Informazione
MONDOCANE FUORILINEA
23/2/4
Fulvio Grimaldi
Ragazzi, di bombardamenti, per mia sfiga generazionale e professionale,
me ne intendo parecchio. Ne ho avuto esperienza diretta nella Germania
dove le città piene di gente e d'arte e vuote di militari venivano
polverizzate in un botto solo da cinquecento bombardieri
angloamericani; nel Vietnam, dove nessun ombrello ci riparava dalle
milionate di litri di diossina del presidente adorato da Veltroni,
della Grande Democrazia specialista di ADM, guerre chimiche, nucleari e
biologiche, che cancellarono milionate di ettari di foresta e di esseri
viventi e si insediarono permanentemente nei genomi della gente, con
l'effetto di produrre mostriciattoli senz'occhi, o senza cervello; in
Palestina, dove la feccia dell'antisemitismo mondiale spara missili
contro passerotti semiti con kefìah, uccidendo al tempo stesso l'anima
dei migratori semiti con kipa; in Jugoslavia, dove nuovi nazisti
vendicarono quelli vecchi bombardando a tappeto - Massimo D'Alema col
dito rattrappito sul grilletto - 10 milioni di civili, iniziando con
missili sul sacrario dei 7000 ragazzini serbi di Kragujevac fucilati a
rappresaglia di un'azione partigiana; in Iraq, dove due genocidi
bombaroli successivi non hanno piegato il più antico popolo del mondo e
anzi hanno dato la vita alla più grande lotta di liberazione dai tempi
della gloriosa Algeria e del Vietnam inevitabilmente vittorioso (come
tutte le rivoluzioni, basta tentarle per essere vittoriosi, diceva il
Che). Sono scampato a tutte queste gragnuole e, insieme ai palestinesi
in lotta (contro la nuova Gestapo e quelli che ci riprovano con il
colonialismo), ai vietnamiti, ai serbi, agli irlandesi, ai cubani e,
soprattutto, ai tanto bravi e perciò tanto imbarazzanti iracheni. Culo
e amicizia con gli dei. Dei che ci fanno sapere come tutto quello che
non ci ammazza ci faccia più forti.
Ora però, compagni, siamo messi peggio e scampare diventa difficile. Il
bombardamento è diventato ininterrotto, non ci da tregua, non offre
bunker o spazi di pace e di recupero. Sarà pure virtuale ma, come ci
insegna Matrix, è anche peggio.. Arriva da tutte le parti, sopra,
sotto, destra, sinistra, a 360 gradi. E quel che è peggio, ci viene sia
da davanti che da dietro, dalle schiere nemiche, come da quelle
"amiche", o che tali supponevamo, o che tali si dichiarano. Le prime le
conosciamo da secoli, siamo attrezzati. Bush, Blair, Berlusconi sono
chiari, dichiarati e chiarificatori: il capitalismo, l'imperialismo, la
morte stanno lì, ci sparano in faccia. Siamo attrezzati e,
all'occorrenza, alla faccia dei disarmatori unilaterali, armati. E'
un'altra B che ci preoccupa oggi, altre le bombe, quelle che ci
arrivano da dove non le aspettavamo.
Non eravamo appena sfuggiti all'incursione dei B-52 movimentisti? Porto
Alegre è la madre di tutti i movimenti e anatema e morte ai partiti e
al partitismo e giù missili caricati a mobbing contro chi non si
adeguava a una "democrazia muncipale e partecipata" che ci permetteva
di litigare sul 12% di un bilancio pubblico, o sullo 0,02% di una tassa
che incentivasse le speculazioni sui capitali. E tutto era solo
movimento e altro mondo possibile, anche se sparava cazzate su zone
rosse e, giocando con scudi, catapulte e gommapiuma, agevolava ai
cannibali i sacrifici umani. E, al tempo stesso, non eravamo stati
cacciati sottoterra dai sibili dei missili che rompevano la "gabbia
dell'Ulivo" e ne stroncavano tutti gli inquilini? E subito dopo non ci
era stato detto che, essendo Berlusconi peggio di Jack lo Squartatore (
ma non lo era già prima?), la "gabbia dell'Ulivo" non era affatto
distrutta e che l'Ulivo era tutt'altro che morto e che, anzi, lo si
doveva puntellare, ci si doveva arrampicare e condividerne i frutti. Ma
poi non si scatenò all'istante una salva di granate contro quelli che
erano stati i nostri amici più intimi nel Movimento, i Disobbedienti?
Per cazzate romane infinitamente più sceme e meno gravide di funeste
conseguenze di quelle genovesi, furono colpiti da quella salva non solo
i cari, ma un po' maneschi disobbedienti. Da quella raffica si sviluppò
un bombardamento che si estese, ben oltre i disobbedienti rinnegati, a
colpire la storia intera dell'umanità incazzata, addirittura l'universo
mondo delle lotte di libertà indebitamente "angelicate", financo le
foibe, fino a farle tracimare di onesti nazifascisti. Un bombardamento
talmente massiccio, prolungato e nuclearmente definitivo, da far
apparire quelli churchilliani di Dresda, trumaniani di Hiroshima,
dalemiani del Kosovo, bushiani dell'Iraq poco più di un nugolo di
frecce di Cavallo Pazzo. Un bombardamento che, finalmente, andava al
fondo di tutte le cose. Era, l'avete capito, il bombardamento della NON
VIOLENZA, quello che ci vorrebbe togliere la pelle. E il futuro. A noi
la pelle e a qualche milione di corpi sottoterra la dignità. Dignità?
Moneta senza corso né legale nè morale tra i bombardieri virtuali della
non violenza. Anche perché palestinesi e iracheni l'hanno davvero
inflazionata.
Ma i bombardamenti rintronano e, a quanto pare da come restiamo
allocchiti, ci rintronano. Senza soluzione di continuità. Bombardata la
"gabbia dell'Ulivo"? Bombardato chi bombardava la "gabbia dell'Ulivo".
Oggi siamo al bombardamento di chi bombardava chi bombardava la "gabbia
dell'Ulivo". E dunque al diavolo di nuovo la gabbia ed eccoci sani e
salvi nell'altra alleanza di tutte le sinistre altre. A loro il
triciclo-tris, a noi il carrello da supermarket: Correntone, Verdi,
PdCI e PRC, poker! Ma la federazione delle sinistre non l'aveva già
proposta Cossutta? Ma va, Cossutta, chi è costui? E poi, a forza di
bombe non s'è sentito nulla. Finito il bombardamento? Macchè, il
bombardamento dei non violenti è strutturale, fisiologico, perenne come
le guerre di Bush. Eravamo fino a ieri al bombardamento del PC
francese, partituccolo in estinzione, insieme stalinista e bombarolo in
Jugoslavia, come dicasi anche per quei rimasugli in svaporamento della
Izquierda Unida spagnola e per quei socialdemocratici da Oktoberfest
della PDS tedesca? Ebbene, oggi si bombarda a tappeto chi non afferra
la sensazionale scoperta, oltre a tutto assai rimunerativa sul piano
delle munificenze UE per chi si attiene ai suoi statuti rivoluzionari,
del Partito della Sinistra Europea, la grandiosa, strategica,
coalizione del PRC con le forze nonviolente e bombarole del PCF e di
IU, gli innovatori alla birra della PDS, insieme alle masse in marcia
lussemburghesi, due colonie di rotori eolici scandinavi e una
spolveratina di estoni sanamente antirussi. E, visto che negli arsenali
nonviolenti di bombe c'è sempre una buona riserva, stiano in guardia
quei rigurgiti comunisti che dilagano dalla Russia all'est europeo e,
oltre, al Mediterraneo greco e all'Atlantico portoghese. Ce n'è per
tutti.
L'hanno chiamato "Manifesto", alla faccia di tutti i manifesti,
compreso quello di un secolo e mezzo fa, che se lo possono mangiare le
tarme. E' come se un pollaio lo chiamassero Grand Hotel d'Europe.
Rubato il titolo, l'hanno pubblicato su "Liberazione". L'italiano non
sarà quello di Manzoni, piuttosto sa dell'accanimento persuasivo di una
Vanna Marchi e della mitezza al miele di gelsomino di Liala. Ma non
reca firma. Noi però l'abbiamo intuito subito: qui ci hanno messo mano
un po'i Focolarini, un po' i Boy Scout e un po' il Dalai Lama (a cui
non per nulla l'altro giorno s'è intrecciato una delle grandi B della
modernità). Con intervento del solito correttore di bozze Gennaro
Migliore, un uomo che si è conquistato il diritto a dire la sua su ogni
cosa grazie all'intransigente e universalmente nota difesa della
rivoluzione cubana, dei Cincos cubani, ergastolani a Miami per aver
smascherato una campagna terroristica contro il proprio paese, delle
FARC rivoluzionarie colombiane, dei Tanzim palestinesi al cui tanto
caro slogan "Intifada fino alla vittoria" si associa appena sveglio e
prima di coricarsi, di Slobodan Milosevic vittima all'Aja di un
tribunale di sgherri della Cia, dell'eroica resistenza di popolo
irachena guidata da Baath e comunisti; un uomo che più di ogni altro
ha saputo respingere il ricatto dei neonazisti di Sharon quando
assaltano con la mannaia dell'antisemitismo chiunque passa una lacrima
a un martire palestinese; un uomo che sa bollare di "terrorista" chi se
lo merita, quando liquida, per esempio, sulla scia di una perversa
seppure vincente tradizione, traditori e collaborazionisti, ma da del
"compagno" a chi, come il PC iracheno, aiuta gli USA e gli agenti Cia
indigeni a portare pace, ricostruzione e democrazia. Un uomo, insomma,
che rende onore al suo nome. Pare che anche Padre Zanotelli sia stato
chiamato a mettere mano al testo. I boy scout ci stavano, ma Migliore e
i Focolarini si sono opposti: troppo esuberante, quasi smanierato.
Una cosa va riconosciuta subito. Il "manifesto" è davvero nuovo. E se
qualche ottuso non se ne rendesse conto, bastano quei "nuovo" e "nuova"
che vengono ripetuti volte come i grani del rosario, fino ad assurgere
a valore assoluto ontologico ed epistemiologico e da rendere inutile
ogni aggiunta che ne determini contenuto e senso. Il concetto viene poi
ribadito da un autentico bombardamento - restiamo sempre in tema - di
termini autenticamente catartici: "trasformazione"(dell'attuale società
capitalista), "cambiamento" ovviamente "radicale" che sviluppi
"alternative" per la necessaria "trasformazione", "alternative"
naturalmente "solidali", politiche di "alternativa", obiettivo
"universalista", "altra" globalizzazione, conflitto per il
"cambiamento", politica di "trasformazione", carattere "originale"
del modello sociale, sinistra che vuole "cambiare" questo mondo,
sinistra "alternativa", "nuova" forza politica, "nuovo" rapporto tra
politica e società, "un'altra" Europa, "altri" valori e contenuti",
"alternativa" al capitalismo, per la "trasformazione" sociale, "nuovo"
soggetto politico, in termini "nuovi" le questioni, profonda
"trasformazione" sociale e democratica, "modificare" il dogma della
libera economia di mercato, "altre" politiche sociali ed economiche",
le priorità devono essere "cambiate", forze politiche della
"trasformazione" sociale, "nuovi" diritti dei lavoratori,
"allargamento" della democrazia, "nuovi" lavori, "nuovo" spazio
politico, "nuova" società.
Vi sembra un po' ripetitivo? Ma tutte le nenie che vogliano
addormentare hanno i ritornelli e, come dicevano gli antichi, "repetita
juvant" e a forza di "nuovo", "altro", "trasformazione", "modifica",
"cambiamento" ci si sente già tutti rinnovati, senza dover praticare la
vecchia abitudine di soffermarsi sul cosa e sul come. Nuovo come? Altro
come? Trasformazione in cosa? Cambiamento quale? Modificare verso dove?
Non stiamo lì a sfrucugliare. Hic et nunc si vola assai più alto delle
vecchie materialità contingenti come "socialismo", rivoluzione,
comunismo (figurarsi!), lotta di classe, proprietà privata, mezzi di
produzione e controllo dei lavoratori, classi contrapposte da superare.
Qui si parla di "umanità". Qui si recide ogni radice e ci si lancia
verso i radiosi orizzonti New Age della scoperta del mio nel tuo e del
mio-tuo nell'umanità tutta, Bush, Wolfowitz e Tanzi compresi. Siamo
"alternativi, radicali, femministi, ambientalisti". Qui c'è
qualcos'altro di stupendamente umano: non si capisce che differenza ci
sia tra questo manifesto e quello del nuovo partito europeo dei 32
frammentini verdi nascosti tra Pirenei e Pomerania, pendolari tra il
sole che ride e la pioggia benefica delle elargizioni di una UE
capitalista, neoliberista e militarista. Sono meravigliosamente e
nonviolentemente intercambiabili e indicano un'omologazione che la fa
finita con le ideologie e consacra l'universale impegno per
"l'umanità" (detta da altri anche "moltitudini"). Migliore Gennaro, in
particolare, si è complimentato con Cohn Bendit quando, meglio ancora
di lui, ha saputo costruire i pilastri del comune programma strategico:
"Una politica di pace e diritti in Europa e nel mondo (con l'eccezione
dei serbi che, per il quintetto Sofri-Cohn
Bendit-Langer-Fischer-D'Alema, sono davvero di troppo) che dica no alla
Cina che ammazza i dissidenti, alla Russia che massacra i ceceni".
Qui non si scherza e si affrontano in termini "nuovi" la
"globalizzazione, la pace, la democrazia, la giustizia sociale,
l'uguaglianza di genere, lo sviluppo bilanciato e sostenibile, il
rispetto delle specificità culturali, religiose, ideologiche (però non
scassateci la minchia con Cuba, o col Baath), delle persone disabili e
dell'orientamento sessuale". Si ha la dolce sensazione di uscire da un
ovattato centro di bellezza, con solarium e chirurgia estetica. E'
tempo di lifting. E se il risultato non vi piace, prendetevela con voi
stessi. Non avete forse discusso accanitamente e a lungo la bozza del
"manifesto" in tutte le sedi del partito, non siete stati invitati a
fare attivi, seminari, dibattiti, dai circoli ai comitati nazionali?
Non avete sezionato e passato al microscopio ogni bozza di manifesto?
Ah no? Eravate distratti, oppure stavate facendo lavoro politico alla
vecchia maniera, in fabbrica, nei call center, nelle scuole e nelle
cascine? Vuol dire che il capo ha pensato, vagliato, deciso per voi,
come il buon padre di famiglia di Mons. Tonini. O come il "presidente
operaio, allenatore, muratore, picciotto e anche papà". A voi è rimasto
tutto il tempo e l'agio per discettare della suicida e anche un po'
mascalzona violenza dei diseredati e malmenati e dell'angelica non
violenza delle "nuove soggettività" partecipative (della violenza di
padroni e generali non mette conto parlare, non vogliamo averci niente
a che fare, altrimenti ci contamina). Non violenza che, alla luce dei
bagliori iracheni, delle pulizie etniche in Palestina, delle alluvioni
d'uranio nei Balcani, dello sfoltimento demografico e rinfoltimento
oppiaceo in Afganistan, del riarmo legislativo degli strumenti di
repressione, è ovviamente cosa prioritaria e che s'impone con urgenza e
valenza assolute.
Insomma, rassereniamoci. Il manifesto del Partito della Sinistra
Europea ha tutte le qualità per piacere a tutti. Non rompe niente, non
fa male a nessuno, semmai prova ad aggiustare. Chi è che non vorrebbe
una "società più giusta" (dopo aver rabbrividito anni fa all'idea di
una società di schifo rivoltata come un calzino)? Chi si opporrebbe mai
all'"emancipazione umana", alla"liberazione delle donne e degli
uomini"? Chi non si farebbe avvolgere volentieri nella "spirale
guerra-terrorismo" che tante ragioni etiche e ideologiche conferisce a
un Occidente, magari un po' esagerato nel rinchiudere a Guantanamo e in
Auschwitz palestinesi postmoderne razze e società inferiori e, ohibò,
poco democratiche o addirittura violente, ma che ci toglie il sospetto,
tanto orripilante quanto forsennato, che la spirale non sia una
spirale, ma un ping pong con lo stesso giocatore da entrambe le parti
del tavolo. E chi mai si rifiuterebbe allo "sviluppo di alternative
solidali, democratiche, sociali ed ecologiche? E chi sarebbe così
insensato da opporsi a un "nuovo rapporto tra politica e società".
Pare che anche Mastella abbia voluto inserire nel programma del suo
nuovo partito, ovviamente europeo, un brano esemplare e assolutamente
originale estratto dal manifesto: "Lavoriamo ad altre politiche
sociali ed economiche con priorità sociali in favore della piena
occupazione e della formazione, dei servizi pubblici e per una politica
ambiziosa di investimenti e per l'ambiente". E a Berlusconi l'enigma
di genere Bondi ha dovuto strappare la penna di mano perché non
sottoscrivesse con entusiastico svolazzo il lapidario proclama. Mentre
si riferisce dal Vaticano che Woityla si sarebbe commosso fino alle
lacrime (lui che per la vecchia bizzarria della lotta di classe si era
adombrato assai più che sulla guerra alla Jugoslavia) di fronte
all'impegno che "le priorità devono essere cambiate in favore
dell'umanità, non del profitto". Perdio! E, infine, da tutta Europa
sorrisi benevoli e applausi convinti sono piovuti sui nuovi sinistri
europei allorché (sibilando "pussa via!" ai comunisti dell'est e
dell'ovest) hanno promesso che "la sinistra europea è pronta a
cooperare con tutte le forze democratiche di questi paesi in favore
della democrazia, della pace e della giustizia sociale... in un
contesto di costante rafforzamento della pace, della democrazia e della
giustizia sociale". E non fate caso se questa tiritera si prolunga per
due paginoni, potendosi dire le stesse cose in due paragrafi. Tanti di
noi hanno la testa dura e se il chiodo non lo martelli e rimartelli, o,
più adeguatamente, se non bombardi e ribombardi, il buco nel cervello
rischi di non farlo.
Amici, il cento volte "nuovo" ha prodotto un manifesto tanto tenero e
ammiccante che a definirlo, come si sarebbe tentati, socialdemocratico,
si farebbe torto perfino a Intini. Insieme al sanguinoso e sanguinario
Novecento e a quella marcia di liberazione di qualche miliardo di
uomini/donne, fattisi strada a forza di ineducati schiaffoni, abbiamo
seppellito prima Lenin, poi Marx ed Engels, il cui Manifesto si
nasconda nelle bancarelle dell'usato e lasci le vetrine europee al vero
"nuovo" e "universale" manifesto del Partito della Sinistra Europea,
caro a tutti e al contrario di tutti. Pensate allora che sia venuto il
turno dei Kautsky e dei Bernstein? Errore: nell'immondezzaio della
storia anche loro. Kautsky e Bernstein si illudevano di essere
socialdemocratici, tanto che oggi si rivoltano nella tomba alla
constatazione di quanto, di fronte alla vera socialdemocrazia
movimentista, disobbediente, partitista ed antipartitista, solidale e
cooperatrice, cristianamente e buddisticamente non violenta, fossero
stati estremisti e sovversivi.
C'era un ex-comunista di rango, tale Massimo Boffa, oggi a "Panorama"
(e dove se no?), che l'altra sera nel kibbutz "L'Infedele" di Gad
Lerner proclamava: "La rivoluzione è la cosa più orribile che possa
succedere. Per fortuna oggi negli USA governa un gruppo idealistico che
punta a diffondere democrazia e diritti umani. La guerra all'Iraq e
all'Afganistan sono state guerre idealistiche". E subito tutto il coro
stabile del kibbutz infedele a chiedersi angosciato, grondando aneliti
bianchi, biblici e cristiani che neanche Isabella la Cattolica, Hernan
Cortez, Torquemada, Filippo il Bello, o Ben Gurion: "Cosa possiamo
fare per aiutare l'Iraq e l'Iran ad avere democrazia e diritti umani"?
E così che, forse, nei secoli scorsi si arrovellavano in Vaticano, a
Londra, Madrid, Parigi, Berlino, Roma su come portare Gesù e la civiltà
tra gli indigeni, dalla Cina al Cile, dall'Etiopia all'Algeria, dai
pellerossa alle tribù swahili, da Lepanto a Gerusalemme, dal Vietnam a
Cuba. Ma la risposta ce l'ha "Liberazione", con i suoi direttori
d'ordinanza (ah, che bricconcello quel Furio Colombo de "L'Unità" che
fa il giornalista e strepita contro i militari in Iraq mentre il suo
editore li perpetua!)e la spara ogni giorno a piena pagina: "Onu
garante di libertà, democrazia e sicurezza". Proprio come in Somalia,
Bosnia, Kosovo, Afganistan, e durante 13 anni di embargo e un milione e
mezzo di suoi morti in Iraq. Del resto pare brutto che a svendere,
snaturare, privatizzare, balcanizzare l'Iraq siano gli angloamericani e
loro vivandieri/e e baldracchi/e. E se gli iracheni la loro
gratitudine all'ONU l'hanno voluta esprimere direttamente a Viera de
Mello, vice di Kofi Annan, vuol dire che bisogna insistere.
Apprezzeranno ancora.
Beh, parti del Partito della Sinistra Europea sulla guerra idealistica
a Iraq e Afganistan qualche riserva ce l'hanno. Ma sul resto ci siamo:
democrazia e diritti umani ueber alles. L'ha insegnato Paolo di Tarso,
ma l'ha rivisitato Goebbels: tattica vincente è oscurare i fatti con le
parole.
Tra tutti coloro che festeggiano e celebrano e consentono e applaudono
resta fuori un bastian contrario. Eppure hanno proclamato la fine del
Novecento, della rivoluzione, del socialismo e della lotta di classe
proprio in suo nome, con tanto di cerimonietta alla lapide. Non
t'incazzare Rosa Luxemburg, lo sai che le donne finiscono sempre col
venir manipolate, a volte anche da femministe e femministi. E ricorda:
tutto quello che non ti ammazza, ti fa più forte. Vale anche per i
ricordi.
P.S. Chi volesse saperne di più e di meglio sul PSE (che non è il
partito socialista spagnolo e neanche quello europeo, ma quasi) si
legga l'egregio e esauriente saggio di Fausto Sorini (in rete e su
"L'Ernesto", dove io invece parlo di quegli inveterati e arcaici
rivoluzionari del Venezuela bolivariano).
Usa: pena morte, 66% la vuole in TV
Il 21% e' disposto a pagare per vedere morire Bin Laden
(ANSA) - WASHINGTON, 24 FEB - Due terzi degli americani interpellati
per un sondaggio si sono detti favorevoli alla trasmissione in tv delle
esecuzioni capitali. E il 21% degli intervistati e' disposto a pagare
per vedere giustiziato Osama bin Laden, ritenuto il responsabile degli
attacchi all'America dell'11 settembre 2001. E quasi uno su tre
vorrebbe che proprio bin Laden inaugurasse la diretta delle esecuzioni.
L'11%, inoltre, e' disposto a pagare anche per vedere l'iniezione
letale di Saddam Hussein. © Ansa
(dalla lista Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.)
From: "Wolfgang Mueller"
To: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Subject: REMEMBRANCE OF SOVIET SOLDIERS HONORED IN BELGRADE
http://en.rian.ru/rian/index.cfm?
prd_id=160&msg_id=3964111&startrow=1&date=2004-02-23&do_alert=0
2004-02-23 20:02 * SERBIA-MONTENEGRO * WREATH-LAYING * REMEMBRANCE *
REMEMBRANCE OF SOVIET SOLDIERS HONORED IN BELGRADE
BELGRADE, February 23, 2004. (RIA Novosti correspondent Tatiana
Slabynko) - On the Fatherland Defender's Day, which is celebrated in
Russia on February 23, a wreath laying ceremony to the memorial of
Belgrade liberators and to the monument of Soviet soldiers, who died
when liberating the Yugoslavian capital from the fascist occupants in
1944, took place in Belgrade, capital of Serbia and Montenegro. The
flower wreaths were laid by Embassies of Russia, Belarus and Ukraine,
Armies of Serbia and Montenegro and Belgrade city authorities.
Heads of diplomatic missions and workers of Embassies of Russia,
Belarus and Ukraine, people from trade representation, Russian school
of Embassy in Serbia and Montenegro and other Russian organizations,
representatives of Serbian and Montenegrian Foreign Ministries,
representatives of the Armed Forces and city authorities, war veterans
participated in the solemn ceremony. The participants laid crimson
carnations on the tombs of Soviet soldiers and officers.
The guard of honor was set up at the memorial of Belgrade Liberators
and the anthems of the countries, representatives of which laid wreaths
in remembrance of the Soviet soldiers, were played.
The wreaths were also laid to the monument of the Soviet military
commanders and war veterans, who died in the plane crash in 1964 at the
Avala mountain near Belgrade. The Soviet military delegation was
heading to Yugoslavia to participate in the 20th anniversary of
Belgrade liberation.
© 2001 RIA Novosti
https://www.cnj.it/documentazione/brisanje.htm
[ Questo testo in lingua italiana:
LA RIMOZIONE DELLA JUGOSLAVIA
https://www.cnj.it/documentazione/rimozione.htm
oppure al sito: http://www.lernesto.it/ ]
BRISANJE JUGOSLAVIJE
Andrea Martocchia - Prevod: O. Juric
"L'Ernesto", broj 3 (maj-juni) i 4 (juli-avgust) 2003
Jugoslavija kao paradigma potiskivanja
Oni koji su poslednjih godina pratili prilike u Jugoslaviji, bili su
prenerazeni naprosto neverovatnim dogadjajima. Na primer: oruzje je
masovno doturano preko italijanskih luka (45), naci-nadbiskup je
unapredjen u sveca (46), podmetani su atentati sracunati na stvaranje
psihoze terora i na zaostravanje situacije, bombardovane su izbeglicke
kolone i fabrike ispred kojih su goloruki radnici bili zivi stitovi ..
Naknadno smo saznali da su separatisti obucavani posredstvom
profesionalnih agencija (47). Saznali smo da je i italijanska
placenicka vojska imala udela u zlocinima i da nikada niko od vinovnika
nije odgovarao za pocinjene zlocine, primerice, izvesni Delle Fave. Sve
to, video je onaj ko je hteo da vidi (48). Ko nije zeleo da vidi,
razume se, nije nista video, zatvarao je oci pred nezeljenim
prizorima, « potiskivanjem » nezeljene istine.
Vreme, medjutim, protice a iz dana u dan, vidjeno u Jugoslaviji vidjamo
u drugim sredinama, reprizirano sa mnogo vecom lakocom i mnogo manjom
lukavoscu. Kako u Jugoslaviji tako u Iraku, svima je dobro znano da se
rat temeljno i blagovremeno priprema uz pomoc sredstava masovnog
strateskog dezinformisanja i kakve globalne profesionalne agencije ili
« korporacije » tipa Hill&Knowlton, Ruder&Finn, ITN, Rendon Group,
Soros institucija, doduse ni zapadne drzavne ustanove nisu postedjene
tog posla... Kako u Jugoslaviji tako u Iraku, blacenje politickog
rukovodstva i obecavanje « demokratskog rezima » pokazalo se kao
cinicna obmana i podmetanje: Zapad je doneo razaranja, vojne ispostave,
bedu i smrt; donece nove granice i nove medjunacionalne razdore,
kolonijalne nedemokratske i omrazene rezime. Kako Jugoslaviji tako
Iraku, humanitarni rat je doneo bombe sa osiromasenim uranijumom po
civilnim objektima i infrastrukurama s pogubnim posledicama po
privredu, prirodnu okolinu, zdravlje. Kako u Jugoslaviji tako u Iraku,
imperijalisti se otimaju oko plena, sirovina, nafte, prirodnog gasa i
ne brinu ni o cemu sem da vojnom silom kontrolisu sve puteve od
interesa.
Kako u Jugoslaviji tako u Iraku, u Avganistanu, na Kubi, u Siriji, u
Severnoj Koreji – uvek jedni te isti problemi. Zato bi trebalo da
antiratni pokret izgradi svest o ovim pojavama koje se ponavljaju uvek
po istom kalupu. Trebalo bi da se bori protiv « potiskivanja » istine o
Jugoslaviji i da je prihvati i sagledava kao paradigmu upravo zbog toga
sto je od svih zaracenih zona Jugoslovensko ratiste nama najblize.
U tom smislu su govorili i sindikalni radnici « Zastave » na Trgu San
Djovani na mitingu 15. februara 2003. (49) Nazalost, bez neke narocite
vajde i moram priznati da Jugoslavija i dalje biva potiskivana i to na
raznim nivoima: zato je Jugoslavija paradigma u tom smislu (T.
Bellone). Potisnuta iz Istorije, iz dnevne stampe, ne samo SFRJ, vec i
Srbija i Crna Gora, potisnuta iz Atlasa, potisnuta u
politicko-kulturnom smislu, potisnuta u Italiji, potisnuta sirom sveta
i, ponajvise, potisnuta u samoj Jugoslaviji, gde su donedavno
prezivljavane traume bile tako jezovite da je potiskivanje u zaborav
bilo pitanje opstanka. Govoriti danas o Jugoslaviji, znaci dirati u
zivu ranu. To je tako za Jugoslovene i sve one koji su bili neposredno
upuceni u dogadjaje te i sami imali bolna licna iskustva (50).
Medjutim, traumaticna iskustva se ne mogu prevazici ako se ne sagledaju
i racionalizuju pravi uzroci. Politika u tome moze da bude od velike
koristi jer se bavi odnosima sirokih drustvenih slojeva koji su delili
i koji ce uvek deliti jedinstven kulturni prostor. Zato je neophodno
prevazici psiholoske barijere koje su delo propagande a nalik su novim
«gvozdenim zavesama » kojima se zeli razdor medju narodima, razdor
medju rodbinom, razdor u svesti svakog pojedinca. Jugoslovenima
utoliko mozemo pomoci da prevazidju traume duboko urezane u svest, kako
to cini psihoanaliticar, ili naprosto prijatelj. Potrebno je takodje
isticati pozitivne vidove identiteta i ocuvati ono sto sto cini njegovu
najdragoceniju riznicu. (51). Bas kao zivot ljudski, Istorija se nece
vratiti nazad, te se mora pisati i tumaciti bez mistifikacija. Inace
nema buducnosti.
Sa te tacke gledista, veoma je znacajna pojava ozivljavanja vidova
Jugoslavije u svim nekada federativnim republikama, kao i u
jugoslovenskim zajednicama sirom sveta, po uzoru na uprilicenje D. R.
Nemacke izmedju cetiri zida jedne sobe u filmu "Good Bye Lenin". Ima u
tim pojavama i nostalgije i simbolike. Pomenucu kao primer mnogobrojne
internet sajtove, politicki angazovane organizacije, imanja omedjena i
oznacena trobojkom i crvenim barjakom. Sve to skupa ima nedvosmisleno
znacenje ali ne moze biti dovoljno. U Srbiji , kao u Bosni i drugde,
vlada psihoza iscekivanja, gotovo promisljanja tragedije koja se na
njih srucila i koja ih jos uvek potire. Kao veliko bdenje umrloj
slobodi, zemlji rodnoj. Prevazilazenje tog pasivnog stanja je nuzno,
ali nije automatsko: komunisti su pretrpeli velike gubitke a
oportunizam je uslov koji levica mora da zadovolji da bi dosla do
izrazaja; sindikat je grubo razbijen a tamo gde gnev radnika pocne da
narasta, kao kakvim cudom, najednom « etnicki » terorizam pocne da
uzima maha ili da nicu, kao pecurke posle kise, « zuti sindikati »
...... Uslovi zivota su veoma oskudni, te je, dakle, apsurdno ocekivati
od Jugoslovena onaj stepen politicke i organizacione svesti kome ni
sami nismo dorasli u Italiji i pored daleko povoljnijih materijalnih
uslova. Oni koji su emigrirali, moraju pre svega da vode brigu o goloj
egzistenciji, da sacuvaju radno mesto, obezbede smestaj, zapocnu novi
zivot, i to je nuzno. Bilo bi daleko celishodnije kada bismo se
zapitali kako prema tom pitanju treba da se postavimo, mi, italijanski
komunisti.
Oni koji nisu pratili jugoslovenska zbivanja kroz dimnu zavesu ratne
propagande, mogli su se uveriti da ratovi ne izbijaju spontano, niti
kao posledica necije « genetske sklonosti ka zlocinu », oni
predstavljaju logicno ishodiste postojecih istorijskih prilika. U prvom
redu nagle i grube koncentracije i ekspanzije multinacionalnog
kapitala i kolonizacije ne samo zemalja Treceg sveta, vec i onih u
srcu Evrope. No, prilike u tim zemljama su veoma nestabilne. Raspadom
Jugoslavije niko nije dobio, pa nece dobiti ni zapadne velesile – a
kada medju tim silama budu buknuli sukobi, logicno praceni
nezadovoljstvom sirokih slojeva, proizvoljni poredak na Balkanu
sunovratice se kao kula od karata. Razlog vise da konstatujemo da je
veoma pogresno ne poklanjati paznju onome sto se tamo dogadja. [KRAJ]
Fus-note:
(45) Bilo je slucajeva da su u te svrhe koriscene verske organizacije
pa i humanitarne organizacije. Primerice, Crveni Krst i Kruh Svetog
Antuna, organizacija u sprezi sa Karitas.
(46) Alojzija Stepinca, koji je zapravo simbol ustastva, papa Vojtila
je proglasio svecem 3/10/1998. O nacismu hrvatskog naci-klera videti
M.A. Rivelli, "L'Arcivescovo del genocidio" (Kaos Edizioni: Milano
1999).
(47) Kao Military Professional Resources Inc., (Rezervisti
profesionalne vojske) sa sedistem u Virdziniji, koja je pomagala
Hrvatsku izmedju ostalog i u vojnim operacijama « Oluja » i « Munja »
u toku kojih su 1995. u uslovima opste zlocinacke ravnodusnosti «
medjunarodne zajednice » Srbi proterani sa svojih vekovnih ognjista
iako su tamo bili vecinsko stanovnistvo.
(48) Do gradje neophodne da se shvati kako je i zasto unistena
Jugoslavija tesko se dolazi i gotovo da nikad nije prevedena na
italijanski. Pored citiranih, navescu knjigu Dajane Dzonston (Diana
Johnstone): Fools' Crusade: Yugoslavia, Nato, and Western Delusions
(nije prevedena na srpskohrvatski, ali na promociji na Sorboni 28/02/03
u organizaciji, izmedju ostalih i CNJ, D. Johnstone je za oglasni
plakat predlozila Direrove Jahace apokalipse, pa bi ta slika mogla da
resi pitanje prevoda naslova knjige :”Jahaci Apokalipse – Jugoslavija,
Nato i Iluzije Zapada”, prim. prev.) Monthly Review Press, 2003, ISBN
1-58367-084-X) Takodje je veoma korisna knjiga grupe autora “Hidden
Agenda: U.S./NATO Takeover of Yugoslavia“ (International Action Center,
2002, ISBN 0-9656916-7-5).
(49) Pokret koji se u Italiji solidarisao sa stradanjem Jugoslovenskih
naroda tokom svih ovih godina dozivljava promene. Paradoksalno, Nato
bombardovanje je podstaklo na razmisljanje i akciju. Takodje je ucinilo
da jugoslovensko i srpsko pitanje izgube na nepopularnosti i dobiju na
razumljivosti, uprkos prilikama na terenu koje su se dramaticnom
brzinom pogorsavale i dovele sada vec do potpunog brisanja Jugoslavije
iz geografskog atlasa. Pokret je u sustini prosao kroz tri etape: prva,
do pocetka bombardovanja, protekla je u znaku humanitarne pomoci na
cisto antiratnoj osnovi i sustinski u opstem nepoznavanju i
nerazumevanju dogadjaja i prilika; druga etapa, grubo receno do pocetka
2001. protekla je u znaku ozbiljnijeg pristupa problematici i prvih
akcija solidarnosti sa Srpsko-Jugoslovenskom stranom; treca etapa je
ova danasnja, gde je primetan veci stepen zrelosti promisljanja ali i
nizi stepen angazovanja. No, pokret nije zamro. Naprotiv. Ako se
uporedi sa moralistickim ili humanitaristickim pristupom, koji je
tipican za krizne situacije i « volonterstvo », na primeru Jugoslavije
odmah uocavamo spoj humanitarnog i politickog rada,
internacionalistickog i antiimperijalistickog. Primerice, uspostavljen
je neposredan kontakt sa bombardovanim radnicima, sto je bila prilika
za sagledavanje njihovih problema na licu mesta i uocavanje dejstva
strateskog dezinformisanja. Medjutim, jugoslovensko pitanje je
nesumnjivo bilo nedovoljno prisutno u sirem antiratnom pokretu iz vise
razloga, medju kojima nije na odmet pomenuti i nedovoljan stepen
spremnosti na suceljavanje misljenja, nedovoljan stepen analiticnosti i
koordinacije medju nosiocima akcija, sto je imalo za posledicu da te
akcije ostanu bez sireg odjeka.
(50) Psiholoski, unutrasnja dinamika « potiskivanja » Jugoslavije mozda
podseca na slozene odnose dvoje ljubavnika, koji, suoceni sa razlazom,
a sve u njegovoj funkcij, nepotrebno sebi nanose bol, pogrdama i
uvredama potiskujuci uspomene na lepe trenutke sazivota. Ili, takodje,
na razdore i raskole koji prate rodbinske razmirice. Kod Jugoslovena
uopste uzev, manifestovanje sklonosti ka omalovazavanu sopstvene
proslosti stvaranjem pogresne predstave o njoj, imalo je za posledicu
produbljavanje vec nanetog bola i spada u red istog psiholoskog
mehanizma.
(51) Rec je o stvaralastvu u oblasti muzike i filma, arhitekture i
knjizevnosti, slikarstva, rec je o prirodnim bogastvima, sportu i
tipicno nacionalnim proizvodima. Ukratko, o svemu onome sto sacinjava
vitalni princip, nadahnucima bremeniti identitet, kontrapunkt mitu o
sili, nacionalizmu, svemu onom reakcionarnom i nazadnom sto tirani
izbljuju svaki put kada krvavom cizmom gaze Balkanom.
---
Ovaj tekst rad pretezno utemeljen je na bogatoj gradji redovnih dnevnih
informativnih biltena Nacionalne Koordinacije za Jugoslaviju (CNJ).
Gradja je upisana pod JUGOINFO i moze se konsultovati na adresi koja
sledi:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages
CNJ smo osnovali 2001. u zelji da sprecimo disperziju mnogobrojnih
akcija tada vec u punom zamahu, kao i da doprinesemo povezivanju i
medjusobnom upoznavanju nosilaca tih akcija u domenu politike, kulture
i informisanja, ali isto tako i u domenu ciste ljudske solidarnosti,
prijateljstva i zajednickih uspomena i pamcenja. Tokom protekle dve
godine organizovali smo vise predavanja i raznih susreta, promovisuci
knjige i filmove.
Adresa: jugocoord@... - https://www.cnj.it
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1. Editoriale di Radio Città Aperta del 19.02.2004
2. RedLink: RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE - SENZA SE E SENZA ONU !
=== 1 ===
http://www.radiocittaperta.it
Gli astenuti
Il voto al Senato sul mantenimento delle truppe italiane
nell'occupazione dell'Iraq, è andato come le peggiori previsioni
lasciavano intravedere. Hanno votato contro una quarantina di senatori
tra Verdi, PdCI, PRC e sinistra DS, hanno votato a favore i senatori
del centro-destra, non hanno votato i senatori dell'Ulivo "triciclato".
La decisione di astenersi ha cercato così di tenere i piedi in tutte le
staffe.
Ha mandato un segnale di affidabilità ai poteri forti della guerra
preventiva; ha impedito una divisione all'interno del "triciclo" tra
chi voleva votare a favore del mantenimento del contingente militare
italiano in Iraq e chi voleva astenersi in aula; ha mandato un segnale
a quei settori del movimento "pacifista" che non fanno mistero di
intendere la pacificazione e la ricostruzione dell'Iraq come una sorta
di protettorato internazionale in mano alle potenze occidentali ma
"sotto l'egida dell'ONU"
Le richieste del movimento pacifista e contro la guerra erano di
tutt'altro segno. Chiedevano un voto chiaro e netto contro la
partecipazione militare, politica ed economica dell'Italia
all'occupazione coloniale dell'Iraq.
Ci sono molte cose che lasciano il segno in questa decisione della
maggioranza del centro-sinistra, ma una colpisce più di altre: la
totale impermeabilità del ceto politico "triciclato" alle domande e
alle aspettative del suo referente sociale ed elettorale.
E probabile che i Fassino, i Rutelli etc. abbiano ragionato con cinismo
pianificando l'ennesimo strappo con il popolo della sinistra. Hanno
privilegiato ancora una volta l'affidabilità verso i poteri forti
piuttosto che dare credito alle richieste del loro corpo elettorale che
chiedeva altre priorità ed altre scelte. Il cinismo sta nel ritenere
che quest'ultimo non può che ingoiare l'ennesimo rospo, perché se vuole
poi togliersi dalla scatole un governo eversivo come quello Berlusconi,
alla fine non potrà che turarsi il naso e scegliere "il meno peggio".
I cinici hanno avuto spesso fortuna e ruoli di rilievo nella storia ma
la loro coazione a ripetere potrebbe rivelarsi altrettanto amara.
Ritenere con un certo ed irritante snobismo il popolo della sinistra un
pò coglione e troppo immaturo di fronte al pragmatismo della politica
potrebbe aver sottovalutato il valore aggiunto emerso in questi ultimi
due anni: la dignità.
Se i tranvieri hanno scioperato nonostante le precettazioni, se
migliaia di persone hanno rischiato le bastonate e le violenze di Stato
nelle strade di Genova, se la gente si mette in mezzo ai binari e alle
autostrade per difendere il lavoro o la salute, vuol dire che la
camicia di forza della "politica blindata dal bipolarismo" può
cominciare a lacerarsi in più punti. Potrebbe accadere, per esempio,
che il popolo della sinistra, il popolo della pace e della solidarietà
internazionale decida di "uscire dall'urna al momento del voto" per
mandare a dire che non si firmano più cambiali in bianco a chi cerca di
umiliare la dignità di chi lotta, la dignità di quelli che - come
scrisse Franco Fortini - hanno imparato o ricominciato a "camminare
eretti". I rumori di fondo, in tal senso, si stanno facendo assordanti.
Editoriale di Radio Città Aperta del 19.02.2004
=== 2 ===
RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE SENZA SE E SENZA ONU
Traspariva fin dall’inizio che il pacifismo istituzionale, pur con
differenze al suo interno, cercava di ri-aggrapparsi all’Onu, per
apporre il suo “MA” al ritiro immediato delle truppe di occupazione
dall’Irak.
Il ri-aggancio non poteva, però, essere immediato e diretto (come pure
non può permettersi di eliminare esplicitamente l’obiettivo del ritiro
delle truppe). Bisognava squalificare prima la resistenza armata, fare
lunghi panegirici sulla lotta pacifica. Proprio nel caso irakeno,
infatti, il ruolo giocato dall’Onu era stato quanto mai esplicativo
sulle sue reali funzioni.
L’ONU GOVERNO MONDIALE DEI (PRE) POTENTI
Tanto per rinfrescarci la memoria, la prima aggressione all’Irak del
1991 fu condotta sotto le bandiere delle Onu. Giustificata per mettere
fine all’occupazione del Kuwait, andò direttamente al suo vero scopo
(in questo caso condiviso da tutto il primo mondo), di limitare la
pretesa di Saddam -e di chi eventualmente volesse seguire il suo
esempio- sui prezzi del suo petrolio a danno della cresta pretesa dalle
multinazionali. A tal fine, si mise in atto un bombardamento -dopo che
era ampiamente cessata l’occupazione del Kuwait- che sganciò un
quantitativo di esplosivo pari a quello effettuato durante tutta la
seconda guerra mondiale, con un numero di circa duecentomila morti.
Molti di questi erano soldati in ritirata o arresisi, letteralmente
travolti e sepolti dai carri armati della “grande coalizione mondiale”.
Sotto l’egida dell’Onu, Bush padre si permise di affermare che la
punizione in atto si prefiggeva di riportare l’Irak all’età della
pietra.
Cessati i bombardamenti, sempre in sede Onu fu deciso un embargo
–durato poi 12 anni- che ha provocato più di un milione di morti,
soprattutto tra bambini e anziani.
Intellettuali corrotti (non solo nel cervello) e politici di
inqualificabile sinistra hanno cercato di coprire le nefandezze
dell’Onu, adducendo il solito argomento di tutte le aggressioni
coloniali: bisognava proteggere gli irakeni dalle atrocità della
dittatura saddamista, come alcuni decenni prima bisognava liberare gli
schiavi dal Negus. Hanno avuto una sola accortezza in questo squallido
compito: invece di definire l’aggressione come un intervento di
civilizzazione, l’hanno battezzata come ingerenza umanitaria. E tutta
la grottesca discussione sulle colpe di Saddam si svolgeva nel mentre
perfino l’uomo della strada sapeva di un certo petrolio.
ONU GARANTE DI LIBERTA’, DEMOCRAZIA E SICUREZZA…DEL CAPITALE EUROPEO.
L’Onu non ha ritenuto di dover avallare la seconda aggressione
all’Irak, nella quale gli Usa intendevano svolgere la parte leonina
portandosi dietro un po’ di sciacalli (la metafora l’abbiamo rubata
all’arcivescovo Nogaro di Caserta). Questa impennata ha ridato fiato
alle trombe del pacifismo istituzionale per opporre al cosiddetto
movimentismo la possibilità di fare politica con strumenti “credibili”.
La seconda aggressione faceva seguito a quella contro l’Afghanistan,
che fu giustificata come reazione all’attentato alle Twin Towers.
Contro i talebani gli Usa si portarono dietro anche l’Europa tutta. Nel
preparare il nuovo attacco a Saddam gran parte del mondo si è opposto:
in particolare, i governi francesi e tedeschi, nonché russi e cinesi. I
pacifisti istituzionali hanno voluto (far) credere che quindi, alla
lunga, la vocazione pacifista emerge anche nell’Onu.
Facciamo allora un giochino per bambini scemi. Dubitiamo per un momento
sulla vera vocazione del governo francese, tedesco, nonché russo e
cinese. Non diciamo cioè subito che sono guerrafondai anche essi,
nonostante la prima aggressione all’Irak. Ma dubitiamo anche in senso
contrario, perché questi precedenti ci sono, e non solo: la Francia è
ben nota per le sue anche attuali prodezze in Sierra Leone e in Ruanda,
la Russia in Cecenia, e un po’ tutti mantengono truppe di occupazione
in varie parti del mondo. Puntiamo invece la nostra attenzione sul
fatto più eclatante: gli Usa corrono per la prima volta il rischio di
contrapporsi ai loro alleati europei. E’ una scelta gravissima, che non
può avere come spiegazione l’improvvisa vocazione pacifista di gente
come Chirac. Neanche un bambino (non scemo) ci crederebbe e, per quanto
non marxista che cerca sempre il pelo nell’uovo, si sforza di capirci
un po’ di più. Questa volta, però, pur assumendo il petrolio come punto
di riferimento, non può fermarsi qui: anche nel 1991 c’era l’obiettivo
petrolio dell’Irak, ma lo stesso fu perseguito, volens nolens, da tutti
i compari.
La domanda è allora: perché questa volta sono solo gli Usa a voler
aggredire l’Irak, mentre addirittura Francia e Germania si oppongono?
E’ dall’esito di questa domanda che si può stabilire o meno un punto di
contatto tra oppositori statali degli Usa e movimento contro la guerra.
Altrimenti, la tattica, per quanto si ammanti di realismo, sarà solo
una “scommessa immaginifica”: nel migliore dei casi, va da sé.
La risposta –come dice William Clark- è semplicemente stupefacente,
anche se –aggiungiamo noi- abbastanza già nelle righe. Riportiamo
testualmente una parte di quanto l’intellettuale australiano ha scritto
per la rivista “la Contraddizione”:
“In realtà, il governo Usa vuole prevenire ulteriori spostamenti delle
transazioni valutarie sul petrolio da parte dell’Opec verso l’euro, e
per impedire ciò punta al controllo territoriale dell’Irak. Un anonimo
commentatore così parla della verità non detta: ‘Il più grande incubo
della Fed è nel possibile spostamento dell’Opec, per le sue transazioni
internazionali, dal riferimento al dollaro a quello dell’euro.
Effettivamente l’aveva già effettuato nel novembre 2000 (quando l’euro
era quotato intorno agli 80 centesimi al dollaro), scommettendo sulla
continua svalutazione del dollaro sull’euro’.
“Saddam ha siglato la sua condanna decidendo di passare all’euro, alla
fine del 2000, e –dopo- quando ha convertito in euro il suo fondo di
riserva di 10 miliardi di dollari presso l’Onu. A quel punto la seconda
guerra del golfo da parte di Bush jr era inevitabile. La continua
svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro, dalla seconda metà
del 2001, ha comportato un notevole guadagno per l’Irak a seguito
dell’operazione fatta. Da allora l’euro ha guadagnato parecchi punti
percentuali, la qual cosa si applica anche ai fondi Onu “petrolio per
cibo”, precedentemente calcolati in dollari.
“Bush vuole un governo fantoccio in Irak, ossia tramite esso il
complesso industriale militare vuole restaurare stabilmente il
riferimento al dollaro (auspicando che l’Opec metta un veto su
qualsiasi tentativo di spostamento verso l’euro, a cominciare
dall’Iran, secondo produttore Opec, che sta considerando l’eventualità
di tale passaggio). Inoltre, nonostante la datata amicizia verso gli
Usa da parte dell’Arabia Saudita, il regime saudita sembra sempre più
debole ed esposto a rivolte popolari, tanto che una ‘rivoluzione
saudita’ potrebbe costituire una risposta all’impopolare invasione Usa
in Irak.
“Il governo neo-conservatore di Bush, essendo consapevole di questi
rischi, punta a una presenza militare permanente nella regione del
golfo persico del dopo Saddam, qualora dovesse fronteggiare una rivolta
antioccidentale nei campi petroliferi sauditi. Tutto ciò che va al di
là della questione della valuta di riferimento, e dei problemi
petroliferi dell’area, è secondario. Lo scontro dollaro-euro è grande
abbastanza da far correre il rischio di un riflusso economico nel breve
termine, pur di allontanare nel lungo il collasso del dollaro a seguito
di uno spostamento Opec dal dollaro all’euro. In questo ‘grande gioco’
ci rientrano Russia, India e Cina.”
Quindi, a tutta evidenza non ci troviamo assolutamente di fronte ad
un’opposizione pacifista nell’Onu, rectius, nel suo Consiglio di
Sicurezza. A maggior conferma, è venuta la posizione assunta da questi
all’indomani dell’occupazione dell’Irak. L’Onu, cioè gli europei che
avevano votato contro l’aggressione, ha legittimato l’infame
occupazione.
Stabilito chi sono gli ondivaghi del Consiglio di Sicurezza e quali
sono i loro reali interessi in contrapposizione a quelli usamericani,
il voto favorevole all’occupazione è una chiara risposta alla cauta
apertura degli occupanti. Questi hanno lasciato più volte intendere,
soprattutto man mano che aumentavano le difficoltà di gestione
dell’Irak, di voler insediare un condominio: a patto che la direzione
fosse americana. Gli europei hanno risposto di essere disponibili a
co-gestire la torta, a patto di essere parte della direzione. Sulla
questione è dunque iniziato un lungo braccio di ferro, che gli europei
pensano di poter vincere, potendo contare sulle crescenti difficoltà
dell’occupazione e sulla vittoria dei democratici alle prossime
elezioni di novembre negli Usa.
In questa partita non c’è spazio per il movimento della pace, che punta
sull’autogoverno degli irakeni, giacché il risultato finale (chiunque
vinca) non sarà mai il ritiro delle truppe di occupazione. Illazione?
Si veda allora quanto è successo in Bosnia e in Kosovo, dove il
protettorato si protrae ancora oggi e cioè a distanza di molti anni
dalla fine delle cosiddette ostilità. Eppure qui l’unilateralismo
statunitense è bilanciato dai paesi “pacifisti” europei. O no?
D’altra parte, che i pacifisti istituzionali nell’invocare la presenza
Onu in Irak intendono sostenere le ragioni dell’Europa è dimostrato
dalla loro posizione a favore di quest’ultima. Tutti i pacifisti che
parlano di Onu sono ferventi sostenitori dell’Europa; i più accorti,
per via della la loro esposizione al movimento, sostengono un’Europa
contaminata dal “sociale”.
Noi continuiamo a sostenere, ovviamente assumendo sul serio l’obiettivo
del ritiro delle truppe, che uno dei passaggi realistici del movimento
è la delegittimazione dell’Onu. Questo passaggio –si obietterà- è
perseguito anche dagli Usa. E’ vero, ma non perché gli oppositori, nel
Consiglio di Sicurezza, ai suoi piani siano paesi deboli e/o oppressi.
Da questa opposizione può nascere o un compromesso a danno dei paesi
deboli e/o oppressi o una nuova grande guerra.
RED LINK <redlink@...>
1. FONTE: Eko Forum Belgrado
2. TITOLO: L’istituto per la protezione della salute della “Zastava” fa
appello perche' siano effettuate ricerche sanitarie sugli operai
3. AUTORE: Glas Javnosti/ B.Kuljanin
4. SITO INTERNET: http://www.ekoforum.org.yu/
5. NUMERO DI PAGINE:1
6. DATA:20.12.2003.
L’Istituto per la protezione della salute della “Zastava” di Kragujevac
ha chiesto ufficialmente al Ministero per la Scienza e la Tecnologia di
impegnarsi a trovare i soldi per la realizzazione del progetto di
ricerca sulla salute degli operai che erano impegnati nel risanamento
delle conseguenze belliche di questa fabbrica nel 1999.
Nel risanamento dei reparti Kovacnica, Alatnica, Lakirnica, ERC e
Namenska, danneggiati durante i bombardamenti della NATO, erano
impegnati circa 1.000 operai. Lo stesso anno del risanamento sono state
fatti controlli e visite mediche sugli operai, come si fanno ogni anno.
Le persone competenti in Medicina del lavoro alla “Zastava” hanno
formato un team particolare per il monitoraggio della situazione
sanitaria di questo gruppo degli operai.
<<La zona della ”Zastava” nel 2000 e' stata dichiarata ambiente
degradato da parte della Missione delle Nazioni Unite. Piralene è stato
riversato in tre località, mentre in un'altra è stato bruciato il
contenuto della stazione dei trasformatori elettrici. In altre sei
località sono stati rilevati ulteriori elementi dannosi. Perciò sono
necessare ricerche e studi sui rischi ecologici e sanitari per gli
operai che hanno lavorato al risanamento degli impianti distrutti e
dell’ambiente contaminato.>> E' il parere della dott.ssa S. Ignatovic,
direttrice di questa unità scientifica.
Due anni fa, il progetto di monitoraggio sanitario degli operai della
”Zastava” non ha ottenuto il sostegno del Gruppo per l’implementazione
del Programma regionale per il rinnovamento dell’ambiente (REREP),
benche' si trovasse nell’elenco dei progetti sottoposti alla Conferenza
dei Donatori a Sarajevo. Sotto controllo regolare si trova solo una
parte degli operai che sono rimasti alla ”Zastava” dopo il risanamento
degli impianti distrutti. I media, però, negli ultimi tempi parlano
molto spesso di singoli casi di operai ammalatisi di malattie cancerose.
Nei giorni scorsi questo fatto e' stato rilevato anche dal sindacato
della “Zastava”, che ha l’intenzione di costituire un Fondo per la cura
degli operai impegnati nello sgombero delle macerie nel 1999. Il
progetto prevede lo spettro completo di controlli necessari, e se si
vuole comprendere tutto il gruppo interessato serviranno 10.000 euro.
Gli esperti della ”Zastava” pensano che si debba evitare ogni
improvvisazione e che il monitoraggio della salute degli operai
impegnati nel risanamento debba essere considerato di interesse
nazionale.
Secondo dati ufficiali, nel Distretto di Sumadija ogni anno si
evidenziano circa 1.000 nuovi casi ammalati per materie cancerogene. Si
parla di un numero in crescita di cancri ai polmoni, problemi con la
tirode, e malattie ematologiche che stanno aumentando anche nei
bambini. Come anni critici si citano il 1993 e il 2000.
I medici della “Zastava” fanno appello ai media perche' sostengano il
loro progetto, e perche' parlino pubblicamente di questo problema
delicato, evitando il sensazionalismo.
(srpskohrvatski / italiano)
Una lettera inviata dal presidente dell'Associazione delle vittime
della NATO all'ex-segretario NATO Robertson...
[ Ringraziamo D. Kovacevic per la segnalazione e per la traduzione.
Revisione a cura del CNJ. ]
---
Rivista NIN, Belgrado, 20.02.2004. - traduzione Dragomir Kovacevic
http://www.nin.co.yu/index.php?s=rub&a=2773&rid=15&id=1290
[Sezione: Le reazioni]
Una insensibilita' terrificante
Estratti dalla lettera inviata a George Robertson, fino a poco tempo fa
segretario generale della NATO, a proposito del feuilleton di NIN
intitolato "La guerra non c'era, e neanche i crimini di guerra"
"...Nella storia kosovara, circa 700 anni di violenza... Gli albanesi
hanno sofferto per ulteriori 40 anni sotto il comunismo. Nell'arco di
10 anni, da quando Milosevic arrivo' al potere, e' stata condotta una
discriminazione sistematica, che potremmo definire apartheid..." (NIN
15.1.2004)
Nella veste di professore pluriennale della Facolta' di Giurisprudenza
di Belgrado, ho prestato docenza anche a Pristina, dove studiavano
insieme Serbi ed Albanesi, senza alcuna discriminazione. Posso
testimoniare che tutti gli studenti albanesi conoscevano il serbo, ma
in piu' potevano avvalersi della facolta' di sostenere gli esami nella
loro lingua materna. A quei tempi, l'Universita' di Pristina veniva
gestita da Belgrado, non per motivi di apartheid, ma a causa della
mancanza di esperti e docenti universitari con esperienza.
I guai ed i problemi nel Kosovo cominciarono nel fine degli anni
Sessanta, quando i professori dell'Universita' belgradese, sulla base
di una decisione del Comitato Centrale del Partito Comunista, vennero
rimossi e sostituiti con professori provenienti da Tirana. Pochi si
opposero a questa decisione irrevocabile. Potreste soltanto immaginare
cosa succederebbe se il governo britannico decidesse di allontanare i
professori dalle facolta' piu' prestigiose, e di nominare docenti
provenienti da un altro paese, soltanto per accontentare una minoranza.
Dopo quel periodo, la natalita' nel Kosovo, gia' molto alta, crebbe in
proporzioni incredibili. Cominciarono ad apparire le targhe nei cortili
delle case delle famiglie serbe: "Casa in vendita".
Esistono prove indiscutibili che in Kosovo si preparava gia' la guerra.
Non esistendo un efficace controllo del traffico delle merci e delle
persone, a causa della frontiera permeabile con l'Albania, non era
difficile lavorare alla realizzazione dell'idea di un Kosovo
indipendente.
Lo Stato pero' reagi' a questo. Si doveva agire contro la secessione.
Uno Stato si difende con tutti i mezzi possibili. Abbiamo prove in tal
senso continuamente, in svariate parti del mondo.
La Vs. toccante testimonianza, sig. Robertson, sulle morti dei bambini
in Kosovo, ha un tono politico, ed e' orientata a stimolare avversione
nei confronti del popolo serbo. Se fossi nella Vs. posizione, visiterei
Varvarin, Beograd, Aleksinac, Nis, oppure altri luoghi nella Serbia,
dove pure sono stati uccisi i bambini. O questi altri erano obiettivi
militari legittimi?
Puo' darsi che alcuni degli ordini e dei comandi fossero trasmessi
attraverso la torre sul monte Avala, gia' simbolo di Belgrado, la cui
la distruzione, nonostante le Vs. argomentazioni, non e' concepibile da
una mente sana. Ancora meno si puo' comprendere l'abbattimento del
palazzo della televisione nazionale, dove sono morti solo civili, e
nessun militare.
Ci furono reazioni esagerate e vendette, ma certe situazioni sono
difficilmente gestibili anche da parte di uno Stato organizzato meglio
della Repubblica Federale Jugoslava. Sarebbe possibile, o no,
paragonare questi eventi con le azioni massicce condotte da vari altri
paesi per la salvaguardia della propria integrita'? Sarebbe possibile
aprire la questione delle responsabilita' di comando a Belfast, o per
l'ETA nella Spagna, o per il Vietnam del Nord, e per tutti gli altri
conflitti armati, nel caso trovassimo per tutti questi una definizione
adatta?
Dovreste vedere il monumento ai piloti jugoslavi morti, nel cortile del
Comando dell'Aviazione, che avete distrutto, come anche gli altri
palazzi, benche' durante i bombardamenti esso fosse vuoto - cosa di cui
eravate a conoscenza. I piloti sono caduti in un combattimento
diseguale contro le macchine e l'elettronica, e non lottando contro
piloti piu' capaci di loro. Per i Vs. piloti, sig. Robertson, quelli
erano giochini elettronici, mentre per i nostri, che difendevano la
propria patria, essi significavano una sicura ed inevitabile morte.
Dovremmo forse dimenticarci di loro al piu' presto? In relazione al
patriottismo ed alla vita data per la propria patria, sono state
scritte anche grandi opere letterarie, ma ai Serbi oggigiorno e'
proibito essere patrioti.
E' terribile che la distruzione delle potenzialita' della Serbia
nell'ambito economico e finanziario venga condotta ancora nel presente,
con i mezzi dei tempi di pace. Un ex assistente universitario, ed ora
ministro degli affari esteri dell'Unione di Serbia e Montenegro,
insieme con Lei, fa appello a questo popolo perche' esso dimentichi le
vittime ed i danni causati dal bombardamento della NATO. L'aggressione
NATO rappresenta una flagrante violazione delle leggi internazionali,
mentre la gran parte degli imputati dell'Aia sono Serbi, compreso
l'ex-presidente del loro Stato sovrano. E' un caso senza precedenti
nella storia mondiale, che il processo ad un capo di Stato si svolga al
di fuori del paese dove vennero commessi i presunti crimini, e che lo
si additi come criminale prima ancora del verdetto. Alcuni vengono
detenuti in custodia cautelare per piu' anni, accusati di presunti
crimini di incitamento all'odio; i diritti dell'uomo vengono violati
drasticamente. Ma non vi e' il coraggio sufficiente affinche' le
istituzioni internazionali si appellino pubblicamente e chiedano la
sua abrogazione.
I criminali devono essere processati, ma tutti indistintamente ed
indipendentemente dalla loro appartenenza etnica. Si sarebbe dovuto
fare di tutto affinche' essi fossero processati nei paesi dove sono
accaduti i crimini. Ho l'impressione che un obiettivo nascosto di
questo tribunale sia quello di scoraggiare tutti quelli che chiedono i
risarcimenti per i danni provocati con gli interventi della NATO nella
Serbia e Montenegro!
L'appello all'oblio ha gia' dato visibili risultati, in Serbia. Ratko
Bulatovic e' rimasto senza entrambe le gambe quando, quale responsabile
del team per il soccorso dei feriti a Belgrado, e' corso a prestare
aiuto proprio nel momento in cui fu lanciata la seconda bomba sul
Palazzo del Quartiere Militare (noto nel mondo per le qualita'
architettoniche). Bulatovic ora e' un invalido di altissimo grado e non
ha mezzi finanziari sufficienti per procurarsi le attrezzature
necessarie a condurre una vita piu' facile. Durante la Vs. ultima
visita a Belgrado, sarebbe stato un gesto straordinario di attenzione
umana, se aveste visitato lui e le altre vittime, promettendo almeno un
aiuto finanziario minimo. Questo sarebbe potuto essere un Vs. gesto di
buona volonta', che avrebbe dimostrato che non fate differenza tra le
une e le altre vittime.
Ho una obiezione personale da farVi, sig. Robertson. In qualita' di
presidente dell'associazione delle vittime NATO, vi avevo mandato una
lettera, sperando in una Vs. risposta, che non ho ricevuto fino ad
oggi. Una cittadina della Gran Bretagna, moglie di un mio amico, ha
scritto al Vs. primo ministro, ricevendo una risposta di ritorno. Il
contenuto di tale lettera ora non e' rilevante. Un figlio minorenne di
un mio altro amico ha scritto al primo ministro dell'Australia,
preoccupato per il destino degli aborigeni, ed ha ricevuto una
risposta, con i ringraziamenti. Il Vs. silenzio non merita alcun
commento.
Infine, devo aggiungere anche che non e' un Serbo che vi scrive -
togliendovi cosi' l'occasione di dire che in questo caso si tratta di
una mia parzialita'. Mio padre e' Sloveno, mentre nella famiglia
abbiamo degli antenati Tedeschi, Francesi, Italiani, Greci. E' un uomo
amareggiato per le ingiustizie nei confronti di un popolo, che vi
scrive.
Milan Pak
(L'autore della lettera, di professione, si occupa di diritto
internazionale da 40 anni. Inoltre e' Presidente della Associazione
delle vittime della NATO)
---
NIN
http://www.nin.co.yu/index.php?s=rub&a=2773&rid=15&id=1290
Reagovanje
Zastrašujuca neosetljivost
Izvodi iz pisma upucenog Džordžu Robertsonu, doskorašnjem generalnom
sekretaru NATO-a povodom NIN-ovog feljtona Nije bilo ni rata ni ratnog
zlocina
U kosovskoj istoriji oko 700 godina nasilja... Albanci su 40 godina
patili pod komunistima. Tokom 10 godina otkako je Miloševic došao na
vlast sprovodena je sistematska diskriminacija koju bismo mi inace
nazvali aparthejd...
(NIN 15.1.2004)
Kao višegodišnji profesor na Pravnom fakultetu u Beogradu, predavao sam
i u Prištini gde su studirali zajedno i Srbi i Albanci bez
diskriminacije. Mogu da posvedocim da su svi albanski studenti znali
srpski ali su mogli da polažu ispite i na svom maternjem jeziku. Tada
je Univerzitet u Prištini bio organizovan iz Beograda, ne zbog
aparthejda, nego zato što nije bilo dovoljno strucnjaka i iskusnih
univerzitetskih profesora.
Nevolje i problemi na Kosovu poceli su krajem šezdesetih kada su
profesori Beogradskog univerziteta, odlukom Centralnog komiteta
Jugoslavije, odstranjeni, a dovedeni profesori iz Tirane. Malobrojni su
bili oponenti ove neopozive odluke. Može se zamisliti kako bi bilo da
britanska vlada donese odluku o udaljenju profesora sa elitnih
fakulteta i postavljenju profesora iz neke druge zemlje da bi
zadovoljila manjinski narod.
Posle tih dogadaja, natalitet na Kosovu, i do tada veoma visok,
poprima neverovatne razmere. Pocinju da se pojavljuju oglasi u
dvorištima srpskih porodica Kuca na prodaju.
Postoje nesumnjivi dokazi da se Kosovo pripremalo za rat radi
izdvajanja iz Jugoslavije. Buduci da nije bilo dobre kontrole prometa
ljudi i robe zbog propusne granice sa Albanijom, nije bilo teško da se
radi na ostvarenju ideje samostalnog Kosova.
Na ovo je reagovala država. Protiv secesije je trebalo delovati.
Država se brani svim prihvatljivim sredstvima. Imamo svakodnevno takve
situacije u raznim delovima sveta.
Vaša dirljiva svedocanstva g. Robertsone o poginuloj deci na Kosovu
imaju politicku intonaciju. Usmerena su da podstaknu antipatije prema
srpskom narodu. Na vašem mestu ja bih posetio Varvarin, Beograd,
Aleksinac, Niš ili druga mesta u Srbiji gde su takode ubijana deca. Da
li su to bili legitimni vojni ciljevi?
Možda su neke komande i prenošene preko tornja na Avali, inace simbola
Beograda, ali njegovo rušenje, bez obzira na vašu argumentaciju, zdrav
razum ne može da prihvati. Još manje može da se razume rušenje zgrade
nacionalne televizije u kojoj su poginuli samo civili, nijedno vojno
lice.
Bilo je prekomernih reakcija pojedinaca i odmazdi, ali ovakve
situacije teško da bi mogla da kontroliše i mnogo bolje organizovana
država nego što je to bila SRJ. Da li možemo da uporedimo ove dogadaje
sa silnim akcijama koje su vodile razne države da bi sacuvale
integritet? Da li možemo pokrenuti pitanje komandne odgovornosti za
odmazde u Belfastu, za ETA u Španiji, za Severni Vijetnam i za sve
druge oružane sukobe, ako nademo odgovarajucu kvalifikaciju?
Trebalo bi da vidite spomenik poginulim jugoslovenskim pilotima u
dvorištu zgrade vazduhoplovstva koju ste takode uništili iako je u
vreme bombardovanja bila prazna, što je bilo poznato. Piloti su
izginuli u neravnopravnoj borbi sa mašinama i elektronikom, a ne sa
boljim i sposobnijim pilotima. Za vaše pilote, g. Robertson, to su bile
elektronske igrice, a za naše, koji su branili svoju zemlju - sigurna i
neizbežna smrt. Da li njih treba što pre zaboraviti? Velika književna
dela stvorena su u vezi sa patriotizmom i žrtvovanjem za svoju zemlju,
a Srbima je danas zabranjeno da budu patriote.
Porazna je cinjenica da se razaranje privrednog i finansijskog
potencijala Srbije efikasno sprovodii dalje, mirnodopskim sredstvima.
Bivši asistent, a sada ministar inostranih poslova SCG sa vama javno
poziva ovaj narod da zaboravi žrtve i štetu od NATO bombardovanja.
Agresijom NATO-a je flagrantno povredeno medunarodno pravo, haški
optuženici su u najvecem broju Srbi, a medu njima i bivši predsednik
jedne suverene države. Presedan je u svetskoj istoriji da se sudi šefu
države izvan zemlje gde su izvršeni navodni zlocini i koji se naziva
zlocincem i pre donošenja presude. Pojedinci se drže u pritvoru više
godina, ljudi optužuju za zlocine zbog navodnog huškanja, drasticno se
krše osnovna ljudska prava. Nema dovoljno hrabrosti da se ta
medunarodna institucija javno prozove i traži njeno ukidanje.
Zlocincima treba suditi, ali svima podjednako, bez obzira kom narodu
pripadaju. Trebalo je uciniti sve da im se sudi tamo gde su zlocini
pocinjeni. Imam utisak da je skriveni cilj ovog suda da se obeshrabre
svi oni koji zahtevaju naknadu štete prouzrokovane u NATO akcijama u
Srbiji i Crnoj Gori!
Apelovanje na zaborav je vec postiglo vidne rezultate u Srbiji. Ratko
Bulatovic je ostao bez obe noge kada je kao rukovodilac ekipe za
spasavanje unesrecnih u Beogradu hitao da pomogne u trenutku kada je
bacena druga bomba na zgradu Generalšaba (inace u svetu priznato
arhitektonsko ostvarenje). Bulatovic je težak invalid i nema dovoljno
sredstava da obezbedi odgovarajuca pomagala kako bi olakšao svakodnevni
život. Za vreme vaše poslednje posete Beogradu bio bi izvanredan gest
obicne ljudske pažnje da ste njega i druge žrtve posetili i obecali bar
minimalnu finansijsku pomoc. To bi bio gest dobre volje i pokazao bi da
ne pravite razliku izmedu žrtava.
Imam i jednu licnu zamerku, g. Robertsone. U svojstvu predsednika
Udruženja žrtava NATO-a, uputio sam vam pismo ocekujuci da cete na
njega odgovoriti. Do danas nisam dobio vaš odgovor. Britanka, supruga
mog prijatelja pisala je vašem pemijeru i dobila odgovor. Sadržina
odgovora je irelevantna. Maloletni sin jednog drugog prijatelja je
pisao premijeru Australije, zabrinut za sudbinu Aboridžina. Dobio je
odgovor i zahvalnost za pismo. Vaše cutanje ne zaslužuje komentar.
Na kraju ovo ne piše Srbin, pa da kažete da je u pitanju pristrasnost.
Moj otac je Slovenac, a u porodici imamo predaka Nemaca, Francuza,
Italijana, Grka. Piše vam covek koji je ogorcen na nepravdu prema
jednom narodu.
Milan Pak
(Autor se 40 godina bavi medunarodnim pravom i predsednik je Udruženja
žrtava NATO-a)
improvvisamente. Dietro alla sua caduta in disgrazia, a quanto pare, ci
sarebbe lo stile di vita della moglie...]
The former ambassador... and his wife
(english / german / srpskohrvatski / italiano)
1. Diplomat with a Blonde Dominatrix / Diplomat mit blonder Domina (Der
Spiegel)
2. U.S. ambassador in Serbia departs under the cloud (by Srdja
Trifkovic)
3. ODLAZAK AMBASADORA (Dusan Vasic)
=== 1 ===
http://www.spiegel.de/spiegel/english/0,1518,284416,00.html
"Diplomat with a Blonde Dominatrix"
Serbia: Washington's ambassador to Belgrade has unexpectedly been
dismissed.
His wife's lifestyle was too wild. Lynn Montgomery (45), who is of
British descent and for whom her husband William broke off a wedding
that had already been arranged, is thought to be the real reason behind
the disgruntlement in the US State Department. Scarcely a party went by
at which the fun-loving, hyperactive English woman did not make the
headlines with her excesses and her risqué wardrobe.
Original text:
---
http://www.spiegel.de/spiegel/0,1518,285295,00.html
Diplomat mit blonder Domina
02. Februar 2004
C DER SPIEGEL 6/2004
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Genehmigung der SPIEGELnet GmbH
Washingtons Botschafter in Belgrad wird überraschend abserviert. Trieb
es seine Frau zu bunt?
Er sei der tatsächliche Präsident Serbiens, stöhnte die Belgrader
Zeitung "kurir". Das Wochenblatt "vreme" beschrieb ihn lakonisch als
das unumgängliche Gewürz in jeder Suppe. Und das montenegrinische
Magazin "monitor" konstatierte, "der Mann bemüht sich nicht einmal,
Sympathien zu erlangen". William D. Montgomery, seit 1993
US-Botschafter auf dem Balkan, gilt als Drahtzieher hinter den Kulissen
offizieller Politik - gefürchtet von den Landespolitikern, die er nicht
selten zu Lakaien degradierte, ungeliebt von der Bevölkerung, die sich
von ihm entmündigt sah, und unter Dauerfeuer jener Medien, denen er die
finanzielle Unterstützung der USA entzog.
Zu den Verdiensten des 58-Jährigen mit drei Jahrzehnten diplomatischer
Erfahrung zählen der Sturz des Milosevic-Regimes in Serbien sowie sein
maßgeblicher Einfluss bei der Aufstellung neuer, demokratischer
Regierungen in Bulgarien und Kroatien. Doch nun scheint der
selbstbewusste Diplomat mit dem Bulldoggen-Image selbst nicht mehr ins
Profil offizieller US-Politik zu passen. Statt, wie erhofft, nach
Moskau versetzt das State Departement "Balkan-Bill" zum 29. Februar in
den vorzeitigen Ruhestand.
Was die Regierung Bush zu diesem unüblichen Schritt veranlasst haben
könnte, bleibt vorerst Spekulation. War es seine zunehmende
Eigenmächtigkeit bei der Beurteilung Amerikas strategischer Interessen?
War es sein Engagement für US-Firmen auf dem Balkan, das weit über die
Befugnisse eines Botschafters hinausgegangen sein soll? Oder dass er
unlängst dem in Den Haag als Kriegsverbrecher angeklagten serbischen
Ex-General Sreten Lukic bei einer Gedenkfeier der Polizei in Belgrad
die Hand geschüttelt hat?
Washington, glauben Beobachter, könnte auch der Wahlerfolg radikaler
und nationalistischer Parteien 2003 in Kroatien und Serbien irritiert
haben. Mit Zuckerbrot und Peitsche könne man auf Dauer keine
erfolgreiche Diplomatie betreiben, räsoniert der einflussreiche
kroatische Kommentator Ivan Zvonimir Cicak - "insbesondere, wenn man
eine Ehefrau hat, die an der Spitze öffentlicher Skandale rangiert".
Die gebürtige Britin Lynne Montgomery, 45, für die William eine bereits
anberaumte Hochzeit platzen ließ, wird als hauptsächlicher Grund für
die Verstimmung im US-Außenministerium vermutet.
Kaum eine Party, auf welcher die fidele, hyperaktive Gattin nicht durch
Exzesse und freizügige Garderobe für Schlagzeilen sorgt. Als
Diplomaten-Domina sang sie auf einem Belgrader Happening in schwarzer,
hautenger und trägerfreier Lederrobe, vor kroatischen Kriegsruinen
posierte die dralle Blondine in rotem Abendkleid mit Hund für die
Boulevardpresse. Nach einer Wohltätigkeitsgala zu Gunsten der Opfer des
Massakers von Vukovar lud sie zum fröhlichen Tanzvergnügen ein.
Auch die sensationshungrige Bevölkerung ließ Lynne gern durchs
Schlüsselloch blicken - als Kolumnistin in serbischen und kroatischen
Medien. So erfuhren die Leser beispielsweise, dass William seinem auf
dem Tisch eines Belgrader Lokals tanzenden Weib mit einem Löffel den
Takt auf den Hintern klopfte.
Nicht alle Auftritte verliefen so harmonisch. Vergangenen Sommer soll
die langjährige Botschaftssekretärin Biljana Jovic, eine Amerikanerin
serbischer Abstammung, in Washington vorgesprochen und gefordert haben,
der Skandalnudel künftig das Betreten des Belgrader Geländes zu
verbieten.
Was sich dort Anfang Juli ereignet haben soll, schilderte die serbische
Wochenzeitung "nedeljni telegraf" genüsslich so: Lynne sei von einem
Urlaub in Cavtat bei Dubrovnik, wo das Ehepaar einen Palast aus dem
Jahr 1913 gekauft hatte, vorzeitig zurückgekehrt. Als sie vom Flughafen
ihren Gatten anrief, habe sich dessen hübsche, gleichfalls blonde
Sekretärin gemeldet - und sofort den Hörer aufgelegt.
Wie eine Furie habe die eifersüchtige Engländerin daraufhin die
Botschaft gestürmt, die vermeintliche Konkurrentin gebissen, an den
Haaren gezogen, mit Wasser übergossen und deren Bluse zerrissen.
Anschließend seien Ordner und Dokumente durchs Büro gesegelt. Nur dank
des herbeieilenden Sicherheitsdienstes habe William das Duell beenden
können.
Mittlerweile gibt sich das Temperamentsbündel geläutert. Lynne fand
einen wohlwollenden und großzügigen Professor als Doktorvater und
promovierte an der Universität von Zagreb über die "Philosophie der
Ehe". Jetzt lehrt sie am amerikanischen Management-College in Dubrovnik
und an der privaten Karic-Universität in Belgrad Philosophie.
Ab März will sich das Ehepaar nach Cavtat zurückziehen, an einen der
teuersten adriatischen Touristenorte - jedoch keineswegs als
Frührentner. Montgomery, heißt es, spekuliere bei einem
Präsidentenwechsel in den USA auf den Job eines
Südosteuropa-Beauftragten. Angeblich will er auch ein
Beratungsunternehmen für in der Region aktive US-Firmen gründen sowie
mit der Familie Karic zusammenarbeiten, die ein Fernsehprogramm und
eine Wirtschaftsorganisation für den gesamten Balkan plant.
Der Karic-Clan, eine der einflussreichsten und vermögendsten Familien
Serbiens, war engster Verbündeter von Slobodan Milosevic während dessen
Diktatur. [SIC]
RENATE FLOTTAU
=== 2 ===
http://www.chroniclesmagazine.org/News/Trifkovic04/NewsST021104.html
CHRONICLES, Wednesday, January 11, 2004
An Old-Fashioned Scandal
U.S. ambassador in Serbia departs under the cloud
by Srdja Trifkovic
The announcement from the American Embassy in Belgrade on January 22
was bland: “U.S. Ambassador to Serbia and Montenegro, William D.
Montgomery, will retire from the U.S. Foreign Service at the end of
February after a 30 years career.” The story behind Mr. Montgomery’s
premature departure from the key Balkan post is interesting in a rather
scandalous way, and—so far—unfit to print in the U.S. (the cat is out
of the bag in Europe). It combines power, greed, sex, jealousy,
corruption and violence.
William Montgomery (58) was a very powerful man in Serbia, to which he
came after several tours of duty elsewhere in the region (Zagreb,
Sofia, Budapest). His views of the Balkans were formed during this
period in the late 1990s, when he served in the region during Mrs.
Albright’s tenure at the Department of State. As a prominent Serbian
political commentator noted recently, those views “bear a permanent
imprint of the enitre Clinton team’s prejudices and mistakes in
ex-Yugoslavia to this day.” He supported the interventions in Bosnia
and Croatia (1995) and the war against the Serbs over Kosovo (1999).
Afetr Milosevic’s fall (October 2000) Montgomery was able to ensure
the continuity of the previous Administration’s policies by relying on
the compliance of Milosevic’s successors. This compliance was
forthcoming because the late prime minister Zoran Djindjic and the rest
of the “pro-Western, reformist” DOS coalition—who used Vojislav
Kostunica to come to power but then marginalized him—went out of their
way to earn brownie-points with the Ambassador by being “cooperative”
and “moderate.” “They vied for Montgomery’s approval as a means of
improving their rating in Washington,” our source says, and to that end
they accepted his “line” on The Hague war crimes tribunal, on Kosovo,
Bosnia, and a host of other issues. The U.S. Ambassador also became a
key arbiter in domestic politics, most recently by threatening
Kostunica (in his current role of prime minister-designate) with a host
of unspecified sanctions if he were to include the nationalist Radical
Party in a future government coalition.
In the words of a Western diplomat who was posted to Belgrade until
recently and who spoke on the condition of anonymity, Montgomery
managed to “impose himself on Serbia as in imperial proconsul” because
the local politicians were willing to treat him as one. “He was a very
big fish in a rather small tank.” The power, status, and attention, so
disproportionate to a middle-level bureaucrat’s experience and personal
mindset, proved to be too much for Montgomery, more than he—and, far
more damagingly, his wife—could handle.
Lynne Montgomery is a vivacious woman fond of partying and media
attention. She was born in Norfolk (England) 45 years ago to a family
of modest means and social standing. Her lifestyle in Belgrade
reflected her refusal to come to terms with either her middle age or
her status as a diplomatic wife. As the Sunday Times of London put it
fairly tactfully on February 8,
“She has been a popular figure on the Belgrade cocktail circuit, but
her penchant for low-cut dresses and late-night carousing has caused as
much comment as her charity balls for children’s cancer units… [T]he
platinum blonde raised eyebrows by writing a controversial column in a
local newspaper in which she described dancing on tables in
restaurants.”
In one of those columns the diplomat’s wife regaled her Serbian
readers with the story of her husband beating time on her bottom with a
spoon as she danced to a Gypsy band on a barge on the Danube.
Mrs. Montgomery may have been born in Norfolk but she is a
quintessential Essex Girl. She was a married junior staffer at the
British embassy in Dar-es-Salaam (Tanzania) when she met the
up-and-coming American diplomat, Bill Montgomery. It was in the summer
of 1986, just as he was expecting the arrival of his fiancee from the
United States. A steamy affair apparently ensued, with Montgomery
calling off the wedding and Lynne leaving her husband.
She could have continued with her lording over Belgrade’s social scene
for another year at least, had it not been for an ugly incident in the
first week of July last year when she was involved in a violent fracas
with her husband’s personal secretary, Biljana Jovic (38). The ensuing
scene is believed to be the main reason for Montgomery’s premature
retirement. As the embassy made arrangements for its Independence Day
celebrations—a key date in Belgrade’s social calendar—Mrs. Montgomery
unexpectedly came back from the Croatian coast where she was enjoying a
break at the family summer home. She called her husband’s cell phone
number from the Belgrade airport; to her surprise and chagrin the call
was answered by Miss Jovic, who cut her off. Mrs. Montgomery ordered
the driver to take her to the embassy instead of the family residence
in the leafy suburb of Dedinje, marched through the front office, and
allegedly attacked Jovic, whereupon Marine guards had to be called to
separate the women. The Sunday Times says that Montgomery bit Jovic and
continued her tantrum in her husband’s office, scattering papers. When
it was all over, Ms. Jovic—an American citizen—flew to Washington to
lodge a formal complaint. State Department investigators went to
Belgrade to and their findings are said to have been extremely
detrimental to Mrs. Montgomery. She was told to stay away from her
husband’s assistant, which effectively barred her from the Embassy. As
the gossip spread through Belgrade Montgomery’s position grew untenable.
Lynne Montgomery is said to be shattered at the thought of her
high-profile life ending. She enjoyed herself tremendously in the
Balkans: when her husband was posted to Croatia, she gained a doctorate
in philosophy from Zagreb University. Her thesis, “The Philosophy of
Marriage,” remains described as a “work in progress,” but it
nevertheless enabled her to obtain the position of a part-time lecturer
at the private Brothers Karic University in Belgrade at a salary of $
2,500 (roughly five times the salary of a full-time tenured professor
at the University of Belgrade). The proprietor of the university is
Bogoljub Karic, Serbia’s wealthiest oligarch, who made his
fortune—measured in hundreds of millions, if not billions—during the
reign of Slobodan Milosevic.
These shinenigans end the career of a diplomat whose activities proved
to be deeply detrimental to the stability and lasting peace in
Southeastern Europe. That region is not an inherently important part of
the world, but it is significant because American policies there
throughout the 1990s have come to embody all that is wrong with the
fundamental assumptions, values, and modus operandi of the
decision-making community in Washington. With the fall of Slobodan
Milosevic a thorough revision of those policies became possible.
William Montgomery, more than any other individual, has contributed to
the maintenance of a negative continuity of the
Clintonian-Albrightesque Balkan mindset on the Bush Administration. In
particular it was his fervent insistence on Serbia’s compliance with
the demands of The Hague war crimes tribunal that proved to be
counterproductive. It undercut the legitimacy of the “reformist”
government in Belgrade, which played right into the hands of the
nationalist opposition: the Radical Party is now the most powerful
political force in the country.
Montgomery’s successor should try to make a fresh start. With the
focus of the Administration’s attention on the Middle East, the Caspian
basin, the Korean peninsula, and the war against terror, the United
States should pursue pragmatic policies in the Balkans that will make
further disengagement possible, at no cost and with least risk of fresh
instability. The only obstacle to such policy is the maintenance of a
regional pax Americana—until now doggedly pursued by Montgomery—that
entailed Serbia’s submission to The Hague, support for Montenegro’s
secessionist cleptocracy embodied in Milo Djukanovic, Bosnia’s
ever-tighter centralization favored by its Muslim plurality, and the
treatment of Kosovo’s eventual independence as an inevitability.
By the time the new ambassador arrives there will be a new government
in Belgrade, less likely to follow “suggestions” from the U.S. Embassy
at No. 50, Kneza Milosa Street. By standing firm on the key issues that
affect its own national interest, that government will also help
promote a new Balkan policy in Washington. If it refuses to be drawn
into another round of Montgomery’s combinazioni, Belgrade will best
defend its own interests while at the same time contributing to the
long-overdue review of the U.S. policy in the Balkans.
=== 3 ===
ODLAZAK AMBASADORA
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-02-23_2.html
Beograd, 15. februar 2004. godine
Pise: Dusan Vasic
Prevremeni odlazak ambasadora nije pravilo, vec izuzetak u
medjunarodnim poslovima. Jos veci presedan je njegovo definitivno
napustanje diplomatske sluzbe, posebno ako se radi o diplomati od
karijere. U ono malo zabelezenih slucajeva, razlozi za odlazak
ambasadora pre su bili licni ekcesi i nesnalazenje, nego zaokret u
politici zemlje odasiljanja.
Od ambasadorskog zvanja malo ko se svojom voljom oprostio. Ono donosi
izuzetnu cast. Nema te materijalne privilegije koja bi se mogla meriti
sa prestizom, ugledom i postovanje koje u sebi nosi duznost licnog
izaslanika sefa drzave.
Ako se to ima u vidu, onda se trajno i neocekivano povlacenje Vilijema
D. Montgomerija iz diplomatske sluzbe mora sagledati u znatno
drugacijem svetlu od onoga sto se iz sturih saoptenja nazire. Tesko je
poverovati da iz diplomatije odlazi samo zato sto je svojevremeno
magistrirao poslovno upravljanje, pa konacno zeli da se posveti svojoj
neostvarenoj ambiciji - biznisu?
Sudeci po godinama (usao u 59.), za njegovo penzionisanje je prerano.
Osim ako se ovom diplomiranom psihologu tri godine radnog staza
provedenih u vojsci, od cega jedna na ratistu u Vijetnamu, ne racunaju
kao dvostruki staz. Energicnost koja iz njega kipti i vitalnost koja
pada u oci, potvrdjuju da on sve moze biti samo ne penzioner. Osim
strucnog znanja za ulazak u svet biznisa kvalifikuje ga i sklonost ka
lukrativinim poslovima. Tvrdi se da mu je hrvatski lobi kupio kucu u
Cavtatu, a supruga je, iako sa diplomatskim statusom, odlucila da
naplacuje predavanja. U njegovoj biografiji pise da govori pet stranih
jezika. Od toga jedan je srpski a drugi hrvatski. Bosnjacki jezik se ne
pominje iako je godinu dana bio Klintonov specijalni izaslanik za
sprovodjenje Dejtonskog sporazuma o miru u BiH.
Upoznavanje sa pravim razlozima Montgomerijevog odlaska iz diplomatije
bitno je pre svega za procenu da li se i sta menja u politici
Vasingtona prema nasoj zemlji i uopste prema Zapadnom Balkanu. Sudbina
ambasadora tu nije najvaznija, iako su pasionirani hronicari odnosa SCG
- SAD mogli primetiti da su se za njegov definitivni odlazak stekla oba
na pocetku teksta pomenuta razloga.
Sto se tice ekcesa vezanih za licnost Montgomerija oni nisu izostali.
Od bezazlenog ocijukanja sa pojedinim saradnicama, preko dar-mara koji
je njegova supruga nacinila u Ambasadi tako da joj je Stejt Department
zabranio da vise tamo ulazi, do preterano bliskosti sa nekim od
najvecih tajkuna na prostorima bivse SFRJ.
Na profesionalnom planu svakako je najveci ekces bilo hapsenje
politickog savetnika ambasade Dzona Nejbora u spijunskoj misiji. Nije
sporno da je Nejbor uhvacen u nedopustenim poslovima. Zvanicno, to
Montgomeri nije morao da zna, ali je tesko poverovati da nije bio
upucen. No, mozda je Nejbor imao i drugu -manje poznatu misiju - da
kontrolise i samog sefa misije. Razumljivo je sto se srpski saucesnik u
spijunazi uporno brani tvrdnjom da mu je cela afera podmetnuta. Ali
nije poznato kako su nase sluzbe za zastitu poretka dosle do pocetnih
saznanja o tome - da li samostalno, indirektno ili posredno. Sumnju
budi i to sto je izostala nota SCG o proterivanju Nejbora -kako to
diplomatska pravila nalazu- vec se sve zavrsilo izvinjenjem naseg
ministra i hitnim odlaskom ovog obavestajca iz Beograda.
Ukupno dosadasnje angazovanje ambasadora Montgomerija, medjutim, mora
se posmatrati i mnogo sire, u kontestu politike koju je Klintonova
administracija vodila prema nasoj zemlji. On je bio deo tima koji je
kreirao spoljno-politicke poteze Vasingtona prema Beogadu. Na celu tog
tima bila je bivsi drzavni sekretar Medlin Olbrajt. Ova ceska
emigrantkinja je svoje prvo utociste u bebekstvu prema Americi
svojevremeno nasla u Srbiji. Zato se ocekivalo da ce mnogo bolje od
drugih u Stejt Departmentu razumeti slovenski duh ovog naroda i da ce
vrlo lako izaci sa njim na kraj. Kako u tome nije bila uspesna,
preovladala je njena ogorcenost. (Jasno je otud zasto su mnogi u
Vasingtonu napad na nasu zemlju nazvali -licni rat Medlin Olbrajt).
Njen najvazniji oslonac u vasingtonskom spoljno-politickom aparatu bio
je Veren Cimerman, raniji ambasador SAD u SFRJ. Milosevic ga je
svojevremeno duboko uvredio. Onako pun sebe i iskljuciv, odbio je da
primi ambasadora najmocnije drzave na svetu. Prirodno je otud da je
Cimerman deo sopstvenog nezadovoljstva zbog potcenjivanja od strane
vlasti u Beogradu, u odredjenoj meri, takodje ugradio u smernice
prakticnog delovanja SAD prema nasoj zemlji.
Za aktiviranje ofanzivnih instrumenata ove politike bio je zaduzen
ambasador Vilijam Voker, u svojstvu sefa posmatacke misije OEBS na
Kosmetu. On je operativno-obavestajni zanat prethodno dobro ispekao u
Nikaragvi. "Slucaj Racak" je bio njegovo maestralno djavolovo delo,
koje ce se ubuduce sigurno izucavati na akademijama necovestva i
prevara.
Na sirem diplomatsko-politickom planu, za nosioca ove politike "na
terenu" je odredjen Vilijam Montgomeri, a u medjunarodnoj ravni
ambasador Ricard Holbruk, naslednik Medlin Olrbajt u Ujedinjenim
Nacijama.
Sprovodeci ovaj, tek ovlas skicirani projekt delovanja prema nasoj
zemlji, Montgomeri je precesto izlazio iz uobicajenih diplomatskih
okvira, koji nalazu prefinjenost, poverljivost i odmerenost u
ponasanja. On se, iako formalno ustolicen u Zagrebu, u periodu pre
petooktobarskih promena, naposredno i javno, u trecoj zemlji, angazovao
na okupljanju i organizovanju odredjenih politickih protivnika
tadasnjeg rezima u SRJ. Na stranu sto se to kosilo Beckom konvencijom o
dilomatskim odnosima.
Kada je Klintonov tim otisao iz Stejt Departmenta, a vlast u Srbiji
promenjena, ostalo je da se odluci sta sa Montgomerijem. On je ubrzo iz
Zagreba prebacen u Beograd ali samo za sefa misije SAD. Medjutim,
trebalo je da prodje jos citavih godinu dana dok nije zvanicno imenovan
za ambasadora u Beogradu. Rezerve, ocigledno, nisu bile male.
Navikavsi se na ceste susrete sa onima koji su od opozicije u Srbiji
postali vlast, Montgomeri je nastavio ovu svoju predimenzionuranu
aktivnost. Tako je broj njegovih susreta sa domacin uzvanicama gotovo
bio veci od ukupnog broja susreta svih ostalih ambasadora zajedno
Javnosti je posebno upala u oci ucestalost susreta pred srpske izbore i
neposredno posle njih. Iz toga se moze zakljuciti da je i u promenjenim
okolnostima, on nastavio da deluje na isti nacin kao ranije, u uverenju
da ce tako najbolje doprineti ostvarivanju americkih interesa u SCG.
Uprkos najboljim namerama, time sto je stavio "sva jaja u jednu korpu"
on je prakticno vezao ruke suptilnijem i raznovrsnijem delovanju
Vasigtona. Istovremeno je smanjio manevarski prostor za sprovodjenje
tzv. "double track" ili "three track" diplomatije.
Analiticari medjunarodnih odnosa odavno su identifikovali interes
sadasnje vasingtonske administracije za postepenog dezangazovanja sa
ovog podrucja, a u korist zemalja Evropske Unije. No, frekventnoscu
susreta i medijskom sveprisutnoscu, Montgomeri je stvorio utisak o
preteranom uplitanju Vasingtona u formiranje nove srpske vlade. Nije
sporno da SAD ovde na sceni zele da vide demokratski orijentisanu
vladu, koja ce u punoj meri saradjivati sa svetom. To je i interes
najveceg broja nasih gradjana. No, presusio je interes da se ona spolja
oblikuje na nacin kako je to ranije cinjeno, jer to obuhvata i
odgovornost za kasnije rezultate rada te vlade, ukljucujuci i njene
eventualne neuspehe i promasaje.
Za takvu klintonovsku zaostavstinu izgleda sadasnja administracija vise
nije imala sluha. Tim pre jer su se americki prioriteti odavno pomerili
prema Srednjem Istoku i naftom bogatim teritorijama. Uostalom, metode
principijelnog uslovljavanja finansijske pomoci, kao i sve ono sto ih
na medjunarodnoj sceni prati, su mnogo suptilnije i dalekoseznije kada
je SCG u pitanju. Upravo zbog njene ekonomske iscrpljenosti i ukupne
zavisnosti od strane pomoci, kredita i donacija, zatvaranje
finansijskih ventila iz inostranstva je daleko efikasniji metod
uticaja. Konacno, SAD su se i onako vec duboko, mozda i trajno,
instalirale u svim susednim zemljama, tako da se SCG nalazi u tako
cvrstom severno-atlanskom okruzenju da neposrednije angazovanje vise
nije ni potrebno. Komplikacije u BiH ali i na Kosmetu, isto tako
upozoravaju da se preterana neposrednost u politici moze ponekad
vratiti i kao bumerang. Zato je bolje taj prostor prepustiti UN i
Evropskoj Uniji.
Na to se nadovezalo i otkrivanje finansijskih afera u Srbiji, u kojima
se pominju i neke osobe sa kojima se Montgomeri cesto vidjao.
Najverovatnije da priticanje novca sa racuna "of shore" kompanija ili
nevladinih oranizacija za pomaganje odredjenih aktivnosti ili grupacija
u nasoj zemlji nema veze sa ambasadorom SAD. Ali suptilni otklon prema
ambasadoru bio je nepohodan, kako bi se eliminisla i poslednja
mogucnost da se bilo sta od toga i bilo kada dovede u vezu sa sadasnjom
administracijom u Vasingtonu.
Najelegantnija zavrsnica za sve bila je odlazak Montgomerija iz
diplomatije i eventualni ulazak u svet biznisa. Nadajmo se na dobrobit
svih aktera. Posebno ako novi ambasador bude nastupao diplomatski
odmerenije, bez medijskog preterivanja i sa sirom lepezom delovanja
prema svim ucesnicima i akterima politickog zivota u Srbiji.
Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia aderisce ed invita tutti/e
ad aderire ed a partecipare alle manifestazioni indette nell'ambito
della prossima giornata internazionale contro la guerra e contro
l'occupazione dell'Iraq, indetta per il 20 MARZO 2004.
Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia esorta in particolare gli
amici della Jugoslavia a portare in sede di movimento contro la guerra
la memoria e la rabbia per lo squartamento del paese confinante con
l'Italia. A pochi giorni di distanza - il 24 marzo - ricorrera'
peraltro il quinto anniversario della aggressione della NATO contro
cio' che della Jugoslavia federale rimaneva.
Oggi dalla cartina geografica dei Balcani la Jugoslavia e' stata
formalmente cancellata. Che cosa c'e' ora, nei Balcani, al posto della
Jugoslavia? Quello che per certo possiamo dire, e' che, in Italia,
esiste ancora un ampio movimento di solidarieta' concreta (vedi le
migliaia di "adozioni a distanza" dei giovani figli dei lavoratori
bombardati). L'esempio della Jugoslavia e' paradigmatico di questa fase
di guerre che si e' aperta con il 1989: lo e' dal punto di vista
geostrategico, dal punto di vista politico-diplomatico, dal punto di
vista strettamente militare (vedi l'uso dell'uranio impoverito), dal
punto di vista culturale e della strumentale etnicizzazione dei
conflitti, ma anche e soprattutto dal punto di vista della
disinformazione strategica ovvero dell'utilizzo dei mass media come
arma di guerra.
Capire e ricordare la tragedia jugoslava e' percio' condizione
necessaria per capire ed evitare nuove guerre di aggressione
imperialista.
CNJ
www.cnj.it - jugocoord@...
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1. La piattaforma per la manifestazione nazionale del 20 marzo
2. L'adesione del "Forum contro la guerra"
=== 1 ===
La piattaforma per la manifestazione nazionale del 20 marzo
20 MARZO IN PIAZZA PER LA PACE IN IRAQ E NEL MONDO
IL PROSSIMO 20 MARZO, ad un anno dall'inizio della guerra in Iraq,
risponderemo all'appello del movimento per la pace degli Stati Uniti,
rilanciato daI Forum Sociale Europeo di Parigi e dal Forum Sociale
Mondiale di Mumbai, che chiedono di tornare a riempire le strade di
tutto il mondo per fermare la guerra e l'occupazione.
Torneremo in piazza, a Roma, dopo aver attraversato l'Italia, con
Carovane di pace dal sud e dal nord mentre altre carovane si recheranno
in medio oriente chiedendo pace e giustizia.
UN ANNO FA una coalizione di Stati guidata dagli Usa decise di
utilizzare tutta la sua potenza per muovere guerra all'Iraq.
Lo ha fatto contro il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, sfidando il
diritto internazionale e contro la volontà della grande maggioranza dei
popoli del pianeta.
Lo ha fatto, sapendo di mentire, dichiarando che l'Iraq possedeva armi
terribili e che era pronta ad usarle e dichiarando legami tra l'Iraq e
il terribile attentato alle Torri gemelle.
Lo ha fatto dichiarando che avrebbe portato pace e democrazia per il
popolo iracheno e in tutto il Medio Oriente.
Lo ha fatto teorizzando, con la "guerra preventiva", il diritto di
imporre la propria volontà e la difesa dei propri interessi, in
qualunque luogo della terra.
Questa guerra è già costata decine di migliaia di vittime civili e
militari irachene, più di 500 vittime - tra cui 19 soldati italiani
caduti a Nassiriya - tra le truppe di occupazione, ha comportato
distruzioni immani e devastazioni ambientali, ha bruciato miliardi di
dollari.
Le armi non si sono trovate.
Gli attentati contro civili inermi si sono susseguiti in molte parti
del mondo.
Pace e democrazia non sono arrivate né in Iraq né in Medio Oriente.
AD UN ANNO DI DISTANZA in Iraq la guerra continua a mietere vittime.
La situazione umanitaria in Iraq continua ad essere terribile mentre
crescono pericoli di scontro interno e minacce di balcanizzazione.
Alla dittatura di Saddam Hussein si è sostituita una occupazione
militare che trova crescenti resistenze, in diverse forme, da parte
della popolazione.
Invece di organizzare libere elezioni si nominano governi dall'alto, si
privatizzano le ricchezze irachene e si abolisce il codice di famiglia
facendo arretrare lo status delle donne. La ricostruzione non è nemmeno
iniziata e già è una torta da spartire con i paesi "amici".
A un anno di distanza in Medio Oriente la pace è più lontana che mai.
In Palestina l'occupazione prosegue brutalmente, mietendo migliaia di
vittime e rischia di diventare irreversibile con la costruzione del
Muro.
In Israele si susseguono attentati contro civili inermi, cresce l'
insicurezza e la crisi economica.
Il governo Sharon, applica la dottrina della guerra permanente, negando
qualsiasi prospettiva negoziale e imponendo il terreno dello scontro
militare.
Il Muro è una vergogna che calpesta il diritto internazionale, segrega
un popolo intero, espropria altra terra, nega la possibilità di
convivenza pacifica fondata sul principio di "due popoli due stati" e
sulle risoluzioni dell'Onu che sono alla base di diverse iniziative di
pace delle società civili palestinese e israeliana.
Ad un anno di distanza il mondo è un luogo meno sicuro e più ingiusto.
La dottrina della guerra "preventiva" ci minaccia tutti. Minaccia di
guerra altri paesi e legittima le guerre e le occupazioni militari,
dall'Iraq alla Palestina, all'Afganistan e alla Cecenia.
Spinge al riarmo e alla militarizzazione e minaccia la democrazia in
tutto il pianeta, dai paesi ricchi a quelli poveri.
Rafforza, nel nord e nel sud del mondo, le culture che predicano lo
"scontro di civiltà", le guerre di religione, i tanti integralismi
impegnati a distruggere i valori e le pratiche di convivenza.
Rafforza il razzismo, la discriminazione contro i migranti e tutte le
diversità e spinge verso l'omologazione sociale e culturale.
Intanto, numerose "guerre dimenticate" continuano a provocare vittime,
sofferenze e miseria in Africa, in Asia e in Sudamerica senza che
nessuno intervenga per mettervi fine.
La povertà e le ingiustizie aumentano nel nord come nel sud del mondo
(come dicono anche i rapporti dell'Organizzazione Internazionale del
Lavoro e di altre agenzie delle Nazioni Unite che dimostrano l'aumento
della disoccupazione e la diminuzione dei redditi da lavoro in tutto il
mondo ed anche in Italia), figlie di un sistema neoliberista che la
guerra preventiva perpetua che affama i più per arricchire i pochi -
affratellando nella miseria e nello sfruttamento la maggioranza degli
esseri umani nel pianeta.
ANCHE IL GOVERNO ITALIANO è corresponsabile di tanto disastro.
Un Governo che, al di fuori del dettato costituzionale, nonostante la
grande contrarietà della popolazione italiana, ha deciso di appoggiare
la guerra in Iraq e ha inviato truppe sotto il comando britannico nei
luoghi in cui giacciono i campi petroliferi destinati all'Eni,
assumendosi la responsabilità di esporle a rischi altissimi.
Un Governo che, perpetuando lo strappo all'art 11 della Costituzione ha
deciso di partecipare all'"Autorità Provvisoria" delle forze di
occupazione condividendo così la responsabilità delle sue scelte
politiche.
Un Governo che ha esautorato il Parlamento dei suoi poteri a cominciare
dalla concessione dell'uso dello spazio aereo, delle basi e delle
infrastrutture per la guerra.
Un Governo che ha lavorato per impedire una possibile unità europea che
frenasse l'unilateralismo degli Stati Uniti e fermasse la guerra.
Un Governo che ci ha ingannato: ha detto che i soldati servivano a
proteggere gli aiuti umanitari, ma gli aiuti non si sono visti mentre
il Pentagono si appresta ad assegnare a ditte italiane importanti
contratti per la ricostruzione.
ABBIAMO FATTO IL POSSIBILE per evitare tutto questo.
Dicemmo allora, in milioni in tutto il mondo, che quella potenza e
quella ricchezza poteva e doveva essere utilizzata per combattere la
fame e la sete che uccide milioni di esseri umani, per alleviare i
popoli di un debito che non possono pagare, per sostenere lo sviluppo
dei paesi del sud del mondo.
Dicemmo allora che si doveva porre fine alle tante guerre dimenticate,
invece che cominciarne un'altra.
Dicemmo che la produzione di armi doveva essere riconvertita in
produzioni di pace invece che essere rilanciata, che sono le spese
militari a dover essere tagliate piuttosto che le spese sociali.
Dicemmo allora e ribadiamo oggi che queste sono azioni necessarie,
perché il peso dell'ingiustizia è intollerabile. Sono azioni non
rinviabili, per non scivolare in un abisso di barbarie, di
disperazione, di conflitti, di insicurezza generalizzata.
Noi ripudiamo tutte le forme di terrorismo sia da parte degli Stati che
di organizzazioni e individui, così come ci opponiamo all'uso della
"lotta al terrorismo" per giustificare le guerre, criminalizzare i
movimenti popolari e restringere le libertà civili.
Non abbiamo cambiato parere e con noi non ha cambiato parere la
maggioranza del popolo italiano, nonostante un sistema
dell'informazione sempre più succube dei rulli di tamburo.
NOI SOSTENIAMO il diritto dei nostri fratelli e sorelle irachene a
resistere alla occupazione reclamando il diritto alla pace, ai diritti
sociali, alla democrazia, a governarsi da soli per decidere del proprio
futuro, controllare le proprie risorse, ad ottenere risarcimento per
quello che hanno patito sotto l'embargo e la guerra, a vedere la
propria terra libera da eserciti stranieri. L'Iraq deve tornare agli
iracheni, la legalità internazionale deve essere ripristinata e perché
questo avvenga è necessario innanzitutto che cessi l'occupazione
militare. Tutte le truppe occupanti devono essere ritirate.
Chiediamo quindi che l'Italia rinunci a partecipare all'occupazione
militare dell'Iraq e ritiri le proprie truppe. E' un atto necessario
per ricucire lo strappo costituzionale operato un anno fa e per aprire
la strada a una nuova strategia. Chiediamo che gli ingenti fondi così
risparmiati vengano destinati per veri aiuti umanitari immediati e che
il Governo italiano promuova una iniziativa politica internazionale per
la restituzione della sovranità agli iracheni e la ricostruzione del
paese guidata da un governo
legittimo.
Chiediamo che l'Unione Europea svolga un analogo ruolo di pace e
includa il ripudio della guerra nel proprio trattato costituzionale.
Chiediamo che le Nazioni Unite rispondendo finalmente alla loro carta
costitutiva promuovano il ritorno della legalità in Iraq e
l'affermazione del diritto l'autogoverno del popolo iracheno garantendo
il rispetto dei diritti umani di tutti e di tutte. Un intervento di
garanzia dell'Onu deve in ogni caso essere concordato con le forze
politiche irachene, e non vedere la partecipazione delle forze
occupanti.
Con la stessa urgenza chiediamo che una decisa iniziativa
internazionale crei le condizioni per una pace giusta in Medio Oriente,
imponendo la rimozione del muro, la protezione dei civili e un
negoziato fondato sulle risoluzioni dell'Onu per la fine
dell'occupazione e la convivenza pacifica, ascoltando anche la voce
coraggiosa dei giovani israeliani che rifiutano, pagando di persona, di
partecipare alla guerra e all'occupazione. In questo lungo anno di
guerra, abbiamo continuato a sostenere con mezzi pacifici le ragioni
della pace - progetto alternativo di civiltà - nelle scuole, nelle
città, nei luoghi di lavoro, davanti alle basi militari, dai nostri
balconi con le bandiere della pace, nella solidarietà internazionale,
nella lotta per il disarmo, nel dibattito sul trattato costituzionale
europeo, nella solidarietà con le popolazioni migranti, con la
disobbedienza civile, nell'impegno quotidiano per i diritti umani,
sociali e di cittadinanza.
FACCIAMO APPELLO perché le energie di milioni di cittadini e cittadine
contribuiscano alla realizzazione il 20 marzo prossimo della giornata
internazionale di lotta per la fine dell'occupazione dell'Iraq e per la
pace in Medio Oriente e allo sviluppo di un impegno costante per la
costruzione della pace.
L'impegno dei pacifisti statunitensi per riportare le truppe a casa,
che reclamano "giustizia e non vendetta", che denunciano la restrizione
dei diritti civili nella loro patria, che si battono per un'altra
America è anche il nostro.
FUORI LE TRUPPE DI OCCUPAZIONE DALL'IRAQ
L'IRAQ AGLI IRACHENI
PACE IN MEDIO ORIENTE
BASTA ARMI - BASTA GUERRE
Per adesioni: adesioni@...
=== 2 ===
Da: "FORUMCONTROLAGUERRA"
Data: Ven 13 Feb 2004 16:58:51 Europe/Rome
Oggetto: ADESIONE AL 20 MARZO DEL FORUM CONTRO LA GUERRA
Il 20 marzo 2004 il mondo scende in piazza contro la guerra
Il Forum Contro la Guerraaderisce pienamente al documento di
convocazione ed alla manifestazione mondiale del 20 marzo convocata per
chiedere che cessi l’occupazione dell’Iraq, il ritiro dei contingenti
militari stranieri e l’autodeterminazione del popolo iracheno.
Questa manifestazione, che raccoglie l’appello del movimento contro la
guerra statunitense, è stata rilanciata con forza dal Forum Sociale
Europeo di Parigi e da quello mondiale tenutosi a Mumbay, nel quale è
stata lanciata la mobilitazione globale del 20 Marzo 2004, appello che
ha visto l'adesione di un centinaio di organizzazioni di tutto il mondo
tra le quali, per l'Italia, anche il FORUM CONTRO LA GUERRA.
In quegli appelli vi sono i contenuti forti e le indicazioni capaci di
dare continuità allo straordinario movimento di massa che in tutto il
mondo ha cercato di impedire l’aggressione militare statunitense
all’Iraq e che oggi chiede con chiarezza che cessi l’occupazione
militare e coloniale in Iraq ma anche in Palestina.
La convergenza di forze sociali, politiche, sindacali, religiose,
associative intorno a questo obiettivo è cresciuta in modo
impressionante nelle ultime settimane, a testimonianza di come il
popolo della pace e della solidarietà ritenga che occorra schierarsi
contro la guerra senza se e senza ma, indicando in questo una
radicalità di contenuti che è stato il vero motore della mobilitazione
di milioni di persone anche nel nostro paese il 15 febbraio dello
scorso anno.
Questa convergenza intorno all’obiettivo del ritiro delle truppe di
occupazione – a cominciare da quelle inviate dal governo italiano –
manda un segnale chiaro anche al mondo politico indicando che, contro
gli strumenti concreti della guerra, ci si debba schierare con
chiarezza e senza alcuna ambiguità. In tal senso ogni forza politica,
ogni singolo parlamentare, dovrà assumersi la responsabilità delle
proprie scelte nel voto previsto in Parlamento nei prossimi giorni sul
finanziamento del contingente militare italiano in Iraq ma anche in
altri paesi come i Balcani o l’Afganistan.
Il Forum permanente contro la guerra è nato infatti per dare battaglia
contro il complesso dei meccanismi su cui si regge il sistema di
guerra: le basi militari straniere; gli automatismi dei Trattati
militari che vincolano l’Italia e la coinvolgono nelle guerre; le spese
militari; la ricerca, lo stoccaggio, la produzione delle nuove e
vecchie armi di distruzione di massa.
Su questi temi, proprio nel Forum Sociale Mondiale di Mumbay è nata la
rete internazionale contro le basi militari americane a cui abbiamo
aderito e si è aperta la discussione sull’attivazione di una campagna
mondiale tesa allo smantellamento delle armi di distruzione di massa.
Saremo in piazza unitariamente il 20 marzo per contribuire alla
mobilitazione per il ritiro delle truppe di occupazione dall’Iraq e
riconsegnare la piena sovranità al popolo iracheno, ma indicando anche
i terreni e gli obiettivi che diano continuità al movimento contro una
guerra permanente che minaccia seriamente la pace, la democrazia, i
diritti dei popoli a livello globale.
Roma 11 febbraio 2004
Forum contro la guerra
www.forumcontrolaguerra.org
mail: adesioni@...
https://www.cnj.it/documentazione/brisanje.htm
[ Questo testo in lingua italiana:
LA RIMOZIONE DELLA JUGOSLAVIA
https://www.cnj.it/documentazione/rimozione.htm
oppure al sito: http://www.lernesto.it/ ]
BRISANJE JUGOSLAVIJE
Andrea Martocchia - Prevod: O. Juric
"L'Ernesto", broj 3 (maj-juni) i 4 (juli-avgust) 2003
Mnostvo protektorata i gusta mreza kanala
Danas u Evropi Jugoslovenski narodi snose najveci teret geopolitickog
prestojavanja koje se odvija mimo njihovog znanja i mimo njihove
voglie. Od priznavanja secesionistickih republika Zapad igra dvolicnu
igru u odnosu na njihovu zemlju: dok na jednoj strani toboze gasi
pozar, dotle na drugoj jos zesce raspiruje vatru. Tom dvolicnom igrom
izazvao je neizrecive tragedije, prekrajajuci Balkan i stvarajuci
kolonijalne protektorate iz doba nacifasisticke okupacije. Citave
oblasti su vojno porobljene i pod upravom Zapada. Svugde prisutno
otimanje prirodnih bogastava i gruba eksploatacija radne snage narusili
su drustvene temelje miroljubive koegzistecije i jedinstva kultura tih
naroda. Nijedan od naroda nije na dobitku od rasturanja Jugoslavije
posto svi oni danas zive rasejani po malim drzavicama koje su ostale
bez suvereniteta u pogledu na buduca opredeljenja. Tu i tamo poneka od
ovih drzavica pod svakojakim pritiscima i ucenama biva primljena u «
medjunarodnu zajednicu »: to je slucaj Slovenije, koja je krajem marta
2003. primljena u Nato pakt i EU na osnovu cisto formalnog referenduma
koji je jos jednom pokazao otsustvo entuzijazma (opredeljenost za EU je
veca nego za Nato pakt). Situacija na Balkanu i ne samo u Srbiji,
upecatljiv je dokaz licemernosti velikh sila. « Humanitarni razlozi »
koje su SAD i evropski saveznici uvek isticali u prvi plan kada bi se
spremali da jurnu u napad, samo su paravan za nemilosrdo
podjarmljivanje i kolonizaciju. Isticali su « nacionalne netrpeljivosti
» a zapravo su primenjivali stari princip divide et impera. Za svoj
rusilacki poduhvat primenili su svaki moguci i nemoguci metod,
ukljucivsi i najnovije, "postmoderne": od temeljne dezinformacije koja
obuhvata najsavremenije metode manipulisanja javnim mnjenjem, do
infiltracije pod plastom « nevladinih » organizacija i kulturne
saradnje, po uzoru na nekadasnje misionare. Sluzili su se i
«uobicajenijom » podrskom reakcionarnim politickim krugovima,
fasistima, ili kriminalcima. Pribegavali su vojnoj vazdusnoj agreiji,
okupaciji, strategiji terora... Medjutim filozofija je uvek bila jedna
te ista, kolonijalisticka, kao ljustenje pomorandje, da biste je lakse
pojeli, krisku po krisku, a ako bi se neka kriska prelomila, onda bi se
ruke zaprljale – krvlju. Vecno izlozeni apetitima velikih sila,
stanovnici Balkana su danas suoceni sa sukobljenim interesima Evrope i
SAD i u nemogucnosti da se oslone bilo na jedne ili na druge :
prinudjeni su da ispunjavaju svaki zahtev i ucenu SAD i snose posledice
politicke slabosti Evrope. Fakticki, nemaju koristi ni od Evrope, ni od
SAD, ni koristi ni izgleda za bolje sutra.
Glasanje u Saveznoj Skupstini 4. februara simbolicna je zavrsnica
planskog rasturanja Jugoslavije. Taj plan su za racun zapadnih sila
ispunili domaci izdajnici – predstavnici reakcionarnih slojeva drustva,
veciti protivnici Jugoslavije, tog ovaplocenog ideala mira i napretka.
(31). Rasturili su Jugoslaviju a porodili kratkovecni "Savez Srbija i
Crna Gora“ o cijem Ustavu treba za tri godine ponovo da se raspravlja.
Pritom, novi predsednik Crne Gore, Filip Vujanovic - ultraliberalista
i mafijas kao uostalom i celokupan crnogorski rezim od 1996. - obecava
raspisivanje referenduma za nezavisnost. (32) Pristalica otcepljenja
dveju republika ima cak i u samoj vladi Zajednice i tom krilu pripada
njen predsednik, “Ministar za medjunarodne ekonomske odnose” Lukovac.
Izmedju ostalog i to je razlog sto je ishod glasanja u Skupstini tog 4.
februara s odusevljenjem pozdravio Ksavijer Solana poznati “sponzor”
programskog rasturanja Jugoslavije. Gradjani su ga dobro upamtili po
tome sto je izdao naredbu za pocetak vazdusne agresije. Sa istim tim
odusevljenjem i podrskom pozdravljena je vladajuca klasa Srbije u casu
zavodjenja “vanrednog stanja” marta 2003. : stavise novi prelazni
“Savez” primljen je na precac u Savet Evrope upravo u casu kada
desetine hiljada gradjana biva saslusavano i pozatvarano a glasila
opozicije zabranjena. 30. marzo, u jeku agresije na Irak, americki
drzavni sekretar Kolin Pauel dolazi u Beograd da odusevljeno pozdravi i
ohrabri novi represivni zokret rezima koji u svemu lici na vojne hunte
latinske Amerike a koji je Srbiji stavio robovsku omcu oko vrata.
Srpski pemijer Zivkovic je uzvratio poduzom posetom SAD krajem jula. U
isto vreme njegov ministar odbrane potpisuje sporazum o vojnoj saradnji
sa Izraelom.
Neumitan je zakljucak : neko u takozvanoj “medjunarodnoj zajednici” jos
uvek, uporno i neumorno protiskuje programsko rasturanje regiona...
Kosovo i Metohija je u celosti postalo "lager". U junu smo bili svedoci
jos jednog zlocina koji se tamo odigrao. Citava jedna porodica
nemilosrdno je iskasapljena samo zato sto nije htela da proda svoj dom
u Obilicu i pobegne po uzoru na 300 000 Srba koji su to vec ucinili
bezeci glavom bez obzira. U tom “lageru” nedaleko od Gnjilana nalaze
se americke vojne baze Kamp Montejt i Kamp “Bondstil”, nedaleko od
Urosevca. Kosmetske etnicki ciste “institucije” svakom zgodom
najavljuju blisku nezavisnost a zapadni namesnici u nedogled ponavljaju
da protektorat “vise nikada nece biti u Srbiji” pri cemu ih zdusno i
drsko bodri americki albanski lobi (Bajdn, Diogardi, Dzillman, Santos,
Bob Dole, Ricard Holbruk i... Dzerdj Soros) (33).
Celokupan taj lobi se zalaze ne samo za otcepljenje Kosmeta, vec i za
otcepljenje Crne Gore. U Srbiji iz dana u dan sve vise uzima maha i
madjarski separatizam u Vojvodini uz punu podrsku DOS-a. Ista je stvar
sa Sandjakom, koji spaja Kosmet i Bosnu a prostire se duz
administrativne granice Srbije i Crne Gore. Na Sandzaku zivi veliki
broj muslimana, “bosnjaka”, pa je stoga “prirodna” dopuna balkanskoj
“zelenoj trazversali”, odnosno muslimanskoj, o kojoj je Izetbegoviz
mastao.
Medjutim, posle 11. settembra, taj islamski ideal Alije Izetbegovica,
autora zastrasujuce “Islamske deklaracije“, naizgled je tesko
ostvarljiv, osim jasno, u “njegovoj” Bosni i Hercegovini, takodje
srozanoj na protektorat Nato pakta. S druge strane, gotovo da je
nemoguce zamisliti bilo kakvo suvereno jedinstvo na tom prostoru, s
obzirom da su duboko potkopani temelji jugoslovenstva. Zato Bosna i
Hercegovina danas potseca na avet, a posmatrana iz krace i srednje
perspektive, ona ne obecava nista drugo osim i nadalje, hronicni
razdor, odnosno, hronicnu paralizu na svakom planu: drustvenom,
politickom, ekonomskom i idejnom, kao rezultat, prvo, bratoubilackog
rata, a potom, ropskog polozaja u odnosu na Zapad. Takvo stanje,
naravno, koristi iredentistickim snagama. Na primer, hrvatskim. Poslo
im je eto za rukom da 22. juna 2003. u sredistu srpske Bosne, u Banja
Luci, prirede Papu. Bio je to simbolicni udarac i svojevrsna pogrda,
imajuci u vidu ustaski genocid nad Srbima u periodu 1942-1944, genocid
koji Papa nikad ni spomenuo nije.
Razaranje Bivse Jugoslovenske Republike Makedonije ne prestaje (34):
Nato-pakt je i u ovoj republici, nekada clanici Federativne
Jugoslavije, raspirio veliko-albanski mikronacionalizam. Godine 2001.
najvise se razbuktao u urbanim sredinama sa najizrazenijom
visenacionalnom strukturom, kao sto je Kumanovo, drugi po velicini grad
prakticno pod opsadom. Bila je to kazna za tolerantne i vredne gradjane
ovog grada, a narocito za srpski deo stanovnistva koje se zamerilo
antiratnim demonstracijama za vrema Nato-agresije 1999. Svako
razbuktavanje terorizma samo opravdava dalje vojno prisustvo zapadnih
sila u citavom regionu koji su one filigranski isparcelisale na
protektorate. One kontrolisu sve puteve u Makedoniji kao i na Kosovu,
gde je zapoceta izgradnja 8. koridora na potezu Albanija- Bugarska
(35). Pocetkom septembra 2002. cim su se prilike u BJRM koliko-toliko
« smirile », zvanicno je zapoceta izgradnja novog naftovoda izmedju
Skoplja i Pristine. Radove izvodi Hellenic Petroleum A. D. (36).
Sporazum su potpisali ministri zainteresovani zemalja 9. septembra u
Bariju a zatim je brze-bolje prosledjen EZ-ci: « Celokupan projekat
predvidja izgradnju luka, aerodroma, puteva, pruga i pratecih objekata
koji ce uzejamno povezivati Crno, Jadransko i Jonsko more i Balkan
(...) ''Ovim sporazumom- izjavio je ministar Lunardi – konacno je
ispunjen prvobitni idejni projekat o izgradnji deset koridora kroz
Evropu nastao 1991. na Konferenciji u Pragu i doradjen na dvema
konferencijama, na Kritu 1994. i u Helsinkiju 1997. o prosirenju
evropske mreze kako bi bile obuhvacene balkanske i istocnoevropske
zemlje ». Dodao je zatim, da je put bio '' dug i mukotrpan izmedju
ostalog i zbog kriznih zarista koja su postojala u pojedinim zonama,
zbog cega se u jednom trenutku cak postavljalo pitanje odustajanja od
koridora''. Ove godine, medjutim – prema njegovim recima – stekli su se
povoljni uslovi, kako kada je rec o 5.koridoru (Madjarska, Slovenija,
Trst) tako i kada je rec o 8. » Neophodna sredstva za Italiju iznose
2.106 miliona evra. (37).
Medjutim, razdor sa SAD izbija na videlo tek u jeku « velike
petrolejske krize » (38). Na Balkanu, kao uostalom na svim prostorima,
anglo-americki lanac (BP-Amoko-ARCO, Sevron i Texaco) suceljen je sa
evropskim Total-Fina-Elf, kome bi italijanska ENI trebalo da pripada
(medjutim, Italija je poseban slucaj i zahteva zasebno poglavlje). To
je razlog sto anglo-amerikanci vode glavnu rec u vojnoj agresiji i
spijunazi na Balkanu, ni najmanje se pritom ne ustrucavajuci
manipulisanja islamskih i proturskih terorista, drzeci tako u saci
celokupno poluostrvo (39). Uostalom isti je slucaj sa Kavkazom (uzmimo
Ceceniju). Konkretno kada je rec o Osmom koridoru, treba naglasiti da
je angloamericki energetski kolos 1996 osnovao prikladan konzorcijum
pod nazivom AMBO i potpisao brze bolje sporazume kojima je potpuno
potisnuo u stranu evropske partnere (40). Povrh toga bas u isto vreme,
u septembru 2002. Amerikanci su kumovali potpisivanju jos jednog
nacelnog sporazuma. Tog puta se radilo o 10. koridoru, odnosno
podunavskoj trasi koja se od Crnog mora proteze do nadomak Rijeke,
tacnije Omisalja. Taj je potez tada jos uvek bio neostvariv, neposredno
nakon bombardovanja, ali od strateskog znacaja u Sredisnjoj Evropi.
Hrvatska, Rumunija i Srbija je trebalo da se dogovore oko pratecih
objekata. Medjutim potrebna su ogromna sredstva (pogotovo za Serbiju,
gde je vlada po obicaju mahala tim sporazumom iz cisto propagandnih
interesa). Navodno, sredstva je trebalo da obezbede SAD (41). Uprkos
tome i vremenu koje je proteklo, prevagu su odnela preganjanja izmedju
Srbije i Hrvatske , a ponajvise interes SAD da balkanski naftovod cusne
u drugi plan ... Zapravo Irak je okupiran a na vidiku se ukazalo nesto
za SAD mnogo probitacnije i, gle slucaja, bas u septembru 2002.! Bio je
to naftovod od Bakua, preko Turske do Sredozemnog mora. Balkan je
zaobidjen a sa njim i Evropa.
Fus-note:
(31) Brisanje Jugoslavije, dosledan je sastavni deo programske politike
DOS-a , sa svim svojim reakcionarnim konotacijama. Potkrepicu to sa dva
iz niza primera: U svom prvom javnom govoru u svojstvu jugoslovenskog
predsednika u Beogradu za vreme puca 2000. Kostunici ce omakao lapsus:
on se nije obratio « slobodnoj Jugoslaviji », vec, « slobodnoj Srbiji »
a jedna od prvih mera Djindjiceve vlade nesumnjivog simbolicnog
znacenja, bila je dodela pasosa i « Belog Dvora » « prestolonasledniku
» porodice Karadjordjevic koji nikad nije ziveo u Jugoslaviji.
(32) Beta/Tanjug: 4. maja 2003. Vujanovic izjavljuje da ce 11. maja
biti raspisan referendum u Crnoj Gori. Biva izabran, ali, referendumu
se nije odazvala ni polovina biraca. Opozicija je referendum
bojkotovala. Ipak, osnovni razlog slabog odziva treba traziti u
rasprostranjenom nezadovoljstvu i rezignaciji javnog mnjenja. Uprkos
raznim smicalicama, u Italiji je i dalje u postupku istraga o mafiji i
krijumcarenju cigareta . U mafijaske radnje su prema svim saznanjima
bili upleteni izmedju ostalih, bivsi predsednik, Djukanovic,takodje
secesionisra, i kamorista, F. Prudentino, nastanjen u Crnoj Gori.
Pocetkom jula, Istrazni sud za Napulj trazi Djukanovicevo hapsenje po
osnovu “organizovanog kriminala i sverca cigareta strane proizvodnje
(clan 416 e 291 quater; ANSA 4/7/2003). Pomenuti istrazni postupak
mozemo shvatiti i kao siru akciju EZ protiv americkih multinacionalnih
kompanija, recimo Filip Morisa i RJ Rejnoldsa koje su na
najcelishodniji moguci nacin iskoristile sverc (videti: IWPR's Balkan
Crisis Report, No. 446). Dakle, ipak se moze nazreti kakav-takav sukob
izmedju SAD i EZ u toj stvari, kao uostalom i u stvari nagovestenog
razvod braka Srbije i Crne Gore.
(33) Grof (sic) Nikolaus Graf Lambsdorf, sef odeljenja bivseg
specijalnog izaslanika OUN za Kosmet Michael Steiner, izjavljuje 9.
maja 2003. na konferenciji u Becu da “Kosovo vise nikada nece biti u
sastavu Srbije” (Beta, 11/5/2003); zvanicni Stajnerov zastupnik
precizira: “Kosovo nije pokrajina u sastavu Srbije” (Beta, 11/5/2003).
Bogatas George Soros – inace povezan sa National Endowdment for
Democracy, tacnije sa Cia-om, veoma uticajan na Balkanskom poluostrvu
blagodareci gustoj mrezi nevladinih organizacija i medijima koji su
gotovo u potpunosti u njegovom vlasnistvu, ukljucujuci b-92 cije ime
potseca na zloglasne americke bombardere B-52e - ”objasnio je sta valja
ciniti na Balkanu (sic) u clanku objavljenom u Financial Times-u 23.
maja 2003. uoci konferencije na vrhu u Solunu: na prvo mesto istice
“nezavisnost” Kosova i Metohije i raspustanje Zajednice Srbija i Crna
Gora. Ricard Holbruk deli u potpunosti njegovo misljenje i to jasno
kaze u intervjuu za “Kohe Ditore”.12/07/2003.
(34) O politickoj situaciji u bivsoj Jugoslovenskoj republici
Makedoniji preporucijem clanak iz br.5/2003 ovog mesecnika (“Ernesto”)
Nista se bitno nije promenilo, sem sto je izvrsena “smena na vlasti”
velikoalbanskih secesionistickih stranaka. Ahmetijevi bojovnici su u
vladi, a “demokrate” Dzaferija traze nezaobilazno cepanje po “etnickim”
savovima.
(35) Da primetim da u Bugarskoj, uprkos pro-zapadnjackom rezimu, kao
sto je slucaj i sa Makedonijom, prisustvo manjinskog, Turskog zivlja,
za Nato-pakt predstavlja korisno sredstvo koje bi se lako dalo
iskoristiti cim se za to ukaze prilika.
(36) Grcka je uz puno halabuke kupila vecinu akcija Rafinerije Okta iz
Skoplja . Hellenik Petroleum sa pretezno ruskim ucescem u kapitalu,
vlasnik je Crnogorskog Jugopetrola. (Tanjug 11/10/2002).
(37) Dnevne vesti: AP 7/9/2002, ANSA 9/9/2002.
(38) O petrolejskoj krizi kao uzroku « novih ratova » citaoca upucujem
na autora: A. Di Fazio, "Contro le nuove guerre", (Protiv novih ratova)
Odradek 2000. (http://www.scienzaepace.it); O sukobima interesa unutar
imperijalistickog bloka u opstoj « trci » da svako za sebe prigrabi sto
vise naftnih rezrvi predlazem Misela Cosudovskog (M. Chossudovsky)
http://www.globalresearch.ca. Proteklih godina Evropljani su dospeli na
prostor Centralne Azije, na primer u Kazakistan, zahvaljujuci izmedju
ostalog i politici priblizavanja u odnosima sa Rusijom, medjutim, kada
je rec o Balkanu, Evropljani su se opredelili za politiku suprotnu
sopstvenim interesima. Bombardovanje 1999. bilo je pogubno zbog toga
sto je unistena gotovo celokupna infrastruktura Dunavskog stozera. (10.
Koridor) Americki « Rat bez granica » proglasen vec 11. septembra, u
potpunosti je izmenio politicku kartu naftom bogatih oblasti. Nedavnom
angloamerickom agresijom na Irak, pogodjeni su interesi Rusije i
Francuske, a Evropljani su istisnuti cak i sa naizgled zauvek stecenih
pozicija.
(39) Obratimo paznju na sledeci redosled dogadjajai: Pocetkom 2000.
Evropska Komisija zapocinje sa Albanijom, Bugarskom i sa BJR
Makedonijom pregovore o pristupanju Zajednici; aprila 2001.BJRM postaje
prva zemlja na Balkanu potpisnica « sporazum o stabilizaciji i
udruzivanju » Upravo u tom casu, rasplamsava se u nevidjenim razmerama
teroristicka delatnost albanskih separatista koje naoruzavaju i
obucavaju Englezi i Amerikanci, sto za uzvrat izaziva opstu
destabilizaciju, te Makedonija neminovno biva unazadjena u svom
stremljenju ka Evropskoj Zajednici. Sef misije OEBS u Makedoniji,
Amerikanac Robert Frovik uzdize teroriste u rang ravnopravnih partnera
i ucenjuje BJR Makedoniju; Ako je verovati posmatracima, odnosi
makedonskih iredentista i Evropljana, a narocito Nemaca, vise nisu u
toj meri idilicni.
(40) Sa sedistem u SAD, konzorcijum AMBO ("Albenien, Makedonien,
Bulgerien Oil") u direktnoj je sprezi sa americkim vojno-politickim
sistemom, sa firmom Hallibuton i zamenikom predsednika SAD, Dikom
Cenijem, koji se vec procuo po tome sto je prigrabio sve radove na
izgradnji vojne baze Kemp Bondstil za racun svog preduzeca Braun & Rut,
a sada i celokupni iracki kolac.
(41) Tacnije, investicije je u julu obecala Americka Agencija za
Trgovinu i Razvoj (Tanjug 22. e 23/7/2002) a protokol izmedju Hrvatske,
Rumunije i Srbije potpisan je 10. septembra.
Da: "Fabrizio Rossi"
Data: Mer 11 Feb 2004 03:25:43 Europe/Rome
A: <Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.>
Oggetto: [vocedelgamadi] Stepinac
Senza commenti, ecco come e' rivoltata la storia da parte ecclesiastica.
Saluti.
Fabrizio Rossi - Roma
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La Gazzetta del Mezzogiono - Martedì 10 Febbraio 2004
nella rubrica: Il santo del giorno - a cura di padre Massimiliano
Carucci :
Beato Alojzije Viktor Stepinac (1898-1960).
Nacque a Brezaric (Croazia). Conseguita la maturità classica, si
arruola nell'esercito austro-ungarico; dopo la guerra entra in
seminario, ed è mandato a studiare a Roma. Qui nel 1930 è ordinato
sacerdote. Tornato in patria, nel 1934 è consacrato vescovo e nel 1937
succede a mons. Bauer come arcivescovo di Zagabria. Nel 1941, sotto il
regime di Ante Pavelic, interviene con lettera chiedendo il «rispetto
totale della persona, senza distinzione di età, sesso, religione,
nazionalità e razza». Con l'avvento del comunismo, Tito gli chiede di
staccarsi da Roma per creare una Chiesa nazionale. Al rifiuto è
rinchiuso nel carcere. Nel 1953 papa Pio XII lo crea cardinale,
deplorando il regime che gli impediva di recarsi a Roma. Nel 1956 gli
venne fatta conoscere la lettera di papa Pacelli nella quale lodava la
fede eroica dei cardinali Mindszenty in Ungheria, Wyszynski in Polonia,
Stepinac in Jugoslavia. Nel 1960 lo stato di salute si aggrava e
inaspettatamente muore, pregando per i suoi persecutori.
Festeggiamo anche santa Scolastica, vergine; san Silvano; beata Chiara
da Rimini.
---
La lista [vocedelgamadi] e' di supporto a "La Voce",
notiziario del Gruppo Atei Materialisti Dialettici (GAMADI).
Per informazioni sul GAMADI e per abbonarsi al mensile "La Voce":
telefono e fax: 06-7915200; posta elettronica: <gamadilavoce@...>
indirizzo: Piazza L. Da Vinci, 27 - 00043 Ciampino (Roma)
---
NOTA: sulle responsabilita' di Alojzije Stepinac e del clero cattolico
nel genocidio attuato dai nazisti croati sotto il regime di Ante
Pavelic vedi ad esempio:
M.A. Rivelli, "L'Arcivescovo del genocidio",
Ed. Kaos, Milano 1999
Bosnia-Erzegovina
1. Boutros Ghali al Tribunale dell'Aia... per essere stato troppo
"buono" con i serbi ?!?
2. Sarajevo: Nazionalisti musulmani vogliono cambiare il nome di Viale
Maresciallo Tito...
Sarajevo: Changing the name of the Marshal Tito’s street to the street
of Alija Izetbegovic ?
3. Sarebbero 2500 i serbi di Sarajevo liquidati durante la guerra
fratricida.
2,500 Sarajevo Serb Civilians Were Killed During War?
4. Arrestato vice capo ufficio Interpol a Sarajevo
Deputy Director of Interpol Bosnia Arrested
5. UNA BASE MILITARE USA NUOVA DI ZECCA
New Bosnia base provides more options for SFOR
6. Varie (dispacci ANSA)
VEDI ANCHE:
Ecco chi l’occidente ha finanziato ed aiutato a “liberare” la Bosnia
dalla Jugoslavia...
http://www.resistenze.org/sito/te/po/bs/pobs4b07.htm
GLEDAJ TAKODJE:
Due link - in serbocroato, segnalati da www.exju.org :
sarajevo kao bronks
(guerre di mafia a sarajevo)
http://www.monitor.cg.yu/arhiva/a_693_14.html
sumrak kulture: federacija bez filmova, knjiga, muzeja
(sulla cultura in crisi in bosnia)
http://www.slobodna-bosna.ba/zadnje_izdanje/ministri377.htm
Il sito degli islamisti "bosgnacchi"
http://www.IslamBosna.ba
SEE ALSO:
DFA: Terrorism Threats to Olympics and Balkans Now in Public Arena (by
Gregory R. Copley)
http://groups.yahoo.com/group/decani/message/79179
The Olympic terror threat: some conceptions and misconceptions
http://www.balkanalysis.com/modules.php?name=News&file=print&sid=236
Islamist Recruitment in Bosnia - A "White" Al-Qaeda
http://www.israelnn.com/print.php3?what=news&id=56548
Osama Bin Laden focues on the Balkans (by Yossef Bodansky)
http://www.balkanpeace.org/rs/archive/sep03/rs230.shtml
Terrorists Threaten Europe from Balkan Safe Haven
http://www.debka.com/article_print.php?aid=220
=== 1 ===
BOUTROS GHALI AL TRIBUNALE DELL'AIA ?!?
na srpskohrvatskom:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3183
Da "Oslobodjenje", Sarajevo, 12.2.04:
L' ex Segretario delle NU, Boutros Ghali, durante il suo mandato, ha
nascosto o falsificato i fatti al Consiglio di sicurezza, sulla guerra
in Bosnia ed Erzegovina.
I cittadini della Bosnia ed Erzegovina (1) questo lo potevano
supporre già quando combattevano per la loro sopravvivenza sotto
le bombe ed i cecchini. Ciò viene confermato ora dall'ex Ambasciatore
del Venezuela nelle NU, Diego Ariya, nella testimonianza contro
Slobodan Milosevic all'Aia. "Ghali tratteneva le informazioni della
vera situazione sul terreno, oppure disinformava il Consiglio di
sicurezza, sottoponendo ad esso informazioni false", ha dichiarato
Ariya.
L'accusa è diretta, basata sulle informazioni di cui dispone
l'ambasciatore, ed è un'altra testimonianza dell'errato, ingannevole,
miserabile ed infine cattastrofico ruolo delle NU dal 1992 - 1995 in B.
E.
I cosiddetti caschi-blu comandati dal Ghali, nel forte desiderio di
rimanere neutrali, negando i fatti, in verità stavano dalla parte
degli aggressori. Una volta, in missione a Srebrenica, Diego
Ariya descrisse la situazione: come in un lager, si stava svolgendo
lì un genocidio rallentato, ed egli avviso', invano, dell'imminenza di
un possibile massacro.
Che la situazione fosse ancor più tragica - egli ricorda ora - i
soldati serbi e il comandante dell'UNPROFOR cercavano di nasconderlo
(2). Il motivo? Bloccare l'intervento militare (SIC), deformando i
fatti sulla guerra della B.E., nella quale "tutte le parti sono
uguali". (3) Perché Boutros Ghali faceva tutto ciò? Sarebbe bene che
risponda all'Aia. Ma non da testimone.
Edin Krehic
NOTE DEL TRADUTTORE
(1) Ci si riferisce esclusivamente ai "bosgnacchi" (già musulmano
bosniaci) ?!
(2) Quali fatti sono stati veramente tenuti nascosti? Sicuramente
l'autore NON si riferisce ai retroscena della strage "del pane", ne'
all'attacco contro il convoglio dell'E.J. decimato da musulmani
bosniaci e mujahedini, benche' fosse "scortato" dai caschi- blu...
(3) Consigliamo la lettura dell'articolo "Vittime della guerra in B.E."
pubblicato da Hrvatska Ljevica (mensile di Zagabria), tradotto e citato
nell' Intervento a Trieste, dal sottoscritto - vedi:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE/
.
Ivan Pavicevac per il CNJ
=== 2 ===
Link segnalato da www.exju.org, vedi:
http://www.exju.org/comments/647_0_1_0_C/
http://www.fena.ba/uk/vijest.html?fena_id=FSA110103&rubrika=ES
06.02.2004 (19:39)
SDP AGAINST THE IDEA OF CHANGING THE NAME OF THE STREET OF MARSHAL TITO
SARAJEVO, February 6 (FENA) – In regard to the idea of changing the
name of the Marshal Tito’s street to the street of Alija Izetbegovic,
the BiH Social Democratic Party (SDP) will use all legal means and
appeal to the citizens of Sarajevo to oppose this “low and uncivilised
campaign that is aimed at erasing the memory of a great statesmen and a
great friend of BiH and Sarajevo”.
“We declare that the carriers of this campaign are of short memory and
short-sighted views to the facts and events in regard to the role of
Josip Broz Tito in establishing the equitability and statehood of BiH
as well as in the national affirmation of Muslims – Bosniaks”, is
stated in SDP’s announcement.
Alija Izetbegovic as the first Chairman of Presidency of the
independent and internationally recognised BiH certainly deserves
permanent remembering and gratitude, which should be manifested with
adequate marking of the memory of his deed, is stated in announcement,
which further notes that such marking should not damage the memory and
remembering of the celebrated partisan commander and anti-fascist, one
of the leaders of the Non-aligned Nations Movement.
(Fena) jc
=== 3 ===
http://www.seeurope.net/en/Story.php?StoryID=48134&LangID=1
Seeurope.net
February 16, 2004
BOSNIA AND HERCEGOVINA:
2,500 Sarajevo Serb Civilians Were Killed During War?
On the basis of collected evidence, the Istina (Truth)
Association of Srpsko Sarajevo (Bosnian Serb part of
Sarajevo) has established that Bosniaks had 168 small
prison camps in Sarajevo where they tortured and
killed Serb civilians during the war, Association
Managing Board President Milan Jovovic said on Monday.
"We have evidence on the murder of 2,500 Sarajevo
Serbs, including their names and the place where they
were killed," Jovovic told Republika Srpska media and
added that the Association also had the names of 1,100
killers and persons from whom they received orders,
Tanjug reported.
=== 4 ===
BOSNIA: ARRESTATO VICE CAPO UFFICIO INTERPOL A SARAJEVO
(ANSA) - SARAJEVO, 05 FEB - Il vice direttore dell'ufficio Interpol
bosniaco, Asim Fazlic, e' stato arrestato ieri sera a Sarajevo con
l'accusa di abuso d' ufficio e collusione con la malavita. Lo ha reso
noto la polizia di Sarajevo. Secondo il quotidiano Dnevni avaz, che
cita fonti della magistratura che hanno chiesto l' anonimato, la
sezione della Procura contro la corruzione e la criminalita'
organizzata ha avviato l' indagine ed ottenuto dal tribunale
l'autorizzazione alla perquisizione dell'ufficio di Fazlic nella sede
dell' Interpol. Secondo la fonte, Fazlic tratteneva i mandati di
cattura, ne informava i ricercati e ne disponeva l' esecuzione solo
dopo aver ricevuto la conferma che la persona in questione avesse
lasciato la Bosnia. Tra l' altro, Fazlic e' stato identificato come
la persona che ha tenuto nel cassetto i mandati di arresto dei
sospetti autori dell'attentato dinamitardo in cui, il mese scorso, e'
stato ucciso Taib Torlakovic, ritenuto uno dei capi della malavita
di Sarajevo. (ANSA). COR*VD 05/02/2004 13:43
SEE ALSO:
Deputy Director of Interpol Bosnia Arrested (by Anes Alic)
http://balkanreport.tol.cz/look/BRR/
article.tpl?IdLanguage=1&IdPublication=9&NrIssue=1&NrSection=1&NrArticle
=11557
=== 5 ===
http://www.estripes.com/article.asp?section=104&article=19555
New Bosnia base provides more options for SFOR
By Ivana Avramovic, Stars and Stripes
European edition, Sunday, December 28, 2003
EAGLE BASE, Bosnia and Herzegovina — Though the size of the
Stabilization Force will decrease by June, a new American camp was
recently opened to improve safety for troops patrolling the area by
cutting the number of hours they spend on the roads.
SFOR started manning Camp Clark, near the Bosnian town of Olovo in the
southernmost part of the American area of responsibility, two weeks
ago.
“We didn’t have a base camp anywhere close,” said Maj. Jarrod Krull,
the spokesman for Multinational Brigade North. “[Camp Clark] will
allow more flexibility as far as presence patrols.”
Before the construction of the new camp, patrols had to travel two
hours from either Forward Operating Base Connor, in the east, or
Eagle Base, in the north.
“It was something that was determined that was needed before our
rotation here,” Krull said.
SFOR 14 took over on Sept. 30.
The new camp allows troops to stop for lunch when they are in the area,
get repairs if needed, and, in case of bad weather, to spend the
night instead of taking chances on the road.
“Even though we have smaller numbers [of troops], it allows us to keep
our presence throughout our area of responsibility, and … it’s a
safety issue, too,” Krull said.
Snow and ice in the winter are a great concern for travelers taking the
windy, mountainous, two-lane road from Camp Clark to Eagle Base.
NATO recently announced the number of SFOR troops will be cut next
June, and the Stabilization Force mission possibly turned over to the
European Union at the end of 2004, but the U.S. military believes the
camp will continue to be used long after restructuring.
“It’s a base camp that could be used by anyone,” Krull said. “It’s
something that could be used well into the future.”
When the peacekeeping mission in Bosnia started in December 1995, small
camps and numerous checkpoints were opened throughout the area,
including one in Olovo, the closest town to the new camp.
As the security situation in the country improved within the first two
years of the mission, many of the smaller camps closed, leaving the
area around Olovo without a permanent SFOR presence.
Over the next six years, SFOR shifted bases in northeastern Bosnia as
the need for its presence changed. The peacekeeping force closed Camp
Demi near Kladanj, and the satellite base of Camp McGovern, while FOB
Morgan in the north opened. Soon after, Camp Dobol near Kalesija in
the east closed, but Forward Operating Base Connor was opened to
allow the return of refugees in Bratunac and Srebrenica area.
While a few platoons will be stationed in Camp Clark, the number will
vary depending on the number of patrols in the area and troops taking
a break at the camp.
“It’s going to add to safety,” Krull said. “It will just make the
soldiers’ lives easier.”
© 2003 Stars and Stripes. All Rights Reserved.
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TERRORISMO: BOSNIA; SFOR CERCA ARMI, VILLAGGIO CIRCONDATO
(ANSA) - SARAJEVO, 11 DIC - I militari della Forza di stabilizzazione
della Nato in Bosnia (Sfor) hanno bloccato oggi il villaggio di
Serici, sui pendii del monte Vlasic, in Bosnia centrale, cento
chilometri circa a nord-ovest da Sarajevo. Lo ha reso noto l'agenzia
di stampa Fena. L'operazione e' incominciata verso le 13.00 e
secondo testimoni sul posto, il villaggio e' sorvolato da alcuni
elicotteri della Sfor mentre una sessantina di soldati americani
stanno perquisendo le case, i cui proprietari hanno avuto o hanno
legami con i mujaheddin, in cerca di armi illegali o altro materiale
che potrebbe essere collegato con la rete terroristica Al Qaida. I
carabinieri dell'Msu (Unita' multinazionale specializzata della Sfor)
che hanno creato una cornice di sicurezza intorno alla zona, fermano
giornalisti e abitanti del luogo alcuni chilometri prima di Serici
venendo dalla direzione di Zenica, distante dal villaggio circa 30
chilometri. Fonti della base americana Orao di Tuzla, sede del
comando della Brigata multinazionale Nord della Sfor, hanno dichiarato
che si tratta di un'operazione di ricerca di armi illegali che la
Sfor sta conducendo in collaborazione con le autorita' locali. (ANSA)
COR*VD
11/12/2003 18:55
BOSNIA: ARRESTO A TRAVNIK, ANCORA NESSUN DETTAGLIO DA SFOR
(ANSA) - SARAJEVO, 22 DIC - La Forza di stabilizzazione della Nato
(Sfor) non ha ancora reso noto ne' il luogo di detenzione ne' i
motivi concreti dell'arresto di una persona che i militari della Sfor
hanno portato via dalla sua abitazione di Travnik, Bosnia centrale,
nella notte tra sabato e domenica. Secondo fonti bosniache, si
tratterebbe di un uomo di origine algerina. Ieri, in un comunicato,
la Sfor ha annunciato di aver arrestato una persona ''impegnata in
attivita' che minacciano la sicurezza'' in Bosnia, senza fornire
alcun dettaglio sulla sua identita', aggiungendo che sono stati
sequestrati ''documenti di essenziale importanza per le indagini'' e
che la persona arrestata si trova in ''luogo sicuro''. Fonti
della polizia di Travnik, riferiscono i media bosniaci, hanno detto
che si tratta di Mohamed Zitouni Perenda, 31 anni, che ha la doppia
cittadinanza bosniaca e algerina. La moglie, bosniaca, di Zitouni,
Melika Perenda, ha raccontato che i soldati sono entrati con la forza
nella loro casa nel centro di Travnik, hanno immobilizzato la coppia
per perquisire la casa e infine hanno portato via Zitouni ''in
pigiama''. ''Siamo sposati da otto anni - ha detto la donna - e mio
marito non ha mai avuto problemi con la legge''. Una pattuglia
della polizia locale e' stata presente, su richiesta della Sfor, alla
perquisizione della casa, ma le autorita' locali non sono state
informate ne' dei motivi dell'arresto ne' della localita' in cui
viene tenuto Zitouni. Durante la guerra in Bosnia (1992-95) un
certo numero di mujaheddin, secondo alcuni dati circa 400, vennero
dai paesi islamici a combattere nelle file dell'esercito di Sarajevo.
Alcuni sono rimasti nel paese anche dopo il conflitto perche' hanno
acquisito la cittadinanza, nella maggior parte dei casi sposando
ragazze bosniache, senza, secondo le denunce della stampa,
un'accurata indagine sull'identita' e il passato di queste persone.
Due anni fa, a seguito della revisione condotta da una commissione
parlamentare, e' stata revocata la nazionalita' bosniaca a 94 arabi e
islamici. (ANSA). COR*VD 22/12/2003 15:18
'SPARISCE' PREMIO PACE, IN DIFFICOLTA' ARCIVESCOVO SARAJEVO
(ANSA) - L'AQUILA, 21 GEN - Nell'agosto del 2002 era arrivato
all'Aquila per le celebrazioni della Perdonanza Celestiniana,
nell'ambito delle quali gli era stato assegnato il Premio
internazionale per la Pace. Ma a distanza di un anno e mezzo
l'arcivescovo di Sarajevo, cardinale Vinko Pulijc, lamenta che i 100
mila euro del Premio - da lui devoluti a un centro per la formazione
dei giovani in Bosnia - non gli sono mai arrivati. Per un certo
periodo la vicenda si e' anche tinta di giallo, dal momento che i
soldi sono partiti dall'Aquila in due tranche, tramite altrettanti
bonifici bancari dell'Istituzione della Perdonanza Celestiniana
(l'ente che gestisce il Premio e le celebrazioni collegate per conto
del Comune), ma non sono mai arrivati a destinazione. Ora pero', come
assicura il direttore dell'Istituzione, Michele Gentile, si e'
scoperto che la mancata consegna dipende da ''un semplice disguido di
natura burocratica, per il quale si sono gia' presi provvedimenti''.
''In pratica - spiega Gentile - mancava l'indicazione del numero
di un sottoconto relativo a un fondo intestato a opere religiose
facenti capo alla Curia di Sarajevo. Ora la Tesoreria
dell'Istituzione ha gia' provveduto a sanare il disguido, ripetendo
correttamente gli ordini di pagamento, e quindi la somma verra'
versata nel giro, al massimo, di due o tre giorni''. Monsignor
Pulijc, comunque, a causa del mancato arrivo dei soldi e' incorso in
difficolta' finanziarie, poiche' per portare a termine i lavori di
ricostruzione del liceo distrutto dalla guerra bosniaca a Travnik ha
contratto persino dei debiti a livello personale, contando proprio
sui 100 mila euro in arrivo dall'Aquila. Prima del cardinale di
Sarajevo, nel 2001 il Premio per la Pace era stato assegnato - e
regolarmente versato - a papa Giovanni Paolo II, che lo aveva
devoluto a favore dei bambini africani. L'anno scorso, invece, il
riconoscimento e' stato attribuito all'allora rappresentante delle
Nazioni Unite in Iraq, Sergio Vieira De Mello, rimasto ucciso il 19
agosto nell'attentato alla sede Onu di Baghdad. La vicenda della
''scomparsa'' del Premio destinato a monsignor Pulijc era stata al
centro nei mesi scorsi di polemiche all'interno dell'amministrazione
comunale aquilana: le opposizioni di centrosinistra avevano anche
chiesto l'abolizione del riconoscimento o il suo dimezzamento sotto
il profilo economico, oltre alle dimissioni dell'assessore alla
Cultura, sostenendo che ''l'immagine dell'Aquila non puo' essere
offuscata dal mancato pagamento dell'importo di un premio a un
personaggio impegnato sul fronte della pace''. La giunta, tuttavia,
ha sempre risposto che l'Istituzione Perdonanza gode di una sua
autonomia, sia dal punto finanziario che amministrativo. (ANSA).
GR
21/01/2004 19:30
BOSNIA: MORTO COMMISSARIO EUPM FREDERIKSEN PER ATTACCO CUORE
(ANSA) - SARAJEVO, 26 GEN - E' morto oggi a Sarajevo, per attacco
cardiaco, il commissario della Missione di polizia europea (Eupm), il
danese Sven Frederiksen. Lo ha reso noto l'agenzia di stampa Fena.
Frederiksen partecipava a una riunione a Sarajevo, hanno confermato
fonti dell'Eupm, quando e' stato colto da malore. E' stato
immediatamente portato in una struttura non precisata, ma i medici non
sono riusciti a salvargli la vita. (ANSA). COR*VD 26/01/2004 16:59
BOSNIA:MORTO COMMISSARIO EUPM FREDERIKSEN PER ATTACCO CUORE (2)
(ANSA) - SARAJEVO, 26 GEN - Sven Frederiksen, 57 anni, guidava l'Eupm
dall'inizio della missione, il primo gennaio 2003, dopo aver guidato
nei sei mesi precedenti la Polizia internazionale dell'Onu (Iptf),
impegnata in Bosnia fin dal 1995 a fianco della Forza di
stabilizzazione (Sfor) a guida Nato, e sostituita dalla missione
europea. In precedenza Frederiksen ha fatto parte dell'Unprofor, la
Forza di pace dell'Onu in Bosnia durante la guerra (1992-95), ed e'
stato il capo della polizia civile delle Nazioni unite in Kosovo.
La missione di polizia in Bosnia e' la prima operazione avviata
nell'ambito della politica europea di sicurezza e difesa, con
l'obiettivo di assistere e sostenere le autorita' locali, in
particolare le forze di polizia, al fine di raggiungere ''gli elevati
standard europei e internazionali''. L'Eupm e' composta da 500
ufficiali di polizia, 50 esperti civili e da oltre 300 dipendenti
locali, e ne fanno parte uomini anche di 18 Paesi extra-Ue. I piu'
numerosi sono i poliziotti tedeschi, francesi e britannici. Il
contingente italiano e' forte di 26 uomini della polizia di stato e 22
carabinieri. (ANSA). COR*VD
26/01/2004 17:41
BOSNIA: CRIMINI GUERRA, 4 CROATI ASSOLTI PER SECONDA VOLTA
(ANSA) - SARAJEVO, 30 GEN - Quattro croati bosniaci, accusati di
crimini di guerra commessi nel 1993 contro civili e prigionieri di
guerra musulmani, sono stati oggi assolti per la seconda volta dal
tribunale di Mostar, nel processo di revisione disposto dal tribunale
della Federazione Bh (entita' a maggioranza croato musulmana di
Bosnia). Lo ha reso noto l'agenzia di stampa Fena. Zeljko Djidic
(44), Mate Anicic (49), Ivan Skutor (50), Erhad Poznic (52)erano
accusati di aver torturato e ucciso civili musulmani nell'edificio
della Facolta' d'ingegneria di Mostar trasformata in carcere durante
il conflitto tra croati e musulmani bosniaci nel 1993-94, e anche
dell'uccisione di 13 militari dell'Esercito bosniaco fatti prigionieri
nel maggio del 1993 e dei quali non si conosce ancora la sorte.
Nella motivazione della sentenza, il presidente del tribunale Mladen
Jurisic, che ha avuto lo stesso incarico all'epoca del primo processo,
ha affermato oggi che l'accusa non ha presentato ''prove valide e
certe'' sulla colpevolezza degli imputati. E' stato provato, ha
aggiunto Jurisic, che in quel periodo sono stati commessi i crimini
citati nell'atto d'accusa, ma sta agli inquirenti individuarne i
responsabili. Il sostituto procuratore Ibro Bulic ha dichiarato
oggi di essere ''scioccato'' dalla sentenza odierna ed ha annunciato
che ricorrera' in appello. Per tutta la durata del processo i
quattro imputati si sono avvalsi della facolta' di non rispondere.
Uno di questi, Anicic, e' noto per aver aggredito nel 1996, Hans
Koshnik, capo dell'amministrazione Ue di Mostar, ed e' stato notato
tra gli organizzatori dei disordini di Mostar in occasione del
commissariamento della Hercegovacka banca, in cui sono rimasti feriti
18 militari della Nato e 5 civili. (ANSA) COR*VD 30/01/2004
18:40
BOSNIA: PRIVATIZZAZIONE MINIERA FERRO, PRESCELTA LNM HOLDING
(ANSA) - SARAJEVO, 5 FEB - La holding britannico-indiana 'Lnm group'
e' stata scelta come il miglior offerente per la costituzione di una
societa' mista, di cui avra' il 51%, con la miniera di ferro di
Ljubija, presso Prijedor, in Bosnia nord- occidentale. ''Ora
seguiranno le trattative con la Lnm per la firma del contratto'', ha
detto il direttore della miniera Ranko Cvijic, citato dal quotidiano
Nezavisne novine, ma non ha voluto rivelare il valore dell'offerta
della Lnm che ha prevalso su quella dell'austriaca 'Voest Alpine
Intertrading'. La miniera di Ljubija, praticamente ferma dalla
guerra (1992- 95), si trova oggi nella Republika Srpska (Rs, entita' a
maggioranza serba di Bosnia) che con la Federazione Bh (a maggioranza
croato musulmana) costituisce la Bosnia dell'accordo di pace di
Dayton. Prima del conflitto la miniera di Ljubija faceva parte della
holding che comprendeva anche l'acciaieria di Zenica, oggi nella
Federazione. Gli economisti citati dal giornale auspicano ora che
la Lnm riesca ad acquisire anche l'acciaieris 'Bh Steel' di Zenica,
per la cui privatizzazione le offerte sono ancora in corso di
presentazione. In questo modo la miniera di Ljubija avrebbe un
acquirente assicurato per il suo minerale, come l'aveva oltre un
decennio fa. Lnm e' la seconda holding di acciaio a livello
mondiale, presente in 45 paesi, tra cui Germania, Francia, Repubblica
ceca, Romania, Stati uniti, Canada, Messico, Indonesia, Polonia.
(ANSA). COR*VD
05/02/2004 15:10
BOSNIA: SANZIONI A SAROVIC, PROTESTE DIRIGENTI SERBO BOSNIACI
(ANSA) - SARAJEVO, 10 FEB - Il presidente della Republika Srpska (Rs,
entita' a maggioranza serba di Bosnia) Dragan Cavic, i deputati della
maggioranza serba nel parlamento di Banja Luka e il leader del Partito
democratico serbo (Sds, nazionalista) Dragan Kalinic, hanno protestato
contro le sanzioni decise ieri, dalla comunita' internazionale
''senza presentare prove'', contro Mirko Sarovic. L'ex presidente
della Rs ed ex componente della presidenza tripartita bosniaca,
Sarovic e' stato destituito, per decisione dell'Alto rappresentante
Paddy Ashdown, dal suo attuale incarico di vicepresidente dell'Sds e
accusato, con altre nove persone anche da parte di Washington, di
sostenere la fuga dei ricercati per crimini di guerra, in particolare
di Radovan Karadzic. Aspetto di conoscere ''i fatti e le prove'',
ha detto il presidente Cavic, altrimenti questa decisione potrebbe
provocare ''gravi conseguenze per i processi democratici''. ''E' un
attacco diretto contro l'Sds - ha detto Kalinic - e contro il ruolo
chiave nella stabilizzazione e a favore delle riforme che (il partito)
ha sulla scena politica''. Sarovic ha sempre agito, ha detto il
ministro degli esteri bosniaco Mladen Ivanic, nel rispetto della
Costituzione, Lo stesso Sarovic, che l'anno scorso e' stato
costretto a dimettersi dalla presidenza collegiale bosniaca quando fu
scoperta una vendita illegale di armi all'Iraq da parte di
un'azienda della Rs, ha negato oggi di sostenere i fuggitivi ricercati
per crimini di guerra. Sarovic ha anche accusato l'ambasciatore
americano di ingerenze negli affari interni della Bosnia ed ha
aggiunto che nessuno potra' impedirgli l'attivita' politica. ''E
dall'Sds - ha detto - mi potra' espellere solo il partito stesso''.
Una sola voce fuori dal coro e' arrivata dal primo ministro della Rs
Dragan Mikerevic, che ha assicurato che il governo ''rispettera' le
sanzioni decise dal governo Usa in collaborazione con l'Alto
rappresentante''. Il premier, da pochi giorni tornato da una visita
negli Usa, ha detto che per l'amministrazione americana questo e' un
anno decisivo per la cattura dei principali ricercati per crimini di
guerra e che dal governo e dalle istituzioni della Rs ci si aspetta
che ''facciano la loro parte''. ''Mi e' stato detto chiaramente - ha
aggiunto - che, nonostante sia previsto che il Tribunale dell'Aja
chiuda i battenti nel 2008, questo non succedera' finche non saranno
assicurati alla giustizia i sospetti piu' ricercati''.
Washington ieri ha congelato i beni e vietato l'ingresso negli Stati
uniti di dieci poliziotti, giudici, politici e uomini d'affari serbo
bosniaci, tra cui Sarovic, perche' fanno parte della rete di sostegno
di Karadzic, l'ex leader dei serbi di Bosnia ricercato per genocidio e
crimini di guerra. Ashdown dal canto suo, ha deciso il congelamento
dei conti bancari in Bosnia delle persone della lista ed ha
destituito, oltre a Sarovic, tre funzionari di polizia. La
decisione dell'Alto rappresentante, ha commentato oggi le proteste il
suo portavoce Oleg Milisic, e' stata presa ''in base a informazioni
concrete'', ma a causa delle fonti delle informazioni, ha aggiunto, la
comunita' internazionale non intende commentare la questione. (ANSA)
COR*VD 10/02/2004 18:29
BOSNIA: KARADZIC, DIREZIONE PARTITO SI DIMETTE PER PROTESTA
(ANSA) - SARAJEVO, 11 FEB - Cresce la tensione nella parte serba
della Bosnia a margine degli sforzi per trovare il superlatitante
Radovan Karadzic. Il leader Drakan Kalinic e l'intera direzione del
Partito democratico serbo (Sds, nazionalista) si e' dimessa la notte
scorsa per protesta contro la destituzione, decisa dall'Alto
rappresentante della comunita' internazionale in Bosnia Paddy
Ashdown, di Mirko Sarovic, vicepresidente dell'Sds. Secondo i
dirigenti del maggiore partito serbo bosniaco, la destituzione di
Sarovic, ex componente della presidenza tripartita bosniaca costretto
l'anno scorso a dimettersi da quest'incarico, e' la continuazione
delle pressioni esercitate sull'Sds al fine di eliminare dalla scena
politica i suoi quadri piu' importanti. Queste ''decisioni arbitrarie
e unilaterali'', si legge nel comunicato, ''minacciano i processi
democratici e brutalmente annullano la volonta' elettorale dei
cittadini''. Nel comunicato si ipotizza anche una possibile uscita
dell'Sds dall'esecutivo della Republika Srpska (Rs, entita' a
maggioranza serba di Bosnia) e anche dal governo centrale bosniaco,
una volta che sara' eletta la nuova dirigenza. Ashdown ieri ha
destituito Sarovic e tre funzionari di polizia serbo bosniaci, ed ha
deciso il congelamento dei conti bancari loro e di altre sei persone,
tutte accusati di far parte della rete di sostegno ai ricercati per
crimini di guerra, in particolare Radovan Karadzic. I nomi dei dieci
sono stati aggiunti anche alla lista di coloro ai quali Washington
vieta l'ingresso negli Stati uniti, e quattro di loro sono gia' su
un'analoga lista di divieto d'ingresso nell'Ue pubblicata l'anno
scorso da Bruxelles. La decisione di Ashdown e' stata oggi
indirettamente criticata anche dall'ambasciata russa a Sarajevo,
perche', si dice in un comunicato citato dall'agenzia Fena, ''e'
stata presa senza consultazioni nell'ambito del Consiglio di
applicazione degli accordi di pace in Bosnia, in contrasto con i
principi accettati e la prassi del suo funzionamento''. (ANSA)
COR*VD
11/02/2004 19:49