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30 Agosto, Giornata mondiale di protesta contro la NATO

1) WPC chiama all'azione per la Giornata mondiale di protesta contro la NATO
2) Montenegro's Annexation into NATO / USA e Djukanovic spingono il Montenegro nella NATO
3) NATO Trains Balkans Armies For Global Wars
4) Aviano Air Base participates in Exercise Adriatic Strike 2014


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http://www.resistenze.org/sito/os/lp/oslpef09-014620.htm
www.resistenze.org - osservatorio - lotta per la pace - 09-06-14 - n. 502

Il Consiglio mondiale della Pace chiama all'azione per la Giornata mondiale di protesta contro la Nato

Consiglio mondiale della Pace | wpc-in.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Maggio 2014

Il 30 agosto 2014, il Consiglio mondiale della Pace chiama le persone amanti della pace nel mondo a mobilitarsi per una Giornata mondiale di protesta contro la Nato.

2014: Centenario della Prima guerra mondiale - 75 anni dall'inizio della Seconda guerra mondiale

Nel 2014 cade il 100° anniversario dall'inizio della Prima guerra mondiale, che fu uno dei più mortali conflitti imperialistici nella storia umana, una tragedia che uccise 17 milioni di persone. Fu descritta come la "guerra per porre fine a tutte le guerre", ma oggi, un secolo più tardi, il potenziale militare per distruggere le vite e un ambiente abitabile è giunto a livelli spaventosi e continua a crescere.

Ogni giorno, in tutto il mondo, i popoli soffrono a causa dei conflitti armati, delle azioni militari, delle occupazioni, intimidazioni ed aggressioni, della modernizzazione e proliferazione delle armi nucleari e delle altre armi di distruzione di massa. La crisi economica capitalista sta ulteriormente aggravando le condizioni di vita dei popoli mentre i profitti delle industrie di guerra sono in continua crescita. Il terreno necessario alle aggressioni militari e alle guerre imperialiste non è mai stato determinato da eventi fortuiti o decisioni personali.

Il centenario della Prima guerra mondiale dovrebbe essere un momento di riflessione, di fortificazione della pace ed esortazione all'amicizia e solidarietà internazionali, sulla base dell'uguaglianza e del rispetto per la sovranità dei popoli. Dovrebbe essere teso a far cessare la dominazione economica dei monopoli e delle corporation multinazionali, come pure le loro aggressive alleanze militari. Perciò, noi dovremmo agire contro la Nato, la macchina da guerra numero uno al mondo. Il Consiglio mondiale della Pace, fondato subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale con le parole d'ordine "Mai più guerra - Mai più fascismo", sottolinea la necessità di trarre delle conclusioni dal periodo che ha portato all'invasione nazista della Polonia, il 1° settembre 1939, e all'inizio della Seconda guerra mondiale. Le crescenti ambizioni imperialiste della Germania nazista s'incontrarono allora con l'agenda imperialista delle altre forze, che all'inizio non si opposero all'espansione tedesca verso Est. La gloriosa resistenza dei popoli contro il fascismo e il nazismo, unita alla lotta e alle decine di milioni di vittime dell'Unione sovietica, condussero alla liberazione dell'Europa dal fascismo e alla vittoria dei popoli. La situazione internazionale successiva alla guerra, la fondazione delle Nazioni unite e del loro Statuto creò una situazione nuova per i popoli e i loro sforzi per ottenere libertà e sovranità. Tutto ciò viene oggi messo ferocemente in discussione e rovesciato, attraverso i tentativi in atto di sostituire le Nazioni unite con la Nato, con la crescita in molte parti d'Europa delle forze neo-fasciste al servizio di ideologie reazionarie e dei piani contro i popoli. Il Consiglio mondiale della Pace si oppone alla crescente militarizzazione delle relazioni internazionali, ai progetti imperialisti del "Grande Medio oriente", del " Pivot to Asia" degli Usa e all'ingerenza nella sovranità dei popoli e delle nazioni in America latina.

Nato: lo strumento militare chiave dell'imperialismo - 65 anni di crimini contro umanità

La Nato è la più grande, più forte e aggressiva alleanza militare oggi esistente al mondo. Dominata fermamente dall'imperialismo Usa, la Nato è anche un pilastro della strategia di difesa dell'Unione europea. La Nato attualmente comprende 28 stati membri tra America del nord ed Europa. Altri 22 paesi sono coinvolti nel cosiddetto Consiglio di partenariato euro-atlantico (Euro-Atlantic Partnership Council, EAPC). Accanto a questi, attraverso il globo, altri 19 paesi sono impegnati con la Nato in programmi come il "Dialogo Mediterraneo" (Mediterranean Dialogue), la " Iniziativa per la cooperazione di Istanbul" (Istanbul Cooperation Initiative, ICI) o il " Partenariato per la Pace (Partnership for Peace, PfP).

Fin dal 1991, la Nato ha accresciuto in modo aggressivo i suoi appartenenti e il teatro delle operazioni. Questo fatto da solo svela il suo scopo fondamentale: essere uno strumento chiave della dominazione imperialista occidentale del mondo.

La Nato è nemica della pace. La Nato è impegnata nella dottrina del "primo colpo" (nucleare) e dell'attacco preventivo. In quanto alleanza militare offensiva, si tiene pronta ad intervenire prima che alla diplomazia sia concessa una reale opportunità, se ciò è nell'interesse dell'imperialismo occidentale. L'espansione e le provocazioni della Nato - come dimostra la crisi in corso in Ucraina - sono direttamente responsabili per la destabilizzazione, l'agitazione, la violenza e la guerra.

La Nato è nemica dei popoli. Quando interviene, i suoi membri utilizzano regolarmente armi tossiche contenenti uranio impoverito o fosforo bianco. Inoltre, la Nato considera le armi nucleari una parte fondamentale della sua strategia di difesa. L'alleanza persegue e promuove aggressivamente provocazioni e interventi militari in tutto il mondo, i cui risultati consistono sempre nell'aumento della distruzione, dei profughi e della morte. Gli esempi delle guerre nell'ex Iugoslavia e la creazione del protettorato del Kosovo, in Afghanistan e Libia, come anche l'aggressione alla Siria, testimoniano il disastro umanitario dell'intervento Nato. In Iraq, dove la Nato ha preso parte allo sforzo per la ricostruzione, non ha portato né pace né democrazia.

La Nato è nemica della pace e dei popoli. Senza alcun dibattito pubblico, gli stati europei membri della Nato ospitano armi nucleari statunitensi sul loro territorio. Nel 2010, un accordo segreto sullo spiegamento delle versioni modernizzate delle testate esplosive B61 ne ha esteso la presenza per molti decenni, non lasciando spazio alcuno al dibattito democratico sulla questione. Attraverso il suo Articolo 5, l'alleanza Nato impone agli stati membri anche degli obblighi che risultano incompatibili col diritto sovrano degli stati di decidere sulla pace e la guerra.

Il prossimo vertice Nato in Galles adotterà e svilupperà ulteriormente le decisioni del vertice di Lisbona (2010), userà vecchi e nuovi pretesti per il suo ruolo di "sceriffo del mondo" che le assicura mercati, risorse energetiche e sfere di influenza, a detrimento dei diritti e dei bisogni dei popoli. Lo scioglimento della Nato deve essere una priorità per coloro che difendono la pace, la giustizia e il progresso sociali, insieme al diritto di ogni popolo di lottare per il disimpegno da essa.

Facciamo appello a tutte le persone e organizzazioni amanti della pace per fare del 30 agosto la Giornata mondiale di protesta contro la Nato, esigendone la sua dissoluzione!


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http://www.nato.int/cps/en/natolive/news_104124.htm

North Atlantic Treaty Organization - October 16, 2013

NATO Secretary General praises Montenegro’s reform efforts

The President of Montenegro Filip Vujanovic visited the NATO Headquarters on Wednesday (16 October) and met with Secretary General Anders Fogh Rasmussen. They discussed progress in Montenegro’s reform agenda and the growing cooperation between NATO and Montenegro. The NATO Secretary General commended Montengro’s continued reform efforts on the way to Euro-Atlantic integration.

“It is important to maintain the momentum of reforms, even at a time of economic difficulties”, the Secretary General said. “So I encourage you to continue working on the challenges that we have identified together in the Membership Action Plan. Reinforcing the rule of law, fighting corruption and organised crime, finding the resources to modernise your armed forces, and explaining to your public the importance of Euro-Atlantic integration”.

During the meeting, the NATO Secretary General and President Vujanovic also discussed NATO’s security agenda and the Alliance’s mission in Afghanistan. 

“We are grateful for Montenegro’s significant contribution, and for your pledge to help the Afghan security forces both financially and through the training mission that we are planning after 2014”, the Secretary General noted. And he added: “Montenegrin forces are offering force protection to our trainers in Mazar-e-Sharif. And together with other Adriatic nations, you successfully transitioned the programme of training for the Afghan Military Police in Kabul. You have worked closely with countries from your region to build stability in Afghanistan – and strengthen cooperation among yourselves.”

The Secretary General also praised Montenegro’s active contribution to cooperation and security in the Western Balkans. 

“NATO’s commitment to the region is strong”, he said. “We see your future in the Euro-Atlantic family and we are determined to help you along that path.”

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http://www.b92.net/eng/news/region.php?yyyy=2014&mm=01&dd=29&nav_id=89157

Beta News Agency - January 31, 2014

Montenegro hopes to get NATO invitation this year

PODGORICA: "Despite different announcements" the Montenegrin government still expects the country to be invited to join NATO during the alliance's summit in September.
The government said it would engage in "increased political activity to win greater public support for NATO membership," Beta reported.
Leaders of political parties in the ruling coalition are said to have agreed that this was "one of the political priorities in the coming months." 
The party leaders met on Tuesday and agreed to also step up "party line" activities to create an environment that would lead to greater public support for membership in NATO. 
That support is now at about 40 percent, "which is not yet sufficiently credible for NATO itself." 
The opposition, meanwhile, insists that Montenegro will not receive an invitation to join the Western military alliance at the summit to be held in Wales. 
NATO has not yet specified whether the issue of its enlargement will be on the agenda of the summit.

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http://contropiano.org/internazionale/item/23447-balcani-usa-e-djukanovic-spingono-il-montenegro-nella-nato

Balcani: USA e Djukanovic spingono il Montenegro nella NATO

•  Mercoledì, 16 Aprile 2014 14:21
•  Carlo Perigli

Mente in Ucraina la situazione sta scivolando sempre più nel baratro della guerra civile, gli Stati Uniti puntano a rafforzare la propria posizione all’interno dei Balcani. La neutralità mantenuta dalla Serbia nei confronti della crisi ucraina, esplicitata dal rifiuto del governo di Belgrado di unirsi all’applicazione delle sanzioni volute dall’Occidente , unita alla grande popolarità di cui lo Stato russo gode tra la popolazione, sta difatti creando numerosi grattacapi al governo di Washington.

Una volta acquisite nell’orbita NATO Slovenia (2004), Croazia (2009), e Albania (2009), avviato il c.d. dialogo intensificato con la Serbia, e inserito Bosnia e Montenegro nel MAP (Membership Action Plan, l’ultimo passo prima dell’adesione), considerando anche il fatto che proprio nei Balcani sorge Camp Bondsteel, la più grande base militare statunitense all’estero dai tempi del Vietnam, a Washington regnava la convinzione che la “pacificazione” dei Balcani fosse al sicuro.

Ora che da Belgrado è arrivato il “no, grazie” alla richiesta di partecipare alle sanzioni, la paura di ritrovarsi uno o più Paesi vicini a Mosca nel cuore dell’Europa ha portato gli Stati Uniti ad affrettarsi per portare avanti la pratica nel minore tempo possibile.

Da qui l’idea di accelerare il processo di accettazione del Montenegro nella NATO, evitando altresì , qualora le cose andassero diversamente, la possibilità che Mosca abbia, anche se indirettamente, un facile sbocco sul Mediterraneo.

Una mossa che potrebbe avere quindi un duplice effetto: escludere ogni ipotesi di passaggio di Podgorica nell’orbita russa e aumentare la pressione nei confronti della Serbia, unico Paese ancora “in bilico” dell’area, affinchè anche Belgrado tagli definitivamente i ponti con Mosca.

Tuttavia, in Montenegro la situazione è tutt’altro che chiara. Il governo, guidato dal quantomeno ambiguo Milo Djukanovic, si è subito schierato al fianco dei Paesi occidentali partecipando alle sanzioni, e ora sta cercando di sfruttare la crisi ucraina per convincere i Paesi della NATO ad accelerare il procedimento di accettazione. Lo stesso premier montenegrino, a margine dell’incontro avvenuto la scorsa settimana a Washington con il vicepresidente americano Joseph Biden, ha affermato che “ è realistico attendersi che il Montenegro riceva un invito di adesione alla NATO dal prossimo vertice dell’Alleanza in programma a settembre nel Regno Unito. Spetta al Montenegro lavorare al meglio e produrre buoni risultati, che andranno a rafforzare le posizioni dei Paesi amici, dei quali gli USA sono il più importante”.

D’altro canto sembra proprio che la popolazione montenegrina non condivida gli sforzi portati avanti da Djukanovic. Secondo gli ultimi sondaggi più della metà della popolazione è contraria all’ingresso del Paese nella NATO. Lo scorso 4 aprile Podgorica è stata teatro di una manifestazione convocata proprio per esplicitare la volontà di non entrare nel Patto Atlantico.

Particolarmente radicale è la protesta portata avanti dalla minoranza serba, circa il 30% della popolazione, che ha proposto di regalare alcune terre situate a nord del Paese, vicino al confine con la Serbia, alla Russia per costruire una base militare.

--- FLASHBACK:

http://www.b92.net/eng/news/region-article.php?yyyy=2012&mm=07&dd=15&nav_id=81280

Tanjug News Agency - July 15, 2012

Metropolitan hopes “NATO will break up”

PODGORICA: Serbian Orthodox Church (SPC) Metropolitan of Montenegro and the Littoral Amfilohije once again said he was against Montenegro joining NATO.
He also said he hoped that NATO would break up.
“I hope to God that Montenegro will not join NATO that bombed us,” he told the Podgorica-based daily Dan. 
Amfilohije believes that Montenegro would by joining the EU become a link in the military organization that “exerts violence upon the entire world”. 
“Are we supposed to help Tomahawks and bombs become ploughshares and other tools for farming and the improvement of society and the human community?” asked the metropolitan in Herceg Novi. 
“God, give us wisdom to help Europeans and Americans to dissolve NATO. That would be the biggest contribution of Montenegro to the world,” he pointed out.


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Southeast European Times
January 20, 2014

Balkan armies benefit from NATO training

Training allows Balkan militaries to improve their skills and participate in NATO-led missions abroad.

By Miki Trajkovski for Southeast European Times in Skopje 

NATO continues to train Balkan militaries to participate in the Alliance's missions abroad, while also strengthening their forces' capacity and determination to become Alliance members, officials said.
New military contingents from Macedonia, Albania, Montenegro and Bosnia and Herzegovina (BiH) trained with NATO prior to joining the International Security Assistance Force (ISAF) mission in Afghanistan.
A team from the NATO joint command in Napoli, Italy, trained 15 Macedonian officers last month in mission leadership, management under conditions of stress, advising in situations of conflict and gender relations.
"The Macedonian soldiers are gaining very valuable knowledge about the development of the security system, and are able to successfully fulfil their responsibilities in specific situations," Blagoja Markovski, retired colonel and president of the Balkan Security Forum in Skopje, told SETimes.
The last Macedonian contingent trained with the US army in Germany, and is fully trained to carry out its responsibility to train the Afghan military as well as guard the main ISAF command in Kabul, said Mirce Gjorgjoski, spokesperson for the Macedonian military.
"The training was adapted to NATO mission tasks. It is a guarantee the soldiers will successfully finish the mission. It also shows we are not different than other NATO armies when it comes to training standards and organisation," Gjorgjoski told SETimes.
Montenegro has participated in the NATO mission in Afghanistan since 2010, having provided eight contingents of soldiers. It is presently preparing a ninth contingent.
Montenegro has contributed 13 percent of its soldiers to the NATO-led missions, and all soldiers must pass strict physical and psychophysical criteria, including tactical exercises, military operations, first aid training and procedures.
"They are trained prior to leaving to Afghanistan but also practice them daily there," said Colonel Hajrudin Djerekarac, commander of the Montenegro military's sixth contingent in Afghanistan.
Djerekarac said those that have passed the training now work to train others and structure the army according to NATO standards.
"An entire set of skills which we have gained in the preparation process to participate in the NATO missions contributed to a better presentation of the Montenegrin army in the international community," Djerekarac told SETimes.
Albania has participated in the NATO-led missions in Afghanistan, Iraq, Chad, Kosovo and BiH since 2002.
"NATO specialists assisting our troops in Tirana and NATO membership made the Albanian military train and receive the highest level of responsibilities in the field," Tanush Bedini, executive director of the Albanian Centre for Security and Integration in Tirana, told SETimes.
BiH recently offered a unit of 45 police officers for the mission in Afghanistan whose training extended six months, and will serve as part of the Danish contingent there.
...BiH is dedicated to Euro-Atlantic integration and continues to fulfil its international responsibilities through the NATO mission in Afghanistan without consequences to the well-being of its members, said Zekerijah Osmic, BiH defence minister.
"But to become a NATO member, BiH must show it is capable to share risks and the difficulties of the military operations," Osmic said.
Soldiers were attacked in the past and faced acts of terrorism, and the rigorous training they received helped them successfully deal with such situations, said Emil Dimitrievski, assistant defence minister of Macedonia.
"More than 2,000 Macedonian soldiers have rotated in this operation. Our military gained great experience that should transfer to the other soldiers," Dimitrievski, told Radio Free Europe.
The high level of professionalism shown has translated into a very positive experience for the Montenegrin military, but also into an increased approval for NATO membership among the public, said Aleksandar Dedovic, executive director of Alfa Centre, an NGO in Niksic.
"Active participation in the missions contributed to the strengthening of Montenegro’s reputation and to its dedication for full membership in the Alliance," Dedovic told SETimes.

Correspondents Erl Murati in Tiranа, Bedrana Kaletovic in Sarajevo and Ivana Jovanovic in Belgrade contributed to this report.

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U.S. Department of Defense

January 27, 2014

Hagel, Serbia's Defense Minister Discuss Enhanced Defense Cooperation

American Forces Press Service

WASHINGTON: Defense Secretary Chuck Hagel met at the Pentagon today with Serbia's Minister of Defense Nebojsa Rodic for discussions that included opportunities for broadening defense cooperation.
"Secretary Hagel was pleased to join Minister Rodic in signing a General Security of Military Information Agreement, which will ensure protection of military information and enable further military-to-military cooperation," Pentagon Press Secretary Rear Adm. John Kirby said in a statement issued after the meeting. 
Kirby said Hagel "welcomed Serbia's contribution to peacekeeping efforts and its leadership on the Balkans Medical Task Force," and added that "Serbia's decision to host bilateral and multinational exercises further demonstrates our growing defense relationship."
In addition, Kirby said "the leaders discussed regional security concerns in the Balkans, and ways to build upon the positive momentum of the Serbia-Kosovo dialogue."
Kirby said Hagel praised the progress Serbia and Kosovo have made in normalizing relations, and highlighted the positive influence Minister Rodic has had in securing regional cooperation.


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http://www.usafe.af.mil/news/story.asp?id=123412924

U.S. Air Forces in Europe
U.S. Air Forces Africa

June 3, 2014

Aviano Air Base participates in Exercise Adriatic Strike 2014

31st Fighter Wing Public Affairs

AVIANO AIR BASE, Italy:  F-16 Fighting Falcons from the 31st Fighter Wing are providing close air support during Exercise Adriatic Strike 2014 in Postojna, Slovenia this week. Slovenia first hosted Adriatic Strike, an exercise focused on training Joint Terminal Attack Controllers or JTACs, in 2012.
The Slovenian government has invited JTACs from the Austrian, Belgian, Czech, Montenegrin, French, Croatian, Latvian, Hungarian and Slovenian militaries to participate in this marquee training event. The main goals of the exercise are enhancing JTAC interoperability and technical expertise.
Each day, aircraft from Aviano Air Base will fly to the main Slovenian Air Force training range to simulate the combat close air support that JTACs are responsible for coordinating. The F-16 is a multirole fighter that flies a variety of missions to include suppression of enemy air defense, offensive counter air, defensive counter air, close air support and forward air controller missions.




http://www.anpiroma.org/2014/05/affile-le-motivazioni-della-sentenza-di.html

Erano stati assolti il 1 aprile scorso i tre ragazzi accusati di aver imbrattato il mausoleo intitolato a Rodolfo Graziani ad Affile. Secondo il Tribunale Ordinario di Tivoli – sezione penale monocratica, non si deve procedere nei loro confronti perché il fatto non sussiste.


Vedi Comunicato Stampa del 1 aprilehttp://www.anpiroma.org/2014/04/comunicato-stampa-prosciolti-i-ragazzi.html

L'Anpi Provinciale di Roma è soddisfatta delle motivazioni che qui riportiamo.


Nella motivazione della sentenza di assoluzione si legge come il fabbricato oggetto dell’attività imputata avesse mutato caratteristiche e finalità a seguito della decisione della Giunta Comunale di Affile del 21 luglio 2012, che deliberava di intestare il sacrario non al soldato in senso ampio, ma bensì al Generale M.llo d’Italia Rodolfo Graziani. Dalla scelta della Giunta derivano una serie di rilevanti polemiche politiche, sociali e contestazioni che riguardavano non solo il nostro paese, ma anche l'ambito internazionale, in considerazione del profilo storico e personale di Graziani e al suo evidente coinvolgimento ed identificazione per le attività svolte e i ruoli ricoperti con il regime fascista.

La scelta della Giunta Comunale di Affile, la violazione della destinazione del fabbricato in questione in modo unilaterale senza alcun rispetto dell’originario progetto così come finanziato e valutato positivamente dalla Regione Lazio, determinava l’intervento del Presidente della Regione Lazio per contrastare la intenzione dichiarata del Sindaco di Affile di rendere quel paese un luogo equivalente a Predappio nella celebrazione del M.llo d’Italia Rodolfo Graziani.

Quanto all’accusa di danneggiamento, nella sentenza si legge che dalla documentazione acquisita non emerge alcuna modificazione strutturale o funzionale della cosa e d’altra parte le caratteristiche del bene, la sua impropria destinazione e il contrasto anche a livello amministrativo circa la destinazione del bene, valgono ad escludere senza alcun dubbio la ricorrenza dell’aggravante di aver commesso il fatto su beni pubblici. Dagli accertamenti è emerso che a causa delle scritte non vi sia stata nessuna dispersione, distruzione, o deterioramento definitivo del bene tanto da renderlo inservibile, con la conseguenza che è esclusa la sussistenza del fatto contestato.

Occorre evidenziare, si legge nella sentenza, che la originaria funzione e destinazione del bene era stata identificata in un sacrario volto a celebrare la memoria di tutti quei cittadini e soldati che hanno perso la loro vita in eventi bellici nella difesa del loro paese. Memoria che all’evidenza ricopre carattere e interesse generale e appare rivolta a tutelare un bene riferibile alla intera comunità pubblica. Al contrario, la scelta della delibera comunale del 21/07/2012 è stata quella di mutare tale contesto, intitolando il sacrario al Generale Rodolfo Graziani, e dunque ad una singola persona che non ha perso la propria vita in eventi bellici, la cui celebrazione non riveste carattere di interesse generale, mostrandosi al contrario foriera di contrasti o contestazioni in relazione alla discussa azione bellica dello stesso Graziani realizzata, che hanno portato a polemiche e contestazioni e sul suo passato e sul suo ruolo mai sopite. Non ricorre dunque nel caso in esame quella caratteristica che vale a connotare la evidente pubblica utilità di un bene, ovvero la riferibilità della celebrazione a sentimenti complessivi, condivisi e universalmente riconosciuti come quello del sacrificio e della morte in eventi bellici di cittadini o soldati nella difesa del proprio paese, mentre emerge senza alcun dubbio la volontà di esaltare una singola personalità.

E ancora: non può essere ritenuta la pubblica utilità del bene che per le sua caratteristiche, per l’uso pubblico al quale voleva essere destinato dal Comune di Affile appare in evidente contrasto con la disposizione dell’art. 11 della Costituzione, secondo il quale “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Noto e condiviso dai padri costituenti lo spirito informatore dell’articolo 11 della Costituzione, in tal senso occorre considerare come il termine ripudio (non risultando utilizzato il termine ‘rinuncia’) alla guerra implica, inoltre, la condanna di ogni propaganda bellicistica, di dottrine che esaltino o giustifichino la guerra, e la condanna della guerra, in particolare di aggressione, ovunque ciò avvenga.

Ebbene, riferire ed intitolare il sacrario in questione ad un rappresentante di diversi governi, tra i quali il governo fascista, che ha materialmente realizzato con costanza proprio le condotte aggressive ripudiate dalla nostra Costituzione, anche con organizzate attività di sterminio ed eliminazione di popoli da conquistare, esclude a parere del tribunale la ricorrenza di quella pubblica utilità che avrebbe dovuto originariamente caratterizzare il sacrario oggetto di accertamento, volto a celebrare la memoria dei cittadini impegnati nella difesa del paese e nella cura dell’interesse pubblico generale.

Tivoli, 1 aprile 2014, depositato in cancelleria il 6 maggio 2014.

Queste le frasi che furono scritte sul monumento: “no al fascismo”, “libertà”, “macellaio”, “vile onore e patria assassina”, “ne spazio ne luoghi per un massacratore”, “chiamate eroe un assasino”, “per i tuoi massacri compiuti un monumento per le vittime”.


Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" <jugocoord@...>
Oggetto: [JUGOINFO] Tivoli 1/4: Sotto processo per antifascismo
Data: 26 marzo 2014 16:38:59 CET
A: [JUGOINFO]

 

Tivoli 1/4: Sotto processo per antifascismo

1) Affile: “Ma quale danneggiamento, si è scritta solo la verità”. Lettera aperta dei tre ragazzi accusati di aver sporcato il monumento al criminale di guerra fascista e repubblichino Rodolfo Graziani. 1° Aprile: sit in dentro e fuori il tribunale di Tivoli Viale Nicolò Arnaldi n, 19 ore 9.30

2) Nel frattempo… Con qualche decennio di ritardo, aperta inchiesta sui crimini di guerra italiani accertati dalla commissione Gasparotto


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Lettera appello di tre ragazzi accusati di aver verniciato il monumento a Graziani ad Affile. “Ma quale danneggiamento, si è scritta solo la verità”. Il 1° aprile dovranno comparire al Tribunale di Tivoli e convocano un sit in di protesta e solidarietà.
(Vedi anche: "Rodolfo Graziani, soldato o criminale di guerra?" di Ernesto Nassi

"Siamo i 3 ragazzi accusati di aver imbrattato il mausoleo intitolato a Rodolfo Graziani, una delle figure di spicco del ventennio fascista.
Per molti fascisti nostrani questo mausoleo (inaugurato nell'agosto 2012) è stato il compimento del percorso che il Movimento sociale, ad Affile (RM), aveva intrapreso dal dopo guerra. Già nel '67 infatti venne presentato il progetto del suddetto dal celebrato sindaco affilano Luigi Ciuffa (esponente dell' Msi e sindaco della cittadina per 40 anni). Così, assieme al busto di Almirante, Affile oggi vanta anche un mausoleo intitolato tramite delibera comunale al ‘macellaio di Fezzan’, Graziani. La Regione Lazio, a seguito del clamore suscitato da tale scempio, ha bloccato una parte  del finanziamento promesso e dopo un attento sopralluogo sul posto non ha  trovato più alcun riferimento al fascista. Di fatto il mezzo busto che dominava la sala è ora custodito gelosamente in casa dal sindaco Viri, come da lui stesso dichiarato. Il manufatto sarà scappato da solo o qualcuno avrà provveduto a rimuoverlo?Quella che secondo i piani del sindaco deve essere la Predappio del Lazio è una chiara e palese revisione storica che pone il macellaio nella veste del soldato pluri medagliato prima del fascismo, poi soldato "non fascista" nel ventennio e successivamente nella repubblica sociale “ fedele alla patria fino alla fine tanto da salvarne vite umane e beni materiali dalla furia tedesca“... e si può aggiungere “ servo di una patria assassina “ come recitava uno scritto sul mausoleo.A seguito di diverse denunce di individualità e associazioni il sindaco Viri ed alcuni assessori sono stati denunciati. La Procura  ad oggi non sembra aver dato seguito all’indagine per apologia di fascismo scattata ai danni del sindaco … Molto più facile procedere “verso chi pratica gesti violenti“, appunto vernice , come  gridava qualche fascista  in giacca e cravatta, commentando la notizia delle scritte.Così il 1 aprile (non è uno scherzo) ci ritroveremo nell’ aula del tribunale di Tivoli ad essere accusati nel modo in cui riportiamo: “...in concorso tra di loro danneggiavano mediante verniciatura con bombolette  spray la scalinata in marmo, due porte e le quattro facciate del sacrario denominato 'il Soldato' sito in Affile. Con l’ aggravante di aver commesso il fatto su beni destinati per necessità alla pubblica  utilità e su edifici ad uso pubblico...", scrivono i carabinieri.A prescindere dal fatto di chi abbia praticato il gesto, vogliamo evidenziare la volontà di far passare per pubblica utilità un mausoleo intitolato ad un criminale di guerra, come evidenzia la storia, ad un condannato per collaborazionismo con i tedeschi nell’occupazione nazista, al ministro della repubblica di salò firmatario del bando che rese obbligatoria la leva delle classi '22 ‘ 23, deportando 2500 persone nei lager tedeschi.L’uomo che con i suoi ordini sterminò migliaia di etiopi, l’uomo che rivendicò lo sterminio di Debra Libanos (in cui morirono più di 3000 persone), l’uomo firmatario delle leggi razziali, l’uomo protetto ancora oggi da una chiesa complice delle sue atrocità. Sono allora 4 mura intitolate a questa figura un bene pubblico? O sono il tentativo da parte della destra nostalgica di creare un luogo di culto per i vecchi e nuovi fascisti? Proprio perché non ci riconosciamo in questa assurda vicenda e con sentimento di complicità con tutte le persone che ieri hanno combattuto e che oggi combattono contro i vecchi e nuovi fascismi, con spirito di rivalsa verso un gesto che è un insulto alla vita umana e alla Resistenza, vogliamo non far passare questo processo come “un semplice danneggiamento“. Per questo motivo chiediamo un forte sostegno nelle modalità che riterrete più opportune, a tutti gli uomini e alle donne, ad associazioni e movimenti, individualità e collettivi che si riconoscono nei valori della Resistenza. Per una società libera da ogni fascismo e per l’ abbattimento del mausoleo a Rodolfo Graziani.

1° Aprile: sit in dentro e fuori il tribunale di Tivoli Viale Nicolò Arnaldi n, 19 ore 9.30

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Mi perviene una lettera aperta di tre ragazzi che il 1 aprile dovranno comparire davanti al Tribunale di Tivoli per danneggiamento ad un bene pubblico. Si tratta dell’accusa di aver imbrattato “con vernice la scalinata in marmo, due porte e quattro facciate del sacrario denominato “Il soldato”, sito in Affile”. I tre ragazzi fanno alcune considerazioni e chiedono sostegno per un processo “che non deve passare come un semplice danneggiamento”. Ovviamente, io non so come stiano i fatti e quali prove vi siano sugli autori; e, avendo fatto per molto tempo l’avvocato, so che non bisogna mai pronunciarsi su atti che non si conoscono. Ma alcune considerazioni di carattere politico possono e debbono essere svolte; anzitutto per augurare, sinceramente, ai tre ragazzi in questione di poter dimostrare, nel giudizio, la proprio innocenza. Ma poi, colpiscono alcuni fatti di notevole rilevanza. Anzitutto, se è esatto il modo in cui è riportato, nella lettera aperta, il capo d’imputazione, c’è da dire che apprendiamo solo ora che quello è un sacrario denominato “Il soldato”. Da quando? Si è sempre parlato, e ne ha parlato tutta la stampa del mondo, di un sacrario dedicato a Rodolfo Graziani, implacabile e feroce colonialista, fascista e razzista, dichiarato “collaborazionista” (anche per aver firmato un famoso bando della R.S.I. che prometteva la fucilazione per i giovani renitenti alla leva repubblichina) e considerato universalmente un “criminale di guerra”. Qualcuno si è accorto dello scandalo che aveva giustamente suscitato ed ha cercato, praticamente, di “rimediare”? Ma in modo molto ingenuo, perché quello è, per tutti, il sacrario dedicato a Graziani, di cui lo stesso Sindaco del luogo si è dichiarato orgoglioso e contro il quale pende un procedimento penale in fase istruttoria, davanti allo stesso Tribunale di Tivoli. Il cambiamento è, comunque, significativo, anche perché scolora lo stesso atto compiuto dagli ignoti “verniciatori”, che certo non avrebbero reagito in modo simile se non si fosse trattato di una destinazione inaccettabile agli occhi del mondo intero. Ma ancora: l’ANPI ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica di Tivoli, il 29.10.2012, per la creazione del “sacrario” dedicato, appunto, ad un personaggio come Graziani. A tutt’oggi non abbiamo notizie concrete degli esiti di quell’indagine e tantomeno sulle prospettive anche temporali di un auspicato giudizio. Colpisce il fatto che, invece, sia giunto rapidamente a maturazione un episodio, che di quella  vicenda è solo un derivato. Posso comprendere che ogni indagine ed ogni procedimento abbia la propria storia e la propria durata, ma in questo caso, la sproporzione appare assolutamente evidente. E questo deve, necessariamente, essere rilevato con rammarico e preoccupazione.

Carlo Smuraglia, Presidente Nazionale ANPI
Fonte: ANPI News n. 113 – 25 marzo/2 aprile 2014


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Segnaliamo che i documenti del fondo Gasparotto sono online: http://www.criminidiguerra.it/documenti.shtml

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I crimini di guerra italiani sotto inchiesta. Era ora!

•  Martedì, 25 Marzo 2014 08:57
•  Federico Rucco

Era da tempo, da troppo tempo, che questo paese doveva fare i conti con due macigni sulla sua storia. Quello degli “italiani brava gente” e quello dell’impunità assicurata ai criminali di guerra italiani – così come a quelli tedeschi – alla fine della seconda guerra mondiale. Il procuratore militare di Roma, Marco De Paolis, ha finalmente aperto un'inchiesta sui crimini compiuti dai militari italiani nei territori occupati durante la seconda guerra mondiale, in particolare in Grecia, Jugoslavia, Albania. Non è dato sapere se la cosa verrà estesa a Libia ed Etiopia.

Il dott. De Paolis per ora si è limitato a far saper che e' partito un "accertamento conoscitivo" e che e' stato aperto un fascicolo 'modello 45', cioe' "atti relativi a",  ma senza indagati.

A smuovere le acque è stato l'esposto presentato da alcuni cittadini, ispirato da due articoli di Franco Giustolisi, il giornalista che rivelò all'opinione pubblica il famigerato "armadio della vergogna", dove furono chiusi e "provvisoriamente archiviati" nel dopoguerra - per una sorta di "patto segreto" tra Italia e Germania - 695 fascicoli di crimini nazifascisti, riemersi solo negli anni scorsi, quando fu possibile riaprire le indagini e svolgere una serie di processi finiti con decine di ergastoli.
"Dimenticato" in un angolo della procura, non lontano dall'armadio, svela Giustolisi, c'era anche un "carrello della vergogna". Un carrello stipato di incartamenti relativi alle tante stragi commesse, durante l'ultima guerra, dai soldati italiani. Di questi eccidi si occupo' una commissione istituita il 6 maggio 1946 dall'allora ministero della Guerra. La relazione finale, del 30 giugno 1951, e' firmata dal senatore Luigi Gasparotto. Oltre 300 i militari italiani accusati di crimini di guerra dalle varie nazioni aggredite dal fascismo.
Eccidi che sarebbero stati commessi in varie localita' della Jugoslavia, della Grecia, dell'Unione Sovietica, della Francia, dell'Albania. Solo poco piu' di una trentina, secondo la relazione Gasparotto, quelli perseguibili da parte "dell'autorita' competente". Ma nessuno fu processato.
Solo per una di queste stragi - quella di Domenikon, in Grecia, dove furono trucidati 150 civili - il procuratore De Paolis, dopo aver raccolto la denuncia del rappresentante dei familiari delle vittime, gia' da tempo ha riaperto un'inchiesta che in precedenza era stata archiviata. Le indagini della procura militare di Roma avrebbero consentito, secondo quanto si e' appreso, di risalire ai responsabili della strage, che verranno ora iscritti nel registro degli indagati, anche se sarebbero tutti morti. Inevitabile, dunque, la successiva archiviazione.

Recentemente uno degli giovani storici, Davide Conti, ha pubblicato il libro “Criminali di guerra italiani” dove, attraverso un'ampia mole di documenti ufficiali, ricostruisce i crimini di guerra commessi dal regio esercito durante l'occupazione italiana in Albania, Jugoslavia, Urss e Grecia e di cui le alte gerarchie militari avrebbero dovuto rispondere alla fine della guerra. Più precisamente, illustra le trattative, gli accordi, le politiche dilatorie attuate dal governo di Roma per giungere a eludere ogni forma di sanzione giuridica ai danni dei vertici del proprio esercito cosicché i mancati processi, le assoluzioni e la generale impunità ha permesso la narrazione auto-assolutoria degli italiani "brava gente".


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24/03/2014 08:00 | ALTRO - ITALIA | Autore: fabrizio salvatori

Armadio della vergogna. La procura militare di Roma apre un'inchiesta sui crimini fascisti in Grecia, Jugoslavia e Albania

Un'inchiesta sui crimini compiuti dai militari italiani nei territori occupati durante la seconda guerra mondiale, dalla Grecia alla Jugoslavia, all'Albania. L'ha aperta il procuratore militare di Roma, Marco De Paolis, che ha ricevuto un esposto da parte di alcuni cittadini.
De Paolis si limita a dire per il momento che e' partito un "accertamento conoscitivo" e che e' stato aperto un fascicolo 'modello 45', cioe' "atti relativi a", senza indagati. L'esposto, secondo quanto si e appreso, prende in particolare le mosse da due articoli di Franco Giustolisi, il giornalista che per primo svelo' all'opinione pubblica lo scandalo del cosiddetto "armadio della vergogna", dove furono chiusi e "provvisoriamente archiviati" nel dopoguerra - per una sorta di "patto segreto" tra Italia e Germania - 695 fascicoli di crimini nazifascisti, riemersi solo negli anni scorsi, quando fu possibile riaprire le indagini e svolgere una serie di processi finiti con decine di ergastoli.
"Dimenticato" in un angolo della procura, non lontano dall'armadio, svela Giustolisi, c'era anche un "carrello della vergogna". Un carrello stipato di incartamenti relativi alle tante stragi commesse, durante l'ultima guerra, dai soldati italiani. Di questi eccidi si occupo' una commissione istituita il 6 maggio 1946 dall'allora ministero della Guerra. La relazione finale, del 30 giugno 1951, e' firmata dal senatore Luigi Gasparotto. Oltre 300 i militari italiani accusati di crimini di guerra dalle varie nazioni aggredite dal fascismo.
Eccidi che sarebbero stati commessi in varie localita' della Jugoslavia, della Grecia, dell'Unione Sovietica, della Francia, dell'Albania. Solo poco piu' di una trentina, secondo la relazione Gasparotto, quelli perseguibili da parte "dell'autorita' competente". Ma nessuno fu processato.
Solo per una di queste stragi - quella di Domenikon, in Grecia, dove furono trucidati 150 civili - il procuratore De Paolis, dopo aver raccolto la denuncia del rappresentante dei familiari delle vittime, gia' da tempo ha riaperto un'inchiesta che in precedenza era stata archiviata. Le indagini della procura militare di Roma avrebbero consentito, secondo quanto si e' appreso, di risalire ai responsabili della strage, che verranno ora iscritti nel registro degli indagati, anche se sarebbero tutti morti. Inevitabile, dunque, la successiva archiviazione.



(italiano / francais / english)


NATO Aggression against Russia via the Ukraine


*** ULTIMORA DA KIEV: Regime Poroshenko lascia assaltare ambasciata russa dalla canaglia di "Pravy Sektor"
I nazi-europeisti vogliono replicare Odessa e tirare per i capelli la Russia fino a coinvolgerla in un conflitto che sarà necessariamente mondiale
LA DIRETTA VIDEO: http://www.ustream.tv/channel/vichekyiv ***


1) NATO IS THE AGGRESSOR – The German Freethinkers Association on the crisis in Ukraine
2) Les “observateurs de l’OSCE”, n’étaient ni des observateurs, ni de l’OSCE (Dj. Kuzmanovic, 9 mai 2014)
3) 
NEWS: Bloody offensives agains Donetzk - Luhansk -  Slavyansk / Kiev lancia offensiva contro il Donbass antifascista, è strage. USATE ANCHE BOMBE A FRAMMENTAZIONE E AL FOSFORO
4) Battaglione "Azov" porta la morte a Mariupol. MA RAINEWS 24 SI EMOZIONA SOLO PER I BACI DEI NAZISTI ALLE FIDANZATE
5) Centri di detenzione per la pulizia etnica dell'Ucraina sudorientale con fondi UE
6) La crisi ucraina diventa nucleare. L’assalto neonazista alla centrale nucleare di Zaporozhe (Tony Cartalucci Global Research, 17 maggio 2014)
7) 15 giugno 2014: NAVE DELLA MARINA MILITARE ITALIANA PARTE PER IL MAR NERO


Vedi anche:

Il punto di Giulietto Chiesa 
13 06 2014 - … sul contratto che vedrebbe l’acquisto, da parte della Shell e Chevron di oltre 7000 kilometri quadrati di terreno ucraino, per estrarne il gas da scisti bituminosi. Indovinate di quale regione si tratta…? La distruzione del Donbass adesso ha un senso. L’Ucraina è una colonia.

Dall'Ucraina al Venezuela: mercenari e golpisti (Higinio Polo)

Ukraine regime claims control of key port city (Patrick Martin / WSWS, 14 June 2014)
   
Massenmord im Donbass:
http://www.jungewelt.de/2014/06-05/064.php

Obama backs state terror against eastern Ukraine (Bill Van Auken / WSWS, 5 June 2014)
http://www.wsws.org/en/articles/2014/06/05/ukra-j05.html

QUANTA GENTE DEVE ANCORA MORIRE…?
Pubblicato il 09/giu/2014 - Una recentissima ed esclusiva testimonianza, molto evocativa di un soldato separatista in Ucraina dell'est…

ALTRI VIDEO:
http://rutube.ru/video/c57436a4e66efd74fe37b50b83afaff3/
http://rutube.ru/video/82c6f86eac4f6d803a3b9fddc9d8d077/
http://rutube.ru/video/16cab01f2aec3b44f2b84aa49e8a808d/

La verità sulla strage di Odessa
Uccisi come animali, uno per uno. Una vera e propria esecuzione di massa premeditata. In parte confermata dai reporter presenti. Un crimine contro l'umanità.
Franco Fracassi - 8 maggio 2014

PandoraTV sulla strage di Odessa:

Russia. Putin si scaglia contro i revisionisti della Seconda Guerra Mondiale
Scritto da: G.B. il 19 maggio 2014 … In particolare Putin ha sottolineato come questo sia avvenendo in Ucraina, ma chi lo ascolterà? 


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Sunday, 8 June 2014

NATO IS THE AGGRESSOR – The German Freethinkers Association on the crisis in Ukraine

Since the coup in Ukraine on 22nd February 2014 and in particular following the developments on the Crimean peninsula in the Black Sea, a political campaign in the media has begun to roll in the USA and in NATO and EU countries, which hysterically accuses Russia and in particular the Russian president, Vladimir Putin, of reckless power politics and of “stealing land” in violation of international law. The incorporation of the Crimea into the Russian Federation has been branded as “annexation in violation of international law” by leading NATO governments.

With this campaign, the real character of the crisis in Ukraine is to be disguised as an anti-Russian manoeuvre and further hostile acts towards the Russian Federation are to be prepared psychologically.

It is at first astonishing that countries that have up to now continually violated international law, including the attack on the Federal Republic of Yugoslavia in 1999, the invasion of Afghanistan in 2001 and that of Iraq in 2003, the recognition of the sovereignty of Kosovo in 2008, so obviously operate a double standard when it comes to judging Russian actions.

Those same people who would have us believe that Germany’s security interests are being defended in distant Afghanistan deny Russia the right to look after its indisputable security interests in its immediate vicinity. And that is even the case in view of the striking difference that in the defence of German interests in Afghanistan a General Klein once ordered a massacre on more than 100 civilians while the Crimea joining the Russian Federation took place without a single violent act on the part of Russia and in complete agreement with a large majority of the population of the Crimea.

Those same people who recognised Kosovo on the basis of a one-sided declaration of independence by the provincial government against the will of the legitimate central government in Serbia deny the Russian Federation the right to fulfill the wish of the population in the Crimea for incorporation, a wish expressed through a referendum with a result that speaks for itself, at a time in which a legitimate central government does not exist in Ukraine.

Ukraine’s sovereignty violated through a putsch inspired by NATO

The arguments which are supposed to prove that Russia has violated international law are based abstractly on the premise that Russia has cut off a piece of a sovereign state out of the blue. What had really happened in Ukraine, however, was that the government in Kiev, formed legally and recognised internationally, was brought down in a violent putsch. Forces loyal to NATO supported this act of violence through various canals. The so-called “interim head of government”, Arseniy Yatseniuk, is a notorious NATO collaborator.

This constituted hidden NATO aggression against Ukraine. From the very beginning, it was clear that the putsch government had no control over large parts of the country. Nevertheless, it was quickly recognised as the legitimate representation of the country by the USA and NATO and EU states. The sovereignty and territorial integrity of Ukraine was violated by NATO governments.

For it was the USA, NATO and the EU that in this way in reality brought a part of Ukraine under their influence in violation of international law and vioating the constitution of Ukraine. No one elected the so-called “interim government” in Kiev; it was put there in place of the old national government through illegal and violent means. Straightaway, the EU concluded the first part of an association agreement with the leaders of the putsch – a treaty in line with international law which even includes the “integration” of Ukraine into the military structures of the EU. And that is the case even though parts of the country are still controlled by the previous legitimate organs of the state. In reality this means that the western countries mentioned have basically separated the west of Ukraine from the rest of the country. They are the ones that in truth have “created facts” – an accusation which they incessantly direct towards Russia.

Under these circumstances, one cannot talk of annexation when it comes to incorporating the Crimea into the Russian Federation. It reflects the voluntary act of joining Russia by the remaining sovereign part of Ukraine. For the Crimea was the only part of the country in which there was still unrestricted law and order after the putsch. As both the population of the Crimea and also Russia’s strategic interests in the Black Sea were in danger after the events in Kiev, it was necessary to act quickly. Consultation with western “partners” was out of the question as these had already, without consideration for Russia and the Ukrainian people, supported the putsch refusing all dialogue and recognised the putsch government, and thus pressurising the Crimea and Russia to act.

If the Crimea had not joined the Russian Federation, then, as President Putin said on 18th March 2014, “the NATO fleet would have appeared in Sevastopol, the city of Russian glory; which would not have been a nebulous danger, but a very concrete danger for the whole of the south of Russia.”

The claim that the Crimea joined Russia after a Russian “invasion” has turned out to be a lie. It is a known fact that the Russian Black Sea Fleet was stationed in Sevastapol in accordance with a valid treaty between Russia and Ukraine, and that Russia was allowed to have 25,000 troops stationed in the Crimea. There is no proof to confirm claims that this number was exceeded after the putsch in Kiev, and Russia denies these claims too.

The most important fact is, however, that Russian soldiers were not only in the Crimea legally, but also with the consent of the regional authority and the obvious wish of the population, and remained completely peaceful. During the alleged “Russian invasion” there was no single act of violence and not even an attempt to provoke the enemy –a sign of how close the ties with Russia are amomg the Crimean population.

The self-defence forces in the Autonomous Republic of Crimea were also used as a further sign of a “Russian invasion”. Directly after the putsch in Kiev, they had taken up position in front of public buildings and military facilities with the clear aim of defending constitutional law against the supporters of the putsch. As they wore uniforms “without identification badges”, it was clear for the West that they had to be Russian soldiers. By contrast, the “demonstrators on the Maidan” in Kiev, the majority of whom also wore uniforms without identification badges, were not identified as NATO soldiers.

Russia emphasized that it did not have any command over the Crimean self-defence forces. The main difference, however, is that they were acting in full agreement with the large majority of the population in protecting constitutional law and not like the thugs in Kiev breaking it. It is an excellent example of the two-facedness of our rabble-rousing media celebrating the bloody putsch in Kiev as a breakthrough for democracy and at the same time branding the purely passive protection of organs of the state in the Crimea as Russian intervention.

International law: Crimea and Kosovo-Metohija

From Yugoslavia to Syria, the USA/NATO/EU have continually been waging wars – and always in demonstrative disregard for and violation of international law. And now suddenly they are playing protectors of international law and repeatedly implore the “territorial integrity of Ukraine”.

The German Freethinkers Association has always stressed the defence of international law as the most important task of the anti-war movement and continues to do so also with regard to the apparent change in role of the NATO warmongerers. While the former German chancellor Gerhard Schröder has frankly admitted in the meantime that with the NATO aggression against Yugoslavia in 1999 international law was violated (even though he still has to voluntarily allow legal proceedings against himself), the majority of commentators still insist that NATO “did the right thing” in Kosovo – an argument that Russia canot rely on in their eyes for the situation in the Crimea is totally different.

Indeed, the two cases are totally different – but for exactly the opposite reasons than the warmongerers claim. It is basically valid that international law does not forbid secession or a declaration of independence. In this respect, Vladimir Putin, in his speech of 18th March 2014, cites the USA’s memorandum of 17th April 2009 to the International Court of Justice on Kosovo: “Declarations of independence can, as often is the case too, violate domestic law. But that does not mean that international law is violated through this.”

Whereas international law sees secession as an inner-state affair, it does not allow any group to split from the original state without its agreement. However, as a result of the foreign aggression against Ukraine, no legitimate and functioning Ukrainian authority was left which would have been able to contradict the Crimea joining the Russian Federation – a move which in fact was taken as a measure of protection against this said aggression.

What international law explicitly forbids is the change in the territorial sovereignty of a sovereign state with the aid of foreign aggression. In Kosovo, the USA and NATO at first built up a terror organisation, armed it and trained it, smuggled in reactionary Islamist mercenaries, and then as the air force of this terror organisation, in crass violation of international law, waged 79 days of bomb warfare on Yugoslavia. Nevertheless, their military success remained limited and they had to accept the territorial integrity of the state attacked, including Kosovo, in the peace agreement, and this was sealed with UN Resolution 1244.

Under its military protection, NATO allowed ethnic cleansing to occur in the Serbian province Kosovo and Metohija and elevated the terror and mafia structures to the “government” of a separate state, the international recognition of which it has been organising ever since. This secession has been invalid from the very beginning because it was initiated through a foreign war of aggression and because it violates the valid resolution UNSCR 1244. Neither has a war of aggression been waged against the Crimea or the Ukraine, nor can any rule be found in international law which demands that the Crimea belongs to Ukraine eternally. Indeed, in an act of national self-determination, the population of the Crimea has become independent as a part of the Ukraine and constituted themselves as their own sovereign state. The new state fulfilled all the requirements under international law for the de jure recognition by other states. No rule in international law forbade the Russian Federation from accepting the new state’s request to join its federation. Thus, the secession of Kosovo from Serbia violates international law; the Crimea joining the Russian Federation on the other hand does not.

Everything that has happened in the Crimea in recent weeks, including joining the Russian Federation and the integration now slowly taking its course, has been a reaction to the putsch in Kiev and the negation of Ukraine’s sovereign rights through NATO and the EU. And this reaction was to be expected and was consciously calculated by the foreign supporters of the “Euromaidan”, including the sanctions imposed on Russia as a “penalty” and the “aggravation of the tone of voice”, the linguistic symptom of the increasing aggression.

Fight against fascism in Ukraine

Since the Crimea’s peaceful joining of the Russian Federation, the conflict in Ukraine has taken on a violent form. Further parts of the country in which there are a majority of Russian-speaking inhabitants have continued their resistance against the putsch regime in Kiev.
The regime calls the resistance fighters “terrorists”; the media, loyal to NATO and on the same wave length, call them “pro-Russian separatists”. Both terms turn the basic situation in Ukraine upside down – as the propaganda against the Crimea joining Russia had already done: the present rulers in Kiev were brought to power using terror, and it was the leaders of the putsch who created a separate state in the west of Ukraine because, from the very beginning, they could only take control of the western part of Ukraine.

The junta in Kiev is trying to break the resistance with military force. It has made the gangs of fascist thugs from the “Euromaidan” servants of the state, armed them and dressed them as the “national guard”. They have sent in tanks against the people in the east and south of Ukraine, set fire to the trade unions building in Odessa, and have exerted naked terror against communists, trade unionists, Russian-speaking people and members of minorities. They excluded the communist faction from meetings of parliament, attempted to kill the leader of the Ukrainian Communist Party, Petro Simonenko, by setting his car on fire and are working to ban the Communist Party completely. The “western community based on values” supports this fascist terror to conquer the resistance so that NATO can take control of the strategically important Donetsk Basin.

As a reaction and a measure of protection, the population in the areas around Donetsk and Luhansk chose to form independent states with the options of either extensive autonomy within a federal Ukraine or joining the Russian Federation. The resistance did not develop from a striving to separate, but from the defence of constitutional order, which up until the putsch had been valid in the whole of Ukraine. It would be factually correct and more honest to talk of separatists in Kiev loyal to NATO. It is clear to see that the political judgement of these events and with regard to international law is the same as in relation to the Crimea: through the coup in Kiev on 22nd February Ukranian national territory was torn apart; on the basis of international law, Ukraine stopped existing as a state within its previous borders, and if anyone can assert a claim to be its legal successor, then it is those areas in the east showing resistance.

No matter how the crisis in Ukraine continues to develop, it has to be said that it was triggered off by the policies of the USA and its allies in NATO and the EU and continues to be intensified. With Ukraine, a further country is to be opened for those major banks and groups of companies which operate globally, and which strive to subjugate the wealth of the whole world to their monopolistic tribute system. The supranational “world order” which NATO and the EU are striving for is the global supremacy of a handful of super-rich people in the western world and in a few other countries.

In their striving for global supremacy they grasp if need be – as had already been practised before historically – the fascist form of rule. This is a merciless declaration of war on the life interests of all peoples and means that the national aims of self-determination, sovereignty of the people and democracy can only be achieved in the irreconcilable fight against the global rule of finance capital.

A new world war?

Direct military aggression by NATO against Russia seems to be becoming clearer on the horizon, and this is nothing more than the perspective of the way into a new world war.

Unlike the era one hundred years ago, when, in the First World War, two enemy alliances of similarly rapacious superpowers fought against each other with the aim of redistributing the world, today the historic centres of imperialism, the USA, the EU and Japan, form a global system of alliance. However, that does not mean that the inner-imperialistic contradictions and competition has disappeared and that the participants would not try to gain advantages at the others’ cost. The so-called triad under the leadership of Washington has been pursuing a strategy of the “new world order” ever since the demise of the socialist states in Europe.

The series of intervention and aggression unleashed within this strategy is directed against the countries which appear in this constellation either as “rivals” (Russia, China, India, Brazil etc) and/or “disturbers” (Yugoslavia, North Korea, Syria, Iran, Cuba, Venezuela etc). This new scenario which could lead to another world war is the expression of the metamorphosis of imperialism. The monopoly capitalism of the last century has developed through the phase of state monopoly capitalism to today’s transnational monopoly capitalism.

The monopoly capitalists operating transnationally which dominate imperialism today count on the power apparatus of nation-states and yet at the same time are in crass contradiction to what is national. They thus undermine national self-determination and sovereignty of the people as a foundation for any form of democracy; they destabilise whole states and do not even refrain from destroying them completely.

Transnational groups, however, do not form any monolithic syndicates, but continue to belong to different capital factions with sometimes contradicting interests. These conflicts of interest also lead to different positions on the question of war and peace, and peace activists can and must take advantage of these differences to defend peace.

There are growing signs that capitalism is entering its end phase, in which it will no longer have the ability to integrate the whole of the world population organically into the capitalist world system. The gap between rich and poor is growing. The inequal development of countries and states is getting worse. The capitalist economic system can only offer the mass of the earth’s rural population, at least still half the world population, the fate of marginalisation and impoverishment.

The world crisis holds both the chance of revolutionary changes towards a continuing development towards a socialist society, but at the same time a real danger: that a massive military destruction of production capacity and “surplus” population could appear to the imperialist powers as the only “way out” if they are to maintain their “world order”.

There is no secret about Russian interests

Even the imperialist destabilisation of Syria, which is home to the Russian marine’s only Mediterranean base, is not least directed against Russia. Taking control of Ukraine is first and foremost a declaration of attack on Russia. NATO’s anti-Russian acts, which began with the attack on Yugoslavia in 1999 and continued with NATO’s extension eastwards, then the missile shield and the Georgian attack on Southeast Ossetia in 2008, have now reached a new quality with the isolation of the Crimea in the fact that for the first time a major pillar of Russia’s security architecture has been threatened.

Exactly analogous to previous wars, the war propagandists in the NATO countries are trying to drum into their peoples that the aggression is in reality defence against Russia, which they depict as the true aggressor.

Peace activists are called upon to become aware of the real context and to consequently explain the facts about this. Such explanation must include the categorical rejection of all views that Russia is at least partly to blame for the escalation of the crisis. Many of those who honestly reject NATO aggression state that indeed in principle Russia is “not any better” as it only pursues its own interests of course.

But what interests does the Russian Federation pursue? Its prime interest is stability, both at home and also in international relations. Maintaining its security architecture is also necessary for this stability; that is why Russia has a particular interest in the stability of countries which are home to Russian military bases. Russia has an interest in the development of its economy. This goes in line with the interests already mentioned as the Russian economy needs security and stability for the development of its economy. These are the Russian interests. They are the type of interests no-one can accuse a country of having and pursuing.

But in which way does the Russian Federation pursue these interests? Does Russia attack and occupy other countries – as NATO does? Does Russia finance, arm, house and train terrorists which commit massacres on the civilian population of foreign countries in order to cause chaos there – as a coalition from the USA, NATO countries and Gulf states are currently doing in Syria? Does Russia authorise itself to strangle other countries with sanctions in order to force its will upon them? Does Vladimir Putin issue a list of persons every week to have them eliminated by the means of drones on the territory of foreign sovereign states – as Barack Obama does? Does Russia board ships under the flag of foreign countries in international waters – as Israel does?

Russia’s policies towards maintaining its interests mentioned have so far been marked by restraint and concessions. Wherever something had to be used to counter a hostile measure Russia never got anywhere close to exhausting the arsenal of legitimate counter measures. Russia’s interests coincide with the will for peace of the largest part of humanity. Peace activists must recognise this fact.

Prevent war – solidarity with Russia!

The perspective of a war against Russia has apocalyptic features for Germany and Europe. The only chance of defending peace is in rapprochement towards Russia. The Russian Federation is the protector of peace in Europe. This is the practically important fact of knowledge that must be used to counter NATO’s constantly intensified anti-Russian propaganda.

A third world war can only be avoided at Russia’s side. Only in solidarity with Russia can the peace movement, particularly in Germany, become a factor to be taken seriously again. Only in alliance with Russia has our demand “Germany out of NATO – NATO out of Germany” a realistic perspective of being implemented.

A half-hearted position of “equidistance” somewhere in the middle between NATO and Russia has never been so wrong and as dangerous as it is now. It could at best lame a little the propaganda unleashed to create jingoism among the masses, but above all it lames the resistance against the war. For if the lie about Russia being the threat is not decisively rebuffed, then NATO’s central and psychologically most effective reason for the escalation of war will remain.

In view of the danger of also being affected by a war, more people in Germany in particular have been alarmed by the anti-Russian campaigns; they want to know the truth about such vital contexts. Surveys and opinion columns show that the large majority of the population rejects the West’s course of confrontation against Russia.

The German Freethinkers Association warns against the further worsening of the confrontation between the West and Russia. We demand the end to the creation of enemy concepts and disinformation as well as the anti-Russian campaigns and the demonisation of President Putin.

The USA’s strategy is heading for a division of Europe and confrontation with Russia and harms the interests of European countries. Europe belongs to all peoples and nations of Europe; it needs peaceful coexistence between all countries and nations. This requires taking into consideration the mutual interests and partnership with both Ukraine and Russia.

We show our solidarity with the communists, anti-fascists and democrats in Ukraine who, in spite of persecution, stand up against revisionism of history, Russophobia and national chauvinism. We stand up for friendship with Russia together with them.

Therefore, we are calling for:

1. No support for the US strategy of dividing Europe by rebuilding an Iron Curtain

2. No sanctions against Russia – in particular as they damage economic interests and harm the labour market in Germany and European countries; they also damage interest in stable relations and partnerships

3. Stop NATO’s extension eastwards and the military isolation of Russia through encirclement; NATO must not move forward to Russia’s borders and Ukraine must not be incorporated into the military structure of the EU

4. Support for a democratic Ukraine, without fascism and revanchism, with the same human and civil rights and full freedom of religion and weltanschauung for all irrespective of their ethnic origin, and with good neighborly relations with western Europe and the Russian Federation

5. No taxpayers money for the financial and logistic support for fascist organisations and no financial support for their training



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Les “observateurs de l’OSCE”, n’étaient ni des observateurs, ni de l’OSCE


9 MAI 2014 |  PAR DJORDJE KUZMANOVIC


En fait de membres de l’OSCE, il s’agissait de militaires allemands et européens travaillant pour la Bundeswher (armée allemande) dans le cadre d’un partenariat bilatéral signé avec les nouvelles autorités de Kiev. Les présenter à longueur d’article comme des membres de l’OSCE relève au mieux de l’incompétence crasse, au pire, c’est un mensonge volontaire et collectif grave.

Les médias français de masse, dans leur vaste majorité et à quelques notables exceptions près (l’Humanité, Le Monde Diplomatique, quelques journalistes de Marianne, rue89 et Mediapart…), font malheureusement preuve d’un atlantisme débridé que même la plus élémentaire compassion ou tout simplement la vérité ne détournent pas de leur travail de manipulation des consciences. Le cas de l’Ukraine est une anthologie de propagande éhontée.

L’histoire des “membres de l’OSCE pris en otages” en est un exemple saisissant. Nos médias aux ordres de Washington l’ont répété à l’envie : “des membres de l’OSCE ont été pris en otages”... Ces dizaines de journalistes sur qui repose l’information de millions de citoyens ne se sont même pas donné la peine de vérifier sur le site de l’OSCE si ces “otages” étaient bien membres de l’OSCE.

Or en fait de membres de l’OSCE, il s’agissait de militaires allemands et européens travaillant pour la Bundeswher (armée allemande) dans le cadre d’un partenariat bilatéral signé avec les nouvelles autorités de Kiev. Les présenter à longueur d’article comme des membres de l’OSCE relève au mieux de l’incompétence crasse, au pire, c’est un mensonge volontaire et collectif grave.

 

Le récit d’un mensonge.

Le 25 avril, on annonçait dans les médias que plusieurs “membres de l’OSCE” avaient été pris en otage à Slaviansk par les “pro-Russes” : huit “observateurs européens” et leurs quatre accompagnateurs ukrainiens. Huit jours plus tard, le 3 mai 2014, les mêmes médias annonçaient en chœur la “libération des membres de l’OSCE et de leurs accompagnateurs ukrainiens pris en otage” et se félicitaient de leur bonne santé en les élevant au rang de héros.

Pendant plus d’une semaine, cette histoire sera l’occasion pour la vaste majorité des médias de laisser comprendre que les “pro-Russes” de l’est de l’Ukraine avaient séquestré des membres d’une organisation internationale faisant leur légitime travail. Il a été fortement insinué que la Russie avait une responsabilité importante dans cette “prise d’otage”. Le récit a été répété ad nauseam dans le cadre d’une vaste campagne de propagande anti-russe et de légitimation du sulfureux gouvernement de Kiev.

 

La vérité derrière le récit médiatique

Le problème, c’est que dès le 25 avril au soir, jour de “la prise d’otage des membres de l’OSCE”, Claus Neukirch , directeur adjoint du Centre de prévention des conflits de l’OSCE - un diplomate de premier plan de l’OSCE donc -  tenait les propos suivants sur la première chaîne autrichienne, l’ORF  :

-          Les personnes retenues n’étaient pas membres de l’OSCE

-          Compte tenu du fait que ce ne sont pas des membres de l’OSCE, celle-ci ne négocierait pas leur libération

-          L’OSCE n’avait fait aucune estimation des risques encourus pour cette mission puisque… ce n’était pas une mission de l’OSCE (la journaliste semblait, déjà, avoir du mal à comprendre).

-          Il s’agissait d’observateurs militaires européens œuvrant dans le cadre d’une mission militaire bilatérale entre l’Allemagne et l’Ukraine pour le compte d’une branche des forces armées allemandes, la "Zentrum für Verifikationsaufgaben der Bundeswehr" (Centre de vérification de la Bundeswehr)

-          Fort logiquement, les négociateurs étaient les autorités allemandes.

La vidéo originale de l’interview de M. Claus Neukirch étaient visible directement sur le site de l’ORF, mais le lien y a été supprimé.

 

Le maintien d’une fausse version malgré le démenti officiel

Et pour cause : suite à ce démenti de bonne foi fait dans l’immédiat face à des propos erronés tenus par un journaliste, il n’y en aura plus d’autres.

Pas de démentis formels de la part de l’OSCE, de l’OTAN ou d’une quelconque chancellerie occidentale.

Seul le site du ministère des affaires étrangères russe indiquait qu’il ne s’agissait pas de membres de l’OSCE.

Les médias auraient pu aisément vérifier cette affirmation. Mais là encore aucune enquête sérieuse de la part de journalistes.

Le récit mensonger était lancé, il pouvait continuer son œuvre, parmi tant d’autres récits de propagande bellicistes qui risquent de détruire les dernières chances de résolution pacifique du conflit.

 

Un travail journalistique honnête aurait pu permettre de constater que sur le site de l’OSCE on ne trouvait :

-          Rien sur cette prise d’otages. Etonnant pour une organisation comme l’OSCE de ne pas communiquer sur une prise d’otages potentiellement dangereuse pour la vie de ses membres. Un document interne et public de l’OSCE, "OSCE monitoring mission to Ukraine: The facts" en date du 28 avril, rédigé donc après la prise d’otages, ne fait aucune mention de quelconques otages de l’OSCE retenus en Ukraine. Une telle omission dans un document officiel traitant des “faits de la mission de surveillance de l’OSCE en Ukraine” rédigé trois jours après la date de “la prise d’otage” serait le moins bizarre.

-          Pendant la semaine qui suivra le 25 avril, pas une ligne sur d’éventuelles négociations, ni commentaires sur l’état des otages.

-          Le 3 mai, rien non plus sur la libération de ces “otages”. Etonnant… les organisations internationales, les grandes ONG ou les medias communiquent fortement lorsqu’ils récupèrent leurs membres pris en otages.

-          En fait si, on pouvait trouver ce communiqué :

"OSCE Chairperson-in-Office and Swiss Foreign Minister Didier Burkhalter expressed his gratitude to all participating States involved in the efforts for the release of the seven military inspectors and their Ukrainian hosts who were detained in Sloviansk by a group of armed individuals" (Le Président en exercice de l’OSCE et ministre des Affaires étrangères suisse, Didier Burkhalter, a exprimé sa gratitude à tous les Etats participants impliqués dans les efforts pour la libération des sept inspecteurs militaires et leurs hôtes ukrainiens qui étaient détenus à Sloviansk par un groupe d’individus armés) ; là encore, aucune mention de leur appartenance à l’OSCE.

 Enfin, pour les plus paresseux, il suffisait de jeter un œil sur le compte Twitter de l’OSCE, ils auraient pu y lire :

OSCE@OSCE Apr 25

2/4 All members ot the OSCE Special Monitoring Mission and OSCE/ODIHR observers are safe and accounted for

(2/4 Aucun des membres de l'OSCE de la Mission Spécial de Surveillance ou des observateurs OSCE/ODIRH ne manquent à l’appel)

 

Le mandant de l’OSCE était d’envoyer des observateurs civils, pas des militaires

Et pour cause : dans un autre document de l’OSCE, en date du 21 mars 2014, "Décision N° 1117 Déploiement d’une mission spéciale d’observation de l’OSCE en Ukraine", soit le mandat de la mission de l’OSCE en cours au moment des faits, il est précisé dans l’article 6 que ce sont 100 observateurs civils qui seront déployés en Ukraine ; il n’est aucunement question d’“observateurs militaires”.

6. La Mission spéciale d’observation sera constituée dans un premier temps de 100 observateurs civils qui travailleront, le cas échéant, 24 heures sur 24 et sept jours sur sept en équipes. L’observateur en chef informera la Présidence, le Conseil permanent et le pays hôte des modalités concrètes, en fonction des besoins sur le terrain. Selon qu’il conviendra et en fonction de la situation, les effectifs de la mission pourront être augmentés de 400 observateurs supplémentaires au total. Les observateurs seront déployés initialement à Kherson, Odessa, Lvov, Ivano-Frankivsk, Kharkiv, Donetsk, Dniepropetrovsk, Tchernivtsi et Louhansk. La mission sera basée à Kiev. Tout changement au niveau du déploiement fera l’objet d’une décision du Conseil permanent.

Notons enfin, que seul EuroNews fournira une information précise le jour de la libération des “otages”, et encore, sur le prompteur en bas de l’écran : "L’OSCE se félicite de la libération des observateurs militaires européens” (“European military observers”) sans jamais mentionner qu’ils sont membres de l’OSCE.

On pourrait se dire à la lumière de la sociologie des médias qu’il s’agit là d’une malheureuse erreur : les médias voient leurs crédits coupés, en particulier pour les enquêtes longues portant sur les questions internationales, et sont enjoints à produire des nouvelles toujours plus vite dans un environnement hautement compétitif, d’où une forte tendance à se copier les uns les autres pour le bon comme pour le moins bon, les stagiaires et pigistes mal payés y sont surreprésentés, etc., etc.

Même si c’était le cas, constatons alors que “l’erreur” se transforme en une propagande répétée massivement pour convaincre le citoyen de suivre les ordres du bon maître, le persuader que le coupable et donc le mal dans tous les événements d’Ukraine serait la Russie et que le bien et la vertu seraient incarnés par l’Occident sous le drapeau de l’OTAN, et par son guide suprême : les Etats-Unis. Et malheureusement ça marche. Comme l’écrivait Aldous Huxley dans Le Meilleur des mondes, “64 200 répétitions font la vérité”.

 

C’est de la criminalité de clavier, car cette propagande a des conséquences lourdes : elle attise les haines, tend des situations déjà difficiles, crispe les camps sur leurs positions. Comment d’ailleurs les “fédéralistes” et “pro-Russes” d’Ukraine de l’est pourraient-ils percevoir autrement cette histoire des “otages de l’OSCE” sachant bien qu’il ne s’agit pas de membres de cette organisation ? Ils ne peuvent que se sentir visés par une campagne de désinformation coordonnée et délibérément orientée contre eux.

Comment les vrais et nécessaires observateurs de l’OSCE pourront-ils demain travailler sereinement sur le terrain ? Ce mensonge ne les met-il pas en danger ?

Le plus grave, c’est que le mensonge ici décortiqué n’est qu’un exemple parmi tant d’autres. Comment, alors qu’on travaille ainsi à diaboliser systématiquement les contestataires de l’est de l’Ukraine, pourra-t-on restaurer la confiance entre différentes populations de ce pays, sans laquelle il n’est pas de destin commun possible ?

Cet épisode rappelle le devoir de chaque citoyen tel que le formulait dans son discours à la jeunesse le grand Jaurès assassiné il y a 100 ans : “le courage c’est de chercher la vérité et de la dire ; c'est de ne pas subir la loi du mensonge triomphant qui passe, et de ne pas faire écho, de notre âme, de notre bouche et de nos mains aux applaudissements imbéciles et aux huées fanatiques ”.



=== 3: NEWS ===

Source of the english-language news is the Stop NATO e-mail list.
Home page with archives and search engine: http://groups.yahoo.com/group/stopnato/messages
Website and articles: http://rickrozoff.wordpress.com


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Kiev lancia l’offensiva contro Donetsk, è strage

Martedì, 27 Maggio 2014
Marco Santopadre

Mentre a Kiev l’oligarca Poroshenko e il figlioccio politico di Angela Merkel, Vitali Klitschko, festeggiavano rispettivamente la vittoria alle elezioni presidenziali di domenica e l’elezione a sindaco della capitale, l’esercito e le bande neonaziste lanciavano ad est un assalto in grande stile contro le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk. 

Le notizie dal fronte sono ancora confuse, ma si parla di asprissimi combattimenti e di una offensiva massiccia da parte delle forze fedeli alla giunta golpista appena legittimata dal voto. D’altronde il neoeletto Poroshenko, che in campagna elettorale ha promesso il dialogo con le popolazioni russofone e l’avvio di una riforma federalista dello stato, ha in realtà immediatamente annunciato la ripresa immediata delle operazioni militari contro le repubbliche indipendentiste che non ne riconoscono l’autorità.
Secondo un bilancio provvisorio delle vittime della battaglia per il

(Message over 64 KB, truncated)


(english / italiano)

Ucraina: le Repubbliche Popolari del Donbass e i comunisti

1) Appello del popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk alla comunità mondiale
2) I comunisti ucraini e le sinistre europee. Intervista a Petro Simonenko, leader del PCU
3) Interview with Sergei Kirichuk, leader in exile of BOROTBA
4) Victor Shapinov (BOROTBA): Ukraine’s Donbass is today’s Vietnam
5) Evgenyj Tsarkov (PCU): Chi ha effettivamente guadagnato dalla vittoria del Majdan


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Appello del popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk alla comunità mondiale

da kprf.ru | Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Il sito del Partito Comunista della Federazione Russa ha diffuso il seguente testo dell'appello

Noi, il popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, in questo momento critico ci rivolgiamo alla comunità mondiale con la richiesta di aiuto immediato e di una risposta immediata a ciò che sta accadendo nella nostra terra, in relazione alla minaccia che incombe su di noi dell'annientamento da parte delle forze nazi-fasciste, che vengono usate dal regime dell'Ucraina.

Dichiariamo che il nostro unico desiderio è rappresentato dall'aspirazione a vivere in conformità con le nostre tradizioni e costumi storici, con la nostra cultura e le nostre abitudini, in pace e in rapporti di buon vicinato con tutte le nazioni, i popoli e gli stati che non mostrano ostilità nei nostri confronti.
Il nostro è un popolo lavoratore e creativo, ma è stato costretto a imbracciare le armi per proteggere la vita e il proprio futuro, poiché non gli è rimasta altra scelta. Noi non abbiamo mai mostrato aggressività nei confronti di alcuno stato o popolo, non abbiamo mai perseguito obiettivi di espansione e di annessione di altri territori. Noi resistiamo per la nostra terra e per le nostre famiglie, e resisteremo fino alla fine. Non è la prima volta che succede nella storia.

E' stato così negli anni della Seconda Guerra Mondiale, quando le orde degli occupanti fascisti calarono sulla nostra terra pacifica. Al prezzo di colossali perdite umane e di uno sforzo immane, l'Unione Sovietica insieme agli altri stati che sostenevano la pace nel mondo sconfisse il fascismo hitleriano, che aveva portato anche nella nostra terra un immenso dolore e fiumi di sangue. Ed ecco ora, dopo più di 70 anni, la peste bruna ha di nuovo alzato la testa. Non c'è bisogno di elencare le incalcolabili azioni fasciste che si svolgono nell'Ucraina di oggi. Kiev, Odessa, Khmelnitsky, Slovyansk, Kramatorsk, Donetsk e molti altri luoghi sono bagnati oggi dal sangue di pacifici cittadini, colpevoli solo di opporsi alla politica contraria ai valori umani delle autoproclamatesi autorità ucraine, che si sono impossessate con la forza della guida del paese.

Oggi, quando non ci è rimasta altra scelta che quella di morire senza sottometterci a fascisti privi di umanità o di sollevarci in difesa della nostra vita e di quella delle nostre donne, dei vecchi e dei bambini, abbiamo scelto la via della lotta. Ma siamo ben consapevoli che la nostra lotta, nonostante la nostra determinazione, senza l'aiuto della comunità mondiale, schierata a difesa della pace nel mondo, sarà più dura.

Secondo quanto apprendiamo da fonti attendibili, le autorità ucraine che agiscono di concerto con gli Stati Uniti si stanno preparando a una resa dei conti che ricoprirà completamente di sangue la nostra terra. In questa operazione di pulizia non verrebbero risparmiati nemmeno le donne e i bambini. Questo scenario fascista dovrebbe essere portato a compimento in tempi brevissimi. Noi, il popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, siamo pronti a far fronte al nemico, che porta la morte a noi e ai nostri figli. Ma ci auguriamo sinceramente che la comunità mondiale non stia a guardare e risponda alla nostra richiesta di aiuto, poiché è assolutamente evidente che l'idra fascista salita al potere ci sta attaccando e domani, nutrita e guidata dagli Stati Uniti, avanzerà ancora, e allora il mondo si troverà sulla soglia di una nuova guerra mondiale. Tuttavia, è evidente che noi naturalmente non identifichiamo i governi degli Stati Uniti e di alcuni loro alleati europei con il popolo americano e i popoli d'Europa.

Esprimiamo anche la speranza che le forze e le personalità responsabili dell'incitamento all'odio nazionale tra gli slavi, attraverso la manipolazione, la provocazione e l'istigazione, e responsabili anche del sostegno finanziario a organizzazioni nazionaliste estremiste il cui scopo è quello di sferrare attacchi militari, economici, informativi e di altro tipo al nostro popolo, siano consapevoli che dovranno inevitabilmente subire la giusta punizione, corrispondente alla scala delle atrocità e dei crimini di guerra che hanno commesso.

28 maggio 2014


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I comunisti ucraini e le sinistre europee. Intervista a Petro Simonenko

4 Giugno 2014

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Il leader del Partito Comunista di Ucraina Petro Simonenko dal 22 al 28 maggio si è recato in visita nella Repubblica Ceca, in Germania e Francia, dove ha incontrato i dirigenti di alcuni partiti di sinistra europei.

In un'intervista a Obozrevatel' (L'Osservatore) ha riferito su come le sinistre europee hanno reagito alla possibilità del divieto del Partito comunista, su come intendono aiutare i colleghi ucraini, e ha anche spiegato che le destre europee differiscono da quelle ucraine, e perché la loro popolarità è in crescita tra gli elettori europei.

Simonenko ha anche comunicato che i suoi colleghi europei sono intenzionati a chiedere l'adempimento degli accordi di Ginevra e di quelli del 21 febbraio, firmati anche da Viktor Yanukovich.


Petr Nikolaevich, ha trascorso quasi tutta la settimana scorsa in Europa, dove si è incontrato con le sinistre europee. A quale livello sono avvenute le riunioni?

La settimana scorsa mi sono incontrato con i nostri compagni a Praga. Ho avuto un colloquio con il segretario del Partito Comunista di Boemia e Moravia, Voitech Filip, che è pure vice-presidente del parlamento della Repubblica Ceca. Abbiamo discusso le questioni che ci riguardano con i deputati, abbiamo tenuto una conferenza stampa, illustrando la nostra posizione direttamente ai giornalisti a Praga.

La stessa cosa abbiamo fatto a Berlino. Abbiamo incontrato i deputati del Bundestag, abbiamo discusso con il dirigente del Partito di Sinistra della Germania (Die Linke), Tobias Pflüger e abbiamo incontrato i giornalisti.

Il terzo incontro si è tenuto a Parigi. Ci siamo incontrati con il capo del gruppo parlamentare del Front de Gauche all'Assemblea Nazionale (il parlamento francese) André Chassaigne, con deputati e giornalisti.

L'ultimo incontro l'ho avuto con il leader della “Sinistra Europea”, Pierre Laurent. A questo proposito, va detto che ora il gruppo delle sinistre europee sarà di circa 50 deputati, mentre fino al 25 maggio ne aveva 35.

Quali questioni avete affrontato nel corso degli incontri?

La prima questione che abbiamo pensato di porre è quella relativa alla diffusione delle informazioni e delle nostre valutazioni degli eventi in Ucraina. Abbiamo convenuto che i media europei presentano la situazione in maniera distorta. Purtroppo, la macchina informativa non funziona in modo tale che l'Europa sappia obiettivamente che cosa sta accadendo da noi in Ucraina, ma solo per sostenere ciò che può risultare vantaggioso al punto di vista dell'annessione dell'Ucraina all'UE, senza alcuna considerazione degli interessi nazionali del nostro paese.

Da noi tutti i governi sono stati considerati come i più democratici, prima di accusarli di dittatura, crimini e corruzione. Tutto ciò sta accadendo ora con il nuovo governo ucraino.

Ci siamo trovati d'accordo su tre posizioni di principio.

In primo luogo le sinistre europee hanno sostenuto la nostra idea della necessità di esercitare pressioni sul regime dell'Ucraina con la richiesta di interrompere immediatamente la guerra, fermare lo spargimento di sangue nel cuore dell'Europa e sedere al tavolo dei negoziati.

In secondo luogo, abbiamo concordato sul fatto che oggi la prospettiva della risoluzione dei problemi che hanno provocato lo spargimento di sangue in Ucraina, risiede in un piano di modifica della Costituzione, e che a questo processo va data concretezza. E' inoltre necessario riprendere il lavoro sull'attuazione dell'accordo del 21 febbraio, in cui è stata coinvolta anche l'Europa, e degli accordi di Ginevra, di modo che ciò che è stato firmato in questi due documenti venga realizzato.

E la terza idea: i miei colleghi comprendono davvero che in Ucraina oggi si sta svolgendo un processo politico per la messa sotto accusa del nostro partito. Sapendo come nell'Unione Europea viene considerata la proibizione di un partito, tenendo conto del fatto che noi siamo rappresentati in parlamento e che per noi ha votato la gente, i miei colleghi hanno acconsentito ad aiutarci, mettendo a disposizione giuristi europei di fama, per difenderci in questo tribunale politico, che sta cercando di allestire l'attuale regime nazional-fascista in Ucraina. Questo sarà il lavoro concreto, poiché noi tutti comprendiamo che permettere un secondo incendio del Reichstag, come stanno cercando di fare in Ucraina, non è consentito.

Voglio ancora sottolineare che attraverso queste tre posizioni abbiamo trovato la via costruttiva della collaborazione e della comprensione. Le nostre valutazioni su quanto sta accadendo in Ucraina sono considerate obiettive.

Tutto ciò che sta accadendo in Ucraina è il risultato di problemi interni all'Ucraina. Fino a quando nel nostro paese ci sarà chi non comprende che dobbiamo risolvere i nostri problemi da soli, invece di incolpare qualcuno, non riusciremo mai a risolvere nulla. Di tutto questo abbiamo parlato.

Sono stati firmati accordi o concordate intese verbali?

Per noi è già abbastanza avere potuto illustrare la nostra posizione. Dal 6 all'8 giugno a Bruxelles ci sarà una riunione del Partito della Sinistra Europea e il primo giorno sarà dedicato a discutere dei problemi dell'Ucraina.

Come hanno reagito le sinistre europee alla crescita della popolarità dei partiti di destra, che si è manifestata nelle ultime elezioni per il Parlamento Europeo?

Abbiamo bisogno di comprendere cosa sono i partiti europei di destra. L'idea di fondo, che ha spinto gli europei a sostenere questi partiti, non è l'idea nazionalista, ma la difesa degli interessi nazionali. Nelle condizioni della crisi, nelle condizioni in cui i lavoratori migranti e il loro lavoro vengono intensamente sfruttati, quando non si risolve il problema della disoccupazione, insieme alle sue conseguenze, il voto per la destra rappresenta una protesta contro L'Unione Europea. Dobbiamo capire che proprio questi fattori sono alla base del sostegno ai partiti della destra e dell'estrema destra in Europa.

So che sono fondamentalmente euroscettici...

Si, sono euroscettici. E allora perché in Ucraina sono stati mobilitate sul Majdan persone che hanno ucciso altre persone, per qualcosa a cui in Europa si guarda in modo completamente diverso? E forse ciò si è manifestato solo nell'ultimo anno? Per questo hanno sparso sangue? Ora è necessario capire chi ha ucciso questa gente? A mio avviso, ammontano già a centinaia i morti nel Donbass e gli obitori sono stipati nella regione di Donetsk.

A proposito della situazione nel Donbass, come giudicano i suoi colleghi europei l'operazione anti-terrorismo?

Come una guerra contro il proprio popolo, e la condannano. Il capo del gruppo parlamentare del Front de Gauche all'Assemblea Nazionale André Chassaigne ha detto che verrà richiesto per iscritto al ministro degli affari esteri della Francia di prendere posizione per una cessazione immediata di questa guerra. In Europa l'opinione è molto negativa.

E qual è il parere delle sinistre europee sull'annessione della Crimea alla Russia?

Ho cercato di parlare d'altro con i colleghi europei. Oggi si parla di questo, colpevolizzando la Russia del fatto che essa avrebbe annesso questo territorio. Io ho cercato di rispondere alla domanda su quale sia stata la causa della radicalizzazione dei cittadini dell'Ucraina che vivono in Crimea, ancora una volta sottolineo cittadini dell'Ucraina che vivono in Crimea. E ho detto che il 22-23 febbraio, quando in Ucraina veniva attuato il colpo di Stato, i cittadini della Crimea hanno cominciato a chiedersi che cosa sarebbe loro accaduto.

Ho detto ai colleghi europei che già allora avevo invitato tutti i parlamentari di Kiev a recarsi in Crimea dai loro colleghi del luogo per affrontare tutti i problemi, concedere loro il diritto ad un'ampia autonomia, come era avvenuto nel 1992. Ma che cosa ha fatto Kiev? Kiev ha cominciato a mostrare il bastone, a imbastire processi penali, a dire che tutti in Crimea erano separatisti.

Alla fine non sono stati risolti nella sostanza i problemi, che certo non per la prima volta si presentavano in Crimea: sulla lingua, sui poteri dell'autonomia. Per questo la questione della Crimea ha preso una piega completamente diversa: in Ucraina è necessario imparare a non spaventare la gente, a prestare ascolto al proprio popolo.

Per questo ho spiegato ai miei colleghi in Europa che la separazione della Crimea è il risultato della politica criminale di Kiev. Ecco dove sta la radice dei problemi, e Kiev non deve dare la colpa a Mosca.

Oggi stiamo assistendo a qualcosa di paradossale: tutti i problemi di Kiev vengono risolti o a Washington, o a Bruxelles o a Mosca. E quando saranno risolti a Kiev? Cerchiamo di non aspettare che ci sia qualcuno che decida per noi. Questo va richiesto ai nostri politici: siete in grado di risolvere i problemi o siete solo dei chiacchieroni?

Petr Nikolaevich, ora avete legami con i comunisti russi?

Certo che ne abbiamo. Il risultato dei nostri legami è rappresentato dall'ultima dichiarazione dell'intera Duma di Stato a sostegno del nostro partito minacciato di messa al bando. E' avvenuto la scorsa settimana. Abbiamo parlato con Ghennady Andreevich Zyuganov (leader dei comunisti russi) e ancora una volta abbiamo confrontato le nostre posizioni circa la necessità di trovare oggi una soluzione pacifica alla questione, riguardante il rapporto tra Kiev e le regioni. La mia posizione sulla necessità di risolvere tranquillamente tali problemi, è sostenuta dai miei colleghi e chiediamo che sia lo stesso popolo ucraino a risolverli autonomamente e che nessuno interferisca nei nostri affari interni.


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http://www.workers.org/articles/2014/06/13/ukrainian-leftist-leader-speaks-beginning-maidan-supported-imperialist-plunder/

Ukrainian leftist leader speaks: ‘From the beginning, Maidan supported imperialist plunder’

By Sergei Kirichuk on June 13, 2014

The following interview with Sergei Kirichuk, leader in exile of Union Borotba (Struggle), was published at Initiativ-online.org on June 11, 2014. It was translated from German by Workers World managing editor John Catalinotto.

From the beginning the Maidan [the demonstrations in Kiev’s central square] supported the free trade agreement with the EU. We, on the other hand, were from the beginning against the EU, which had no other goal but to plunder and destroy the Ukrainian economy.”

Initiativ: How and when was Borotba created?

SK: We are a very young, very new organization. We founded Borotba in 2011 as the result of a coalition of various left-wing groups. Some came from Marxist associations; others came from the Communist Party of Ukraine (KPU) and also its youth organization. We are different people with different backgrounds. We have Stalinists, Trotskyists, Maoists and people of other political backgrounds in our organization. We reached a point when we realized that these divisions are no longer as important as they once were. In various campaigns we have all worked together and found that these differences are not as significant now. We can work together to build something new; that was the key idea. A lot of people have participated in this process. To be honest, it was mostly politically experienced and educated people who have supported this process. But even workers without special training were involved, as well as leading people out of the labor movement. One of them comes from Kharkov. A few days ago someone tried to kidnap him.

Although for a long time we were very well organized and active, we were numerically a very small organization. We had regional offices in all major cities. At our biggest demonstrations we had several hundred participants.

When the crisis began, when the Maidan movement started [last November], we were from the beginning against this movement. It was a position many people could easily understand, especially people from the working class. Riding this wave, we increased our influence, and became one of the leading forces in cities like Kharkov, for example. After the Maidan coup [of Feb. 22], the fascists destroyed our headquarters in Kiev. Our comrades in western Ukraine went underground, while we continued to lead public activities in the east, where it was still possible.

The Ukrainian city of Kharkov was one of the largest industrial centers in the days of the Soviet Union, after Moscow and Leningrad. Today, Kharkov is one of the largest railway hubs in Europe. It’s a city with a good old left and democratic tradition.

It is therefore not at all surprising that the mood in Kharkov was and is so strong against the new oligarchic coup government. There were huge gatherings, which were all peaceful, against this new government in Kiev. And of course, we won over new members from this movement. For example, in one day, 300 people signed a statement that they would like to join our organization. And of course they were not all communists, socialists or leftists; they expressed their agreement with a specific policy. But 300 such declarations alone already have enormous importance. It showed how our program was right on target.

Initiativ: If someone asks what Borotba is, how do you answer them? What sets you apart from the KPU (Communist Party of Ukraine)?

SK: We are a communist organization. But the best known leftist organization in Ukraine is the KPU. We criticize this party very sharply, and we were clearly against their parliamentary illusions. The KPU was part of the oligarchic Yanukovych government. But if you say you’re a communist, then everyone thinks you’re part of the KPU. That is why we have taken the name Borotba. The name literally means “struggle,” and implicitly evokes the tradition of Ukrainian communists, who once had a newspaper named Borotba. There have been other organizations in the past that were called Borotba.

For westerners, the name sometimes sounds strange, but it has true Ukrainian roots. What is humorous here is that Borotba is the name in Ukrainian. In the Ukrainian media, we are naturally represented as Putin’s agents, as a pro-Russian party. The problem is that we of course also appear in the Russian-speaking regions with the Ukrainian name Borotba. Most people find it difficult to understand why such a party would have a Ukrainian name.

Initiativ: Right from the start you were against the Maidan. Why?

SK: From the beginning, the Maidan demonstrations made no social demands. Many people think the Maidan was some sort of great democratic movement, with social demands. The fascist forces came into the Maidan like a natural catastrophe, destroying the progressive part of the movement and putting themselves at the forefront. From the beginning, the Maidan supported the free trade agreement with the EU, which has no other content except plundering and destroying the Ukrainian economy.

On the other hand, the idea of success of the ​​individual held sway. This culminated in the idea that the corrupt Ukrainian system dominated by oligarchs could be overcome if we were part of the EU. Those who are willing to work hard will be successful and become rich.

Not only the liberal nationalist opposition but also the Yanukovych government spread the same propaganda in the media. Look at the Baltic countries, they said. They have implemented reforms, they are part of the EU, they have wealth, they are so rich, and we have to follow that path too. But Ukrainians can see and think. They have noticed the crisis in the EU and, for example, also seen what happened in Greece. And there was this big anti-Greek campaign in Ukraine, which argued the following: In Greece, socialism rules, the people are very rich and very lazy. And now they have to pay for their behavior. This is no joke; I mean seriously, it’s what they argued.

For a long time we were the minority of a minority. For example, when I took part in a discussion on a TV show, I was the only one against European integration. All the official representatives [of the Yanukovych regime] as well as the opposition were in favor. And of course they had no reasonable arguments against my position, because I pointed out what the consequences of the free-trade zone would be. They could make not a single rational argument. They said, “Looking at the EU, they are all so rich,” and when I made it clear that I did not agree, they countered by saying they no longer wanted to hear such Soviet propaganda.

Initiativ: What were the reasons Yanukovych refused to submit to the EU’s dictates?

SK: Yanukovych did not sign the declaration with the EU because there was pressure from the Russian side. The problem was that Russia was not able or willing to find a compromise that would have allowed Ukraine to cooperate with Russia as well as with the EU. On the other hand, there was great pressure from Ukrainian business, especially from the high-technology sector, for example, the industry that produces engines for helicopters, airplanes, nuclear weapons and space rockets; they produce for the Russian market and not for the EU. Some 50 percent of Ukrainian foreign trade is with the Russian Federation and the other half is with the EU. So Yanukovych had pressure on both sides from oligarchs.

The difference is Ukraine delivers many raw materials to the EU, and the profit from these sectors is very low, while what is delivered to Russia is high-price, high-tech products. Big capital exerted tremendous pressure and Yanukovych finally announced that there must be more negotiations. There should be more negotiations so that Ukraine would achieve more profitable exchanges with the free trade agreement. That was the reason why the Maidan movement began.

They tried to explain that the reason we are so poor is because we are living in the Soviet Union. It doesn’t exist anymore, but we still have a Soviet mentality, they say, and we need to break with this mentality and become a part of Europe. On the Maidan they built a symbolic wall. They said we are living in the Soviet Union, and if we overcome this border and become part of the EU, then we are breaking with our past.

Initiativ: What was the concrete political program of Borotba at that time?

SK: Of course we were in sharp opposition to the Yanukovych government. But we also understood that this opposition on the Maidan is just as reactionary as Yanukovych. Thus, we have directed our criticism towards both sides. At this time, the political camps were already very strongly polarized between Yanukovych and the pro-Western opposition. We represented at this time the thinking of a small minority of Ukrainian society.

Then some people began to understand what was really happening when the Maidan movement across the country began to destroy Lenin monuments. They destroyed hundreds of monuments that are spread all over the country. Then people could understand very well what was happening. These are reactionary forces, they have no progressive social demands, and they have this right-wing ideology. And they say all problems can be found in the person of Lenin.

After the coup, the Lenin monuments became important political symbols. In Kharkov, for example, they also tried to destroy the monument. Many people from all over Kharkov came to protect the monument, and only a minority of them were communists or leftists, the absolute majority were ordinary people. And they defended the monument as an expression of our history, our Soviet history. This is our history and we won’t let them take it away from us. For example, there was an older woman at a demonstration with a self-made placard on which she had written: You should not destroy your own house, just because it was built in the Soviet era.

Initiativ: What is the situation today?

SK: All our party offices were destroyed by the so-called National Guard, which is the legal cover for the neo-Nazi groups. When our people came to the offices they saw people in black uniforms, armed with AK-47s and blockading our offices. They took everything: flags, music systems, computers and even newspapers. It is easily understood that under such conditions no legal, open work is possible.

Two weeks ago, an attempt was made to kidnap two of our leading comrades following an anti-war demonstration in Kharkov. At the end of the demonstration, people with AK-47s tried to pull our comrades into a car. Bystanders were able to stop that from happening.

Our entire leadership is now in the underground. Many of our members have left the country. The Nazis have, for example, attacked the well-known left-wing journalist and Borotba member Andriy Manchuk, who is the chief editor of the daily Internet magazine Liva. In the end, we were made illegal and the leadership was forced into exile. But a few days ago there was an impromptu rally in Kharkov. Ordinary people gathered in the square, and we saw a lot of Borotba flags at this meeting.

Initiativ: You spoke of solidarity with the Kurdish liberation struggle? What did you mean by that?

SK: That must be clarified. If we look at the flag of Borotba, we see a great many similarities with the flag of the Workers’ Party of Kurdistan (PKK). It was not that we conceived it as such from the beginning. But we have quite a few Kurdish members in Borotba. And it was ultimately pro-capitalist, neoliberal students, hostile to us, whose pressure brought about this agreement on the flag. They wrote in a statement that Borotba is connected to the PKK and that the Kurdish Workers’ Party is considered a terrorist organization in the EU. They claimed that both together form a terrorist front against the EU. We were always in solidarity with the liberation struggle of the Kurds.

Initiative: Where do the Kurds come from? Did they immigrate to Ukraine in the days of the Soviet Union?

SK: The majority of Kurds living in Ukraine come from the south, from the Odessa region. Some of them are students and others work in the markets as traders. The Ukrainian government has always worked in close cooperation with Turkey. This put pressure on the Ukrainian government to take steps against the Kurds.

Previously, the authorities did not actually arrest Kurds, nor did they want to carry out greater repression against them. But the university authorities exerted pressure, for example, on the students, saying they should only study and not take part in political activities. Nevertheless, the Kurdish students have organized political meetings.

The main propaganda that the Ukrainian media always repeated was that Kurds simply cannot live in peace. And that although Turkey is such a “democratic” and “peaceful” country, the Kurds would always carry out terrorist acts. The media always asked, “Why are they coming to Ukraine? They cannot live in peace.”

Initiativ: What do you think about the concept of a democratic federation? Also in relation to the concrete situation in Ukraine?

SK: The Kurdish people must decide for themselves what form self-determination will take. In Ukraine, we are for democratic federalism. This means budgetary, political and social autonomy for southeastern Ukraine. The southeast would be a part of the Ukrainian Federation. And of course we need full equality of languages.

The people are very shocked about the historical mystifications. Nazi collaborators are suddenly turned into national heroes in Ukraine. Those days are now good pages of our history. If they now want to build monuments to Bandera [Hitler’s Ukrainian collaborator], please leave me out. People from the southeast want none of that. They say they are building monuments in Lvov in the west for Nazi collaborators and we defend our Soviet Army monuments.

Whether that should be happening in the same state or in two states is now the ultimate question. In the southeast, in the People’s Republics, there is now a debate. What should we do? Do we enter into a federation with Ukraine or will we be separate?

Initiativ: How will the struggle continue, given the new situation?

SK: We always criticized the KPU because they were focused on the parliamentary struggle. We have always concentrated on mass mobilization of working people and youth, on government service workers, etc. We were under the illusion that we were going to live for many years in a liberal democracy, with freedom of assembly and association. We are not at present nor were we ever prepared for this new situation, this guerrilla warfare. We have no infrastructure, weapons and experience. That was a big mistake.

Initiativ: Are the majority of people who are struggling in the southeast on the part of the People’s Republics of Donetsk and Lugansk made up of Russians, as is claimed by the media again and again in the west?

SK: Of course, the absolute majority of people come from the region itself. Just as there are people from the southeast fighting on the side of the Kiev junta, so there are also people from Russia fighting on the side of the People’s Republics. In the southeast there is no significant Russian influence. For example, there is a Russian citizen who is the leader of the resistance in Slavyansk. And Kiev has been claiming that he is a member of the Russian secret service. According to research by journalists it has now come out that he is a member of the “Rekonstructer” movement. These are people who wear the uniforms that date from the time of the Tsars. They meet for public appearances and organize spectacles, etc. Well, he became a leading commander of the resistance in Slavyansk, and to that extent this is Russian influence. But there are no experienced officers of the Russian secret service who lead and control everything, the way the media present it.

On the other hand, there are some Russians in the southeast, but in turn not as well suited for pro-west media propaganda, because they take a clear position against Putin.

Initiativ: Now one last question about Crimea. What is the situation overall, and in particular that of the Tatars in Crimea?

SK: Putin is now playing the game. He has now given the Tatars in Crimea some national rights. They are represented in the local parliament and in the government. This is exactly what the Tartars have always demanded from the Ukrainian government for 20 years.

As the Ukrainian army left Crimea, nobody wanted to fight against the Russian army; all accepted the new situation more or less. Only the Tatars expressed their rejection. And the Ukrainian nationalists called on the Tartars to join with the Ukrainians in this struggle. But no one joined, not even the Tartars.

Not all people in Crimea were happy about the annexation to Russia. But now they watch TV and see the Odessa massacre, the civil war and the bombing of apartment blocks in Donetsk, and they say to each other, “Thank god that we are not affected.”


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Ukraine’s Donbass is today’s Vietnam

By Workers World staff on May 30, 2014

Following are excerpts from an article by Victor Shapinov, a member of the socialist organization Union Borotba (Struggle). It is directed towards Ukrainian youth, especially those living in the western part of the former Soviet republic. The western region is the stronghold of the coalition of neoliberal politicians, oligarchs and fascists who recently seized power in a U.S.-backed coup, and is currently waging a brutal military campaign against the industrial and mainly Russian-speaking southeast.

The article originally appeared on the Ukrainian progressive websiteLiva.com.ua and was translated by Workers World contributing editor Greg Butterfield.

By Victor Shapіnov

Today, the romantic image of the rebels of 1968 inspires youth. Young, beautiful, sexy participants of the revolutionary events of those times are placed before us as heroes of the movie “The Dreamers” by Bernardo Bertolucci, which is shown by every progressive youth film club. But those who admire the youth of the sixties, apparently, have thought little about what the youthful red rebels of 1968 would fight against today.

There is no doubt that the trigger for the uprising of 1968 was the global anti-war movement. The monstrous war in Vietnam, where the strongest and most modern army developed by the Western countries unleashed its power on peasant guerrillas of a Third World country, was the catalyst for the student unrest of the time.

Footage of the burning of My Lai, photographs of murdered women and children, and farms burned by napalm, did not leave the younger generation of Western youth indifferent. “Not in my name,” said the students in France, Germany, Britain and the U.S. At mass rallies against the war, draftees burned draft cards, and officers and soldiers returning from Vietnam created a stir with a “Veterans Against War” protest at the White House and by their publicly renouncing military decorations.

Could it be that today’s youth don’t share their sincerity and solidarity — if the videos of neo-Nazis burning the House of Trade Unions in Odessa, photos of civilians shot in Mariupol, and images of Donetsk burning do not cause many of us to have the same reaction as the pictures from Vietnam for the distant 1960s generation?

Really, old people are always grumbling that “youth are not the same,” right?

The war is not thousands of miles away, not in some faraway country. The next war is here. Those being killed are like you — Ukrainians, Russians, Armenians, Jews, Tatars. Perhaps your distant relatives, friends or just familiar people. Although in order to empathize with the death of a person, one does not need to know him or her personally.

Where are the mass student rallies against the war? Which draftees are burning their draft cards?  Where is the blockade of the aviation unit in Mirgorod, which launches warplanes for air strikes on residential areas in the city of Donetsk? Where is the stigma against pilots killing random, innocent people and getting paid 9000 hryvnia ($765) per flight? Even the anti-war protests of Volyn women, who blocked the road yesterday, demanding the return and feeding of the soldiers — their husbands, brothers and sons — only began after the death of military personnel in an ambush. Not because some of them protested against the war in Donbass, which killed other people’s sons and husbands.

Of course, you can find a thousand excuses for why it’s not necessary to keep fighting for Donbass.

You will be called traitors and foreign agents. But the U.S. establishment also condemned American students for marching with the flag of the National Liberation Front of South Vietnam.

You will be told that the leaders of the People’s Republic of Donetsk profess the wrong political views. But students who protested against the Vietnam War did not always or fully share the views of Comrade Ho Chi Minh. Among them were devout Christians or liberals from wealthy families. They felt they had to do the right thing to stop the killings, the murders, occurring in their name.

There are many excuses — it’s not a great difficulty to come up with them. But how will the current generation of young people look into the eyes of their children, regardless of what the country is called after this war? Will they also despise their parents, as a generation of young Germans of the sixties looked at their parents who dutifully accepted Nazi crimes, eagerly buying into Nazi propaganda and joyfully marching to war against the “savage, inferior eastern trash”?

Do you believe that this crazy nightmare is not happening in your name?



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Chi ha effettivamente guadagnato dalla vittoria del Majdan

13 Giugno 2014

di Evgenyj Tsarkov, parlamentare del PC d’Ucraina e segretario regionale di Odessa del PCU

Traduzione di Flavio Pettinari per Marx21.it

La nomina a capo del dell'Amministrazione Presidenziale del multimilionario Boris Lozhkin è l'ennesima conferma che i veri beneficiari del "Maidan" sono gli oligarchi. La logica degli oligarchi suggerisce la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite. Così è successo con il "Majdan". Perdita del territorio, sangue e guerra, aumento dei prezzi dei beni e dei servizi essenziali: questo è stato il tributo per trasferire il potere da una “famiglia” di oligarchi all’altra.

Com’è noto, ai sensi del Decreto Presidenziale № 519/2014, il nuovo capo dell'amministrazione del Presidente è diventato l'ex proprietario della mediaholding UMH Group, e socio in affari del nuovo presidente Poroshenko, Boris Lozhkin, che fa parte del gruppo delle cento persone più ricche d’Ucraina, e la cui fortuna è stimata attorno ai 126,4 milioni di dollari.

Di fatto, come sostenuto dai comunisti, ciò che si è verificato nel paese, la cosiddetta "rivoluzione", è stato principalmente un colpo di stato oligarchico. Avevamo ragione, come in altre occasioni.

L'essenza originaria della protesta degli ucraini scesi sul "Majdan" era combattere il dominio dell’oligarchia sul paese. La lotta contro il fatto che il destino di un intero paese e dei suoi milioni di cittadini fosse nelle mani di alcuni ricchi, ignorando completamente l'opinione della gente. Come risultato, purtroppo, la nostra diagnosi è stata confermata: nel paese c’è stata una banale sostituzione di alcuni oligarchi con altri. La forza della protesta è stata sfruttata per rimuovere Yanukovich, che aveva cercato di diventare il proprietario esclusivo del paese. Oggi, anche il nuovo presidente e il suo capo dell’Amministrazione sono i più evidenti rappresentanti dell'oligarchia.

Per gli oligarchi al potere, è tradizione trattare il popolo come un proprio business, per loro la popolazione è uno dei mezzi per ricevere profitto e su cui far leva per risolvere i problemi del paese. Ecco perché il nuovo governo nelle sue azioni e nelle sue politiche, praticamente non si differenzia da quello precedente.

I cittadini comuni infatti oggi sono sconfitti e "stanno già gustando i frutti del nuovo governo": in tutto il paese si registra l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, dei medicinali e delle tariffe abitative e dei servizi.

Ricordiamo che da inizio anno è stato registrato questo aumento dei prezzi: i prezzi dei prodotti da forno sono aumentati in media del 46%, e il paniere alimentare nel suo complesso del 97%; i medicinali del 127%, il prezzo del gas è aumentato del 52%. Oltre a questo, dal 1° luglio in Ucraina aumenteranno in media del 84% le tariffe per la fornitura dell’acqua, del 105% quelle per le acque di scarico, del 93% le tariffe per il consumo dell’acqua. Allo stesso tempo, vi è una riduzione del 63% delle prestazioni sociali e grivna è svalutata del 53%.

Fonte: Ufficio stampa del PCU, www.kpu.ua