mogućnosti da realno odvrati tu imperiju od namere oružane agresije.
Jedino zemje koje raspolažu pomorskim, vazduhoplovnim i raketnim
nuklearnim sredstvima mogu da tu vrstu pretnje ostvare. Njihova
strategija odvraćanja još uvek deluje efikasno. No, u vremenu koje
sledi za očekivati je nove tehnološke napore SAD koji će i tu vrstu
pretnji svesti na prihvatljivu meru, čime bi se strategija svetske
dominacije Amerike oslobodila do apsoluta. Ne kažem da je takvo
očekivanje realno, ali da će Amerika to pokušati, u to sam posve
ubedjen. To će dovesti do nove neslućene trke u naoružanju. Upravo je
to najavio vojni budžet SAD za iduću godinu koji je dimenzionisan preko
400 milijardi dolara.

Šta preostaje malim i nerazvijenim zemljama koje nisu spremne da kleknu
pred američkom zastrašujućom pretnjom. Ništa osim terorizma. Dakle,
paradoksalno, ali tačno, sama Amerika svojom imperijalnom politikom i
strategijom neprikosnovenog gospodara sveta proizvodi terorizam kao
svog najvećeg neprijatelja. Terorizam u svim oblicima: klasični koji se
vidi svakog dana na Bliskom Istoku, Africi, Aziji i Latinskoj Americi,
Rusiji, Čečeniji itd. Ali, i rafiniraniji i sofisticiraniji oblik
terorizma: od hemijsko-biološkog do mininuklearnog. Šta drugo da
izazove američka odluka da nastavi ulaganja u istraživanja i razvoj
mininuklearnih sredstava osim isto takvog terorizma. U najvećem obimu i
intenzitetu ta vrsta terorizma bila bi uperena protiv Amerike. Ako bi
do toga došlo, tada bi upravo terorističke snage ovladale svetom i to
bi bio kraj civilizacije u njenom današnjem obliku. Izlaz, dakle, nije
u sve izrazitijoj američkoj vojnoj svemoći, već u potpuno drugačijoj
američkoj odgovornosti za stanje u svetu. Tu bih se u potpunosti složio
sa gospodinom Jakšićem i onim što je pre izvesnog vremena objavio u
"Politici" pišući o neuspehu američke antiterorističke strategije.

RAT BEZ BITKE

U istoriji i teoriji ratovodstva i ratne veštine agresija NATO na SRJ
će biti zabeležena kao potpuno novi oblik, odnosno novi tip rata. U
časopisu "Geopolitička raskršća" (leto 2000), na godišnjcu te agresije,
taj rat ja sam nazvao "Rat bez bitke". I danas stojimo na istom tom
stanovištu. Možda se čini da isticanje ove odrednice agresije suviše
ulazi u okvire vojne struke u njenom najužem smislu i značenju. Ali
držim da se radi o bitno novoj karakteristici rata koja će sve više
zauzimati centralno mesto u svim narednim vojnim intervencijama, kojih
će na žalost biti i to ne tako retko.

U agresiji NATO su izostali sudari zaraćenih strana na bojnom polju, a
što je inače bila suštinska odrednica rata u njegovom klasičnom
poimanju. Zapravo, ako sudara nema, reklo bi se da tada nema ni rata. I
u ovom smislu ova agresija je do izvesne mere izokrenuti rat. U svim
dosadašnjim ratovima, uvek je žrtva agresije nastojala da u nepovoljnom
odnosu vojnih snaga izbegne odlučujuće vojne sudare i to tako što je
ratni proces fragmentirala na više manjih žarišta. U ovom ratu sudar,
odnosno bitku je izbegavao agresor, a ne žrtva i to je pravi paradoks
koji će se u narednim ratovima pretvoriti u zakonomernost. Isti taj
slučaj se zbio i u dva naredna rata nakon te agresije, tj. u
Avganistanu i u Iraku. Bez obzira što je izvesnog otpora bilo, ali ni u
ova dva rata nije vodjena ni jedna prava bitka. A većina vojnih
eksperata je očekivala bitke za velike gradove, naročito u agresiji na
Irak. Gotovo da je stručno neobjašnjivo zašto je to izostalo. Očito je
da se tu nešto zbilo što još uvek nije dostupno pravim vojnim analizama.

Ako podjemo od toga da je cilj svakog rata nametanje volje protivniku,
u ovom slučaju prisiliti državno rukovodstvo SRJ da prihvati ultimatum
iz Rambujea, neophodan uslov za to prirodno bi bio poraz VJ na bojnom
polju u sudarima sa NATO alijansom. Dakle, političkom porazu je trebalo
da prethodi vojni poraz. A tako nije bilo. Niti je bilo vojnog poraza,
niti je agresor nameravao da taj poraz ishoduje. On je stalno pretio
tzv. kopnenom invazijom, a sve je preduzeo da do nje ne dodje. Ovde
naravno, ne računam pokušaj upada šiptarskih terorističkih snaga iz
Albanije i unutrašnje vojne aktivnosti delova razbijene OVK na KiM.
Tako smo došli do još jednog paradoksa ovoga rata, a to je da se VJ
povukla sa KiM, da je dakle pristala da prihvati poraz bez bitke, jer
je tome prethodio politički poraz rukovodstva, koje je prihvatilo
nametnute rezolucije i sporazume. Ni ovo se nije dogadjalo u ratovima
pre ove agresije. Naravno, ovde bi bilo potrebno odgovoriti na pitanje
šta je primoralo državno rukovodstvo SRJ da prihvati okupaciju dela
državne teritorije bez vojnog sudara u ratu koji je trajao, ali to bi
bila duga priča i ne za ovu priliku.

DESTRUKCIJA VOJNE MOĆI ZEMLJE

Namerno koristim termin "zemlje", a ne država ili "Srbija i Crna Gora".
Činim to iz dva razloga. Prvo nisam siguran da se ovde može govoriti
uop{še o državi i drugo destrukcija naše vojne moći je okončana znatno
ranije, još dok smo se zvali SR Jugoslavija. To je bilo sasvim
očekivano, jer NATO nije mogao oprostiti VJ i njenom komandnom kadru to
što se u svakom pogledu, sem u materijalno tehničkom pokazao
superiornim u odmeravanju snaga sa NATO-om. Prvo što je preduzeto jeste
nametanje odgovornosti VJ za navodne ratne zločine. Još dok je rat
trajao, Hag je podigao optužnicu protiv vrhovne komande, tj. protiv
predsednika države, načelnika štaba Vrhovne komande i šefa zajedničke
komande za KiM. Apsolutno je izvesno da u vreme pokretanja tih
optužnica niko iz Haga niti oko njega (tj. iz NATO i SAD) nije imao
niti je mogao imati ni jednog dokaza za te monstruozne optužbe ljudi
koji su imali smelosti da se suprotstave agresiji. Jedini cilj i smisao
podizanja tih optužnica u vreme dok je trajala odbrana agresije bio je
da se ta odbrana delegitimiše i proglasi za zločin.

Drugi udar na vojnu moć naše zemlje usledio je iznutra. Na domaćoj
sceni je iskovana jedna bestijalna laž da je vojska bila stub jedne
zločinačke politike i da se sa tom navodno zločinačkom politikom nije
moguće obračunati dok se vojska kao njen noseći stub ne razori.
Otpočelo je izgladnjivanje vojske, daljnje osiromašenje komandnog
kadra, izmišljane su i podgrejavane afere u vojsci i oko vojske,
najčešće bez osnova, a ponekad na žalost i uz pomoć iz same vojske.
Nastavljeno je radikalno tehničko zaustavljanje vojske. Javost je
podstrekavana da se okrene protiv nje. Na sreću u tome se nije uspelo u
potpunosti.

Treći udar, ujedno i završni, je upravo u toku. To se usaglašeno vodi
iz tri centra: prvo iz centrala NATO i njemu opslužujućih strateških
radionica koje nude raznovrsne scenarije "reformisanja" vojske tako što
će je svesti na minormnu meru; drugo, iz centara političke vlasti naše
zemlje, a posebno iz Crne Gore, kako bi se osporila potreba za
postojanje i te jedine zajedničke snage dve republike; treće, iz
domaćih ekspertskih krugova. Zamislite paradoks: ministar odbrane za
svoje vojne savetnike bira ljude koji sa tom strukom nemaju nikakve
veze i o vojsci i odbrani ne znaju ama baš ništa. Šef državne zajednice
za svog vojnog savetnika imenuje generala koji se već pet godina po
belom svetu bori da dokaže kako je naša vojska zločinačka, kako se od
Beograda beži kao od kuge i kako je Beograd kao svoj strateški plan
odabrao genocid prema svim nesrpskim narodima, a da je u tome vojska
imala glavnu ulogu. Istovremeno je da je isti taj general za to vreme
za koje optužuje i politiku i vojsku za zločin dobio dva generalska
čina. Pitam, koji bi to general mogao opstati u službi, a da ne govorim
u njoj napredovati, a da svakoga dana nije iskazivao naglašenu
lojalnost prema najvišoj državnoj vlasti. Eto taj savetnik predsednika
državne zajednice po Srbiji danas telali o tome kako VJ Srbije i Crne
Gore treba svesti na 25 000 od čega za Srbiju 22, a za Crnu Goru 3
hiljade. Potpuno je jasno da taj savetnik smatra da vojsku treba
podeliti na srpsku i na crnogorsku i da nam ne treba jedinstvena
vojska. Treba mu verovati da je Crnoj Gori dovoljno 3 000 vojnika, ali
treba znati ono što i on nije rekao, a to je da Crna Gora već ima
pripremljenu policiju kao paravojsku. Samo je treba promovisati u
republičku vojsku, ona čak ima i svoga komandanta. Šta više, taj vajni
general se zalaže za internacionalne jedinice u regionu ali kojima će
komandovati NATO oficiri, jer navodno naši oficiri za to nisu sposobni.
To je direktna uvreda naših oficira koji su se u borbi protiv NATO
pokazali u svakom pogledu superiorni. Puštaju tog generala da priča,
niko mu ne staje na put. A on i dalje savetuje šefa države, onog ko zlu
ne trebalo treba da ostvari vrhovno komandovanje. To je za normalni
svet apsolutno neshvatljivo. U isto vreme predsednik Republike Srbije,
odnosno njegov vršilac dužnosti nema ama baš nikoga u svom savetničkom
timu ko se imalo razume u vojsku i odbanu. A kao što se zna, ta
gospodja je po funkciji član Vrhovnog saveta odbrane koji donosi sve
strateške odluke vezane za vojsku i odbranu zemlje. Nije mi jasno kako
to ona može ravnopravno učestvovati u raspravi i odlučivanju o tako
delikatnim temama, a da je niko pri tome ne savetuje. Ili je možda
Srbija odlučila da tu vrstu strateškog odlučivanja prepusti Crnoj Gori
koja je ionako odavno zauzela stav da nam ne treba ni država, ni
vojska, ni odbrana.

Razbijanje vojske i njeno slabljenje ima dva strateška cilja: prvo, da
Srbija ne bude u stanju da igra ključnu geostratešku i bezbednostnu
ulogu u regionu, a ta uloga joj inače po svim objektivnim merilima,
posebno na osnovu strateškog položaja na Balkanu, nesumnjivo pripada;
drugo, da se i u disoluciji vojske pripremi konačna razdelnica za novi
raspon države i izbegnu nesporazumi oko predstojećih podela vojnih
efektiva. Jedino u toj funkciji se može razumeti novo pripremljeni
koncept vojne organizacije u kojoj se, kako to saznaju neslužbeni
izvori, jedan od korpusa te vojske naziva podgorički ili crnogorski, a
svi drugi gube svoje ranije geografske nazive. Zar to nije priprema za
nova cepanja. Zar to nije najava raspada države.


=== 4 ===


From: Vladimir Krsljanin

DECA POGINULA OD NATO BOMBI
CHILDREN KILLED BY NATO BOMBS
I BAMBINI UCCISI DALLE BOMBE DELLA NATO


1.AHMETAJ ARBRNOR - AVDO, 4, Korisa
2. AHMETAJ AGRON, 10, Korisa
3. BERISA ELVIS, 17, Prizren
4. BERISA ESAD, 12, Prizren
5. BESIM VALJETA, 6, Djakovica
6. BRUDAR JULIJANA, 10, Plav
7. GASI DEA, 9, Pristina
8. GASI DENISA, 4, Pristina
9. GASI REA, 6, Pristina
10. DACIC SENAD, 18, Besnik
11. DIMIC DRAGANA, 12, Staro Gradsko
12. ZIVANCEVIC MIODRAG, 8, Djakovica
13. ZECIRI NERCIVANE, 17, Djakovica
14. ZULJFERI BECIR - BECA, 14, Prizren
15. ZULJFERI KASANDRA, 3, Prizren
16. ZULJFERI MAKSUM, 2, Prizren
17. KASTRATI KUJTIM, 1, Orahovac
18. KNEZEVIC MIROSLAV, 14, Plav
19. KOPOLA ARIJETA, 13, Podujevo
20. KOPOLA MERLJINDA, ?, Podujevo
21. KOPOLA MERUSA, ?, Podujevo
22. KOPOLA CAVIT, 15, Podujevo
23. KOPOLA FLJORINDA, 18, Podujevo
24. KODZA BURIM, 14, Kacanik
25. KODZA VALJDET, 15, Kacanik
26. KODZA EDON, 4, Kacanik
27. KODZA OSMAN, 14, Kacanik
28. KODZA FISTIK, 5, Kacanik
29. KRASNICI ERNEST, 3, Orahovac
30. KREPNIK HAJDARAJ, 16, Djakovica
31. KUKAJ ALJBON, 14, Korisa
32. KUKAJ FLJORINDA, 5, Korisa
33. LUGICI ARTA, 13, Lipljan
34. MAKSIMOVIC OLIVERA, 13, Plav
35. MILENKOVIC SANJA, 16, Varvarin
36. MILIC VLADIMIR, 12, Surdulica
37. MILIC MILJANA, 15, Surdulica
38. MILOVANOVIC MILOMIR, 17, Surdulica
39. MITIC IRENA, 16, Nis
40. NIKOLIC GORDANA, 18, Vladicin Han
41. OSMANI EDON, 14, Djakovica
42. PAVLOVIC DAJANA, 5, Ralja
43. PAVLOVIC STEFAN, 8, Ralja
44. PAJAZITI VIOLETA, 16, Djakovica
45. PAJAZITI VJOLCA, 18, Djakovica
46. PALJUSI DIJANA, 5, Korisa
47. PETROVIC MARIJA, 15, Podujevo
48. PETROVIC NIKOLA, 17, Podujevo
49. PECOLI BESMILJE, 17, Prizren
50. RADULOVIC ADAM, 18, Nis
51. RAKIC MILICA, 3, Batajnica
52. ROGLIC MARKO, 16, Novi Pazar
53. SIMIC MARKO, 2, Novi Pazar
54. SMAJLJI BERSADA, 7, Djakovica
55. STANIJANOVIC BRANIMIR, 6, Aleksinac
56. STOJANOVIC MILICA, 13, Pavlovac
57. TASIC DALIBOR, 18, Vranje
58. TOSOVIC BOJANA, 1, Kursumlija
59. DZAFERI REZARTA, 6, Korisa
60. DZAFERI SERANDA, 2, Korisa
61-81. 20 nepoznate dece uzrasta 3 meseca do 18 godina, Korisa
/20 unknown children aged 3 months to 18 years, Korisa

Iz knjige «Deca optuzuju».
From the book «Children Accuse».
Dal libro «I bambini accusano».

Convegno CNJ 16/11/2002
2: Pavlovic

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE/
trascrizioni.html

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Trieste / Trst, 16 novembre 2002, Convegno:
"...PASSANDO SEMPRE PER LA JUGOSLAVIA..."

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE/
pavlovic.html

INTERVENTO DI GORDANA PAVLOVIC
(Associazione "Decja Istina", Belgrado)

 
La situazione sociale nella RF di Jugoslavia
due anni dopo il 5-10-2000
 
 
Sono Gordana Pavlovic e faccio parte dell'organizzazione umanitaria
"Decja Istina" ["La verita' dei bambini"] la quale collabora con varie
organizzazioni italiane. Qui c'è anche Ivan con il quale collaboro che
è il nostro principale referente a Roma, collaboriamo abbastanza bene
(anche) con le città di Torino e Bari. Ci arrivano le borse di studio e
spesso arrivano aiuti sotto forma di vestiario, medicinali, materiale
scolastico. Ringraziamo per gli aiuti che continuano ad arrivare, che
sono sempre più necessari, invece del contrario...

Non so se preferite che incominciamo facendo un piccolo riassunto degli
ultimi due anni o se vi interessa iniziare con la situazione attuale in
Jugoslavia, quale io la vedo. Suppongo che siate informati di quello
che sta succedendo. Quello che è attuale in questo momento sono le
elezioni per la presidenza della Serbia. Ci sono stati degli scandali
per quanto riguarda il traffico di armi. Abbiamo il problema di trovare
un accordo con il Montenegro. L'occidente prima voleva distruggere la
Jugoslavia e adesso cerca di tenere uniti la Serbia e il Montenegro. Ci
occupiamo tanto degli scandali, ma i problemi reali non li trattiamo.
Con il cambiamento di regime noi viviamo di donazioni e il nostro
sistema economico non si basa sulla produzione interna, ma sui crediti
internazionali, con i quali si vuole mantenere in vita il regime
democratico.
Nell'ottobre del 2000 l'occidente ha finanziato il nuovo governo con
circa 60 milioni di dollari, ma i soldi sono finiti nelle tasche di
pochi. Da anni non ci sono investimenti produttivi. Il processo di
privatizzazione ha riguardato unicamente il settore alberghiero. Penso
personalmente che non sia necessario che tutti gli alberghi siano a
cinque stelle, mentre le fabbriche rimangono chiuse... Ci sono sempre
più persone che vivono sulla soglia della povertà.
 
Suppongo che voi siate ben informati sulla situazione della Zastava,
l'ultimo piano per la soluzione del problema della Zastava è stato
proposto dalla ditta americana NewCarCo. La NewCarCo. propone di
investire nella Zastava 150 milioni di dollari per produrre 220.000
automobili all'anno. Il signor Bricklin proprietario della ditta, è
fallito più volte negli Stati Uniti... le trattative dovrebbero essere
svolte tramite una banca che opera in Europa e il profitto delle sue
5-6 filiali è stato di 1400 dollari. Mi interessa sapere dove troverà i
rimanenti 150 milioni di dollari da investire. Questa è stata una mossa
poco seria da parte del nostro governo che conclude degli affari con
una persona di dubbia reputazione... è poco serio perché giocano con
l'esistenza di 15.000 operai e delle loro famiglie. Probabilmente siete
informati che questa era una delle proposte oltre a quella di aprire
una fabbrica di sigarette. Da ciò potete notare la serietà del nostro
governo e di quanto si occupa del futuro degli operai. Ogni giorno da
mezzogiorno in poi nel centro di Belgrado ci sono persone che
scioperano. È in corso il fallimento della catena di grandi
magazzini... Ed anche di una ditta come la Inex. La magistratura ancora
poco efficiente ha scioperato fino a quando non stati aumentati gli
stipendi. Anche la sanità è in sciopero e si trova in condizioni
peggiori... Si avvicina l'inverno e sempre di più ci fa paura, i prezzi
dell'energia elettrica aumentano con la scusa che devono adeguarsi con
i prezzi europei. Per una famiglia di quattro persone ci vogliono per
vivere modestamente 28-30 mila dinari cioè 450-500 euro [al mese]
mentre lo stipendio medio è di 160 euro.
 
Voglio farvi un esempio. La Ministra dell'energia elettrica ci spiega
questi nuovi prezzi dell'elettricità: dobbiamo pagare quello che
abbiamo consumato e in più... non sappiamo neanche noi cosa dobbiamo
pagare, pare sia ogni metro di filo elettrico in più. Il termine che
usano e' "energia elettrica ingaggiata". Dunque dobbiamo pagare quello
che abbiamo consumato, ed in più prendono un tot per questo che ogni
mese aumenta. Ci sono tante cose illogiche che ci dicono, ci spiegano
qualcosa, ci presentano il conto, dobbiamo pagare, non c'è verso di
lamentarci.
Questa è una difficoltà particolarmente per gli anziani che non possono
pagare il riscaldamento né l'affitto. Il ministero ha deciso di vendere
questi appartamenti [di edilizia popolare]; la ministra Ludovicki ha
studiato i problemi dei paesi in transizione... Certe persone che hanno
vissuto all'estero una volta rientrati e diventati ministri si sono
messi a distruggere il sistema economico. Il loro modo di pensare è
quello di mettere sullo stesso piano la Serbia e l'Occidente, per
eseguirne i diktat.
 
Adesso ci avviciniamo alle elezioni previste per l'8 di dicembre ci
sono due candidati, Vojislav Kostunica e Vojislav Seselj, che non hanno
un programma politico. Entrambi sono nazionalisti, anche in Bosnia
Erzegovina e in Croazia hanno vinto i partiti nazionalisti e con questo
ritorniamo alla situazione dei primi anni '90. Dunque: ognuno per il
proprio popolo - e non si vede una via d'uscita, e se continua così
potrebbe scoppiare un'altra guerra. Milosevic è stato accusato di voler
fare la Grande Serbia e tra due anni sarà discussa l'indipendenza del
Kosovo e la Serbia potrebbe diventare ancora più piccola. Di nuovo
sulla scena politica ci sono i nazionalisti di tutte le parti, e poco
si parla di solidarietà e collaborazione. Il nostro problema non è che
la Serbia sarà ancora più piccola, ma che resterà isolata, perché
noi... La vecchia Jugoslavia non esisterà mai piu' come prima, ma
soltanto pochi di noi si rendono conto che solo quella Jugoslavia aveva
un futuro. Avevamo tutto e potevamo presentarci al mondo... Adesso non
so proprio come usciremo da questa situazione, perché siamo sottoposti
a continue pressioni. Si viene incontro a tutte le richieste della
signora Del Ponte in brevissimo tempo... Questo comportamento è
umiliante - cosa dobbiamo fare per essere accettati come persone
normali! Il rapporto di forza è tale che quelli avanzano sempre nuove
richieste. Anche nei paesi occidentali la gente la pensa diversamente,
e lavora... Che ci consentano di pensare e di lavorare per noi stessi!
 
Nessuno verrà ad investire in una zona instabile come i Balcani.
Noi siamo già da tempo un territorio instabile, appena risolveranno il
problema del Kosovo ci sarà il problema della Vojvodina... Il problema
è: come continueremo con il Montenegro, e ci viene da pensare che il
futuro non prometta niente di buono.
Gli operai ricevono il denaro dai fondi statali, la produzione è ferma,
le persone non sono iscritte alle liste di collocamento e, anche se
lavorano, i datori di lavoro non versano i contributi nelle casse dello
Stato dunque non possono neanche usufruire della previdenza sociale.
Tante persone che devono andare in pensione non possono andarci perché
non vengono pagati i contributi. Circa il 60% dei pensionati riceve una
pensione di 50 euro. L'inverno scorso la nostra organizzazione ha
lavorato per la distribuzione degli aiuti mandati dalla FAO: ci sono
tantissime persone che si mettono in fila per ricevere questi aiuti.
Quando incontrate queste persone per strada, quando parlate con queste
persone è veramente triste ed umiliante, perché hanno lavorato tutta la
vita... Il 56% delle tasse sugli stipendi, nella ex Jugoslavia,
servivano per coprire i fondi statali. Il nostro ordinamento oggi non
prevede un fondo per l'assistenza sociale perché le spese per
l'assistenza sociale sono pagate direttamente da chi necessita una
prestazione. Nemmeno siamo capaci di scrivere una Costituzione
figuriamoci quando incominceremo a risolvere i problemi esistenziali!...
Il passaggio da un sistema economico politico comunista a uno
capitalista non si può fare solo con i tagli. Come ceto intellettuale,
nella nostra società, non vediamo una prospettiva. Vorremmo che questo
nostro futuro fosse un po' più tranquillo. C'è chi non si esalta quando
sente che una piccola somma del debito internazionale viene cancellata:
noi ci chiediamo dove sono i nostri fondi esteri, quelli che sono stati
congelati durante le sanzioni. La Jugoslavia socialista oltre ai debiti
che aveva all'estero aveva anche dei soldi fatturati, ma mai incassati,
per lavori svolti all'estero.
Adesso dovremmo rallegrarci perché loro ci restituiscono soldi nostri?!

Lo so che voi non potete aiutarci in questo senso perché sono necessari
mezzi più consistenti. Noi possiamo parlare e scambiare delle
informazioni, discutere. Adesso risponderò alle vostre domande, se vi
interessa sapere qualcosa, e dopo vorrei esporvi un caso, Ivan lo
conosce già, quello di una famiglia che grazie al G.A.MA.DI. [un gruppo
italiano] usufruisce di una borsa di studio. Ho portato un ritaglio di
un giornale... è la situazione di una famiglia in cui ci sono tre
bambini e il padre, che è stato ferito due volte in Kosovo ed è rimasto
immobilizzato a letto. Volevo pregarvi, se possibile, di organizzare
una raccolta di fondi per l'acquisto di una sedia a rotelle elettrica.
Tutti i tre bambini ora vanno a scuola... Per noi va bene trovare anche
una sedia a rotelle di seconda mano. Lui possiede già una sedia a
rotelle ma siccome i suoi muscoli sono atrofizzati non ha più la forza
di spingere. Con i suoi colleghi siamo riusciti a ottenere che gli sia
dato un appartamento arredato. Vive da solo con i bambini e le sue
sorelle lo aiutano. Lui ha una quarta bambina di due anni e mezzo che
abita con i genitori della moglie e quest'ultima è in cura in una
clinica psichiatrica. La loro storia è stata travagliata dal momento in
cui hanno dovuto lasciare la città di Pec. Zoran Pusic ha 35 anni e noi
cerchiamo di aiutare la famiglia che vive con la sua pensione; quando
arrivano gli aiuti cerchiamo di aiutare questi bambini e cercheremo di
fare qualche raccolta anche in Jugoslavia, per quanto è possibile. Un
anno fa la sedia a rotelle costava da 3500 a 6000 euro, e ho
l'impressione che con l'arrivo dell'euro i prezzi siano aumentati al
punto che basta togliere solo tre zeri dai marchi tedeschi. A luglio di
quest'anno sono stata a Torino e quando sono tornata in Jugoslavia ho
pensato che anche per loro dobbiamo fare qualcosa... Per non parlarvi
degli altri problemi.


[Domande]
 
D: Di fronte a questa crisi delle fabbriche, che comporterà anche il
licenziamento o la cassa integrazione per molti, c'è stato in qualche
fabbrica un qualche tentativo di occupazione o autogestione?
 
Gordana:  Ci sono stati dei casi e tentativi isolati ma la gente ha
paura. Sperano nei capitali esteri che sono stati promessi. Se qualcosa
viene privatizzato di solito sono i nostri a farlo. La disciplina è
molto più rigida nelle ditte private. I licenziamenti avvengono più
facilmente. L'operaio pensa che i suoi diritti siano garantiti, ma i
nuovi proprietari al momento di organizzare il processo di produzione
si trovano con personale in esubero del 20-30% rispetto alla situazione
precedente, così sono costretti a licenziare la parte in esubero. I
nuovi proprietari promettono salari di 150 euro, poi al momento del
pagamento gli operai si ritrovano con 100 euro con la scusa che la
produzione non è andata bene. Gli operai sono costretti ad accettare
queste condizioni.
 
D: E la tutela sindacale? Le organizzazioni sindacali?
 
Gordana:  I sindacati funzionano - ci sono quelli governativi e quelli
indipendenti - ma non so dire come funzionano, io mi occupo di attività
umanitarie... Ci sono cose che non mi saranno mai chiare, tra queste il
funzionamento dei nostri sindacati oggi. Io sono figlia del socialismo
e questo sistema proprio non lo capisco.
 
D: Io vorrei chiedere soltanto una cosa, ma importante anche per noi
qui in Italia: per quanto riguarda il disastro ecologico che i
bombardamenti hanno provocato, abbiamo avuto un effetto diretto sui
soldati italiani che sono andati in quelle zone. Vorrei capire se ci
sono dati sul disastro ecologico che i bombardamenti hanno provocato
soprattutto in due zone: Kragujevac e Pancevo.

Gordana: Nel 1999 Fulvio Grimaldi ha filmato Pancevo, Novi Sad,
Kragujevac e Belgrado, e io sono stata con lui perché facevo parte
dell'organizzazione. Tutto quello che è stato filmato e presentato
allora è la testimonianza più veritiera. Con l'arrivo del nuovo governo
c'è stata la tendenza a non enfatizzare troppo gli effetti dei
bombardamenti. L'intervento della Nato è servito per dare una lezione a
Milosevic, destituirlo ed instaurare un altro governo in Serbia. Io ho
le informazioni riservate dei dottori che lavorano nell'ospedale
militare. Abbiamo i dati dell'aumento delle malattie cancerogene fra la
popolazione femminile, mentre gli uomini sono affetti da ictus
cerebrale. Abbiamo dei casi di leucemia tra i militari e i riservisti
che hanno passato un po' di tempo in Kosovo. A Smederevo in agosto e a
dicembre del 1999 sono nati dei bambini deformi. Questi casi con il
nuovo governo non vengono menzionati... La stampa e la televisione non
ci informano, c'è solo una televisione "indipendente", B92, finanziata
da Soros. Per quanto riguarda la catastrofe ecologica, sicuramente c'è
qualcuno che sta facendo dei rilevamenti e degli studi e che solo un
giorno saranno a nostra disposizione. Noi stiamo vivendo questa
situazione: la mortalità è aumentata nelle giovani generazioni.
Nell'agosto del '99 sono stata con Fulvio Grimaldi a Kragujevac, e
indossavo dei sandali. Tornando a Belgrado la pelle dei miei talloni si
è completamente spellata perché sono passata vicino alle zone
bombardate.

il manifesto - 30 Luglio 2003

Il bel Danubio in mano agli affaristi

I paesi ricchi della Ue speculano sulla ricostruzione postbellica. A
danno dei popoli balcanici
IGOR FIATTI

Scorre di nuovo il fiume Danubio, anzi il Dunav: il nome in serbo dei
2860 chilometri d'acqua che collegano la Mitteleuropa all'Oriente. Dove
una volta c'erano detriti di cemento e acciaio, ora lussureggianti
distese d'erba delineano le rive. A Novi Sad, capoluogo della
Vojvodina, quel che restava dei ponti bombardati dalla Nato nel 1999,
arte astratta balcanica, macabre montagne russe, è stato rimosso; il
ponte Sloboda, il ponte della libertà, cartolina dell'ingerenza
umanitaria, si era spezzato ma non si era piegato sotto le bombe
dell'alleanza atlantica: la campata centrale si era afflosciata in due
tronconi immergendosi nelle acque cariche di limo e ostruendo il corso
del fiume. Dopo quattro anni, oltre sei mesi in ritardo sui tempi
previsti, la Commissione per il Danubio ha finalmente annunciato la
fine dei lavori: sono stati rimossi gli scheletri di cemento armato,
gli ordigni inesplosi, ed è stato ripulito il letto. Così, il fiume che
scorreva senza più traffici, ritorna al centro degli interessi politici
ed economici del vecchio continente. Già all'indomani della pioggia di
morte e distruzione - la Serbia ha subito approssimativamente danni per
cento miliardi di dollari dall'aviazione Nato, senza calcolare
l'incidenza del blocco fluviale - la Commissione del Danubio (organismo
cui aderiscono tutti i paesi bagnati dal fiume più la Russia e
l'Ucraina che sovrintende sui diritti di navigabilità e sullo statuto
internazionale) aveva quantificato in 90 milioni di euro la cifra per
rendere di nuovo percorribile il Danubio. L'Unione europea si era
impegnata a stanziare 30 milioni di euro. La Nato, irremovibile,
neanche un centesimo. Nel braccio di ferro intorno al Kosovo prima, e
al cambio di regime a Belgrado poi, i fondi sono rimasti congelati.
Alla fine, solamente dopo lo sbarco di Milosevic all'Aja - gradito
ospite di Carla Del Ponte - è stato avviato il progetto «Clearence of
the fairway of the Danube», pulizia del canale navigabile del Danubio.
Ventisei i milioni di euro stanziati. I maggiori contribuenti: l'Unione
europea, che con 22 milioni di euro ha coperto l'85% dei costi, la
Germania e l'Austria. Considerate le perdite della comunità danubiana
dovute alla paralisi dei traffici, all'incirca un milione di euro al
giorno, si è trattato di un investimento molto vantaggioso e
redditizio, soprattutto a medio e lungo termine.

Il Danubio rientra infatti appieno nella strategia della Commissione
europea per lo sviluppo delle infrastrutture nei Balcani. Proprio
nell'Europa del Sud-Est si gioca la partita più difficile: quella
dell'allargamento e dell'integrazione comunitari. L'impegno operativo
di Bruxelles, per dare nuovo slancio all'impresa, deve partire dagli
assi strutturali, quelli che la Ue ha definito corridoi privilegiati,
senza tuttavia creare economie dipendenti dai sussidi, non
autosufficienti - come ad esempio quella del protettorato bosniaco - e
senza lasciare mano libera ai forti nei confronti dei deboli,
permettendo l'affermarsi di egemonie e di sfere d'influenza più o meno
storiche.

In tale direzione non sembrano però orientate le misure proposte dal
libro bianco sulla politica dei trasporti europei fino al 2010; una
delle priorità del programma è infatti l'eliminazione delle strozzature
presenti sul corridoio Reno-Meno-Danubio a tutto vantaggio
dell'economia austriaca e, soprattutto, di quella tedesca. Proprio
Germania e Austria, che considerano i 3500 chilometri che collegano
Rotterdam al mar Nero come «Die blaue Autobahn», l'autostrada blu,
rivestono il ruolo principale nella realizzazione del piano. Sia il
quinto che il sesto programma quadro dell'Ue prevedono due progetti
danubiani (ALSO Danube, in fase esecutiva, e C4 Freight, appena
presentato) entrambi coordinati dalla Via Donau, Donau transport
Entwicklunggesellschaft, compagnia fondata dal ministero federale
austriaco per il trasporto l'innovazione e la tecnologia. Ad ALSO
Danube sono associate 23 società di sei nazioni: nove austriache, sei
tedesche, due olandesi, due slovacche, una finlandese, una spagnola,
una ungherese e una rumena. Niente serbo-montenegrini. Bruxelles ha
garantito un finanziamento di 3.250.000 euro a fronte di un costo di
6.800.000 euro. Invece, la spesa per l'intero progetto di miglioramento
della navigabilità dell'idrovia Reno-Meno- Danubio sarà di 1miliardo e
770 milioni di euro.

«La Germania e l'Austria sono i paesi più interessati alla navigazione
sul fiume a causa del canale Reno-Meno-Danubio e per ottenere ciò che
vogliono fanno pressioni sui paesi più deboli» afferma Velijko Komad,
funzionario del ministero dell'agricoltura nonché responsabile della
gestione delle acque della Vojvodina. E continua: «Lo stato serbo
sinora non ha guadagnato assolutamente nulla. Alla pulizia del fiume ha
partecipato solo una ditta di Belgrado, la Mostogradnija. E' vero, ora
il Danubio è pulito, grazie anche al contributo interessato di tedeschi
e austriaci, ma i problemi restano. Su tutti - dice Komad - la
questione delle tasse di navigazione: il governo serbo chiede 1 euro e
50 centesimi per ogni tonnellata lorda di carico, invece, chi transita
in Serbia vorrebbe pagare solo 15 centesimi o addirittura non pagare».
E quali sono le prospettive? «Abbiamo una classe politica
imprevedibile, sia essa serba o europea, quindi è difficile dire quali
progetti verranno finanziati e come si realizzeranno. Servirebbero 20
milioni di euro per ricostruire il ponte Sloboda, la principale arteria
del traffico regionale; in questo modo non si dovrebbe più aprire il
ponte galleggiante - che sostituisce quello distrutto dai raid Nato -
per consentire il passaggio dei cargo, così come vogliono i paesi
ricchi. Tuttavia - conclude Komad - finché i loro governi "doneranno"
miliardi di euro ai progetti comunitari, vedendoli poi rientrare con
gli appalti assegnati alle loro aziende, incuranti delle nostre
necessità, non si può esser ottimisti». Il fiume, anche nella sua
dimensione mitica, irridente al mutare di nomi e nazioni, sembra
arrendersi impotente al terreno mondo degli affari.

http://globalresearch.ca/articles/MEN307A.html

Oil Pipelines and Transport Corridors


Balkans Crisis supports US Corporate Interests


By Alfred John Mendes

www.globalresearch.ca 29 July 2003
The URL of this article is:
http://globalresearch.ca/articles/MEN307A.html


This article is primarily concerned with the Balkan crisis, which, on
the face of it, may seem a somewhat untimely divergence of attention
from the more exigent crisis in Iraq - but, with a little patience on
the part of the reader, it will become apparent that there are basic,
causal factors common to both. And given the dominant rôle played by
one country, America, in both these crises, this should hardly be
surprising.

This Balkan crisis - now over a decade old - differs from the region’s
previous, numerous crises (in the past invariably referred to as ‘That
Balkan Problem!’) in that it is now playing a pivotal rôle in a
scenario of global dimensions, due, primarily, to the fact that the
main protagonist  in this crisis is also by far the world’s most
economically powerful state - namely, Corporate America, a state
embarked upon world domination under the banner of ‘Profit’.

To determine why America/NATO became involved in this region it is, of
course, necessary to view its actions within a wider historical
context, but insofar as this is covered in this author’s previous
article, ‘An Alternative View of The Yugoslav Crisis’, this article
will concern itself with the situation in the aftermath of the collapse
of the Soviet Union (As a result of which, it must be kept in mind,
Yugoslavia was no longer a useful foil for the West in its stand-off
with the USSR), with particular emphasis on the role that oil has
played in determining the strategy of the US in the region. The big oil
corporations had wasted little time in buying their way into the vast
ex-Soviet oil & gas reserves - especially those in Kazakhstan, and the
enormous potential for profit that lay in this Caucasus region would
play an important part in determining US strategy in the Balkans.

The Trade & Development Agency (TDA - now known as the USTDA) was given
the task of overseeing this project, known as the South Balkan
Development Initiative (SBDI) of 1996. This was an agency which had
been set up in 1981 to deal with just such a situation. Following are
some of its aims, quoted from its reports of the years 2000 & 2001:
(italics are the authors’)

(a) “It provides funding for US companies to conduct feasibility
studies on major projects in developing & middle-income countries”;
(b) “It promotes economic development while helping the US private
sector get involved in projects that offer significant US export
opportunities... Exports of US goods and services related specifically
to those projects already total over $1.2 billion”;
(c) “TDA’s strategy is to identify those areas in which US companies
are highly competitive - rail, aviation, power, and oil & gas”; and
(d) “The longest lasting impact we can have is to bring US technology &
investment to the Balkans through our private sector” (1). It is worthy
of note that the TDA describes itself as “ an independent US government
agency”. Equivocal phraseology, to say the least - but it is a token of
the clonal relationship between the government and the so-called
independent (corporate) establishment.

Understandably, the problem of transporting oil & gas from the Caucasus
to its markets featured early on in the deliberations between the TDA
and the oil corporations, one of the factors taken into consideration
being that there was already a Russian plan on the table: a pipeline
from the Bulgarian port of Burgas on the Black Sea to the Greek port of
Alexandropolous on the Aegean Sea (thus by-passing the heavily
trafficked Bosphorous). The TDA settled for a different plan: they
would run a 900 kilometer trans-Balkan pipeline, called Corridor 8,
from Burgas - via Skopje in Macedonia - to the Albanian port of Vlore
on the Adriatic Sea at an estimated cost originally estimated to be
$825 million, but later imcreased to $1.13 billion. On the face of it,
this would seem to have been a strange choice for the Americans to have
made in view of the fact that the US and Russia were already partners
in the Caspian pipeline project, and could have continued this
partnership in the latter’s Burgas to Alexandropolous project. After
all, the latter was - at 280 kms. - a much shorter route and presented
far fewer topographical problems. The American’s main objection to it 
- and it was a valid one - was that the Albanian port of Vlore, with
its deeper water could accomodate larger tankers, and was more
accessible to the oil markets than Alexandropolous. However, other
factors of a more political nature played a more crucial role in the
American’s choice.

One clue to this was hinted at by the Director of TDA, J. Joseph
Grandmaison, when, in a press release he described TDA’s $588,000
feasibility grant for the project as “..a significant step forward for
this policy and for US business interests in the Caspian region”. What
he did not mention was that the company which TDA had chosen to run the
Corridor 8 pipeline had obtained “exclusive right” so to do at a
meeting with the three countries involved in the project, and that one
of the three, Bulgaria, had also granted Russia “exclusive right” to
run its line through Bulgaria! A very strange interpretation of the
term “exclusive”. Further clues can be found by a brief look at how
these TDA grants were distributed throughout the Balkan region as
stated in their 2001 report: It reveals that there was a bias in the
distribution thereof. Total grants to the countries through which
Corridor 8 would run, Bulgaria, Macedonia & Albania, (countries, it
should be noted, not directly involved in the disastrous Yugoslav civil
war), were - respectively -$14,636,555; $10,030,285; and $9,161,856 -
whereas Bosnia-Herzogovina, which had suffered heavily in the war,
received $7,929,309 (2). It should be stressed here that the above
grants were for feasibility studies only. Other, much larger grants
were being supplied by other US government bodies. For instance, when,
in 1998, the Bulgarian President Petar Stoyanov met Clinton in
Washington, their joint statement at the conclusion of the meeting
contained the following items of pertinent interest:

(a) “Over the past 7 years, the United States has provided Bulgaria
with over $235 million in assistance under the Support for East
European Democracy Program (SEED) to advance fundamental economic
reforms”, and
(b) also provided a $3.2 million Foreign Military Financing program
..and a US “military liaison team resident in the Bulgarian Ministry of
Defense to organize staff & information exchanges” (3). This would be
but one more stride of America’s military march eastwards (details of
which, more later).

As can be seen from the foregoing facts and quotes, the Corridor 8
project, accompanied as it would be by linked facilities such as roads,
telecommunications, rail and security, would act as the thin end of the
wedge, opening up the prospect of further lucrative contracts for other
US businesses - thus leading to the influx of American exports,
capital, and eventual economic domination of the region. Or, as TDA
puts it in their Annual Report 2000: “...we always knew Corridor 8 was
far more than just a road (sic). As the links among the economies and
cultures of the three countries continue to grow, Corridor 8 will
become a vital economic Corridor as well” (4). What they could have
added was that it would also provide a reason for maintaining a strong
military presence (NATO) in the region for security.

In 1996 TDA gave the Albanian Macedonian Bulgarian Oil Corporation
(AMBO) the exclusive right to run the Corridor 8 pipeline. Once again,
a somewhat puzzling choice. AMBO was/is a company founded by one Vuko
Tashkovikj, an immigrant to the USA from Macedonia who became an
architect and set up an architectural firm in Pond Ridge, NY. How did
an architect become an oilman? The answer to this is, for now, veiled
in mystery. The feasibility study for this pipeline project was
contracted out - by the TDA - to the prestigious oil/construction
company Brown & Root (the CEO of whose parent company, Halliburton, had
been Dick Cheney - now Vice-President under Bush jnr.); the economic
analysis sub-contracted to Credit Suisse First Boston (of which Richard
Holbrooke,. the much-publicised Balkan ‘peace-maker’, was
Vice-Chairman); the legal aspects overseen by the New York law firm,
White & Case (which President Clinton joined on losing his presidency).
But perhaps the most fortuitous ‘coincidence’ occurred in January 1997
when Edward Ferguson, Director of Oil & Gas  Development in Brown &
Root, was appointed President & CEO of AMBO.

Brown & Root Services (BRS), of Texas, is one of the many American
companies involved in high-profile projects in the Balkans, and it is a
company that bears all the hallmarks of membership of Corporate
America, demonstrated by its clonal relationship with the US
Administration over the years. It certainly benefitted from
fellow-Texan LBJ’s presidency - and will just as surely benefit from
George W. Bush’s presidency (after all, Halliburton had donated one
quarter of a million dollars to his election campaign). Brown & Root’s
entry into the Balkans was no ‘shot in the dark’, as a brief resumé of
its recent, pertinent history reveals (by Robert Bryce in the Austin
Chronicle of August 2nd 2000): (a) From 1962 to 1972, Brown & Root
built roads, landing strips, harbors & military bases in South Vietnam;
(b) In 1992, when Dick Cheney was US Secretary of State for Defense
under Bush Snr., the Pentagon “paid BRS $3.9 million to produce a
classified report detailing how private companies - like itself - could
help provide logistics for American troops in potential war zones
around the world”. Later that same year giving BRS “an additional $5
million to update its report”; (c) “Between 1992 and 1999, the Pentagon
paid BRS more than $1.2 billion for its work in trouble spots around
the globe. In May of 1999, the US Corps of Army Engineers re-enlisted
the company’s help in the Balkans, giving it a new 5-year contract
worth $731 million” (5).

Brown & Root’s most important Balkan project, begun in the immediate
aftermath of NATO’s bombing of Kosovo and Serbia, was almost certainly
the $36.6 million US military base Camp Bondsteel, near Urosevac in
Gnjilane county in southeastern Kosovo. As the OSCE Mission in Kosovo
(OMIK) noted in their report in the aftermath of the Kosovo conflict -
and after the arrival of NATO in the area - this was an area  in which
the Serbs were the majority ethnic group, and it had remained
relatively calm during the conflict. “Since the end of the conflict,
however, the situation has been startlingly different.” For instance,
whereas in June 1999 “..only one house in Gnjilane had been destroyed”
- by October of that same year “the number had risen to 280!”. And the
KLA was now in the area in force. The Serbs and Romas (Gypsies) had
fled, and the Democratic League of Kosovo (LDK), the party of the
liberal Albanian, Ibrahim Rugova, was also being targeted by the KLA.

This OMIK report preceeded the construction of the base, for which the
Americans had no mandate - other than their own. It involved the
seizure and flattening of two hills of cultivated land of some 800
acres (the largest foreign-based camp since Vietnam). This could only
have meant that the Americans intended to remain there for a long time.
Were the reasons for establishing Camp Bondsteel in this autocratic
manner ‘humanitarian’? (If there is one thing to be said in favour of
the feudal barons as they built their walled, impregnable castles
throughout Europe, it is that at least they made no bones about why
they were doing so!).  Be that as it may, Camp Bondsteel is also
strategically placed near the Kosovo-Macedonia border, giving it easy
access southwards. So easy, in fact, that the KLA used it for their
subsequent incursions into Macedonia - unhindered! Could it be that the
security of Corridor 8 was/is of prime importance to the US, to the
exclusion of much else - at least, for now? And with the above in mind,
is it not rational to assume that, at the very least, NATO was
deliberately not preventing the KLA's incursions into Macedonia because
the ensuing friction there accomplished two things:

(a) it justified the need for NATO’s presence in the region (and this
includes Macedonia), and
(b) it ensured that the latter ‘played ball’ over Corridor 8? Why else
had the ‘peacekeepers’ in the stand-off between the Serbs and Albanians
in Macedonia included such men as Solana (who had been NATO General
Secretary through much of the crisis), and James Pardew (the Pentagon
representive sent to persuade the Bosnians to use the mercenary MPRI’s
services in the aftermath of the Dayton Accord)? Indeed, the early
reaction of distrust evinced by the Macedonian Slavs to America’s
“peace-keeping” moves in the region was surely understandable in view
of the fact that their Army was concurrently being
advised/trained/aided by that prestigious group of ‘privatised’ retired
US Generals known as the Military Professional Resources Inc. (MPRI) -
under the command of ex-General Richard Griffiths (as admitted by Major
General Metodi Stamboliski of the Macedonian Army General Staff in the
Macedonian magazine “Defence” no.60 April 2001)  (6).

After all, this is an organisation which: (a) assisted/trained the
Croatian Army in preparation for the latter’s attack on the Serbs in
West Krajina; (b) aided & assisted in the reformation of the Bosnian
Army after the Dayton Accord; and (c) aided and assisted the KLA after
NATO’s bombing of Yugoslavia in ‘99. This was all under the command of
the self-same General Richard Griffiths who, from ‘89 to ‘91 had been
US Assistant Commander in Europe for Intelligence - in Frankfurt. In
Croatia, he, naturally, had had a close relationship with Brigadier
Agim Ceku, a Kosovan, who was then serving with the Croatian Army - but
had later left to become Commander of the KLA in Kosovo. To cap it all,
it transpires that when the then Chief of Staff of the Macedonian Army,
General Jovan Andrejevski attended Military School in the US, Richard
Griffiths had been his tutor!

On September 11th 2001 - with G.W.Bush jnr. now President - the World
Trade Center and the Pentagon were attacked, causing severe civilian
and military casualities. With surprising alacrity the US laid the
blame for this event at the door of the Afghan Taliban and its
al-Quaeda  cohorts - and decided to invade Afghanistan. But the fact
that for years there had been a close relationship between the US (its
Intelligence Services in particular) and the Taliban - to say nothing
of the Pakistan ISI - immediately posed a question, best expressed by
Paul JosephWatson in his article ‘The End Justifies the Means’: “When
one considers the voluminous evidence derived from official sources,
domestic and foreign mainstream media, and alternative media, the only
logical conclusion  is that elements within the US Government had
specific foreknowledge of the events of September 11th and allowed the
attacks to take place when preventative measures could and should have
been taken to prevent them..”. He intriguingly added: “What is also
patently clear is that a New World Order has been fuelled and
accelerated by September 11th”. (7)

America invaded Afghanistan and a ‘War on Terrorism’ was now the
clarion call-of-the-day. The US Central Command (CENTCOM - which had
led the ‘allies’ in the Gulf War of ‘91), led the invasion, and using
Bulgaria’s and Romania’s prospective membership of NATO as an incentive
(to say nothing of grants, etc.), the Americans, in return,  gained
from those two countries: (a) contracts to improve their military bases
and Black Sea ports - and use of same for possible interventions in the
Middle East; (b) permission to overfly their countries using military
aircraft. This cooperation resulted in Bulgarian and Romanian troops
serving with the peace-keeping force in post-war Afghanistan. (8)

In the spring of 2003, the Americans, again using their strike force
CENTCOM, invaded Iraq with Britain as its only ally. They had planned
on using their old NATO ally Turkey as a jumping off point for moving
their troops in a pincer movement into northern (Kurdish) Iraq, but the
Turks balked at this and refused permission. The conveniently-placed
Balkan countries, Bulgaria and Romania, were used instead, and 3000 US
troops (including ‘special operations units’) - and weapons - were
flown to the frontline in Iraq during the invasion (9). Apparently, a
North Atlantic Treaty Organisation was now involved/participating in
this Middle East fracas. Disorienting, to say the least - but not if it
is recalled that 

(a) both NATO and CENTCOM were/are American-controlled forces, and
(b) both had been formed in order to protect and propagate the
socio-economic system of its Corporate capitalist masters. Indeed, it
would seem that the present secretary-general of NATO, Lord Robertson,
agrees with this: to quote the Independent on Sunday dated July 6th ‘03
“Last week Cable & Wireless announced that Lord Robertson, the
secretary-general of NATO, will join the company in December as
executive deputy chairman. His role will be to foster relations with
overseas governments. A meeting with the Japenese administration is
likely to be at the top of his agenda”. In any case, the term NATO is
today certainly a misnomer, and thus it would not be surprising if its
title were to be changed in the near future.

It was now evident that there was a change in US military strategy. As
Will Dunham (of Reuters) reported on June 13th 2003: “The United States
has begun a dramatic realignment of its military forces abroad, making
key changes in the Middle East and Asia and preparing a restructuring
in Europe to confront emerging 21st century threats” (10). This was
confirmation of a previous report by George Jahn (of Associated Press)
written on April 1st 2002: “Even before September 11th, Caspian Sea oil
and gas - and planned pipelines for deliveries of those energy sources
- had dictated a re-evaluation of Western strategic interests” (11). As
evidence of this new strategy, Dunham (see above) notes

(a) in the aftermath of its invasion of Iraq, the US is pulling out
5000 of its troops from Saudi Arabia;
(b) it intends moving its troops from the vulnerable demilitarized zone
in Korea to ‘hub bases’ further south;
(c) it will reduce its forces based in Germany quite drastically - but
its Ramstein airbase will remain; and
(d) if (and it is a big ‘if’) the US manages to set up military bases
in Iraq, the deteriorating relationship with Turkey could result in the
US removing all troops from that latter country - even the Incirlik
airbase. (However, their Intelligence Base outside Diyarbakir would
pose a serious problem!)

Defense Secretary Rumsfeld’s statement in June of this year sums it all
up concisely (again quoting Dunham): “We have been reviewing our
presence around the world, in every portion of the globe”, adding that
“US forces are still deployed as if the USSR still existed” - a
statement which, on the face of it, would seem to be just another
non-sequitur from the lips of an Administration somewhat prone to such.
But, on reflection, it transpires that Rumsfeld, a veteran of the ‘Cold
War’, meant what he said, knowing full well that the creed of Marxism
(in his eyes, ‘The USSR’) did not die away with the collapse of that
régime - and is still very much alive, and thus a threat to its
antithesis, Capitalism. NATO is confirmation of that.

The rapidly increasing, insidious encroachment of corporations of vast
wealth and influence into the military arena - in the form of mercenary
groups such as the MPRI (above) does not augur well for the future,
inasmuch as it reflects the sinister trend towards what is, in effect,
the privatisation of military tasks, which leads, inevitably, to the
demise of democratic accountability in this field.

That oil has played an important role in determining the
policies/actions of the US (NATO) in the Balkan crisis was clearly, if
inadvertently, spelt out by the then Bulgarian President, Petar
Stoyanov,  at an international conference on Europe-Caucas-Asia
transport corridor held in Bulgaria in September 1998, mainly to
discuss the Trans-Balkan pipeline. When asked whether regional
conflicts - particularly in Kosovo - would hinder these infrastructural
projects, he replied: “Economic profit is a significant tool in
political decision-making” (12). Never were truer words spoken!


ENDNOTES

(1) www.tda.gov/region/europe.html
(2) ibid
(3) www.freerepublic.com/forum/a3793a582649e.htm
(4) www.tda.gov/abouttda/report2000/promoting.html
(5) www.mojones.com/news_wire/cheney.html
(6) www.morm.gov.mk/2001/odbrana/odb60e.htm
(7) www.propagandamatrix.com/end justifies means 2 text only.html
(8) www.geocities.com/joshkatem/spring02/nato2.htm
(9) www.timesstar.com/Stories/0,1413,125~10859~1434497,00.html
(10) www.globalsecurity.org/org/news/2003/030613-military-suhffle01.htm
(11) www.geocities.com/joshkatem/spring02/nato2.htm
(12) www.freerepublic.com/forum/a3793a582649e.htm

© Copyright Alfred John Mendes 2003  For fair use only/ pour usage
équitable seulement .

OVO SE NE SME ZABORAVITI
THIS CANNOT BE FORGOTTEN
QUESTO NON SI PUO' DIMENTICARE

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/IMMAGINI/
krajina1995.jpg

--- (english / italiano) ---

La eliminazione dei serbi dalla Croazia
3: Otto anni dopo

A: CROAZIA: IN UN RAPPORTO LE STRAGI CONTRO I CIVILI SERBI/ANSA
B: In memory of over 250,000 Serbs expelled from their homes in Krajina
by Croatian forces (Ottawa Serbian Heritage Society)
C: Re: Letters to WT Re: Facing reality at the ICTY By JeffreyT. Kuhner
D: Comments on a National Post FAIR PLAY IN THE BALKANS article,
published July 28, 2003, and the issue of Gen. Gotovina

NOTE: Most materials used here have been forwarded to us by
minja@...


=== A ===


http://www.ansa.it/balcani/croazia/croazia.shtml

CROAZIA: IN UN RAPPORTO LE STRAGI CONTRO I CIVILI SERBI/ANSA

(ANSA) - ZAGABRIA, 24 LUG - Pulizia etnica della popolazione serba di
Croazia organizzata e in accordo con il nemico; uccisione di almeno 83
civili; saccheggi e numerose violazioni dei fondamentali diritti
umani: queste le principali accuse del Comitato di Helsinki croato
per i diritti umani (Hho) sull'offensiva dell'esercito di Zagabria
che nel maggio del 1995 permise alla Croazia di riprendere il
controllo della Slavonia occidentale, dal 1991 nelle mani dei
secessionisti serbi. I dirigenti dell'Hho Zarko Puhovski e Ranko
Helebrant, citati dall'agenzia di stampa Hina, hanno presentato oggi
il rapporto sull'operazione militare conosciuta sotto il nome
'Bljesak' ('Lampo') che contiene anche i nomi di 83 civili serbi
uccisi dall'esercito croato durante l'offensiva iniziata all'alba del
primo maggio 1995 e conclusasi 30 ore piu' tardi. Di questi, 53
furono uccisi nelle loro case, mentre altri 30 persero la vita nelle
incursioni croate contro colonne di profughi che fuggivano, assieme
ai militari serbi, verso la Bosnia. Puhovski ha detto che una parte
dei profughi, non precisandone il numero, e' stata eliminata dagli
stessi soldati serbi che in questo modo volevano facilitare il
ripiegamento. Secondo i dirigenti dell'Hho l'elenco degli 83 non e'
definitivo poiche' nel rapporto sono citati solo i casi verificati
da piu' fonti. Il massacro piu' grave e' avvenuto nel villaggio di
Medari, il primo in cui entrarono le forze croate, ''dove - ha detto
Helebrant - delle 24 persone rimaste sopravvissero solo due bambine,
salvate da un soldato che le ha riconosciute e non ha permesso che
venissero eliminate''. Il rapporto parla anche delle case serbe
saccheggiate dai soldati croati, mentre gli abitanti per due giorni
venivano tenuti lontano dai villaggi. Ai serbi non e' stato permesso
di seppellire i loro morti, seppelliti poi dall'esercito croato in
fosse comuni, molte delle quali rimaste non segnalate. ''L'esodo e
la pulizia etnica dei serbi della Slavonia occidentale avvenuta
durante l'operazione e' stata organizzata dai dirigenti croati e
serbi, ma anche da una parte della comunita' internazionale'' ha
detto Puhovski argomentando la tesi con il fatto che l'esodo sia
iniziato nel momento stesso in cui fu lanciata l'offensiva croata. In
tal senso Puhovski ha anche fatto notare che dalla zona della Bosnia
controllata dai serbi, che si trovava al confine con la Slavonia
occidentale, non sia stato sparato un solo colpo, mentre l'esercito
croato non ha preso alcuna misura di protezione contro un possibile
attacco serbo dalla Bosnia. Secondo i dati ufficiali di Zagabria
nell'operazione 'Lampo' hanno partecipato 7.200 soldati e poliziotti
croati, e 42 di loro hanno perso la vita. Le perdite serbe vengono
stimate a circa 450 uomini. Secondo fonti indipendenti soltanto 1.000
dei circa 13.000 serbi sono rimasti nella regione dopo questa
offensiva croata, alla quale, nell'agosto dello stesso anno, segui'
l'operazione 'Tempesta' che permise a Zagabria di riprendere il
controllo dell'intera regione della Krajina, durante il conflitto
serbo-croato (1991-1995) nelle mani dei secessionisti serbi. In
quell'occasione dal paese fuggirono altri 150.000 civili e almeno 150
furono uccisi. COR*VD
24/07/2003 17:03


=== B ===


[Note: We absolutely DISAGREE with shifting responsability of Croatian
crimes to Tito and the socialist Yugoslavia. This sort of revisionism
only contributes creating a distorted feeling and rewriting history, as
if the main culprits for nationalisms and divisions were those - like
Tito - who lead the most heroic and successful battles against
nationalisms and divisions. CNJ]

The Ottawa Serbian Heritage Society
3662 Albion Rd. South,
Gloucester, Ontario, K1T 1A3

Remembering Krajina
August 4, 2003

In memory of over 250,000 Serbs
expelled from their homes in Krajina by Croatian forces
 
Eight years ago on this day, Croatian army, trained, aided and abetted
by NATO, murdered approximately 14,000  civilians in the most brutal
manner.
To this day, the disgraceful involvement of Western "democracies" in
this atrocity has remained secret and unpunished.
Expulsion of Serbs in 1995 was but a final step in the plan to make
Croatia an ethnically pure state devised by Ustashe - Nazi Croatian
forces who are responsible for the murdered of over one million Serbs
during W.W.II.   This atrocity has remained secret and unpunished for
over 60 years due to the
efforts of Former Yugoslav Communists led by then President Tito.
Civil wars in former Yugoslavia in 1991-1999, have left well over one
million Serbs expelled from their homes in Croatia, Bosnia and Kosovo. 
On August 4, 2003 we will  remember those victims, ignored and
forgotten by the world.
 
Stanko Vuleta,
The Ottawa Serbian Heritage Society


=== C ===


Subject: Re: Letters to WT Re: Facing reality at the ICTY By JeffreyT.
Kuhner,
Date: Tue, 05 Aug 2003 12:47:19 -0400
From: Boba

Letter to the Editor :

letters@...
letters@...

Facing reality at the ICTY
By Jeffrey T. Kuhner, Aug. 8, 2003

http://www.washingtontimes.com/commentary/20030804-090706-1701r.htm

Letter to the Editor:

What do we have here? An extended PR company of Croatian government
among the editorial staff of Washington Times?
Mr. Kuhner looses his coolness when faced with reality of Croatian
crimes against Krajina Serbs from 1992-1995.
If the Washington Times agrees with his view or not it is up to the
editor and the owner of the newspaper. However, your readers deserve a
dose of a reality here.
The fact of a matter is that Serbs lived in the area of Krajina for
centuries, long before Croatia even became an independent country. It
is also true that Croat forces expelled in the most brutal way over
200.000 Serbs in one day only during the Croatian military action
called " Operation Storm". It is also true that Canadian forces fought
Croatian forces to save innocent Serb civilians in Medak pocket in
1993. It is considered to be
the most severe action Canadian troops have been involved in since the
Korean War. They became witness of a Croatian military campaign, which
was carried out with brutality, wanton murder, and indiscriminate
shelling of civilians.
Over 650.000 Serbs were ethically cleansed out of Croatia from 1992 to
1995.
An estimated number of 30.000 Serbs have returned to Croatia to find
their homes either burned or inhabited by others. There is no respect
for human rights for Serbs in Croatia -- thus Croatia achieve their
goal of a pure Croatian state that Ante Pavelic of Nazi Croatia and
Hitler could only promise.
The National Post (from Canada) was right in requesting general
Gotovina to be sent to the Hague. Now it is up to the Washington Times
to at least publish someone else's opinion on Croatian atrocities other
then Mr. Kuhner's.

Boba Borojevic


=== D ===


Subject: re "fair play in the balkans"
Date: Tue, 29 Jul 2003 10:14:02 -0400 (EDT)
From: joann fredrick
To: letters@...

perhaps, using the same logic applied in 1999, 78 days of the bombing
of croatian schools, hospitals, day care centers, world heritage sites,
and the occasional tank are in order; excuse the hyperbole, but it is a
necessary prrelude for the following facts:

croatia was an illegal state in the 1990's; yugoslavia in the 1990's
was not

croatia has a long history of intolerance; yugoslavia does not have any
such history

croatia was an enemy of canadians during WW2, yugoslavia was an ally

croatia perpetrated unspeakable atrocities during WW2; yugoslavs,
especially serbs, were the victims

croatia turned over jews to the nazis or killed jews themselves;
yugoslavia protected them throughout the 1940's

even today, croatia uses the same fascist symbols it employed during
WW2, including its flag; the history of yugoslavia remains a symbol of
triumph against prejudice and fear

croatia worked with those who allied with so-called muslim
fundamentalists, some of whom were involved with those planning and
training for 9/11; yugoslavia tried to stop the onslaught of
intolerance from the days of prince lazar and into the 1990's

croatia and its allies tried to kill canadian peacekeepers; yugoslavs
never have done this

croatia did commit atrocities duriing the 1990s; the government of
yugoslavia had committed atrocities

yugoslavs historically were our friends, as they were america's
friends; many WW2 pilots talk of the risks undertaken by serbs to save
them- and we rewarded this historical and longstanding friendship by
making up stories about serbs killing innocent peopleand "punishing" a
criminal act which never existed. at the same time, we carry on
relations with croatia.

there can be no "fair play" in the balkans unless canada apologizes and
makes amends for its culpability in the murder of innocent yugoslavs
disguised as "humanitarian intervention"....and as long as your
newspaper and other mainstream media continue to obfuscate the truth,
"fair play in the balkans" will always remain an oxymoron

chris soda

---

Subject: National Post // FAIR PLAY IN THE BALKANS, July 28, 2003
Date: Tue, 29 Jul 2003 00:43:23 -0400 (EDT)
From: Slobodanka Borojevic

National Post
To the Editor: letters@...

Re: FAIR PLAY IN THE BALKANS, July 28, 2003


http://www.nationalpost.com/search/site/story.asp?id=16FDB7EB-31E2-
474B-B550-5251F6748B29

Your article "Fair play in the Balkans" is a perfect example how to
write an article about war crimes and remain kind toward the
perpetrator of these crimes.
There is a real prejudice against the Serbs not only in academia, but
also in media and the Western political circles.
Over 250,000 Krajina Serbs were ethnically cleansed from their
ancestral homes and those too old or infirm to flee remained only to
have their throats slit by the Croatian forces during the "Opration
Storm" in 1995.
It was military aid and technology provided by the Clinton
Administration, on the advice of Madeleine Albright and Richard
Holbrooke, that made it possible for Croatian forces to conduct
"Operation Storm" in order to achieve their goal of a pure Croatian
state that Hitler could only promise.
No general media outrage to what was described in Newsweek (April 5,
1999) as "the largest ethnic cleansing of the entire Balkan wars.
Investigators with the war-crimes tribunal in The Hague have concluded
that this campaign was carried out with brutality, wanton murder and
indiscriminate
shelling of civilians . . ."
In his book "To end a War" Richard Holbrooke said about the August
1995 Croat offensive against the Serbian Krajina, that during one
meeting with Croatian officials, Robert Frasure had handed Holbrooke a
note (describing the operation of Croat forces in Krajina): "Dick: We
"hired" these guys to be our junkyard dogs because we were desperate.
We need to try to
"control" them."
In June 2001, Carla del Ponte from the Hague Tribunal issued an
indictment for Croatian Gen. Ante Gotovina on charges that he exercised
"command responsibility" over the 1995 military operation.
Gen. Gotovina for his part insisted that Operation Storm had been
conducted in cooperation with the US army and Clinton administration.
It is well known that the Pentagon endorsed a contract between MPRI--
Military Professional Resource Inc, which was staffed by former US
generals and the Croatian
army.
Approximately 650,000 Serbs have been driven out of Croatia since 1992
with little prospect of ever returning.
The late Zoran Djindjic (and not Vojislav Kostunica) handed over
Milosevic to the Hague. While Djindji's followers continue hunting
Serbs on behalf of ICT and the 'international community", Croatia has
refused to hand over any of its generals accused by the Tribunal for
the most brutal murders and the greatest ethnic cleansing of the
late-20th century.

Boba Borojevic
30 Walgate Ave - Ottawa, ON. - Canada

---

Da: "D. Dostanic"
Data: Lun 28 Lug 2003 16:18:11 Europe/Rome
A: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Oggetto: NPost: Fair play in the Balkans

http://www.nationalpost.com/commentary/story.html?id=16FDB7EB-31E2-
474B-B550-5251F6748B29

NATIONAL POST, Monday, July 28, 2003 EDITORIAL

Fair play in the Balkans

Eight years ago, Canadian peacekeepers witnessed one of the late 20th
century's most brutal attempts at ethnic cleansing. In August, 1995,
over a span of just 64 hours, Croatian soldiers forced 200,000 Serbs
from their homes in Croatia -- the largest single act of ethnic
cleansing of all the Balkan wars between 1991 and 1995. The military
action -- dubbed Operation Storm -- involved the Croats' entire
100,000-man army. Canadian soldiers stationed in the area documented
the Croats' efficiency. Colonel Andrew Leslie, for example, reported
that of the 40,000 people who lived in the Serb stronghold of Knin,
barely 1,000 remained once the operation ended.

It took some time, but two years ago, the UN's International Criminal
Tribunal (ICT) began seriously looking into claims regarding war crimes
committed during Operation Storm. In 2001, the ICT issued an indictment
against Ante Gotovina, a Croatian general with an allegedly central
role in the operation. But Gen. Gotovina promptly went underground.
Lawyers working on his behalf say he is willing to answer questions
from the ICT -- but only if it first drops its indictment.

Unfortunately, the Croatian government has failed to fully co-operate
in bringing Gen. Gotovina to justice. Though the Croatian Interior
Ministry has issued a warrant for his arrest (and a bounty of $80,000
for information leading to his arrest), authorities have done little to
apprehend him. One reason for this is that ultra-nationalist Croats see
the general as a hero. In May, Gen. Gotovina even had the audacity to
send an official message of support to a gathering of 15,000 Croatian
nationalists. They had met to mourn the death of Janko Bobetko, another
general who defied an ICT order to answer questions about his own
involvement in possible crimes against humanity by Croatian forces.

The case of Gen. Gotovina is important not only as a matter of justice,
but of politics as well. The Croats and Serbs have had their share of
murderous feuds, and the Serbs would be understandably outraged if the
world community aggressively prosecuted allegations of Serb atrocities
while passing over those in which Serbs were victims. In 2001, the ICT
formally demanded that the Serbs force former Yugoslav president
Slobodan Milosevic to appear for trial on charges of war crimes. NATO
member states, including Canada and the United States, put a full-court
press on the Serbs to hand Mr. Milosevic over -- and even made his
handover a condition of economic aid. As a result, Mr. Milosevic's
successor, Vojislav Kostunica, duly served him up to The Hague.

Those same NATO states should make a similar effort to get Croatia to
secure Gen. Gotovina. He's been allowed to run free long enough.

letters@...