Informazione

USA, Balcani e "Notizie Est"


Ci e' stato segnalato un interessante articolo (All. 1) sulle
pressioni subite dai paesi balcanici in occasione della guerra in
Iraq. L'articolo riassume una serie di fatti significativi, per cui
vale la pena di leggerlo; tuttavia esso manca di fornire al lettore
una interpretazione complessiva, lasciando viceversa adito a grosse
ambiguita'. Su questo vale la pena di commentare brevemente.

L'articolo proviene dal notiziario "Notizie Est", curato da A.
Ferrario.
Nell'articolo si cita solamente di sfuggita un dato di fatto: e cioe'
che la "punta di diamante" dell'imperialismo statunitense nei Balcani,
la "base di lancio" delle operazioni USA a "difesa dei propri
interessi" in quell'area - e contro tutti gli altri paesi dell'Europa
orientale - e' l'attuale protettorato del Kosovo-Metohija.
Per potersi impiantare in Kosovo-Metohija gli USA hanno condotto la
aggressione contro la RF di Jugoslavia nella primavera 1999. In
Kosovo-Metohija gli USA hanno sostenuto - ed a loro volta sono
spalleggiati da (All. 2) - quel settore politico-criminale (il piu'
forte dell'area) identificabile nei settori nazionalisti pan-albanesi.
In Kosovo-Metohija gli USA hanno oggi una enorme base militare, la
piu' grande edificata all'estero sin dai tempi del Vietnam: si tratta
della base di Camp Bondsteel presso Urosevac, sulla quale
incredibilmente l'autore dell'articolo tace.

Altro motivo di ambiguita' nell'articolo e' il modo in cui vengono
ritratte le varie classi dirigenti balcaniche. Due sono i punti che ci
vedono in netto disaccordo con "Notizie Est", anche al di la' del
presente articolo:
Primo, la classe dirigente attuale in Serbia NON E' in continuita' con
quella passata ("di Milosevic"); essa sta viceversa operando una
rottura ed una svolta politica di 180 gradi in senso filo-occidentale.
Le tensioni - politiche e sociali - provocate da questa svolta sono
sotto gli occhi di tutti. Nonostante la posizione filoamericana
dell'attuale governo serbo, la stremata popolazione del paese rimane
per ovvi motivi la piu' acerrima oppositrice delle interferenze
statunitensi nell'area.
Si noti per inciso che "Notizie Est" ancora all'inizio del 1999
cercava di presentare alla nostra pubblica opinione il governo
socialdemocratico in Serbia come un governo filo-occidentale,
posizione che condusse infine "Notizie Est" a negare l'imminenza della
aggressione USA/UE contro la RF di Jugoslavia - cioe' di fatto a
negare l'evidenza.
Secondo, la impossibilita' per gli attuali staterelli balcanici di
esprimere una qualsivoglia posizione autonoma sullo scacchiere
internazionale, il loro status di "protettorati" e pedine di un ben
piu' ampio scontro, e' la inevitabile CONSEGUENZA DELLE SECESSIONI e
dei micronazionalismi fomentati a bella posta. Su quest'ultimo punto,
assolutamente cruciale, il notiziario "Notizie Est" nemmeno si
sofferma.

Come ben sanno i nostri iscritti - da molti anni a conoscenza dei
nostri scambi polemici con "Notizie Est" - il servizio curato da A.
Ferrario, pur presentandosi in una veste "neutra" e politicamente non
bene identificata, sin dall'inizio mostra alcuni tratti distintivi.

"Notizie Est" si presenta sin dalla sua creazione come espressione
sostanzialmente del lavoro di un singolo, tuttavia esso si appoggia ed
appoggia a sua volta quei settori tardo-trotzkisti (Bandiera Rossa,
Reds) che hanno violentemente attaccato l'unita' jugoslava. La
posizione antijugoslava di "Notizie Est" si e' esplicitata nei
contributi alla demonizzazione di alcune parti in causa e viceversa
nella benevolenza verso altre (spec. l'UCK kosovaro) miranti a
smembrare il paese multinazionale secondo criteri "etnici". Di fatto,
il lavoro essenzialmente di traduzioni presentato da "Notizie Est" e'
sempre stato basato su fonti filooccidentali, come la famigerata
rivista serba "Vreme" e tante altre di quel segno.

Dopo una fase "movimentista" - quando il sito di "Notizie Est" era
ospitato dal server dei Centri Sociali "Isole nella Rete", il suo
curatore pubblicava su "Guerre&Pace" ed era intervistato da radio "di
movimento" come Radio Sherwood - in tempi recenti "Notizie Est" si
distacca abbastanza radicalmente da quella apparenza "alternativa" ed
apre un raffinato sito internet, sul quale si presenta ai lettori come
"testata registrata presso il Tribunale di Milano" con un'ampia
redazione di persone che non e' piu' chiaro se lavorino a titolo
volontario o meno.

Alla pagina "Chi Siamo" del sito si legge: "testata online ... una
delle più autorevoli fonti in lingua italiana sui Balcani ...
totalmente indipendente e non affiliata ad alcuna organizzazione o
istituzione". Ma - allontanandosi del tutto dalla tradizione di
notiziario gratuito per i "compagni" - "Notizie Est" crea pure un
servizio commerciale: "Balcani Economia ... che ogni martedì offre a
operatori economici, istituzioni e ricercatori notizie e analisi
sull'economia e i mercati dei Balcani. Balcani Economia viene
distribuito via e-mail, in formato PDF, dietro sottoscrizione di un
abbonamento..." (Si veda: http://www.notizie-est.com/about.php ).

La nuovissima veste di "Notizie Est" viene pubblicizzata da "amici" di
un certo rilievo, come il servizio di aggiornamenti via internet di
LIMES - la rivista legata alla diplomazia italiana (All. 3) - ed
"Osservatorio Balcani".
Quest'ultimo (http://www.osservatoriobalcani.org) sembra raccogliere
in se contributi diversificati, spec. dagli ambienti delle cosiddette
ONG, ma risulta, dalle iniziative che organizza, di fatto vicino alla
diplomazia di "centrosinistra", europeista "a la Prodi". Alcuni
collaboratori di "Osservatorio Balcani" sono anche collaboratori di
"Notizie Est". Mentre il primo sito e' espressione di un sentimento
"democraticista" occidentale, il secondo servizio pare appoggiare una
"transizione" dei protettorati balcanici verso chissa' dove, ma in
ogni caso lontano il piu' possibile dai valori di Unita' e di
Fratellanza della Jugoslavia socialista. Su entrambi i siti le parole
"imperialismo" e "ricolonizzazione" sono usate molto poco ed,
eventualmente, in maniera discutibile.

Comunque, sulla questione delle pressioni USA sui Balcani invitiamo a
leggere l'articolo di A. Ferrario, pur prendendo le sue argomentazioni
con il beneficio d'inventario per tutti i motivi suddetti. Ma
attenzione: "Notizie Est" vieta "la ridiffusione dei testi e degli
altri contenuti del sito www.notizie-est.com senza la nostra previa
autorizzazione scritta". Percio', per evitare di finire in Tribunale,
siamo costretti a limitarci a segnalare il link:
http://www.notizie-est.com/article.php?art_id=776

Italo Slavo



--- Allegato 1 ---

http://www.notizie-est.com/article.php?art_id=776

N.E. BALCANI #671 - USA/BALCANI 22 maggio 2003

USA E BALCANI: GRANDI MANOVRE
di Andrea Ferrario

Una rassegna di come i singoli paesi balcanici hanno reagito alla
guerra in Iraq e alle conseguenti pressioni degli USA


--- Allegato 2 ---

KOSOVO ALBANIANS BACK US AND BRITAIN

PRISTINA, March 21 (Tanjug) - Several hundred ethnic Albanians on
Friday gathered in central Pristina to express unconditional support
to the war conducted by the United States and Britain against the
dictatorship of Saddam Hussain.
The rally was organized by associations stemming from the disbanded
Kosovo Liberation Army (KLA), as well as numerous trade unions from
Kosovo and students of the Pristina university. One of the organizers
of the rally, the president of the Association of KLA Veterans -
Sadik Halit Jaha, said that ahead of the fourth anniversary of the
NATO intervention against the Federal Republic of Yugoslavia, the
regime of Saddam Hussain can be compared to that of Slobodan
Milosevic who persecuted the ethnic Albanians. Halit Jaha said that
both then as today, ethnic Albanians sided with those who urge peace
and democracy, in this case the US and Britain. US office head Reno
Harnish sent a telegram to the organizers of today's rally expressing
gratitude on behalf of US President George Bush for the Kosovo
people's unconditional support to the US and British intervention in
Iraq.


--- Allegato 3 ---

-------- Original Message --------
Subject: Limes - L'Arabia americana
Date: 8 Nov 2002 11:38:47 -0000
From: Limes Newsletter "Novità" <tecnica@...>
To: jugocoord@...


Limes, rivista italiana di geopolitica - Newsletter Novità

8 novembre 2002

(...)

---------------------
BALCANI ECONOMIA
---------------------
Segnaliamo a tutte le persone interessate ai Balcani una nuova
iniziativa della testata Notizie Est, da anni impegnata
nell'informazione dell'area balcanica. E' online ogni martedì a
mezzogiorno "Balcani Economia", la prima newsletter settimanale
sull'economia balcanica. Notizie economiche brevi e indicatori
economico-finanziari tratti dalle fonti dei paesi dell'area.
Visita il sito di "Balcani Economia" a
http://www.notizie-est.com/baleconomia.php

(...)

--------------------------------------------------

Servizio offerto dalla redazione di Limes - rivista italiana di
geopolitica in collaborazione con Animago Sas (Lucca)

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Cuba, Italia, democrazia e diritti

[NOTA TECNICA PER GLI AMICI DELLA JUGOSLAVIA: "Liberazione" e' quel
giornale che ha titolato "BELGRADO RIDE" all'indomani del colpo di
Stato a Belgrado, il 6 ottobre 2000. Mentre "Belgrado rideva" i
compagni dei partiti e dei sindacati della sinistra belgradese erano
fatti oggetto di aggressioni e pestaggi. Oggi "Liberazione" nasconde
ai suoi lettori la natura reazionaria ed antipopolare del regime
allora instaurato in Serbia, e tace sulla ulteriore stretta repressiva
delle ultime settimane. (Italo Slavo)]


--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Fulvio Grimaldi" ha scritto:

A Sandro Curzi, direttore di "Liberazione",
A Paolo Serventi Longhi, Segretario Nazionale della Federazione
Nazionale della Stampa,
al Comitato di Redazione di "Liberazione".

Direttore,
quella in calce è l'ultima puntata di Mondocane apparsa il 9 maggio su
"Liberazione". Il giorno precedente tu me ne avevi annunciato la
pubblicazione e mi avevi raccomandato di restare in futuro nei limiti
degli accordi relativi ai contenuti della rubrica. Nel successivo
articolo, non più pubblicato, mi ero attenuto strettamente alle tue
indicazioni. Cinque anni fa, all'inizio della mia collaborazione con
il giornale, mi avevi detto che avrei potuto scrivere di tutto.
Successivamente, mi era stato chiesto di confinare i miei scritti a
temi ecologici. Da esperto, per 40 anni, di questioni internazionali,
mi è sembrato lecito inserire le questioni ambientali nel più vasto
contesto della politica e delle devastazioni ecologiche, che non mi
pare siano limitate alla preservazione dei fringuelli, o alla denuncia
di inceneritori. Del resto, nei miei quasi quotidiani dibattiti con
presentazione dei miei video sulle aree di crisi, i compagni mi
chiedono, da Bolzano a Trapani, di esporre le mie esperienze in fatto
di conflitti e questioni geopolitiche, immancabilmente connessi a temi
ecologici.
Il giorno successivo alla pubblicazione del Mondocane su Cuba, in cui
non ho certo espresso opinioni più "devianti" di quante ne erano state
già pubblicate su Liberazione e financo sul Manifesto, mi hai fatto
comunicare impropriamente dall' Amministratore del giornale, Mauro
Belisario, che la mia collaborazione era cessata. A prescindere che
tale comunicazione mi sarebbe dovuta arrivare da te e in modo formale,
non mi sono state illustrate le motivazioni per un simile
"licenziamento in tronco" di un collaboratore dopo cinque anni di non
indifferenti contributi. Arguisco, comunque, che il mio trattamento
dell'argomento Cuba abbia provocato il dissenso e la censura del
vertice del Partito. Arguisco anche che quel Mondocane sia stato
considerato la goccia che ha fatto traboccare il vaso della mia
"eterodossità" rispetto alla "linea" di una parte della maggioranza
del Partito. Lo deduco dalle infinite censure che mi sono state
inflitte, fin dai tempi dell'aggressione alla Jugoslavia, quando,
contro le illusioni e gli errori di altri, documentai fatti poi
divenuti di comune certezza, come l'assoldamento dell'organizzazione
di opposizione serba "Otpor" (da altri in Liberazione definiti
"compagni del Movimento") da parte della CIA, il carattere
diffamatorio e non corretto della definizione di Milosevic come
dittatore, il crollo dell'accusa di "pulizia etnica" di fronte ai dati
rilevati dagli investigatori Nato e ONU, pubblicati addirittura su
"L'Unità". Una mia lunga e drammatica intervista con Milosevic,
l'ultima prima dell'arresto, venne pubblicata con grande interesse dal
"Corriere della Sera", ma ritenuta impubblicabile da "Liberazione".
Altre censure mi vennero imposte per aver intervistato a Bagdad,
l'autunno scorso, Tariq Aziz, e aver "confessato" di avere avuto da
questo uomo di Stato ripetute interviste, tanto che tutti i miei
successivi reportage vennero cestinati, per quanto non fossero per
nulla "scandalosi", o segnati da esaltazioni di Saddam Hussein. Questa
condotta si ripetè durante l'aggressione imperialista all'Iraq, quando
da Bagdad, tra difficoltà che si possono ben immaginare, offersi di
inviare articoli. L'offerta venne accettata, ma i miei pezzi, scritti
tra una bomba e l'altra, furono ridotti a "lettere al direttore", per
quanto, anche in questo caso, non vi si potesse rilevare alcun accento
"scandaloso".
A questo punto, mi è dovuta una spiegazione dettagliata dei motivi per
questo allontanamento in tronco, spiegazione che, per la verità,
meriterebbero anche i lettori dei miei articoli dai quali mi risulta
tu abbia ricevuto numerosi apprezzamenti e ora denunce di
inammissibile censura. Se una rubrica viene cassata, spetta all'autore
il diritto di salutare i suoi lettori, o a qualcun altro il dovere di
una spiegazione.
Pare davvero paradossale che, mentre Partito e Giornale sono impegnati
con grande energia nella difesa di giornalisti censurati ed epurati
dalla RAI, come Santoro e Biagi, per i quali si allestiscono
addirittura clamorosi "Sciuscià in piazza", e si pone al centro della
propria battaglia politica l'estensione dell'art.18 e, dunque, della
"giusta causa", questa "giusta causa" non venga attivata e nemmeno
comunicata a un collaboratore a contratto di un giornale che porta
nella testata la dicitura "comunista".
Rilevo anche che Liberazione si presenta come un giornale di partito,
e dovrebbe essere di TUTTO il partito, nelle sue diverse anime, ma
afferma anche di voler esser letto da chi comunista non è. Non credo
che questo comporti che chi comunista è non debba scriverci. Infine,
nel quadro delle caratteristiche che contrassegnano i materiali dei
media, è norma consolidata che le rubriche (con tanto di foto) non
debbano essere disciplinatamente omogenee alla linea del giornale, ma
abbiano gli attributi della libertà d'espressione e del segno
personale dell'autore. Forse conviene ricordarsi del ricco e
stimolante pluralismo che vigeva su L'Unità.
In attesa di una tua risposta a quanto sopra, ti saluto confortato
dalla solidarietà di tanti compagni e lettori.
Con riserva di adire agli strumenti sindacali e legali a disposizione.
Fulvio Grimaldi.
Roma, 19 maggio 03


CUBA
FULVIO GRIMALDI PER MONDOCANE O9/O5/O3

Lo fan tutte e stavo per pronunciarmi anch'io su Cuba. Riflettevo che
la pena di morte non mi pare per niente buona, tanto meno se inflitta
a democratici in fuga (qualcuno vorrebbe farli passare per dirottatori
a mano armata incaricati di promuovere iscrizioni agli uffici di
reclutamento della centrale mafio-terroristica di Miami). Non godo
delle prigioni (neanche quando inflitte ad Adriano Sofri che scambia
Trotzky per Bush e bagni di sangue per semina di democrazia), specie
se toccano a oppositori (integralisti rossi li definiscono mercenari
di Mr. Carson, incaricato USA della liberazione del popolo, reclutati
per l'ennesima campagna democratica: 70 miliardi di dollari rubati
dall'embargo, 3.478 cubani giustiziati con omicidi, invasioni, bombe,
guerre biologiche). Oppositori che vorrebbero per l'isola gli stessi
benefici goduti in passato da paesi come Cile, Guatemala, Argentina e,
ultimamente, Iraq. Stavo per esprimere tutta la mia fregola per i
diritti umani disattesi, quando, svaporata un po' di lucidità grazie a
un goccetto di Havana Club, mi sono ritrovato su alcuni, obliati
sentieri. Dalle parti di Guantanamo, superate dieci gabbie per polli
dove pastori e bambini afgani, incappucciati e incatenati in
ginocchio, venivano allevati a diritti umani, gironzolavo in una landa
resa verdissima e fronzuta, zeppa di bovini al libero pascolo,
ruscelli scalpitanti, uccelletti cinguettanti, pesticidi biologici
rampanti, grazie a un ciclopico lavoro di trasferimento d'acqua là
dove prima c'era un Sahara. Più in là, in quel di Bayamo, abitavo
aule, dormitori, basketdromi, mense e campi biologici, al seguito
dialettico di minigonellate fanciulle che acquistavano gratis
conoscenza e coscienza. Mentre, allungato lo sguardo oltremare,
scorgevo donne ravanare nell'analfabetismo per il 78% della
popolazione centroamericana e caraibica. Impegnato nello scatarrare i
residui delle patrie emissioni di diritti umani via marmitte e
ciminiere e ancora fosforescente per piogge di casalingo elettrosmog,
in cima alla sierra risanavo a forza di medicina naturale, in uno dei
mille ambulatori alimentati da pannelli solari con i quali questi
avanzi del realsocialismo arrivano al 35% di energia pulita. E allora,
dilemma: come la mettiamo con quest'isola? Mi soccorre il Tg: "In
Israele roadmap di pace e governo anti-Intifada di Abu Mazen
inaugurati con strage di palestinesi a Gaza. I marines sparano sulla
folla a Falluja, Bassora, Mosul, Bagdad" e superano i 30 milioni di
esecuzioni extragiudiziarie di dissidenti dal 1945 ad oggi. QUESTA è
serietà professionale in democrazia.

--- Fine messaggio inoltrato ---

Ciao,

desideriamo farti sapere che, nella sezione File del gruppo
crj-mailinglist, troverai un nuovo file appena caricato.

File : /IMMAGINI/varniunatu.jpg
Caricato da : jugocoord <jugocoord@...>
Descrizione : "VARNI U NATU" ("Sicuri nella NATO", "Safe in NATO") - Mladina (Slovenia), n.19/2003 - http://www.mladina.si/

Puoi accedere al file dal seguente indirizzo:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/IMMAGINI/varniunatu.jpg

Per ulteriori informazioni su come condividere i file con gli altri
iscritti al tuo gruppo, vai invece alla sezione di Aiuto al seguente
indirizzo:
http://help.yahoo.com/help/it/groups/files


Cordiali saluti,

jugocoord <jugocoord@...>

Date: Tue, 20 May 2003 08:22:23 +0200
From: "Jedinstvena sindikalna organizacija Zastava" <sindikat@...>
Organization: Samostalni sindikat


GLI ORFANI DELLA YUGOSLAVIA

APPUNTI DI VIAGGIO DELLA DELEGAZIONE
DI UFFICIO ADOZIONI ZASTAVA - APRILE 2003

RAJKA VELJOVIC

E il 09. aprile, il giorno in cui 4 anni fa nel '99 la nostra fabbrica
e stata bombardata e rasa al suolo.

Partiamo al buio, alle 05 di mattina, dopo complicate procedure
burocratiche per ottenere il visto dall'ambasciata italiana a
Belgrado. Ricordo del 1. viaggio nel giugno del '99. Otenere il
visto fu piu semplice di ora: stranamente adesso, dopo 4 anni la
procedura e diventata molto piu complicata, fra l'altro con
parecchie ore in attesa nel cortile dell'ambasciata italiana a
Belgrado. E per fortuna non faceva molto freddo.

Arriviamo, da Kragujevac, a Belgrado, con le prime luci di un
giorno nuovo e promettente per la mia collaboratrice Milja, che per
la prima volta parte per Italia, terra della quale ha sentito tanto.
Dopo qualche minuto di ritardo, prima di passare ultimo cancello
per l'imbarco capiamo il motivo perche tanto staff di sicurezza.
Dalla sala di attesa guardiamo l'atterraggio degli aerei delle
delegazioni ufficiali di Romania, Bulgaria, Moldavia, Albania,
Grecia, guardiamo i tappetti rossi davanti agli aerei e ci ricordiamo
degli anni in cui aeroporti erano chiusi, e come per noi, gente
comune e ancora difficile muoverci oltre frontiera. Ricordo del
periodo felice, in cui con orgoglio, portavo passaporto yugoslavo,
senza aspettare la coda per i visti, ed in qualsiasi paese del mondo,
anche in quelli piu lontani, in cui incontravo persone che non erano
sicure dove fosse la Yugoslavia ed io spiegavo: "la Yugoslavia di
Tito" e capivano subito ... e si diventava subito amici...

Le nostre frontiere sono aperte per tutti, e ultimamente ci visitano
parecchi imprenditori occidentali, le vetrine dei negozzi pian piano
diventano come quelle occidentali, con gli stessi prezzi, a fronte di
un salario medio sotto i 150 euro a tempo pieno per i fortunati, non
ancora licenziati. Negozi pieni di merce, vuoti di clienti - paese
pieno di merci importate con esportazione minima.

Decolliamo "per arrivare in Europa" e per controllo dei passaporti
aspettiamo in fila non "UE", guardo l'altra fila che finisce in fretta
e mi chiedo quando faremo, anche noi, parte della famiglia
europea...

Il primo benvenuto di Riccardo, abbracci, emozioni, gioia perche
"abbiamo vinto" (siamo riuscite) solo grazie a loro, Zastava Brescia
ad essere qui. Siamo finalmente in Italia.

A Brescia il primo benvenuto ce lo augura il profumo di risotto di
Ugo, promessoci un'anno fa a Kragujevac. Non ha dimenticato la
promessa.

Stesso pomeriggio ci sentiamo gia a casa ospitate dalla famiglia di
Alfredo le cui due figlie meravigliose ci ospitano nella loro stanza,
cosi come con altri che pian piano arrivano, quelli che partecipano e
gestiscono progetto "Non bombe ma solo caramelle", progetto che
porta il nome del disegno del bambino di Kragujevac che nel '99 ho
portato, con altri disegni, in Italia. Disegni sui quali gli adulti
potrebbero imparare. Disegni che non fanno politica, ma che
portano lo stesso messaggio delle bandiere della pace, ma con un
aspetto ancora piu profondo, poiche riflettono 78 giorni di orrore
che purtroppo viene ripetuto in molte altre parti del mondo. Sono
tutte persone che gia parrecchie volte sono venute a Kragujevac per
portare aiuti alle famiglie dei lavoratori della fabbrica Zastava
distrutta nel '99. Si discute del proggetto"Premiata forneria mutuo
soccorso", delle adozioni in difficolta (non strano perche prima
siamo stati popolo di troppo, popolo invisibile - adesso popolo da
dimenticare e da accusare di nuovo. E comodo cosi, noi, brutti,
sporchi e cattivi contiamo solo quando c'e il business del
dopoguerra. A chi vuoi che importi del monumento nel cuore di
Belgrado dedicato ai bambini vittime dell'aggressione della Nato.
Le persone che ci sono rimaste vicine, che non ci hanno dimenticato
ci nutrono di speranza .... "che davvero, un altro mondo e
possibile"... Si discute anche su quelle adozioni nuove che alcune
associazioni miracolosamente riescono a conseguire, ci ricordiamo,
con molta emozione, dell'intervento della delegazione Zastava dal
palco il 15 febbraio scorso a Roma.

Dopo l'incontro caloroso ci accompagna pioggia e freddo, il giorno
dopo, mentre andiamo a incontrare Presidente della Provincia e il
Sindaco di Brescia, parliamo della situazione attuale nel nostro
paese, ringraziamo il Sindaco che una volta ha aderito al progetto
adozioni e facciamo presente che l'aiuto piu importante sarebbero
investimenti che potrebbero dare lavoro ai licenziati e disoccupati (
non parlo degli imprenditori che vengono tutti i giorni a vendere la
loro merce, gli scaffali dei nostri negozi ne sono pieni. Si, il
nostro mercato e grande, pero si dovrebbe muovere qualcosa per
ripristinare i clienti). Certamente, clienti non lo sono lavoratori
della Zastava, con un salario mensile sotto la media nazionale di
150 euro ne quelli dell'Ufficio di collocamento, con sussidio di 50
euro al mese, non quei lavoratori che devono sostenere le spese di
farmaci, esami, chemio (malatie in continua crescita), spese per far
studiare i figli, spese per le bolle arretrate di corrente, acqua
ecc....

Il Sindaco promette di aiutare associazione Zastava Brescia per
trasporto delle biciclette raccolte, riparate, diventate come nuove,
grazie ai donatori e volontari che gia fanno parte della famiglia
Zastava e donano biciclette alle famiglie operaie che abitano nella
lontana periferia. Ci salutiamo con il Sindaco ed a proposito degli
striscioni della sua avversaria alle prossime elezioni - bella donna
con occhi azzurri che dice "guarda i miei occhi e vedrai il futuro"
gli dico "io non guardo solo gli occhi, ascolto e non dimentico le
promesse". Poi gli faccio gli auguri di vincere alle elezioni,
sperando che manterra le promesse. Noi purtroppo siamo abituati a
promesse che poi non vengono mantenute.

Piove a catinelle, ed in un'ora libera chiediamo ad Ugo di
sacrificarsi e di portarci al centro commerciale, in attesa del
prossimo incontro ufficiale. Lo facciamo per Milja, che come
cittadina di un paese isolato da anni e che non e uscita oltre
frontiera, vede centro commerciale come un miracolo, come
aspetto di vita migliore (non siamo arrivati a vederlo dal punto di
vista consumistico - che cosa e consumismo per noi?) ma piu delle
offerte occidentali ci sono interessanti i clenti con i carrelli pieni
di roba, ed i commenti di Milja mi colpiscono direttamente al cuore
perche riconosco tutte le persone care e quelle sconosciute che ho
lasciato a pochi chilometri di distanza ma che fanno parte di un
mondo diverso. Immagino i nostri bambini davanti a centinaia di
tipi di dolci, e la nostra visita improvvisamente diventa utile,
perche Ugo mi chiede suggerimenti su che cosa e meglio portare
come regali alle famiglie. Gli spiego che non abbiamo l'abitudine
di consumare olio di oliva, parmigiano, acciughe, che le caffettiere
non ci sono e che per il nostro caffe, chiamato caffe turco, viene
usato caffe maccinato fine e che sarebbe meglio portare nutella (da
noi un lusso), cioccolatini e dolci molto desiderati dai bambini ma
poco accessibili, vitamine, materiale per l'igiene, materiale
scolastico, qualche vestito....

Mentre la pioggia continua ad accompagnarci andiamo alla Camera
del lavoro di Brescia, la quale continua ad appoggiare
l'associazione, grazie a persone come Greco, Fracassi... Conferenza
stampa, solo un giornalista. Mi viene di nuovo il pensiero "non
siamo piu di moda", poche le domande, nessuna su Kosmet
(Kosovo) durante tutto il viaggio - il muro del silenzio sul
protettorato in cui non hanno portato pace. Certo, non e comodo
parlare dell'insuccesso, come si verra a giustificare (oltre alla
pulizia etnica perpretata ai danni dei non albanesi) i mezzi
economici buttati... quanto ci sarebbe da dire, ma nessuno lo chiede,
e chi vorrebbe non e in grado di fare la domanda perche non ha le
informazioni di partenza...

Subito dopo, le emozioni fortissime, all'assemblea tutti ci
conosciamo. Quanto mi piacerebbe incontrare anche le persone
nuove, sconosciute a cui parlare. Guardiamo filmato fatto
dall'associazione in occasione di uno dei viaggi a Kragujevac, lo
guardo l'ennesima volta, ascolto la bella e professionale voce di
Massimo e provo, di nuovo, quel dolore che porto dal `99, il dolore
di una belgradese che e arrivata a Kragujevac per rimanerci un
anno, si e innamorata di questa citta operaia sino a sceglierla per la
sua vita futura, innamorata del monumento dedicato ai piccoli rom
lustrascarpe assassinati perche rifiutarono a lustrare gli stivali dei
nazisti tedeschi, la citta portatrice delle prime vittorie dei
socialisti, prime proteste operaie nella lotta per i diritti, primo
giornale socialista, citta martire in 1. e 2. guerra mondiale, citta
martire anche la 3. volta sotto le bombe della Nato ma anche citta
nominata dall'ONU citta di pace perche l'esempio di convivenza
multietnica, citta della Zastava ed infine citta dei disoccupati con
quartieri interi di profughi. Pochi lo sanno, che le piccole profughe
di Bosnia sono ospitate nel monastero di Kragujevac, e che nel centro
profughi del Kosmet c'e l'epidemia di tubercolosi, malatia della
poverta, in Europa dimenticata.

Ci salutiamo con adottanti di Milano, Biella, di Bolzano (che
ancora aiutano bambini di Mostar), cari amici che sono venuti a
incontrarci. Siamo insieme a cena e si costruiscono i ponti tra di
loro. Ed a loro racconto delle associazioni di Bari (Un ponte per..),
dell'ABC di Roma, di Aljug di Bologna, di Reggio, di Mir Sada di
Lecco, delle associazioni Zastava di Torino, di SOS Zastava di
Torino, Trieste..... E di tanti altri donatori singoli che fanno
miracoli.

Ed infine, ultima assemblea prima di lasciare Brescia, assemblea in
fabbrica, alla Alfa Acciai. Incontriamo lavoratori in tute, belle
mani operaie, e poesie di Michele, poeta operaio, che ha messo il
cuore nelle attivita delle adozioni, abbracciamo Alberto, Mirko-
jugoslavo di Croazia ed altri e mi rivolgo ai lavoratori (sala piena)
ricordandomi del periodo felice della Zastava, prima dell'embargo
negli anni novanta, in cui i reparti bollivano di movimentazione,
rumore degli impianti, catene con le macchine che brillavano,
entusiasmo degli operai, progetti per un futuro promettente che
offriva, loro, tutte le possibilita di costruirsi le proprie case, di
poter andare al mare, in montagna, di far studiare i figli, di potersi
curare... Tutto cio che e attualmente negato, anzi, negato gia
dall'inizio dell'embargo, arma piu potente per uccidere un popolo
in silenzio (oltre i mass media naturalmente, quando serve). Parlo ai
lavoratori della Alfa Acciai, dei reparti bombardati,
dell'entusiasmo con il quale abbiamo ripulito le macerie ed iniziato
la ricostruzione, ed infine della situazione attuale, scomposizione
delle fabbriche grandi, privatizzazione, disoccupazione, delle
riforme nel corso, e di quelle future che porteranno alla crescita dei
licenziati. Parlo delle leggi nuove, che negano i diritti che i nostri
nonni hanno acquisito, ed anche che la nostra terra, adesso offre
mano d'opera a basso costo. Verranno i padroni, offriranno forse,
invece di 150 euro un salario piu alto, e cosi, i padroni diventeranno
piu ricchi, lavoratori occidentali rimarranno senza lavoro, i nostri
lavoratori umiliati. questo dovrebbe essere uno dei motivi, almeno
per i lavoratori, per vivere in un'Europa davvero unita. Ed infine,
invito i lavoratori ad essere uniti, uniti nelle lotte che sono
comuni, le lotte per lavoro, un salario degno, e prima di tutto di
lottare per la pace e il futuro dei nostri figli.

Ultimi abbracci con l'augurio di incontrarci presto, e si parte per
Trieste, tanti bagagli nelle mani, tanti regali dai donatori, secondi
genitori, da portare ai bambini della Zastava, e tante emozioni nei
cuori. Nello scompartimento, Milja ed io ci scambiamo le
impressioni, a Padova sale il caro Pernigotti per salutarci, per
consegnare anch'esso dei pensieri per i suoi bambini, e per darci
una mano a cambiare treno. Incontro breve ma profondo ed
emozionante, di cose dette in fretta... Che hanno portato ad incontro
tipo quelli brevi ma che restano nel cuore e nella mente per tutta la
vita - il passeggiero di fronte che ci ha ascoltato in silenzio ma con
interesse, mentre scendeva dal treno si e rivolto a noi, ci ha stretto
le mani e le sue parole ci hanno portato via tutta la stanchezza...

Trieste. Abbracci con Gilberto, che gia fa parte di famiglia Zastava
e una conoscenza nuova. Mangiamo paeglia e parliamo di cose
diverse (un po' di rilasso), di poesia, dei libri e mi entusiasmo, e
si riaffaccia di nuovo, l'idea che mi muove sempre - idea dei ponti,
quelli di cui scrive Andric -di far conoscere poetessa Gaby, di
Trieste, con la poetessa Mariella di Bari, e gia le immagino
insieme, ma a Kragujevac. E guardo i quadri nella loro casa, i
quadri dei pittori da me preferiti, pittori chiamati naif nella mia
terra, nelle mie ex terre -Pavic, Laskovic. Mangiamo paeglia nella
casa degli italiani, parliamo della letteratura, e dai quadri, ci
guardano contadini dei villaggi yugoslavi, le case e paesaggi coperti
da neve...

Il giorno dopo accompagnate da Gilberto e solita pioggia, andiamo
a incontrare Sindaco di San Dorligo della Valle e rimaniamo subito
sorprese (a dir poco) dalla ospitalita e dalla bandiera appesa in
comune, bandiera che ci porta tanti ricordi al passato - bandiera
tricolore con stella rossa ....

Assemblea con il Sindaco, che porta la sua fascia, e con il pubblico
che parla la lingua che noi conosciamo, una delle ex nostre lingue,
come ci capiamo bene!... e la sala in cui si sente profumo di
nostalgia yugo immensa, l'insegnante di minoranza slovena che
piange e le sue parole che mi aprono ferite profonde "noi siamo
orfani della Yugoslavia, abbiamo perduto paese madre"...

Osteria di Cantonovello, gulas a tavola ed articoli sulla Zastava
sulle pareti, enorme e bellissimo mazzo di fiori, con gli auguri di
vida, che godiamo oggi e decidiamo di portarlo il giorno dopo, alla
Risiera di San Sabba, uno dei posti tragici come parco della
memoria "21 Ottobre" di Kragujevac, uno dei luoghi "da non
dimenticare".

Pomerriggio un'altra assemblea, sono grata a Knaip per le domande
che ha fatto perche cosi sono riuscita a dire qualcosa in piu e mi
emoziona l'intervento di una signora, partigiana, vedo in lei mio
padre, mi sembra di sentire lui mentre essa parla, capelli bianchi,
signora bella, alta con atteggiamento orgoglioso che non dimostra
gli anni che deve avere, ed un'altra che ascolta con attenzione e dai
suoi occhi vedo che essa ha capito, ha capito perche e successo...

Si va alla cena di saluto, e mentre viaggiamo, come ossessionate
contiamo quante bandiere di pace si vedono sui pallazzi e case,
bellissime bandiere, molte bilingue, con colombe o senza - per dire
no alla guerra... E qualche americana... per dire che cosa?

Cena in Casa del popolo, e prima di entrare vedo un pezzo delle
poesie di Nazim Hikmet - poeta turco che mi hanno scoperto
Mariella e Vigna "...Sopratutto credi all'uomo..." E una serata che
ci distrugge, inizia con il nostro desiderio che finisca presto per
riposare ed in serenita soffocare le emozioni che ci hanno portato
questi giorni, ed il posto al quale oggi ci ha portato Vlaic - su, in
alto, dal posto in cui camminava Napoleone abbiamo guardato il
mare e il confine con Slovenia. Pero, dimentichiamo la stanchezza,
ci sentiamo a casa in compagnia alle persone meravigliose,
parliamo la lingua che ci collega e poi cantiamo... ragazzo del coro
con la chitarra suona e canta nella nostra lingua le canzoni delle
nostre gioventu, canzoni yugoslave. Prometto al cantante di fargli
avere la canzone di Bajaga "I miei amici sono sparsi in tutto il
mondo".... (od Vardara pa do Triglava)

Ultimo giorno a Trieste, triste arrivederci lasciando i fiori alla
Risiera e poco dopo siamo gia nella macchina con Dora, cara amica
che in un giorno fa mille chilometri per prenderci e portarci a
Milano. E il primo giorno che si vede sole, la macchina di Dora
corre, la vedo gia stanca, passiamo Venezia e per fortuna Dora non
capisce Milja che disperata mi dice "ho sognato tutta la vita di
vedere Venezia...".

Arriviamo a Milano, prendo caffe offerto dalla mamma di Dora e
porto rametti di salvia e rosmarino che tengo ancora, essicati, come
ricordo di Carla e suo bel giardino.

A sera, a cena, conosciamo Giorgio e sua moglie, lui e un collega di
Dora, un segretario dalla Filcams di Milano, con lui parliamo del
presente del mio paese e sembra interessato a capire, ma dimostra
di conoscere bene il mio ex paese, quella che fu la Yugoslavia, e cio
mi commuove e mi fa soffrire. Pero, forse un altro ponte e stato
costruito.

Ultimo giorno, giorno di partenza, inizia con la preoccupazione,
dopo la notizia dello sciopero all'aeroporto. Dora, sempre qui, a
darci una mano ci accompagna all'ultimo incontro prima di
partire- pranzo con i torinesi che viaggiano solo per incontrare noi,
per portarci buone notizie sulle apparrecchiature sanitarie e
carrozzine per i malati di Kragujevac. Abbracciamo la solita
compagnia (Rosy, Fulvio, Pippo, Fabio) delle persone che aiutano le
famiglie di Kragujevac e ci salutiamo con un arrivederci a giugno
quando ci rivedremo a Kragujevac.

Arriviamo all'aeroporto ed in attesa di notizie sul volo parliamo di
tutte queste persone, che dopo 4 anni e il silenzio dei mass media,
ancora non hanno dimenticato i nostri bambini, dei ponti di
amicizia costruiti con le famiglie di Kragujevac, con noi tutti, e
speriamo, crediamo che continueranno ad esistere anche in un
futuro in cui non ci sara piu bisogno degli aiuti.

All'aeroporto aiutiamo una signora anziana a portare le sue valigie
pesanti, ci ringrazia, chiaccheriamo, essa ha un accento particolare e
si presenta yugoslava. Poi spiega che e di origini italiane, sposata
da 30 anni con un montenegrino e porta valigie pesanti di regali dai
parenti italiani - uovo di pasqua per nipote a Belgrado, parmigiano,
pasta, salamini - cose tipiche preferite ed io le dico "montenegrini
hanno dato all'italia una bellissima montenegrina, la regina Elena.
E come scambio Italia ci ha dato lei come sposa di un
montenegrino". Le ore di attesa le trascorriamo con la signora
yugo-italiana e le telefonate di Riccardo e Dora preoccupati del
decollo. Infine partiamo, per arrivare in un'altro mondo..

Sara piu facile continuare, resistere, dopo tutti questi incontri. Vi
aspettiamo tutti a Kragujevac, noi, orfani della Yugoslavia.

Questione ambientale e guerra nei Balcani:
Danni sociali, ambientali e sanitari dei bombardamenti del 1999
attraverso la stampa locale yugoslava


Tesi di Laurea (1) di Federica Alessandrini

(per contatti: federicalessandrini@...
La Tesi e' scaricabile alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/VARIE/alessandrini.z=
ip
)


* La principale fonte utilizzata per la ricerca è stato l'archivio
composto da una completa rassegna stampa curata dalla Dott.ssa Zivkica
Nedanovska. I giornali da cui sono stati tratti gli articoli sono
prevalentemente di origine yugoslava, eccenzion fatta per alcuni presi
da quotidiani inglesi ed italiani nonché da reti di informazione sulla
ex-Yugoslavia come Peacelink, Osservatorio sui Balcani e Coordinamento
Italiano per la Yugoslavia.

Perché la questione ecologica?

<< One of the great untold story of the Balkan conflict is that of the
enviromental damage caused by it >> (2)

Secondo Andrew Dobson esistono at least due importanti ragioni per cui
la questione ecologica connessa al conflitto del 1999 nei Balcani
andrebbe tenuta in grande considerazione: prima di tutto perché alcune
delle più tragiche conseguenze del conflitto sono direttamente legate
e connesse all'enviromental issue, in secondo luogo poiché la natura
del danno ecologico è "insidiosa", ossia difficilmente valutabile nel
presente e minacciosamente incombente sul futuro.
Come spesso accade in tempo di guerra, per motivi di coesione politica
internazionale, per colpevole disattenzione o consapevole
ipovalutazione del danno, alcuni aspetti bellici - siano essi connessi
ad un discorso sanitario, ambientale, demografico et al. - vengono
tralasciati o comunque posti in secondo piano relegandoli
nell'onnicomprendente categoria dei cosiddetti inevitabili "danni
collaterali". Se ci si ferma un attimo a riflettere su tale
denominazione potrebbe sorgere un primo quesito riguardo all'aggettivo
"collaterale": per chi? Solitamente questo tipo di danno va ad
incidere sulle condizioni delle popolazioni locali colpite dai
bombardamenti in corso: un simile discorso è forse estendibile anche
alla sfera ambientale?

<< enviromental effects travel through time as well as space, and some
of the unintended casualities of the war have yet to be born >> (3)

Quando si parla di ambiente le variabili cambiano in modo
significativo, basti pensare ai gravi danni ecologici subiti dal fiume
Danubio (4) durante il conflitto del 1999, quando in seguito a diversi
bombardamenti su industrie chimiche serbe si sono verificati
innumerevoli episodi di contaminazione fluviale da ammoniaca,
vinil cloruro monomero (VCM), metalli pesanti e quant'altro. Si
consideri ora che il bacino del fiume copre 817.000 km2 di territorio
appartenente a ben 17 paesi dell'Europa Centrale: come sarebbe
possibile pensare che in questo caso il danno subito dalla
ex-Yugoslavia non riguardi anche altri paesi, paesi in alcuni
casi estranei alla guerra in questione?
Il problema Danubio è solo uno degli aspetti della delicata questione
ecologica yugoslava, un altro tema di grande rilevanza che coinvolge
tanto il natural enviroment system quanto l'health system è quello
dell'uranio impoverito. Al di là di dubbi, incertezze, equivoci,
esagerazioni ed insabbiamenti riguardo all'eventuale relazione tra uso
di proiettili all'uranio impoverito ed insorgenza di certe patologie
in soggetti operanti in determinati territori, resta una spinosa
domanda: ipotizzando una qualche correlazione tra gli eventi,
sarebbe corretto parlare di "danni collaterali" limitati agli
obiettivi militari?

Media & guerra: un rapporto difficile ed ambivalente.

A partire da riflessioni di questo tipo è nata l'idea di una ricerca
volta ad indagare il tipo di impatto e di percezione dell'enviromental
risk da parte delle popolazioni locali rispetto alla delicata
questione ambientale e sanitaria in relazione agli eventi bellici del
1999.
Come intraprendere un simile studio senza essere sul campo?

<< while they do not create events, it can be argued that the media do
make the news, in the sense that they draw attention to specific
issues at the expense of others, interpret them in certain ways,
influence opinion or terminate it, almost at will >> (5)

Se è vero che i mezzi di comunicazione di massa hanno un grande potere
nel fare (do make) la notizia, attraverso lo studio della produzione
mediatica di un certo arco temporale dovrebbe potersi ricavare un
quadro generale capace di lasciare intendere presenza, assenza o
eventuale peso di pensieri, tensioni, preoccupazioni presenti nella
società di quel momento.

La Ricerca Sociologica.

Sono stati considerati circa 600 abstracts di articoli di stampa
nazionale yugoslava risalenti ad un arco temporale compreso tra il
Giugno 1999 ed il Dicembre 2002. E' stato possibile usufruire di tale
materiale grazie ad un archivio pre-esistente la cui esaustività è
garantita dal fatto che la spina dorsale dello stesso segue il filo
rosso della tematica ambientale-sanitaria ricorrendo perciò a testate
che hanno affrontato la questione con una certa omogeneità diacronica.
Tra le fonti yugoslave principalmente utilizzate si possono citare: 1)
l'agenzia di stampa Tanjug; 2) Radio B-92; 3) quotidiani come
Politika e Vecernje Novosti; Dnevni Telegraf, Blic, Glas Javnosti,
Danas; 5) quotidiani regionali quali Pancevac.
Una volta raccolto il materiale è iniziata la fase di catalogazione
svolta secondo un criterio sia tematico che cronologico (di tipo
annuale e mensile) e seguita da una sistematizzazione per fonte
(principalmente yugoslava o internazionale).
Oltre alle fonti sopra citate, l'altro importante strumento
metodologico utilizzato per la ricerca è stato quello dell'intervista
semi strutturata e del colloquio in profondità grazie alle quali è
stato possibile formulare riflessioni sulla validità o meno delle
ipotesi di partenza.
Le suddette ipotesi riguardano grosso modo tre sfere di riflessione:
1) modus operandi della stampa in un contesto bellico, ipotizzando
forme di filtraggio e censura a proposito dei gravi danni
ambientali/sanitari veicolati dalla guerra - con particolare
attenzione ai bombardamenti subiti dalle industrie chimiche e
dall'uso di armi all'uranio impoverito - ; 2) natura del conflitto in
ex-Yugoslavia inteso come guerra ecologica sia a livello di
intenzionalità che di effetti; 3) reazioni/dinamiche sviluppatesi
nella popolazione locale a fronte della problematica socio-ambientale,
ipotizzando una sorta di meccanismo di autocensura.
Per testare validità ed attendibilità di tali ipotesi il primo passo è
stato in direzione di confronto rispetto ai dati estrapolati
dall'analisi quali-quantitativa degli articoli analizzati. Dopo aver
creato le sei categorie concettuali di base denominate semplicemente
Voci si è cercato di individuare dei trend d'interesse mediatico nei
confronti dei singoli argomenti per poi cercarne eventuali
spiegazioni. Questo tipo di operazione ha rivelato una pressoché
totale assenza di articoli a proposito della situazione ambientale
fino all'anno 2000 ed un significativo - poiché crescente - interesse
per l'argomento dallo stesso anno in avanti.
Per quanto riguarda il lavoro svolto sui testi delle interviste il
primo passaggio utile è stata l'individuazione di diversi items
ricorrenti. In questo caso le segnalazioni più interessanti
riguardano da una parte l'omogeneità emersa a proposito delle pessime
condizioni ambientali dei siti bombardati dalla Nato e dall'altra la
netta spaccatura a proposito della questione Du (depleted uranium) e
delle operazioni mediatiche effettuate sulle notizie in tempo di
guerra.

Riprendendo dunque in mano le ipotesi iniziali, cosa emerge?
La testimonianza degli articoli pubblicati a partire dall'anno 2000
riguardo ai danni ambientali subiti durante il conflitto del 1999
spinge in direzione affermativa rispetto ad una constatazione di
effettualità del danno degna di una guerra ecologica e d'altro canto
interviste e colloquio in profondità portano verso una parallela
conferma dell'intenzionalità con la quale sono stati effettuati certi
tipi di bombardamenti.
Rispetto alla prima ipotesi sia l'analisi degli articoli che quella
delle interviste portano nella stessa direzione: la conferma di una
censura della stampa yugoslava durante e dopo il conflitto del 1999,
operazione attuata tramite un filtro delle informazioni.
Ciò che risulta quasi paradossale è il fatto che sull'altare del
mantenimento del public order sia stata immolata la possibilità di
denuncia rispetto ai gravi danni socio-ambientali riconducibili agli
attacchi aerei Nato in ex-Yugoslavia e ciò rimanda all'ultima ipotesi
formulata.
Scegliere di tacere riguardo ad alcune delle più pesanti conseguenze
dei bombardamenti non potrebbe forse indicare una specie di ambigua
complicità tra vittima e carnefice?
In questo caso i trend non aiutano poiché la vera fonte da considerare
sono piuttosto le interviste ed il colloquio da cui si ricavano
elementi convergenti verso la possibilità di una eventuale sorta di
autocensura scattata nelle popolazioni locali a proposito del rischio
ambientale-sanitario del loro territorio.

F. Alessandrini
federicalessandrini@...


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

1) Tesi di laurea di Federica Alessandrini in Scienze Politiche
(Bologna), Indirizzo Politico-Sociale, Sociologia dello Sviluppo, 19
Marzo 2003:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/VARIE/alessandrini.z=
ip

2) A. Dobson, M. Waller, K. Drezov, B.Gökay, Kosovo, the politics of
delusion, Frank Cass Ed., London, 2001, p. 138.

3) Rapporto Unep, 1999.

4) T. Weymouth & S. Henig, The Kosovo Crisis. The last American War in
Europe?, Reuters, London, 2001, p.143.

5) M. Thompson, Forging War. The Media in Serbia, Croatia, Bosnia and
Erzegovina, University of Luton Press, 1999, p.21.

ÉLIE WIESEL PRIX NOBEL DE LA GUERRE

Élie Wiesel, prix Nobel de la Paix en 1986, publiait dans San
Francisco Chronicle le 12 mars 2003 un article appuyant la politique
des États-Unis face à Saddam Hussein.

Dans cet article Wiesel déclare, à propos de la guerre en Irak, qu'en
toute autre circonstance il aurait sans doute rejoint les marcheurs
de la paix. Quand on connaît les prises de position du Prix Nobel de
la paix, dans des conflits antérieurs, on se demande quelles doivent
être les circonstances d'une guerre pour que Wiesel rejoigne les
marcheurs de la paix? Il suffit d'examiner ses attitudes dans des
conflits récents pour douter de sa sincérité.

Ainsi, lors de la première guerre dans le Golf, Élie Wiesel brillait
par son absence parmi les marcheurs de la paix. Pourtant, dans le même
article il se demande si la guerre n'est pas la cruauté absolue et la
forme ultime de la violence. Enfin, à propos de la guerre en
Afghanistan, Élie Wiesel se tait aussi bien à propos du massacre des
prisonniers talibans que d'internement des survivants à la base de
Guantanamo, privés de toute protection juridique et enfermés dans des
cages, comme des fauves.

Mais si dans ces deux cas, l'intervention armée des États-Unis ait pu
paraître en partie justifiée par l'invasion de Kuweit et le fanatisme
des talibans, ce sont des conflits en Yougoslavie et la dernière
guerre contre Irak qui avaient mis en lumières l'alignement
inconditionnel d'Élie Wiesel sur la politique des États-Unis.

Dans l'article mentionné, Élie Wiesel affirme, en parfait accord avec
le président Bush, que Saddam Hussein était un tyran impitoyable d'un
État voyou, mais il oublie de rappeler que les États-Unis l'avait
soutenu tant qu'il faisait la guerre contre l'Iran. Quant à
l'épouvantail des armes prohibées dont Saddam aurait pu se servir,
Wiesel croit à leur existence, car il croit à la parole de Colin
Powell: « un homme d'un tel calibre ne risquerait pas sans raison son
nom, sa carrière, son prestige, son passé, son honneur ». On reste
perplexe devant la crédibilité d'Élie Wiesel. Ou elle frise la
jobardise ou elle est feinte. Dans ce dernier cas Wiesel suppose, à
tort, l'opinion publique capable d'avaler des pareilles couleuvres.
Or, voici qu'un mois après la fin des hostilités, les troupes
anglo-américaines n'ont pas trouvé la moindre trace de ces armes de
destruction massive. Élie Wiesel, est-il pris de doutes, de remords
d'avoir proféré un mensonge? La question ne se pose même pas. Le grand
homme se terre dans le silence, car il compte sur notre amnésie.

Mais c'est probablement dans le conflit qui avait déchiré
l'ex-Yougoslavie qu'apparaît le plus clairement l'ambiguïté d'Élie
Wiesel, l'homme de la paix virtuel et de la guerre réelle. Dans son
article, il affirme que seule une intervention militaire avait pu
mettre fin au bain du sang dans les Balkans. En effet, le 13 décembre
1995, Wiesel avait déclaré dans le bureau ovale de la Maison Blanche
et en présence du président Clinton que l'envoie des troupes de
maintien de la paix en Bosnie est un impératif moral. Fidèle à lui
même, il évoque la morale pour justifier les visées géostratégiques
des États-Unis et d'Allemagne, des véritables maîtres d'œuvre de cette
guerre.

Il est impossible d'imaginer que Élie Wiesel ne le savait pas, lui qui
fraie le gratin politique et intellectuel de son pays d'adoption. Si on
en doutait de cette réalité, il suffirait de relire les journaux
européens du décembre 1991 pour se rappeler que dans la nuit du 17 au
18 décembre 1991 le ministre allemand des affaires étrangères Hans
Dietrich Genscher avait arraché à Rolland Dumas, ministre des affaire
étrangères de la France, la reconnaissance de la Slovénie et de la
Croatie par les pays européens, ce qui a mis le feu aux poudres.
L'armement de la Croatie par l'Allemagne réunifiée et des musulmans
par des avions cargo américains atterrissant la nuit à l'aéroport de
Tuzla, en dépit de l'embargo sur les armes proclamées par les Nations
Unies, sont des secrets de polichinelle. Par la décomposition de la
Yougoslavie l'Allemagne avait enfin réalisé son vieux rêve de faire
disparaître le dernier vestige du traité de Versailles.

Pour ce qui est de la guerre en Bosnie tout se passait comme si dans
les esprits de certains dirigeants occidentaux ce conflit se présenta
comme une occasion unique de faire un deal avec le monde islamique :
concluons la paix en Israël et en contre partie vous aurez un État
musulman en Bosnie. Comment expliquer autrement sa charge contre les
Serbes dans son article du Time du 7 août 1995 et son support pour un
fondamentaliste islamique tel que Alia Izetbegovitch, auteur de la
fameuse Déclaration islamique qui prône l'incompatibilité d'un État
laïque avec la charia ?

Dans la politique tous les accords se font sur le principe du donnant
donnant, Hélène Carrère d'Encausse dixit. Elie Wiesel était le
complice conscient de cette politique.

Toutes les sanctions économiques contre la Yougoslavie et les actions
militaires contre les Serbes en Bosnie ont été justifiées par des
prétendus massacres commis par les Serbes. Or nous disposons
aujourd'hui des témoignages irrévocables prouvant qu'au moins deux de
ces massacres étaient organisés par les musulmans. Le premier de ces
massacres se produisit le 27 mai 1992 devant une boulangerie de la rue
Vasa Miskin à Sarajevo. Le général canadien Lewis MacKenzie, le
premier commandant des troupes des Nations Unies à Sarajevo, témoin
privilégié, écrit à ce propos dans son livre The road to Sarajevo :

« La présidence bosniaque dénonce un bombardement serbe. Les Serbes
parlent d'une charge explosive préparée à l'avance. Nos soldats (les
Canadiens) disent qu'il y a un certain nombre de détails qui ne
collent pas. La rue a été bloquée juste avant l'incident. Une fois la
file d'attente formée, les médias bosniaques ont fait leur apparition,
mais sont restés à distance avant de se ruer sur les lieux sitôt
l'attaque terminée ».

La première intervention militaire contre les Serbes de Bosnie s'était
produite suite au massacre de la place de Marcalé, commis prétendument
par les Serbes. D'après Le Nouvel Observateur du 31 août 1995, Édouard
Balladur, premier ministre français et les généraux français savaient
très bien que ce massacre n'était pas l'œuvre des Serbes, mais il a
permit à l'Otan de sortir de ses atermoiements. Donc les Serbes ont
été bombardé pour raison de commodité. Du moins Édouard Balladur a eu
le courage de dire « nul ne le conteste, pour gouverner, il arrive
qu'il faille recourir à des procédés qui ont peu à voir avec la morale
courante « ( Les mots des politiques, Éditions Ramsay, 1996).

Élie Wiesel ne pouvait pas ignorer ces faits, comme il ne pouvait pas
ignorer la mise en scène du massacre de Ratchak au Kosovo en 1999 car
celui-ci avait servi du prétexte pour déclencher la guerre contre la
Yougoslavie en mars de la même année, mais il continuait de se taire.

Ceci nous amène à poser la question si désormais le prix Nobel de la
Paix ne devait pas être attribué à titre posthume. Le cas d'Élie
Wiesel montre qu'un récipiendaire du prix Nobel de la paix peut de son
vivant se métamorphoser en un partisan de la guerre.

Il est probable aussi que si les membres de l'Académie norvégienne
s'étaient donnée la peine de lire le livre de Wiesel Legends of our
times, publié pour la première fois en 1968 chez Schocken Books, New
York, ils auraient réfléchi deux fois avant de lui donner le
prestigieux prix. Ils auraient pu y trouver notamment la phrase
suivante: « Chaque Juif, quelque part dans son être, doit instaurer une
zone de haine – une haine saine, une haine virile - pour tout ce que
les Allemands personnifient et représentent. Faire autrement serait
trahir les morts ».

Sans doute, Élie Wiesel a souffert dans sa chair à Auschwitz et on
peut comprendre qu'il ne porte pas les Allemands dans son cœur, mais
de là à faire l'apologie de la haine de tout un peuple, il y a là
quelque chose d'incompatible avec un homme qui aspire à être la
conscience universelle. Et puis, qui peut le nier, la haine n'est-elle
pas en dernière instance le désir de meurtre ?

À propos d'Élie Wiesel, on ne peut s'empêcher de penser à Primo Lévi,
un autre juif rescapé du camp d'Auschwitz et qu'on est tenté de
regarder comme antithèse de Wiesel. Il en est sur plusieurs plans. À
sa libération il reprend son métier d'ingénieur chimiste et fuit les
honneurs, les mondanités et surtout la fréquentations des puissants de
ce monde. Dans sa volonté de comprendre, il ira jusqu'à établir le
contact avec celui qui fut son chef au laboratoire de chimie à
Auschwitz et seule la mort de cet homme l'empêchera de le rencontrer.
Dans son œuvre magistrale, en grande partie autobiographique, la haine
d'Allemand est totalement absente. Lévi ne s'instaure pas le juge
suprême du Bien et du Mal, comme le fait Wiesel qui s'approprie ainsi
des attributs de Dieu. Pour un homme, qui se dit croyant, cette
appropriation abusive laisse une impression de malaise. L'œuvre de
Lévi pose implicitement la question fondamentale: comment un univers
concentrationnaire ait pu éclore au pays de Goethe et de Beethoven ?
C'est finalement la même question que Soljenitsyne pose pour la
Russie, patrie de Dostoïevski et de Tchaïkovski.

Plus je réfléchis sur ces deux rescapés d'Auschwitz, plus mes
préférences vont à Primo Lévi.


Trois-Rivieres (Canada), 15 mai 2003

Négovan Rajic

negovan.rajic@...

From: Marek Glogoczowski
Subject: "International community", Kosovo's proconsul Michael
Steiner & "Serben muss sterben" principle
Date: 16/05/2003 10:46


Below I pasted a copy of an e-letter I recently received from my
friend,
Piotr Bein, since 30 years established in Vancouver, Canada.
M.G.

-----------------------------

Mr. Lindmeier,

I will be as blunt as UNMIK's cynicism in its press release that
reminds me
of pre-school times when, unable to deal with the message, kids told
the
staff on me. Not only children try to undermine the messenger. You
must also
be aware of the thief who, to detract attention from himself, shouts
and
points to bystanders, like UNMIK does to Serb officials. Please pass
my
comment on to your superiors for a more meaningful answer.

Unfortunately for the "international community", many denizens of
conscience
agree with Mr. Dragan Rakic's complaint. Whom is this "car
registration
before capturing war criminals" rubbish for? We are tired of UNMIK-
KFOR
"inability" and perpetual blaming "the Serbs" for own failures to
accomplish
resolution 1244.

Recently I travelled in Kosovo, stayed with Albanians for a few
nights, and
visited tightly guarded Serb Orthodox monasteries and enclaves. A vice
gripped my throat every time I passed by burned out Serbian houses and
Albanian mansions with driveways paved with rubble from Serbian
houses.
Tears rolled down my face when I saw Serb cemetaries and churches
desecrated
and ruined. I was terrified when I saw some of them surrounded by
barbed
wire and watchtowers of KFOR who abandoned the posts.

I met Albanians involved in arms trade and sex slavery. A pimp
propositioned
me to visit his establishment "full of girls from Moldavia". Learning
that I
am unemployed, my hosts sincerely proposed that I participate in
their arms
trafficking. They told me they hate UNMIK nad KFOR, and are preparing
an
uprising. I saw brand-new posters with a logo of the UCK (outlawed and
supposedly disbanded Kosovo Liberation Army) in public offices and
businesses, even on a road sign next to an UNMIK police station.

Kosovo is dotted with pretentious monuments to fallen UCK men –
heroes to
the Albanians, war criminals to the Serbs. More than a thousand Serbs
are
still missing since US-led KFOR marched in and looked through fingers
at
Albanian extremists' "revenge crimes". A Kosovo Serb friend of mine,
in
Poland since the beginning of NATO attack on Yugoslavia, necessarily
stays
there to date, otherwise he would risk his life, if he returned. UCK
expelled his family to Serbia and Montenegro in 1999. They lost one
member
and everything they owned. I learned just before last Easter that the
Hague
"tribunal's" quest for Albanian victims in Kosovo has unearthed the
lost
family member.

Most of my Albanian interlocutors (and many Moslems in Montenegro,
too)
absolutely hate the Serbs. No registration plates will change their
hearts.
Until the meddling of "humanitarian" West and Islamist states towards
the
end of the past century, Serbs had no problem living and sharing with
Slovenes, Croats, Bosnian Moslems, Albanians and many other groups.
Yet, the
US-led "international community", sponsored hate-driven ethnic
cleansing of
hundreds of thousands of Serbs from Croatia, Bosnia and Kosovo, and
cynically accused "Milosevic and the Serbs" for doing it to the
others. In
these "humanitarian missions" Germany supplied arms, mercenaries,
money and
intelligence to the illegal secessionists in Slovenia, Croatia,
Bosnia and
Kosovo. No amount of disinformation will obliterate the facts. They
are all
over to be found, except at the kangaroo court in Hague and in German
official statements.

Among lighter "omissions", UNMIK-KFOR obviously do not react to lies
posing
as authoritative publications. This is your basic obstacle to normal
multi-etnicity declared in resolution 1244. At book stands on
Prishtina's
main street I browsed through many books that present propaganda
hoaxes
against the Serbs ("death camps" in Bosnia and Racak "massacre", for
example) as indisputable facts years after they have been debunked. If
anybody in the West tried to spread lies against the Jews, for
example, they
would not last a minute.

The Albanians I met resent the monthly expenses on Herr Steiner's
mansion in
Kosovo no less than they do the salaries of the UNMIK policemen; men
from
developing countries earn a huge multiple of their domestic pay. We
are
getting a good value for our taxes: I saw UNMIK toyotas 4WD
everywhere,
parked by the dozen at every UNMIK post, driving to and fro on every
road.
What for?

All Serbian vehicles that I saw in Kosovo had Steiner's plates for the
safety of the owners and passengers. Why does he insist on Belgrade's
recognition of something that should have been implemented in June
1999? In
Grachanica, one of a few remaining Kosovo Serb enclaves, I saw vendors
selling fuel in pop bottles, even though there is a new gas station
near the
village and Serb prices in dinars are equivalent to euro, the official
currency in Kosovo. Serbs would be attacked, if they ventured out –
explained several Serbs and Albanians. Minutes from the gas station
stands a
fort of the Swedish battalion of KFOR.

Why should Belgrade recognize Steiner's plates if UNMIK-KFOR has not
even
tried to remove the root of a fundamental personal safety problem of
the
Serbs in Kosovo? Nebojsa Covic did the right thing when
he "disappointed"
Herr Steiner.

Serbia has legal, historical and moral sovereignty over its ancient
Kosovo.
Hopefully Herr Steiner and German members of KFOR and UNMIK realize
that
they are occupiers in an illegally attacked state, while at the same
time
their government condemns an lawless attack and occupation of Iraq.
When
will UNMIK-KFOR bureaucrats get their act together? Not as long as
they are
the operatives of elites aspring to totalitarian government.

If Kosovo indicates official (overt and covert) German behaviour, I,
a Slav
and a Pole, am very concerned about Germans posing as benevolent
"international community" representatives. Herr Steiner is tacitly
implementing Austro-Hungarian empire's "Serben muss sterben" adage.
Serbia
is sovereign in Kosovo, like Poland is over its Western Lands re-
gained
after WW2. Once Poland joins European Union, revisionists may start
taking
over our land (see German whistle-blowing at
www.freenations.freeuk.com for
substantiation of this Polish "hysteria"). Then another Herr Steiner
will
justify this new "Drang nach Osten" cleansing with a bureaucratic
gimmick to
full the naive West.

If Slavs were as aggressive and cheeky as Albanians and other radical
Balkan
Moslems supported by radical Islam and the "international community",
they
would be prevailing all the way to Hamburg and the Elbe River, never
mind
the Balkans. Herr Steiner is playing with fire. If he is oblivious to
history, Slavs can be devastating when pressed to the wall. Seemingly
mindless destruction by the employees of German-owned farms and
businesses
that sprout in Poland might be a forewarning, if Germans, hiding under
"international community" and "humanitarian missions", don't change
their
social management approach. Until then, the likes of Herr Steiner can
ask
"dumm" questions – as at the end of his press release – till they
drop.

Dr Piotr Bein, PEng
Vancouver, Canada
and
Szczecin (not "Stettin"), Poland


-----Original Message-----
From: Christian Lindmeier [mailto:lindmeier@...
Sent: May 15, 2003 5:38 AM
To: "Michel Collon <michel.collon" <michel.collon@...>,
"Russell Gordon <russellgordon" <russellgordon@...>,
"BBC World <worldservice.letters" <worldservice.letters@...>,
"CANAUK <canauk" <canauk@...>,
"David NYTimes Binder <dabind" <dabind@...>,
"Glas Kosmeta KERP <kerp" <kerp@...>,
"<hrwatcheu" <hrwatcheu@...>, "<hrwdc" <hrwdc@...>,
"<hrwnyc" <hrwnyc@...>, "<hrwuk" <hrwuk@...>,
"Jared Israel <jaredi" <jaredi@...>,
"john_peter maher <jpmaher" <jpmaher@...>

Subject: Re: Michael Steiner

(See attached file: #964 - High ranking working group.doc)

UNMIK/PR/964
Wednesday May 14, 2003
SRSG Expresses Disappointment at Covic's departure from meeting of
High
Ranking Working Group


PRISTINA – SRSG Michael Steiner described the departure of Serbian
Deputy
Prime Minister Nebojsa Covic from the High Ranking Working Group, as
"disappointing".

"Mr. Covic wanted the High Ranking Working Group to meet and we were
ready
for it, but the meeting unfortunately did not take place," said SRSG
Michael
Steiner.

Mr. Steiner said that Mr. Covic wanted to discuss the Musliu case
first.
"Let me explain my position. Musliu is one of the most violent,
active,
organized crime figures in the region. Nevertheless, as in all cases,
the
rule of law must be followed."

"But this aside, Musliu is not in UNMIK's detention. So I am in not
in a
position to deal with this issue."

"I made this clear to Mr. Covic, but it did not satisfy him and he
suddenly
did not want the meeting he had requested."

"This is particularly disappointing because the first item on the
agenda was
the Protocol on mutual recognition of number plates. This protocol
has been
ready for signature and agreed by the Government in Belgrade since
August of
last year."

"So what does not signing it mean? It means limited freedom of
movement for
all communities and especially for Kosovo Serbs. Providing anonymous
number
plates for everyone is the most practical measure to improving
freedom of
movement and would have immediate results."

"Moreover, in the Common Document, UNMIK had made a `commitment to
increase
freedom of movement through the issuance of free (KS) license plates
to
Kosovo Serbs'. We continue to hand out free number plates to Kosovo
Serbs
and have extended our deadline pending signature of the protocol."

"I fail to understand why this protocol cannot be signed. As I said,
it is
in the interest of all communities and particularly Kosovo Serbs. I
must
ask: Why is it that the whole neighborhood and the EU countries
recognize KS
number plates but Serbia does not?"

======================================================================
===
From: "Dragan Rakic" <dragan@...>

Subject: Michael Steiner

Route: un.org

Sirs,

Michael Steiner's decision not to turn over to the
Serbian justice, the indicted war criminal and terrorist Sefcet
Musliu, if
it is his own, reveals once again that the UN is not able to rule out
the
Security Council resolution 1244, which certainly respects the part
of the
protection of Albanians, and nearly not at all the protection of the
Serbian
population.
The indicted person, Sefcet Musliu, was confirmed
commander of the terrorist groups in the Kosovo region, but also in
the
Southern Serbia, Medvedja , Bujanovac and Presevo, which are not
under the
UNMIK jurisdiction. Of course there cannot be any question of any
sort of
revenge or the violence, but only the respect of laws, and it seems
that
according to Mr. Michael Steiner, Serbia has no right to fully
exercise her
laws even on her own territory.
The question is how can then, any international instance press Serbia
to
turn over her indicted, and not to be able to legally exercise her
justice.
How can one criticize the Iraqi invasion by the coalition forces, and
do the
same in another part of Europe.
Instead of justice equal for all and the multiethnic
society, Mr. Steiner suggests to Serbs "the car registration plates",
like
if it was the most important matter in establishing the peace, order
and
justice.
Besides, the general impression is that although
the post Milosevic era is there , and the new government make efforts
and
all the necessary to comply to the international community's
exigencies, but
also laws, the very same community, at least a part of it, behaves
like
nothing was done.
What was not understood yet is that, any wrong move on behalf
of the international instances is cleverly used by those who still
hope the
return of the previous system and previous political groups. Would it
mean that someone intentionally maintains the country's instability
and
thus the uncertain situation in the whole of the region. If the aim
is a
multiethnic society, then there should not be what we call in France "
deshabiller Pierre pour habiller Paul", take from the ones to give to
the
others, which is exactly what Mr. Steiner seem to be actually doing.,
if
he is the only
authority in the Serbian Province.

Sincerely

Dragan Rakic

Strasbourg

France




--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Coordinamento Nazionale per
la Jugoslavia" ha scritto:

(...)

UNMIK: KOSOVO NOT SERBIAN PROVINCE
ACCORDING TO RESOLUTION 1244
PRISTINA,May 11 (Beta)- UNMIK Chief Michael
Steiner has clearly said that Kosovo is not a Serbian
province according to U.N. Security Council resolution
1244, UNMIK spokeswoman Isabelle Karlovic said on
May 9.
"The secretary general's special envoy (for Kosovo
Michael Steiner) said in (Vienna on May 8) that resolution
1244 leaves the issue of status open. The special envoy has
clearly said that Kosovo is not a province of Serbia
according to Resolution 1244," she said.
Steiner, SerbiaMontenegro ambassador Branislav
Milinkovic and representatives of the council's member
countries addressed an OSCE Permanent Council sitting on
Kosovo on May 8.

(...)

http://www.resistenze.org/sito/ma/di/cl/madcqn.htm

www.resistenze.org - materiali resistenti - disponibili in linea:
iper-classici del marxismo - 20-03-03

Tratto da Stalin - Opere scelte Vol. 1- Laboratorio Politico
Testo messo a disposizione da Edizioni La Città del Sole conversione
in html a cura del CCDP


Stalin

IL MARXISMO E LA QUESTIONE NAZIONALE


I La nazione
II Il movimento nazionale
III Impostazione del problema
IV L'autonomia culturale nazionale
V Il Bund, il suo nazionalismo, il suo separatismo
VI I caucasiani e la conferenza dei liquidatori

http://www.resistenze.org/sito/ma/di/cl/madcqn.htm

"Un milione di posti di lavoro". Lo promette oggi il governo serbo,
mentre assicura la prossima entrata nella NATO. Nel frattempo, i
rappresentanti dell'ONU dichiarano esplicitamente che il protettorato
del Kosovo "non fara' mai piu' parte della Serbia". In Montenegro, il
nuovo presidente secessionista viene "eletto" con IL 63 PER CENTO DEL
48 PER CENTO dei votanti, cioe' circa il 25 per cento dei voti.



Subject: DS 12.Maj
Date: Mon, 12 May 2003 10:44:23 -0400
From: YugoEmb-Ottawa <diplomat@...>


DAILY SURVEY



Belgrade, 12.5. 2003. No. 4112


C O N T E N T S :
Serbia & Montenegro - HARMONIZATION
- EU will understand our economic interests, Nurkovic

- Governments achieve huge success in harmonization
of customs duties

SERBIA
- ONE MILLION OF NEW JOBS IN SERBIA IN
NEXT FIVE YEARS

KOSOVO METOHIJA
- SVILANOVIC FAVORS INSTITUTIONAL
PROTECTION FOR SERBS IN KOSOVO
- LAMBSDORF: KOSOVO NEVER AGAIN TO BE
PART OF SERBIA
- COVIC: UNMIK SWITCHING THESES
CONCERNING SITUATION IN KOSOVO
- UNMIK: KOSOVO NOT SERBIAN PROVINCE
ACCORDING TO RESOLUTION 1244
- KFOR BELIEVES MORE EXTREMISTS IN
KOSOVO PROTECTION CORPS

MONTENEGRO
- NGOs: VUJANOVIC WINS WITH 63.3 PERCENT
- I will be the president of all citizens of Montenegro -
Vujanovic


Serbia & Montenegro HARMONIZATION

EU will understand our economic interests, Nurkovic
BELGRADE, May 11 (Tanjug) - If the governments
of Serbia and Montenegro fail to agree the remaining 20
percent customs duties, a plan should be made to
harmonize this sphere over the next three years, instead of
now, Interior Economic Relations Minister Amir Nurkovic
has said. "In question are not political disputes, but a
clearcut economic forecast according to which
harmonization by force of all customs duties would disrupt
the economies of the member states, and the governments
of the member states and the organs of the state union
should inform the European Union about this," Nurkovic
told Sunday's issue of Belgrade daily Vecernje Novosti.
He underscored that this is not merely his own view, but
also the conclusion of the Council of Ministers which
believes that the EU will understand our economic
interests.

Governments achieve huge success in harmonization of
customs duties
PODGORICA, May 11 (Tanjug) - Montenegrin
Premier Milo Djukanovic said Sunday that the
governments of Serbia and Montenegro have achieved
much success in the harmonization of customs duties, but
that it is certain that at this moment this process will not be
fully completed. "The harmonization of customs duties
between Serbia and Montenegro is being conducted in a
very constructive manner, in an atmosphere of revived
trust between the two governments. Very competent
groups of ministers from both cabinets are engaged on this
and I believe that so far they have done all that has been
possible," Djukanovic told Tanjug. What we have done so
far is a great success which should be appreciated by the
European Union, because thus we will create conditions for
starting the drafting of the feasibility study, Djukanovic
added.

SERBIA

ONE MILLION OF NEW JOBS IN SERBIA IN NEXT
FIVE YEARS
BELGRADE,May 11 (Beta)-Serbian Economy and
Privatization Minister Aleksandar Vlahovic has announced
that the number of small and medium companies in the
next five years would grow from the current 270,000 to
400,000 and that one million of new jobs would be created
in those firms.
Presenting the strategy of development of small and
mediumsized companies to the representatives of local
selfgovernments, Vlahovic said that the strengthening of
the private sector was one of the Serbian government's
priorities.
"Small and medium companies are the driving force in
all European states, securing economic development and a
better living standard for all the citizens. These small
companies account for 99 percent of the total number of
companies in the European Union and they employ 75
percent of all working people," Vlahovic said, adding that
the intention of the Ministry of Economy and Privatization
was to create a legal and institutional framework for
transferring businesses from the grey economy into the
legal channels.
On its own, privatization would not be able to solve
the unemployment problem and therefore the conditions
need to be created for private initiative and the
simplification of the procedure for setting up private
businesses, he said.
Within the campaign entitled "Company May Be
Small, But It Propels All," the representatives of the
Ministry of Economy and Privatization would visit all the
regional centers in the following months in order to remove
all the obstacles for the development of small and medium
companies as efficiently as possible.

KOSOVO METOHIJA

SVILANOVIC FAVORS INSTITUTIONAL
PROTECTION FOR SERBS IN KOSOVO
BELGRADE,May 11 (Beta)-SerbiaMontenegro
Foreign Minister Goran Svilanovic has said that the
survival of Serbs in Kosovo was vital to securing a Serbian
presence in the province.
In a statement to the May 11 issue of the Belgrade
Blic, he said that this meant securing "a system of
guarantees for the survival of Serbs" in northern Kosovo
and in other parts of the province.
"It is necessary to decentralize Kosovo. Some in the
international community speak of a need to guarantee
functional autonomy for Serbs," Svilanovic said, adding
that there was enough room to find a model that would
secure Serb survival in Kosovo between the model
implemented in Bosnia Republika Srpska, and the
Macedonian model established by the Ohrid Agreement.
He said that the EU had decided to introduce "a
mechanism of monitoring stabilization and association for
Kosovo," in Kosovo's association with the EU.
"As the process of SerbiaMontenegro's association
with the EU will take years, I don't believe that any
decision concerning Kosovo will be brought quickly,"
Svilanovic said, adding reports that the province's status
will be solved in June this year, were unfounded and
incorrect.

LAMBSDORF: KOSOVO NEVER AGAIN TO BE
PART OF SERBIA
VIENNA,May 11 (Beta)-Nikolaus Graf Lambsdorf,
head of the office of the U.N. special representative in
Kosovo, said in Vienna on May 9 that "Kosovo will never
again be a part of Serbia."
"The present discussion of the status of Kosovo was
initiated by the constitution of SerbiaMontenegro, which
states that Kosovo is a part of Serbia. Even though it is
unclear what status Kosovo will have in the future, one
thing is certain and that is that it will never again be a part
of Serbia," said Lambsdorf at a conference called "The
Future of Kosovo Economic and Political Prospects."

COVIC: UNMIK SWITCHING THESES
CONCERNING SITUATION IN KOSOVO
BELGRADE,May 11 (Beta)-Coordinating Center for
Kosovo and Metohija chief Nebojsa Covic said on May 9
that statements by UNMIK officials at an OSCE meeting in
Vienna on the province's future, were a classic case of
switching theses and an attempt to put the blame on
Belgrade for the special envoy's failures in the province.
Commenting on a statement by the head of the
UNMIK chief's office Nikolaus Graf Lambsdorf that
Serbian Premier Zoran Djindjic had started a discussion on
the division of Kosovo before being killed and that his
assassination had left UNMIK without a partner for talks in
Belgrade, Covic said that Belgrade had been open for
dialog and debate since the change of government in 2000.
"This statement is a classic case of abuse of premier
Djindjic's death," Covic said, adding that all action taken
on Belgrade's part had been a joint endeavor.
"From the EU and U.S. ambassadors' expositions at
the OSCE summit in Vienna, it is clear that the
international community fully and clearly understands that
the U.N. special envoy in Kosovo has not done his job, that
he said one thing and did another, leaving him without any
credibility," Covic said.

UNMIK: KOSOVO NOT SERBIAN PROVINCE
ACCORDING TO RESOLUTION 1244
PRISTINA,May 11 (Beta)- UNMIK Chief Michael
Steiner has clearly said that Kosovo is not a Serbian
province according to U.N. Security Council resolution
1244, UNMIK spokeswoman Isabelle Karlovic said on
May 9.
"The secretary general's special envoy (for Kosovo
Michael Steiner) said in (Vienna on May 8) that resolution
1244 leaves the issue of status open. The special envoy has
clearly said that Kosovo is not a province of Serbia
according to Resolution 1244," she said.
Steiner, SerbiaMontenegro ambassador Branislav
Milinkovic and representatives of the council's member
countries addressed an OSCE Permanent Council sitting on
Kosovo on May 8.

KFOR BELIEVES MORE EXTREMISTS IN
KOSOVO PROTECTION CORPS
PRISTINA,May 11 (Beta)-KFOR has announced that
it will suspend the training of members of the Kosovo
Protection Corps aboard, until it is satisfied that there are
no terrorists in that organization.
A May 11 statement released by KFOR added that it
had reason to believe that there were more members of the
Corps involved in terrorist activities.
"The Kosovo Protection Corps and Kosovo risk being
put to shame if, during an official exercise, it is revealed
that one of its member belongs to a terrorist organization,"
the statement said.

MONTENEGRO

NGOs: VUJANOVIC WINS WITH 63.3 PERCENT
PODGORICA,May 11 (Beta)-Ruling coalition
candidate Filip Vujanovic received 63.3 percent of the vote
in Montenegro's May 11 presidential election, according to
NGOs monitoring the election.
According to Belgrade's Center for Free Elections and
Democracy and the Center for Monitoring Elections, based
in Podgorica, Vujanovic, nominated by the Democratic
Party of Socialists and Social Democratic Party, was
supported by more than 140,000 voters.
Runnerup Miodrag Zivkovic of the opposition Liberal
Alliance took 30.8 percent, or 68,000 votes.
Just 3.9 percent backed independent candidate Dragan
Hajdukovic.
About two percent of ballots were invalid. Voter
turnout was 48.5 percent.

I will be the president of all citizens of Montenegro -
Vujanovic
PODGORICA, May 12 (Tanjug) - Newly elected
Montenegro's president Filip Vujanovic said on Sunday
evening that he will be the president of all citizens of the
Republic and that he will lead Montenegro to Europe
taking easy steps and in a co-operative way in order for
Montenegro to become part of Europe as soon as possible.
Vujanovic assessed that with his victory the coalition of
the Democratic Party of Socialists and the Social
Democratic Party has shown for the fifth time over the
past year that the citizens' orientation is a European
Montenegro.
In his statement to the press following the
announcement of the preliminary results, according to
which he won 65 percent of the votes, the new president
said that the priority of his policy would be "all activities
that would lead Montenegro to a speedier accession to the
European Union".


===


VUJANOVIC: I WILL CALL REFERENDUM ON INDEPENDENCE IN
THREE YEARS

PODGORICA,May 4 (Beta)-The Montenegrin ruling coalition's presidential
candidate, Filip Vujanovic, said on May 4 that there was an obligation
to hold a referendum on the future status of Montenegro in three
years.
"In three years, as a president of the Republic, I will demand that a
referendum on independence be organized so that the citizens of
Montenegro be offered an opportunity to state their minds regarding
their future," Vujanovic told BETA.
Responding to a statement of his rival Miodrag Zivkovic, from the
Liberal Alliance of Montenegro that the referendum was not
"automatically" obligatory, Vujanovic said that Zivkovic had
"obviously failed to read the text of the Belgrade Agreement and the
Constitutional Charter."

I DANNATI DEL KOSOVO

1. Proiezione a Ravenna Mercoledì 14 maggio.
Manifestazione contro la base di Pisignano il 17 maggio.

2. Riflessioni di Curzio Bettio dopo la visione del film "I dannati
del Kosovo", proiettato a Padova.
Traduzione italiana di due interviste agli autori del video.
Anche alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CollonPadova.doc


=== 1 ===


--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Red * Ghost" <red-ghost@...> ha
scritto:

- Ravenna
Mercoledì 14 maggio

Redazione Laboratorio Sociale - Collettivo Red Ghost - Studenti in
Lotta
Organizzano

presso il Cinema JOLLY.doc
Via Renato Serra
ORE 21

proiezione del documentario

I DANNATI DEL KOSOVO

di M. Collon e V.Stojiljkovic

Per vedere quello che i media non mostrano.
Per capire la "democrazia" della NATO.

Introduce Claudia Benedetti
(Comitato gettiamo le basi - Cervia)

---

- Cesena
Sabato 17 Maggio h. 9.00
Piazzale K. Marx (stazione FFSS)

MANIFESTAZIONE-CORTEO

Contro il massacro infinito:
continuiamo la mobilitazione!

· Per la chiusura della base NATO di Pisignano e la sua riconversione
a struttura della protezione civile. No al dislocamento dei nuovi
caccia-bombardieri "F16" e alle munizioni ad uranio impoverito !
· No ai ricatti e ai preparativi di nuove guerre "preventive".
· Per il ritiro delle truppe USA-GB e del contingente italiano
dall'Iraq.
· Solidarietà alla popolazione irachena

Comitato promotore: Assemblea cittadina contro la guerra - Assemblea
studentesca - Verdi - Progetto comunista - Pellerossa autogestito -
Giovani Comunisti - Partito dei comunisti italiani - Rifondazione
Comunista (Federazione di Cesena) - Gruppo R.esistenza
adesioni:
Ravenna: collettivo Red Ghost, redazione Laboratorio Sociale, Cobas
scuola, Verdi
Cervia: Comitato gettiamo le basi

Per adesioni e info:
momotombo@...
360842434

--- Fine messaggio inoltrato ---


=== 2 ===


--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., chinino@... ha scritto:

Vi invio in allegato un documento che può essere utilizzato anche
frammentandolo, se lo riterrete opportuno, sulla proiezione dibattito
avvenuta a Padova il 25 marzo del film "I dannati del Kosovo":
partecipazione di numeroso pubblico (circa 150 persone), buono il
dibattito, molte cassette acquisite. La Stojikovic e Collon bravissimi
controinformatori.
Curzio di Soccorso Popolare di Padova

Il documento si puo' scaricare alla URL:

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/
CollonPadova.doc


---


Padova, 26 marzo 2003

Riflessioni di Curzio Bettio, di Soccorso Popolare di Padova, dopo la
visione del film "I dannati del Kosovo", proiettato alla scuola media
Donatello di Padova, a cura di cittadini compagni del Veneto che hanno
sempre denunciato gli orrori delle guerre imperialiste, ieri contro la
Jugoslavia, ed oggi contro il popolo dell'Iraq.
Veramente rilevante la partecipazione e dibattito sicuramente
efficace.

Il film è il frutto della collaborazione fra Vanessa Stojilkovic,
regista, e Michel Collon, giornalista e scrittore.

Vanessa Stojilkovic, venticinque anni, ha perso diversi membri della
sua famiglia durante la guerra e si è impegnata nel montaggio del
film, soprattutto per raccontare una verità oggi taciuta dai media:
"Lo stress della guerra e dei bombardamenti ha provocato pesanti e
diffusi problemi di ipertensione che la popolazione non ha il modo di
curare.
I tumori, causati dall'inquinamento chimico e radioattivo per Uranio
Depleto delle falde acquifere e del suolo, si sviluppano ad una
velocità spaventosa.
Gli esseri umani muoiono nella sofferenza. Il bilancio della guerra
per tutta la Jugoslavia non è rappresentato soltanto dai morti, ma
dallo stato fisico e psicologico dei sopravvissuti. E dalla loro
mancanza di futuro...".

Michel Collon, giornalista e scrittore belga, particolarmente attento
al meccanismo dei media e dell'informazione, e impegnato nello
smascheramento delle média-menzogne, ha pubblicato Attention
médias! (1992), Poker menteur (dedicato ad un'analisi delle guerre in
Jugoslavia, 1998), Monopoly: L'Otan à la conquête du monde (2000).
Sulla Jugoslavia ha girato anche il film Sous les bombes de l'Otan.

Macbeth, atto II, scena II
MACBETH
???
Che mani sono queste? Ah! Mi strappano gli occhi.
Basterà tutto il grande oceano di Nettuno
a lavare questo sangue dalla mia mano?

Quattro anni fa, il 24 marzo del 1999, cominciavano i bombardamenti
della NATO sulla Jugoslavia, che non risparmiavano case, scuole,
ospedali, ospizi, ponti, fabbriche, stazioni, vite innocenti, e
facevano largo impiego - come già in Iraq nel 1991 e in Bosnia nel
1995 - di proiettili all'Uranio impoverito.
Era la "guerra umanitaria", per la liberazione del Kosovo, per
contrastare la "pulizia etnica"!

Ma cosa ne è oggi del Kosovo, dopo 4 anni di occupazione militare di
truppe della NATO, e con la presenza di una gigantesca base militare
USA, Camp Bondsteel, che ospita 18.000 marines?
Gli elementi raccolti nel corso della recente missione della
Commissione Diritti Umani del Senato italiano sono eloquenti: 230.000
Serbi ancora sfollati; nessun dialogo né integrazione tra i diversi
gruppi etnici, rappresentati, oltre che dagli albanesi e dai serbi,
anche dalle minoranze bosniache, croate, turche, rom, askalija e
gorani; intimidazioni, vessazioni, omicidi sono all'ordine del giorno.
Il "ritorno alla normalità" è ben lontano.
Il sentimento prevalente è la paura. Se un Serbo si ammala ed ha
bisogno di un ospedale, o riesce a ricoverarsi all'ospedale serbo di
Mitrovica, o rinuncia al ricovero, perché ha paura di non uscirne
vivo.
122 chiese, e luoghi di culto cristiani ortodossi sono stati fatti
saltare in aria dall'UCK, e tanti monasteri hanno bisogno di essere
presidiati militarmente in permanenza per evitare la loro distruzione.

L'economia del Kosovo è al collasso, con interi settori produttivi
bloccati e una disoccupazione al 70%, mentre l'80% del PIL è frutto
delle attività del crimine organizzato.
La presenza di decine di migliaia di militari e di civili stranieri ha
sconvolto le tradizionali gerarchie sociali e retributive, dando vita
ad un'economia gonfiata.

Cosa sta succedendo in Kosovo?

Il nuovo film di Michel Collon e Vanessa Stojilkovic, "I dannati del
Kosovo", rompe il generale silenzio.

"Cacciata dal suo appartamento di Pristina, Maria si è salvata solo
perché parlava albanese. Suo nipote, interprete dell'ONU, è stato
ferocemente assassinato.
Il marito di Silvana è stato rapito e la donna non ne sa più nulla da
due anni.
La loro casa di Stanimir è stata bruciata.
Cosa hanno in comune queste persone? Il fatto di essere Serbi e di
vivere, o meglio, sopravvivere in Kosovo.
I mezzi di informazione non parlano più di questa regione.

Il film si basa su una ventina di interviste, in cui le vittime
raccontano con toccante dignità le loro sofferenze.

"Ho girato questo reportage in Kosovo - ci dice Collon - per rendermi
conto della situazione attuale dei Serbi e delle altre minoranze
nazionali. Mi ricordavo bene di una frase di Clinton pronunciata nel
momento in cui dava inizio il 24 marzo 1999 ai bombardamenti sulla
Jugoslavia: "La nostra fermezza rappresenta la sola speranza per la
popolazione del Kosovo di poter continuare a vivere nel proprio paese.
Provate ad immaginare che cosa accadrebbe se chiudessimo gli occhi e
questi poveretti fossero massacrati, proprio davanti alla porta della
NATO. L'organizzazione ne uscirebbe totalmente screditata".

Clinton parlava degli Albanesi, ma cosa è successo oggi dei Serbi e
delle altre minoranze nazionali che vivevano in Kosovo da secoli?
Vivono sicuri con 45.000 soldati della NATO nel loro paese?
Ho visto un cumulo di sofferenze, di cui in Occidente non si ha
nessun'idea, perché i mezzi di informazione non ci parlano più del
Kosovo.
Altrimenti dovrebbero parlarci quotidianamente di attentati
dinamitardi, omicidi, distruzioni di case o espulsioni, rapimenti e
angoscia nelle famiglie, minacce continue...
Il bilancio è disperante: una vera pulizia etnica ha scacciato dal
Kosovo la maggior parte dei non-albanesi, e quelli che sono rimasti
vivono nel terrore. La NATO non solo non mette un freno a queste
violenze, ma - come si documenta nel film - è spesso complice con gli
autori di questi crimini, le milizie separatiste dell'UCK...".

Questo film rompe il generale silenzio sull'argomento, per far
comprendere che cosa succede in una zona strategica quando essa viene
sottoposta ad occupazione militare da parte della NATO; per valutare,
a posteriori, quali sono i frutti prodotti da tutte le sofisticate
demagogie sulle "guerre umanitarie", i "diritti umani" e la
"democratizzazione"; per indagare sulle ragioni strutturali e reali
della guerra.
Gli autori hanno ritenuto necessario non dimenticare, e non lasciare
sole le vittime di un'aggressione rivelatasi ingiusta e compiuta per
motivi politici, economici e militari, estranei a qualunque logica di
preteso "intervento umanitario".

Sulla scorta delle esperienze passate, possiamo credere alle
motivazioni addotte per la nuova aggressione "umanitaria" contro
l'Iraq?
Questa aggressione viene condotta spacciandola per una guerra di
"liberazione da una dittatura", che avviene però all'ombra di una
bandiera dove sta scritto il motto "colpire e terrorizzare".

L'incubo della "guerra di liberazione dell'Iraq", ci fa rivivere
ancora oggi la vergogna della "guerra umanitaria" del Kossovo, che ha
visto come protagonisti importanti i governanti dell'Italia nel 1999,
con Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, e la coalizione del
centro-sinistra, responsabili di aver contribuito a colpire, a
terrorizzare un intero popolo, quello Jugoslavo, insanguinandosi le
mani di fronte alla storia, non mostrando ancora adesso alcun
sentimento di pentimento e di autocritica, incapaci di rimuovere la
macchia disonorante, senza più fare alcun riferimento alla realtà
delle cose da loro ingenerate, senza alcun desiderio di fare i conti
con le loro illegittime scelte, che hanno prodotto la catastrofe di un
intero tessuto sociale in Jugoslavia.
Era prevedibile che tutto questo venisse non infondatamente rievocato
dal centro-destra, che ora si permette di buttare in faccia la
vergogna a tutti coloro che hanno promosso la guerra sanguinaria
contro il popolo Serbo, ipocritamente sotto tacendo che anche essi
stessi che ora accusano avevano contribuito sostanzialmente
all'aggressione.

In una lettera di Edgardo Bonalumi a "il Manifesto" di oggi, 26 marzo
2003, si afferma: "Succede così di vedere, nelle tante maratone
televisive, Melandri e Letta ( ma anche la Livia Turco, e nelle
televisioni regionali del Veneto Gallo e Ruzzante dei DS) sostenere
goffamente che allora non fu violata la Costituzione, perché si agiva
nell'ambito NATO. (Senza mai tenere in conto le dimostrazioni di
Andreotti, al Senato, di come persino il trattato della NATO fosse
stato violato nella guerra alla Jugoslavia). O di assistere al
balbettio di Pecoraro Scanio, ( dei Verdi ecologisti, umanitari,
assertori che un altro mondo è possibile), il quale non trova di
meglio che inventarsi che "allora era d'accordo anche il Papa".
Ed ecco, da Costanzo, l'esibizione di Massimo D'Alema, che difende la
sua guerra in un modo talmente supponente e pretestuoso, da spingere
il pubblico del Teatro Parioli, sempre così benevolo verso l'Ulivo, ad
indirizzare applausi liberatori alle facili confutazioni di un
pensatore come Belpietro (direttore de "il Giornale").
E oggi riecco il Nostro (D'Alema) sulla Stampa, saldo come una roccia:
"D'Alema non cambia idea".
E' noto che una memoria lunga è spesso d'ostacolo all'azione politica,
nella quale è utile a volte saper dimenticare: ma la ferita del Kosovo
è troppo recente e troppo profonda per essere archiviata o peggio,
rimossa.
Anzi, è proprio in queste giornate drammatiche, dentro la grande onda
pacifista che ha sollevato il Paese, è proprio ora che occorre
ricordare, discutere, contestare quelle scelte, come garanzia che non
abbiano a ripetersi.
E allora ripetiamolo fino alla noia: l'Italia fu portata in una guerra
di aggressione a uno Stato sovrano, in violazione della Carta
dell'Onu, del Trattato del Nord Atlantico, della Costituzione
repubblicana.
Al Parlamento fu consentito votare solo ad attacco già iniziato. Nei
settantotto giorni di bombardamenti devastanti, i governi alleati si
macchiarono di numerosi crimini di guerra (uno per tutti: la strage
proditoria di giornalisti, tecnici, civili, compiuta con la scelta di
bombardare la torre sede della Televisione Jugoslava a Belgrado).
Bohumil Hrabal usava citare un cartello esposto in una tintoria di
Praga. C'era scritto: "Si avvisa la Spettabile Clientela che alcune
macchie non possono essere cancellate senza intaccare le fibre del
tessuto".
La guerra del Kosovo è una di queste macchie. E il tessuto va
intaccato, con una riflessione autocritica di fondo, o almeno con un
rinnovamento della futura leadership ristretta del centro sinistra che
metta da parte i principali responsabili di quel misfatto. Per ora il
solo Cofferati, che pure porta una responsabilità infinitamente
minore, ha avviato un ripensamento serio. (Questo punto trova il
sottoscritto in pieno disaccordo, in quanto un'organizzazione di massa
del mondo del lavoro, la CGIL, non ha proclamato un'ora di sciopero in
appoggio alle sofferenze dei lavoratori della Serbia, che vedevano
distrutte sotto le bombe le infrastrutture e i centri di produzione,
che garantivano loro il lavoro e un salario: per tutto ciò i dirigenti
della CGIL sono altrettanto colpevoli, come i dirigenti del Governo
D'Alema, dello stato di indigenza e di disoccupazione di tanti
lavoratori della Jugoslavia). Altri segnali non se ne vedono."

Questa classe politica del centro-sinistra può ricevere il consenso e
la fiducia dei cittadini che attualmente dichiarano "no alla guerra
imperialista", "no allo strapotere della potenza Statunitense"?
Risulta veramente improponibile questa assunzione di fiducia, non
tanto per una condanna morale inappellabile riferita al passato,
quanto per una preoccupazione politica che riguarda il futuro: perché
i D'Alema, i Rutelli, i Fassino, ci stanno dicendo che, se si
ripresentassero circostanze analoghe a quelle di allora, sarebbero
pronti ad una nuova guerra!

***

Intervista a Michel Collon,
specialista in menzogne mediatiche e in strategie imperialiste, e a
Vanessa Stojilkovic, regista del film "I dannati del Kosovo".
Consuntivo dopo i loro numerosi dibattiti in Europa.
Dove va il movimento contro la guerra, e come potrà consolidarsi?

"Noi, saremmo sempre "in ritardo di una guerra"..."
Un sasso nello stagno! Il recente libro di Guy Spitaels, ex-Presidente
del PS belga, [Guy Spitaels, L'improbable équilibre, L. Pire,
Bruxelles, gennaio 2003], dimostra a qual punto l'opinione Europea è
stata menata per il naso all'epoca della guerra contro la Jugoslavia.
Ora, se si sono tratte delle lezioni da quella guerra, la costruzione
del movimento contro la guerra e di un fronte "STOP USA" su scala
Europea dovrebbe mettersi in moto assolutamente in modo immediato.

Intervistatore: Antoine Renard
Michel Collon, il recente libro dell'ex Presidente del PS belga, ha
dovuto procurarvi un curioso effetto. Egli ha scritto, in
controcorrente a tutto quello che ci avevano detto, che la guerra
contro la Jugoslavia è stata voluta dagli Stati Uniti per insediare la
loro presenza militare in Bosnia, in Kosovo, in Macedonia, " comunque
sempre vicino all'oleodotto che deve arrivare dal Mar Nero verso
l'Adriatico ".
Esattamente come la tesi espressa nei vostri libri "Poker menteur" del
1998 e " Monopoly" del gennaio del 2000. Da tanti anni voi andate
ripetendo: " Tutte queste guerre mirano al controllo delle vie del
petrolio. "

Michel Collon: Effettivamente! Cosa che non aveva detto quando era al
potere; il suo partito si è cacciato in tutte le guerre collegate con
gli Stati Uniti! Non è il primo uomo politico a dire un po' di verità,
una volta arrivato alla pensione. Alcuni farebbero meglio a scrivere
le loro memorie prima di fare carriera!

A.R.: Voi protestate, dato che i media vi hanno censurato quando
affermavate quelle cose!

M.C.: E come! Le Soir (del Belgio) che lo ha intervistato, per
esempio, ha sistematicamente boicottato queste analisi, ha rifiutato
qualsiasi confronto. Idem Le Monde, Libé, le maggiori reti televisive,
a parte qualche giornalista della RTBF.
E io protesto perché la loro propaganda in favore della guerra, e i
loro silenzi sui sordidi interessi economici delle multinazionali,
tutte queste menzogne hanno consentito che la Jugoslavia venisse
bombardata. Che questo paese adesso subisca la dittatura del FMI,
proprio quando in Kosovo la situazione è peggiore di prima, tanto da
nascondercela. E soprattutto, tutta questa propaganda ha incoraggiato
gli Stati Uniti a credere che tutto sia loro permesso, e a scatenare
nuove guerre!

A.R.: Allora, non vi resta che lavorare sotto uno pseudonimo, e fare
la pubblicità al suo libro?

M.C.: Sì, io trovo che la sinistra dovrebbe leggere questo libro dal
contenuto vecchio, e chiedersi perché ci ha cancellato completamente
per dieci anni. Ma, come io condivido la sua constatazione
dell'imperialismo USA, io respingo anche a fondo la sua conclusione?

A.R.: Dato che Spitaels invoca la creazione di un esercito europeo?

M.C.: Esattamente, la maggior parte dei circoli dirigenti europei
vuole creare un Euro-esercito, per impossessarsi di regioni e di
materie prime strategiche. Per favorire le loro proprie
multinazionali, al posto di permettere agli USA di arraffare la torta
completa... Di conseguenza Spitaels reclama per l'Europa il " diritto
d'ingerenza ", vale a dire il diritto al neocolonialismo.

A.R.: Vanessa, in quanto giovane Francese di origine jugoslava, con
tutta la vostra famiglia laggiù, avete dovuto soffrire di questi
pregiudizi e di questa guerra di propaganda?

Vanessa Stojilkovic: Sì, avevo 13 anni quando la guerra è scoppiata, e
di colpo, in Francia, io sono diventata una " sporca Serba ". Avevo un
bel dire che alla televisione non dicevano la verità, nessuno mi
ascoltava. Sì, sono stata traumatizzata dalle tante morti nella mia
famiglia jugoslava, dalla morte raccapricciante di un cugino.

A.R.: Qual' è stato il vostro sentimento nel realizzare il film "I
dannati del Kosovo", che mostra la pulizia etnica attuale delle
minoranze non albanesi: Serbi, Ebrei, Roms, Musulmani, Turchi, Gorani,
e che espone i veri obiettivi strategici USA, quindi l'installazione
in Kosovo della super-base militare di Camp Bondsteel ?

V.S.: Quando ho montato le immagini, eccezionali, che Michel aveva
riportato dal Kosovo, con tutte quelle sofferenze che ora ci vengono
nascoste, alle quali io ho aggiunto le scene degli effetti dei
bombardamenti, mi sono sentita molto triste per non aver potuto fare
di più per la mia famiglia.
Bush aveva cominciato allora a minacciare l'Iraq. Dunque, dato che era
troppo tardi per i morti jugoslavi, io ho voluto fare un film "
preventivo". Per difendere l'Iraq.
Se noi potremo dimostrare che ogni guerra era motivata da interessi
economici, allora noi aiuteremo la gente a difendersi contro la
prossima propaganda di guerra. E mostrare la facciata inumana, barbara
delle grandi potenze.

A.R.: Ma la Yugoslavia non rimane ancora un soggetto tabù per la
sinistra? Si sono smascherate le tante mediamenzogne sull'Iraq, ma
sulla Jugoslavia questo è meno evidente.

M.C.: Giusto, non esiste alcun bilancio critico di questa
disinformazione. Per questo, varrebbe la pena di prestare fede, ad
esempio, alle recenti dichiarazioni del generale di brigata Bo
Pellnas, che era a capo degli osservatori ONU in Croazia: "La squadra
della Madeleine Albright e del Dipartimento di Stato ha presentato
false prove contro Milosevic, delle foto satellitari manipolate.
Rifiutando di mostrare a noi i loro documenti. La superiorità tecnica
degli USA permette loro di fabbricare prove false. Se gli USA
presentassero le prove rispetto alle armi di distruzione di massa
Irachene, i paesi Europei non avrebbero i mezzi per un loro
riscontro.".
L'informazione su Milosevic è stata largamente manipolata,
assimilandolo con certe milizie Serbe di Bosnia. E soprattutto si è
nascosto che le multinazionali volevano smantellare l'autogestione
jugoslava e fare man bassa delle ricchezze del paese.

V.S.: In realtà, la Jugoslavia, come l'Iraq, sono state attaccate e
demonizzate, dato che resistevano all'egemonia degli USA.

A.R.: Andando in questo modo controcorrente, non temete a vostra volta
di essere demonizzati come " pro-Milosevic " ?

M.C.: Attenzione, riflettiamo bene e giustamente su questo processo di
demonizzazione. Chi ha il potere di informare (o di disinformare)?
Quello che sta avvenendo oggi, è questa immensa rivolta contro la
guerra imperialista degli Stati Uniti, è magnifico, ma bisogna andare
più lontano. I progressisti sono costretti a porsi la domanda: "E le
guerre precedenti? Ci hanno mentito nelle stessa maniera?" Io chiedo
che in questi giorni si guardi anche la CNN e le altre televisioni
USA: quando si prende visione di questa enorme macchina di propaganda,
delle sue mediamenzogne fabbricate, di questa sofisticata imbottitura
del cervello con tecniche stile Hollywood, bene, ci si accorgerà che
hanno fatto esattamente lo stesso nelle guerre precedenti, e che i
mezzi di informazione di massa europei li hanno imitati!
Oggi, perché certi governi europei si oppongono a Bush? Soprattutto
perché la Total non vuole essere esclusa dal Medio Oriente da parte
della Shell e dalla Esso. Di colpo, i media europei hanno il diritto
di dirci che si tratta di una guerra imperialista degli USA.

V.S.: Ma L'Europa ha partecipato alla guerra contro la Jugoslavia,
l'Europa ha bombardato il mio paese, ricordiamocelo!

M.C.: Allora, mi domando due cose: 1. Esaminiamo seriamente se le
guerre del passato sono state, o no, imbottite con mediamenzogne. 2.
Domandiamoci se TF1 ha il coraggio di dire che le guerre francesi in
Africa sono egualmente imperialiste.
Sì, queste guerre mirano a proteggere il saccheggio delle risorse da
parte delle multinazionali francesi che rovinano quelle popolazioni.
Accidenti, sicuramente?domani che voi vedrete questo a TF1 !

V.S.: Domandiamoci anzitutto perché ne' TF1, ne' le altre televisioni
non dicono più una parola sulla situazione che regna adesso nel mio
paese ricolonizzato! La popolazione vi crepa di fame. Sono apparsi i
mendicanti per le strade. Per due volte, la gente ha decisamente
rifiutato di andare a votare. Il primo ministro assassinato era
detestato, nessuno lo piange. Quante volte avevo sentito dire laggiù:
"Bisogna farlo cadere, ci ha venduto, noi e il nostro paese, per
arricchirsi personalmente, e noi non abbiamo di che mangiare e nulla
per curarci!"
A fronte dell'aumento di scioperi, il governo del FMI ha approfittato
dell'assassinio per instaurare lo stato di emergenza. Il diritto di
sciopero è stato vietato (non sospeso, vietato!) ed è stata imposta
una violenta repressione. Nel silenzio dei media per i quali " si
cercano appunto i colpevoli"...

A.R.: Dunque, voi siete di ritorno da un giro di proiezioni-dibattiti
sul vostro film in molti paesi europei. Le vostre impressioni?

V.S.: In tutti questi dibattiti le persone comprendono bene perché noi
colleghiamo l'Iraq alla Jugoslavia. Soprattutto quando noi spieghiamo
la situazione economica e sociale che si accanisce sulla Serbia.
D'altronde anche sulla Croazia, dove i sindacati hanno chiamato allo
sciopero generale.
E sul Kosovo, e sulla Bosnia occupate, dove la disoccupazione arriva
al 60% !

A.R.: Ma non vi viene detto mai: " Ma perché parlare della Jugoslavia?
Adesso è l'Iraq di attualità! " ?

V.S.: Sì, ci viene domandato. Ma si tratta di un errore. Prima di
tutto, è necessario rendere giustizia a quel popolo aggredito, la
storia non si cancella. Poi, mostrando i crimini che oggi commette
l'imperialismo USA in Kosovo, noi abbiamo fatto un'azione utile
all'Iraq: si può vedere che un'occupazione da parte degli Stati Uniti
costituisce una catastrofe. Un donna serba molto anziana dice nel
nostro film: " I bombardamenti non erano poi tanto gravi. Ora non
osiamo lo stesso uscire per la strada, dobbiamo rinchiuderci in casa a
doppia mandata ogni giorno. Non è cosa buona, si dovrebbe poter vivere
come fratelli."
Noi abbiamo voluto fare un film perché la gente comprendesse una volta
per tutte la natura delle guerre condotte dall'imperialismo. Che le
persone abbiano i mezzi per analizzare in modo autonomo tutte le
prossime guerre. Fornire loro la chiave di lettura!

A.R.: Corrisponde al vero che degli spettatori abbiano reagito così:
"Il vostro film, è una bomba!" ?

M.C.: Sì, è avvenuto parecchie volte, in posti diversi, ma quasi con
le stesse parole. Le persone si rendono conto che a loro sono stati
nascosti i fatti essenziali, che sono stati presi per il naso.


A.R.: All'epoca, si diceva che nei Balcani gli Stati Uniti sostenevano
i Musulmani. Come reagiscono gli Arabi al vostro film?

M. C.: Molto bene. La sorte riservata ai Palestinesi e agli Iracheni
ha dimostrato che Washington non è assolutamente " l'amico " dei
Musulmani. E il nostro film evidenzia che anch'essi oggi sono vittime
della pulizia etnica nel Kosovo.
Vittime dell'UCK che hanno come santi protettori gli Stati Uniti.

V.S.: In quanto Serba, io sono stata demonizzata, ma gli Arabi, in
Europa lo sono da quarant'anni. La gioventù immigrata, di origine
araba, vive una realtà catastrofica. Fate l'esperienza di cercare un
alloggio fuori dai ghetti delle " ZUP ", se voi avete un nome arabo o
un accento straniero! E se voi domandate un impiego, rischierete di
avvelenarvi il sangue davanti a tanta ingiustizia!
Mi ricordo che un professore mi aveva spiegato che in periodi di crisi
economica, è necessario sempre un capro espiatorio. Oggi sono gli
Arabi.
Io trovo che hanno molto sangue freddo nel controllare la loro calma
di fronte a tanta propaganda di odio e di legge ingiuste: perciò è
possibile sbatterli da 10 anni in centri chiusi, dispendiose scuole di
delinquenza, finanziate largamente, anche quando le sovvenzioni per
gli altri tipi di scuole non cessano di diminuire. Esiste proprio una
volontà di criminalizzare questa gioventù discendente dagli immigrati.
Hanno addossato a noi Serbi un'immagine mediatica molto negativa con
l'obiettivo di legittimare la guerra. Un giorno, a Parigi, durante una
manifestazione di Serbi contro i bombardamenti, ho sentito un uomo che
passava da quelle parti dire ai suoi due bambini: "Presto, andiamocene
da qui, altrimenti ci scambiano per Serbi."

A.R.: Quattro anni dopo la guerra, siete sempre colpiti dai
pregiudizi?

V.S.: Ma sicuramente! Quando il nostro film è stato proiettato alla
Sorbona, la prestigiosa Università di Parigi, la prima domanda che un
francese ci ha posto dopo la proiezione è stata: "Perché le cose siano
chiare, qual è la nazionalità di Vanessa?". La domanda sottintendeva:
se lei è Serba, non è proprio credibile!

M.C.: Spesso riscontriamo ancora questa mentalità: "La Francia, è il
paese dei diritti dell'uomo, il 1789 e tutto il resto?Noi, sappiamo e
possiamo giudicare il mondo, abbiamo il diritto di ingerenza?" Il
neocolonialismo è ben lontano dall'essere cancellato da tutti gli
animi.
E' arrivato il tempo di rovesciare le mentalità, e non solamente in
Francia: i paesi europei che hanno ingenerato le due guerre più
spaventose della Storia, e che hanno colonizzato, vale a dire
saccheggiato il mondo intero, questi paesi imperialisti non possono
far la lezione a nessuno, ma piuttosto devono mettersi nei panni delle
loro vittime. La maggior parte delle persone incontrate, questo lo
capisce bene?

A.R.: Perché scegliere la forma "film"? Un libro non era sufficiente?

M.C.: Con un film, si ha la possibilità di portare la gente del mondo
intero all'interno stesso del Kosovo, fare sentire da vicino quelle
terribili sofferenze, che si vogliono nascondere. Le persone di tutto
il mondo hanno potuto vedere Maria sconvolta per l'omicidio del suo
giovane nipote, assassinato dall'UCK. O Stanimir, la cui casa è stata
bruciata, dire che lui non rimproverava nulla ai suoi amici albanesi,
ma solamente ai terroristi dell'UCK. O un uomo albanese spiegare che
aveva dovuto fuggire in quanto sposato con una donna Serba. E quindi
capire che si trattava di una guerra della globalizzazione, non di una
guerra umanitaria.
Per questo, sono estremamente riconoscente a Vanessa di aver
contribuito al film con tutto il suo talento e il suo accanito lavoro.
Dalla selezione delle immagini, dalla costruzione della sceneggiatura,
fino all'enorme lavoro di montaggio, uno non può supporre quanto tempo
e quanta cura siano necessari: è possibile impiegare una giornata
intera per "montare" dieci secondi! Ai miei occhi, è importante che la
sinistra possa utilizzare dei mezzi audiovisivi moderni, già da adesso
è possibile passare dei filmati su Internet, questo va sempre più
diffondendosi, dunque si ha un gran bisogno di giovani come Vanessa
che si lancino coraggiosamente in questa battaglia!

A.R. Lei, Michel Collon, è molto più anziano e conosciuto di Vanessa,
che ha solo 25 anni! Le persone, non hanno forse la tendenza a
rivolgersi unicamente a lei?

M.C.: Sì; diciamolo: a volte (o spesso?) esiste un qualche razzismo
antigiovanile , in ogni caso una mancanza di fiducia, non vengono
presi troppo sul serio. Ma se si desidera che un altro mondo sia
possibile, bisogna preparare, formare e dunque dare fiducia a questa
nuova generazione!

A.R.: Il bilancio del vostro film, è positivo?

V.S.: Largamente! Questa è la maniera che noi abbiamo scelto per
militare?

A.R.: Vale a dire?

V.S.: Anzitutto, noi lanciamo il film in un Paese per un giro di
proiezioni con dibattito. Nei cinema o in altri luoghi, possibilmente
molto partecipati, con il sostegno di associazioni locali dinamiche,
di campagne di informazioni e di diffusione utilizzando e-mails.
Questo ci ha permesso di incontrare qualche migliaio di persone in
Francia, in Belgio, in Spagna... Domani partiamo per un giro in
Italia. Prima possibile saranno pronte versioni in lingua straniera,
in inglese, olandese, serbo, russo, arabo...

M.C.: Questo ci ha permesso di entrare in contatto con numerose
persone, soprattutto giovani, che ci hanno presentato le loro
testimonianze, i loro problemi politici, i loro progetti, i loro
suggerimenti... Questo ci arricchisce tantissimo. E dovere rispondere
a tante domande, non sempre dalla semplice risposta, questo ci ha
spinto ad approfondire le cose, e a migliorare i nostri
insegnamenti...

A.R.: Comunque voi mettete in vendita la cassetta del film, anche
individualmente?

V.S.: Ed è estremamente incoraggiante di vedere le persone
mobilitarsi, e acquistare la nostra cassetta (9 Euros). Non come
souvenir, ma per fare militanza, prestandola e proiettandola ad amici
e quindi discutere. Poi ci inviano e-mails o lettere con i risultati,
le reazioni. Che io annoto scrupolosamente in un mio piccolo
quaderno...

A.R.: Degli esempi?

V.S.: Inoltre il film mi ha permesso di riconciliarmi con alcuni amici
che erano stati influenzati dai mezzi di informazione francesi.
Attualmente, loro mi sostengono e mi incoraggiano. Alcuni si sono
messi a militare. Mia madre e mia sorella sono diventate attiviste
contro l'attuale guerra.
In più, molti Jugoslavi ci hanno ringraziato con le lacrime agli occhi
per avere finalmente fatto uscire la verità. Una donna croata che ha
dovuto abbandonare il suo paese a causa della terribile campagna
antiserba. Un professore della Sorbona che aveva rinunciato ad
esprimersi di fronte alla sordità e all'intolleranza dei suoi
colleghi.
La storia più tremenda che ho sentito è quella di una donna serba di
Bosnia che abita in Francia: lei è in pensione, ma continua a lavorare
perché ha bisogno di denaro per riscattare le teste dei suoi morti dai
mercenari islamisti che servivano il governo bosniaco di Izetbegovic.
Riscattare le teste dei suoi parenti per potere sotterrarle con il
resto delle spoglie!
Psicologicamente, non è possibile uscire indenni da una tale
propaganda, da una così grande ingiustizia, da tante atrocità. Le
persone non possono nemmeno immaginare fino a quel punto si possa
essere distrutti.
Ancora oggi, non posso trattenermi dal piangere quando vedo alla TV
una corrispondenza propagandistica contro gli Jugoslavi, piango per
sfogare la mia collera. Nello stesso modo come ho pianto di fronte ai
preparativi di guerra contro l'Iraq, pensando all'angoscia di quella
gente lontana, la stessa angoscia che io ho vissuto.

M.C.: Oggi, masse enormi di persone si rendono conto che la guerra
contro l'Iraq è scandalosa, malgrado tutti i pretesti usati dalla
propaganda. Allora, facciamo un bilancio serio di tutte le guerre
precedenti!
Se quello stesso presidente del PS ci viene a dire che ci hanno
manipolato, facciamo in modo che il movimento contro la guerra
acquisisca una base solida per le sue azioni future. Che si proceda ad
una prova della serietà dei media!

A.R.: Avete dei progetti?

V.S.: Esistono nel mondo una grande quantità di paesi minacciati di
diventare il bersaglio degli USA. Io mi sento moralmente obbligata di
dar loro voce, che spieghino perché saranno aggrediti, di palesare le
mediamenzogne...

A.R.: C'è molto lavoro da fare!

V. S.: Effettivamente. Noi lanciamo un appello a tutti coloro che
possono aiutarci a fare films di questo tipo, o a dare loro
diffusione.

***

Sul numero 8/2002 da "Nuova Unità" era apparsa questa intervista a
Vanessa Stojilkovic e a Michel Collon, sempre a cura di Antoine Renard

A.R.: Come è stato realizzato questo film?

M. Collon: Ho girato questo reportage in Kosovo per rendermi conto
della situazione attuale dei Serbi e delle altre minoranze nazionali.
Perché mi ricordavo bene di una frase di Clinton, pronunciata nel
momento in cui dava inizio ai bombardamenti sulla Jugoslavia: "La
nostra fermezza rappresenta la sola speranza per la popolazione del
Kosovo di poter continuare a vivere nel proprio paese. Provate ad
immaginare cosa accadrebbe se chiudessimo gli occhi e questi poveretti
fossero massacrati, proprio davanti alla porta della NATO.
L'organizzazione ne uscirebbe totalmente discreditata".
Clinton parlava degli Albanesi. Ma oggi, cos'è successo dei Serbi e
delle altre minoranze nazionali, Rom, Goranci, Turchi, Egiziani,
Musulmani, ... che vivevano in Kosovo da secoli. Vivono sicuri con
45mila soldati della NATO nel loro Paese?

A.R.: E cos'ha visto?

M. Collon: Un cumulo di sofferenze di cui in Francia e in Occidente
non si ha idea!

A.R.: I mezzi d'informazione non ci parlano più del Kosovo. La
situazione non è sotto controllo?

M. Collon: Al contrario! Ecco cosa ho visto: attentati dinamitardi,
omicidi, distruzioni di case o espulsioni, rapimenti e angoscia delle
famiglie, minacce continue... Il bilancio è disperante: una vera
pulizia etnica ha cacciato dal Kosovo la maggioranza dei non-albanesi
e quelli che sono rimasti vivono nel terrore.

A.R.: In concreto, cosa ha potuto mostrare?

M. Collon: Una ventina di interviste offrono alle vittime la
possibilità di parlare. Le loro testimonianze, piene di dignità ma
toccanti, mi hanno commosso fino alle lacrime. Bisognava assolutamente
che il loro tragico messaggio arrivasse all'opinione pubblica.
Bisognava spezzare il silenzio mediatico che circonda oggi il Kosovo.
La loro sorte è un terribile avvertimento anche per tutti i popoli:
l'occupazione da parte degli Stati Uniti o dei paesi della NATO non
rappresenta assolutamente una soluzione. Al contrario, essa garantisce
terribili sofferenze per tutti gli esseri umani che vivono nelle
regioni occupate.

A.R.: La presenza delle truppe NATO non è un freno per queste
violenze?

M. Collon: Non soltanto non mette loro un freno, ma il film contiene
parecchi documenti esclusivi che provano la complicità della NATO con
gli autori di questi crimini, le milizie separatiste dell'UCK.

A.R.: Ha avuto problemi a girare il suo film?

M. Collon: Certo che ne ho avuti! In un simile clima di terrore, un
cameraman serbo rischia la vita se fa delle riprese in zone "non
albanesi". Ma ho avuto la fortuna di poter contare su una squadra
televisiva serba molto motivata. Persone molto coraggiose, cui debbo
molto.

A.R.: Vanessa, come si è unita al progetto?

V. Stojilkovic: A venticinque anni ho già fatto diverse esperienze nel
campo dell'immagine, anche di montaggio. Dopo un contatto via
Internet, Michel Collon mi ha proposto di ricominciare a scrivere e di
montare il suo film, che era rimasto bloccato a causa dei problemi di
salute del precedente realizzatore: io ho accettato subito.

A.R.: Perché è francese ma di origine jugoslava?

V. Stojilkovic: Sì e no. Sì perché, in effetti, parecchi membri della
mia famiglia sono morti o hanno sopportato terribili sofferenze a
causa della guerra. E ne ho risentito moltissimo. Il film mi ha
permesso di tenere fede alla promessa che avevo fatto loro in
Jugoslavia: di dire la verità in Occidente. Disgraziatamente alcuni
sono già morti, e altri lo saranno tra poco. Lo stress della guerra e
dei bombardamenti ha provocato enormi problemi di ipertensione che non
hanno il modo di curare. I tumori si sviluppano a una velocità
spaventosa. Gli esseri umani muoiono nella sofferenza. Il bilancio
della guerra, per tutta lo Jugoslavia, non è rappresentato solo dai
morti, ma dallo stato fisico e psicologico dei sopravvissuti. E dalla
loro mancanza di futuro. Michel Collon mi ha fatto veramente un regalo
offrendomi la materia prima delle interviste che aveva registrato. E
le sue lucide analisi, che collegano questa guerra ai processi di
globalizzazione. Dando forma, modellando questi materiali ho avuto la
possibilità di dar voce alla mia sofferenza, di mantenere la mia
promessa e di elaborare il mio lutto.

M. Collon: E' Vanessa invece che mi ha fatto uno splendido regalo. Io
ho lavorato quattro giorni per girare; lei quattro mesi per montare. E
non era assolutamente un lavoro facile, perché non sono un
professionista della macchina da presa e quel che avevo portato con me
dal Kosovo ne risentiva. Grazie a lei, grazie al suo grande impegno,
tanti nel mondo potranno scoprire una realtà molto importante.

A.R.: Questo film si rivolge solo ai Serbi?

V. Stojilkovic: Assolutamente no! La mia principale motivazione è
stata quella di aprire gli occhi ai "Francesi?francesi" e a tutti
quegli abitanti dell'Occidente che sono stati disinformati. Per far
sapere, ad esempio, che i non-albanesi sono privati di cure mediche
decenti: la gente muore perché non si ha di che curarla, perché non
hanno le attrezzature mediche necessarie. Per far sapere che i bambini
serbi non hanno scuole. Che un centinaio di chiese è stato demolito e
che tutto questo continua.

A.R.: E' un film filo-serbo?

M. Collon: No. In primo luogo perché dà la possibilità di esprimersi
alle numerose minoranze nazionali, che sono ugualmente perseguitate,
"ripulite".
I Rom, ad esempio, che in questo momento sono perseguitati un po'
dappertutto in Europa. E che vengono martirizzati in Kosovo. Ma anche
gli ebrei, i goranci, i musulmani, i turchi, gli egiziani, ? minoranze
di cui non si parla mai.
Inoltre tra le vittime di un sistema mafioso, costruito sul terrore,
ci sono anche numerosi albanesi. Uno di loro ha potuto testimoniare
davanti alla nostra macchina da presa. Era perseguitato perché sposato
a una Serba! In effetti, non sono né filo-serbo né filo-albanese.
Penso che tutte queste popolazioni siano vittime di strategie nascoste
all'opinione pubblica: gli Stati Uniti - come i loro alleati -
volevano distruggere una Jugoslavia troppo a sinistra. Volevano
controllare le vie del petrolio, che passano proprio dove volevano
installare la loro megabase militare di Camp Bondsteel... E ci sono
riusciti, utilizzando - o meglio fomentando - il conflitto tra Serbi e
Albanesi. Sa che oggi gli americani concludono contratti di affitto di
99 anni per le piste dei loro bombardieri? Qualcuno ci può spiegare in
che modo i bombardieri potranno contribuire a risolvere i problemi
delle popolazioni del Kosovo?

A.R.: Allora si tratta di un obiettivo strategico più vasto?

M. Collon: Proprio così! Questa base serve ad avvicinare i bombardieri
americani a Mosca e al Caucaso. Fa parte del grande piano di
accerchiamento, perché Washington non pensa che Putin e le sue attuali
tendenze siano destinate a durare in eterno. E soprattutto fare a
pezzi la Jugoslavia faceva parte del piano globale perché in tal modo
si mandava un messaggio a tutti i popoli del mondo: se opponete
resistenza alla globalizzazione sarete distrutti.
Un editorialista del New York Times l'aveva scritto a chiare lettere
alla vigilia della guerra: "Perché la globalizzazione proceda,
l'America non deve aver paura di agire come la superpotenza che in
effetti è. La mano invisibile del mercato non funzionerà mai senza un
pugno ben nascosto. McDonalds non può fare affari senza McDonnel
Douglas, il produttore dell'aereo F-15. E il pugno nascosto che
garantisce un mondo sicuro per le tecnologie della Silicon Valley si
chiama esercito degli Stati Uniti, Aviazione, Marina e Marines".

A.R.: Lei ha già scritto parecchi libri su questi problemi. Perché ora
un film?

M. Collon: Ho constatato che questo mezzo permette di raggiungere
anche quelli che non leggono. Ed è perfetto per suscitare un
dibattito. Tutti possono regalare facilmente una cassetta a un amico,
a un parente. O organizzare a casa propria una piccola proiezione -
discussione. Ed è urgente che queste idee circolino perché Bush
annuncia che attaccherà parecchi altri paesi. Una buona ragione per i
progressisti di ridiscutere quello che è successo in Jugoslavia. I
risultati raggiunti dalla NATO corrispondono alle sue promesse?
C'erano altri interessi nascosti? L'opinione pubblica è stata
manipolata grazie alle menzogne mediatiche?

A.R.: La Jugoslavia è dunque un avvertimento, prima dell'Iraq, della
Palestina e di tanti altri?

M. Collon: Sì. La globalizzazione è la guerra, per sua stessa natura.
La politica delle multinazionali non fa che accrescere il divario tra
ricchi e poveri del pianeta. La guerra è diventata il metodo numero
uno per spezzare la loro resistenza. La guerra contro i Palestinesi e
gli Iracheni, il "Piano Colombia", l'aggressione del Congo attraverso
eserciti di potenze locali, ma manovrate dall'Occidente, le minacce
contro l'Iran, la Siria, la Corea, tutto questo fa parte della stessa
guerra globale.

V. Stojilkovic: I giovani antiglobalizzazione dovrebbero interessarsi
di più a queste guerre. Non si può lasciare che un paese che ha usato
un'arma chimica come l'Agente "Orange", bombe all'uranio o schifezze
di questo genere ci manipoli e ci faccia credere che combatte per la
libertà e i diritti dell'uomo. Non possiamo lasciargli governare il
mondo e organizzare guerre che servono agli interessi delle sue
multinazionali. E sono arrabbiatissima anche contro i paesi europei
che sono stati complici degli USA e approfittano di questa guerra.
Questo film vuole ricordare, ammonire, chiedere aiuto. Da parte dei
popoli del Kosovo e di tutti i popoli minacciati. Quando la NATO o la
forza europea di pronto intervento si prepareranno a bombardare un
altro popolo, bisogna che la popolazione dei paesi della NATO insorga
e intervenga in massa contro i propri governi.

A.R.: Il precedente film "Sotto le bombe della NATO" è stato tradotto
in diverse lingue. E questo?

V. Stojilkovic: Ho appena finito la versione serbo-croata. Con le
nuove tecnologie di montaggio computerizzato, è facile sostituire una
"pista" del montaggio, ad esempio quella delle voci fuori campo o
quella con i sottotitoli, con un'altra versione. Le traduzioni in
spagnolo, olandese e inglese sono già in preparazione. Abbiamo già
stabilito contatti per le versioni in arabo, italiano [già disponibile
- ndr], russo e tedesco, che sarebbero anche molto utili. Per tutto
questo e per garantire una massiccia diffusione abbiamo bisogno di
aiuto.

A.R.: Perché, la sorte toccata alla Jugoslavia minaccia altri popoli?

M. Collon: Proprio così. Questo film si rivolge a tutti i popoli del
mondo. Il Kosovo è un avvertimento per tutto il nostro pianeta. Ogni
popolo che non voglia vivere schiavo, ogni paese che voglia
determinare autonomamente il proprio destino, tutti rischiano di
cadere vittima della guerra totale di Bush e dei suoi amici. La sola
possibilità consiste nel creare un vasto fronte internazionale di
resistenza alla guerra.

***

Per approfondimenti: http://lesdamnesdukosovo.chiffonrouge.org

(deutsch / english)

=== english ===

DEAR FRIENDS,
ATTACHED IS THE LEAFLET OF SLOBODA/FREEDOM ASSOCIATION, INVITING ALL
THE PROGRESSIVE PEOPLE TO DEMONSTRATE AT THE HAGUE ON VIDOVDAN
(St.Vitus Day, June 28).
PLEASE DISTRIBUTE THE LEAFLET WIDELY, HELP THE ORGANIZATION, COME TO
THE HAGUE. ALL YOUR SUGGESTIONS FOR THE SUCCESS OF THE DEMONSTRATION
AND OUR MOST POWERFUL APPEARANCE ARE THE MOST WELCOME AND WILL BE
IMMEDIATELY TRANSMITTED TO THE ORGANIZATIONAL COMMITTEE, WHICH IS
SERBIAN-INTERNATIONAL AND WHICH WILL GROW. THIS IS A VERY IMPORTANT
MOBILIZATION IN OUR STRUGGLE FOR FREEDOM, DEMOCRACY AND DIGNITY OF OUR
PEOPLE. WE WILL INFORM YOU ABOUT THE COURSE OF THE PREPARATIONS. WE
PREPARE FOR May 20 THE SECOND LEAFLET WHICH WILL CONTAIN THE DETAILED
PROGRAM OF THE DEMOS.
YOU CAN CONTACT US VIA E-MAIL SLOBODAVK@... ,
PHONE +381 63 8862 301 OR FAX +381 11 630 549.

SLOBODA/FREEDOM ASSOCIATION

YUGOSLAV COMMITTEE FOR THE LIBERATION OF SLOBODAN MILOSEVIC
Belgrade, Rajiceva 16, tel./fax +381 11 630 549

Joining the initiative of our people from Diaspora worried for the
future of our country and the call of the Organizational Committee,
the only organization in Serbia that even at the hardest times stands
for the defense of freedom, independence and democracy, the
Association
SLOBODA / FREEDOM
calls upon all honest people to the

DEMONSTRATIONS
at The Hague, on St.Vitus Day, June 28, 2003

The Hague "tribunal" does not serve to justice nor to the United
Nations. It serves to the war criminals who broke-up and bombarded our
country. There is no institution in the civilized world which violates
the human rights and human dignity more than this one. This spy
machinery tries to turn our country into a colony, our ministers into
its servants and to seal-up our future that way. The obscure interior
of the Hague and of Carla del Ponte gave birth to the assassination of
Zoran Djindjic, to the State of Emergency in Serbia and to the new
sufferings of our people. Let us stop the crime, let us return the
freedom and dignity to our people and democracy to Serbia. Let us make
a mass, peaceful and proud protest against the machinery which threats
to the human and national dignity of all the Serbs and Yugoslavs and
which acts in contradiction to the International Law and to all
European and International documents about the protection of the human
rights. Let us demand:
" Freedom for our abducted President Slobodan Milosevic who bravely
defends the truth and honor of his people in spite they threaten his
life and cowardly attack his family.
" Freedom, dignity and democracy for our people, end of campaign of
lies about the defenders of freedom and of their Hague confinement,
end of blaming us all for NATO and fabricated crimes.
" Abolishment of the Hague "tribunal" as an instrument of aggression
against our country and of its occupation.

WE CALL UPON ALL THE PROGRESSIVE PEOPLE AND ORGANIZATIONS IN EUROPE
AND WORLD WIDE TO JOIN US!

The demos and the struggle for these goals need the financial
assistance.
Send a check to our address or transfer your donation to the following
account:

Peter Betscher, Account Number (Konto-Nr.): 102013409
Bank: Volksbank Darmstadt, Bank Number (BLZ): 508 90 000, use: defense

---

Leaflet in english for Hague, 28/6/2003 - DOC
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/AIA/Hague_Leaflet.do=
c

Leaflet in english for Hague, 28/6/2003 - PDF
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/AIA/hague_leaflet.pd=
f


===


Subject: 28. Juni Den Haag: Demo ggn "Tribunal" der Nato
Date: Mon, 12 May 2003 07:12:09 -0400
From: joesb@...
Organization: JOeSB Aktuell


Die Jugoslawisch-Österreichische Solidaritätsbewegung (JÖSB)
unterstützt folgende Demonstration. Während in unseren Reihen
verschiedene Ansichten über die Rolle Slobodan Milosevic' zu finden
sind, lehnen wir den Hexenprozess gegen den Widerstand des
jugoslawischen und serbischen Volkes ab, sind für die Auflösung des
"Tribunals" und für die Freilassung Milosevic'. Des weiteren
demonstrieren wir gegen die Errichtung einer neoliberalen
Polizeidiktatur in Serbien durch die prowestliche Regierung, die die
elementarsten Rechte auf freie Meinungsäußerung mißachtet.

TeilnehmerInnen aus Österreich sind aufgerufen sich bei uns wegen
Mitreise zu melden:

***

JUGOSLAWIEN, AFGHANISTAN, IRAK - WER IST DER NÄCHSTE?

In immer schnellerer Folge wechseln die Kriegsschauplätze - viele
Friedensfreunde verlieren den Überblick und übersehen die
Zusammenhänge. Wie der Überfall auf den Irak war die NATO-Aggression
1999 gegen Jugoslawien ein völkerrechtswidriger Angriffskrieg. Damals
wie heute ging es den USA um die Durchsetzung globaler
Weltmachtansprüche, die Kontrolle von Rohstoffquellen und
Transportwegen. Mit dem neuen strategischen NATO-Konzept von 1999
wurde die Aggression gegen Jugoslawien zum "Türöffnerkrieg", zum
entscheidenden Präzedenzfall für die Missachtung des absoluten
Gewaltverbots des Völkerrechts. Auf dem Balkan wurde die neue
Strategie der selektiven Aufhebung der Staatensouveränität und des
Selbstbestimmungsrechts der Völker vorexerziert.

Als Symbol des Widerstandes gegen die neue Weltkriegsordnung soll
Slobodan Milosevic exemplarisch in einem Schauprozess abgeurteilt
werden - zur nachträglichen Legitimation der Aggression und
Kriegsverbrechen der NATO, und als warnendes Beispiel zur Abschreckung
aller "Unwilligen", Dissidenten und Abweichler, die nicht Vasallen der
neuen Weltordner sein wollen. Hierfür wurde ein völkerrechtswidriges
Sondergericht geschaffen, das keine Institution des Rechts, sondern
eine Kolonialbehörde darstellt. Deshalb ist die Forderung nach
Abschaffung des Haager "Tribunals" und nach Freiheit für Slobodan
Milosevic sowie alle politischen Gefangenen der NATO unverzichtbares
Element des Kampfes für eine andere Weltordnung. Dafür demonstrieren
wir in Den Haag: 28.Juni 2003

Auflösung des illegalen YU-Tribunals!
Freiheit für Slobodan Milosevic und alle politischen Gefangenen der
NATO!

Nach dem "Regimewechsel" wurden auch in Belgrad willige Lakaien
eingesetzt, die das Land und seine Verteidiger für einen Judaslohn
verkaufen. Ausgerechnet am 28. Juni 2001, dem höchsten serbischen
Feiertag, der an die Schlacht auf dem Amselfeld 1389 erinnert, wurde
Slobodan Milosevic vom Djindjic-Regime nach Den Haag entführt.
Symbolträchtig wollten die Kidnapper deutlich machen, dass die
Besiegten nun die Geschichtsdeutung der Sieger zu übernehmen hätten.
Doch immer war und ist der 28. Juni - Tag des Verrats und der
Erniedrigung und zugleich Tag des Widerstandes gegen
imperialistische Fremdherrschaft.

Heute agiert in Belgrad eine Marionettenregierung von Gnaden der USA
nach den Direktiven des CIA-Residenten und US-Botschafters William
Montgomery. In Komplizenschaft mit dem Haager Tribunal verweigern sie
den "Angeklagten" aus ihrem Land jede Unterstützung, inzwischen selbst
den Zugang zu Beweismitteln. Bisher hat die "Anklage" an jedem
Verhandlungstag ein Fiasko erlebt, trotz nachgewiesener Versuche der
Zeugenbestechung und -bedrohung. Deshalb ist es nun ihre offenkundige
Absicht, Slobodan Milosevic, der als Ankläger der NATO auftritt,
physisch und psychisch zu brechen - eine "biologische Lösung" als
kalkulierter rettender Ausweg für die Veranstalter dieses
Justizverbrechens.

Deshalb demonstrieren wir unter der Losung

STOPPT DIE USA!
FREIHEIT FÜR SLOBODAN MILOSEVIC!

Demo am Samstag, 28. Juni 2003, 14 Uhr
Congressgebäude Den Haag, Churchillplein 10

Internationales Komitee für die Verteidigung von Slobodan Milosevic

**************************************
Jugoslawisch-Österreichische Solidaritätsbewegung
Meiselstraße 46/4
A-1150 Wien
Tel&Fax: (+43 1) 924 31 61
joesb@...
http://www.vorstadtzentrum.org/joesb
**************************************

ROMA 15 MAGGIO

---

DOPOGUERRA: LA GUERRA CONTINUA
Jugoslavia Quattro Anni Dopo

Giovedi 15 Maggio
Facolta' di Scienze, Universita' di Tor Vergata

Ore 13:30 aula 28 - Proiezione Video
?"I dannati del Kosovo?" di M. Collon e V. Stojiljkovic

Ore 15:00 atrio tra i due bar - Assemblea dibattito
con:
Sergio Coronica - Un ponte per?
Andrea Martocchia - Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia
Andrea Tarozzi - Comitato cittadino contro la guerra di Bologna

a seguire, in Aula 28 - Proiezione video
?"Bombe sulle industrie chimiche?" di Sasha Adamek

Organizzano:
Collettivo studentesco
?Lavori in Corso?
Comitato contro la Guerra
Università di Tor Vergata

COME ARRIVARE

Alla Facolta' di Scienze si arriva da Anagnina
(ultima fermata della linea Metro A) con l'autobus 500 oppure 046
(chiedere all'autista di scendere alla Facolta' di Scienze ex Sogene;
in ogni caso e' la prima fermata dopo che l'autobus passa sotto il
cavalcavia dell'autostrada Roma-Napoli).
Davanti alla fermata c'e' il cancello della Facolta' e, sulla destra,
delle scale che salgono al corridoio centrale delle aule
didattiche. L'iniziativa e' in questo corridoio. L'aula 28 e' una
delle primissime sulla destra, l'atrio tra i due bar e' un po' piu'
avanti.