Informazione

http://www.resistenze.org/sito/ma/di/cl/madcue.htm

Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa (1)

V. I. Lenin

Abbiamo scritto nel n. 40 del Sozial-Demokrat che la Conferenza delle
sezioni del nostro partito all'estero (2) aveva deliberato di
soprassedere alla questione della parola d'ordine: "Stati Uniti
d'Europa", finché non se ne fosse discusso sulla stampa il lato
economico.

La discussione di tale problema aveva preso, nella nostra conferenza,
un carattere politico unilaterale. In parte, ciò è forse dovuto al
fatto che, nel manifesto del Comitato Centrale, questa parola
d'ordine era stata espressamente formulata come parola d'ordine
politica ("la prossima parola d'ordine politica...", è detto nel
manifesto), e non solo si preconizzavano gli Stati Uniti repubblicani
d'Europa, ma si sottolineava specialmente che questa parola d'ordine
è assurda e bugiarda "senza l'abbattimento rivoluzionario delle
monarchie tedesca, austriaca e russa".

Opporsi, entro i limiti degli apprezzamenti politici di questa parola
d'ordine, a tale impostazione della questione mettendosi, per
esempio, dal punto di vista che essa offusca o indebolisce, ecc. la
parola d'ordine della rivoluzione socialista, sarebbe assolutamente
errato. Le trasformazioni politiche con tendenze effettivamente
democratiche e ancor più le rivoluzioni politiche, non possono in
nessun caso, mai, e a nessuna condizione, né offuscare né indebolire
la parola d'ordine della rivoluzione socialista. Al contrario, esse
avvicinano sempre più questa rivoluzione, ne allargano la base,
attirano alla lotta socialista nuovi strati della piccola borghesia e
delle masse semiproletarie. D'altra parte, le rivoluzioni politiche
sono inevitabili durante lo sviluppo della rivoluzione socialista, la
quale non deve essere considerata come un atto singolo, bensì come un
periodo di tempestose scosse politiche ed economiche, della più acuta
lotta di classe, di guerra civile, di rivoluzioni e di
controrivoluzioni.

Ma se la parola d'ordine degli Stati Uniti repubblicani d'Europa,
collegata all'abbattimento rivoluzionario delle tre monarchie europee
più reazionarie, con la monarchia russa alla testa, è assolutamente
inattaccabile come parola d'ordine politica, rimane pur sempre da
risolvere l'importantissima questione del suo contenuto e significato
economico. Dal punto di vista delle condizioni economiche
dell'imperialismo, ossia dell'esportazione del capitale e della
spartizione del mondo da parte delle potenze coloniali "progredite" e
"civili", gli Stati Uniti d'Europa in regime capitalistico sarebbero
o impossibili o reazionari.

Il capitale è divenuto internazionale e monopolistico. Il mondo è
diviso fra un piccolo numero di grandi potenze, vale a dire fra le
potenze che sono meglio riuscite a spogliare e ad asservire su grande
scala altre nazioni. Quattro grandi potenze europee: Inghilterra,
Francia, Russia e Germania, con una popolazione fra i 250 e i 300
milioni d'abitanti e con una superficie di circa 7 milioni di
chilometri quadrati, posseggono colonie con circa mezzo miliardo
(494,5 milioni) di abitanti e una superficie di 64,6 milioni di
chilometri quadrati, cioè circa la metà del globo terrestre (133
milioni di chilometri quadrati, senza le regioni polari). Aggiungete
a questo i tre Stati asiatici, la Cina, la Turchia e la Persia, i
quali sono ora fatti a pezzi dai briganti che conducono la guerra
"liberatrice", e cioè dal Giappone, dalla Russia, dall'Inghilterra e
dalla Francia. Quei tre Stati asiatici, i quali potrebbero essere
definiti semicolonie (in realtà oggi sono colonie per 9/10), hanno
una popolazione di 360 milioni e una superficie di 14,5 milioni di
chilometri quadrati (cioè circa una volta e mezza la superficie di
tutta l'Europa).

Inoltre, l'Inghilterra, la Francia e la Germania hanno investito
all'estero non meno di 70 miliardi di rubli di capitale. Per ricevere
un profitto "legale" da questa bella somma - un profitto di più di 3
miliardi di rubli all'anno - esistono dei comitati nazionali di
milionari, chiamati governi, provvisti di eserciti e di flotte da
guerra, i quali "installano" nelle colonie e semicolonie i figli ed i
fratelli del "signor miliardo", in qualità di viceré, consoli,
ambasciatori, funzionari di ogni sorta, preti e simili sanguisughe.

Così è organizzata, nel periodo del più alto sviluppo del
capitalismo, la spoliazione di circa un miliardo di uomini da parte
di un gruppetto di grandi potenze. E nessun'altra forma di
organizzazione è possibile in regime capitalistico. Rinunciare alle
colonie, alle "sfere di influenza", all'esportazione di capitali?
Pensare questo, significherebbe mettersi al livello del pretonzolo
che ogni domenica predica ai ricchi la grandezza del cristianesimo e
consiglia di fare dono ai poveri...se non di qualche miliardo, almeno
di qualche centinaio di rubli all'anno.

In regime capitalistico, gli Stati Uniti d'Europa equivalgono ad un
accordo per la spartizione delle colonie. Ma in regime capitalistico
non è possibile altra base, altro principio di spartizione che la
forza. Il miliardario non può dividere con altri il "reddito
nazionale" di un paese capitalista se non secondo una determinata
proporzione: "secondo il capitale" (e con un supplemento, affinché il
grande capitale riceva più di quel che gli spetta). Il capitalismo è
la proprietà privata dei mezzi di produzione e l'anarchia della
produzione. Predicare una "giusta" divisione del reddito su tale base
è proudhonismo, ignoranza piccolo-borghese, filisteismo. Non si può
dividere se non "secondo la forza". È la forza che cambia nel corso
dello sviluppo economico. Dopo il 1871 la Germania si è rafforzata
tre o quattro volte più dell'Inghilterra e della Francia, e il
Giappone dieci volte più rapidamente della Russia. Per mettere a
prova la forza reale di uno Stato capitalista, non c'è e non può
esservi altro mezzo che la guerra. La guerra non è in contraddizione
con le basi della proprietà privata, ma è il risultato diretto e
inevitabile dello sviluppo di queste basi. In regime capitalistico
non è possibile un ritmo uniforme dello sviluppo economico, né delle
singole aziende, né dei singoli Stati. In regime capitalistico non
sono possibili altri mezzi per ristabilire di tanto in tanto
l'equilibrio spezzato, all'infuori della crisi nell'industria e della
guerra nella politica.

Certo, fra i capitalisti e fra le potenze sono possibili degli
accordi temporanei. In tal senso sono anche possibili gli Stati Uniti
d'Europa, come accordo fra i capitalisti europei... Ma a qual fine?
Soltanto al fine di schiacciare tutti insieme il socialismo in Europa
e per conservare tutti insieme le colonie accaparrate contro il
Giappone e l'America, che sono molto lesi dall'attuale spartizione
delle colonie e che, nell'ultimo cinquantennio, si sono rafforzati
con rapidità incomparabilmente maggiore dell'Europa arretrata,
monarchica, la quale incomincia a putrefarsi per senilità. In
confronto agli Stati Uniti d'America, l'Europa, nel suo insieme,
rappresenta la stasi economica. Sulla base economica attuale, ossia
in regime capitalistico, gli Stati Uniti d'Europa significherebbero
l'organizzazione della reazione per frenare lo sviluppo più rapido
dell'America. Il tempo in cui la causa della democrazia e del
socialismo concerneva soltanto l'Europa, è passato senza ritorno.

Gli Stati Uniti del mondo (e non d'Europa) rappresentano la forma
statale di unione e di libertà delle nazioni, che per noi è legata al
socialismo, fino a che la completa vittoria del comunismo non porterà
alla sparizione definitiva di qualsiasi Stato, compresi quelli
democratici. La parola d'ordine degli Stati Uniti del mondo, come
parola d'ordine indipendente, non sarebbe forse giusta, innanzitutto
perché essa coincide con il socialismo; in secondo luogo, perché
potrebbe ingenerare l'opinione errata dell'impossibilità della
vittoria del socialismo in un solo paese e una concezione errata dei
rapporti di tale paese con gli altri.

L'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge
assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile il trionfo del
socialismo all'inizio in alcuni paesi o anche in un solo paese
capitalistico, preso separatamente. Il proletariato vittorioso di
questo paese, espropriati i capitalisti e organizzata nel proprio
paese la produzione socialista, si solleverebbe contro il resto del
mondo capitalista, attirando a sé le classi oppresse degli altri
paesi, spingendole ad insorgere contro i capitalisti, intervenendo,
in caso di necessità, anche con la forza armata contro le classi
sfruttatrici ed i loro Stati. La forma politica della società nella
quale il proletariato vince abbattendo la borghesia, sarà la
repubblica democratica che centralizzerà sempre più la forza del
proletariato di una nazione, o di più nazioni, per la lotta contro
gli Stati non ancora passati al socialismo. Impossibile è la
soppressione delle classi senza la dittatura della classe oppressa,
del proletariato. Impossibile la libera unione delle nazioni nel
socialismo senza una lotta ostinata, più o meno lunga, fra
repubbliche socialiste e Stati arretrati.

Ecco in forza di quali considerazioni, che sono il risultato di
ripetuti esami della questione nella Conferenza delle sezioni
all'estero del POSDR e dopo la conferenza, la redazione dell'Organo
centrale è giunta alla conclusione che la parola d'ordine degli Stati
Uniti d'Europa è sbagliata.


Note

1) Pubblicato sul Sozial-Demokrat, n. 44, 23 agosto 1915.

2) Questa conferenza si svolse a Berna dal 27 febbraio al 4 marzo
1915. Lenin vi intervenne come rappresentante del Comitato centrale e
dell'organo centrale del partito, il Sozial-Demokrat; vi tenne la
relazione sul punto principale all'ordine del giorno: la guerra e i
compiti del partito.

Tratto da Lenin - Opere scelte - Editori Riuniti, 1976
Trascrizione e conversione in html a cura del CCDP

(Discorso del Generale Stevan Mirkovic alla Casa dell'Esercito in occasione dell'anniversario della Vittoria - 9 maggio.

Una versione in lingua italiana di questo testo è in preparazione a cura del CNJ)


Govor general – pukovnika u penziji S.Mirkovica na Svecanoj akademiji 

povodom Dan a pobede u Domu vojske Srbije , 

9.maja 2007.godine


Drugovi I drugarice, dragi prijatelji , postovani gosti,

Slobodarska Srbija obelezava   i ove godine Dan pobede  - datum koji je  urezan u narodno pamćenje kao putokaz i međaš patriotizma i ljubavi našeg čoveka prema svojoj domovini. On je deo naše tradicije , nacionalnog identita i emocija.  Zato taj  dan unosi radost i optimizam u domove širom Srbije ,  gde inače caruje tuga i zabrinutost zbog nevolja koje su nas snašle zadnjih godina i neuspeha kojih ima na “pretek”,  kao nekada uspeha.On nam vraća vec zaboravljen osmeh na licu, nacionalni ponos i samopoštovanje jer nema kuće ni porodice u Srbiji  iz koje nije bar jedan borac ratovao protiv Nemaca i kraj II SR dočekao u cokulama i s puškom u ruci ili poginuo u borbi.

9 maj – Dan pobede nad fašizmom verovatno je  i najznačajniji zajednicki praznik čovečanstva . Ali ne i za zvaničnu Srbiju , više sklonu poraženima u tom ratu nego pobednicima, koja ga obeležava skromno, skoro konspirativno, u čemu ima podršku najvećeg broja naših „ nezavisnih „ medija. Državni aparat „proslavlja „ ovaj dan nastavljajući međustranacke obračune u Skupstini Srbije dok je Načelnik generalštaba vojske Srbije u Brislu , gde se dogovara sa generalnim sekretarom NATO kako KFOR da „zaštiti“ Srbe za vreme sprovodjenja Ahtisarijevog plana o nezavisnosti Kosova,pošto se vojska Srbije tamo neće pojavljivati! A dan je za gruvanje topova i pesmu miliona jer je naša zemlja učestvovali  u tom ratu kao deo ujedinjenih naroda sveta  i dala veliki doprinos toj pobedi. Činjenica da je Jugoslavija, a s njom i  Srbija,  jedan od 50 učesnika konferencije Ujedinjenih nacija u San Francisku 25.aprila 1945 i potpisnik Povelje OUN, znak je da smo ušli u istoriju sveta kao zemlja koja je, u najtežim trenucima za njega, izabrala pravi put i učestvovala u velikoj bici za  slobodu, mir i bezbednost na planeti.Teško je shvatiti da postoje ljudi u Srbiji koji se ne ponose time i odriču se tog velikog moralnog kapitala , koji nam je itekako važan i potreban u današnjoj borbi za očuvanje teritorijalne celovitosti zemlje.Podsećanje svetske i evropske javnosti na naš značajan doprinos velikoj pobedi nad fašizmom, koji se na Zapadu namerno prećutkuje jer je ostvaren pod voćstvom komunista, doprineo bi povećanju našeg narušenog ugleda tamo i učvrsćenju medjunarodnih pozicija u borbi za Kosovo. 

Nas doprinos pobedi nad fašizmom najbolje se vidi iz završnih operacija za oslobodjenje Evrope 1944 – 1945. jer smo,  pored SSSR i Engleske, jedina evropska zemlja koja je sa svojom armijom držala deo zajedničkog fronta u tim operacijama, od Dunava do Jadranskog Mora i povezivali sovjetske snage u Madjarskoj i angloameričke u Italiji. .Na  jugoslovenskom ratištu 800.000 boraca JA imalo je ispred sebe moćnu nemačku Grupu armija “E“ sa 450.000 vojnika i 230.000 pripadnika  kvislinških formacija. Najveći  deo  kvislinga sačinjavale su OS „NDH“ ( 17 ustaško-domobranskih divizija sa oko 150.000 ljudi).Ove snage pružale su žestok otpor JA ali će početkom maja 1945. njihova glavnina biti okružena u Sloveniji i zapadnoj Hrvatskoj i predaće se . Poslednji pucnji II svetskog rata u Evropi odjeknuli  su u Jugoslaviji 15.maja 1945.

Neke kvislinške jedinice ,težeći da se na svaki način izvuku iz Jugoslavije i predaju zapadnim saveznicima  i tako  izbegnu odgovornost za zločine koje su do poslednjeg dana vršile nad jugoslovenskim stanovništvom,  nastavile su otpor dok nisu potpuno uništene.Danas te zlikovce aktuelne vlasti rehabilituju kao žrtve komunizma , sveštenici svih konfesija drže  im opela , poznati pesnici recituju svoje poeme. Podižu im spomenike i proglašavaju za borce.Borili se jesu ali na nemačkoj pa se tamo i trebaju obratiti za status borca i privilegije koje on nosi! Instant rehabilitacija ne može izbrisati krvav trag zločinaca niti s njima može biti pomirenja.

Sreća je za Srbiju da se jedan ,i to ne mali deo, pripadnika četnickih jedinica na vreme distancirao od cetnika DM i pristupio NOVJ i ucestvovao u najvecim bitkama za oslobodjenje nase zemlje od kraja 1944 do završetka rata. Pozivom kralja Petra II od 12.septembra 1944. da “ pristupe NOV pod maršalom Titom” i opštom amnestijom AVNOJ ( 21.novembar 1944) veliki broj poštenih i patriotski raspoloženih vojnika tzv.jugoslovenske vojske u otadzbini koji su, ne svojom krivicom, sa puškom u ruci sedeli kod svojih kuca čekajuci da “ dodje vreme “ za borbu protiv okupatora,  stupiće oduševljeno u NOVJ . Oni će tako  doprineti oslobođenju svoje domovine i izbeći sudbinu ubica, silovatelja,palikuca i pljačkaša DM. To je bilo pomirenje četnika I partizana pa su priče današnjih  politicara o tome bespredmetne i unose ponovo podele medju nama  danas kada nam je jedinstvo potrebnije nego ikada. . Titove reči iz predloga NKOJ za pomenutu amnestiju pokazuju svu humanost i političku širinu NOP kada je reč o borbi protiv okupatora :”Ova amnestija treba da pokaže da nemamo nameru da se svetimo i da smo spremni pružiti ruku pomirnicu svakom onom koji nije okrvavio svoje ruke nedužnom narodnom krvlju “.

Treba zapamtiti i da su SAD i Engleska štitile  i uzele u službu prebegle ratne zločince i saradnike Nemaca ( oko 100.000) jer su bili borci protiv komunizma.Preživele ustaše, dražinovci,belogardejci,balisti,hortijevci,muslimanska milicija, folksdojčeri  i njihovi naslednici i sledbenici iz inostranstva pojavice se ponovo na „mestu zlocina“ 1990. i učestvovati u novom bratoubilačkom ratu ali sada kao američki kvislinzi!

Dug je bio put do pobede. Trajao je 4 godine.. U NOB je poginulo 305.000 boraca NOVJ, ranjeno 425.000  a oko 1,400.000 ljudi stradali su kao aktivisti NOP i žrtve fašističkog terora ili poginuli kao pripadnici kvislinških formacija.  Najvise  ih je izgubilo živote u 7o logora smrti. Najmasovnija zverstva izvršile su ustase u Jasenovcu, ubivsi oko 7oo.ooo ljudi, najvise Srba i četnici DM nad Muslimanima u Crnoj Gori. Sa preko 1,700.000 palih ili 11 odsto ukupnog stanovništva, Jugoslavija spada među zemlje koje su podnele najveći broj ljudskih žrtava u drugom svetskom ratu.

Srbija kao najveća i najbrojnija zemlja u Jugoslaviji daće i najveće žrtve  i najveći doprinos njenom oslobođenju. To su znali da cene svi narodi i narodnosti u Jugoslaviji. Ta Srbija, zgažena i raskomadana od okupatora i domaćih izdajnika,  usamljena i napuštena od sopstvene dinastije i građanskih partija i vođa,okružena fašističkim državama , daleko od savezničkih snaga i frontova,  započeće i voditi krvavu četvorogodišnju borbu i revoluciju i izaći iz nje kao pobednik. Organizator  i rukovodilac te borbe i revolucije bili su srpski komunisti,  KPJ, njen Politbiro i Tito, lider svetskog ranga, koga bi svaka zemlja poželela za vođu. 

Srpska država je  obnovljena.ali kao republika. Oslobođeni su i vraćeni u njen sastav Kosovo i Metohija, Srem, Banat,Bačka, pirotski i bosilegradski srez.

Srpski narod u Hrvatskoj i BiH svojom borbom i učešćem u stvaranju ovih republika  postaće jedan od  konstitutivnih naroda u njima. Na taj način su Srbi kao narod, zahvaljujući masovnom učešću u NOB, žrtvama i rezultatima te borbe imali praktično tri nacionalne drzave.

Sve ovo ističem zbog toga što srpski nacionalisti i šovinisti, kojih danas  ima i u najznačajnijim  nacionalnim institucijama, stalno proturaju već ofucanu laž da je Srbija uvek bila “pobednik u ratu, a poražena u miru”. E, to se u NOR i revoluciji  nije dogodilo. Srbija je bila pobednik i u ratu i u miru.

Drugovi I drugarice,

NOB je bila nadčovečanska borba protiv nadmoćnijeg neprijatelja u kojoj je bilo i oseka i kriza ustanka ali su one , zahvaljujući moralnopolitickom jedinstvu naroda i umešnom  rukovodjenu ustankom od strane CK KPJ i VŠ,  savladavani  i borba nastavljana.

Kada ovo govorim imam u vidu jedan od ključnih dogadjaja iz istorije NOB čiju 65 godišnjicu slavimo ove godine: formiranje prvih krupnijih partizanskih jedinica - divizija I korpusa a time i NOV i POJ 1942. godine  ( 1. i 2. proleterska divizija,3.NOU divizija, 4 i 5.krajiška NOU divizija, 6.lička, 7.banijska i 8.kordunaška NOU divizija i 12.slavonska NOU divizija te 1.bosanski  i 2.hrvatski NOU korpus).Ta 1942.je bila  najteža godina NOR.Okupator i domaći izdajnici su bili u strategijskoj ofanzivi , pokušavajuci da unište NOP. Propagandom i  represalijama oslabili su  raspolozenje naroda za borbu i doveli do krize NOB u više krajeva zemlje.

CK KPJ I VŠ  , nalazeći se na tromeđi Bosne, Hercegovine i Crne Gore sa glavninom partizanskih jedinica “ ne gubi glavu “ ni perspektivu rata i NOB, i ne pomišlja na primirje ili predaju već donosi sudbonosnu odluku o kontraofanzivi u zapadne krajeve zemlje! I sa grupom proleterskih brigada vrši prodor u Bosansku Krajinu s ciljem  povezivanja i daljeg razvijanja tamošnjih žarista NOP i obnove i učvršćenja  veza  s rukovodstvima u drugim  zemljama i pokrajinama. Višemesečnim teškim borbama ostvareni su glavni ciljevi partizanske inicijative i stvorena nova velika slobodna teritorija na prostoru Bosanske Krajine, Dalmacije, Like, Gorskog Kotara, Korduna, Banije i Žumberka.

. Odluku o formiranju prvih divizija i korpusa doneo je Vrhovni štab novembra 1942. Tito je u Biltenu  VŠ pisao da je formiranjem divizija i korpusa stvorena NOVJ. Ocenivši to kao “ najveći dosadašnji uspeh narodnog ustanka”, podvlačio je da je ta vojska stvarana bez dekreta, odozdo,iz malih partizanskih odreda, od golorukih ljudi, otimanjem oružja od neprijatelja. Za komandante tih prvih korpusa i divizija postavljani su istaknuti organizatori oružane borbe i vojni rukovodioci – Ivan Gošnjak, Kosta Nadj, Koča Popović, Peko Dapcević, Slavko Rodić i dr. 

Te divizije i korpusi pokazaće se borbeno sposobniji i efikasniji od divizija i korpusa nemačkog Vermahta i kvislinških jedinica tog ranga sa zastrašujućim nazivima  :  7.SS divizija Princ Eugen, 21. SS divizija Skender beg, 13.SS divizija  Handzar , Ravnogorski  korpusi,  Srpski dobrovoljački korpus, Muslimanski dobrovoljački korpus u Sandzaku, ustaško domobranske divizije itd. koje su bile “efikasne “samo u kaznenim ekspedicijama protiv golorukog naroda,  ubijajući nemilice žene, decu, stare i nemoćne, ranjenike i zarobljenike!

Naravno, vojni uspesi neodvojivi su od uspeha postignutih u stvaranju nove narodne vlasti( narodni odbori na svim nivoima do AVNOJ), delovanja KPJ, organizacije omladine i zena, partizanske i partijske stampe, organizacije ekonomskog i  kulturnog života na oslobođenoj teritoriji i u vojsci, međunarodne aktivnosti rukovodstva NOP itd. 

NOP je  imao  hrabro i odlucno rukovodstvo, sposobno i iskusno za delovanje u najtežim uslovima rata. CK KPJ I VŠ su po znanju i sposobnostima nadmašili nemačko političko i vojno rukovodstvo na jugoistoku Evrope  , što je Hitler i lično morao da prizna. Teško da danas kao drzava mozemo  dobiti prelaznu ocenu kada je reč o vodjenju zemlje danas i  jačanju naše vojske jer se njena  reforma  vrsi u    saradnji i pod pokroviteljstvom sila koje nas ugrožavaju, što je teško objašnjivo! Po meni, odbrana Kosova je osnovni orijentir za tu reformu.Mislim da se svi mi, i kao narod i pojedinci,  moramo postideti odnosa koji država u naše ime ima prema vojsci i njenoj ulozi u ovim dramatičnim događanjima oko Kosova,  koji će postajati sve dramatičniji. Ta uloga može biti odlučujuća i može biti uspešno ostvarena samo sa masovnom, narodnom vojskom visokog morala i političke svesti kakva je bila NOVJ u ratu i dugo posle njega! Ne vidim politicku snagu u zemlji koja je u stanju korenito i brzo promeniti na bolje stanje u sektoru odbrane zemlje  pa se moze očekivati da će to učiniti sam narod svojom inicijativom I akcijom.

Drugovi i drugarice,

NOB nije bila samo oružana borba protiv okupatora već i revolucija , stvaranje novog,boljeg društva . Bez te socijalne perspektive ne bi ni bilo  masovne i uspešne NOB. Vojna pobeda ima smisla  samo ako ljudi u osvojenoj slobodi žive bolje i u miru, što lepo govore  stihovi Branka Miljkovića,  u kojima se pesnik pita „ da li će sloboda umeti da peva, kao što su sužnji pevali o njoj “.! 

Izgrađujući socijalizam  u praksi pokazace se brzo njegove prednosti nad kapitalizmom: nacionalna ravnopravnost , samoupravljanje i nesvrstanost  su najveci dometi u drustvenom i humanom razvoju ne samo našeg društva već čovečanstva uopste. Jugoslavija  će se od zaostale zemlje sa 112 dolara ND po stanovniku, 50 odsto nepismenog odraslog stanovništva i ženama bez prava glasa , uz privredni rast od 5,9 odsto godišnje, već 1980.sa 2.62o dolara ND po stanovniku,  uvrstiti  među industrijski srednje razvijene zemlje i postati  jedan od lidera pokreta nesvrstanih zemalja, od kojih su mnoge, inspirisane našom borbom i revolucijom, krenule istim putem. 
Drugovi i drugarice,
          To nije prošlo bez  reakcije  dojučerašnjih saveznika SAD i Engleske , čiji su lideri vec marta 1946. u američkom gradiću Fultonu najavili  „krstaški rat „ protiv „ sveta komunizma“.
         Za celo vreme postojanja Jugoslavije SAD su vodile specifican specijalni, ideološki rat protiv naše zemlje, kao uostalom i protiv svih socijalističkih i nesvrstanih zemalja. To  se dalo naslutiti vec u izjavi H.Trumana iz januara 1946., posle odluke naroda na izborima 11.11.1945 „ nećemo kralja hoćemo Tita, narod se pita“,   kada je rekao da je  “priznanje promena u   Jugoslaviji uslovno i da takvo ostaje“. Nikada to nije povučeno i naš put u socijalizam bio je  stalno „ pod vatrom“ SAD.

Trumanova izjava postala je   i zvanična doktrina SAD usvojena u američkom Kongresu marta 1947. i dopunjena Ajzenhauerovom 1957. a predsednik SAD ovlašćen da upotrebi oružane snage SAD svuda tamo gde je „slobodni svet” ugrožen od komunističke agresije i unutrašnjih prevrata, što su oni od Trumana do Buša koristili preko dve stotine puta.Taj „slobodni svet“ biće marta 1999. balisti na Kosovu ybog kojih će, prema rečima M.Olbrajt, ona i B.Klinton povesti svoj rat radi „zaštite Muslimana”.

To pokazuje da se Zapad maja 1945.  baš i nije  osećao  pobednikom. Naprotiv, ceo kapitalistički sistem u svetu bio je uzdrman i on je zapoceo jedan novi rat da ga ponovo ucvrsti i odbrani od nadolazece socijalne revolucije. 

Ova doktrinu SAD su primenjivale više puta i na našu zemlju ali bezuspesno da bi izazivanjem bratoubilačkog gradjanskog rata 1991. konačno uspele u svojim namerama i  srušile SFRJ, pri čemu su joj išle u prilog neke naše greške i slabosti, pre svega, nebudnost i neodlucnost u  suzbijanju pojava  nacionalizma i birokratizma. Tito se celog zivota uporno borio protiv tih pojava , neprekidno upozoravajuci da one, ako uzmu maha,  mogu dovesti do novog bratoubilackog rata i raspada drzave, sto se i dogodilo posle njegove smrti.

Nacionalizam je uzrok raspada Jugoslavije a ne socijalna sfera. Koreni socijalizma su ovde duboki i jaki. Svest o uspešnosti socijalizma i njegovim prednostima nad demokratijom je prisutna kod velike vecine gradjana bivše Jugoslavije. Ona i jača jer stalno otkrivamo nove „čari“ kapitalizma. Tu svest održava i činjenica da su mnoge tekovine i rezultati socijalističke revolucije ocuvani, narocito u Srbiji : nezavisnost i samostalnost, društvena svojina, besplatno zdravstvo i obrazovanje, dobri medjunacionalni i verski odnosi na većem delu teritorije Srbije itd. Današnje Kosovo, u kome se Albanci i Srbi gledaju popreko, i nekadašnja SAPK najbolji je argument da je nepoznati novobeogradjanin bio u pravu napisavši na jednom zidu N.Beograda  „ Bravar je bio bolji“.

Zato su se SAD okomile na Srbiju i zele da je unište. U pitanju su, dakle, ideoloski razlozi,  što postaje jos jasnije posle prošlogodišnje izjave Dz.Buša da SAD vode „ najveću ideološku bitku XXI veka“. SAD vise i ne kriju svoje namere prema Srbiji i svaki dan nas „bombarduju“ novim argumentima o svom neprijateljstvu , na veliku zalost svojih obozavatelja u nasoj zemlji koji tvrde kako mi stalno  „ izmisljamo neprijatelja“ i „domace izdajnike“.


 
            

Drugovi i drugarice,

Možemo li se i kako suprostaviti nasilju sličnom onom iz 1941? I sada imamo  izbor : paktiranje i saradnja s agresorom uz  odricanja od Kosova, što zagovara dobar deo građanske elite ili  otpor - strategija koju uveliko sprovode Srbi na Kosovu.

 Nekoliko činjenica upućuju nas kao narod na otpor:

- Protiv nezavisnosti Kosova je ogromna većina Srba što je potvrdilo donošenje novog Ustava Srbije , kao i istraživanje  Strateškog marketinga i to za  račun Americke agencije za drustveni razvoj ,  iz maja 2006.Treba li jednoj vladi bolji dokaz da će je narod slediti u otporu agresoru?

- Nismo pred alternativom ratovati ili ne jer  smo vec u ratu od 1998. Pitanje je samo hoćemo li produžiti otpor ili kapitulirati.Odgovor su dali Srbi na Kosovu : “Ne nezavisnom Kosovu i po cenu naših života”( poruka sa mitinga u K.Mitrovici 17.III.2006.).Važno je shvatiti da smo u ratu i da se pitanje Kosova ne rešava na Ist Riveru već na mostu na Ibru kod K.Mitrovice.

- Pogrešno je i mišljenje da su svi Albanci separatisti i da bi se “latili oružja” u slucaju da Kosovo ne dobije nezavisnost. Naprotiv, u pomenutom  istraživanju  Strateškog marketinga veći je procenat “ ratobornih” među izbeglim Srbima ( 28) nego među Albancima (24). Izbegli Srbi  su spremni da se vrate iako znaju da je to više odlazak na front nego povratak kuci!!

-Borbena i odlučna  Srbija ima i saveznike : RF, Kina, nesvrstane zemlje. Niko neće biti saveznik metiljavom, mlakom i mlitavom partneru koji čeka da slobodu dobije “na tacni”. Naše je pravo i obaveza kao države i da stabilizujemo bezbednosno stanje na jugu Srbije, u Sandzaku i Vojvodini i da “ sabijemo rogove” tamošnjim šovinistima ali i srpskim gde god se pojave!

 - Srbija zna i ume da upravlja svojom teritorijom i svojim građanima, pa i Kosovom i Albancima i ima rešenja za to ,što je   pokazala i u praksi. 1945– 1991. kada je albanska narodnost doživela svoj ekonomski i kulturni preporod i  u većini bila zadovoljna statusom u njoj. Otuda je tvrdnja da su SAD napale SRJ 1999. jer su Albanci bili ugroženi kao nacionalnost  –laž.

 -SAD i NATO nisu više takva sila kako se prikazuju .Rat  u Avganistanu i Iraku, uragan Katrin, smanjivanje ugleda SAD u svetu  itd to dokazuju. Oni više strahuju od opravdanog gneva naroda  i gerilaca u pomenutim zemljama nego od ruskih  raketa. Svrstavajući nas  u svet nekih divljih plemena koji “ne  znaju šta je za njih dobro”, američki rasisti čine veliku grešku jer i Srbi mogu da se “ late oružja”. To im ne bi bilo prvi put! 

Osmogodisnja borba i otpor Srba na Kosovu američkim osvajačima  – obrazac  je naše strategije u ovom trenutku i nju  vlada može  primeniti bez mnogo filozofiranja na celu zemlju.  Srbija se ne sme odreći dosadašnjih rezultata i tekovina te borbe i ostaviti kosovske Srbe  na cedilu!Nisam siguran da je zvanična Srbija temeljito analizirala i ocenila to gradeći državnu  strategiju. 


Drugovi i drugarice borci,

Obeležavajući i 60 godina od formiranja SUBNOR , čiji je prvi predsednik bio J.B.Tito a sekretar A.Rankovic, opravdano je upitati : šta naša organizacija čini i može još u borbi za očuvanje celovitosti Srbije? Da li smo umorni i stari da učestvujemo u ovoj bici danas? Naš odgovor može da glasi čini mi se  ovako : nismo stari jer ostare mišice – um ne može da ostari.Naprotiv, iskustvo se stalno konstituiše u nove ideje i moguće akcije. U našim  mislima i rečima, izgovorenim i napisanim ,  ima još vatre koja može opeći!

SUBNOR je najbrojnija i najrasprostranjena društvena organizacija u Srbiji sa velikim ugledom i javnim i političkim uticajem u narodu.On je ostao dosledan u borbi za najveće tekovine NOB i revolucije: bratstvo i jedinstvo,narodna vlast ,  socijalna jednakost i pravda i nesvrstana spoljna politika. Naše mogućnosti za uticaj na donošenje odluka u društvu ,pa i na izbor onih koji ih donose, velike su i do sada nedovoljno korisćene.Mi mislimo da Srbiju danas mogu i treba da vode ljudi za koje smo sigurni da će Kosovo braniti svim sredstvima bez izuzetka  i do poslednjeg daha.

U toj strateškoj odrednici su borci Srbije jedinstveni.! Varaju se oni koji misle da su borci „digli ruke“ Kosova. Oni  su poslednji koji će odustati od borbe za Kosovo. Zna se i kada,  da to ne govorim, jer svim borcima želim zdravlje i dug život i da nas što više dočeka da narodna vojska Srbije ponovo uđe u Pristinu a KFOR se povuče tamo odakle je nezvan došao. I da u našoj vojsci, kao i novembra 1944., budu sinovi i kćeri i Srba, i Albanaca, i Bošnjaka, i Mađara, i Hrvata i svih naroda i narodnosti kojima je Srbija domovina.

Mislim da to mogu reći i za sve one koji su časno nosili uniformu JNA od 1945 do 1991 .,  braneći decenijama njene granice, slobodu i mir od svetskih razbojnika. 

Mislim da to mogu reći i za sve one koji su se pod zastavom SFRJ i SRJ borili protiv angloameričkih agresora i domaćih izdajnika 1991 – 1995 i 1998 – 1999 i pokušavali da spreče nasilno  razjedinjavanje i bratoubilački rat naših naroda i narodnosti. 

Mislim da će i sadašnja vojska Srbije naći svoje mesto u toj koloni branilaca Kosova.

9.maja 2007 Stevan Mirković

General u penziji




Washington appoggia fortemente ... lo squartamento della Serbia e la creazione di una Grande Albania che destabilizzi in maniera cronica tutta l'area balcanica ed europea, in funzione anti-UE. 
È questo che emerge dagli sviluppi delle ultime ore sulla questione dello "status" del Kosovo. Rigettando completamente le preoccupazioni espresse da molti paesi - in primis la Russia - sul progetto revanscista e neonazista di Ahtisaari, e trascurando bellamente i risultati della missione di osservatori ONU che ha soggiornato in Kosovo una settimana fa proprio allo scopo di chiarire quale sia la situazione sul terreno, gli USA, forti del sostegno acritico dei servi sciocchi europei e di una Germania che si muove ormai da vent'anni in perfetta continuità con quanto lasciato incompiuto da Bismarck ed Hitler, premono sull'acceleratore della secessione del Kosovo dalla Serbia.
(a cura di IS)


KOSOVO: SOTTOSEGRETARIO USA, INDIPENDENZA ENTRO FINE MESE


(ANSA) - ZAGABRIA, 11 MAG - Gli Stati uniti appoggiano il progetto sul futuro status del Kosovo proposto dal mediatore delle Nazioni Uniti Martti Ahtisaari e ''nelle prossime ore'' Washington ''fara' circolare tra i suoi alleati europei una proposta di risoluzione del Consiglio di sicurezza (dell'Onu) che porti all'indipendenza della regione gia' dalla fine di questo mese''. Lo ha detto oggi a Zagabria, Croazia, il sottosegretario di Stato americano Nicholas Burns ai margini della conferenza sul Processo di cooperazione nel sud-est europeo, alla quale partecipano i piu' alti dirigenti politici dei Paesi balcanici e dell'Unione europea. ''Washington appoggia fortemente l'indipendenza del Kosovo'', ha aggiunto Burns, facendo eco al cancelliere tedesco, Angela Merkel, e al presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso, che hanno ribadito l'appoggio dell'Ue al piano di Ahtisaari per un'indipendenza sorvegliata della regione. I leader politici riuniti a Zagabria hanno fatto un appello alle forze democratiche di Belgrado perche' trovino nei prossimi giorni una via per formare un governo che sappia guidare la Serbia verso un futuro europeo, e non riportarla indietro nel passato nazionalista. ''Guardiamo con attenzione e ansia la situazione a Belgrado'', ha dichiarato Merkel. Burns da sua parte si e' detto deluso dall'elezione dell'ultranazionalista radicale Tomislav Nikolic alla guida del parlamento serbo. ''Lui appartiene a un partito di criminali di guerra'', ha detto. (ANSA). COR-GV
11/05/2007 15:43 




Nel 60.esimo della strage mafiosa-fascista-statunitense di Portella della Ginestra

da G. Casarrubea e collaboratori riceviamo e volentieri segnaliamo:


1) Il Dossier per il 60° di Portella: 
STATI UNITI, EVERSIONE NERA E GUERRA AL COMUNISMO IN ITALIA 1943 - 1947

2) LETTERA APERTA A GIORGIO NAPOLITANO, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

3) Napoli 14/5: Presentazione del libro TANGO CONNECTION.
L’ORO NAZIFASCISTA, L’AMERICA LATINA E LA GUERRA AL COMUNISMO IN ITALIA 1943-1947


Giuseppe Casarrubea è uno dei massimi storici della Sicilia contemporanea. Con l’editore Sellerio ha pubblicato Intellettuali e potere in Sicilia (1983), L’Educazione mafiosa (1991) e Gabbie strette (1996). I risultati delle sue ricerche, negli ultimi anni, sono usciti per i tipi di Franco Angeli, tra il 1997 e il 2001: Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato; Fra’ Diavolo e il governo nero; Salvatore Giuliano. Morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti.  Ha curato le note al testo antologico di Nicola Tranfaglia, Come nasce la Repubblica (Bompiani, 2004). Più recenti sono Storia segreta della Sicilia. Dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra (Milano, Bompiani, 2005, collana ‘Tascabili’, pp. 350, Euro 9), Morte di un Agente Segreto (apparso con L'Unità: https://www.cnj.it/documentazione/CasarrubeaMorteAgente.pdf ) e Tango Connection (con Mario J. Cereghino : https://www.cnj.it/documentazione/CasarrubeaTango.jpg ). 

Un sintetico ed utile dossier di Casarrubea sulla figura ed i legami del Bandito Giuliano con i fascisti può essere scaricato anche dal nostro sito:

DOCUMENTI STATUNITENSI E ITALIANI SULLA BANDA GIULIANO, LA DECIMA MAS  E IL NEOFASCISMO IN SICILIA (1944 – 1947):

https://www.cnj.it/documentazione/CasarrubeaBandaGiuliano19441947.doc


=== 1 ===

----- Original Message -----
From: Giuseppe Casarrubea
Sent: Sunday, April 29, 2007 8:54 AM
Subject: per il 60° di Portella

Per il 60° di Portella non ho preparato un discorso per il pubblico e neanche un convegno. Ho lavorato in silenzio nei due anni precedenti. Per capire, per scavare, per fare anche, un lavoro che avrebbero dovuto fare gli organi inquirenti, quando le stragi del 1° maggio e del 22 giugno 1947 ebbero a consumarsi, e che non fecero. Depistarono e anche loro hanno così contribuito a consegnarsi un'Italia che avremmo voluto diversa, più democratica, più giusta, più civile.
In allegato vi trasmetto un dossier, scritto da me e da Mario J. Cereghino, dopo la consegna al nostro Editore, Bompiani,  di "Tango Connection". E' un documento tecnico di circa 40 pagine sulle stragi e sui tentativi di golpe in Italia in quel periodo (1946-1948): un lavoro che si è aggiunto a quello che avevamo già fatto e che consegnamo alla sensibilità di quanti vogliono sapere, prima che sia troppo tardi. Il dossier si può scaricare, e, qualora utilizzato, si prega di volerne citare gli autori.
G.Casarrubea
M.J.Cereghino


DOSSIER:

STATI UNITI,
EVERSIONE NERA
E GUERRA AL COMUNISMO
IN ITALIA
1943 - 1947

... SUL SITO CNJ: 
https://www.cnj.it/documentazione/CasarrubeaCereghino19431947.pdf

... oppure:



=== 2 ===

From: "Mario Jose' Cereghino" 
Sent: Friday, May 04, 2007 11:09 AM
Subject: Lettera aperta al Presidente della Repubblica


Cari amici,
vi inviamo il testo della nostra lettera aperta al Presidente della
Repubblica, pubblicata oggi (4 maggio 2007) dal quotidiano 'l'Unità',
assieme a un commento del giornalista Vincenzo Vasile.

Cordiali saluti.
M. J. Cereghino e G. Casarrubea, autori del volume 'Tango Connection'
(Bompiani) e del dossier 'Stati Uniti, eversione nera e guerra al comunismo
in Italia 1943 - 1947'.


LETTERA APERTA A GIORGIO NAPOLITANO, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA


Signor Presidente,
abbiamo commemorato quest’anno il 60° anniversario della strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947), un eccidio che ha pesantemente condizionato l’evoluzione democratica del nostro Paese.
In occasione di questa ricorrenza abbiamo scritto un volume e un dossier.
Il nostro lavoro è consistito nell’allargare l’ambito dei fatti stragistici del 1947 a un arco temporale che va dal 1946 (strage di Alia, 22 settembre) fino agli assassinii di Epifanio Li Puma, segretario della Camera del Lavoro di Petralia Soprana (2 marzo 1948), Placido Rizzotto, segretario della Camera del Lavoro di Corleone (10 marzo 1948) e Calogero Cangelosi, segretario della Camera del Lavoro di Camporeale (2 aprile 1948).  
Questi crimini sono unificati da un disegno eversivo teso a decapitare il processo democratico e partecipativo che inizia con la lotta di Resistenza delle forze antifasciste. 
La nostra indagine evidenzia come il governo degli Stati Uniti d’America, tramite il Comando militare e i Servizi segreti operanti in Italia, abbia determinato  una serie di meccanismi golpisti per bloccare la costruzione della giovane democrazia italiana. 
I nuovi elementi di documentazione archivista in nostro possesso sono tali da fare ritenere  insufficienti i dati emersi nei processi penali seguiti alle stragi di Portella della Ginestra e di Partinico (assalti alle Camere del Lavoro della provincia di Palermo, 22 giugno 1947). 
Le chiediamo pertanto di voler esercitare il Suo potere di influenza e di impulso per: 1) la riapertura delle indagini giudiziarie su quei diciotto mesi della nostra storia. Alcuni dei mandanti e degli esecutori di quei delitti potrebbero essere ancora in vita e rispondere dei loro atti criminali; 2) la desecretazione degli atti ufficiali riguardanti le stragi e i delitti sopra citati, e in particolar modo quelli dell’Arma dei Carabinieri e dei ministeri dell’Interno, della Difesa e degli Affari Esteri; 3) ogni passo diplomatico nei confronti del governo degli Stati Uniti d’America onde valutare la gravità delle informazioni contenute nei dispacci dei Servizi di sicurezza britannici (desecretati nel gennaio 2006) in rapporto all’assistenza statunitense alle attività terroristiche del neofascismo in Italia negli anni 1946 e 1947. 
Solo attraverso la comprensione piena di quel periodo sarà possibile fare finalmente luce sui troppi misteri che hanno caratterizzato la storia italiana degli anni Quaranta e dei decenni successivi.

Con deferenza,
Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino
Archivio Giuseppe Casarrubea
Via Catania 3 - 90047 Partinico (Palermo).

1° maggio 2007


=== 3 ===

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI


Palazzo Serra di Cassano
Napoli – Via Monte di Dio, 14


Presentazione del libro



TANGO CONNECTION
L’ORO NAZIFASCISTA, L’AMERICA LATINA
E LA GUERRA AL COMUNISMO IN ITALIA
1943-1947

di Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino

Bompiani 2007


14 maggio 2007
ore 17,00



Ernesto Burgio (Vicepresidente comitato scientifico ISDE Italia)
On. Nicola Tranfaglia (Partito dei Comunisti Italiani)
Giuseppe Casarrubea (Autore)
Vincenzo Vasile (Giornalista dell’Unità)




Un Ponte per... Jasenovac

Mostra fotografica dal 28 Maggio all' 8 Giugno
Casa della pace della Provincia di Milano - Milano.

Jasenovac. Sulle rive del fiume Sava. A un centinaio di kilometri a
sud-est di Zagabria. Nome che sta a indicare in lingua serbocroata
"bosco di frassini" , il luogo in cui vennero commessi i crimini più
efferati da parte del regime croato degli ustascia (ustase=insorti)
con a capo il Poglavnik/Fuherer Ante Pavelic che appoggiò le potenze
dell'Asse durante la seconda guerra mondiale. Il luogo in cui
morirono tra le 500 e 700 mila persone, in prevalenza serbi
ortodossi, Rom, ebrei e croati dissidenti al regime di Pavelic.

La mostra fotografica è stata realizzata da MOST ZA BEOGRAD - UN
PONTE PER BELGRADO IN TERRA DI BARI - Associazione culturale e di
solidarietà con la popolazione jugoslava su foto e testi forniti dal
MUSEO DELLE VITTIME DEL GENOCIDIO DI BELGRADO e tradotti con la
collaborazione della cattedra di serbo-croato dell'Università di Bari
di cui è titolare la prof. Svetlana Stipcevic.

A Milano la mostra è stata organizata dall'associazione "Un Ponte
per..." insieme al Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia e ad
Opera Nomadi e con il contributo della Provincia di Milano, ed essa
vuole illuminare la memoria comune su una pagina buia della nostra
storia.
Gli scatti sui volti di numerosi bambini e bambine forniti dal Museo
delle vittime del genocidio di Belgrado testimoniano i vuoti,
l'assenza, l'innocenza portata via dalle nefandezze e dalla cieca
brutalità della dittatura e della guerra. Jasenovac è il segreto
oscuro dell'Olocausto. Noi, dopo 60 anni, questo tabù lo vorremo
svelare. Le vittime di Jasenovac ce lo chiedono.

Il 28 Maggio alle ore 18 inaugurazione della mostra:

Jasenovac.Tomba di 19432 bambini e bambine.

Apertura dei lavori alla presenza degli Assessori provinciali Irma
Dioli, Francesca Corso, Giansandro Barzaghi.

Interverranno:
Andrea Catone (Most Za Beograd Bari ),
Jovan Mirkovic (Museo del genocidio di Belgrado),
Giuseppe Zaccaria (giornalista de "La Stampa" ),
Maurizio Pagani (Opera Nomadi).
Coordina:
Jasmina Radivojevic (Un Ponte per ...)

Al termine degli interventi l'attrice Dijana Pavlovic leggerà la
poesia "La Foiba" di Ivan Goran Kovacic accompagnata dal musicista
Jovica Jovic .

La mostra si potrà visitare:

dal 28 Maggio all'8 Giugno
presso la Casa della Pace della Provincia di Milano
via Ulisse Dini 7, Milano.


PER CONTATTI:

milano @ unponteper.it
Rochi Febo Dommarco
348-2284620
Jasmina Radivojevic
339-6950876


SULLE PRECEDENTI ESPOSIZIONI DI QUESTA MOSTRA:

https://www.cnj.it/INIZIATIVE/jasenovac_most.htm

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5411

L'UOMO GIUSTO PER COMMEMORARE WOJTYLA


ANTIFASCISTI VS THOMPSON - Il concerto della star croata Marko
Perkovic, in arte Thompson, noto simpatizzante del movimento
filonazista degli ustascia, è stato cancellato dagli organizzatori,
la Società di carità cattolica croata (Hkdd), dopo le proteste della
comunità ebraica, di autorità cittadine, delle associazioni
antifasciste, di veterani di guerra musulmani e di alcune istituzioni
della Chiesa. Il concerto di Thompson, previsto ieri a Sarajevo, era
organizzato per ricordare la visita di Giovanni Paolo II dieci anni
fa in Bosnia. (FONTE: Il Manifesto, 11/5/2007 - http://
www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/11-Maggio-2007/art82.html )

Sulla figura del rocckettaro nazista Thomson vedi anche:

NAZISTI ROCK
http://www.exju.org/comments/640_0_1_0_C/
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3186


Per il ventisettesimo anniversario della morte di Tito, segnaliamo:


1) Djordje Balasevic, "Triput sam video Tita" ("Ho visto tre volte Tito")

La canzone e le splendide immagini d'epoca al sito:

http://youtube.com/watch?v=E2N-WUeHwRo



Archivio di documenti di e su Josip Broz


3) www.radioyu.org - 04. maj 2007. 12:46

27 godina od smrti Josipa Broza

Na današnji dan 1980. godine umro je predsednik bivše SFRJ Josip Broz Tito. Povodom 27 godina od Titove smrti, stotine njegovih poštovalaca položilo je vence i cveće u Kuću cveća. Osim građjana Srbije, Titov grob je posetilo desetine Slovenaca, Hrvata, Makedonaca i gradjana ostalih bivših jugoslovenskih republika. Doživotni predsednik SFRJ Josip Broz Tito vladao je Jugoslavijom 35 godina.

                                                                        27 anni dalla morte di Josip Broz Tito

Il 4 maggio del 1980 moriva il presidente della RSFJ, Josip Broz Tito. Nel 27-simo anniversario della sua morte, centinaia di persone hanno deposto dei fiori sulla sua tomba alla Casa dei Fiori a Belgrado. La tomba hanno visitato oltreche' i cittadini serbi, anche decine e decine di sloveni, croati, macedoni e cittadini delle altre ex Repubbliche jugoslave. Il presidente Tito ha governato il paese ininterrottamente per 35 anni. 



"I popoli che non sono in grado di imparare dalla storia sono condannati a ripeterla"





Italiano uccide "per errore" bimba polacca. Da Jon Cazacu, alla piccola Karolina, l'informazione razzista in Italia

 


Storia di ordinario razzismo informativo: un italiano spara e ammazza bambina polacca di cinque anni per futili motivi. Per la magistratura è "omicidio premeditato", ma La Repubblica è subito innocentista: "è stato un errore".
A voler credere alla Repubblica voleva ammazzare il padre e ha ammazzato la bambina. Siccome è italiano dobbiamo credergli, lo sanno tutti: "italiani brava gente". Anzi, lo sappiamo tutti, noi italiani, perché questa storia degli "italiani brava gente" ce la cantiamo e suoniamo tra di noi.

In memoria di Jon Cazacu e Jerry Esslan Masslo

Su La Repubblica -dove la notizia è già scesa al terzo o quarto livello- i toni sono immediatamente tranquillizzanti. Il caso non è grave, la bambina è stata uccisa per errore, strilla fin dal titolo. Fuoco amico? Come fa la Repubblica ad avere già un quadro così preciso a poche ore dal crimine? Hanno già letto la sentenza? L'hanno già assolto? E' italiano, è dei nostri... La magistratura, smentendo la sentenza assolutoria di Repubblica ha incriminato per omicidio premeditato. 

Del resto (si guardi l'aberrante testo nell'immagine tratta da Repubblica online) all'assassino italiano giravano le palle, era nervoso, aveva litigato con dei polacchi (gran rompipalle). E poi, grande esempio di civismo (individuato e braccato dalla polizia), nel corso della notte si è costituito. Del resto se muore una bimba straniera la notizia ha allarme sociale pari a zero, e chi è senza peccato scagli la prima pietra e chiunque osa fare commenti o speculare è un provocatore, sembra dire Repubblica (e tutti i giornali e telegiornali ben poco solidali con la piccola Karolina) che hanno già risolto il caso: uno sfortunato incidente. 

Del resto, che l'assassinio della piccola Karolina sia stato un errore lo conferma il fatto che la bambina è stata uccisa con un colpo di pistola, un oggetto notoriamente atto a ripararsi dalla pioggia e senz'altro non atto ad offendere.

Niente a che vedere con il caso di Vanessa Russo a Roma. La ragazza italiana è stata uccisa da due puttane romene con un ombrello, arma da guerra che gli extracomunitari (e se vi dicono che la Romania è nell'Unione Europea non credetegli, basta guardare le facce!), notoriamente utilizzano per dare la morte agli italiani. 

In questo caso la versione dell'assassina, una lite che avallerebbe la preterintenzionalità del gesto, viene respinta con sdegno. E' rumena e fa la puttana e se è uscita con l'ombrello quella mattina è stato sicuramente per uccidere.

Ai funerali della povera Vanessa, il parroco parla di perdono e viene zittito sull'altare. L'Osservatore Romano, si sa, osservava altrove e non rileva. Iersera a Otto e mezzo il parroco ha anche lamentato di come dopo il funerale alcuni partecipanti si siano lasciati andare a vari danneggiamenti, marciapiedi divelti. Giuliano Ferrara l'ha di nuovo zittito: sono esuberanze normali di un popolo ferito, come fate a non capire, che vuoi che sia l'arredo urbano di fronte alla morte di una ragazza... In altri casi lo stesso Ferrara ha sostenuto che rompere una vetrina o fischiare un politico erano atti di terrorismo, ma forse ricordo male.

Ma non ricordo male, anzi ricordo benissimo il caso di Jon Cazacu e se voglio ricordo anche quello di Jerry Esslan Masslo, Villa Literno 1989. La memoria è un brutto vizio del mestiere.

Era rifugiato politico in Italia, Jerry, sfuggendo all'apartheid. Fu ammazzato perché era nero dopo essersi spezzato la schiena a 1.000 lire per una cassa di pomodori. Qualche giorno prima aveva denunciato al TG2: «il mio vero problema, quello che ho sperimentato in Sudafrica non voglio viverlo in Italia. Nessun nero, nessun africano dimentica cosa sia il razzismo e io lo sto sperimentando qui». In Italia.

Era il 2000, e Jon era un ingegnere rumeno che lavorava da piastrellista nella ricchissima Gallarate, dove la Lega ha il 40% e tra AN e FI raccolgono un altro 40%. A Gallarate Ion faceva il piastrellista, in nero. Chiese di essere regolarizzato. Il suo datore di lavoro andò a casa di Ion. Portò con sé una tanica di benzina, entrò, lo cosparse di benzina e gli diede fuoco. Prima che Jon potesse stupirsi di cosa sono capaci gli italiani brava gente, il 90% del suo corpo si coprì di ustioni. Morì dopo un mese di atroci sofferenze.

Sabatino Annecchiarico, giornalista e militante per i diritti dei migranti, seguì per Migranews il caso, seguito distrattamente e con insofferenza (come ti sbagli?) dai media tradizionali. L'assassino fu condannato a 30 anni (potenza del rito abbreviato) sia in primo che in secondo grado. Del resto i fatti erano andati in maniera così evidentemente criminale che a nessun giudice poteva venire in mente una sentenza diversa. Giustizia era fatta?

L'assassino di Jon era italiano e non fu mai abbandonato dalla solidarietà della Lega Nord. Questa, al governo, pressò tanto finché non trovò la maniera di fare annullare la sentenza dalla Cassazione nell'indifferenza dei nostri media. C'era "carenza di motivazione" (sic!), non era sufficientemente dimostrata la volontà di uccidere. Non lambiccatevi il cervello, è inutile capire.

L'ultima offesa alla memoria di Jon arrivò con la sentenza definitiva. Accolta la tesi difensiva la pena venne dimezzata: 16 anni. Cospargere di benzina e dare fuoco ad un lavoratore che ha diritto di essere messo in regola non fu più ritenuto un motivo abbietto, e quindi furono concesse ulteriori attenuanti all'assassino. Intanto, in quelle stesse settimane, si approvava la Bossi-Fini.

Con la buona condotta e la Lega che non smette di solidarizzare, tra un paio d'anni al massimo -calcola Annecchiarico- sarà fuori. La giustizia per Jon non arrivò mai più, piuttosto arrivò l'indifferenza. Nicoleta, la vedova, e Alina e Florina, le figlie, dissero ad Annecchiarico: «Una parte della gente lo sa e fa finta di non saperlo. Pensa: se non è capitato a me, va bene così -dice Nicoletta Cazacu- altre persone non lo sanno, ma tutte hanno qualcosa in comune: l’indifferenza. Quell’indifferenza che uccide e uccide soprattutto noi stessi». Anche gli italiani.




https://www.cnj.it/INIZIATIVE/milano100507.htm


Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia
agenzia/libreria Cafevoyage
Negozio civico CHIAMAMILANO


vi invitano


giovedì 10 maggio 2007
alle 20,30


a una serata presso il
Negozio Civico CHIAMAMILANO


SERBIA
una cultura, una società, un progetto

La serata vedrà la partecipazione del Consolato Generale della
Repubblica Serba a Milano, del titolare dell'agenzia viaggi/libreria
Cafevoyage, del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia e di un
professore dell'Università degli Studi di Milano che svolgerà una
breve relazione sugli eventi che più hanno influito sulla storia di
questo paese e sugli aspetti più significativi della sua cultura.
L'evento sarà animato da musica balcanica dal vivo.


# a causa dei posti limitati in sala
è gradita la conferma della propria presenza
da comunicare agli organizzatori #


IL PROGRAMMA, I RIFERIMENTI, I DETTAGLI E LA LOCANDINA
sul nostro sito:

https://www.cnj.it/INIZIATIVE/milano100507.htm

VIA BILL CLINTON



1.5.2007 14:56 - Nel quartiere Dardanija a Pristina, ieri sera
intorno alle ore 21 è esplosa una bomba, ed è rimasta lievemente
ferita una persona, ha comunicato il Servizio di polizia kosovaro. La
costruzione esplosiva, come ha riportato la Radio televisione di
Serbia, è stata piazzata proprio davanti alla porta d’ingresso
dell’appartamento di un poliziotto, in via Bill Clinton (SIC). La
polizia ha arrestato una persona sospetta, viene riportato nel
comunicato.

Fonte: http://www.radioyu.org/
N.B. Soltanto i miserabili plaudono a chi li ha bombardati!
(A cura di Ivan per il CNJ)


www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 19-04-07 

da: www.pcpe.es , mailto://qboix@...
 
Intervista ad Aleka Papariga, Segretaria generale del Partito Comunista di Grecia (KKE)

 

“Unidad y Lucha”, giornale del Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE)

 

10 aprile 2007

 

Il PCPE, nel suo lavoro di rafforzamento delle relazioni internazionali tra Partiti Comunisti, inizia a pubblicare in “Unidad y Lucha” una serie di interviste a dirigenti dei PC fratelli.

 

Aleka Papariga. Innanzitutto una breve sintesi della storia del KKE, per permettere ai lettori di capire la lotta attuale dei comunisti greci.

 

Il KKE venne fondato il 17 novembre 1918. L’anno prossimo verrà celebrato il 90° anniversario della sua fondazione.

 

Il KKE ha patito molte persecuzioni e sofferenze. Per molti decenni ha operato nell’illegalità e ha lottato nella clandestinità. Ma è sempre stato presente nelle grandi lotte del popolo greco, prima, durante e dopo la II Guerra Mondiale. Ha partecipato insieme alla grande maggioranza del popolo alla lotta contro il fascismo e l’occupazione tedesca tra il 1940 e il 1944, ma ha anche lottato orgogliosamente contro il nuovo intervento dell’imperialismo britannico e nordamericano in Grecia tra il 1945 e il 1949, che ha portato alla sconfitta dell’Esercito Democratico. Si è posto all’avanguardia della lotta durante tutti gli anni dell’illegalità e della lotta contro la dittatura fino al 1974, quando ha ottenuto il diritto di operare legalmente. Da allora, nel corso degli ultimi 33 anni, ha lottato instancabilmente per gli interessi del popolo e della gioventù.

 

Migliaia di suoi quadri e membri sono stati assassinati, incarcerati, esiliati e torturati in questi 90 anni. Per questo è impresso nelle nostre menti: non cederemo di fronte alle tante pressioni a cui siamo sottoposti, come non lo abbiamo fatto in tanti decenni. La giustizia è dalla parte della classe lavoratrice. E questa giustizia trionferà.

 

Dal momento della sua fondazione, il KKE è sempre stato un partito profondamente patriottico, ma allo stesso tempo profondamente internazionalista. Come cerchiamo di stare in prima linea nelle lotte a sostegno degli interessi del popolo del nostro paese, così vogliamo stare in prima linea nel compimento dei nostri doveri internazionalisti di solidarietà e amicizia nei confronti della classe operaia e dei popoli di tutto il mondo.

 

Quali sono i principali obiettivi che si pone il KKE per il XXI Secolo?

 

Il KKE deve corrispondere sempre più alla ragione della sua esistenza come Partito Comunista. Deve diventare più forte, lottando per gli interessi del popolo, e contribuendo a creare le condizioni necessarie per una grande Alleanza popolare, un Fronte di forze politiche e sociali per il Potere Popolare, l’Economia Popolare, per il Socialismo.

 

Il KKE trae lezioni dai suoi lunghi anni di esperienza, studia tanto le lezioni positive quanto quelle negative della sua difficile, gigantesca lotta per giorni migliori per il nostro popolo e il nostro paese.

 

Quali sono le ripercussioni delle decisioni dell’UE per la classe operaia e i contadini del suo paese?

 

Si sono avute conseguenze sfavorevoli a tutti i livelli per tutti i settori popolari del nostro paese. Per la classe lavoratrice, c’è stato un cambiamento totale nelle relazioni sindacali e nella stabilità della giornata di lavoro; sono state assunte ulteriori misure di austerità per realizzare gli obiettivi dell’ “unificazione europea”, tagli nei diritti alla sicurezza sociale, cambiamenti sfavorevoli nel sistema pensionistico e in campo sanitario, educativo, ecc. Siamo stati testimoni anche dell’eliminazione su larga scala dei piccoli e medi contadini e della concentrazione della terra nella sempre più ridotta cerchia dei moderni proprietari terrieri. Assistiamo ad una sempre maggiore limitazione dei diritti democratici; abbiamo misure poliziesche e repressive, mentre i governi greci applicano le decisioni dell’Unione Europea. Oggi l’Unione Europea è un’Unione capitalista. L’Unione Europea non è l’Unione dei popoli, appartiene ai monopoli e alle corporazioni multinazionali. Il KKE sogna e lotta per un’Europa unita, pacifica, socialista.

 

Qual è il vostro giudizio sull’ampliamento dell’UE?

 

L’ampliamento dell’UE non si realizza nell’interesse dei popoli. Né dei popoli degli stati già membri dell’UE, né di quelli degli stati che sono appena entrati. L’ampliamento è funzionale agli interessi del grande capitale, favorendo il controllo di nuovi mercati, la ricerca di nuove fonti di forza lavoro a basso costo e il saccheggio della ricchezza dei paesi membri da parte degli stati capitalisti più potenti. Come il KKE si è opposto all’entrata della Grecia nell’UE, con la stessa coerenza si oppone all’entrata di nuovi paesi.

 

Qual è la vostra opinione in merito al Partito della Sinistra Europea?

 

Generalmente, i partiti europei sono raggruppamenti creati dall’UE del capitale e delle multinazionali. Il Partito della Sinistra Europea, nella pratica, non può sottrarsi agli orientamenti dettati dall’UE. A nostro giudizio, rappresenta un tentativo di dividere il movimento comunista e la sinistra. Le pratiche utilizzate sono pratiche di controllo, emarginazione e separazione all’interno del movimento, promosse principalmente da alcuni partiti di paesi che sono alla testa dell’unificazione capitalista europea.

 

In realtà, il Partito della Sinistra Europea cerca di sostituire ed eliminare i partiti nazionali esistenti. Cosa molto diversa è la necessità di cooperare quando si presentano tanti fronti di lotta. Senza dubbio, questa cooperazione su basi solide, permanenti e nel rispetto della sovranità, potrebbe realizzarsi benissimo e correttamente senza l’esistenza di, o in opposizione a partiti come il Partito della Sinistra Europea.

 

Quali sono i principali movimenti di massa in Grecia, compresi quelli della gioventù? E qual è l’influenza del KKE in questi movimenti?

 

Il movimento sindacale gioca un ruolo primario. Oggi, le forze riformiste hanno la maggioranza nella Confederazione Generale dei Lavoratori Greci. In questa confederazione, il rapporto di forze è il seguente: Comunisti 23%, Socialdemocratici 46%, Conservatori 26% e Synaspismos (partito membro della Sinistra Europea) 5%. Allo stesso tempo, un ruolo significativo nello sviluppo del movimento di classe dei lavoratori lo svolge il PAME (Fronte Militante di Tutti i Lavoratori), che è membro dell’OIL e raggruppa nelle sue file decine di federazioni di categoria, centinaia di sezioni sindacali e di rappresentativi sindacalisti, e in cui anche i comunisti operano e organizzano grandi manifestazioni popolari.

 

Ci sono forze significative del KKE tra la popolazione rurale, nelle associazioni contadine e nel movimento radicale del PASV (Coalizione Militante di Tutti i Contadini). I comunisti operano anche nell’EEDYE (Comitato Greco per la Distensione Internazionale e la Pace), che è membro del Consiglio Mondiale della Pace e organizza grandi manifestazioni antimperialiste; nell’Alleanza Democratica per i Diritti e le Libertà del Popolo; nella Federazione delle Donne Greche (OGE); nell’EEDDA (Comitato Greco per la Solidarietà Internazionale Democratica), ecc.

 

Tra i giovani, il nostro partito e il KNE (Gioventù Comunista di Grecia) operano in tutti i luoghi in cui i giovani sono presenti e, in particolare, tra gli studenti.

 

Quest’anno, per molti mesi, siamo stati all’avanguardia di un grande movimento studentesco contro la legislazione proposta dal governo in materia educativa.

 

Come giudicate la realtà politica del Medio Oriente?

 

Il Medio Oriente è un’area cruciale. Non dimentichiamo le sue grandi riserve energetiche (petrolio, gas naturale, ricchezze minerali). Per questo, si trova nel vortice del nuovo ordine imperialista mondiale e della competizione tra potenti stati capitalistici. Gli USA, l’UE e la Russia, ed altre grandi potenze, competono tra loro per controllarlo. Il piano per la cosiddetta “democratizzazione del Medio Oriente” è un piano imperialista che costituisce una minaccia per i popoli della regione, e implica conflitti civili, guerre, regimi fantocci e governi controllati dall’imperialismo. Le tattiche aggressive di Israele, che sfociano nelle operazioni militari contro i palestinesi e il popolo del Libano, l’occupazione continua dell’Iraq e gli scenari di una sua spartizione, i piani di aggressione contro l’Iran e molti altri sono parte di questo progetto.

 

Le condizioni per qualsiasi soluzione sono la creazione di uno Stato Palestinese indipendente, sovrano e vivibile, il ritiro di tutte le forze di occupazione dall’Iraq e il rispetto del diritto del popolo del Libano di decidere sulla politica del proprio paese senza interventi. Nessun paese, nessuna “organizzazione internazionale” è legittimata ad intervenire o a determinare il corso dello sviluppo che un popolo desidera per il proprio paese.

 

Quale è la vostra opinione rispetto all’imperialismo oggi?

 

L’imperialismo, in quanto stadio superiore del capitalismo, sta diventando sempre più aggressivo e barbaro: a livello delle politiche interne in ogni paese, con l’intensificazione dello sfruttamento della classe lavoratrice e degli altri settori popolari e con la restrizione dei diritti e delle libertà democratici, e in ambito internazionale, con l’acutizzazione dell’ingerenza per la distribuzione dei mercati e delle zone di influenza, per il controllo delle risorse naturali, con lo scatenamento di guerre e conflitti imperialisti e la modifica delle frontiere. Per questo, la lotta contro il sistema imperialista deve essere rafforzata in tutti i luoghi.

 

Come giudicate i progressi ottenuti nel coordinamento dei rivoluzionari: situazione attuale, previsioni, proposte, ecc.?

 

In primo luogo, consideriamo positivo che forme di azione comune e di scambio di punti di vista si siano realizzati a livello internazionale e regionale tra partiti comunisti e operai. Diamo un giudizio molto positivo degli Incontri Internazionali dei Partiti Comunisti e Operai che hanno avuto inizio nove anni fa ad Atene per iniziativa del KKE e che continuano a svolgersi. L’anno scorso, l’Incontro Internazionale è stato organizzato dal PC Portoghese a Lisbona, mentre quest’anno sarà organizzato a Minsk dal Partito Comunista di Bielorussia e dal Partito Comunista della Federazione Russa. Crediamo che tali incontri debbano essere approfonditi e continuare. Consideriamo pure importanti gli incontri tra i partiti comunisti del Medio Oriente e del Mediterraneo Orientale, gli incontri dei Balcani, gli incontri europei e gli incontri che si realizzano in altri continenti. Questo processo deve continuare, approfondirsi e concludersi in ciò su cui siamo d’accordo: con azioni comuni.

 

Allo stesso tempo, consideriamo essenziale cominciare a discutere temi strategici nel Movimento Comunista Internazionale. L’imperialismo ha una sola strategia globale che applica in ogni regione. Lo stesso avviene con i partiti che appoggiano l’imperialismo, come i conservatori, i neoliberali e i socialdemocratici. Disgraziatamente, noi comunisti siamo gli unici a non essere ancora stati in grado di formulare una strategia di fondo di lotta contro l’imperialismo e per il socialismo.

 

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare




Nazi-europeismo: Estonia!


0) LINK

1) Estonia: prove generali di fascismo in Europa?
(contiene ulteriori LINK)

2) Estonia, guerriglia ubana a Tallinn per il monumento dell'Armata Rossa

3) Estonia: ecco perchè bisogna sostenere la lotta della minoranza russa
(di Yuri Colombo)

4) Un’analisi delle ragioni della rivolta antifascista in Estonia
Andrey Areshev

5) Le autorita' estoni sulle SS: "Questa e' gente che merita onore"
06.05.2006



=== 0 === LINK ===


# Le immagini della sanguinosa repressione di Tallin



# da Resistenze.org : Estonia

Prove generali di fascismo in Europa?
(vedi anche PIÙ SOTTO al punto 1)

Un’analisi delle ragioni della rivolta antifascista
(vedi anche PIÙ SOTTO al punto 4)

Il sito degli antifascisti estoni

Oggi come ieri lotta antifascista (video)


# DOSSIER: C'è del marcio in Estonia. 
Rigurgiti neonazisti e apartheid in un paese dell'Unione Europea


Contiene:

ESTONIA: Tra integrazione europea e “apartheid”(scheda)
di Mauro Gemma

Estonia: "SS" di tutto il mondo, unitevi 
di Carlo Benedetti

La commissione per i diritti umani dell’ONU condanna Estonia e Lettonia per la riabilitazione del passato nazista

Il parlamento dell’Estonia potrebbe riconoscere gli ex appartenenti alle SS

Estonia. Sovvenzione del governo ad un museo che espone un monumento ai soldati SS

Estonia: ecco perchè bisogna sostenere la lotta della minoranza russa
di Yuri Colombo
(vedi anche PIÙ SOTTO al punto 2)



# DALL'ARCHIVIO DI JUGOINFO:


LE REPUBBLICHE BALTICHE EX SOVIETICHE TRA INTEGRAZIONE EUROPEA E “APARTHEID”
a cura di Mauro Gemma - January 14, 2004 

Neonazismo di Stato in Lettonia ed Estonia
April 20, 2004 

Nazi collaborator memorials protested (Aug. 26, 2004)
August 28, 2004 

J. Tkalec: Padri e figli
October 12, 2004 

8 MAI EN ESTONIE (UE): LA FETE POUR LES SS NAZIS
April 27, 2005 

Detrás de la condena al comunismo, el renacimiento del fascismo
December 29, 2005 

Sulla riabilitazione del nazifascismo in Europa
March 8, 2007 



# EN FRANCAIS:

Des responsables estoniens envisagent d’inaugurer un monument aux anciens « SS »
(24 FÉVRIER 2005)




# CASTELLANO:

Las autoridades de Estonia piensan inaugurar un monumento a la memoria de los SS nazis
(14 DE MARZO DE 2005)




=== 1 ===

http://www.resistenze.org/sito/te/po/es/poes7e01.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - estonia - 01-05-07

Estonia: prove generali di fascismo in Europa?


Sono anni che il nostro sito segue con preoccupazione l’evoluzione della situazione politica nei paesi baltici, denunciando le frequenti violazioni dei diritti umani e civili – addirittura l’esistenza di un autentico regime di apartheid nei confronti delle rilevanti minoranze nazionali -, il precario stato delle libertà democratiche, che, ad esempio, ha costretto i comunisti a condizioni di illegalità o semilegalità, e gli spaventosi rigurgiti del nazismo, che è riuscito ad ottenere spesso legittimazione da parte dei governi di questi paesi.

Ciononostante e colpevolmente (dal momento che tutto ciò era ben noto a chi amministra il nostro continente), nessuno (o quasi), anche a costo di incrinare i rapporti con la Russia, ha sollevato la minima obiezione, quando questi paesi sono stati accolti nella NATO e nell’Unione Europea.

Dobbiamo purtroppo constatare che anche oggi, all’indomani dei tragici fatti di Tallin, culminati nella sanguinosa repressione (ufficialmente un morto e decine di feriti, anche gravi) di un movimento antifascista con caratteristiche di massa, pur di fronte ad una delle più vergognose manifestazioni di “revisionismo storico”, all’oltraggio verso i combattenti del paese che più ha contribuito alla liberazione dell’Europa dal flagello del fascismo, ben poche, nell’intero continente, sono state le voci che hanno sentito il dovere di esprimere la propria indignazione. Al contrario, le vere e proprie “prove generali” dei processi di fascistizzazione che caratterizzano ormai molte realtà in Europa sembrano addirittura approfittare dell’indifferenza della nostra opinione pubblica.

Per parte nostra, ci impegneremo a dare il nostro contributo alla coraggiosa battaglia degli antifascisti dei paesi baltici, continuando ad assicurare anche in futuro – quando, ne siamo purtroppo convinti, si farà di tutto per cancellare il ricordo delle ultime tragiche giornate di Tallin - una doverosa e adeguata copertura informativa.

Per il momento proponiamo il commento di un esperto - esemplare delle reazioni russe a quanto è avvenuto in Estonia - apparso in un autorevole sito dedicato all’analisi delle questioni geostrategiche.

La redazione di “Resistenze.org”


di seguito alcuni materiali di approfondimento:


Schede informative sui paesi baltici

Estonia

Lettonia

Lituania


Estonia

Un’analisi delle ragioni della rivolta antifascista

L’ONU condanna Estonia e Lettonia per la riabilitazione del passato nazista

Sempre più filonazisti e xenofobi


Sullo stato delle libertà democratiche, sulle persecuzioni anticomuniste e sulla rinascita del fascismo

Contro la repressione anticomunista nei paesi U.E.

Cancellata definitivamente la festa della vittoria sul nazifascismo

Caccia alle streghe contro un osservatore al Parlamento europeo

Contro la ricomparsa del nazi-fascismo negli Stati Baltici

I veterani delle SS marciano a Riga

La vita di Mikolas Burakiavitsious è in pericolo!


Sull’allargamento dell’Unione Europea ai paesi baltici

La Duma sull’allargamento dell’Unione Europea


Sui fenomeni di discriminazione etnica e linguistica

La minoranza russa si mobilita per i suoi diritti



=== 2 ===



Un morto e 56 feriti negli scontri che hanno seguito la decisione di rimuovere la statua che ricorda la liberazione dai nazisti ad opera dei soldati russi

Estonia, guerriglia ubana a Tallinn
per il monumento dell'Armata Rossa

TALLIN - E' rivolta a Tallinn, la capitale dell'Estonia, per il piano di rimozione della statua al soldato dell'armata rossa dal centro della città. Gli scontri che hanno ridotto le vie del centro a un teatro di guerriglia urbana hanno anche fatto una vittima.

La pietra dello scandalo è il monumento che ricorda la feroce battaglia per la liberazione di Tallin dall'occupazione nazista. Nel parco Tionismagi, sotto la statua di bronzo alta un paio di metri, sono sepolti in una fossa comune i resti dei soldati dell'armata rossa. Ma nel tempo è diventato per gli estoni simbolo di 50 anni di occupazione sovietica, mentre è sempre stato motivo di orgoglio per la minoranza russa: circa 300mila dell'1,3 milioni di abitanti della capitale.

Proprio i russi sono scesi in piazza contro la rimozione della statua che, secondo le autorità, era diventata un problema di ordine pubblico. Tutta l'area in cui sorge il monumento è stata recintata, ma quando le scavatici sono entrate in azione per riesumare i corpi dei soldati dell'armata rossa e trasferirli in un cimitero, sono scoppiati i disordini, che sono andati avanti per tutta la notte.

La questione del monumento ha reso difficili i rapporti tra la Russia e l'Estonia. Sia il Senato che la Duma di Mosca hanno preso posizione e molti deputati hanno chiesto che il governo Putin prenda "severi provvedimenti". Si parla di un boicottaggio economico.

Un centinaio di negozi sono stati saccheggiati e distrutti e 500 agenti fatti intervenire per sedare gli scontri hanno fermato 44 persone. Un manifestante è stato accoltellato a morte durante una rissa. I lavori per la riesumazione dei corpi sono stati interrotti, ma la rimozione della statua - che ora si trova in un commissariato - è stata completata.

(27 aprile 2007)


=== 3 ===



C'è del marcio in Estonia 
Rigurgiti neonazisti e apartheid in un paese dell'Unione Europea

Estonia: ecco perchè bisogna sostenere la lotta della minoranza russa

di Yuri Colombo *

In questi ultimi tre giorni Tallin, capitale dell'Estonia, è stata sconvolta da duri scontri tra la minoranza russa e la polizia e la maggioranza estone dall'altra. Il motivo scatenante è stato il tentativo di rimozione da parte delle autorità del reazionario governo di Tallin sia la statua che ricorda il sacrificio dell'Armata Rossa per sconfiggere l'esercito nazista, sia quello di rimuovere i resti dei caduti sepolti sotto la statua. Giovani estoni di origine russa si sono scontrati con la polizia, eretto barricate, devastato il centro cittadino sfasciando vetrine, rovesciando cassonetti, ecc. Il bilancio di 3 notti di scontri sono un morto, più di 700 feriti, oltre 600 fermati. Il fuoco della ribellione che covava tra i giovani della minoranza russa dopo anni di sopraffazioni e discriminazioni è esploso in modo latente.
Gli scontri di questi giorni hanno radici profonde. L'URSS nel 1922 nacque come uno Stato multietnico e su base di adesione volontaria. Lenin, a differenza di Rosa Luxemburg, era un convinto assertore del diritto di autodeterminazione dei popoli – come pure delle sue minoranze interne - e pensava a un'ampia Federazione Sovietica e Socialista che conglobasse tutti quelle realtà nazionali che liberamente volessero farne parte. Lenin addirittura pensava che il principio dell'autodeterminazione dei popoli doveva essere sbandierato dai rivoluzionari russi in modo assai netto, visto che nei secoli essi avevano avuto un ruolo imperiale e coloniale nei confronti di molte nazioni come la Polonia, le realtà caucasiche, ecc. Anche per questo i tre Stati baltici, che non entrarono a far parte della Federazione vissero, malgrado fossero Stati capitalistici, tranquillamente accanto al «gigante» sovietico. Nel 1939 nel quadro dei protocolli segreti del patto Ribentropp-Molotov mentre la metà della Polonia finivano nelle grinfie del nazismo, gli Stati baltici venivano occupati manu militari dall'Armata Rossa. Il patto di non aggressione non fu solo un errore del gruppo dirigente stalinista ma un vero crimine contro il proletariato internazionale: era appena caduta Madrid dopo tre anni di dura guerra civile che l'URSS spiazzava tutto il mondo annunciando l'accordo con i nazisti. Questo non solo disorientò gli antifascisti e i rivoluzionari di tutto il mondo ma permise di costruire un ponte per l'aggressione alla stessa Unione Sovietica con l'avanzamento delle truppe in parte della Polonia. La storiografia «giustificazionista», a tale proposito, ha dimostrato tutta la sua debolezza: non solo valenti rappresentanti dello Stato Maggiore sovietico (prima di tutto il generale Grigorienko ma indirettamente anche lo stesso Zukov) hanno dimostrato che l'accordo non servì per «prendere tempo» e preparare meglio l'URSS allo scontro con Hitler. L'URSS, infatti, fino al giugno 1941 continuò a rifornire di petrolio l'esercito della Wermacht mentre in Francia il supernazionalista PCF non si oppose in alcun modo all'occupazione nazista della Francia e continuò a parlare attraverso i suoi organi di stampa, (correttamente, ma astrattamente) di «guerra interimperialista in corso». I nazionalisti estoni, da parte loro, non sopportarono mai che la loro indipendenza fosse stata «svenduta» ai sovietici. Del resto i paesi baltici non erano entrati a far parte dell'URSS nel momento della sua fondazione anche perchè erano paesi ancora sostanzialmente agricoli e con un debole movimento operaio in cui ancora attecchivano facilmente idee reazionarie e nazionaliste. Non è un caso che le prime edizioni del Manifesto del Partito Comunista nelle lingue dei paesi baltiche vennero prodotte o subito dopo la Prima Guerra mondiale in edizioni limitatissime o addirittura nel Secondo dopoguerra.
In Estonia come nelle altre repubbliche sovietiche, con lo scoppio della guerra venne imposta alla popolazione anche una massiccia deportazione in Siberia di oppositori o pseudo tali mentre altre 30.000 persone vennero costrette a entrare nell'Armata Rossa. Tali repressioni purtroppo agevolarono i nazisti, che ebbero buon gioco nel presentare come «liberatori» all'indomani della loro conquista di Tallin. Una minoranza di estoni giunse perfino a sostenere i nazisti creando le Waffen estoni che combatterono assieme alle altre truppe multinazionali filo-naziste in molti fronti europei.

A subire le maggiori conseguenze della folle politica di «pulizia etnica» dell'amministrazione nazista furono gli ebrei estoni che vennero letteralmente sterminati mentre sul territorio della repubblica baltica venivano aperti ben 22 campi di lavoro e di sterminio di ebrei stranieri. Anche l'Estonia pagava il suo tributo alla follia di Hitler. La riconquista del paese de parte dei sovietici nell'autunno 1944 non metteva fine immediatamente alle violenze perchè coloro che avevano combattuto o collaborato con i tedeschi vennero arrestati e uccisi mentre un'ondata di guerriglia partigiana nazionalista veniva stroncata dal governo russi negli anni immediatamente successivi al conflitto. Tuttavia, già negli ultimi anni di governo di Stalin, venne accresciuto il ruolo degli estoni nel partito (e quindi nell'amministrazione pubblica). Con la destalizzazione e lo sviluppo dell'economia negli anni Sessanta la popolazione russa nelle repubbliche estoni crebbe fino a raggiunger in alcune zone il 40% della popolazione. Questo processo fu non tanto un progetto pensato a tavolino dai governanti sovietici al fine di «integrare» la popolazione dei paesi baltici al resto della federazione ma assai di più una necessità determinata, nel quadro della divisione interfederale dell'economia, dallo sviluppo dei settori delle industrie meccaniche ed elettroniche, la cui forza lavoro specializzata era principalmente di origine russa. In parte crebbe anche un certo melting-pot sociale e culturale, mentre a partire dagli anni Sessanta vennero perfino favoriti gli scambi culturali ed economici fra l'Estonia e la vicina Finlandia.

Ma le cicatrici del nazionalismo e del risentimento anche parzialmente comprensibile nei confronti dei sovietici, doveva tornare a galla durante il periodo della stagnazione e poi del crollo dell'economia e della struttura sociale sovietica negli anni Ottanta del XX secolo, aprendo la strada alla illusione in gran parte della popolazione dei paesi baltici di una rapida integrazione di loro Stati alle economie dei paesi capitalisticamente avanzati, anche in virtù di una storia profondamente legata a quella dell'Europa Occidentale. Un'integrazione, raggiunta a caro prezzo nel 2004 con l'entrata nella UE, anche grazie alla profonda divaricazione sociale che si è andata via via allargando nel paese e che ha colpito i più poveri e i russi in particolare.

Il fallimento del tragicomico putch anti-Gorbacev dell'agosto 1991 non solo condusse all'immediata dichiarazione d'indipendenza dei tre paesi baltici ma anche al risorgere delle tendenze più revanchiste e reazionarie del nazionalismo estone, al cui movimento avevano partecipato fino ad allora – seppur in modo contradditorio – anche forze politiche di sinistra. Negli anni, seguenti seppur non si assistette a veri e propri pogrom contro la popolazione russa residente in Estonia, come invece avvenne a Baku dopo la crisi del Nagorno-Karabach, e i russi che ne avevano la possibilità abbandonarono l'Estonia. La quota percentuale di popolazione di origine russa residente in Estonia si è ridotta dal 40% all'attuale 25% circa della popolazione complessiva del paese.

La rivolta giovanile di questi giorni affonda le sue radici quindi da una parte in un sistema di politiche di discriminazioni messe in atto dall'amministrazione estone nei luoghi di lavoro e di studio nei confronti della minoranza russa, la cui popolazione che non ha potuto emigrare a causa di motivi economici, rappresentava la spina dorsale di una classe operaia industriale ora in via di rapida riduzione anche nell'Est Europa.

La rivolta, come già nel caso dell'Irlanda degli anni Sessanta e Settanta, è coperta a monte di motivi nazionalistici ma ha una chiara linea di faglia di classe. I giovani russi distruggono il centro città, il mondo dorato di Tallin a loro inaccessibile e ostile. I diritti della minoranza russa devono essere tutelati, il regime discriminatorio e il revisionismo storico in chiave reazionaria deve essere fatto saltare.

Il fatto che la Russia di Putin – del cui regime capitalista e autoritario non nutriamo alcuna simpatia - sostenga le rivendicazioni dei giovani non è solo legato a motivi ovviamente nazionalistici, visto che il padrino di Putin, Eltsin, non fece nulla per fermare la politica ultranazionalista di Tallin. C'è dietro soprattutto la nuova contesa con la NATO per quanto riguarda il riarmo convenzionale e missilistico, che ha già fatto alzare la voce al leader del Cremlino qualche giorno fa.

La lotta dei giovani russi contro il governo estone va ancora maggiormente sostenuta dai comunisti, anche perchè può caricarsi di contenuti politici che potrebbe rimescolare le carte non solo a Mosca ma anche a Bruxelles e a Washington.

* Associazione La Giovane Talpa (Milano)


=== 4 ===



www.resistenze.org - popoli resistenti - estonia - 02-05-07


Un’analisi delle ragioni della rivolta antifascista in Estonia

Andrey Areshev
della “Fondazione di cultura strategica”

28 aprile 2007


Le autorità estoni hanno proceduto a rimuovere con la forza il monumento ai caduti dell’Armata Rossa, utilizzando idranti e altri strumenti autenticamente “democratici”, e hanno disperso tutti coloro che cercavano di impedire questo atto di vandalismo. Di fronte alla possibilità di uno spargimento di sangue, pochi giorni prima, la stessa stampa estone invitava alla prudenza (1), ma le autorità hanno voluto comunque procedere a questa provocazione. Le personalità ufficiali russe hanno reagito con durezza alla notizia dei disordini, assicurando che la rimozione del monumento non avrebbe mancato di provocare conseguenze. Alcuni dubbi espressi dal governo estone che hanno fatto pensare all’interruzione dei lavori di rimozione, sono stati dissipati da una dichiarazione dell’ambasciatrice a Mosca, secondo cui “fino a quando noi opereremo nell’ambito del diritto internazionale, nessuno avrà il diritto di immischiarsi negli affari interni dell’Estonia. Non cederemo di fronte ai ricatti e alle pressioni di altri stati”.

Gli esperti che hanno seguito la dinamica dello scontro attorno al monumento, fin dal primo momento, non hanno mai avuto dubbi sul fatto che le autorità estoni sarebbero andate fino in fondo. La politica di revisione delle cause e degli effetti della Seconda Guerra Mondiale e della vittoria dell’Unione Sovietica è stata affermata in modo estremamente chiaro e netto e nessuno ha mai sospettato un improvviso cambiamento del punto di vista degli estoni. Un elemento ulteriore di rassicurazione per l’operato delle autorità di Tallin è venuto dal sostegno ricevuto dal blocco politico-militare della NATO, ed anche dal fatto che la tolleranza nei confronti dell’estrema destra, particolarmente verso i gruppi filo-nazisti in Europa Centrale ed Orientale, rappresenta parte organica della cultura politica occidentale.

Anche sul fronte propagandistico, gli estoni non hanno mai avuto problemi. Al loro servizio c’è tutta la stampa occidentale, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e molte altre istituzioni, sempre pronte (come del resto anche una parte dei nostri rozzi “strumenti di comunicazione di massa”) a speculare sul tema del semimitico “fascismo russo”, ma mai a denunciare il vero nazismo, quando esso si manifesta in Occidente. E in questo caso, non c’è alcun dubbio che gli ultimi avvenimenti in Estonia sono stati ampiamente manovrati da forze ostili alla Russia. Una stravagante emittente radiofonica di Mosca (“Eco di Mosca”, finanziata dagli oligarchi che dirigono la cosiddetta “opposizione democratica” a Putin, nota del traduttore) ha già presentato (nello stile provocatorio che le è proprio) gli avversari della rimozione del monumento ai soldati liberatori come una folla di partecipanti a un pogrom, che infrangono vetrine, danno fuoco a chioschi e automobili (2). Si capisce che tutto ciò può essere addebitato solo a coloro a cui poteva risultare conveniente, in particolare ai provocatori guidati dal ministero degli interni estone. E così in realtà è stato. Ma d’ora in avanti ci spiegheranno che nella “civile Estonia” non c’è posto per i “barbari russi”, mentre i paesi membri della NATO, dimenticando le divergenze in corso, si prepareranno a contrastare “la minaccia proveniente da Est”.

Ma, se a Tallin sapevano perfettamente cosa volevano e, di conseguenza, hanno cercato di tradurlo in pratica, al contrario la posizione di Mosca si è distinta per l’indeterminatezza e l’ambiguità. Le dichiarazioni di Lavrov (3) e di Gref (4) sull’inopportunità di varare sanzioni economiche contro l’Estonia non potevano che rafforzare la convinzione dei governanti estoni di poter continuare indisturbati.

Il dato caratteristico dell’epoca di Eltsin, da cui stiamo cercando faticosamente di uscire, era rappresentato dalla generale mancanza di senso di responsabilità, in particolare nell’ambito della politica estera. Noi non siamo stati in grado di vedere o abbiamo sottovalutato il fondamentale momento, in cui in Europa (non solo in Estonia) è stata avviata la riabilitazione politica del fascismo (che non contraddice affatto i “principi democratici” della società europea) (5). E’ prevalso il punto di vista, secondo cui non dovevamo esplicitare la preoccupazione per i nostri propri interessi, poiché i suscettibili “europei” l’avrebbero associata ad “ambizioni imperiali”.

A ciò si sono aggiunti gli interessi di alcune potenti strutture affaristiche russe, interessate ai porti dell’Estonia in quanto punti di trasbordo per le risorse energetiche russe dirette in Occidente. Inoltre, per sviluppare le necessarie infrastrutture nella regione di Leningrado, tali lobbies hanno fatto di tutto perché Mosca non inasprisse i rapporti con gli amici baltici, riducendo a semplici “stupidaggini” l’insulto lanciato alle spoglie dei soldati sovietici o le massicce violazioni dei diritti dei cittadini di lingua russa in Estonia o in Lettonia. Il risultato ottenuto è che la quantità dei terminali per il trasbordo del petrolio e dei prodotti petroliferi presenti sul litorale russo del Baltico è oggi insufficiente, mentre gran parte del petrolio, trasportato via Baltico, transita per Tallin: circa il 31% (a San Pietroburgo due volte meno) (6).

E’ paradossale: nonostante i rapporti in via di progressivo peggioramento con il nostro piccolo vicino occidentale, gli interessi degli ambienti affaristici estoni continuano ad essere coltivati nel nostro paese come nel passato. Ad esempio, pur facendo affari in Russia, un miliardario estone è oggi il più potente sponsor dei gruppi nazionalisti che dominano nel parlamento estone. Una consistente parte dei soldi così investiti viene accumulata proprio nel nostro paese (7). E’ possibile forse immaginare una situazione in cui venga permesso ad un uomo d’affari iraniano leale all’attuale governo di Teheran di possedere una rete di supermercati sul territorio degli Stati Uniti, ricavandone soldi da dirottare a sostegno di organizzazioni integraliste islamiche?

Dove possa condurre questa “politica” (o meglio la totale assenza di una politica), l’abbiamo sotto i nostri occhi e lo avremo ancora. Sebbene, sulla necessità di una revisione dell’insieme dei rapporti tra Russia e NATO sia arrivato un esplicito pronunciamento a livello dei vertici politico-militari del nostro paese.

In questo contesto, è impossibile non rivolgere l’attenzione al fatto che a Tallin si sia proceduto alla rimozione del monumento esattamente poche ore dopo il discorso di Putin all’Assemblea Federale, in cui il presidente della Russia ha chiarito il significato dei passi recentemente compiuti in politica estera, in particolare quello relativo alla revisione degli obblighi russi derivanti dall’accordo sulle armi convenzionali, nella prospettiva di un’uscita di Mosca da questo Trattato che di fatto è ormai lettera morta. Il passo di risposta, in una logica di scontro, delle autorità dell’Estonia appare un atto simbolico vendicativo verso Putin, mentre la celebrazione del nazismo baltico, avvenuta il 27 aprile (alla vigilia del 9 maggio, Giorno della Vittoria sul nazifascismo), sta ad indicare il carattere minaccioso che assume per il nostro paese l’espansione da Occidente.

La necessità di una radicale revisione dei rapporti con i paesi baltici è ormai da tempo all’ordine del giorno. Durante un recente incontro con i veterani, il vice-premier S. Ivanov ha invitato i cittadini russi a non comprare prodotti estoni e a non recarsi a Kaliningrad passando per Tallin. La decisione di singoli cittadini, di non acquistare prodotti estoni o di non visitare l’Estonia, può rappresentare certamente un fatto importante, ma se essa non viene accompagnata da un insieme di misure statali di carattere politico, economico, informativo, gli elementi neonazisti in Estonia proseguiranno per la loro strada.

Commentando gli ultimi avvenimenti a Tallin, Serghey Ivanov ha dichiarato: “la Russia deve accelerare la costruzione di moderni porti nel territorio russo del Baltico. A Ust Luga, a Primorsk e a Visotsk. E, contemporaneamente, deve esercitare un controllo diretto sui flussi commerciali, non permettendo ad altri stati, in particolare all’Estonia, di arricchirsi sul transito”. Secondo Ivanov, a tal proposito sarebbero già state impartite direttive al ministro dei trasporti I. Levitin. C’è da sperare che, questa volta, non ci si limiti alle parole.

Traduzione dal russo di Mauro Gemma per www.resistenze.org


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Le autorita' estoni sulle SS: "Questa e' gente che merita onore"

06.05.2006 

Source: Pravda.ru 

Piu' si avvicina il 9 maggio, piu' alcuni politici dei Paesi Baltici vanno fuori di testa. L'anno scorso alla vigilia del sessantennale della Vittoria sulla Germania nazista, e' stato il turno della presidentessa della Lettonia Vajra Vike-Frejberga a spararla grossa (a proposito, la signora attualmente mira alla presidenza di segretario generale dell'ONU), per poi, a distanza di una anno, passare la staffetta ai vicini lituani.

Da parte sua invece, il ministero della giustizia estone sta preparando un disegno di legge secondo il quale, i soldati che hanno combattuto dalla parte della Wehrmacht verranno dichiarati combattenti per la liberta' dell'Estonia.

"Ai miei occhi tutti coloro che diedero ascolto all'appello di Uluotz (l'allora primo ministro estone che nel 1944 esorto' gli estoni ad arruolarsi nell'esercito tedesco) e andarono a combattere per la liberta' dell'Estonia, sono dei veri combattenti per la liberta' " - ha dichiarato mercoledi' il primo ministro estone Andrus Ansil direttamente al parlamento.

Secondo le sue parole "questa e' gente che merita onore, ma per esprimere loro individualmente la nostra gratitudine, e' necessario conoscere i loro nomi". "Cio' non rappresenta un compito arduo dal momento che gli stessi combattenti per la liberta' coadiuvati dal Ministero della giustizia stanno lavorando in questa direzione", - ha dichiarato Ansil.

Facciamo luce - attualmente il Ministero della giustizia unitamente all'Unione dei combattenti per la liberta' dell'Estonia (della quale fanno parte le non definitivamente sconfitte unita' della 20esima divisione) compongono gli elenchi di questi stessi combattenti per la liberta'. Il paese, come si dice in gergo, deve conoscere i propri eroi. Peccato solo che l'Estonia moderna "eroi" simili...

D'altronde il primo ministro ha dato il proprio tributo alla correttezza politica. Europeo in tutto e per tutto, non si discute. Secondo le sue parole, non tutti gli ex combattenti arruolatisi nell'esecito tedesco vanno considerati combattenti per la liberta' con diritto alle corrispondenti agevolazioni.

Il signor Ansil si e' messo elegantemente al riparo. Da una parte il budget di stato respirera'. E dall'altra vengono tagliate fuori personalita' "leggendarie" come ad esempio Alfons Rebane e la sua compagnia di boia, autori del massacro di migliaia di persone sia nella stessa Estonia che nelle vicine regioni della Russia. Logica rispettata.

E' degno di nota il fatto che recentemente (per la precisione il 18 aprile) il parlamento estone ha eliminato dalla discussione il progetto di legge dei partiti d'opposizione "Soyuz Otechestva" e "Res Publica", i quali proponevano di nominare combattenti per la liberta' indistintamente tutti coloro i quali, durante la Seconda guerra mondiale, combattevano contro l'Armata Rossa, compresi i famosi "fratelli dei boschi".

"L'approvazione del decreto del decreto nella sua attuale forma con grande probabilita' causera' seri problemi all'interno della societa' estone tra persone che hanno combattuto su barricate diverse", - dichiararono allora i funzionari del Ministero della giustizia estone. C'e' ne' voluto del tempo per capire che tipo di "errore" hanno commesso...

Tema impopolare nell'Estonia contemporanea, ma che pero' va affrontato: che fare allora con gli estoni che hanno combattuto a fianco dell'Armata Rossa? Perche' in fondo e' proprio grazie a loro se e' stata resa possibile l'esistenza dell'attuale Estonia intesa come stato. Se non avessero liberato la propria patria dai nazisti e dai loro complici - " i combattenti per la liberta' ", gli estoni sarebbero semplicemente spariti dalla faccia della Terra. Che non sia che i politici estoni debbano riflettere un attimino proprio su questo?

Oleg Artiukov

(Fonte: Mauro Gemma)