Informazione

(slovenscina / italiano)

Prossime iniziative segnalate

1) Torino 26/6: UOMINI E NON UOMINI. Presentazione del libro di Goran Jelisic, prigioniero politico serbo-bosniaco in Italia
2) Sgonico (TS) 28/6: V KRALJESTVU ZLATOROGAfilm storico del 1931 sul Triglav e la Slovenia
3) Venegono Inferiore (VA) 28/6: CONTRO LA CONSEGNA AD ISRAELE DEGLI M-346
4) Roma 29/6: 1er Encuentro Italiano de Solidaridad con la Revolución Bolivariana de Venezuela (aderisce CNJ-onlus)
5) Parma 2/7: UCRAINA - CONTRO LA GUERRA UE-USA NEL CUORE DELL'EUROPA (aderisce CNJ-onlus)
6) Cesena 4/7: UCRAINA - LABORATORIO FASCISTA DELLA NATO E DELL’UNIONE EUROPEA
7) Mavhinje / Malchina (TS), 6/7: 70. OBLETNICA POŽIGA VASI - 70. ANNIVERSARIO DELL'INCENDIO DEL PAESE


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Torino, giovedì 26 Giugno 2014
alle ore 20,45 ℅ Assoc. Piemonte-Grecia in V. Cibrario 30 bis

Presentazione del libro di G. Jelisic 

UOMINI E NON UOMINI
Zambon Ed. 

e approfondimento relativo al Tribunale Penale dell’Aja per la ex Jugoslavia.
Intervengono:
Jean Toschi Marazzani Visconti ( curatrice del libro, già collaboratrice del Manifesto e di Limes)
Angelo Travaglini ( ex Ambasciatore)
Enrico Vigna (portavoce del Forum Belgrado Italia)
Organizza: Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali – Italia

Goran Jelisic - UOMINI E NON UOMINI – Zambon Ed.
La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo
A cura di Jean Toschi Marazzani Visconti
Prefazione di Aldo Bernardini, docente di Diritto Internazionale, Università di Teramo
Postfazione dell’Avv. Ugo Giannangeli

La scheda del libro: https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#jelisic2013


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Inizio messaggio inoltrato:

Oggetto: comunicato stampa: film storico del 1931 sul Triglav a Campo Sacro-Božje Polje (Sgonico)
Data: 11 giugno 2014 10:46:17 CEST


COMUNICATO STAMPA

Un film che vale più di tanti libri di storia:
V kraljestvu Zlatoroga (Nel Regno di Zlatorog)

Sabato 28 giugno 2104 – ore 20.00 Campo Sacro-Božje Polje (Sgonico)

1931. In America veniva proiettato il Frankenstein interpretato da Karloff. In Germania Lang portava in sala il suo primo film sonoro, M – Il mostro di Dusseldorf. In Slovenia invece, un gruppo di appassionati membri del Club Turistico Skala – tra cui il fotoamatore Janko Ravnik – provavano a produrre il primo glorioso film dedicato ai paesaggi sloveni. Ne è uscito V kraljestvu Zlatoroga (Nel regno di Zlatorog) un film muto, un po’ documentario un po’ avventura, che vede protagonisti 3 ragazzi che decidono di affrontare un lungo viaggio per i paesi e villaggi sloveni, con l’obbiettivo finale di scalare il monte Triglav, il monte Tricorno – cima più alta delle Alpi Giulie. Partono da una irriconoscibile, ma già sviluppata, Ljubljana: il mercato all’aperto, le fabbriche, i contadini, i bar, i mezzi di trasporto, le acciaierie… Passano per tanti paesini, fino ad arrivare sullo stupendo lago di Bled, famoso già a quei tempi per il castello arroccato sul fianco e la chiesa in mezzo alle sue acque. Poi Kranjska Gora, città (a quel tempo poco più che un paese) di confine per eccellenza, nella lingua di Slovenia in mezzo a Friuli e Austria. Ma le immagini più belle rimangono quelle sulla campagna e sulla montagna. Gli uomini che falciano o tagliano la legna, le donne che imballano il fieno o mungono le capre. Faticosissime favole di altri tempi. E poi le tende, i vestiti, il fuoco, i picchetti, gli sci e le corde per dominare le vette. Altre fatiche, ma altre grandi soddisfazioni. I 3, seguiti da una troupe straordinariamente preparata e coraggiosa (certe riprese ce le scordiamo anche oggi senza computer), toccano la vetta a 2.864 metri dopo una scalata incredibile: zero dispositivi e misure di sicurezza, abbigliamento e attrezzatura amatoriale e tanti muscoli. Uno spettacolo con il doppio obbiettivo: un occasione per viaggiare ed esplorare per gli attori/scalatori che stanno sta davanti alla camera e meravigliare, mostrare angoli sconosciuti e incuriosire chi sta davanti allo schermo.

A 83 anni di distanza, questo capolavoro amatoriale di Janko Ravnik, rivive grazie all’Associazione Monte Analogo di Trieste che lo porta a Campo Sacro – Božje Polje a Sgonico (sul carso triestino) all’ iniziativa “Trieste on Sight” e lo fa musicare dal vivo dal musicista triestino Giorgio De Santi.

Un film che vale più di tanti libri di storia. L’appuntamento, presentato da Sergio Serra (Presidente di Monte Analogo) è sabato 28 giugno 2014 alle ore 20.00 (ingresso libero)

Monte Analogo - Via Fabio Severo 31 (Trieste)

www.monteanalogo.net info@... (0039) 335 5279319


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SABATO 28 GIUGNO 2014
 PRESIDIO E MANIFESTAZIONE
PRESSO L’ALENIA-AERMACCHI DI VENEGONO
CONTRO LA CONSEGNA AD ISRAELE DEGLI M-346
 
LA GUERRA È PRODOTTA A CASA NOSTRA
LA POSSIBILITÀ DI FERMARLA ANCHE
 
sabato 28 giugno dalle 14 PRESIDIO a Venegono Inferiore
incrocio via Varesina - via Pellico, davanti alla chiesa di Loreto
ore 15 CORTEO da Venegono Inferiore a Venegono Superiore
 
Domenica 29 ore 9,30-13 al Castello dei Comboniani di Venegono Sup.
ASSEMBLEA DEL FORUM CONTRO LA GUERRA
 
 
Comitato “No M346 a Israele”
 
Per adesioni e altre info: nessunm346xisraele@...forumnoguerra.blogspot.com/
 



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Da: 'Coord. Naz. per la Jugoslavia'
Oggetto: ADESIONE
Data: 18 giugno 2014 19:22:07 CEST
A: encuentrosolidaridaditalven @ gmail.com

Cari compagni, il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus aderisce alla iniziativa e sarà presente il giorno 29/6 all'incontro che è stato indetto.
Saluti internazionalisti e buon lavoro


Inizio messaggio inoltrato:

*Solicitud de adhesiones*
* Richiesta di adesioni*

*Cari compagni e compagne*

La feroce aggresione del Dipartimento di Stato degli USA, dei suoi soci
internazionali e dell’opposizione criolla, contraria al processo di
trasformazione a cui ha dato inizio la patria di Bolívar dal 1999, con il
trionfo della Rivoluzione, ha raggiunto livelli inaccettabili di violenza
fascista. Il Governo Bolivariano, che punta a continuare il suo profondo
programma di trasformazioni in un clima di pace e rispetto, con gli
strumenti che il protagonismo democratico e partecipativo garantisce
nella *Carta
Magna *venezuelana, ritorna ad alzare la sua voce nel consesso
internazionale affinché gli uomini e le donne del pianeta che condividono
questi principi si uniscano al lato della verità e, di conseguenza,
contribuiscano alla difesa di un processo che in ogni momento ha saputo
avanzare sulla base della trasparenza e della onestà.

In questo contesto, vi aspettiamo insieme a tutti collettivi e gruppi di
solidarietà che dalla terrà di Garibaldi e Gramsci, accompagnano la
Rivoluzione Bolivariana, questa domenica 29 giugno 2014, a un primo
incontro che ci permetta di delineare e moltiplicare strategie di difensa
dell'opzione rivoluzionaria bolivariana. Per aderirsi a questa iniziativa
scrivere a encuentrosolidaridaditalven@...

*Hasta la victoria siempre !!!!*

*Vivremo e vinceremo !!!!*

[image: Venezuela: 10.000 Comuneros, una latencia revolucionaria del
proceso]

*VENEZUELA SOCIALISTA SE RESPETA !!*

*Primo Incontro Italiano di Solidarietà con la*

*Rivoluzione Bolivariana*

*1er Encuentro Italiano de Solidaridad con la Revolución Bolivariana*

*Domenica 29 giugno 2014*

*Dalle 09:00 alle 18:00 ore*

*Università La Sapienza – Lucernario Occupato*

*Viale dell’Università 28 - Roma*


*Inserite** il nome della vostra organizzazione, associazione o gruppo qui*

*Coloca el nombre de tu organización, asociación o colectivo aquí*

*Albassociazione/ANROS/Associazione di Amicizia Italia-Cuba/Associazione
Italia- Nicaragua. Circolo Leonel Rugama/Associazione
LiberaRete/Associazione Nazionale Nuova Colombia/ CARC/Casa dei Popoli/Casa
del Popolo di Torpignattara/ Centro Studi Antonio
Gramsci/CESTES-USB/CIRCinternazionale/Circolo Bolivariano Alessio
Martelli/Circolo Bolivariano Hugo Chavez/Fronte della Gioventù
Comunista/Marx XXI/Militant/ Partito Comunista/ PDCI /Rete dei
Comunisti/Rete in Difesa dell’Umanità/Rete No War/ Rifondazione
Comunista/SuramericAlba/ (n)PCI/*

*CONTROPIANO/ Il Manifesto / Le Monde Diplomatique / LiberaTV/*

*Radio Città Aperta/Rivista Nostra America/ Web Sibia-Liria/ Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia -onlus*




=== 5 ===

Parma, mercoledì 2 luglio 2014
alle 21 in p.le Matteotti

UCRAINA
Contro la guerra nel cuore dell'Europa, voluta dall'imperialismo USA e UE
A fianco dell'Ucraina antifascista!

Intervengono:
Manlio Dinucci - giornalista
Giulia Berdibaeva - cittadina dell'ex Unione Sovietica

Coordina:
Pier Paolo Novari - Comitato Antifascista

Organizza COMITATO ANTIFASCISTA E PER LA MEMORIA STORICA 
Prime adesioni:
Coord. Naz. per la Jugoslavia - Onlus
PdCI
PRC
Coordinamento Lista Tsipras di Parma
Ass. Naz. di Amicizia Italia-Cuba circolo "Celia Sanchez e Marilisa Verti"
Liberacittadinanza
Commissione Audit 



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Cesena, Venerdì 4 Luglio 2014
h. 21.00 presso Federazione PdCI, Via C. Battisti 57

Incontro pubblico su: 
Ucraina: laboratorio fascista della NATO e dell’Unione Europea” 

Interverranno: 
F. Maringiò (vice-responsabile esteri Pdci)                                         
A. Martocchia (Rete dei comunisti –Bologna) 
S. Marchionni (Comitato Ucraina antifascista – Bo)
 
Promuovono: 
Partito dei comunisti italiani Cesena
Rete dei comunisti Cesena


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https://www.facebook.com/events/643348609078133/

Mavhinje / Malchina (TS), domenica 6 luglio alle ore 18.00

70. obletnica požiga vasi - 70. anniversario dell'incendio del paese



ì
Inizio messaggio inoltrato:

Da: "momotombo @ libero.it
Oggetto: I: Lo "spazio vitale tedesco" Controinformazione internazionale 1995
Data: 22 giugno 2014 22:14:09 CEST

Abbiamo "ripescato" un vecchio documento di un collettivo di compagni tedeschi del 1995 pubblicato dai quaderni di controinformazione internazionale di Senza Censura che ripercorre la storia dell'imperialismo tedesco e del suo "spazio vitale" ad est prendendo spunto dall'aggressione alla Federazione yugoslava di quegli anni. Ovviamente ci sono alcune parti datate ma nel complesso vengono forniti molti elementi per capire gli sviluppi degli anni successivi fino ai giorni nostri con l'attacco all'Ucraina. 
Buona lettura

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QUADERNI DI CONTROINFORMAZIONE N.1 - FEBBRAIO 1995

UNA NUOVA TAPPA
VERSO IL POTERE MONDIALE

GLI INTERESSI TEDESCHI
NEL CONFLITTO JUGOSLAVO

Seconda parte del dossier del Gruppo di lavoro e solidarietà antimperialista (AKAS) di Heidelberg sul conflitto jugoslavo

PREMESSA ALLA SECONDA PARTE


Straordinariamente, l'idea che la Germania sia una grande potenza che tenta con ogni mezzo di imporre i propri interessi è completamente scomparsa nella stessa Germania, anche nella sinistra. Ugualmente il concetto di imperialismo (soprattutto in riferimento alla società tedesca) non ha più alcun significato, per così dire, non è più di moda.

Se analizziamo gli avvenimenti in Jugoslavia, in particolare il ruolo della Germania, ci troviamo davanti al problema che processi storici di queste dimensioni sono difficili da osservare a causa della loro momentanea vicinanza temporale ed è difficile fare delle ipotesi. I contorni minacciano di sparire nello stesso momento in cui si cerca di osservarli sotto la lente di ingrandimento e spesso si dissolvono nella nebbia della politica di tutti i giorni. Fra dieci o venti anni si riuscirà ad analizzare meglio gli avvenimenti: la maggior parte dei fatti allora sarà nota e con la distanza temporale sarà più facile distinguere l'essenziale dal superfluo.

Però non siamo completamente impotenti, possiamo trarre delle conclusioni dai risultati di decennali studi empirico-teorici (sugli interessi preminenti che sono in gioco, sulle leggi e sui meccanismi economici e politici che tentano di imporre questi interessi). D'altro canto, anche uno sguardo retrospettivo ad avvenimenti storici paragonabili a questo e l'individuazione delle continuità e delle discontinuità ci possono aiutare a far luce sugli avvenimenti attuali.

Comunque non possono neppure essere formulati parallelismi prematuri e troppo diretti, anche se spesso appaiono evidenti. Niente si ripete in maniera identica. Ad esempio, se la Germania tendesse nuovamente verso un corso aggressivo, espansionistico, allora il nuovo fascismo sicuramente avrebbe un aspetto completamente diverso da quello del sistema dal 1933 al 1945. E' necessario individuare i processi di lungo periodo che stanno alla base di un fenomeno sullo sfondo di mutevoli superfici dei sistemi e verificare se questi, in forma diversa, sono presenti ancora oggi e dove esistono dei momenti equivalenti.

Per quanto riguarda il momento attuale, possiamo riscontrare una straordinaria continuità storica che appare con evidenza nella politica della RFT nei confronti della Jugoslavia. E questa continuità non si limita alla Jugoslavia, ma a tutti gli aspetti della politica tedesca nei confronti dell'est. Accertarsi di questa continuità è perciò tanto più importante dato che la Jugoslavia è un passo spettacolare, ma non certo il primo e tanto meno l'ultimo, nella politica espansionistica della Germania rispetto all'Europa orientale e meridionale.

Per raccogliere materiale di analisi dovremo percorrere un arco temporale più ampio. Dapprima accenneremo brevemente agli obiettivi strategici, ancora oggi molto moderni, dell'imperialismo tedesco prima e durante la prima guerra mondiale per poi vedere come questi obiettivi sono stati sviluppati alla fine degli anni '20 e agli inizi degli anni '30 e come poi hanno trovato una corrispondenza nella politica espansionistica della Germania sotto il fascismo.

Queste strategie hanno la medesima direzione d'urto: il controllo economico e politico dei paesi dell'Europa orientale e meridionale. Solo i nomi sotto i quali venivano indicate queste strategie sono cambiati: progetto mitteleuropeo, politica del 'grande spazio', politica dello 'spazio vitale' e oggi gemellaggio, associazione, Europa del nucleo duro.

Pure l'energia e il modo con cui venne tentato di imporli cambiano, eppure le prospettive che ne erano alla base diventavano sempre di più un bene comune delle élites dominanti tedesche.

Poi cercheremo di capire che cosa intende Klaus Kinkel quando nel suo programma, pubblicato dal FAZ, vede uno degli obiettivi della politica estera e mondiale tedesca nel "completare quello che per due volte abbiamo fallito".

In seguito tenteremo di formulare dei parallelismi con l'attuale politica estera ed economica, così come le differenze qualitative, nella mutata situazione mondiale.

Per una migliore comprensione generale dei rapporti mondiali, che influiscono tra l'altro anche sul conflitto in Jugoslavia, accenneremo a paragoni strutturali tra le strategie di soluzione delle crisi adottate dagli Stati imperialisti durante la crisi dell'economia mondiale agli inizi degli anni '30, in particolare quella USA, e mostreremo come l'odierno ordine mondiale, in particolare il rapporto primo-terzo mondo, sia l'essenza comune di tutte queste strategie di soluzione della crisi imposte - quale risultato della seconda guerra mondiale, sotto il dominio mondiale degli USA.

Su questo retroscena si riescono ad inquadrare gli sviluppi attuali nell'Europa orientale e si riesce a vedere la situazione degli interessi che hanno portato all'esplosione del conflitto in Jugoslavia e che ancora oggi lo tengono acceso.

Ancora una breve spiegazione del concetto di imperialismo, che è già stato citato e che in seguito sarà usato molto spesso. Negli Stati occidentali, contrariamente agli Stati del Sud del mondo, questo concetto è mal compreso e il suo significato è andato perduto.

Si tratta di un concetto scientifico, simile al concetto di capitalismo. In effetti l'imperialismo è strettamente connesso al capitalismo e rappresenta un sistema capitalistico contraddistinto da una forte quantità di concentrazione di capitale e di industrie e che non è limitato a livello nazionale, ma che anzi impone le proprie condizioni di sfruttamento a livello mondiale per mezzo del suo potere economico e militare. Sottolineiamo"militare", perché nella teoria di sinistra, marxista, questo aspetto viene spesso trascurato e viene diffusa l'impressione che l'attuale dominio imperialista sia possibile grazie al semplice dominio dei mercati mondiali, l'indebitamento, il FMI, la Banca Mondiale eccetera.

Distinguiamo i centri imperialisti, le cosiddette metropoli, dalla periferia dipendente. Le metropoli sono gli Stati delle grandi fabbriche multinazionali, in altre parole le grandi potenze capitalistiche (economiche e militari), la periferia invece sono gli Stati dipendenti del Sud.


CONTINUITÀ STORICA NELLA POLITICA ESTERA TEDESCA NEI CONFRONTI DELL'EUROPA ORIENTALE E MERIDIONALE


OGNI TIRO UN RUSSO... E "I SERBI DEVONO MORIRE" - STRATEGIE ESPANSIONISTICHE PRIMA E DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE

1. LA FERROVIA DI BAGDAD

Quando l'imperialismo tedesco si era consolidato e rafforzato e tentava di espandersi (circa 100 anni fa), gli Stati imperialisti concorrenti controllavano già ampie parti della terra, in particolare i mari e le più importanti strade marittime. Forze consistenti del Reich tedesco videro quindi la direzione d'urto "naturale" dell'imperialismo tedesco - sulla scia della centenaria colonizzazione tedesca dell'oriente - nell'appropriazione dell'Europa orientale e meridionale e dell'impero russo. Questo "spazio vitale messo a disposizione dei tedeschi dalla geografia in modo per così dire naturale, che spetta loro legittimamente per la loro importanza storica ed economica nel cuore dell'Europa", prometteva immense riserve di materie prime e produzione di generi alimentari e doveva solo, così sembrò agli strateghi tedeschi, essere gestito con la diligenza tedesca.

Però questo non doveva essere che il "cortile di casa", che non soddisfava affatto l'imperialismo tedesco. L'ulteriore direzione d'urto aveva come obiettivo il Vicino e il Medio Oriente. Un ampio progetto strategico in questo senso era la costruzione, iniziata nel 1903, della ferrovia di Bagdad e proprio questo obiettivo è stato uno dei motivi che ha portato alla prima guerra mondiale. Il finanziamento del progetto era gestito dalla Deutsche Bank, dalla Banca dell'industria elettrica e chimica, cioè dalle "nuove" industrie, che spingevano con maggior vigore delle "vecchie" industrie pesanti per l'espansione verso l'oriente.

La ferrovia di Bagdad, che non era ancora terminata all'inizio della guerra nel 1941, doveva portare attraverso la Turchia in Irak e garantire il collegamento via terra con la regione petrolifera, che all'epoca faceva parte dell'Impero Ottomano, e con il Golfo Persico. Era anche prevista la possibilità di rifornire le navi da guerra tedesche in questa regione in caso di necessità.

Così però il Reich Tedesco mirava direttamente alla zona di influenza britannica nel Golfo Persico, Arabia e Oceano Indiano.

Era quindi irrinunciabile la sicurezza di questa ferrovia "tedesca". Una buona parte correva all'epoca lungo i confini dell'Impero Asburgico, la maggior parte attraverso l'Impero Ottomano, che già all'epoca si era notevolmente indebolito. Interesse preminente del Reich tedesco era quindi il rafforzamento della Turchia e contemporaneamente il rafforzamento dell'influenza tedesca e il controllo diretto delle regioni dell'Europa sudorientale. Inoltre la sicurezza sembrava impossibile fino a quando fosse esistita una Russia forte. Bisognava quindi distruggerla e disgregarla in piccole parti.

2. L'EUROPA CENTRALE

La direzione dell'imperialismo tedesco che abbiamo delineato ebbe la sua formulazione "classica" sotto il nome di "Mitteleuropa". Era la moderna strategia imperialista delle "nuove" industrie, già operanti a livello europeo-multinazionale (chimica, elettrica), che contrariamente ai piani meramente annessionistici dell'industria pesante avevano già in mente i metodi di coniugazione dell'egemonia economica con l'indipendenza formale.

Uno degli ideologi di questo progetto di Mitteleuropa era il social-liberale F. Naumann. Nucleo centrale di tutte le varianti della Mitteleuropa era l'unione della Germania all'asburgica Austria-Ungheria, alla Bulgaria, che all'epoca comprendeva anche la Grecia settentrionale, e la Turchia e in tutto questo l'elemento di maggior disturbo era la Serbia. La Serbia aveva da poco conquistato la propria indipendenza dall'Impero Ottomano e si era opposta con successo a tutti i tentativi di annessione da parte dell'Impero Asburgico.

Su questo punto, Friedrich Naumann dichiarò: "Il territorio serbo non può essere tollerato come fortezza nemica all'interno della formazione di trincea mitteleuropea.... Come popolo i serbi hanno gli stessi diritti di esistere degli altri popoli, ma non possono pretendere il diritto di disturbatore della pace di professione".

La prima guerra mondiale cominciò e il grido di guerra tedesco fu "ogni tiro un russo, ogni colpo un francese, ogni calcio un inglese...e i serbi debbono morire".

Nel settembre 1914 il Cancelliere del Reich, Hollweg, aveva già formulato il programma di guerra influenzato da Rathenau (AEG) e da Gwinner (Deutsche Bank): "Bisogna raggiungere un'unione economica mitteleuropea mediante lo smantellamento comune delle frontiere, sotto l'influenza della Francia, del Belgio, Olanda, Danimarca, Austria-Ungheria, Polonia ed eventualmente Italia, Norvegia e Svezia. Questa unione...sotto la parità esteriore dei suoi membri, ma in realtà sotto la direzione tedesca, deve stabilizzare il predominio della Germania sull'Europa Centrale".

E' superfluo sottolineare che a questo punto si pensava naturalmente solo ad un'imposizione militare di questa unione economica. Contemporaneamente erano già stati formulati dei programmi per il "rivoluzionamento della Russia dalla Finlandia fino al Mare Nero, così come del mondo islamico dal Marocco all'India".

Come si profilò in seguito la Germania non poteva reggere una guerra su due fronti e quindi, alla fine della guerra, non avrebbe potuto imporre il proprio predominio quale potenza vincitrice. Perciò i circoli più moderni della borghesia tedesca cominciarono a pensare a come poter ottenere il medesimo risultato in una maniera meno diretta.

Faceva parte di questi progetti anche il cercare una pace duratura e un'alleanza con la Francia così da avere le mani libere per il progetto di Mitteleuropa. Una prospettiva che si ripresentò anche in vista della sconfitta della seconda guerra mondiale e che poi venne ripresa sotto Adenauer.

In questo senso andavano, a partire dal 1917, i tentativi di questi circoli per raggiungere una "pace negoziata".

Questi progetti si esprimono chiaramente in un memoriale del 1918 di Friedrich Naumann, Ernst Jäckh e Robert Bosch nel quale viene richiesta l'immediata fine della guerra per salvare l'area sudorientale controllata dalla Germania: "Le nostre conquiste di guerra fino ad oggi sono la creazione e l'unificazione dell'Europa Centrale. Questo esprime la nostra collocazione economica e militare tra le grandi potenze, un obiettivo di guerra che possiamo raggiungere indipendentemente da qualsiasi cambiamento delle nostre frontiere con l'occidente e con l'oriente".

Proprio questo era stato capito anche dai nemici di guerra dei tedeschi che dopo la sconfitta del Reich tentarono di vanificare proprio questa vittoria e di impedire, con provvedimenti strutturali di lunga durata, una nuova edizione di quella che si chiamava la "Mitteleuropa" tedesco-imperialista. Per questo motivo il Trattato di Versailles e quelli successivi -quintessenza delle catene della politica tedesca- sono stati duramente combattuti fin dall'inizio.


OBIETTIVI ESPANSIONISTICI PRIMA DELL'INSTAURAZIONE DELLA DITTATURA FASCISTA IN GERMANIA


L'imperialismo tedesco aveva subito durante la prima guerra mondiale una sensibile sconfitta, ma era molto lontano dall'abbandonare i propri obiettivi espansionistici. Questo si rileva con chiarezza tra l'altro nelle dichiarazioni del Generale Von Seeckt alla fine del 1918: "Dobbiamo tornare ad essere potenti e non appena riavremo il potere ci riprenderemo naturalmente tutto quello che abbiamo perso". E il Generale Groener, Ministro della Difesa del Reich dal 1928 al 1932, disse nel 1919: "Se si vuole combattere per il dominio mondiale, bisogna essere lungimiranti e prepararsi senza troppi riguardi per le conseguenze... . A questo fine però il terreno sul quale ci poniamo, all'interno e all'esterno, deve essere stabile e inattaccabile".

Questo compito venne assunto con fermezza dai circoli dominanti.

1. IL CONGRESSO ECONOMICO MITTELEUROPEO

Un passo decisivo è stata la fondazione del congresso economico mitteleuropeo (MWT), un gruppo d'interessi del capitale tedesco che univa, al di là delle diverse frazioni, tutti i gruppi di capitali interessati all'espansione verso il sud-est. Questo gruppo riuniva le più importanti multinazionali: dalla Krupp alla Thyssen fino alla IG-color e le grandi banche. In questo modo erano uniti all'interno del MWT i due campi della grande industria dell'epoca, il cosiddetto campo-Brüning (le industrie dell'esportazione come la Siemens che appoggiavano il Cancelliere del Reich Brüning) e il fronte-Harzburger (il cartello della cosiddetta "opposizione nazionale"sotto la direzione di Hitler e di Hugenberg), vale a dire frazioni di capitale con interessi in parte diametralmente contrapposti. Inoltre vi facevano parte anche altre associazioni come ad esempio l'unione dell'industria tedesca del Reich, il congresso dei comuni tedeschi, l'ADAC. Aveva stretti collegamenti con le forze armate del Reich e naturalmente con il Ministero degli Esteri.

La fondazione del MWT avvenne non a caso all'epoca della maggiore e più lunga crisi economica della storia del capitalismo.

Compito principale del MWT era quello di elaborare strategie per affrontare la crisi che potessero contare sul massimo consenso possibile da parte dei principali gruppi capitalistici. Il fatto che questa procedesse in modo eccezionale fu una delle condizioni che permisero l'instaurazione della dittatura fascista nel 1933.

2. STRATEGIE DI SOLUZIONE DELLE CRISI DEL CAPITALE TEDESCO AGLI INIZI DEGLI ANNI '30

Le prospettive dell'economia tedesca nel 1931, alla fine della lunga crisi dell'economia mondiale, erano estremamente sfavorevoli:

- dal mercato mondiale non c'era da aspettarsi, in tempi brevi, una ripresa degli affari;

- l'imperialismo tedesco era bloccato, per quanto riguardava la politica valutaria e creditizia, dal pagamento delle riparazioni di guerra;

- non aveva a disposizione delle colonie quali mercati esteri di riserva;

- aveva perso durante la prima guerra mondiale gran parte del suo capitale estero;

- disponeva per le sue capacità produttive di un mercato interno troppo limitato.

La concentrazione di interessi per trovare una strada comune per uscire dalla crisi, in questa situazione disperata, non era un compito facile. Da un lato il campo del fronte di Harzburg spingeva per sganciarsi dal mercato mondiale nel quale non vedeva alcuna prospettiva. Le multinazionali ancora concorrenziali a livello internazionale come la Siemens o la Pharma si opponevano a qualsiasi provvedimento che potesse nuocere alla capacità di concorrenza internazionale. L'unica via d'uscita sembrava essere in tre proposte concatenate:

- la creazione di una richiesta supplementare da parte dello Stato, in particolare materiali bellici;

- la riconquista di una capacità bellica aggressiva mediante un riarmo massiccio;

- la "delimitazione del commercio estero tedesco", cioè lo sganciamento dal mercato mondiale mediante la creazione di una regione economica dipendente dalla Germania nell'Europa centrale ed orientale. Del resto in caso di guerra sarebbe stato impossibile mantenere rapporti economici oltreoceano.

Sia questi cosiddetti sforzi autarchici che il massiccio riarmo avevano bisogno di uno Stato forte, che potesse imporre i provvedimenti e le spese necessarie all'intero paese - con i rapporti esistenti questo era possibile solo sotto una dittatura.

3. LA POLITICA DI AGGRESSIONE IMPERIALISTA TEDESCA PRIMA DELL'INSTAURAZIONE DELLA DITTATURA FASCISTA

E' comunque un errore credere che all'epoca la politica di aggressione imperialista tedesca abbia dovuto aspettare la "presa del potere da parte di Hitler". Infatti già in ottobre/novembre, quindi tre mesi prima che Hitler venisse "strappato dal letto" per diventare Cancelliere del Reich, venne intrapreso un tentativo di politica di aggressione nell'area del Mediterraneo, che può servire da esempio delle attività del MWT: nel novembre 1932 il MWT insieme alle forze armate del Reich e al Ministero degli Esteri redassero un memorandum "non ufficiale" e lo consegnarono a Mussolini. Questo memorandum aveva come obiettivo il sovvertimento violento degli Stati dell'Europa centrale e sudorientale. Punto centrale del progetto era la Jugoslavia che doveva essere distrutta con l'aiuto dell'Italia. La Jugoslavia doveva essere divisa in uno Stato Croato-Sloveno e in uno Stato del resto della Jugoslavia, composto da Serbia e Montenegro, lungo le vecchie frontiere tra il Regno Romano d'Oriente e d'Occidente. Inoltre si sarebbe dovuto irrompere dalla Transilvania tedesca nella Romania per creare infine una federazione del Danubio composta da Croazia, Slovenia, Transilvania e Ungheria che sarebbe stata sottomessa in ugual modo all'Italia e alla Germania. Le secessioni dovevano essere provocate con l'appoggio ai movimenti indipendentisti reazionari croati e sloveni in Jugoslavia ovvero mediante movimenti insurrezionali degli Ungheresi e dei tedeschi della Transilvania in Romania fomentati artificialmente.

Di conseguenza scoppiarono rivolte croate e slovene che si svilupparono nel 1932/1933 - attività sotterranee che, secondo le affermazioni di Alfred Sohn-Rethel, vennero finanziate tra l'altro da Krupp: "In campo tedesco avveniva il traffico d'armi, il servizio clientelare, la distribuzione di denaro riciclato, le trattative con i partiti politici e con i capi delle bande ... gli emissari di Pavelic [capo degli Ustascia] andavano e venivano. L'ultimo risultato di questa attività sovversiva fu l'assassinio del Re Alessandro I a Marsiglia il 9 ottobre 1934 da parte degli uomini di Pavelic" (con l'aiuto attivo della difesa tedesca).

Questo progetto fallì soprattutto perché l'Inghilterra e la Francia ne vennero a conoscenza.

4. SFORZI ECONOMICI E POLITICI PER IL CONTROLLO DEI PAESI DEL DANUBIO E DEI BALCANI

"Non che si volesse conquistare ed annettere politicamente i paesi del Danubio e dei Balcani, ma dovevano essere portati sotto l'influenza e l'effettivo dominio del Reich, così che in caso di necessità si potesse disporre delle materie prime, dei raccolti, delle fonti energetiche, dei mezzi di trasporto, della posta e delle strutture amministrative e che si potesse dirigere le loro strutture produttive e la loro politica agraria".

Totalmente unanime su questo punto, il capitale bancario ed industriale tedesco si impegnò metodicamente nell'accerchiamento economico e nell'infiltrazione politica dei Balcani.

Anche un altro metodo attirò l'attenzione in Inghilterra: secondo le affermazioni del Ministero per il Commercio inglese ditte tedesche importavano prodotti dall'Europa centrale e sudorientale ad un prezzo di molto superiore a quello del mercato mondiale e vi importavano merci in parte anche al di sotto dei costi di produzione conducendole così ad una dipendenza economica sempre maggiore.

In relazione ai piani economici per riconquistare una capacità bellica ("autarchia") era importante anche stimolare la coltivazione di monocolture che dovevano corrispondere agli interessi tedeschi. Si trattava soprattutto della coltivazione di foraggi e di sementi oleose, ad esempio soia, che avevano importanza anche per la produzione di alimenti sintetici e di materie grezze chimiche.

L'agognato controllo totale sull'"Europa Centrale" doveva essere anche la base per la programmata guerra contro l'Unione Sovietica ("petrolio di Baku") e l'allargamento dell'influenza tedesca nel Vicino e Medio Oriente.

"L'Unione Sovietica deve scomparire. Attaccarla frontalmente non è consigliabile. Useremo una manovra a tenaglia: al nord dal Baltico, al sud dai Balcani - fino a Baku... Per andare sul sicuro appronteremo una seconda tenaglia: al nord dalla Norvegia e da Murmansk, al sud dall'Italia, l'Africa settentrionale, l'Egitto e la Persia fino a Baku", così si esprimeva il Presidente della Camera di Commercio e dell'Industria di Aachen, Peill, nel 1932. La Germania avrebbe dovuto appoggiarsi sulla stessa base dell'ultima guerra, solo che questa volta l'Italia avrebbe preso il posto della Turchia.

Presupposto di un'effettiva egemonia sull'Europa sud-orientale era la distruzione del sistema industriale dell'Europa sud-orientale che si basava soprattutto sull'industria ceca, appoggiata soprattutto dal capitale finanziario francese, e sull'industria austriaca finanziata dall'Inghilterra. L'annessione territoriale dell'Austria e della Cecoslovacchia di per sé non era quindi necessaria; necessaria era solo la rottura della posizione di concorrenza dell'industria austriaca e ceca, che però, come già detto, erano sostenute da capitali finanziari francesi ed inglesi.

Non importa in quale modo, se al capitale tedesco fosse riuscito di appropriarsi delle fabbriche ceche e di portare sotto il proprio controllo le industrie austriache "la posizione di monopolio industriale e politico della Germania sarebbe stata assicurata non solo per l'Europa sudorientale, ma anche per una buona parte del Vicino Oriente".

In anticipo su questa espansione nel Vicino Oriente, nel maggio 1931 venne fondata l'Unione d'Oriente Tedesca.

Abbiamo parlato così articolatamente degli sforzi dell'imperialismo tedesco agli inizi degli anni '30 per mostrare che i tentativi fortemente nazional-sciovinisti, aggressivi ed espansionistici erano stati progettati già prima del 1933 e al di fuori delle organizzazioni nazional-socialiste. Erano le particolari circostanze storiche (crisi dell'economia mondiale, forte movimento operaio), che spinsero le principali forze imperialiste del Reich tedesco a ricorrere alla forma di governo fascista.


LA DITTATURA FASCISTA COME STRATEGIA AGGRESSIVA DI SOLUZIONE DELLE CRISI DEL CAPITALE TEDESCO


1. TENTATIVI COMUNI DI SOLUZIONE DELLE POTENZE IMPERIALISTE: ESPANSIONE ED INTERVENTISMO DEL CAPITALISMO DI STATO

Lo sfondo di questa politica erano i problemi strutturali dell'economia imperialista che dopo i duri provvedimenti di razionalizzazione ed un massiccio processo di concentrazione non potevano più essere risolti con i mezzi del capitalismo liberale.

In principio, agli inizi degli anni '30, gli obiettivi delle principali potenze imperialiste si assomigliavano. Studi scientifici di gruppi di esperti imperialisti erano giunti alla conclusione -partendo dalla crisi economica mondiale della fine degli anni '20 - che la via d'uscita dalla crisi strutturale poteva consistere solo parzialmente nella limitazione dei meccanismi di mercato dovuta al fatto che l'intera industria e l'economia finanziaria erano sottoposti ad una certa influenza dalla creazione di cartelli obbligatori e diretti da interventi statali. La borghesia doveva quindi essere rimborsata per la sua perduta libertà con la garanzia della ripresa della produzione, con la creazione di domanda supplementare di cosiddetti beni non produttivi, cioè beni che non trovavano un impiego né per la riproduzione della popolazione (vestiti, alimenti ecc.), né per la produzione industriale. In pratica si trattava di merci d'armamento, di sprechi finanziati dallo Stato - cioè dalla massa della popolazione - e di beni di lusso.

Però i principi dell'economia di mercato dovevano cadere non solo all'interno. Sembrò infatti necessario legare strettamente a sé una gran parte del mondo in modo che lo scambio economico non seguisse le regole del mercato mondiale e le spese della ristrutturazione venissero scaricate in gran parte su queste regioni.

Nella corrispondente terminologia questo significava che la stabilizzazione del dominio imperialista era possibile solo con il controllo di una "zona egemonica" grande e gerarchicamente suddivisa: un ampio spazio economico-politico, con una struttura gerarchica metropoli-satelliti, nella quale i popoli sottomessi della periferia dovevano svolgere tre funzioni in un sistema di divisione del lavoro:

1. produrre materie grezze, generi alimentari e prodotti a basso prezzo per le metropoli;

2. essere acquirenti dei prodotti industriali dei popoli dominatori;

3. servire da gigantesco esercito di riserva a buon mercato per l'industria.

L'inasprimento dello sfruttamento del lavoro e il trasferimento della ricchezza prodotta verso le metropoli doveva rendere possibile accanto ad alti tassi di profitto per la grande borghesia imperialista anche l'elevamento dello standard di vita per ampi strati della popolazione nelle metropoli ed impedire così tentativi rivoluzionari dall'interno.

I metodi per affermare questa ristrutturazione dipendevano dalla situazione nella quale si trovava il rispettivo paese imperialista. Negli USA, che erano usciti estremamente rafforzati dalla prima guerra mondiale e che nel frattempo tenevano sotto il proprio controllo ben oltre l'America meridionale, si poterono imporre i provvedimenti di politica interna - grazie anche all'aiuto del "New Deal" di Roosvelt - nell'ambito di una limitata democrazia parlamentare. Contrariamente a questo keynesismo civile, le ricette borghesi in altri paesi, come ad esempio il Giappone e la Germania, dovevano essere più fortemente limitate, "e soprattutto in Germania, con lo sviluppo di una nuova, totalitaria forma di Stato borghese: il fascismo".

2. LA VARIANTE TEDESCA: SPAZIO VITALE - LO SVILUPPO DEL PROGETTO DI "MITTELEUROPA"

In questo paragrafo vogliamo parlare dettagliatamente di questa variante tedesca dell'intervento del capitalismo di Stato. Da un lato perché qui appare con particolare chiarezza la direzione d'urto dei tentativi espansionistici tedeschi. Dall'altro però anche perché nei documenti programmatici dell'intellighenzia economica e politica redatti sotto il fascismo tedesco vengono espressi propositi imperialisti in un linguaggio chiaro, senza veli, brutale, che secondo noi hanno una validità ancora oggi a livello mondiale, nel rapporto primo-terzo mondo.

Riallacciandosi ai progetti di Mitteleuropa, sotto il fascismo le elite tedesche svilupparono una strategia imperialista di soluzione della crisi utilizzando il concetto di "spazio vitale": la creazione di un'ampia area economica sotto il dominio della Germania. A partire dal centro - la Germania - dovevano essere creati cerchi concentrici con sempre minore grado di sviluppo economico e standard di vita e con sempre maggiore grado di sfruttamento delle risorse umane e materiali. Gli Stati immediatamente confinanti avrebbero mantenuto la propria indipendenza formale e il proprio potenziale industriale. Il cerchio successivo sarebbe stato formato da Stati semi-coloniali tenuti ad un livello di sviluppo inferiore e nel cerchio più esterno le regioni sotto l'occupazione coloniale, deindustrializzate e ricondotte ad un'economia meramente agraria.

Dal punto di vista geopolitico la parte principale di questo ampio spazio da conquistare non poteva che essere situato ad est. Hitler si espresse a questo riguardo nel modo seguente: "Le 'Indie' della Germania si trovano ad 'est': la culla della potenza inglese è l'India. Fino a 400 anni fa gli inglesi non avevano nulla. Gli enormi spazi dell'India li hanno costretti a governare milioni di uomini con pochi uomini. Determinante era l'approvvigionamento di più paesi europei con generi alimentari e beni d'uso... Nella nostra colonizzazione dell'area russa il 'contadino del Reich' dovrà alloggiare in meravigliosi insediamenti. I luoghi e le istituzioni tedeschi devono avere stupende costruzioni, i Governatori palazzi. Intorno a questi luoghi si costruirà ciò che serve al mantenimento della vita. Intorno alla città ci sarà un anello di 30/40 chilometri di bei villaggi collegati con le migliori strade. Quello che c'è poi è l'altro mondo, nel quale lasceremo vivere i Russi così come loro desiderano. Solo che noi li domineremo. In caso di una rivoluzione non abbiamo che da buttare un paio di bombe su quelle città e la cosa è risolta".

Accanto ai bei insediamenti ed ai palazzi l' "altro mondo", il "mondo dei Russi". Immagini terribilmente attuali come quelle delle townships e degli slums nell'attuale Africa, Asia e Sudamerica, che formano un contrasto inumano con la ricchezza nell'America del nord e in Europa.

Per il fascismo tedesco il principio-guida per la costruzione delle "Indie tedesche" era l'esempio britannico: saccheggio economico mediante l'uso della violenza. Presupposto ne era la distruzione dell'Unione Sovietica. C'era unità tra le frazioni principali delle forze armate, le élites politiche ed economiche nel far cadere il regime sovietico ed indebolire la Russia tramite la "balcanizzazione", l'annessione di sue parti, lo spopolamento e la deindustrializzazione. "Bisogna impedire l'esistenza di ogni organizzazione statale e tenere ad un corrispondente livello culturale gli appartenenti a queste popolazioni. Bisogna partire dal presupposto che questi popoli hanno innanzitutto nei nostri riguardi il compito di servirci economicamente. Non ci saranno più colonie, che aprono la porta alle illusioni, ma solo zone economiche che verranno gestite secondo un piano ben preciso" aveva detto Himmler nel 1940.

La logica conseguenza di questo programma, che fu eseguito in modo brutalmente scoperto, fu l'utilizzo del terrorismo di Stato.

3. CONDIZIONI DI PARTENZA DELL'ESPANSIONISMO TEDESCO

La Germania partiva da una posizione di svantaggio nella realizzazione dei suoi progetti. Dalla propria sconfitta [nella prima guerra mondiale, ndt] aveva ancora un accesso limitato alle risorse dei paesi dipendenti e delle quali ogni paese imperialista aveva assolutamente bisogno. Senza l'accumulazione delle ricchezze delle colonie e delle semicolonie in nessuno dei concorrenti imperialisti poteva esserci sviluppo economico ed era impensabile la costruzione di un potenziale bellico. Questo significava che la Germania doveva basare la maggior parte del proprio armamento su crediti diretti o indiretti che potevano essere coperti solo dai futuri guadagni di guerra. Questo peso doveva naturalmente essere scaricato sui "territori dell'est": "Le vittime della guerra di aggressione dovevano poi pagare in prima persona i costi dell'aggressione".

L'annessione dell'Austria, l'annessione della Cecoslovacchia e le aggressioni alla Polonia, Belgio, Francia, Norvegia non avevano altro obiettivo che creare le condizioni economiche per poter reggere una guerra prolungata. Il lavoro forzato, lo sfruttamento spietato della forza lavoro erano quindi assolutamente necessari per compensare la mancanza di risorse.

4 PIANIFICAZIONE ECONOMICA DEI SACCHEGGI FUTURI...

Calcoli imparziali degli economisti mostravano che le risorse dei territori presi di mira dal Reich Tedesco non potevano bastare a sfamare a sufficienza le popolazioni che vi abitavano e che quindi era inevitabile sprofondare interi popoli nella fame se si voleva conservare il livello di vita desiderato nel paese centrale e se si volevano eseguire i piani militari.

In un documento di pianificazione segreto del dicembre 1941 dell'Istituto scientifico del lavoro del fronte operaio tedesco sulla "utilizzazione dei territori conquistati dal popolo tedesco" questa logica viene espressa con chiarezza: "Quando una potenza conquista un territorio nemico si trova oltre all'alternativa tra l'inserire questo territorio e la sua popolazione quale nuova provincia con pari diritti nella precedente unione di Stati oppure dominarlo come oggetto di sfruttamento, cioè costituzionalmente, e per il resto amministrarlo separatamente, anche una serie di soluzioni di mezzo... Quanto più forte è l'impronta delle popolazioni straniere in questi territori, tanto meno essi sono adatti ad essere annessi pariteticamente nello Stato originario; devono quindi essere amministrati quale bottino separato. Naturalmente questo bottino deve rivestire una qualche utilità per la maggioranza etnica. Questa utilità può avere da un lato carattere politico, in questo caso il vincitore deciderà di riunire i territori conquistati in uno Stato più o meno indipendente e si accontenterà di tenere questo Stato in un certo grado di dipendenza (esempio Slovacchia, Croazia eccetera). L'altro estremo consiste nello sfruttamento esclusivamente economico con il contemporaneo impedimento alla formazione di uno Stato indipendente nelle zone conquistate. Questo sarà il caso applicato, per impellenti motivi politici, nella maggior parte dei territori orientali conquistati..... . Per l'economia politica vale il principio che la somma della produzione corrisponde alla somma del consumo, cioè ogni economia consuma nel suo complesso quanto produce. Su questa equazione si basa ogni economia della divisione del lavoro... Se ora i territori dominati devono cedere una parte delle loro eccedenze di lavoro a favore della maggioranza etnica (i tedeschi), allora deve essere violato il principio economico formulato sopra. Gli abitanti delle zone dominate dovranno usare per loro solo una parte della loro produzione. L'altra parte deve essere destinata alla maggioranza etnica come controvalore per la sua direzione politica. Nel rapporto maggioranza etnica-Stato dominato deve prendersi in considerazione ciò che l'economia politica definiva plusvalore, quando questo si presenta quale imprenditore nei rapporti con i lavoratori".

Questi auspicati rapporti strutturali di sfruttamento tra la metropoli e la periferia corrispondono in tutto alla teoria della dipendenza che è stata formulata in riferimento all'attuale rapporto tra il primo e il terzo mondo. "Nel lungo periodo la primitiva economia di sfruttamento deve essere sostituita con un adattamento pianificato della struttura economica alle esigenze del popolo tedesco. Solo allora è assicurato un 'guadagno' del popolo tedesco", si legge ancora nel documento citato sopra.

Dopo la guerra, secondo i progetti dell'elite al potere - composta da NSDAP [partito nazista], elite economica e scientifica - la popolazione sovietica "vivrebbe ad un livello di vita così basso, che tutti i prodotti industriali, partendo dal semplice bicchiere d'acqua, vi troverebbero commercio" (Hitler). Dove c'erano delle industrie concorrenti, le economie dovevano essere "ridotte" tramite deindustrializzazione o"naturalizzazione" al necessario grado primitivo "complementare", non concorrenziale.

5 ...E LE PROMESSE PER LA POPOLAZIONE TEDESCA

In futuro si sarebbe offerto ai lavoratori tedeschi "il meglio per quanto riguarda le condizioni di lavoro e di stipendio, la valorizzazione della loro forza lavoro e tutto quello che è attualmente possibile dal punto di vista tecnico". Una simile rivoluzione della produttività e del salario poteva realizzarsi però solo nella "grande area europea": "Nella grande area in futuro i lavoratori tedeschi potranno essere utilizzati solo per i lavori di maggior prestigio e meglio pagati e che permettono il maggior standard di vita possibile; i prodotti che non corrispondono a queste prerogative verranno lasciati sempre di più alla produzione dei paesi periferici. Ci prenderemo il meglio per i lavoratori tedeschi nella produzione industriale europea".

Ovvero come si legge ancor più chiaramente in un contributo scientifico pubblicato nel 1941 nella Rivista per l'economia pubblica globale: "I paesi dipendenti potranno coprire non solo il loro fabbisogno di beni di consumo di massa, ma anche in parte, a poco a poco, quello del paese-guida, mentre il paese-guida potrà dedicarsi sempre di più a quei rami industriali che richiedono forza lavoro altamente qualificata... Mentre quindi i più piccoli membri della grande area... produrranno ad esempio più articoli tessili e di pelle, più prodotti dell'industria del legno, metallurgica, siderurgica, edile eccetera a prezzi medio-bassi, la produzione del paese-guida godrà di nuovo impulso grazie alla produzione chimica ed elettrica altamente qualificata, alle macchine ed alle apparecchiature che necessitano di competenze meccaniche o particolarmente complicate, automobili o aeroplani e altri mezzi produttivi costosi..." - così Theo Suranyi-Unger nella sua relazione dal titolo "la lotta per l'economia della grande area" all'Università di Leipzig l'8/3/1940.

Questo esprime anche la quintessenza delle proposte, pubblicate dallo Spiegel nel 1992, della agenzia di consulenza aziendale Roland Berger & Soci, la seconda azienda di servizi di questo tipo in Germania. Ritorneremo su questo punto in seguito.

6 ZONE ECCEDENTARIE E ZONE DEFICITARIE: LIVELLO DI VITA A SPESE DEI PAESI DIPENDENTI

L'Europa occidentale, in particolare la Francia e il Belgio, dovevano servire da centri di investimento supplementari per il capitale tedesco; la Scandinavia e il "Protettorato di Boemia e Moravia" dovevano essere attive nella produzione di energia, alluminio e autovetture. Per l'Europa meridionale erano previste agricoltura intensiva, produzione di materie prime e una limitata produzione industriale di beni di consumo di massa; infine, la Polonia e l'Unione Sovietica dovevano diventare paesi sottosviluppati per quanto riguardava l'agricoltura e fornire le merci forza-lavoro e materie prime.

Anche qui - come evidenzieremo in seguito - ci sono degli evidenti parallelismi con la situazione attuale.

Nell'ambito di questa "struttura di sfruttamento della grande-area" tutto era legittimo e questo consentiva il maggior plusvalore possibile delle economie periferiche per la metropoli. Era possibile un certo "sviluppo dipendente" solo nella misura in cui aumentava questo plusvalore. Un elaborato dell'Ufficio Sperimentale per l'economia di difesa dell'Ente incaricato per il piano quadriennale ad esempio diceva di non avere obiezioni - in riferimento all'Europa meridionale- ad uno sviluppo economico della regione nell'ambito del settore produttivo assegnatole, se questo non limitava le rendite per la metropoli:

"... abbiamo un grande interesse a vicini economicamente stabili. Comunque dobbiamo temere una produzione eccedentaria di queste regioni, per cui non dobbiamo assolutamente contribuire ad uno sviluppo che ne aumenti il livello di vita a discapito della produzione eccedentaria che sarebbe disponibile per noi: se il livello dei consumi nei paesi dall'Europa sudorientale salisse ai nostri stessi livelli di consumo non solo diminuirebbero le eccedenze per le esportazioni dell'Europa sudorientale di generi alimentari e di foraggi, ma ci sarebbe un deficit incolmabile nell'approvvigionamento di generi alimentari e di materie prime per tutta l'Europa".

Non deve nemmeno essere un obiettivo far scomparire quella che "sta prendendo espressione nella sovrappopolazione agraria come 'disoccupazione nascosta'. Questa forza-lavoro in eccedenza potrebbe venire impegnata meglio qui da noi. In effetti la forza-lavoro eccedente del sud-est è il bene da esportazione più prezioso che quei paesi ci possono inviare già adesso e nel dopo-guerra. Sarebbe quindi da valutare se non sarebbe utile attribuire un ruolo più importante nel traffico economico tedesco-sudest europeo all'assunzione di maggiori masse di esseri umani quali lavoratori pendolari...".

In questo importante documento viene elaborato in modo esemplare quello che è essenziale per tutte le strutture e le strategie imperialiste: il fatto che l'aumento del livello di vita dei cosiddetti paesi periferici non è possibile senza diminuire il livello di vita nelle metropoli imperialiste e, al contrario, un alto livello di vita nella metropoli può esserci solo a spese della periferia. Dice su questo punto Heinz Dietrich, che si è espresso esaurientemente in un suo lavoro sulle affinità strutturali delle strategie imperialiste di soluzione della crisi negli anni '30 e le analogie con gli attuali rapporti nord-sud: "Le massime di razionalità capitalistico-economica formulate in questo modo dai tecnocrati e dai politici nazionalsocialisti non sono espressione di una loro particolare bassezza morale - in paragone ai discorsi delle attuali democrazie liberali". Documentano solo "apertamente e quindi tanto più brutalmente" le strategie, valide fino ad oggi, delle élites capitalistiche dominanti negli Stati imperialisti.

Oltre alle prime misure militari ne era programmata un'intera altra serie tesa ad affermare e consolidare la formazione della grande-area e la conquista del mercato mondiale. Di primaria importanza, per assicurarsi il predominio, era l'azione congiunta di alta finanza, grande industria e politica di intervento del capitale statale. Bisognava raggiungere una compenetrazione capitalistica tra le multinazionali concorrenziali all'interno del blocco del marco con la formazione di maggioranze azionarie tedesche, assicurazione del monopolio sulle licenze, agevolazioni fiscali e vantaggi per le grandi industrie tedesche, posizioni di monopolio sulle fonti di materie prime.

"Come è in generale necessario nei progetti imperiali o imperialisti, anche il superamento della crisi e la strategia egemonica dell' 'area vitale' dovevano essere assicurate con il terrorismo di Stato e con tecniche di dominio. Uno dei metodi utilizzati fu quello della politica di affamamento. Per rendere disponibile ai conquistatori lo spazio di insediamento all'est, la popolazione che vi era stanziata - così come era accaduto nella colonizzazione dell'America - doveva essere liquidata (Ebrei, Sinti, Rom eccetera), oppure esiliata in zone marginali, oppure trasformata in schiavi. Secondo i piani dell'Ente Centrale per la Sicurezza del Reich, dopo la vittoria sull'Unione Sovietica, dei circa 45 milioni di Europei orientali che nel 1941/42 vivevano ancora al di là del progettato confine orientale delle zone di insediamento tedesche, 31 milioni dovevano essere deportati in Siberia e il resto, nel giro di trenta anni, 'tedeschizzati'".

Come già accennato in precedenza lo stato maggiore economico-politico tedesco partiva dal "dato di fatto" che bisognava ridurre il consumo di generi alimentari all'est di modo che la Germania avesse avuto a sufficienza di che mangiare. Conseguentemente l'est venne diviso in zone eccedentarie e zone deficitarie. "Verranno promosse economicamente e tenute in ordine solo quelle zone che possono rifornirci di riserve alimentari e di petrolio". Un esempio di questo può essere testimoniato dalle generazioni più anziane: in Germania si è sofferto veramente la fame solo dopo la guerra.

I prodotti delle zone eccedentarie naturalmente non dovevano più essere a disposizione delle rimanenti regioni russe. "Non c'è alcun interesse tedesco nel mantenimento della capacità produttiva di questi territori -tranne che per quanto riguarda esclusivamente l'approvvigionamento delle truppe che vi sono stanziate-".

Di conseguenza anche ogni "trasporto di generi alimentari dal fertile sud verso il nord doveva essere ostacolato... Le popolazioni di queste zone (settentrionali), in particolare quelle delle città, dovranno affrontare il problema della fame". I tentativi "di salvare la popolazione dalla morte per fame, facendo confluire le eccedenze dalla zona della terra nera (per i territori settentrionali), potevano avvenire solo a discapito dell'approvvigionamento dell'Europa... La conseguenza forzata è la morte sia dell'industria che di una gran parte degli esseri umani nelle zone deficitarie (Russia)".

Anche in questo caso sono evidenti le affinità con le zone deficitarie dell'Africa. Naturalmente qui la morte per fame non viene progettata apertamente, amministrativamente, ma avviene attraverso il "mercato", cioè anche attraverso la politica delle multinazionali e dei loro governi. "E con i dati attuali si può prevedere in modo statisticamente preciso quante persone delle zone deficitarie dovranno morire se i banchieri di New York, Tokjo, Londra e Francoforte decidono di aumentare il tasso internazionale di sconto di un punto", così Heinz Dietrich nei suoi studi.


L'ODIERNO "MONDO LIBERO" - L'ESSENZA DELLE STRATEGIE IMPERIALISTE DI SOLUZIONE DELLE CRISI DEGLI ANNI '30


Ci manca lo spazio per analizzare compiutamente le strategie degli USA, vincitori della seconda guerra mondiale. Riassumendo basti dire: l'imperialismo tedesco - come quello giapponese - mirava apertamente ad un"Nuovo Ordine" e si riferiva, dal punto di vista ideologico, alla dottrina Monroe, utilizzata dagli USA da 100 anni (divieto di intervento da parte di tutte le altre potenze in America), quale precedente di diritto internazionale. Gli USA invece, quale maggiore potenza e sicura erede dell'impero britannico, non potevano trarre alcun vantaggio da questo basilare riordinamento e miravano al mantenimento dello status quo.

Mentre quindi i Giapponesi cercavano potenziali alleati nelle regioni della grande-area con la parola d'ordine "l'Asia agli Asiatici" e la Germania "l'Europa per gli europei germanizzati", gli USA - insieme all'Inghilterra - che avevano da difendere una egemonia mondiale, portavano avanti uno scontro ideologico nella forma generale della difesa della democrazia e del diritto all'autodeterminazione dei popoli.

Per quanto le strategie differissero molto nella forma, l'effettivo contenuto era essenzialmente lo stesso. Le strutture mondiali che si formarono dopo la seconda guerra mondiale nella parte del mondo controllata dagli Stati imperialisti sono l'essenza di queste strategie di soluzione della crisi. Se si toglie il mantello ideologico alle relazioni tra primo e terzo mondo appaiono con chiarezza le stesse relazioni che erano state apertamente formulate dall'intellighenzia tedesca durante il fascismo.

Citando ancora Heiz Dietrich: "La situazione attuale è ancora più ripugnante di quella passata. I nazisti potevano... demagogicamente... gestire le necessità di guerra. Gli attuali centri dell'economia mondiale non si trovano né in guerra, né soffrono la mancanza di generi alimentari. Al contrario enormi somme vengono sprecate per annientare i generi alimentari eccedenti... Il capitale liberista, contrariamente al moloc amministrativo annientatore del nazionalsocialismo, uccide principalmente attraverso il mercato. Eppure, dato che gli apparati ideologici del Mondo Libero svolgono alla perfezione la loro funzione di indottrinamento, la "morte necessaria" degli esseri umani nel terzo mondo non è uno scandalo bensì una di quelle necessità triviali che colpiscono questo mondo".

Però, come hanno mostrato le guerre degli ultimi 50 anni in Africa, Asia e America, l'imperialismo non uccide solamente attraverso il mercato.

Con il crollo degli Stati socialisti dell'Europa orientale e dell'Unione Sovietica la strada verso l'est e verso il sudest è nuovamente libera. Tutto fa presumere la una maggior parte di questi paesi stia per cadere in una di quelle forme di dipendenza descritte sopra e quindi per assumere lo status di paese del terzo mondo. Dove questo non può essere ottenuto con provvedimenti politici ed economici, si destabilizzano gli Stati e si utilizza la violenza per disgregarli. La Jugoslavia, della quale parleremo subito dopo, è un esempio di tutto questo.


GERMANIA POTENZA CENTRALE DELL'EUROPA


LA RINASCITA DEL "CONCETTO DI MITTELEUROPA"

Lo storico conservatore e biografo di Adenauer Hans-Peter Schwarz apre il suo ultimo lavoro sul ruolo della Germania quale "potenza centrale europea" con l'osservazione che tra le grandi cesure della storia tedesca è da annoverare il 1° settembre 1994, il giorno della ritirata delle ultime unità russe dalla Germania. "Così finiva un'epoca che era incominciata mezzo secolo prima". La RFT, quattro anni dopo l'annessione della RDT, è di nuovo tre in uno: uno Stato nazionale, una grande potenza europea e la forza centrale in Europa. "Perché c'è solo un paese che grazie alla sua posizione geografica, grazie alle sue capacità economiche e alla sua influenza culturale, grazie alla grandezza e grazie ad una sempre presente dinamica, può assumersi il compito di essere una potenza centrale: appunto la Germania". La Germania è già la potenza centrale dell'Europa, ovvero la grande potenza europea. Dal momento però che il concetto di grande potenza evoca all'interno come all'estero il ricordo di una sfrenata politica egemonica, della guerra e dell'annientamento, si preferisce il nuovo concetto di "potenza centrale dell'Europa".

1 SCHÄUBLE/LAMERS E IL "NUCLEO EUROPEO"

Puntualmente il giorno della grande cesura del 1° settembre 1994, il capo frazione della CDU/CSU Wolfgang Schäuble insieme al portavoce della politica estera della frazione parlamentare della CDU/CSU Lamers fecero scalpore con la pubblicazione del documento strategico "riflessioni sulla politica europea". In esso venivano formulati -e sattamente nel senso del pensiero di Hans-Peter Schwarz sulla "potenza centrale dell'Europa" - gli obiettivi della nuova politica tedesca di grande potenza e veniva richiesta la formazione di un "nucleo europeo" - con Germania, Francia e Benelux che formano il nucleo e la Germania e la Francia il"nucleo del nucleo duro" - con l'intenzione, dopo quasi 50 anni di astinenza, di entrare finalmente in scena quale potenza d'ordine continentale. Accanto a

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UNA BIRRETTA IN COMPAGNIA

Il sito "Osservatorio Balcani e Caucaso" è specializzato nello spaccio del punto di vista della Commissione Europea, che lo finanzia dal 2006. Ha già fatto gravi danni sulla questione Jugoslava ma non disdegna di disinformare su tutto l'Est europeo e fino al Caucaso. E' legato a simili iniziative di disinformazione via internet come il "Courrier de Balkans" franco-montenegrino. Adesso cerca di indorare la pillola del nazismo ucraino, anziché denunciare la responsabilità diretta delle istituzioni UE nello scoppio di una nuova guerra fratricida in Europa. Leggere per credere:

Pravy Sektor: birra e rivoluzione
di Danilo Elia, 18 giugno 2014

Verifica chi sono i finanziatori di "Osservatorio Balcani e Caucaso":





http://xcolpevolex.blogspot.it/2014/06/trieste-e-la-targa-della-falsa.html

13/06/14

Trieste e la targa della “falsa” liberazione del 12 giugno 1945, alcune menzogne dei 42 giorni di Trieste


Il primo maggio del 1945 alle sei di mattina con cinque carri armati leggeri e duecento mitragliatrici, i partigiani jugoslavi, entrando a Trieste, libereranno la città dall'occupazione nazifascista. Ma da quel momento sino al 12 giugno 1945 e soprattutto dopo il 12 giugno 1945, quando le truppe dell'esercito jugoslavo abbandoneranno la città in relazione agli accordi come maturati con gli anglo-americani nel 9 giugno del 1945, vi sarà una campagna di falsificazione storica, di revisionismo storico,talmente folle che è diventata verità, verità fatta propria anche dalla sinistra istituzionale. La liberazione di Trieste verrà trasformata in occupazione di Trieste. L'occupazione di Trieste da parte dei partigiani jugoslavi, nella memoria storica sia locale che nazionale, come condizionata da diverse falsità, diventerà più violenta ed irruenta di quella nazifascista. Si parlerà poco per esempio del 27 marzo 1944, quando in città vennero impiccati pubblicamente quattro partigiani del "Battaglione Triestino": Sergio Cebroni, Giorgio De Rosa, Remigio Visini e Livio Stocchi, si parlerà poco del  3 aprile quando vennero impiccati settantadue ostaggi in rappresaglia ad un attentato compiuto dalla Resistenza a Opicina  del 29 aprile, quando per rappresaglia rispetto all'uccisione di cinque tedeschi avvenuta a via Ghega a Trieste, i nazisti impiccarono altri cinquantasei partigiani, si parlerà molto, invece, della caccia all'italiano, falsa, esercitata dai partigiani jugoslavi. Si ricorderà poco, a livello nazionale, l'esistenza della Risiera, si ricorderà molto, invece tutta la mistificazione delle vicende delle foibe o dell'esodo e dei "tremendi" 42 giorni di Tito. Andando a rileggere i giornali di quel tempo, che in sostanza dedicheranno sempre spazio alla questione di Trieste, ben emerge la denuncia della menzogna come esercitata da diverse agenzie di stampa. Non si parlerà per esempio del fatto che dieci mila triestini erano riuniti in piazza a gridare viva Tito viva gli alleati antifascisti, la sera antecedente l'approvazione dell'accordo che avrebbe sancito il passaggio di poteri. Addirittura lo stesso Vescovo di Trieste dichiarerà che “l'atteggiamento delle autorità jugoslave e locali nei riguardi del clero sono invariabilmente corrette e rispettose” sull'Unità del 10 giugno del 1945 e la fonte sarà l'agenzia Reuters smentendo anche le voci che dicevano che il Vescovo fosse stato sottoposto a domicilio coatto da parte dei partigiani jugoslavi.  Unità, che come è noto, non è mai stata benevola nei confronti di Tito, e non aveva alcun interesse a tutelare la sua figura ed il suo ruolo. Il 17 maggio del 1945 si leggerà che a Trieste non vi sono state “Né stragi, né deportazioni di massa, né caccia all'italiano” ed a dire ciò sarà la signora Sprigge del Manchester Guardian . 

Velio Spano, che sarà successivamente membro dell'Assemblea costituente e senatore per le prime quattro legislature nell'Unità del 18 maggio del 1945 scriverà, in prima pagina, che andavano denunciate le falsità delle agenzie di stampa, sulla questione di Trieste, che avevano l'unico scopo di risvegliare "sentimenti nazionalistici e residui di fascismo" .
Come falsa sarà, per esempio, la notizia dell'ultimatum all'esercito di Tito. Il 19 maggio del 1945, dopo una riunione avvenuta al Rossetti, nascerà il comitato congiunto italo sloveno per l'amministrazione civile di Trieste, il corrispondente dell'Associated Press di Trieste renderà noto che vi erano trattative tra l'esercito jugoslavo e quello anglo americano e che i  rapporti erano cordiali, come diranno diverse agenzie di stampa anche del 31 maggio del 1945.

Dunque certamente i partigiani jugoslavi non potevano avere alcun minimo tipo di interesse, vista la situazione, di realizzare persecuzioni o violenze nefaste, sarebbe stato un controsenso illogico, sarebbe stato come buttarsi la zappa mortale sui piedi.

Non si deve poi dimenticare che in quel periodo, in Italia, operavano i Tribunali straordinari per i collaborazionisti del nord, come da decreto del 22 aprile 1945, vi era la pena di morte per coloro che venivano accusati di aver avuto le maggiori responsabilità, ciò per far capire il clima di quel tempo, stesso discorso, in un certo senso, accadeva sotto la vigenza dell'esercito di liberazione jugoslavo, la guerra non finisce con la data stabilita a tavolino, gli effetti della guerra continuano nel tempo con le inevitabili  condanne anche a morte di chi fino a qualche giorno prima si era reso complice, direttamente od indirettamente, del regime fascista e nazifascista. Ed allora il fatto che la così detta sinistra voglia fare propria l'iniziativa di forze reazionarie e di destra, quale quella di dover considerare il 12 giugno come la vera liberazione di Trieste, come quella di dover considerare i 42 giorni di amministrazione italo-slovena e jugoslava a Trieste come tremendi, come momenti bui, equiparati all'occupazione nazifascista è una falsità storica sconvolgente.
Degli errori ci saranno stati, ma deve seriamente indurre alla riflessione ma anche alla reazione, quando accade che le istanze di forze nazionalistiche, che poi erano quelle che facevano circolare le false notizie e falsi allarmismi in quel tempo, vengono fatte proprie da forze politiche che deriverebbero proprio dalla resistenza, quella resistenza che si è battuta contro la menzogna e contro i fascismi. Il 12 giugno 1945 non vi è stata nessuna liberazione di Trieste, la forza che ha liberato Trieste, ha ceduto i poteri agli anglo-americani. Ed allora, per rigor di logica, se occupanti erano gli jugoslavi, occupanti saranno anche gli anglo-americani, occupazione che è continuata in Italia in modo poi non tanto sottile fino ai giorni nostri. D'altronde in Italia non vi è mai stata una Repubblica indipendente e la nota strategia del terrore, quale quella della tensione, deve essere letta anche in questo cupo ambito.
Ora, si dirà, perché questo intervento? Perché è stata rinnovata la promessa, da parte di alcuni esponenti politici locali, di voler realizzare una targa ,a Trieste, finalizzata a ricordare il 12 giugno del 1945 come giorno della liberazione della città.