Informazione
La guerra e le basi militari un ottimo affare
Ciò che più ci ha colpiti nel 99 è stato che la Jugoslavia era il
bersaglio non di questioni umanitarie, ma di una guerra per
ricolonizzare. Per annettere il suo mercato al « gran mercato » delle
multinazionali, e per controllare le sue rotte strategiche. Inoltre
quella guerra è stata anche unoperazione « self - service » per certi
dirigenti statunitensi legati alle grandi imprese produttrici darmi.
In Kosovo, proprio sopra la rotta del petrolio, gli USA hanno costruito
una gigantesca base militare : Camp Bondsteel. Un luogo strategico per
intervenire nel Medio Oriente, nel caucaso, oppure un giorno, contro
Mosca. Chi ha costruito questa base, chi la gestisce, chi intasca gli
enormi benefici ? Brown & Root Service,una filiale statunitense dei
servizi petroliferi Haliburton, in cui troviamo Dick Cheney, lattuale
vice - presidente degli Stati Uniti.
Brown & Root, specializzata nelle forniture allesercito degli Stati
Uniti, ha assunto importanza nel 92 quando Dick Cheney, allora
segretario alla Difesa del governo Bush senior, gli ha conferito il
contratto per il sostegno logistico alle operazioni allestero dellUS
Army. Tra il 95 e il 2000, Cheney lascia la politica ed entra nela
Haliburton Corporation. La fornitura di questimpresa sè impennata
paralleleamente alla escalation del militarismo degli USA.
Nel 92 B&R costruisce e gestisce le basi dellUS Army in Somalia, e
guadagna 62 milioni di dollari. Che diventano il doppio nel 94 : 133
milioni di dollari per costruire installazioni militari in Ungheria,
Croazia e Bosnia. Ma è Campo Bondsteel che diventa la « perla » del
contratto, come spiega Paul Stuart
« A Camp Bondsteel, è B&R che fornisce tutto : 2.500 m³ dacqua al
giorno, elettricità suffciente ad una città di 25.000 abitanti,
lavanderia per 1.200 ceste di biancheria, 18.000 pasti al giorno, il 95%
dei collegamenti ferroviari ed aerei, più il servizio antincendio. Con
5.000 dipendenti albanesi kosovari e 15.000 venuti da fuori, B&R è il
primo datore di lavoro del Kosovo ».
Lo conferma David Capouya, il suo direttore : « Noi qui facciamo di
tutto, tranne che portare un fucile ». Effettivamente, la ditta di
Houston fornisce tutto, dalla colazione ai ricambi dei blindati.
Sicchè la guera ingrossa direttamente il portafoglio del signor Cheney.
Anche loccupazione dell Afghanistan ha procurato dei gustosi
contratti a B&R, e nei balcani, è sempre questa società che ha
realizzato gli studi preparatori dellautostrada greca Egnatia (il
prolungamento del Corridoio 10). Così come gli studi per loleodotto
nordamericano Bulgaria - Macedonia - Albania descritto in precedenza.
Lamministrazione Bush pratica veramente il self - sevice con un
impudenza record.
Perché USA e Germania sono accusati di essersi appoggiati a razzisti e
criminali ?
Per prendere i controllo delle rotte strategiche balcaniche, Washington
e Berlino avevano bisogno di forze locali su cui appoggiarsi per evitare
di fare la guerra troppo direttamente.
Chi le ha scelte ed armate ?
- Per la Croazia, è stato il gruppo razzista intorno a Tudjman. Luomo
che riscriveva in modo revisionista la storia della seconda guera
mondiale. Un Le Pen croato che si fregiava del fatto che sua moglie non
era « né ebrea né serba ».
- Per la Bosnia, è stato il nazionalista islamista Izetbegovic. Per
lui«non cera coesistenza possibile tra la religione islamica e le
istituzioni sociali e politiche non islamiche ».Quello che non si è
fatto scrupoli di sparare su musulmani, a Bihac e a Sarajevo. Questo
fanatico è stato anche ribattezzato « democratico » ed « antifascista ».
Ma ora che il vento è cambiato, riconosce - molto discretamente - che
Washington ha inviato una gran quantità di mujaheddin
dellorganizzazione di Ben Laden.
- Per il Kosovo, lo strumento è stato lUCK, unorganizzazione
separatista e razzista, che ha provocato la guerra (è proprio scritto
nei suoi documenti) per imporre una « Grande Albania » etnicamente pura.
Linviato speciale degli USA nella regione, Robert Gelbard, aveva
dichiarato a più riprese, nel febbraio del 98 alla stampa
internazionale : « LUCK è senza alcun dubbio un gruppo terrorista ».
Così come aveva confermato il ministri degli affari esteri USA : «
Responsabili dellUCK hanno minacciato dei paesani dincendiare le loro
case se non si fossere uniti ai loro ranghi. La minaccia dellUCK assume
tali proporzioni che gli abitanti di sei villaggi della zona di Stimlje
si preparano a scappare ».
Malgrado tutto, tre mesi dopo la Nato diventava la forza aerea dellUCK
« terrorista ». E la morale degli Stati Uniti, che pretendono dimporre
la guerra dappertutto in nome della lotta al terrorismo ?
Ancora oggi si sforzano di utilizzare certi terroristi islamici, per
esempio i ceceni.
Il Kosovo Natoizzato: pulizia etnica, terrore e mafia
Quali sono oggi le conseguenze? Ebbene, come abbiamo mostrato nel film
I dannati del Kosovo, in questa regione cè stata, e cè ancora, una
pulizia etnica, ci sono terrore e mafia. La soluzione di un conflitto
locale non è per niente vicina, ma si è allontanta del tutto. Una vera
pulizia etnica ha cacciato dal Kosovo la maggior parte dei non -
albanesi: serbi, ebrei, rom, musulmani, turchi, gorani, egizi, ecc.
Tutte queste etnie sono state sistematicamente espulse col terrore:
attentati dinamitardi, assassinii, distruzione delle loro case, minacce
costanti 230.000 hanno dovuto rifugiarsi in Serbia, Montenegro,
Macedonia o altrove. Quelli che restano, sono bloccati dentro piccole
enclavi - ghetto da cui non possono uscire che raramente, e sotto scorta
delle truppe della Nato.
Questa pulizia è stata limitata al periodo che ha seguito limmediato
dopoguerra?
Qualcuno vorrrebbe farlo credere. Ma in seguito alle rivelazioni del
nostro film I dannati del Kosovo, un giornalista ha intervistato
Genève Niurka Pineiro, portavoce dellOrganizzazione Internazionale per
le Migrazioni, che dipende dallONU. Ella conferma: Continuiamo a
registrare intimidazioni e molestie quotidiane, ed attacchi di una
violenza estrema, sovente mortali, più che numerosi. Certi difensori
della Nato pretendono che le cose siano sul punto di aggiustarsi, ci
sarebbero meno morti che allinizio. In effetti è così, ma perché ? Pur
correndo il rischio di sembrare cinici, il vero motivo è che la
maggioranza dei membri delle minoranze sono scappati, e il resto .. è
morto !
Infatti, la situazione non è migliorata per niente, riconosce lo stesso
portavoce dellONU : « Le minoranze restano vulnerabili agli attacchi
(..) la libertà dei movimenti rimane il loro problema chiave, impedendo
loro di fare una vita normale (..) Senza libertà di movimento, laccesso
ai servizi essenziali, alluso delle strutture civili (ospedali, scuole,
ecc.) rimane estremamente difficile e spesso addirittura impossibile ».
Riassumiamo. Niente libera circolazione, niente acceso ai
servizi pubblci, né alle scuole, né agli ospedali, niente occupazione. E
soprattutto il terrore quotidiano. Il Kosovo « Natoizzato » rimane una
terra fuorilegge, uninerno per tutti, compresi molti albanesi, bersagli
dellUCK.
Il 5 novembre scorso, il governatore ONU del Kosovo, Michale Steiner, ha
pure lui riconosciuto che : « i membri delle piccole comunità del Kosovo
non sono ancora tornati alle loro case, e la maggior parte di quelli che
sono rimasti sul posto vivono in condizioni inaccettabili »
Il pretesto dellintervento della Nato continuerà per sempre?
Perché nei media occidentali e in una certa sinistra non se ne parla?
Nel Kosovo, la Nato ha sposato la regione con la mafia
Perché la natura mafiosa e criminale dei regimi creati dalla Nato non
sono mai stati analizzati ?
Il risoluto, e perciò chiaro James Bisset, anziano ambasciatore canadese
in Jugoslavia afferma:
« Il Kosovo resta una società fuorilegge, completamente intollerante
delle minoranze etniche ed uno deiposti più pericolosi della terra ».
Perché il Kosovo è una terra senza legge? A causa dei pressanti
interessi economici, spiega lesperto canadese Chossudowsky : « I boss
della droga kosovari, albanesi e macedoni, sono diventati le nuove
élites economiche, spesso legate a importanti interessi commerciali
occidentali.
I profitti finanziari dei traffici di droga e darmi si sono riciclati
in altre attività illegali, come lo sfruttamento della prostituzione ».
Alti responsabili del regime del presidente albanese Berisha sono stati
implicati in traffico di droga e darmi con il Kosovo. Traffici che
hanno potuto fiorire impunemente malgrado la presenza dal 93 di un
importante contingente di truppe americane. In questi ultimi anni,
questo traffico di droga ha consentito allUCK di mettere in campo
30.000 uomini in armi in poco tempo. « La Nato ha sposato la regione con
la Mafia ». E quanto confermano i servizi di polizia europea e in
particolare lAgenzia Criminale Federale di Germania : « Gli albanesi,
al momento, sono il più importante gruppo per la diffusione delleroina
in Occidente ».
Si sa che la droga, con le armi e la pubblicità, è uno dei tre settori
economici più importanti dellattuale società capitalista. Si sa anche
che la CIA ha attivato, un po dappertutto sul pianeta, traffci o
baratti « armi - droga - petrolio », e ciò con la complicità dei più
importanti gruppi mafiosi. Il flirt con lUCK ha numerosi precedenti. La
mafia albanese controlla anche il giro degli aiuti internazionali,
riesportati con la corruzione, che intanto dilaga. In luglio 2002,
inchieste dellUnione Europea hanno scoperto 4,5 milioni di euro su
diversi conti a Gibilterra ». Questi soldi erano stati sottratti
allAgenzia dellEnergia del Kosovo. Non stupirà, quindi, il flusso
quotidiano dinterruzioni della corrente.
Tutte queste frodi sono unincidente, un fenomeno secondario? O, al
contrario, parte integrante del sistema istituito? Un ufficiale europeo,
parlando nellanonimato, risponde : « Nei tre anni scorsi, la comunità
internazionale ha buttato nel Kosovo tra i 15 e i 18 miliono di euro, ma
non abbiamo ancora costruito le infrastrutture di base ». Non si tratta
di frodi secondarie. La stesa evasione massiccia è avvenuta in Bosnia,
intorno al clan del presidente musulmano Izebetgevovic.
Territori occupati : uneconomia artificiale e corrotta
Leconomia dei territori sotto amministrazione neocoloniale costituisce
un sistema del tutto artificiale. I numerosi 4 x 4 delle ONG
internazionali, così come le decine di hotel e di centri di servizio
costruiti lungo le strade, possono colpire. Ma nelle enclavi - ghetto
delle minoranze, non esiste ricostruzione, e come si è già detto, il
principale datore di lavoro del Kosovo resta la ditta USA B&R che
gestisce la base militare di Camp Bondsteel.
I due protettorati occidentali dei Balcani sono infatti i due « paesi »
con il tasso di ricatto più elevati dEuropa. 57% in Kosovo (footnote
25), 60% in Bosnia (footnote 26).
Tutto questo significa un « inevitabile transizione » o un fenomeno
duraturo? In realtà, loccupazione di parti della ex - Jugoslavia
trasformati in protettorati è una catastrofe a lungo termine per le
popolazioni locali. Lungi dal decollare, queste economie sono
colonizzate. E moralmente pervertite. In Bosnia, allo stesso modo,
loccupazione militare USA ha creato un sistema di traffici recentemente
bene illustrati dallo scandalo DynCorp. Questa ditta, una dei più grossi
fornitori di servizi dellesercito USA, aveva inviato in Bosnia 181
impiegati e quadri per la manutenzione degli elicotteri Apache e Blachhawk.
Nel gennaio 2002, uno di questi impiegati, Ben Johnston, ha denunciato
le ignobili pratiche di schiavitù sessuali regnanti nel DynCorp : « Da
quando sono arrivato, mi si è parlato di prostituzione, ma ho impiegato
del tempo per capire che si compravano le ragazze con 600/800 dollari.
Io ho detto che questa è semplicemente schiavitù ». Alcune di queste
ragazze avevano tra i 12 e i 15 anni. Le denuncie di Johnston gli
costeanno il suo impiego, ma finiranno anche per scatenare uninchiesta.
Ciononostante lesercito USA aveva avuto cura dimporre nel 95
limpunità per i suoi soldati e altro personale che, di fatto, sfugge
alle leggi del paese. Pertanto, i colpevoli possono tornare negli USA
senza essere perseguiti. Commento indignato di Christine Dolan,
fondatrice della Campagna Internazionale Umanitaria contro lo
Sfruttamento dei Bambini :
« Di fronte a dei dipendenti dei fornitori dellesercito USA a letto
con la mafia e con bambini come oggetti sessuali, è una sorpresa sapere
che il DynCorp ha potuto mantenere il suo contratto, quando gli Stati
Uniti pretendono di voler mettere fine alla tratta degli esseri umani! ».
Nei fatti, in tutto il mondo, le basi militari USA sono veri
catalizzatori della schiavitù sessuale femminile, organizzata con la
mafia locale. Un documento dellalto commissariato dellONU per i
diritti umani, spiega che la Bosnia nel dopoguerra è diventata
unimportante crocevia del traffico di donne. Il documento non fa
menzione, beninteso, dei legami con la base militare della Nato a Tuzla,
dove vivono migliaia di uomini. Ma spiega il capo islamico Mrisada
Siljic : « Come si fa a pensare a 20.000 giovani senza donne per un
anno? ». Già nel 95, il New York Times titolava in modo eloquente «
Tuzla : arrivano gli americani. La prostituzione, la droga e lAIDS,
anche ».
Il governo Djindjic vuole in tutta fretta far aderire la Serbia alla
Nato. Se questo succedesse, la sorte delle donne di Serbia sarà diversa
da quella delle donne di Bosnia?
Laffare DynCorp non è uno scandalo isolato. Si tratta di un fenomeno
classico. Alla fine della seconda guerra mondiale, i soldati americani
hanno spinto 40.000 donne napoletane a prostituirsi, circa un terzo
della popolazione femminile. Durante la guerra dAlgeria, la violenza
sulle donne algerine da parte delle truppe francesi, era usata come arma
contro i combattenti del FLN e la popolazione civile, come si è visto in
un recente documentario basato su numerose testimonianze.
I media occidentali sono ben disposti a dare lezioni sui crimini di
guerra (reali e non) delle nazioni « inferiori ». Di contro, sono
generalmente molto più discreti su questo fatto incontestabile :
larrivo degli eserciti delle grandi potenze occidentali è inseparabile
dallo sfruttamento economico e sociale dei popoli occupati, in
particolare delle donne.
« Gli albanesi hanno ammazzato tutti quelli che sono rimasti »
Perché i capi dellUCK non hanno nessuna intenzione di cercare una
soluzione ai problemi del Kosovo? Perché vogliono proteggere i loro
interessi economici mafiosi. Instabilità e illegalità, per loro sono,
indispensabili. Pertanto, la protezione dellOccidente a sostegno della
strategia razzista e terrorista dellUCK, costituisce una vera bomba ad
orologeria per i mesi e gli anni a venire. Ecco perché i capi dellUCK
sono ancora così minacciosi. Per esempio, Ethem Ceku, ministro
dellambiente e cugino dAgim Ceku, capo dei TMK « Corpo di Protezione
Civile » (nuovo nome delle milizie UCK integrate nellattuale apparato
dello Stato). Inizio 2002, egli dichiara pubblicamente : « I serbi che
tentano di tornare senza autorizzazione nel Kosovo saranno respinti con
la forza necessaria ». Una minaccia presa molto sul serio da Everett
Erlandson, poliziotto in pensione di Chicago, ed oggi in servizio a
Pristina con le forze ONU : «Loro, gli internazionali, hanno lasciato il
Kosovo, gli albanesi sono tutto quello che rimane ».
Ma gli Stati Uniti hanno intenzione di lasciare il Kosovo? O per lo
meno di mostrarsi più severi verso i terroristi ? La recente « evasione
» di Florim Ejupi prova il contrario.
Come evadere senza problemi da una base militare USA
Chi è Florim Ejupi? Un uomo dalle mani coperte di sangue Il 16
febbraio 2001, terroristi albanesi facevano esplodere una bomba
comandata a distanza al passaggio di unautobus serbo della linea Nis -
Gracanica: 11 morti, 40 feriti. Cerano fumo e sangue dappertutto,
racconta la giornalista Gorica Scepanovic, età 25 anni, chi è
sopravvissuto allattentato rimarrà segnato da questesperienza
orribile. Per una volta, linchiesta ottiene qualcosa. Nonostante la
si sia accusata di lentezza, si è trattato di un buon lavoro di
polizia, ha dichiarato la britannica Derek Chappell, portavoce della
polizia dellONU.
Vengono arrestate quattro persone, tra cui due ufficiali del « Corpo di
Protezione Civile del Kosovo » (lex UCK), ma ne viene imprigionato uno
solo, Florim Ejupi. Siccome la polizia dellONU supponeva che avrebbero
tentato di liberarlo con la forza, lo si trasferisce dal Centro
Detentivo di Pristina alla base USA di Camp Bondsteel.
Sembrava una buona idea, a credere alla descrizione della base fatta
dallesperto militare canadese Scott Taylor : « Piazzata sulla cima di
una collina, questimpressionante struttura - 40 Km.² - è una vera
fortezza. Completamente roteata da tre file di filo spinato, con
perimetri di protezione molto larghi, torrette dosservazione e
fotocellule dapertutto ». Ma nonostante tutti questi ostacoli, Ejupi è
uscito tranquillamente da Camp Bondsteel nel maggio 2002, prima dessere
giudicato.
La reazione indignata dello stesso poliziotto britannico Chappell : «
Gli americani ci hanno detto che lui aveva trovato un oggetto metallico
in una torta agli spinaci Proprio così, non invento niente ».
Cè di che indignarsi. Come può un prigioniero che indossa una tuta
arancio, scappare tranquillamente in mezzo a circa 5.000 soldati
statunitensi, che labbiano lasciato andare di proposito?
LUCK: improvvisa metamorfosi o truffa commerciale?
Sono supposizioni esagerate? Sono solo i serbi e le altre minoranze
etniche ad accusare gli Usa di proteggere i criminali? No. Il generale
Klaus Reinhardt, comandante delle truppe Nato del Kosovo fino al marzo
2000, sbotta così: Gli americani si fidano troppo della lealtà delle
truppe dellUCK. Gli estremisti albanesi che sono stati arrestati dalla
KFOR sono stati rilasciati velocemente. Se la KFOR avesse potuto agire
contro gli estremisti, la situazione in Macedonia non sarebbe così
degenerata.
Se ci si permette di criticare così i cari alleati è a causa della
sempre più forte rivalità Washington - Berlino nei Balcani e nel mondo.
Sullo sfondo della crisi delleconomia globale.
Per questo è il settimanale tedesco Der Spiegel - non la stampa USA -
che ci spiega che i dirigenti dellUCK non erano per niente quelli che
ci avevano descritto. Il 21 settembre scorso, lo Spiegel intervistava
Bujar Bukoshi, un tempo « primo ministro » dei kosovari albanesi in
esilio : « Dopo la guerra, le eliminazioni più crudeli sono avvenutre
tra albanesi. Con il pretesto che si trattava di « collaboratori », i
dirigenti dellUCK hanno liquidato i loro avversari politici ».
Secondo linchiesta dello Spiegel, « un vecchio comandante dellUCK
avrebbe arruolato un criminale di guerra per assassinare Ekrem Rexha,
anche lui un vecchio capo dellUCK ». Rexha preparava un libro sui
crimini di guerra compiuti in Kosovo, in particolare quelli dellUCK.
I rifugiati serbi del Kosovo sono diventati i palestinesi dEuropa
Perché non lhanno detto? I leaders dellUCK erano angeli quando la Nato
se ne serviva per distruggere la Jugoslavia? Oppure erano già dei
terroristi, come li aveva definiti linviato speciale degli USA nella
regione?
Questo viene raccontato solo ora perché Washington e Berlino sono sempre
più in conflitto sui corridoi energetici dei Balcani e su un sacco
daltre cose. Ma non si tratta di una metamorfosi dellUCK.
Semplicemente, le grandi potenze hanno nascosto la verità perché avevano
bisogno dei suoi servizi.
Il dramma del Kosovo aggiunge discredito alla Nato e allattuale governo
serbo. Non solo non si muove nulla circa il rientro dei 230.000
rifugiati serbi ed altri espulsi dal Kosovo, che sono diventati i
palestinesi dEuropa. Ma in più, gli amministratori occidentali dirigono
la missione ONU sforzandosi di smantellare la sola zona del Kosovo che
resta popolati di serbi. La parte nord della città di Kosova Mitrovica.
Il numero degli albanesi nella zona è relativamente limitato, circa
5.000 persone. Troppo pochi in confronto ai 230.000 espulsi delle altre
etnie. Ma il loro ritorno è la priorità assoluta dellamministrazione ONU.
Alcuni reclamano addirittura un atteggiamento ancora più aggressivo
contro i serbi. Per esempio lInternationl Crisis Group, un gruppo di
pressione della CIA finanziato dal miliardario USA G. Soros. Secondo
questa lobby, che comprende Louise Arbour, ex procuratore allAia e
Wesley Clark, il capo dei bombardamenti della Nato nel 99: LONU e le
truppe della KFOR dirette dalla Nato devono imporre la loro autorità su
Mitrovica. Il nuovo governatore del Kosovo, Michael Steiner, ha
annunciato nuovi arresti di serbi.
Kosovo : « Grande Albania » e nuova Israele ?
Allinizio, il Kosovo faceva parte della Jugoslavia, secondo la
risoluzione dellOnu che ha messo fine alla guerra. Ma allora come oggi,
gli USA non considerano risoluzioni che quelle che servono i loro
interessi. Numerose pubblicazioni attuali dei media USA preparano la
loro opinione pubblica allindipendenza del Kosovo. Era la promessa
fatta dal « matrimonio » con lUCK. Lopzione della separazione pura e
semplice è suggerita da una commissione che si autodefinisce
indipendente, ed è composta da qualche « esperto » tra cui Robertson,
segretario genrale dellONU.
Ma le potenze europee non sostengono questindipendenza. Sanno che
Washington cerca di creare unIsraele nei Balcani. Uno stato che gli
dovrebbe tutto e che potrebbero usare come portaerei.
Detto ciò, gli Stati uniti cercano davvero di arrivare a
questindipendenza ? Senza dubbio non è così. La strategia della
tensione gli è utile. Il mantenimento del conflitto - e delle sue
sofferenze - gli serve per giustificare i mantenimento delle loro basi
militari. E incoraggiando la politica del terrore che incoraggia gli
altri separatismi nelle regioni vicine. Il Montenegro e la Macedonia
sono ugualmente convolte dallUCK. Ma il primo attacco sarà forse in un
territorio del sud - ovest della Serbia. Non si parla di guerra, ma il
Sangiaccato potrebbe essere una nuova Bosnia.
Domani il Sangiaccato?
Un istituto filo - occidentale specializzato nelle questioni balcaniche,
lInternational War and Peace Report, conferma : « I serbi stimano che
circa mille dei loro hanno lasciato la città di Novi Pazar negli ultimi
anni ». Le insegne « Si vende » appaioni quasi ogni giorno sulle case e
le terre serbe. Si stima che lesodo è stato accelerato dal partito SDA,
a preminenza musulmana, che ha revocato i direttori serbi delle imprese
pubbliche e delle amministrazioni locali. La percentuale serba nella
popolazione si sarebbe abbassata dal 22% al 17% (N.B. Un esodo simile,
ma più massiccio si era prodotto in Kosovo negli 70 e 80).
Nel giugno scorso, il Consiglio Nazionale Bosniaco del Sangiaccato
legato al partito musulmano ha dichiarato : « Non abbiamo ragione
dintegrarci alla Serbia o al Montenegro, o alla comunità
internazionale, il Sangiaccato deve diventare unentità territoriale
separata ».
Il Sangiaccato sinfiammerà a sua volta? Dipende. Come in Bosnia e nel
Kosovo, gli Stati uniti getteranno benzina sul fuoco se hanno delle
pedine da manovrare sullo scacchiere. In ogni caso, il quotidiano serbo
Vecernje Novosti, suona lallerta : « Presto le passeggiate e i caffè
del Sangiaccato saranno divisi e tutto avverrà più in fretta che in
Bosnia, scatteranno i primi incidenti armati : gli assassinii politici.
Se le autorità non fanno niente, il Sangiaccato sincendierà da qui ad
un anno ».
Perché questo silenzio degli intelletuali occidentali?
Qui, in Occidente, una cosa dovrebbe insospettire: il silenzio dei
media. Avevano presentato come una benedizione il cambio di regime
dellottobre 2000. La sostituzione di Milosevic con partiti filo -
occidentali era la porta aperta per un futuro più o meno felice.
Kostunica era luomo presidenziale. La Nato stava per risolvere il
problema del Kosovo Questa analisi era esposta dagli intelletuali
mediatici. Appena due anni dopo, la maggioranza dei serbi rifiuta di
pronunciarsi nelle elezioni presidenziali, e questo non suscita nessun
commento, nessuan analisi dei media occidentali. Amnesia?
O si rifiuta di dibattere da una posizione che sarebbe confutata nella
pratica ?
Dopo lAfghanistan e lIrak, di fronte alla guerra globale, è ora di
fare il bilancio catastrofico di ciò che gli USA hanno fatto nei
Balcani. E la paralisi delle posizioni del tipo « Né Bush né Saddam »,
« Ne Bush, né Milosevic », « Né la Nato né Milosevic », « Né Sharon né
Arafat ». Dopo 12 anni, questa posizione dominante nella sinistra
intellettuale europea condanna il movimento contro - la guerra alla
passività.
Perché mette sullo stesso piano laggressore e laggredito. Se sono
tutti malvagi allo stesso modo, non cè ragione di far smettere
laggressione.
Il « Nè, nè », è il cancro del movimento contro la guerra. Bisogna
finirla. Non è saddam o Milosevic che minaccia il mondo intero, è Bush.
Non sono la Jugoslavia o LIrak che quotidianamente condannano a morte
35.000 bambini del terzo mondo, sono le multinazionali.
Gli USA minacciano la pace in tutto il mondo. Anteponendo i rimproveri,
veri o no, degli stati che gli resistono, si fa soltanto il gioco
degllaggressione. Non sta ai governi occidentali decidere chi deve
dirigere tal o tal altro paese del terzo mondo e secondo quali
interessi. Sta ai popoli di quei paesi decidere. Ma se si lascia
Washington occupare queste regioni, nessuna lotta sociale o democratica
diverrà più facile, sarà il contrario. Ci guadagnano soo le multinazionali
(Vedi il nostr testo « La malattia del « né, né » : cancro del movimento
contro la guerra »).
Che rabbia e sofferenza si trasformino in forza
Perché abbiamo scritto questarticolo? Per analizzare un problema del
passato che non si può più mutare? No, per mettere in guardia: quello
che gli USA hanno combinato nei Balcani, stanno per rifarlo in Irak. E
poi, verrà il turno dei paesi che rifiutano di mettersi in ginocchio di
fronte alla mondializzazione: Iran, Corea, Cuba, Venezuela, Congo,
Palestina, Colombia e molti altri
Perché è importante continuare a parlare della Jugoslavia e di
continuare a sostenere la lotta di questo popolo? Per 5 ragioni.
La disinformazione servirà ancora per giustificare le numerose guerre
future. Perché è cruciale ripetere il sonnomediatico che ha giustificato
la guerra contro la Jugoslavia. Laggressione della Nato era una
privatizzazione con le bombe. Oggi, la popolazione perde il proprio
lavoro, il potere dacquisto, la sanità. Aiutarli a sviluppare la loro
resistenza fa parte della lotta anti - mondializzazione. Se subisce,
sarà inflitta a tutti i popoli dei paesi che presto saranno aggrediti.
Ciascuno ha il dovere morale di sostenere il diritto di migliaia di
profughi cacciati dalle proprie case del Kosovo. Proprio come quelli
della Palestina. Al momento, la Nato estende le sue grinfie sullEuropa
dellEst e sui Balcani, al momento 188 intellettuali sloveni vogliono un
referendum sullintegrazione del loro paese in questalleanza militare,
sottolineando lidea che rifiutare la Nato è rifiutare il mondo, una
pericolosa manipolazione dellopinione pubblica. Al momento è
importante mostrare tutto il catastrofico bilancio della Nato nel Kosovo
e i suoi veri e premeditati obiettivi.
In Irak, come in Jugoslavia, gli USA elaborano piani per scagliare le
nazionalità e le regioni una contro laltra per provocare la guerra
civile ed il caos. Dopo aver preso il controllo dellIrak, Bush se ne
servirà come base per destabilizzare e controllare la Siria e lIran e
tenere docchio lArabia Saudita. Tutti i grandi paesi petroliferi
potranno essere spezzettati in mini - stati più facili da colonizzare.
Il Medioriente e anche il Caucaso saranno « balcanizzati »: sbriciolati
con la formula che ha funzionato in Jugoslavia. Se si lascerà fare di
nuovo in Irak, i rapporti di forze sul piano globale si altererà. Ogni
volta che Washington riesce a bruciare uno stato che gli resiste, si
pone in condizione più favorevole per attaccare il seguente.
4. Per unire il popolo resistente alla mondializzazione e alle sue
guerre, è importante isolare completamente la strategia degli Stati
Uniti. Molti arabi e musulmani affermano con forza che la guerra contro
la Jugoslavia era condotta allo stesso modo che contro lIrak ed i
palestinesi. Gli USA, che massacrano i musulmani in Palestina ed Irak,
non possono essere loro amici in Bosnia e nel Kosovo. Anche i musulmani
sono vittime della pulizia etnica organizzata dallUCK con la
complicità di Washington.
In Irak, come in Jugoslavia, lesercito USA bombarderà di nuovo
stabilimenti chimici e di nuovo userà le nuove e terribili armi
alluranio. Provochera di nuovo cancri, leucemie e malformazioni
mostruose. Di nuovo per le popolazioni locali, ma anche per i soldati
occidentali che interverranno. Un recente rapporto dellONU (Institute
for Energy and Environmental resarch), sottolinea che « questi atti in
Jugoslavia hanno provocato gravi conseguenze a lungo termine
sullambiente e la sanità » in particolare per la liberazione massiccia
di PCB e di mercurio. Il rapporto mette in guardia esplicitamente contro
la ripetizione in Irak della violazione di tali convenzioni internazionali.
Non dimentichiamo la Jugoslavia, non dimentichiamo quelli che hanno
resistito al FMI e alla Nato.
Quello che sopportano è unavvertimento per tutti i paesi che gli USA si
apprestano « a conquistare ».
Che le loro sofferenze si trasformino in forza per bloccare le
aggressioni già programmate.
Traduzione a cura di Flavio Rossi - Associazione SOS Yugoslavia, Torino
(fine)
Naser Oric, war criminal
Murderer From Srebrenica
Muslim soldiers describe him as a man who demanded unquestioning
obedience and iron discipline from his men. Mirsad Sulejmanovic "Skejo"
remembers that "after the attack on Kravica, Naser's soldiers caught
five or six Serbs in the village of Kajici and they slit their throats"
by "REPORTER'S" INVESTIGATIVE TEAM
Reporter, Banja Luka, Srpska, B-H, April 10, 2001
During testimony in the case against General Radislav Krstic, accused on
the basis of command responsibility for war crimes against the Bosniak
population of Srebrenica in July 1995, the chief of staff of the BH Army
at that time, retired General Enver Hadzihasanovic was asked in a
courtroom of the Hague Tribunal why so many thousands of people were
killed after Serb forces took over Srebrenica. Without batting an
eyelash, Hadzihasanovic replied as follows: "To this very day, I have
been asking myself the question what induced those people in the
Republic of Srpska Army to simply murder completely innocent people.
Believe me, I have still not found a decent answer."
Decent answer: To the extent that there can be an explanation for a
crime, in this case it would be that there were guilty people in Srebrenica.
General Hadzihasanovic, as ill-prepared as many others in this country
to acknowledge the crimes that individual members of his people
committed against others, gave a false response because both he
personally and the entire Bosniak military and political leadership are
fully aware of the fact that crimes that took places prior to April
1993, when Srebrenica was declared "a United Nations safe haven". They
are also aware of crimes that occurred later against Serb civilians in
Srebrenica, Skelani, Bratunac and Milici municipalities. These crimes
were committed by Bosniaks from Srebrenica led by their war commander,
Naser Oric.
According to reliable testimony by Serbs and Bosniaks from this region,
through April 1993 units of the Muslim army attacked more than one
hundred Serb villages and hamlets in these four municipalities (70 of
the attacks took place through December 1992), killing approximately
1,000 civilians and members of the Republic of Srpska Army (VRS), and
wounding or injuring between 2,800 and 3,200 Serbs. In the book "A
Chronicle of Our Cemetery", Milivoje Ivanisevic, listing the names of
the people killed and the locations where crimes occurred, presents the
fact that 999 persons of Serb nationality were killed but also warns
that a completely accurate number of victims is impossible to determine
because the fate of persons who were imprisoned, captured or in any
other way found themselves in Muslim-controlled territory remains
unknown. The majority of attacks on unprotected Serb villages near
Srebrenica, Bratunac, Skelani and Milici were led by Naser Oric himself.
Oric's units and Oric personally massacred 87 persons using knives,
pitchforks, blunt objects, by crucifixion, castration, setting on fire
and torture... During this period (May 1992 - February 1993) almost 800
Serb children lost one or both parents; all villages that came under
attack were completely devastated and generally burnt to the ground.
Approximately 5,400 families lost their land and personal property while
approximately 12,800 Serbs or 45 percent of the Serb population of the
region left their homes.
Milosevic's bodyguard: Naser Oric was born in 1967 in Potocarska Rijeka,
Srebrenica municipality. He is a well-educated and trained policeman, a
member of the special forces of the Serbian Ministry of Internal Affairs
(MUP) who prior to the war in BH even served as a member of the personal
security team of Slobodan Milosevic, then president of Serbia.
At the end of 1991 or the beginning of 1992, he returned to Srebrenica
and was given the task by the Bosniak political leadership to organize a
training camp for armed paramilitary and para-police groups in Potocari
near Srebrenica. He had already formed several separate groups in the
town under different command structures. Feuding regarding command
authority was brought to an abrupt halt by a dispatch from Sarajevo
naming Naser Oric as the Srebrenica commander. It is not known exactly
when this order arrived but its effects were felt at the beginning of
May 1992 by the Serbs in Srebrenica and the surrounding region.
The first attacks on Serb villages in Bratunac and Srebrenica
municipalities were carried out the same day - the feast of St. George
[Djurdjevdan] on May 6, 1992. The targets were a part of the village of
Bljeceva (Bratunac municipality) and the hamlet of Gniona (Srebrenica
municipality). According to testimony by surviving Serbs, the attack on
Bljeceva was led by Hasib Ibrahimovic, the attack on Gniona by Naser
Oric himself. The people killed in Bljeceva included the elderly woman
Kosana Zekic (whose throat was slit inside her house), Milan Zekic and
elderly man Gojko Jovanovic, born in 1917. In Gniona two elderly men
were killed: Lazar Simic (1936) and Radojko Milosevic (1928), the later
an ailing and half-blind man who was burned to death inside his house.
The entire village was completely destroyed and burned to the ground.
Marko Slijepcevic and Miladin Vukadinovic, who survived the attack on
Gniona, testified that Oric, using a loudspeaker, called on the Serbs in
the village to surrender and threatened he would kill them all if they
failed to do so.
Oric's crimes: In order to make it clear to the non-Muslim population of
Srebrenica as to what awaited them in the near future unless they moved
out of the town, after the attacks described above Oric ordered the
murder of Goran Zekic, a respected Srebrenica judge and the deputy of
the Serbian Democratic Party (SDS) in the [former Yugoslav republic of]
Bosnia-Hercegovina Parliament. Zekic was murdered on May 8, 1992 from an
ambush near the village of Zalazje on the approach to Srebrenica. On May
9 Serbs began to leave town.
On June 1 Oric organized an attack on the hamlet of Oparci in Srebrenica
municipality; six local residents were murdered and 22 Serb houses were
burned to the ground. On June 21 the village of Ratkovici was attacked
during which five women and three men ranging in age from 64 to 71 years
were killed. Even greater crimes were committed in the village of
Brezani, Srebrenica municipality, on June 30 when 19 local residents
were murdered.
Milos Novkovic (1956) was found beheaded while Vidoje Lazic (1937) was
crucified and then set on fire. Also set on fire in her house was
Kristina Lazic (1935). Witnesses claim that the attack was led by Oric
and also identified several of his infamous accomplices: former convict
Zulfo Tursanovic, a native of the village of Suceska; Hakija Meholjic,
Akif Ustic (deceased), Huso and Resad Halilovic, Osman Zukic, and Akif
and Vehbija Jahic.
In the villages of Krnjici and Oricevi the fighters slew 16 local
residents on July 5. The throat of Vaso Paraca (1912) was slit while a
pitchfork was driven through the body of Ms. Soka Vujic. On July 12, the
same group committed the greatest crime of all during that bloody summer
in an attack on the hamlet of Zalazje in the immediate vicinity of
Srebrenica. 39 local Serbs were murdered in that hamlet; in addition to
the names already cited, Hajrudin Besic; Azem, Nezir and Hajrudin Bezic,
and Amir Mehmedovic are mentioned as perpetrators.
After a brief pause, the now hardened murderers attacked the village of
Podravanje on September 24, 1992, killing 31 people there. The attackers
were particularly brutal toward the local residents: the victims were
found burned to death, with their throats slit, beheaded, with their
stomachs slit open and killed by blunt objects. On the same day,
September 24, Oric personally led an attack against guards on the
surface excavation site of a bauxite mine 25 kilometers from Milici. The
attack was renewed on December 3 and seven security guards were murdered
and massacred. Besides Oric,
participants in this attack included Zulfo Tursunovic, Becir Mekanic,
Ibrahim Ademovic "Cagura" and Mujo Bektic from the village of Podgaji in
Srebrenic municipality.
Bloody Christmas: Attacks on the villages of Fakovici and Boljevici in
Bratunac municipality (October 5) and Bjelovac and Sikiric (December 14)
and Glogova (December 24, 1992) were preparations for the general attack
by Oric's fighters on the large Serb village of Kravica on the road from
Konjevic Polje to Bratunac. Nineteen local residents were killed in
Fakovici, eight in Boljevici, 24 in Bjelovac, 21 in Sikiric and 16 in
Glogova.
With the fall of Glogova, Kravica was completely surrounded by Muslims.
On Christmas morning, January 7, 1993, 3,000 Muslim fighters led by
Naser Oric attacked. A fierce battle ensued and thanks to the courage of
Serb fighters in the village, many civilians managed to make it out of
Kravica. Everyone who remained in Kravica was slaughtered. The final
score of "the bloody Christmas" was 46 dead and 36 injured soldiers and
civilians. According to the testimony of the survivors, even dogs and
cats were shot while all houses in the village, numbering 690, were
looted and set on fire. Grave markers at the Orthodox cemetery were
destroyed and desecrated, and even the bodies of the deceased were not
spared from looting and desecration.
Not even this was enough for Oric and his killers. On January 16, 1993
they attacked the villages of Cosici, Kostolomci, Kusici (Skelani
municipality), as well as the municipal seat of Skelani itself. On that
day a total of 48 persons were killed in the municipality.
Prisons in Srebrenica: Oric did not like to take prisoners. He took them
only when he had to exchange them for one of his fighters. Several Serbs
have testified that detainees in the basement of the police building,
the courthouse and the municipal building in Srebrenica suffered through
the most horrible torture; some of them died in hospital after being
exchanged.
Veselin Sarac, who died as a result of heavy beatings sustained in
Srebrenica prisons, testified prior to his death that Oric was among the
men who beat him. All surviving prisoners say the greatest perpetrator
of evil was Hakija Meholjic.
Captured Muslim soldiers also testified regarding Oric's crimes. They
describe him as a man who demanded unquestioning obedience and iron
discipline from his men. Mirsad Sulejmanovic "Skejo" remembers that
"after the attack on Kravica, Naser's soldiers caught five or six Serbs
in the village of Kajici and they slit their throats".
The crimes of the Srebrenica Bosniaks could not remain without reaction
on the part of the Serb units. At the end of February 1993, the joint
forces of the VRS Drina Corps launched a counteroffensive, taking
Cerska, Konjevic Polje and liberating Kravica. Oric's forces were pushed
back toward Srebrenica which on April 17, 1993 was declared a "safe
haven" from which they continued to carry out sabotage operations and
ambushes deep into RS territory.
Testimony: The commander of the [Muslim] BH Army at the time, General
Sefer Halilovic, as well as already mentioned General Hadzihasanovic,
gave the same statements before the Hague Tribunal in answer to the
question whether any crimes were committed from the Srebrenica enclave
after April 17, 1993.
"The enclave did not represent a threat to the Bosnian Serbs because the
forces that were protecting it were poorly alarmed. If there were any
sabotage operations conducted from the 'safe haven', I think that was a
mistake," stated Halilovic, while General Hadzihasanovic called the
units in the enclave "useless for combat".
"Mistakes by units useless for combat" continued to take lives of Serb
civilians. In an attack carried out on May 27, 1995 in the region of
Rupovo Brdo in Milici municipality, five Serb civilians who were cutting
wood in the forest were killed. An ambush in the area of Skelani
municipality on June 23 resulted in the murder of four civilians; three
days later, Muslim soldiers from the "safe haven" forced their way into
the village of Visnjica in Milici municipality, killing one and wounding
two civilians.
"In accordance with Oric's good old habit", the village was burned to
the ground.
These three attacks (there were many more of them) from the "safe haven"
were characterized by the fact that they were not ordered by Naser Oric.
Together with 18 "key officers", Oric left Srebrenica in April 1995 for
"training in Zenica", according to the testimony of generals Halilovic
and Hadzihasanovic. If one reads a little between the lines, Halilovic
would go on to accuse the Bosniak political leadership of abandoning the
Srebrenica enclave to the Serbs. From such a position on Halilovic's
part it is possible to draw several conclusions. The Bosniak leadership
knew of Oric's crimes committed in 1992 and 1993 and therefore wished to
remove him from Srebrenica to prevent him from possibly becoming a live
witness in the hands of the Serbs. Second, the sentiment of the Serb
fighters toward the Srebrenica Bosniaks after the above described crimes
could be discerned.
This sentiment was further fanned by the above cited sabotage operations
carried out on the eve of the Serb offensive against Srebrenica. Whether
anyone wants to admit it or not, the Serbs wanted revenge and this
development was favorable to those who wanted to suppress information
about Oric's and all other crimes committed by Bosniaks against Serbs in
the municipalities of Srebrenica, Bratunac, Skelani and Milici.
Hague logic: After Serb crimes in Srebrenica, there were few who wanted
or dared to mention Naser Oric and his bloody works in this region. The
complete documentation on the case was submitted to the prosecutors of
the Hague tribunal as early as July 1996 by Marko Arsovic, the then RS
justice minister, and his deputy and the RS liaison officer to the
tribunal, Goran Neskovic, personally. It makes sense that a that time
the Hague prosecutors did not do anything to initiate procedures
regarding any of the documented crimes because protests such as those
recently held in front of the UN headquarters in Sarajevo at that time
were not only the privilege of the women of Srebrenica.
Oric, however, sooner or later had to come before the Hague investigators.
The political moment is right because Serbs in both Belgrade and Banja
Luka are far less nauseated at the very mention of the Tribunal and
Slobodan Milosevic is in jail. In the Public Security Center in Zvornik,
Reporter learned that tribunal investigators have already spent five
days in Milici and Zvornik, where they are questioning exclusively Serb
witnesses regarding Bosniak crimes. A Public Security Center source told
us that this is their third visit in the past two years and assessed
their work as "very thorough and professional". The Zvornik police has
also provided them with new documentation and turned over 10 cases of
criminal charges filed against Naser Oric and his subordinates, whose
criminal activities were proven long ago.
The Hague indictment against Oric is slowly gathering momentum but it
will be finalized, Reporter has learned, depending on political
conditions, as always. Ultimately, it will not be stopped by the
"incomplete" generals' testimony in The Hague, protests or the
destruction of the fence in front of the UN headquarters in Sarajevo, or
even by statements given under coercion, such as Klein's "Oric has not
been arrested and indicted". The truth and justice are on the side of
the victims of the Srebrenica butchers. Justice is slow but, we hope,
within reach.
"The Chronicle of Our Cemetery"
In preparing this article Reporter is deeply indebted to Milivoj
Ivanisevic and his book "The Chronicle of Our Cemetery" in which
everything that occurred from May 1992 to February 1993 in the areas of
Bratunac, Milici, Skelani and Srebrenica municipalities is described and
demonstrated in a distinctly objective and clear manner.
Ivanisevic is an outside associate of the Belgrade Committee for
Gathering of Data on War Crimes, Crimes against Humanity and
International Law. This book was published as far back as 1994,
translated into English and French, and sent to all relevant
international political and legal institutions, as
well as the media. If an appropriate response had occurred at that time,
it is possible that further tragedies of both Serbs and Bosniaks in this
region could have been avoided.
"The Chronicle of Our Cemetery" is also the primary source for the book
"Bloody Christmas" on crimes in the village of Kravica, written by
reporter and publicist Boro Miljanovic. The book was originally
published by Belgrade publisher "Magenta" in 1996; a second edition was
published in 2000. Some facts and information from this book were also
used by "Reporter" in preparation of this article.
Translated by S. Lazovic (Pascha, 2001)
http://www.cdsp.neu.edu/info/students/marko/reporter/reporter107.html
From : Rick Rozoff
Date : Wed, 11 Dec 2002 03:46:58 -0800 (PST)
Subject : Balkan Syndrome Resurrected
http://www.tol.cz/look/BRR/article.tpl?IdLanguage=1&IdPublication=9&NrIssue=1&NrSection=4&NrArticle=8027
Transitions Online (Open Society Institute)
December 10, 2002
Balkan Syndrome Resurrected
-During NATOs 1994 and 1995 bombings of Bosnian Serb
positions around Sarajevo, NATO aircraft used
munitions containing depleted uranium, a slightly
radioactive heavy metal that is effective in piercing
armor. Most of those bombs were fired in Hadzici. In
one day in October 1995 alone, NATO planes fired 300
projectiles into the Sarajevo suburb. According to the
Bosnian government, NATO forces fired some 10,800
rounds of 30mm armor-piercing projectiles during the
war.
-In her report, Jovanovic wrote that since the end of
the war, 25 percent of wartime Hadzici residents have
died of various cancers, tumors, and heart attacks. In
Bratunac alone in the last four years, 500 of the
5,000 Hadzici refugees have died. One Hadzici refugee
dies every three to four days, and every second one
dies from cancer.
The UN releases a study that lends credence to health
experts cries that NATOs wartime uranium-tipped
weapons have left behind a deadly, cancerous legacy.
by Anes Alic and Dragan Stanimirovic
SARAJEVO and BANJA LUKA, Bosnia and Herzegovina--After
two years of silence, Balkan Syndrome--better known as
the depleted uranium affair--is getting its due
attention. The United Nations Environmental Protection
Agency (UNEP) in November confirmed the dangerous
presence of depleted uranium in areas of Bosnia bombed
by NATO aircraft in 1994 and 1995, which Bosnian
officials say has led to a shocking increase in
cancer-related deaths.
UN experts confirmed the discovery of two locations
containing a high level of radiation from depleted
uranium from NATO bombings: the Sarajevo suburb of
Hadzici, where a munitions warehouse and a tank-repair
facility are located, and a Bosnian Serb army barracks
in Han-Pijesak, also near Sarajevo. Investigators
discovered uranium materials and dust inside the
buildings.
The UNEP task force says that depleted uranium can
create an increase in uranium concentration 100 times
the natural levels contained in groundwater.
Upon the release of the November UN expert study on
depleted uranium, health officials from Republika
Srpska confirmed that uranium has indeed caused many
civilian deaths in those two regions. Health officials
say that civilian deaths in those regions are double
what they are in other, unaffected regions.
Earlier this year, the Bosnian government invited 17
international experts to investigate rumors that
depleted uranium is still present in the environment
and may be adversely affecting the health not only of
the local population but also of international
peacekeepers stationed in Bosnia.
The team of experts investigated 14 separate locations
over a one-month period, finding traces of radiation
in three places. Investigators were not able to
examine eight other locations--four small towns near
Sarajevo and four others in eastern Bosnia--deemed to
be too risky due to the presence of land mines.
Pekka Haavisto, who heads the UNEP task force, told
the daily Oslobodjenje: We are concerned about the
situation at the Hadzici tank-repair facility and the
Han-Pijesak barracks and the health condition of the
citizens. Haavisto said that after being analyzed in
Western European laboratories, the final results would
be released in March 2003.
Recent years have brought growing concern among
experts that shrapnel from depleted uranium-tipped
weapons from could cause cancer or other
radiation-related problems. According to health
experts, dust particles from depleted uranium could be
inhaled, or the substance could leach into the ground
and the water supply.
AFTEREFFECTS
During NATOs 1994 and 1995 bombings of Bosnian Serb
positions around Sarajevo, NATO aircraft used
munitions containing depleted uranium, a slightly
radioactive heavy metal that is effective in piercing
armor. Most of those bombs were fired in Hadzici. In
one day in October 1995 alone, NATO planes fired 300
projectiles into the Sarajevo suburb. According to the
Bosnian government, NATO forces fired some 10,800
rounds of 30mm armor-piercing projectiles during the
war.
Under the November 1995 Dayton Peace Agreement, some
Sarajevo suburbs held by Serbs during the war came
under the control of the mostly Bosniak and Bosnian
Croat federation entity of Bosnia. One of those
suburbs was Hadzici. Most of the approximately 30,000
Bosnian Serbs who lived there fled their homes and
moved as refugees to other parts of the Republika
Srpska entity of Bosnia and to Yugoslavia.
Some 5,000 civilians from Hadzici fled to Bratunac, in
eastern Republika Srpska. Medical analysis conducted
by the local Institute for Health in 1998 showed that
the mortality of Hadzici refugees was double the
mortality rate for the rest of Bratunacs residents.
The studys author, Dr. Slavica Jovanovic, told the
SRNA news agency that she has no doubt that depleted
uranium is responsible for the increased death rate of
those people.
We can say that the mortality rate of the refugee
population is greater because of high stress, poor
nutrition, and bad living conditions. But we were
shocked to discover that deaths among Hadzicis
refugees are much more numerous than [among] other
[refugees], Jovanovic told SRNA. She blamed those
deaths on the fact that the refugees from Hadzici were
exposed to radiation because they lived close to the
bombed locations.
In her report, Jovanovic wrote that since the end of
the war, 25 percent of wartime Hadzici residents have
died of various cancers, tumors, and heart attacks. In
Bratunac alone in the last four years, 500 of the
5,000 Hadzici refugees have died. One Hadzici refugee
dies every three to four days, and every second one
dies from cancer.
Jovanovic said that she could not say for sure how
many Hadzici refugees have cancer because many do not
check themselves into hospitals since they cannot
afford medical treatment. The doctor said she is
hoping that the international community will step in
and find some way to examine the towns refugee
population and help provide treatment.
After the UNEP report was released, the Republika
Srpska army evacuated soldiers from its barracks in
Han-Pijesak. Officials say that organized medical
exams will soon begin for soldiers who were in the
barracks during the past seven years.
At the same time, medical workers from the federation
entity are also sending out warnings to people still
living in Hadzici--but they are expanding their
warning to the general public, which they fear could
also be affected by the presence of depleted uranium.
Federation health officials say they are also worried
that that radiation has caused an increase in the
number of diseases such as cancers--especially
leukemia--tumors, cerebral palsy, and others.
After the reintegration of Hadzici into the federation
entity, prewar Bosniak and Croat workers began
cleaning out the munitions warehouse and tank-repair
facility, removing more than 1,000 truckloads of
garbage and munitions
Now those workers fear they too have been
contaminated. Unfortunately, they will have to wait to
find out. Workers have begun undergoing medical
examinations, but the results will not be available
until April 2003. Whats more, despite UNEP warnings
to immediately evacuate all workers because of danger
of inhaling depleted uranium dust, some workers from
Hadzici are still on duty.
Believe me, I am very afraid. But if I have been
inhaling radiation for the past seven years, I can do
it until they publish the final results, Zijad
Fazlic, director of the Hadzici tank-repair facility,
told TOL on November 24. All we can do now is to wait
for the results. I dont know what we are going to do,
but if I had known this, I would never have come here
to work. Families of workers also live here, he said.
Soon after the UNEP report was published, federation
medical officials started to speculate that it is
possible that depleted uranium is the cause for the
shocking jump in cases of leukemia in children.
It has not yet been proven, but we cannot see
anything else except uranium, Edo Hasanbegovic,
director of the ontological department in Sarajevos
Kosevo clinic, told the daily Oslobodjenje on 21
November.
Hasanbegovic said that research is set to begin soon
to find out whether a connection can be made between
the increase in diseases and depleted uranium. But he
said he is certain that depleted uranium is one of the
elements that causes leukemia in Bosnia. That we can
claim without medical research. Every year we have a
50 percent to 70 percent increase in the number of new
underage patients, said Hasanbegovic.
PLAYING CATCH-UP
Lejla Saracevic, chief of radiobiology at Sarajevo
University, told TOL on 29 November that before the
depleted uranium affair was made known to the public,
local experts had asked the government to allow them
to conduct research in potentially contaminated areas.
The government, however, refused, saying there was
insufficient money in the budget for such
research--research Saracevic said costs little.
Saracevic said that once the most critical locations
have been decontaminated, it is necessary to find out
how much of the rest of the region is radioactive. It
has been a long time. In seven years the uranium has
migrated into the ground and through the water. It is
very possible that it now exists in our vegetation and
possibly in our food. Our priority is to check that
now, she said.
Before the war in Bosnia, the annual number of new
cases of children with leukemia was never greater than
13. Since the end of the war, that number has grown
every year: Last year it was 26. The situation is the
same with other cancers: Every year the number grows.
And almost 80 percent of those new cases are coming
from areas that were exposed to the radiation of
depleted uranium--areas that were bombed during the
war.
The so-called Balkan Syndrome affair first aroused
attention in early 2001, when Italian media published
reports that one Italian soldier who had served in
Bosnia had died of leukemia and that five more were
very ill. The Italian media blamed the sicknesses on
NATOs use of depleted uranium in its weapons.
At the time, all governments denied that NATO was
using uranium-tipped munitions. Nonetheless, medical
examinations of soldiers were promptly begun, with
many being diagnosed with leukemia and other forms of
cancer.
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Anes Alic is TOLs correspondent in Sarajevo. Dragan
Stanimirovic is TOLs correspondent in Banja Luka.
Riferisco in termini rigorosamente fattuali, necessitato anche dalla
presenza del pubblico, quanto si è verificato ieri, domenica 8
dicembre, al cinema Tibur in Roma, in occasione dell'incontro con
la delegazione di parlamentari italiani di ritorno dall'Iraq.
Sono intervenuti Elettra Dejana, Paolo Cento, Silvana Pisa e,
particolarmente equilibrata e corretta, Loredana De Petris che,
almeno, si è astenuta dal ripetere gli stereotipi della propaganda
imperialista sugli "orrori" di regime. Alcuni interventi -
frutto di appena 3 giorni di presenza in Iraq e di lunghi anni di
intossicazione mediatica - sono risultati più polemici contro il
governo iracheno che contro gli aggressori e sanzionatori
angloamericani. Impressioni superficiali sono diventate
verità incontrovertibili. Solo qualche esempio: "I veli sono
aumentati del 50%", cifra del tutto inventata e senza sapere che a
Baghdad risultano esserci oggi più donne velate soprattutto perchè
ci sono oltre un milione di profughi sciti dal Sud uranizzato e
bombardato giornalmente (e che da sempre portano il velo); "Ai giovani
si inibisce la ricerca di certi siti in internet", totalmente
falso, la navigazione su internet è totalmente libera
e viene praticata in tantissimi "internetcafè" in giro per Baghdad. "Siamo
stati accompagnati in tutti i nostri movimenti e contatti da agenti di
polizia, segno di mancanza di libertà", si trascura che gli interessati
erano una delegazione ufficiale parlamentare e che sarebbero stati
accompagnati in qualsiasi paese del mondo; qualsiasi visitatore
straniero e giornalista è invece liberissimo di girare dove e
come vuole per Baghdad, incontrare chi vuole, fare amicizia,
visitare famiglie, andare allo stadio, frequentare studenti e tutto
il resto, come accertato da me in 25 anni di visite in Iraq
e da chiunque altro. Inoltre, il meccanismo statale per cui
all'85% degli iracheni viene garantito un quantitativo di cibo
sufficiente a sopravvivere all'embargo genocida e che i
responsabili dell'ONU Denis Halliday e Hans Von Sponeck hanno
definito "uno dei più efficienti e meno corrotti del mondo"
viene interpretato da Dejana come strumento per aumentare la
dipendenza del popolo dal regime, la cui iconografia, in
effetti eccessiva (ma non più dell'iconografia cattolica da cui siamo
sommersi da 2000 anni e dei valori consumistico-capitalistici che ci
assediano giorno e notte) viene attribuita a una cultura patologica e
paranoica. Si à anche voluto attribuire a una risorgenza islamica il fatto
che la comunità cattolica caldea sia diminuita in dieci anni di 200.000
unità Invece l'Iraq è riconosciuto da tutte le Chiese (Vaticano compreso)
come uno dei paesi più rispettosi delle varie religioni esistenti al suo
interno. Se tanti cristiani hanno potuto sottrarsi alla disperazione della
fame, delle bombe e della morte da uranio e malattie varie, è perchè i
caldei rappresentavano da sempre un ceto tra i più benestanti del paese e,
diversamente dagli altri, hanno potuto ricorrere alle proprie
disponibilità per emigrare e rifarsi una vita altrove.
Il bello è venuto al termine degli interventi e all'inizio del dibattito.
Notato che milioni di persone in Iraq, come "denunciato" da Elettra Dejana
("società militarizzata"), avessero l'arma in casa facendo parte di una
milizia di difesa territoriale e di resistenza antisraeliana in Palestina,
il moderatore Sergio Cararo ha notato con ironia che un regime che si può
permettere di avere metà della sua popolazione armata non si deve sentire
poi tanto contrastato. La battuta di Cararo è stata salutata da un lungo
applauso il che ha ulteriormente fatto inviperire Elettra Dejana che,
rivoltasi al sottoscritto, pure plaudente alla battuta, ha urlato: "Stai
facendo propaganda pro-Saddam". La mia risposta è stata :"Direi piuttosto
che qui si rasenta la propaganda americana". La risposta della Dejana,
parlamentare di RC come io ne sono militante e dirigente federale, a
volume ancora più sorprendente è stata "Ma va' a fare in culo,
Grimaldi".
Sconcerto generale nel pubblico e poi fischi e proteste. A mia volta
sottolineavo: "Elegante terminologia per una parlamentare". La Deiana
si sottraeva sia a un confronto civile, allontanandosi
rapidamente insieme al suo seguito, sia ai successivi interventi,
continuando a schiammazzare contro di me e, ormai, contro quasi
tutti gli altri.
Mi limito a riferire che nel mio intervento, poi, mi sono limitato a
sottolineare i pericoli di un eurocentrismo anche "di sinistra", con i
suoi rischi di colonialismo politico, e di una evidente
subalternità alle intossicazioni e diffamazioni imperialiste. E' un
film già visto in occasione dello squartamento imperialista della
Jugoslavia, agevolato dall'accettazione passiva da parte di molta
Sinistra delle fandonie inventate su Serbi e Milosevic, successivamente
tutte rigorosamente smentite. Forse c'è una coda di paglia, certo che
la Sinistra non si può permettere un altro tragico errore del genere.
Risulta evidente a chiunque non sia blindato nei suoi pregiudizi e nella
mania di applicare etichette calunniatrici che tutto questo non è
"propaganda pro-Saddam", ma semplice elencazione di fatti
incontrovertibili e accertabili da chiunque non si limiti a tre
giorni di delegazione in un paese, ma si assuma la responsabilità
di una ricerca approfondita e, soprattutto, di una meno pigra
individuazione delle fonti.
Della serie: I favori resi all'imperialismo dalla bomba "diritti umani",
come condivisi da D'Alema, e dal missile "democrazia", come praticato
negli USA.
Fulvio Grimaldi
9/12/2002
office@...
Datum: 10 decembar 2002
Ustavna povelja :KORAK NAZAD - DVA KORAKA NAPRED
Prof. Dr Oskar Kovac
Beograd, 10 decembar 2002. godine
Uvodno izlaganje pripremljeno za:
okrugli sto Beogradskog foruma za svet ravnopravnih
"Medija centar" Beograd. Makedonska 5/II
Cetvrtak 12. decembra 2002. g. u 11,oo h.
Jugoslavija se nalazi pred provalijom svog nestanka. Mnogi joj
preporucuju da ucini korak nazad, a zatim dva koraka napred!
Predlog Ustavne povelje je u svakom pogledu korak nazad. Ceo
svet zna da se ona donosi samo zato sto SAD i Evropska unija
zele privremeno da odloze secesiju Crne Gore. Zato sto se jos
nisu odlucili kako da u(ne)rede ovaj preostali deo prethodne
Jugoslavije. Otcepljenje Crne Gore sada im ne odgovara zato
sto bi sledilo otcepljenje Kosova i Metohije sa ciljem stvaranja
velike Albanije. To bi im u okviru NATO pakta izazvalo velike
probleme u Grckoj i Bivsoj jugoslovenskoj republici Makedoniji,
a okupirani juzni deo "zapadnog Balkana" definitivno bi se
pretvorio u kloaku Evrope. Zato su uzeli time out od tri godine
i za Kosovo i Metohiju i za Crnu Goru.
Ustavna povelja je od pocetka koncipirana tako da predvidjena
toboznja drzavna zajednica ne moze da funkcionise, ali da se
sa njom prihvati vec ostvareni visok stepen separacije Crne
Gore i unapred legalizuje njeno "eventualno" otcepljenje posle
tri godine.
U Ustavnu povelju su ugradjene konstrukcione greske zbog kojih
buduca zajednica ne moze ekonomski da se odrzi.
Ustavna povelja predvidja dva odvojena privredna sistema i samo
njihovu harmonizaciju. Dva privredna sistema imaju razlicite
nacionalne valute, sopstve centralne banke, sopstvena carinska
podrucja (i carinske prihode) i sopstvene fiskalne sisteme.
Ustavna povelja deklarativno predvidja "zajednicko trziste"
ali ga u konkretnim resenjima onemogucava. Zajednicko trziste
ne postoji bez carinske unije (jednog carinskog podrucja, jedne
carinske tarife i zajednickih carinskih prihoda). Sa sopstvenim
carinskim podrucjima Srbija i Crna Gora nisu u zajednickom
trzistu nego u zoni slobodne trgovine. U toj zoni kretanje
robe poreklom iz Srbije u Crnu Goru i obratno bilo bi bez carine.
Takve zone slobodne trgovine Jugoslavija vec ima sa BiH,
Madjarskom i Ruskom federacijom, a da sa njima nema nikakvu
"drzavnu zajednicu". Da se roba iz trecih zemalja ( za koju
bi carinu naplatila i za sebe zadrzala jedna drzava) ne bi
bez carine pojavila u drugoj drzavi, izmedju Srbije i Crne
Gore bi se morala postaviti carinska granica. Na njoj bi se
kontrolisala uverenja o poreklu robe kao bi bescarinski pristup
imala samo roba pretezno proizvedena u Srbiji, odnosno Crnoj
Gori.
Nije jasno zasto posrednici iz Evropske unije pristaju na
ovakvu zloupotrebu termina "zajednicko trziste" ? Zemlje
EU su taj pojam jasno definisale pre pola veka u Rimskom
ugovoru o stvaranju Evropske ekonomske zajednice, a carinsku
uniju su ostvarile pre roka! Od carinske unije presle su u
jedinstveno trziste, ekonomsku i monetarnu uniju. Vec dve
godine pripremaju svoj Ustav, a ne Ustavnu povelju!
Principi Ustavne povelje povecavaju konfuziju i time sto
izme|u Srbije i Crne Gore predvidjaju "slobodno kretanje
kapitala". S obzirom na postojanje razlicitih nacionalnih
valuta i finansijskih trzista (Crna Gora ima svoju drzavnu
Komisiju za hartije od vrednosti), jasno je da ne moze biti
ni potpuno slobodnog kretanja kapitala izmedju njih. Hartije
od vrednosti koje glase na stranu valutu su inostrane hartije,
kretanje kapitala u tudjoj valuti takodje. To u svakoj drzavi
regulise Zakon o deviznom poslovanju, a konvertibilnost ne
vazi za kapitalne transakcije. Uostalom, nije ni dozvoljeno
da se evro iz Crne Gore bilo gde tretira povoljnije nego evro
iz zemalja koje su ga stvorile!
Kada su zemlje EU ukinule svoje nacionalne valute i uvele
evro, glavno obrazlozenje bilo je: "jedno trziste - jedna
valuta". To sto EU podrzava besmisleno resenje o jednoj
drzavi sa dve valute, objektivno znaci da priznaje da buduca
Srbija i Crna Gora nije ni jedno trziste, niti jedna drzava.
Ustavna povelja predvidja jedno clanstvo Srbije i Crne Gore
u medjunarodnim finansijskim organizacijama ali to prakticno
onemogucava. Po statutima Medjunarodnog monetarnog fonda i
Svetske banke, svaku drzavu predstavlja guverner centralne
banke, odnosno ministar finansija. Po Ustavnoj povelji,
Srbija i Crna Gora nece imati nijednu od tih institucija.
Nije verovatno da ce MMF i SB promeniti svoje statute zbog
Srbije i Crne Gore.
Cinjenica da Srbija i Crna Gora nece imati svoju imovinu
(izuzev male imovine u inostranstvu i administrativnih
zgrada u Beogradu i Podgorici), nece imati devizne rezerve
niti drzavni budzet, ugrozavace mogucnosti njenog pristupa
medjunarodnim finansijskim trzistima. Zato sto nece imati
sta da ponudi kao materijalnu garanciju za obaveze koje
preuzima. Bez drzavnog budzeta, centralne banke i deviznih
rezervi ona nece uzivati poverenje u sposobnost urednog
otplacivanja spoljnog duga.
Bez tih uslova stranim investitorima nece biti jasno ko
ce im garantovati njihova prava i uslove privredjivanja.
Sudeci po Ustavnoj povelji, to nije ni predvidjeno! Ko
nema centralnu banku niti ministarstvo finansija sa
drzavnim budzetom i sopstvenim izvorima prihoda (carine,
porezi) nema instrumenata monetarne i fiskalne politike.
Bez tih instrumenata nema ni makroekonomske politike Srbije
i Crne Gore.
Uostalom, nece biti ni drugih neophodnih segmenata makroekonomske
politike. Samo na prvi pogled dva ministra u Savetu ministara
imaju neke veze sa privredom. Ustavna povelja odredjuje da je
ministar za ekonomske odnose sa inostranstvom "odgovoran za
pregovaranje i koordinaciju implementacije medjunarodnih
sporazuma, ukljucujuci ugovorne odnose sa EU i koordinaciju
odnosa sa medjunarodnim finansijskim institucijama" i to
samo "nakon konsultacija sa nadleznim ministrima drzava
clanica". Ni reci o tome da predlaze zakone iz oblasti
ekonomskih odnosa sa inostranstvom! Ministar za unutrasnje
ekonomske odnose takodje samo koordinira harmonizaciju
odvojenih "ekonomskih sistema drzava clanica" a ni na koji
nacin ne vodi ekonomsku politiku niti predlaze zakone.
Jasno je da na nivou zajednice drzava Srbije i Crne Gore
nije predvidjeno donosenje zakona iz oblasti privrede, kao
sto su zakon o preduzecima, devizni zakon, poreski zakoni,
zakon o bankama, hartijama od vrednosti i finansijskom trzistu.
Nakon svega, postavlja se pitanje: kakva je to drzava koja
nema svoje ime, svoj Ustav, svoju imovinu, nema jedinstveni
privredni prostor, svoju nacionalnu valutu i centralnu banku,
budzet, ekonomsku i razvojnu politiku?
Odgovor je: nikakva!
ZNet | Kosovo
Milosevic at the Hague
Round Two
by Andrej Grubacec; October 27, 2002
In the latest instalment of the cycle of trials at the Hague, where
Milosevic is charged with alleged war crimes in Croatia and Bosnia, the
current president of Croatia Stjepan Mesic and Slobodan Milosevic had a
much anticipated confrontation. According to the Serbian and Croatian
press, the televised verbal duel between Milosevic and Mesic in the
Hague courtroom was closely watched by approximately 90% of the total
population in each state.
As a witness against Milosevic, the choice of Stjepan Mesic seems
somewhat unusual, if not downright bizarre. Most citizens in both Serbia
and Croatia remember all too well his most quoted and notorious
utterance. At the beginning of December 1991, Mesic, the author of the
book "How we brought about the collapse of Yugoslavia", announced in the
Croatian parliament: "I think my mission has been accomplished,
Yugoslavia no longer exists ." Six months later, in May 1992, the late
president Franjo Tudjman reminded those assembled in the Ban Josip
Jelacic Square in Zagreb: "The war could not have happened had Croatia
not wanted it. Had we not done it, had we not armed ourselves, we would
not have achieved our goal!"
The problem of history
So began the Croatian chapter. In the aftermath, history has become so
entangled with the contested questions raised at the Milosevic trial,
that is becoming quite clear to the public that British judge Richard
May and his team (South Korea's Kwan and Jamaica's Robinson) are on
"mission impossible" ..
To date, judge May has consistently antagonized the Serbian and Yugoslav
public with his utter neglect and scorn for historical context. But his
statement that "Jasenovac (a WWII concentration camp in which some 700
000 Serbs were slaughtered by Croatian fascists) is irrelevant to the
fear experienced by Serbs in Croatia" at the outset of the war is
shocking and incomprehensible. Similarly, the claim made by Mesic in his
testimony that during World War II in Yugoslavia "mostly Jews and some
Serbs" met their doom, is ripe for debate (the genocide of the Serbs in
Croatia during the WWII is acknowledged as one of the most horrendous
episodes in the whole war).
May dismissively concluded that fifty years is too distant a history to
account for the fear of Serbs in Krajina at the outbreak of hostilities.
He did not even falter when his own prosecution witness, identified only
as C37 from Pakrac (a village in Croatia), substantiated that during the
time of Tito's rule (the former Yugoslav president for life), he had
learned in "Croatian schools that 700 000 Serbs perished in Jasenovac."
Throughout the first few days of the trial regarding the case of
Croatia, countless such instances occurred in which the prosecution
presented as uncontestable a very partial version of history that is
unacceptable, if not insulting, for the Serbian public. The prosecution
has tried to corroborate this version through their witnesses, a
strategy which has ultimately proved to be very risky. Even their first
witness, C37, testified that his father had perished in a concentration
camp, and that for Serbs in Krajina at the outset of the latest war,
this history had been cause for great fear and insecurity.
Milosevic proficiently exploits these historical inaccuracies that have
been handed to him on a platter by the prosecution, relishing the
opportunity to point out the obvious discrepancies, because they provide
him with the opportunity to portray the entire proceedings as a trial
against the Serbian people. This plays into his strategy, because in
doing so, he is able to portray himself as their "ad hoc" defender.
The Enigma of Karadjordjevo
It became clear very early in the court conversation between Milosevic
and Mesic, two lucid politicians and lawyers, that Stjepan Mesic would
not prove to be an effective witness against Milosevic. When speaking of
the political aspirations of the former president of the neighbouring
state (Serbia), the Croatian president characterized them as a conscious
effort to destroy Yugoslavia, as the homogenization of all Serbs who
inhabited it, and the gradual creation of a "greater Serbia." Mesic
substantiated his claim that Belgrade officials of the nineties were
responsible for the war by citing Milosevic's famous speech in Kosovo,
and the "serbianization" campaign of the JNA (Yugoslav national army)
during the armed rebellion of Serbs in Croatia.
Milosevic immediately countered that this was a case of thesis
substitution. "It turns out that you were for Yugoslavia, while I
contrived to break it up. Well this would be the laughing stock of any
child in Serbia, mister Mesic!" "That may be, but I am not on trial
here, you are!" was the answer. Which was again met by Milosevic's
acerbic: "That is the point, mister Mesic, that is the point!"
However, Stjepan Mesic's testimony in the Hague did reveal two key
points. The first was the Croatian president's confirmation of the
authenticity of key documents that revealed the modus operandi and
decision making process of the former Presidency of the SFRJ (Social
Federal Republic of Yugoslavia, the former Yugoslav state founded after
WWII).
The second revelation is much more significant for the internal politics
of Croatia - more so than for Serbia. It has to do with the well-known
meeting of Franjo Tudjman and Slobodan Milosevic in a small place called
Karadjordjevo in March 1991. Stjepan Mesic testified in the Hague that
Tudjman told him at the time that he was going to meet Slobodan
Milosevic alone in Karadjordjevo. According to Mesic's testimony, the
late Croatian president returned to Zagreb a changed man. Mesic claims
that Tudjman had always, until that meeting with Milosevic, supported
the territorial integrity of Bosnia and Hertzegovina. But he returned
from Karadjordjevo convinced that Croatia would be able to return to its
territorial boundaries from 1939 (the province of "Banovina" at the
time). Though the public remained ignorant of this fact for a long time,
the formation of the Serbian Republic and the Croatian Republic of
"Herzeg-Bosnia" soon followed, and it became clear that new borders were
being drawn in Yugoslavia. Stjepan Mesic also stated that "expert
commissions" were appointed for the configuration of those borders, and
convened secret meetings in Belgrade and Zagreb during this period.
Unlike Slobodan Milosevic, who almost completely disregarded the matter
of Karadjordjevo in his cross-examination, Mesic's testimony sent a
shockwave through Croatia, particularly to politicians in Zagreb. The
extreme Croatian right is furious, arguing that that Mesic is betraying
his country cheaply, selling it out and not for the first time.
Meanwhile, war veterans are angrily demanding that he be relieved of his
presidential duties.
The torments of Mesic
The dispute on the nature of the Belgrade regime at the Hague was also
the most sensitive and perilous element of Stjepan Mesic's testimony.
Although, on his first day in court, he gave strong arguments on all of
the circumstances he faced as the last president of the Yugoslav
presidency in the former SFRJ, he failed to respond with precise answers
when cross-examined by Milosevic on the second day of the trial.
Particularly striking was the fact that he could not, nor did he attempt
to, deny the intense climate of fear that the Serbs in Zagreb and the
rest of Croatia were subjected to in the nineties. When Slobodan
Milosevic quoted with astounding precision the racist slogans that were
proclaimed in the Croatian National Parliament in the fall of 1990,
Mesic acknowledged that those statements damaged Croatia's reputation.
But he responded by shifting the blame for them, arguing that Milosevic
was responsible for them, not the authors of these slogans, nor he
himself (since Mesic had been president of the Zagreb parliament at the
time). Soon after, many thousands of Serbs from Croatia lost their jobs
in state management, the media, public companies and industry. When
Milosevic asked whether such a threatening atmosphere in Croatia had the
Serbs in Zagreb worried, and whether Mesic himself returned from
Belgrade in order to instigate a rebellion against the "national
government" (of the SFRY), Mesic acknowledge that incidents such as
those had occurred. Then he immediately returned to the war motive of
"greater Serbian" borders. He claimed that the border was created by the
army and paramilitary formations, along with Serb insurgents in Croatia,
controlled and armed by Milosevic himself.
Though it was expected prior to their confrontation in court that
Milosevic would seek to undermine the moral and political value of the
current Croatian president's testimony, Stjepan Mesic was perceptibly
unnerved by Milosevic's questions about his time in prison between 1975
and 1976. Mesic testified that he had been the mayor of Orahovica at the
time, and that he ended up in jail because of an inflammatory
nationalist statement that "Croats cleared the path to the Adriatic sea
with our swords, while all the others arrived there simply due to our
kindness or our naiveté". He was sentenced to two years in prison, yet
his sentence was soon halved. Slobodan Milosevic attempted to prove or
at least imply that the reduction of his sentence occurred due to
Mesic's collaboration with the departments of national security in
Croatia and Yugoslavia. Mesic denied this, but failed to respond to
Milosevic's direct questions with plausible answers.
The parting with Tudjman
One of the weakest points in Stjepan Mesic's verbal confrontation with
Milosevic was the polemic concerning his rift with Tudjman, the ruling
party of the time, the HDZ (Croatian Democratic Community), and official
Croatian politics in the spring of 1994. Mesic claimed that he parted
with Tudjman based on their disagreement over the division of Bosnia and
Herzegovina, because Tudjman refused to end the state plunder of
Croatia, and because Tudjman was clearly not prone to abide by the law
and a lawful state. Milosevic responded by asking the obvious: why
hadn't he demonstrated those concerns sooner, rather than staying on as
the second most powerful man in the Croatian government during the most
horrible crimes against the Croatian Serbs (many of which still remain
unpunished)? His meaningless reply, that the country had by that time
been exposed to " Serbian aggression", returned the story back to the
beginning.
The initial encounter
After the cross-examination of the strongest Croatian witness against
Milosevic, the prosecution must have been very disappointed. The two
presidents of states once on a war path, the former and the current one,
squabbled endlessly over the country that no longer exists, only to wave
their responsibility for the war in which it perished. Not even twelve
years later, now that borders, states, ethnicities of the population and
the leaders have all changed, none of the protagonists of the Yugoslav
drama is willing to claim their share of the blame for its disappearance
from the political map of Europe and the world. Milosevic wants to be
remembered as its protector, and Mesic refuses to take any blame for the
war.
This was starkly illustrated by Stjepan Mesic's description of his first
personal encounter with Slobodan Milosevic. It was in the spring of
1991, in Belgrade. The then president of Serbia invited Mesic and the
late president of Croatia, Franjo Tudjman, to his office to discuss the
possible consequences of the disintegration of Yugoslavia. Tudjman
carefully examined a map that Milosevic claimed had been drawn up by the
most renowned world experts. Tudjman put the map in his pocket and
carried it with him to Zagreb. There he repeated Milosevic's words, and
some time later, they both met in Karadjordjevo and reached an agreement
on Bosnia. The origin and the real meaning of this unusual map, that
supposedly depicted terrible consequences for Croats and Serbs in case
of Yugoslav disintegration, has never been determined nor confirmed.
Prosecutor Nice showed little concern over the issue. He sarcastically
remarked that he himself could obtain all the necessary maps on
Southeastern Europe. Even if it meant "walking into the nearest Hague
supermarket and buying the first available highway map". So much for law
and sovereignty, states and borders, along with the seriousness of the
Hague "Tribunal."
World Socialist Web Site www.wsws.org
WSWS : News & Analysis : Europe : The Balkans
Long-term environmental damage due to NATO bombing in Yugoslavia
By Tony Robson
10 December 2002
The NATO bombing of Yugoslavia in 1999 breached international
humanitarian law and caused long-term environmental damage, a report by
the American based research group, Institute for Energy and
Environmental Research (IEER), has found.
The IEER carried out a case study of two industrial facilities targeted
by NATO in Operation Allied Force. The Pancevo industrial complex,
consisting of a petrochemical and fertiliser plant as well as an oil
refinery, is situated 20 kilometres (12 miles) from Belgrade. The
Zastava car plant in Kragujevac is 100 kilometres (60 miles) south of
Belgrade.
The Pancevo plant stands at the confluence of the River Tamis and the
Danube while Zastava is located on the Lepenica River, a tributary of
the Velika Morava, which in turn meets the Danube 60 kilometres
downstream. After the bombings, toxic chemicals gushed into the waters
of Europes second largest river. Civilians living near the plants
became vulnerable to major health risks from contamination of the
atmosphere, food produced locally and the water supply.
The authors caution, As modern warfare becomes more technologically
sophisticated and targeting more precise, it is essential not to succumb
to the idea that the damage on the ground is also precise and limited.
It may be in some cases, but precise bombing does not always yield
precise or limited damage. As this study indicates, the health and
environmental consequences of precision bombing can affect unborn
generations far into the future, even when the bombs are entirely
successfully in finding their targets.
The IEER chose the two facilities as case studies because NATO had
carefully selected them as targets. Pancevo and Kragujevac are two of
four areas designated as environmental hotspots by the international
body charged with overseeing the post-war cleanup operation, the United
Nations Environmental Program Balkan Task Force (UNEP/BTF.) The reports
pollution estimates are based largely upon surveys conducted by the
UNEP/BTF in the immediate aftermath of Operation Allied Force. The
majority of the pollutants dealt with in the report can be found in the
Top Twenty Hazardous Substances listed by the Agency for Toxic
Substances and Disease Registry (ATSDR).
Pancevo
Three people were killed directly by NATO bombing of the industrial
complex when it was hit repeatedly during April 1999. The NIS Oil
Refinery was the most heavily targeted and was bombed as late as June.
The report concentrates on the major contamination by mercury and
1,2-dichlorethane. Eight metric tonnes and 2,100 metric tonnes were
released of the toxic chemicals respectively. The former is known to
cause brain and digestive disorders and lead to birth defects, while the
latter is classified as a probable human carcinogen and can attack the
nervous system. Both are known to percolate rapidly into the groundwater
when released into the soil, threatening the water supply. Until now
only the mercury spill has received immediate attention, as this is
highly volatile and the vapours pose an immediate threat. While large
amounts of the contaminated soil have been removed, there is still a
residual amount that has entered the groundwater.
The report warns about the lack of action to clear up the
1,2-dichlorethane spill. Fifty percent was released into the ground with
the remainder in the plants waste channel. The report explains, The
fact that the area of contamination has not really spread
1,2-dichlorethane on the surface indicates that any movement from a
surface spill would be downward toward the [local] aquifer. As described
earlier, once contamination has reached the aquifer, it spreads
horizontally in the direction of the groundwater flow ( Precision
Bombing, Widespread Harm by Sriram Gopal and Nicole Deller, Institute
for Energy and Environmental Research, page.38).
The US Environmental Protection Agencys regulation for the
concentration of 1,2-dichlorethane in drinking water is set at five
micrograms per litre. The concentrations found in the groundwater around
Pancevo exceeded that by several thousand times in some instances. This
constitutes the main long-term threat in the area as the chemical has a
half-life of 30 years.
Additional sources of toxic pollutants in the area are those released by
fires caused by NATO bombing. At the petrochemical plant, 460 metric
tonnes of vinyl chloride were incinerated whilst 62,000 metric tonnes of
oil and oil related products were burnt at the oil refinery. The result
was a release of hydrochloric acid fumes and nitrogen and sulphur
compounds, which cause respiratory problems. The report states that the
fires at the oil refinery probably released significant amounts of
sulphur dioxide and nitrates, These two compounds are associated with
acid rain that results from industrial activities.
A reporter who visited the area noted, The repeated air strikes on the
industrial complex, which covers several acres, culminated in three huge
hits at 1.00 a.m. on April 18. The bombs sent fireballs into the air and
enveloped Pancevo in clouds of black smoke and milky white gasses.
Flames leapt from the facilities for 10 days.
An estimated 1,500 tonnes of vinyl chloride, 3,000 times higher than
permitted levels, burned into the air or poured into the soil and river,
according to municipal officials in Pancevo. This has left the banks of
the river edged with white foam that still clogs the canals around the
town. Huge quantities of other noxious chemicals burned or gushed out of
storage facilities, including an estimated 15,000 tonnes of ammonia, 800
tonnes of hydrochloric acid, 250 tonnes of liquid chlorine, vast
quantities of dioxin (a component of Agent Orange and other defoliants)
and 100 tonnes of mercury.
By the dawn of the night attack, dozens of people were hospitalised
gasping for air, or were temporarily blinded or unable to digest food,
witnesses said. At its peak, on the night of April 18, the number of
people evacuated from the town and surrounding villages reached 80,000,
approximately one-tenth of the population.
Kragujevac
The Zastava car plant in Kragujevac, a town with a population of
150,000, was bombed twice, once on April 9 and again on April 12, 1999.
It was hit with a dozen bombs. Before the imposition of sanctions, this
was one of the largest industrial plants in the whole of the Balkans.
In an attempt to deter NATO air strikes, the workers and management at
the plant issued an open letter three days after Operation Allied Force
began explaining that they were forming a human shield around the site.
NATO didnt alter its plans and 124 people were injured in the
subsequent bombing.
In a further appeal the workers explained, Tonight, the 9th of April,
the Zastava factory plants in Kragujevac were bombed. The live shield
was broken through. This bombardment has inflicted severe damage to the
factory equipment and almost completely destroyed the energy supply
complex that served not only the Zastava factory, but also the heating
needs of the entire city of Kragujevac: its residential houses, schools,
faculties, hospitals.... [ World Socialist Web Site, April 13, 1999
Workers at Serb car plant bombed by NATO make appeal to world public,
http://www.wsws.org/articles/1999/apr1999/zast-a13.shtml%5d
The report concentrates on the dangers posed by the release of
Polychlorinated Biphenyls (PCBs), a mix of 209 individual chlorinated
compounds generally used as coolants and lubricants in transformers and
other electrical equipment. Since 1977 their manufacture has been
stopped in the US because they are known to pose a severe health risk.
According to ATSDR, the discharge or accidental release of 1 pound or
more of PCBs into the environment should be reported immediately to the
Environmental Protection Agency. It is a probable human carcinogen and
can cause endocrine disruption.
The power station, assembly line, paint shop and computer centre
suffered either major damage or total destruction. Two transformers were
hit and leaked PCBs into the surrounding area. From one transformer
alone 1,400 litres of pyralene oil (transformer oil composed of PCBs and
another highly toxic substance, tricholrobenzenes, otherwise known as
trike) leaked into the floor and waste pits. Workers involved in the
initial clean up did not wear protective clothing and some were taken ill.
The transformer at the power station leaked unknown quantities of PCBs
into the Lepenica River via the sewage system. The gravel basin
underneath the transformer was unable to cope with the volume that was
released and the concentrations of PCBs around the rainwater drain were
higher than inside the plant. The operation to remove the contamination
within the plant has largely been completed by UNEP/BTF, but the same
cannot be said about the drainage system outside. Flooding during July
1999 may have spread pollutants in the waterways to nearby low-lying
agricultural areas. Tests for PCB contamination have not been conducted
on the water wells on the shores of the Morava River by either the
citys public health institute or UNEP/BTF.
The issue of adequate funding raises the question of liability for the
damages, something that NATO refuses to accept responsibility for. To
make matters worse, other Balkan countries are making compensation
claims against Serbia. The report cites the fact that Hungary has
demanded that Serbia refund orders paid for in advance from the
petrochemical plants destroyed during the bombing.
Violation of international humanitarian law
NATO maintained that its military offensive against Yugoslavia was
justified on humanitarian grounds. However, the report questions the
moral and legal authority of Operation Allied Force. NATOs military
action did not comply with the Geneva Convention and the laws protecting
the lives of non-combatants adopted in 1949 and the two Additional
Protocols that became international law in 1978. Two years ago, Amnesty
International (AI) found NATO responsible for perpetuating war crimes
after demonstrating that it had violated these laws.
While the IEER estimate the number of civilians killed during Operation
Allied Force at 500, Christopher Layne writing for the Cato Institute
estimates that between 1,200 and 2,000 civilians were killed.
As Operation Allied Force progressed, an increasing array of weaponry
was used including cluster bombs and missiles tipped with depleted
uranium (DU). This was carried out under the auspices of downgrading
Yugoslavias military capability as the term dual-use was stretched to
efface any meaningful distinction between military and civilian
installations. The report cites several cases where existing
international law on discriminating between the former and the latter
were ignored by NATO.
Apart from the oil refinery neither of the case studies in the report
could qualify as playing a critical role militarily. The Zastava car
plant was not involved in arms production at the time. Moreover, even
where a military use can be proven this does not remove the need to
ensure that civilian fatalities are avoided.
The report notes that Article 35 of Additional Protocol I prohibits the
use of weaponry of a nature to cause superfluous injury or unnecessary
suffering and methods or means of warfare which are intended, or may
be expected, to cause widespread, long term and severe damage to the
natural environment.
Of the 19 NATO countries that took part in the bombings, 16 have
ratified Additional Protocol I. Turkey has not, France did so only after
the Operation Allied Force, while the US was signatory to the treaty but
did not ratify it. However, it did ratify the 1977 Convention on the
Prohibition of Military or Any Other Hostile Use of Environmental
Modification Techniques (ENMOD). This came into effect after the Vietnam
War and forbids the use of the environment or environmental modification
as a means of warfare. The bombings of installations storing such large
quantities of toxic substances amounted to a form of chemical warfare.
NATOs greatest crime was that against peace, the report continues. The
bombing was in breach of international law that only recognises military
force as an act of self-defence. The report cites the United Nations
Charter Article I, paragraph I which explains that its main objective
is: To maintain international peace and security, and to that end: to
take effective collective measures for the prevention and removal of
threats to the peace, and for the suppression of acts or other breaches
of the peace, and to bring about by peaceful means, and in conformity
with the principles of justice and international law, adjustment or
settlement of international disputes or situations which might lead to a
breach of the peace.
It was to circumvent opposition within the United Nations Security
Council that America launched its military offensive through NATO. At no
stage can it be credibly argued that all means towards a peaceful
settlement in the Kosovo conflict had been exhausted, the report insists.
The US committed over 700 of the 1055 aircraft used in Operation Allied
Force and US aircraft flew more than 29,000 of the 38,000 sorties flown
during the campaign. However, it is impossible to say whether it was US
aircraft that bombed the facilities in Pancevo and Kragujevac as this
information has not been declassified. Attempts by IEER to obtain the
targeting criteria used during the bombings under the Freedom of
Information Act was rejected by the US Department of Defense, which
handed over 42 blank pages marked classified. An analysis of Yugoslav
bombing campaign carried out this year by the US General Accounting
Office, the investigative arm of Congress, remains classified as well.
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Dichiarazione dei socialisti croati
Hegel e Marx, uomini tra i più geniali che l'umanità abbia
concepito, hanno dimostrato scientificamente che l'uomo
si distingue dall'animale perché nell'affrontare il futuro
deve prima elaborare nella sua mente quello che metterà
in pratica, laddove l'animale semplicemente si adatta.
La prassi sociale della Jugoslavia degli ultimi cinquanta
anni é testimonianza di questa verità: per la prima volta
nella storia della società umana la Jugoslavia ha consegnato
la gestione delle fabbriche agli operai, ponendo il singolo
individuo nella posizione dell'uomo che decide delle
questioni economiche, politiche, culturali relative alla
propria vita.
Questo rovesciamento qualitativo nelle relazioni sociali
ha fortemente motivato gli jugoslavi ad esprimere una
grande forza creativa: la Jugoslavia è stata la prima
nazione europea ad insorgere contro il nazifascismo, ed
è stata l'unica nel mondo che ha promosso la rivoluzione
socialista rifiutando il socialismo burocratico. La
Jugoslavia è stata uno dei paesi fondatori delle Nazioni
Unite, e' stata artefice del movimento dei 130 paesi "non
allineati", eccetera.
Hegel dice che la verità non può essere messa nelle mani
dell'uomo come si fa con i soldi; ad essa l'uomo deve
arrivare da se, con la propria mente ed il proprio pensiero!
Dunque, non appena gli esseri umani prendono concretamente
nelle loro mani la gestione economica, politica,
culturale, e così via, essi cominciano ad affrontare il
futuro con la coscienza della loro provenienza, del loro
cammino, dei loro risultati e della direzione da seguire.
Al contrario, senza questa coscienza, cosi' come gli animali
essi finirebbero semplicemente con l'adattarsi. Però,
cosi' come nella storia passata i padroni soffocavano
le rivolte degli schiavi per mantenerli in schiavitù, ed
i feudatari soffocavano le rivolte contadine per mantenere
l'uomo nella servitù, allo stesso modo i capitalisti di oggi
stanno distruggendo i frutti delle rivoluzioni socialiste
del ventesimo secolo per poter mantenere l'uomo alienato
dai propri diritti e dalla concreta possibilità di
determinare la propria vita, riducendolo a salariato e
senza reali poteri decisionali.
Nel condurre una tale politica reazionaria il governo
degli USA - il più potente Stato capitalistico - ha voluto
disgregare la Jugoslavia, dichiarata "stato artificiale e
prigione dei popoli". Così il presidente Slobodan
Milosevic è stato condotto al tribunale dell'Aja, con l'accusa
di essere un criminale di guerra. Milosevic sta ora dimostrando
la verità: la povertà, la miseria, la fame sono generate dal
sistema capitalistico. Infatti oggi viviamo una situazione
senza precedenti nella storia: mentre nel mondo un miliardo di
persone vivono sotto il livello di sussistenza, e cinquanta
milioni muoiono di fame, i capitalisti vivono nel lusso e
spendono per gli armamenti e per le guerre oltre cinquecento
miliardi di dollari!
La distruzione della Jugoslavia e l'attuale aggressione all'Irak
confermano la verità scientifica delle previsioni di Hegel e
Marx: e cioè che il sistema capitalistico sopravvissuto persegue
la distruzione spirituale e morale dell'uomo e lo aliena sempre
di più, portandolo all'autodistruzione. L'uomo contemporaneo
vive ormai inconsapevole di aver prodotto la bomba atomica che
minaccia la sua stessa esistenza. Tra gli atti dovuti
per la propria sopravvivenza, l'umanità deve oggi chiedere
anche la liberazione di Slobodan Milosevic ed il ritiro
delle truppe NATO dal Kosovo-Metohija.
Difendendo la Jugoslavia dall'aggressione NATO, Milosevic
difende il futuro socialista e lotta perché gli uomini
non rimangano senza coscienza sociale, eternamente schiavi
del capitale. Accusando Milosevic di crimini di guerra,
il tribunale dell'Aja sta solo emulando l'Inquisizione che
aveva condannato Giordano Bruno al rogo perché questi sosteneva
la verità scientifica sul moto di rotazione della Terra,
che e' attorno al Sole e non viceversa.
Un gruppo di socialisti della Croazia
Pola, Dicembre 2002
L'intervista. Embargo, uranio, lazzaretti, miseria, malattie, il ruolo
della Cia e i malcostumi della stampa. Ecco i principali temi affrontati
durante l'incontro con Fulvio Grimaldi a margine della presentazione a
Milano del suo nuovo video-reportage "Chi vivrà Iraq!"
Da Belgrado a Baghdad. La guerra che continua
:: 06/12/2002 11.37.44 , di Babsi Jones
Parrebbe essere sempre la stessa moderna guerra massmediatica, quasi
certamente germinata nei primi anni '90 fra le righe di un ormai
popolare libro bianco della Cia, che candidamente confessava: "Saranno
necessarie azioni belliche volte a garantire agli Stati Uniti l'egemonia
mondiale".
Questa guerra del nuovo millennio debutta nel Golfo all'inizio degli
anni '90, transita attraverso l'implosione jugoslava con tutte le sue
biasimevoli 'forze di pace', raggiunge Belgrado con i bombardamenti Nato
del '99, approda in Afghanistan con toni ieratici ed ora preme
nuovamente intorno all'Iraq, come un cerchio mortale in procinto di
chiudersi.
Le prove generali messe in scena nel Golfo nel 1991 trovarono di fatto
un battesimo in Serbia nel 1999: la si definì 'guerra umanitaria'.
Quell'ossimoro, dopo l'11 settembre, si è rinominato in 'perdurante
libertà': una missione non-stop di gendarmeria mondiale. Parrebbe
esserci un copione, le parentele sono notevoli. Ne parlo a Milano (in
una serata organizzata da Bovisa Verde, Verdi e PRC alla Biblioteca di
via Baldinucci) con Fulvio Grimaldi: giornalista da quarant'anni
'contro', che presenta il suo nuovo reportage-video "Chi vivrà Iraq!".
Coraggioso esperto di questioni di politica internazionale, dall'Irlanda
del Nord al Kurdistan, dal Libano alla Palestina, Grimaldi ha
documentato con particolareggiati reportages ('Serbi da morire', 'Il
popolo invisibile') i bombardamenti sulla Serbia del 1999, e da tempo
segue le vicende irachene.
I temi dell'intervista:
Luoghi barbarici, o così pare
Embargo, ovvero: recisione
L'invenzione del 'maligno'
I frutti marci della Cia
Truffe massmediatiche
I lazzaretti dei popoli di troppo
Codice u238: popoli di troppo
Sullo stesso argomento: Un reportage effettuato in Irak da Fulvio
Grimaldi per Liberazione (ma pubblicato da Arcipelago.org) nella seconda
metà di settembre 2002
http://www.clorofilla.it/articolo.asp?articolo=2575
1. Luoghi barbarici, o così pare
Fulvio, in queste due guerre che analizziamo stasera le somiglianze
abbondano. Cominciamo con una distorsione percettiva: Belgrado e Baghdad
che l'Occidente intende, grazie alla propaganda dei mass media, solo
come luoghi barbarici. In realtà, tu che conosci bene entrambe le
capitali, puoi tracciarne un ritratto ben diverso
Decisamente. Sono due luoghi, Baghdad e Belgrado, di antica e di
altissima civiltà. Quel genere di civiltà che ci mette in imbarazzo e ci
rende nostalgici, perché vi ritroviamo valori e modi di vivere che
abbiamo perduto. Valori che si sono completamente smarriti nel tipo di
vita moderna, che in Occidente è stata imposta dal dominio di certe
culture: quella anglosassone in particolare.
Antichissime civiltà che sopravvivono e sono sentite come presenti in
due popolazioni, quella serba e quella irachena, con una grande
coscienza di sé, niente affatto smarrite né disorientate come invece lo
siamo noi. E sono popolazioni anche molto meno impaurite di quanto lo
siamo noi, per quanto avrebbe validi motivi di esserlo di fronte alle
minacce attuate dall'esterno. Sono popoli consapevoli della propria
ricchezza passata che non hanno rinnegato. Gli iracheni sono la madre di
tutte le civiltà: seimila anni fa, con i Sumeri, laggiù nacquero la
ruota, la scrittura, le note musicali, il primo codice di diritto, le
prime città.
E anche le prime divisioni di classe, simboleggiate dalla famosa torre
di Babele; si parla di 'dispersione dei linguaggi' e la torre di Babele
è invece il simbolo d'una dispersione di gruppi sociali; la prima
divisione di classi che da un lato vede i mercanti, i primi banchieri, i
principi e i politici, e dall'altro lato i più poveri, i contadini, gli
artigiani. Belgrado è la splendida capitale di una nazione meno antica
rispetto all'Iraq, ma ha nel suo modus vivendi una calma consapevole che
sfugge alla frenesia idiota del tempo occidentale.
Nei Balcani i serbi hanno dato vita alla più alta espressione della
civiltà bizantina prima dell'impero ottomano; sono sempre stati il
fulcro in tutto quello che è accaduto in un'area di passaggio e
transizione come i Balcani. Esattamente come gli iracheni, i serbi sono
stati la componente più consapevole di sé e del proprio ruolo storico.
Rispetto ad altri popoli alquanto disponibili al dominio straniero (non
per far loro un torto ma per citare un dato storico, ad esempio, i
bosniaci e gli albanesi, che sostennero gli ottomani; i croati poi
sostennero gli austroungarici e la Germania nazista) i serbi hanno
sempre avuto la volontà di resistere agli imperi e si sono sempre
battuti contro i dominatori e gli invasori. Gli iracheni ed i serbi sono
popoli con una forte e tranquilla coscienza di sé; ricchi di orgoglio
consapevole, ma non arrogante o prevaricatore come può esserlo quello
anglosassone. E' un orgoglio che nasce dalla coscienza di avere una
collocazione storico-geografica ben precisa.
In occasione dei miei ripetuti viaggi in Iraq, come m'era accaduto
durante e dopo i bombardamenti in Jugoslavia, quello che mi colpisce è
l'incredibile disponibilità e cordialità della gente: vedere come non
siano affatto sospettosi nei confronti dei forestieri. Né i serbi né gli
iracheni hanno subito il martellamento della diffidenza e della paura
verso 'l'altro', che è poi la tecnica preferita di dominio occidentale.
2. Embargo, ovvero: recisione
Il primo vero e proprio parallelo che incontriamo parlando di Serbia ed
Iraq è alla voce 'embargo'. Alla ex-Jugoslavia fu imposto nel 1991, e
solo recentemente revocato; in Iraq l'embargo dura da dodici lunghi
anni. Quali sono state e quali ancora sono in entrambi i paesi le
conseguenze delle sanzioni?
Catastrofiche. Per parlare della Serbia, resto persuaso che nell'ottobre
2000, quando venne eletto Kostunica e si consegnò Milosevic all'Aja, se
i serbi non avessero dovuto temere un ulteriore e catastrofico
prolungamento dell'embargo con tutte le conseguenze immaginabili
(mancanza di carburante ed elettricità, ad esempio, che rendevano la
vita quotidiana insopportabile e mettevano costantemente a rischio le
strutture sanitarie) non avrebbero fatto la scelta politica che hanno
fatto e di cui, sono convintissimo, sono già pentiti.
Tutti i disordini che si susseguono in Jugoslavia - i sabotaggi, gli
scioperi, le facoltà universitarie occupate dagli studenti - sono il
segno che i serbi hanno compreso quanto quella del 5 ottobre sia stata
una svolta spaventosamente negativa. Per quanto riguarda l'Iraq, le
conseguenze dell'embargo sono indescrivibili.
Se non ci fosse un sistema statale di distribuzione di cibo gratuito con
tessere annonarie (che i rappresentanti dell'Onu stessi, Hans Von
Sponeck e Denis Halliday, hanno definito uno dei più efficienti e dei
meno corrotti al mondo), un sostegno che alimenta con razioni minime di
sopravvivenza l'85% della popolazione irachena, noi oggi saremmo di
fronte a una vera e propria strage: sarebbero ipotizzabili milioni e
milioni di morti.
Embargo, poi, vale la pena ricordarlo, significa isolamento culturale,
di cui entrambi i popoli hanno sofferto enormemente. Embargo significa
non avere contatti con quello che accade altrove. Le scienze, le
lettere, la ricerca. Per un decennio è accaduto molto nel campo della
medicina, dell'astronomia, della fisica, della tecnologia telematica:
eventi dai quali sia i serbi che gli iracheni sono stati letteralmente
tagliati fuori.
Esclusi, rinchiusi in un mondo a parte. Sono ansiosissimi di sapere, gli
iracheni: portar loro riviste specializzate e filmati è un grande dono,
perché significa dar loro un'opportunità di contatto col mondo dal quale
sono stati letteralmente recisi. Lo stesso accadeva in Serbia negli anni
dell'embargo. Ecco, l'embargo è una recisione. Embargo è come vivere
chiusi in un camion blindato, dal quale non è possibile vedere nulla al
di fuori e dentro il quale a nessuno è permesso guardare.
3. L'invenzione del 'maligno'
Mentre l'embargo compie la sua lenta ma inesorabile opera di
devastazione del tessuto sociale ed economico in quelli che tu chiami 'i
popoli di troppo', da parte dell'impero si verifica la creazione a
tavolino del 'cattivo per antonomasia'. In Serbia fu Slobodan Milosevic,
in Iraq è Saddam Hussein. Che genere di icone sono?
Stereotipi. La creazione del 'cattivo per antonomasia' non vede
differenze. Il modulo è sempre quello, collaudato da tempo: si cominciò
ad applicarlo nei confronti di Ho Chi Min, Fidel Castro, Makarios a
Cipro, Jomo Kenyat.
Tutti i leaders anticolonialisti sono stati sistematicamente
satanizzati. Di fronte ad un torto gigantesco commesso - come quello del
dominio coloniale, dello sfruttamento criminale - si deve in qualche
maniera trovare un contraltare, una giustificazione da servire in pasto
all'opinione pubblica. E la giustificazione è la criminalizzazione dei
popoli, in primis dei loro leaders. Di recente una psicologa
statunitense, lo ricordi anche tu, ha sostenuto una tesi di totale
assurdità antiscientifica secondo la quale i serbi sarebbero
congenitamente feroci.
Il modello che si applica nella creazione del cattivo ad hoc - da
Milosevic a Saddam - è ridicolmente simile. Si comincia col definirlo
'dittatore brutale e sanguinario'. Si sostiene che abbia depredato il
popolo accumulando ricchezze e tesori. Gli si fabbrica intorno
un'immagine familiare diabolica: figli scapestrati dediti a donne di
malaffare e macchine sportive; mogli-arpie che sarebbero le vere
responsabili nell'ombra delle ipotetiche malefatte del tiranno
privatamente succube.
Questo cliché della 'donna-sanguisuga' del dittatore ad hoc è servito in
tavola alla società occidentale perché è una società maschilista, che lo
riconosce istintivamente come un'ulteriore segnale di viltà. Stereotipi
ripetuti banalmente per costruire un 'maligno assoluto'. Tu hai fatto
un'osservazione acuta: è la ripetizione d'un copione, e trovo strano che
l'opinione pubblica non si renda conto della serialità e della replica
programmata che caratterizza tutte queste guerre 'moderne'. Saddam e
Milosevic sono stati di certo oppositori della sopraffazione
neocoloniale. Questo li accomuna.
La differenza fra i due può emergere in questi termini: Milosevic, che
persino le sinistre europee chiamavano acriticamente despota e
dittatore, venne democraticamente eletto e sostenuto dal popolo serbo.
Tu sai, e chi è stato in Serbia negli anni di Milosevic lo sa, che
definirlo 'despota' significa sostenere una grande menzogna. Bastava
vedere quanti organi di stampa indipendenti esistessero, quanti partiti
candidati; bastava vedere come si tenessero regolari elezioni
amministrative e politiche (le maggiori città della Jugoslavia erano
governate dall'opposizione, del resto: Nis, Novi Sad, Kragujevac); le
manifestazioni di protesta erano normalmente consentite e a dire il vero
non si videro mai, in Serbia, le repressioni che poi si sarebbero viste
a Genova. Tanta è la capacità della parola mediatica, da annullare la
constatazione: sarebbe bastato andare in Serbia ed osservare la vita
quotidiana per comprendere che Milosevic non aveva nulla a che spartire
con un dittatore.
La realtà è che le opposizioni in Serbia erano state letteralmente
comprate dagli americani. Gli Usa cominciarono a stanziare, a partire
dalla metà degli anni '90, centinaia di milioni di dollari destinati
alle opposizioni anti-Milosevic. Crearono addirittura un movimento
giovanile di pseudo-sinistra, Otpor. Questo movimento ebbe persino il
riconoscimento come 'forza no-global' dai nostri disobbedienti locali, e
a dire il vero fu un errore storico spaventoso: Otpor era una creazione
della Cia. L'ha dichiarato la Bbc in un lungo reportage, e i leaders
stessi di Otpor l'hanno ammesso. Sconcerta il fatto che vennero
considerati 'colleghi di prospettiva' da un settore del nostro movimento
di protesta. Per quanto riguarda Saddam, invece, non è evidentemente un
governante democratico secondo la nostra definizione di democrazia. E'
un autocrate, in Iraq vige un sistema monopartitico.
In questi paesi che emergono dal sottosviluppo e dal colonialismo c'è
una sola differenza che vale la pena approfondire: la differenza fra
governi autocratici che fanno l'interesse esclusivo delle aristocrazie
governanti (ad esempio, Arabia Saudita, Emirati, Kuwait), e governi
autocratici che invece fanno gli interessi dei loro popoli. Il caso
dell'Iraq appartiene alla seconda categoria: le risorse in Iraq sono
state utilizzate per garantire al popolo sanità ed istruzione gratuita,
ed i mezzi di sostentamento indispensabili. A questi popoli, che
emergono da secoli di totalitarismi ed imperi, non si può domandare che
in trent'anni anni maturino forme di democrazia come le conosciamo noi.
Noi alle spalle abbiamo la Rivoluzione Francese, l'Illuminismo, la
Comune di Parigi, la Rivoluzione Russa .Quello di popoli come l'Iraq è
un altro percorso, che andrebbe riconosciuto nel suo contesto e
rispettato. E' una tendenza tipicamente eurocentrica, e non soltanto
delle destre, questa cecità che porta all'assenza di contestualizzazione.
4. I frutti marci della Cia
Sotto il 'cattivo per antonomasia', in entrambi i paesi fermentano
realtà allarmanti: alla guerra in Serbia ci si arriva 'benedicendo'
l'Uck (esercito di liberazione del Kosovo, ndr), mentre in Iraq ci
stiamo approdando per via d'una 'caccia all'uomo' che risponde al nome
di Bin Laden. Esaminato nell'ottica del copione bellico che torna in
scena, il binomio Uck-Al Qaida è implausibile?
Niente affatto, è plausibile, quasi ovvio. Ci sono i fatti. Al Qaida era
presente prima in Bosnia, poi in Kosovo.
Bin Laden pare avesse un passaporto bosniaco concessogli da Izetbegovic
stesso (l'allora presidente della Bosnia musulmana, ndr), e i suoi
scherani addestrati nei campi afghani - che fossero algerini o sauditi
poco importa - operavano accanto alle milizie musulmane, celebri come
'tagliatori di teste'. E gli istruttori dell'Uck dei primi anni
partivano dai campi di Al Qaida, di differenti nazionalità ma tutti
provenienti dall'Afghanistan.
A dire il vero questi 'signori' non li troviamo solo in Bosnia e in
Kosovo: sono presenti ovunque l'impero americano debba operare in
maniera destabilizzante: in Algeria, in Cecenia, ad esempio. Al Qaida
funzionava e funziona al servizio della Cia. Ovunque la Cia abbia
interesse a destabilizzare Paesi che stanno sulle rotte del petrolio,
eccoli arrivare. Questo è il ruolo di Al Qaida: mai rinnegato, del resto.
5. Truffe massmediatiche
Tutti gli atti del copione, dalla creazione del 'cattivo' su misura
all'occultamento dei legami fra la Cia ed i combattenti di turno, fino
alla produzione di truffe massmediatiche come quelle di Racak in Kosovo,
e persino gli stessi negoziati-farsa (in Serbia, Rambouillet; oggi, le
ispezioni Onu in Iraq) farebbero pensare ad un vero e proprio
allestimento propagandistico
Esattamente. Conosci bene le agenzie di 'pubbliche affairs' che
operavano già in Jugoslavia Come la Ruder&Finn, ad esempio, che è sul
libro-paga del Pentagono e riceve 17 milioni di dollari annui.
Il direttore di Ruder&Finn ha rivendicato, in un'intervista molto
conosciuta, la giustezza di tutta questa serie di invenzioni e di
falsità create a tavolino perché, sosteneva, sono efficaci per
sconfiggere un 'nemico della democrazia' e fare avanzare gli interessi
della civiltà occidentale. Srebrenica, ad esempio, fu uno degli affari
curati da Ruder&Finn in Bosnia.
L'agenzia 'pubblicitaria' fece il suo colpo più grosso, probabilmente,
quando attribuì agli iracheni, al momento dell'invasione del Kuwait nel
'90, il crimine d'aver staccato le prese delle incubatrici nei reparti
neonatali degli ospedali del Kuwait.
E' stata poi provata essere un'invenzione architettata da Ruder&Finn, e
l'infermiera piangente che aveva in video denunciato la tragedia di
questi neonati morti per colpa di un gesto criminale iracheno è
risultata essere la figlia dell'ambasciatore del Kuwait a Washington. Lo
scenario era un ospedale americano allestito affinché avesse l'apparenza
un ospedale in Kuwait...
6. I lazzaretti dei popoli di troppo
Ecco, gli ospedali ci offrono un ulteriore punto di sviluppo del copione
bellico. A Belgrado fu ripetutamente violata la convenzione di Ginevra
sganciando bombe sul reparto di neonatologia; e le notizie che giungono
dagli ospedali iracheni, come quello di Al Mansur, sono terrificanti
Quello che ho registrato e testimoniato è stato anche accertato da tutti
gli esperti dell'Onu che si sono occupati della situazione sanitaria
irachena e che si sono regolarmente dimessi in segno di protesta contro
l'embargo (Hans Von Sponeck, Denis Halliday).
Tutti lavoravano in progetti Onu di sostegno alla popolazione irachena e
se ne sono andati dicendo che era in atto un vero e proprio genocidio.
La mortalità infantile in Iraq a causa dell'uranio e dell'embargo è
quadruplicata; la leucemia infantile è decuplicata; la leucemia, che
nelle società industrializzate occidentali ha un indice di letalità dal
20 al 40% dei casi, in Iraq sono al 100%. In pratica, i bambini
leucemici che entrano negli ospedali di Bassora e di Baghdad non ne
escono più.
Lo stesso vale per quelli che entrano con la dissenteria, e la
dissenteria è l'altra tragica malattia che colpisce la popolazione
infantile. La condizione sanitaria in Iraq è, come l'hai definita tu,
terrificante.
7. Codice u238: popoli di troppo
Come abbiamo visto, l'apparato bellico rincorre un protocollo preciso
per mettersi in movimento. Per primo viene l'embargo. Poi, le pasquinate
diplomatiche, Rambouillet ed ispezioni, falliscono come annunciato.
Infine si bombarda. Ed è a questo punto che la trama funesta che
accomuna la Serbia all'Iraq si perfeziona e si condensa un codice: u238,
uranio impoverito
Io credo che questa sia una delle essenziali motivazioni di tutte le
guerre dell'imperialismo: danneggiare i paesi in modo definitivo. Uno
dei miei reportages in video, che tu ricordavi prima, s'intitolava
'Popoli di troppo', ed è un titolo tragicamente azzeccato.
Si tratta davvero di popoli in eccesso, che non servono. Perché sono nel
posto sbagliato al momento sbagliato; gli iracheni, ad esempio, stanno
seduti sui più grandi giacimenti di petrolio del mondo; i serbi stanno
nel punto nevralgico della geografia balcanica, quel percorsi che tutte
le materie prime debbono percorrere; sono popoli di troppo e non solo
vengono sconfitti -a quello scopo ecco le bombe-, ma è la devastazione
dell'ecosistema che è di lunghissima durata e che è concepita per
liquidarli. Il debutto di queste armi nucleari striscianti è proprio
nella guerra del Golfo; la guerra in Vietnam era stata una guerra
chimica, di defoglianti, come ricordiamo.
La vera prima guerra nucleare, da Hiroshima in poi, è quella irachena.
Era chiaro che l'opinione pubblica non avrebbe facilmente accettato
un'altra bomba come quella sganciata ad Hiroshima: hanno pensato bene di
trasformarla in una guerra strisciante ma non meno radioattiva. Lo scopo
è chiaro: togliere di mezzo le popolazioni compromettendo le base stessa
della vita.
In Iraq, dopo 10 anni di contaminazione da uranio, il cervello dei
neonati è in media di due centimetri più piccolo di quelli che nascevano
prima della guerra, e la statura dell'iracheno medio è calata di
altrettanti due centimetri. Si tratta proprio di minare i popoli nella
salute, attraverso la contaminazione delle principali risorse, e
l'embargo altro non fa che aggravare la situazione, vista la mancanza
assoluta di terapie: in pratica, il sistema affinché un popolo vada
lentamente ed inesorabilmente estinguendosi.
In Iraq non c'è nulla che non sia contaminato. Un recente documento
de-secretato del Pentagono rivela gli obiettivi dei bombardamenti
sull'Iraq del '91. Erano tutti obiettivi in correlazione con le risorse
primarie per la vita: centrali elettriche, centrali idriche.
Lo stesso accadde in Serbia, come ricordi, dove la situazione ambientale
a causa ai bombardamenti Nato è allarmante. In Iraq, grazie alla
distruzione di infrastrutture di base come le centrali idriche, e
l'impossibilità di ripararle a causa dell'embargo, si muore come mosche:
per l'acqua contaminata, ad esempio. I sistemi di depurazione vengono
proibiti dall'embargo come sappiamo perché potrebbe trattarsi di
eventuali 'dual use'.
Per questo annientamento dei 'popoli di troppo' si creano le premesse
attraverso la prima fase -i bombardamenti- che è la più rumorosa e che
sollecita maggiore partecipazione emotiva dell'opinione pubblica; ma la
guerra di lunghissima durata e senza attori in prima linea comincia in
seguito, e vede estinguersi un popolo, fisicamente ed intellettualmente.
Sai, Wilson, che era presidente degli Stati Uniti nel 1918 disse:
"l'embargo è un sistema eccellente per liberarsi di popoli in eccesso,
perché è un metodo silenzioso, efficiente e letale".
Come nelle grandi guerre del medioevo, del resto: accerchiare una città
e ridurla allo stremo per fame, sete e peste. E ancora di questo si
tratta oggi, da Belgrado a Baghdad il copione è invariato.
(fine)
Primorski Dnevnik
http://www.primorski.it
26/11/2002
(piu' sotto l'intervista al fondatore
Oskar Kjuder, rilasciata 2 giorni prima)
------------
TRST
Trideset let dela vsem v spodbudo, da bo partizanska pesem se donela
Partizanske koracnice, strumno marsiranje na desetine starejsih in
mlajsih ponosnih pevcev in pevk na stopnicast oder, razigrani
osnovnosolci v zivo modrih majicah, godci in recitatorji, pa se
tisocglavo obcinstvo - vse to ni le nostalgija. Kot ni in ne more biti
oznacena za nostalgicno obujanje preteklosti 30-letna prehojena pot
Trzaskega partizanskega pevskega zbora Pinka Tomazica, ki je z nadvse
slavnostnim koncertom v nedeljo popoldne v Zgoniku praznoval svoj
jubilej. Sopek partizanskih v energicni izvedbi trebenske godbe na
pihala Viktor Parma in bucen aplavz publike sta uvedla preko tri ure
trajajoci kulturni spored, ki so ga oblikovali se Partizanski zbor iz
Ljubljane, dekliski zbor Danica z Vrha, osnovna sola Pinka Tomazica iz
Trebc ter seveda pevci, pevke in recitatorji slavljenca vecera. Velik
portret junaka Pinka Tomazica je kraljeval nad vsemi in ponosno zijal v
zbrano obcinstvo, ki je napolnilo vsak razpolozljiv koticek v zgoniskem
sportno-kulturnem centru. Tezko bi dali tocno stevilo navzocih: po vsej
verjetnosti je bilo ljudi vec kot tisoc, nekateri pravijo celo tisoc
petsto. In veliko je bilo takih, ki so se morali sprijazniti z
dejstvom, da pac v dvorani ni bilo vec prostora, medtem ko se je kaca
razprseno parkiranih vozil ob cesti od Zgonika vila skoraj vse do
Repnica. Marsikdo pa je lahko vecji del koncerta poslusal na valovih
Radia Trst-A, ki je proslavo predvajal neposredno.
TPPZ Pinka Tomazica je nastal leta 1972, njegove korenine pa dejansko
segajo vec desetletij nazaj v vojne in predvojne case zmagovitega
protifasisticnega boja. V tem smislu je zbor s svojim sirokim
repertoarjem partizanskih, odporniskih in delavsko-revolucionarnih
pesmi najbolj zvest glasnik zalostnih in istocasno sijanjih casov
sloznega upora Primorske proti okupatorju. In nenazadnje je trzaski
partizanski zbor glasnik miru in sozitja med narodi, ki sta bila
priborjena za ceno trpljenja in krvi. »Ustanovni clani so postavili za
cilj zbora prenasanje izrocil NOB in Odporniskega gibanja na nove
generacije, posredovanje svetlih idealov miru, bratstva in
enakopravnosti med narodi preko pesmi, ki je bila od nekdaj, se posebno
pa v vojnem obdobju vestna spremljevalka zivljenja nasih ljudi,« je v
svojem govoru se uvodoma poudaril predsednik zbora Igor Pavletic. Od
ansambla, ki so ga sestavljali v glavnem partizanski borci ostaja zbor,
v katerem je le nekaj bivsih partizanov. »To je vsekakor dokaz, da
ustanovitev tega ansambla ni bila samo zelja "nostalgicnih" prezivelih
borcev, kot so nekateri oznacili to pobudo ob nasem nastanku, temvec
potreba nasih ljudi po pesmi, ki nam je tako blizu, ker je nasa in nas
bodri in spodbuja v trenutkih v zadnjih casih posebno tezkega
vsakdana,« je dejal Pavletic in ob tem dodal dovolj jasen podatek: v
tridesetih letih je zborovsko uniformo obleklo vec kot tristo ljudi.
Svoje krizne trenutke je zato partizanski ansambel prebrodil predvsem
zaradi navdusenja in zaverovanost pevcev v poslanstvo zbora, ki se
vedno znova obraca na mlade. »Zeleli bi, da bi se mladi kot tudi manj
mladi pridruzili nasemu ansamblu in tako omogocili nadaljevanje nasega
poslanstva,« je svoj govor zakljucil Pavletic.
Dobro seme smo vsejali, so si lahko mislili ne vec tako stevilni
ustanovitelji zbora, ki so v nedeljo popoldne prejeli castno priznanje
za 30-letno neprekinjeno nastopanje v zborovskih vrstah. Tocka
pozdravov in cestitk je bila neizbezna: se najprej so prireditelji
prebrali pismena posega predsednika Milana Kucana (slovensko drzavo je
zastopala generalna konzulka Jadranka Sturm Kocjan) ter senatorja
Milosa Budina, nakar sta v imenu pokroviteljev vecera spregovorila
zgoniski zupan Mirko Sardo ter za SKGZ Igor Gabrovec (prisoten je bil
tudi dezelni predsednik Rudi Pavsic). Za mikrofonom so si nato sledili
se predstavniki ZSKD, VZPI-ANPI, ZZB Slovenije, Stranke komunisticen
prenove, CGIL ter stevilnih drugih sorodnih drustev, organizacij in
ustanov.
Zadnji del vecera je nato oblikoval sam trzaski partizanski zbor. Bila
je ze skoraj poldeveta ura ko je v dvorani zadonela Simonitijeva
Vstajenje Primorske. Kot se za vsako himno spodobi, je dvorana planila
na noge: peli so nastopajoci in pelo je obcinstvo, peli so tako stari
borci kot njihovi sinovi, vnuki in osnovnosolci. Navduseno ploskanje in
borbene melodije so tresle dvorano in se sirile dalec naokoli, prav
gotovo tudi do crnih mestnih brlogov ljudi s se vedno stegnjeno
desnico. V isto smer je gledal portret Pinka Tomazica - kot da bi se
jim zadosceno in malce skodozeljno nasmihal. Z uporno dvignjeno glavo.
(igb)
© Torek, 26. novembra 2002
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30-LETNICA
Neprecenljivo poslanstvo Trzaskega partizanskega pevskega zbora
Osrednja proslava ob tridesetletnici zbora bo danes, ob 17. uri, v
sportno-kulturnem centru v Zgoniku. Partizanski pevski zbor, pod
taktirko Pie Cah, je pripravil slovesen spored ob danasnjem jubileju.
Clani kolektiva so v Zgonik povabili »visoke« goste in poleg trzaskega
partizanskega zbora, bodo na oder stopili se dekliski pevski zbor
Danica z Vrha, Partizanski pevski zbor iz Ljubljane, osnovna sola Pinko
Tomazic iz Trebc ter trebensko godbeno drustvo Viktor Parma.
Pokrovitelji kulturnega vecera so zgoniska Obcina ter obe krovni
organizaciji SKGZ in SSO. Ob tej priloznosti so clani TPPZ Pinka
Tomazica izdali novo brosuro, v kateri so oznaceni vsi koncerti in
ostalo zborovsko delovanje, od leta 1982 do danes. V pripravi pa je
tudi zanimiva videokaseta. Partizanske pesmi in koracnice bodo tako
danes zadonele v zgoniski telovadnici. Po koncani proslavi bodo lahko
se vsi nazdravili partizanskemu »tridesetletniku«. VSE NAJBOLJSE...
&raMilijoni ljudi zrtvujejo v teh letih groze svoje zivljenje. In malo
izmed njih razume, da ni smrt nic hudega ali celo nujna dolznost napram
clovestva.«
Tako je zapisal Pinko Tomazic, po katerem nosi ime tudi Trzaski
partizanski pevski zbor, ki v letosnjem letu slavi tridesetletnico
obstoja. Svoji pesmi je Tomazic, ki je bil obsojen na II. trzaskem
procesu, dal naslov »Dolznost«.
Dolznost je beseda, ki ji pevci, pevke, clani orkestra, odborniki in
vsi ostali pri Trzaskem partizanskem pevskem zboru, dajejo velik pomen.
»Dolzni smo mladim posredovati zdrave ideale narodno-osvobodilne borbe,
sozitja med narodi, bratstva in enotnosti, marsikaj smo dolzni posteni
partizanski pesmi, ki nas je vseskozi spremljala v vojnem in povojnem
casu, marsikaj pa smo dolzni vsem padlim borcem, ki so zrtvovali mlada
zivljenja za svobodo, za pravico in za slovenski jezik!« Na kratko smo
v teh par stavkih zadeli tudi bistvo in smernice Partizanskega zbora,
ki je zelo priljubljen v nasem zamejstvu in v Sloveniji.
Uradni rojstni akt Partizanskega pevskega zbora sega sicer v leto 1973
(mesec februar), ko so se clani zbora zbrali na ustanovnem obcnem zboru
v Trebcah. Toda prva vaja in sam zacetek sezone se je zacel jeseni leta
1972. Zamisel o ustanovitvi partizanskega zbora se je porodila ze
veliko prej, in sicer na prvem mednarodnem partizanskem taboru v
Bazovici julija 1967, ki ga je organiziralo VZPI-ANPI. Od takrat pa je
preteklo ze veliko vode pod mostovi.
Partizanski zbor v stevilkah
Ustanovni obcni zbor je potekal v Ljudskem domu v Trebcah 11. februarja
1973. Smernice so bile vsem jasne: novim generacijam je treba se naprej
posredovati ideale narodnoosvobodilnega boja ter obenem ohraniti zivo
zakladnico partizanskih pesmi. Zbor uvrsca v svoj program borbene pesmi
razlicnih narodov v prepricanju, da je bilo odpornisko gibanje nekaj
skupnega vsem evropskim narodom. Le na tej trdni osnovi, ki sloni na
teh svetlih idealih (enakopravnost in sozitje med narodi) je mogoce
zgraditi skupno in pravicno Evropo. Za prvega predsednika je bil
izvoljen Niko Skamperle, medtem ko sedaj ze polnih petnajst let
izpolnjuje to funkcijo Igor Pavletic.
Pobudniki ustanovitve so bili kot receno nekdanji borci, katerim so se
v zadnjih letih pridruzili mlajsi pevci in pevke, Slovenci in
Italijani. Med ustanovitelji in prvi dirigent zbora je bil Oskar Kjuder
(bivsi borec, partizan Prekomorskih brigad, danes kulturni delavec).
Precejsnjo tezo in bistveno vlogo je imel nedvomno Oskar Kjuder, ki je
s svojo zagnanostjo, vztrajnostjo in z umetnisko sposobnostjo, z duhom
borca NOB in naprednih idej casa, predstavljal in vodil partizanski
pevski zbor celih 28 let. Leta 1997 je priljubljeni »maestro« prepustil
dirigentsko palico pevovodji Pii Cah.
Od svoje ustanovitve je zbor ponesel partizansko in borbeno pesem po
Italiji, Sloveniji, nekdanji Jugoslaviji, in Avstriji, gostoval je tudi
v bivsi Sovjetski zvezi, in sicer v Moskvi in tedanjem Leningradu. Prvi
koncert partizanskega zbora se je vrsil v Kulturnem domu v Trstu 2.
junija 1973. In se zanimivost: cisti dobicek je bil namenjen za obnovo,
tedaj od vojne porusenega Vietnama. Posebno radi se clani zborovskega
kolektiva spominjajo nastopa za marsala Tita v rezidenci Brdo pri
Kranju in za nepozabnega italijanskega predsednika Sandra Pertinija na
Piancavallu, pri Pordenonu. Zbor je veckrat nastopil na televizijskih
in radijskih oddajah ter na vsakoletni reviji »Primorska poje«. Izdal
je dve gramofonski plosci in ob 50-letnici osvoboditve izpod
nacifasizma je izsla dvojna zgoscenka.
Partizanski zbor je skupno nastudiral sest programov, in sicer:
Partizanski miting, Partizanka balada, Recital padlim, Zemlja in
narodi, Revolucija in glasba in Z naso pesmijo v novo tisocletje. Pevci
so se naucili peti v dvanajstih jezikih: slovenscini, italijanscini,
srbo-hrvascini, makedonscini, ruscini, poljscini, bolgarscini,
nemscini, anglescini, spanscini in francoscini.
V teh letih delovanja je zbor imel vec kot 720 nastopov. Skupno je na
oder ze stopilo vec kot 300 clanov ansambla, in sicer 270 pevcev in 40
pevk, solistov in orkestrasev ter recitatorjev. Trenutno steje zbor
okrog 89 aktivnih clanov. Od samega zacetka do danes je sredino
partizanskega zbora zal ze »zapustilo« 74 pevcev. Svoj prvi sedez so
partizani imeli v Bazovici, najprej v Bazoviskem domu in potem v stavbi
danasnje restavracije »Pri lipi«. V letu 1995 (zaradi prodaje stavbe in
gostilne) se je moral celoten kolektiv preseliti v stavbo bivsega
begunskega taborisca na Padrice.
Zanimivo je tudi, da je leta 1997, zaradi velikega povprasevanja in
zanimanja, nastala tudi zenska »podruznica« zbora. Od tedaj namrec
pojejo z ramo ob ramo zenske in moski. V zboru pa je tudi lepo stevilo
mladih obrazov, kar dokazuje, da mladi se vedno ljubijo partizansko
pesem.
Dusa in srce zbora
Oskar Kjuder je eden izmed ustanoviteljev partizanskega pevskega zbora.
»Maestro« Kjuder je zbor vodil vse do leta 1997. Osemindvajsetletno
delovanje je prezivel na pisanju koncertnih programom, skladb, ob
dirigiranju zbora, orkestra in se bi lahko nastevali. Pevovodja, doma
iz Lonjerja, je v svet glasbe stopil ze zelo mlad. Nato se je zaposlil
kot mizar, medtem pa je nasel cas tudi za Konservatorij. Vojna vihra pa
ni prizanesla niti nasemu »maestru«. Kot zaveden Slovenec se je hitro
vkljucil v partizanske vrste, potem ko ga je fasisticna Italija
internirala v Aquilo. S prvo prekomorsko brigado je osvobajal
Jugoslavijo. Leta 1944 so tezko bolnega Kjudra pripeljali v Gravino,
kjer se je kot harmonikar vkljucil v zbor Jugoslovanske armade »Srecko
Kosovel«. Po vojni ga zagledamo kot mladega partizana v prvem
slovenskem filmu »Na svoji zemlji«, v katerem nastopa kot harmonikar. V
Trstu je nato vodil orkester Glasbene Matice, poleg tega pa je bil
aktiven v vec krajih: predvsem v Ljubljani. Njegova glasbena pot je
izredno pestra in bogata.
Oskar Kjuder pa se se zivo spominja, kako je prislo do ustanovitve
trzaskega partizanskega pevskega zbora.
&raNas cilj je bil ta, da najprej ustvarimo trdno jedro. Naloga zbora
je bila enostavna: mladim rodovom prenasati nase ideale, nase spomine
na trpljenje, nasega partizanskega duha. A to ni bilo tako enostavno.
Potrebovali smo kar nekaj casa, da smo se organizirali. Nasi pevci so
prihajali iz celotnega trzaskega obmocja ter iz drugih delov maticne
Primorske, nekaj celo iz Trzica, Gorice in eden celo iz Benecije.
Zaceli smo v petindvajsetih. Najprej smo se naucili deset partizanskih
pesmi, najprej slovenske, ker smo pac Slovenci! Prvic smo neuradno
nastopili v Rusiji. Tu pa vam moram povedati o neljubem dogodku, ki se
nam je pripetil ze v Milanu, ko smo izvedeli, da je nas spremljevalec
Vittorio Vidali. Mnogim je ze zavreloÉ No, do Moskve je pac slo. V
ruskem hotelu so nas sprejeli z italijanskimi trobojnicami, tako da smo
bili se bolj prizadeti. Toda, ko smo zapeli naso »Hej brigade«, so Rusi
kmalu prisli do zakljucka, da nismo Italijani. V jedilnico so nato
pritekli kuharji, kuharice in se veselili z nami. To pa ni slo na racun
Vidaliju, ki je besno rekel »Non si fanno questi lavori!«. Morda smo
res zgresili, toda na koncu se je izkazalo za pravilno in pravicno. To
je le ena izmed tolikih anekdot.«
Zbor ste dejansko ustanovili nekdanji borci.
&raDa, takrat smo vsi bili borci, ki smo se med drugo svetovno vojno
borili pri partizanih. Danes pa sva zal ostala se dva aktivna borca.
Ostali so pomrli. Nekaj je se aktivistov, ki so bili v vojnih letih se
zelo mladi.«
O katerem dogodku se se danes rad pogovarjate z ostalimi. Kateri
dogodek vam je ostal pri srcu?
&raNajlepsi dogodek, ki se mi je pripetil, spada v medvojno delovanje,
ko sem nakljucno z zborom Jugoslovanske armade Srecko Kosovel odpotoval
na prvi, in tudi edini, Vseslovanski kongres v Sofijo. Kongres je
otvoril rdecearmijski zbor, zakljucili pa smo ga mi. Vzdusje je bilo
res enkratno, prijateljsko, mirno. Trajal je priblizno teden dni in
bilo je nepozabno, saj se je koncno zdruzila nasa vseslovanska druzina.«
Kaj pa vas je najbolj prizadelo v vasem zivljenju?
"Najvecji udarec je bila leta 1948 resolucija Informbiroja. To je
bilo za vse napredne ljudi, antifasiste in komuniste pravi udarec v
hrbet. Skupna fronta se je razbila in na vrat na nos so mi pridigali,
da je bil Tito gestapovski agent. Kaj? Jaz sem bil v Drvarju, ko so
Nemci izvedli desant, da bi umorili Tita. Kako so morali trditi
nekaj takega!
Partizanski zbor ostaja se vedno zelo priljubljen in tudi mladi radi
pristopijo k zboru.
Kaj bi mladim osebno svetovali?
"Mladi morajo se naprej negovati ideale partizanskega boja in
negovati nas slovenski jezik. Nobena stvar ni popolna, vse je
treba stalno obdelovati in piliti, da bo boljse. Tako je tudi
nas svet, na katerem je se veliko in veliko krivic. Partizansko
pesem navdihuje postenost!"
Toda mora tudi zgodovina biti postena?
"Tako je. V vsakem primeru. Imamo temne in svetle plati dogajanj.
Prej ali slej je treba razcistiti vse. Toda po pravici. Zgodovine
ne smemo pretvarjati, kot skusajo to delati tu v Trstu in v nasi
dezeli. Sram naj jih bo, saj se kaj takega sploh ne sme delati!"
Jan Grgic
© Nedelja, 24. novembra 2002
(Hvala lepa a Yure Ellero per la segnalazione!)
office@...
Datum: 07 decembar 2002
STA JE MEDUNARODNA KRIZNA GRUPA I STA ONA HOCE?
Dr Milan Tepavac
Beograd, Jugoslavija
miltep@...
Celokupno bavljnje ove grupe grupe Jugoslavijom, Srbijom, Crnom Gorom
i Kosmetnom moze da se okarakterise kao antisrpski rasizam i
predstavlja medunarodni zlocin iz nadleznosti Medunarodnog
krivicnog suda, kao i ugrozavanje mira, bezbednosti i stabilnosti
u jugoistocnoj Evropi.
Medunarodna krizna grupa (MKG) objavila je 3.12. o.g. izvestaj
u kome ocenjuje da odgovornost za aferu trgovanja oruzjem
SR Jugoslavije sa Irakom lezi na zvanicnicima SRJ i Srbije,
koji nisu uspeli da prekinu intenzivno krsenje medunarodnog
embarga zapoceto u vreme rezima Slobodana Milosevica.
"Najvisi zvanicnici, medu kojima su predsednik Vojislav
Kostunica, premijer Dragisa Pesic, premijer Srbije Zoran
Dindic, savezni ministar odbrane Velimir Radojevic, nacelnik
Generalstaba i savezni i srpski ministri unutrasnjih poslova
ili su znali za prodaju oruzja, a nisu ucinili nista da je
zaustave, ili je trebalo da znaju i da na osnovu toga deluju",
navodi se u izvestaju MKG.
U izvestaju pod nazivom "Naoruzavanje Sadama -
jugoslovenska veza" ocenjuje se da je "transakcijama
sa SRJ, RS, Federacijom BiH i verovatno Crnom Gorom, Iraku
mozda pruzena pomoc u razvijanju primitivnih raketa,
odrzavanju ili razvijanju hemijskog oruzja, te popravci i
konzervaciji konvencionalnog oruzja".
U slucaju da Beograd ne ispuni medunarodne obaveze,
preporucuje se ukidanje finansijske i ekonomske pomoci
zemlji, sto bi obuhvatalo i status stalnih normalnih
trgovinskih odnosa sa SAD i programe koje finansiraju
Svetska banka i Medunarodni monetarni fond.
Americka vlada, ovoga puta, ne prihvata izvestaj
Medunarodne krizne grupe koja je iznela ozbiljne
optuzbe protiv Beograda zbog vojne saradnje Jugoslavije
sa Irakom, izjavio je za Bi-Bi-
Si funkcioner Stejt dipartmenta koji je zeleo da ostane
anoniman. Prema britanskom radiju, isti izvor u Stejt
dipartmentu smatra da "izvestaj MKG sadrzi spekulativne
ocene i tvrdnje, kao i materijalne greske".
Povodom ovog njenog najnovijeg uplitanja u unutrasnje
stvari Jugoslvije, savezni ministar unutrasnjih poslova
Z. Zivkovic rekao je ovih dana: "Sta je Medunarodna krizna
grupa. Ne znam poziciju te organizacije i ne interesuje me
njihovo misljenje, posebno znajuci njihove saradnike u
Jugoslaviji". Ipak, trebalo bi da ga itekako ova grupa i
njeni saradnici interesuju.
Dakle, ko je taj "trust mozgova", ta grupa? Sta to ona zeli
kada je o nama rec?
Ta veoma uticajna grupa na vlade zapadnih zemalja ima
svoje ispostave u mnogim zemljama sveta i u Srbiji i Crnoj
Gori i raspolaze sa velikim sredstvima sam Soros, koji je
u Upravi Grupe, ne zna kud ce se parama koje je nagomilao -
i velikom mrezom svojih saradnika u mnogim zemljama.
Ima sediste u Briselu, a spostave u svim bivsim jugoslovenskim
republikama, a nedavno se ustolicila i u Beogradu i dobila
publicitet u nasim medijima. Prica se da je njen beogradski
sef Dzejms Lajon pobegao iz Jugoslavije ovih dana nakon
ove poslednje afere sa pricom o izvozu oruzja u Irak, sto
on u svom pismu listu "Politika" demantuje i pri tome
izrice, ko bi rekao, par lepih reci o Srbiji, iako se
ogranicio na Gucu pa veli: "Ljudi u Srbiji pricaju toliko
negativnih stvari o sopstvenoj zemlji da je osvezavajuce
videti sabor u Guci kao jednu od dobrih stvari u Srbiji"!
Eto, saznajemo od tog vrsnog poznavanja stanje u Srbiji
da u njoj ima bar jedna dobra stvar - sabor gde se duva u muzicke
instrumente i peku volovi na raznju. I da ima dosta Srba
koji Srbiju manje vole od njega, sto je verovatno ziva
istina.
Ono sto je bitno za nas u citavoj stvari jeste da se ova
Grupa od, od 1997. godine, kada je pocela da se bavi nama,
ustremila na srpski narod i svestrano angazovala za
razbijanje Jugoslavije kao drzave, one prethodne i ove
sadasnje, i srpskog nacionalnog korpusa u svim svojim
mnogobrojnim tekstovima i knjigama. Od tada do danas ona
je napisala i objavila 92 izvestaja i analize o Srbiji,
Jugoslaviji, Crnoj Gori i Kosvu i Metohiji, na racunajuci
tu tekstove koji se odnose na Bosnu i Hercegovinu i
Makedoniju gde se takode, naravno, doticu nas! Svi ti
tekstoji mogu manje-vise da se karakterisu kao antisrpski rasizam,
ponekad najgore i najnize vrste. Zagovara se i propagira
mrznja prema srpskom narodu i komadanje njegove drzave na
taj nacin sto se podstice secesija Crne Gore od Jugoslavije,
Kosovo i Metohija od Srbije i Jugoslavije i uopste se posdstice
komadanje, to jest unistenje drzave srpskog naroda.
Ta i takva njena delatnost ne ugrozaava samo mir u Jugoslaviji
i na Balkanu, nego sigurno derstabilizuje citav region kao i
mir u Evropi.
Svi ti tekstovi nalaze se na veb sajtu Grupe - www.crisisweb.org .
To ni nije nikakvo cudo kada se ima u vidu personalni sastav
njene uprave.
Njen personalni sastav se naravno s vremenom menjao, ali njena
antisrpska politika nije, ona je bila konstantna. Sadasnju
njenu upravu sacinjavaju i neke nama po zlu poznate licnosti.
Sadasnju upravu cine: predsednik je Marti Ahtisari, bivsi
predsednik Finske i "cuveni" kreator, zajedno sa Viktorom
Cernomirdinom, jos cuvenijeg ultimatuma na osnovu kojeg se
moralo predati Kosovo i Metohiju pod okupaciju NATO pakta
i potpisati takozvani Vojnotehnicki sporazum u Kumanovu;
Stiven Solarz, bivsi SAD konkresmen; Marija Livanos Kataj;
Garet Evans, bivsi ministar inostranih poslova Australije;
Daniel Abraham; Morton Abramovic, bivsi ambasador i pomocnik
ministra inostranih poslova SAD; Kenet Adelman, bivsi
ambasador SAD; Luis Arbur, bivsi glavni tuzilac tzv.
Medunarodnog krivicnog tribunala za prethodnu Jugoslaviju;
Saud Nasir al Sabah, bivsi ambasador Kuvajta u V. Britaniji
i SAD; Ricard Alen, bivsi savetnik predsednika SAD; Oskar
Arias Sancez, bivsi predsednik Kostarike i dobitnik Nobelove
nagrade; Ersin Arioglu iz Turske; Ema Bonino, clan Evropskog
parlamenta; Zbignjev Bzezinski, bivsi savetnik predsednika
SAD za nacionalnu bezbednost; Ceril Karolus, raniji ambasador
Juzne Afrike u Londonu; Viktor Cu iz Hong-Konga; Vesli Klark, bivsi
glavnokomandujuci NATO snaga u Evropi i zapovednik tih snaga
pri agresiji na SR Jugoslaviju; Ufe Jeleman-Jensen, raniji ministar
inostranih poslova Danske; Mark Ajskens, raniji premijer
Belgije; Marika Falen, ranije svedski ambasador; Joici
Funabasi, japanski pisac i zurnalista; Bronislav Geremek,
bivsi ministar inostranih poslova Poljske; I.K. Gujral, bivsi
indijski premijer; Njegovo Kraljevsko Visocanstvo Elhasan bin
Talal; Karla Hils, ranije ministar u vladi SAD; Asma Jahangir,
Pakistanac, bivsi predsednik Komisije za ljudsska prava te
zemlje; Elen Dzonson Sirlif, bisi ministar finansija Liberije;
Mihail Kodorkovski, iz naftne industrije Rusije; Elion F. Kulik,
Amerikanac; Dzoan Lidom-Akerman, pisac i zurnalist iz SAD; Todurg Mulia
Lubis, pisac i advokat za ljudska prava iz Indonezije; Barbara
Mekdugal, ranije ministar inostranih poslova Kanade; Mo Moulam,
radije drzavni sekretar, V. Britanija; Ajo Obe, Nigerija;
Kristina Okrent, novinar i pisac iz Francuske; Fridber Pfleger,
predsednik Spoljnopolitickog komiteta Bundestaga za EU;
Surin Pitsuvam, raniji ministar inostranih poslova Tajlanda;
Itamar Rabinovic, predsednik telavivskog univerziteta, ranije
ambasador u SAD i glavni pregovarac sa Sirijom; Fidel V. Ramos,
raniji predsednik Filipina; Mohamed Sahnun, specijalni savetnik
generalnog sekretara UN za Afriku; Salim A. Salim, raniji
premijer Tanzanije i generalni sekretar Organizacije africkog
jedinstva; Daglas Sen, SAD; Vilijam Soukros, pisac i novinar,
V. Britanija; Dzordz Soros, miltimilijarder i predsednik
Otvorenog drustva; Edvard Stajn, raniji ministar inostranih
poslova Gvatemale; Par Stenbak, raniji ministar inostranih
poslova Finske; Torvald Stoltenberg, raniji ministar inostranih
poslova Norveske a pre toga "u mirovnim misijama" na prostoru
prethodne Jugoslavije u ratnom pozaru; Vilijam O. Tajlor,
novinar bostonskog "Globe"-a; Ed van Tijn, bivsi ministar unutrasnjih
poslova Holandije; Simon Veil, raniji predsednik Evropskog
parlamenta i ministar u francuskoj vladi; Sirli Vilijams,
ranije ministar za obrazovanje i nauku V. Britanije i clan
Doma lordova; Jausie Jozef Vu, generalni sekretar predsednika
Tajvana; Grigori Javlinski, sef partije "Jabloko" i poslanik
Ruske dume; Uta Zapf, predsednik Komiteta Bundestaga za razoruzanje
i zabranu proliferacije.
Tim i takvim svojim radom ova grupa cini nesto sto je inkriminisano
savremenim medunarodnim pravom. Naime, caln 20 Medunarodnog pakta
o gradanskim i politickim pravima zabranjuje "svako zagovaranje
nacionalne, rasne ili verske mrznje koje predstavlja podsticanje
na diskriminaciju, neprijateljstvo ili nailje". A clan 7 Statuta
Medunarodnog krivicnog suda, u stavu 1 pod (h) inkriminise takve
radnje - u vezi sa clanom 25 Statuta - kao medunarodno krivicno
delo, kao zlocin, protiv covecnosti.
Ovaj tekst, koji pre svega sluzi za upoznavanje javnosti sa
delatnoscu jedne grupe ljudi na raspirivanju putem sredstava
javnog informisanja antisrpske rasisisticke mrznje a u cilju
da navedu vlade stranih zemalja na zauzimanje antisrpskih
politickih stavova i krsenje medunarodnog prava i politickih
standarda usvojenih u UN i u OEBS-u. - ujedno je i krivicna prijava
Medunarodnom krivicnom sudu da pokrene postupak protiv odgovornih
lica ove Grupe zbog rasizma i da joj se zabrani da nastavi
sa takvom svojom delatnoscu a da se srpskom narodu, Jugoslaviji
i Srbiji nadoknadi pricinjena steta.
office@...
Datum: 07 decembar 2002
Ugrozenost cirilice - vrh ledenog brega
Zivadin Jovanovic
Rec na sednici Veca gradjana 14 novembra 2002. g. povodom predloga
Deklaracije o zastiti cirilice
Cirilica je ugrozena. Zato podrzavam predlog Deklaracije o zastiti
cirilice .(1)
Medjutim, ne treba da se zavaravamo: ugrozenost cirilice ima dublje
uzroke koje i najbolje deklaracije tesko mogu otkloniti. One se
nalaze u ugrozenosti srpskog jezika, srpske kulture i duhovnosti i
jos dublje, u ugrozenosti same pripadnosti srpskom narodu.
Suocili smo se sa procesom denacionalizacije srpskog naroda. To se
izrazava u negiranju srpske istorije, podcenjivanju srpske kulture,
srpskog jezika, a onda i cirilicnog pisma. Kada se sa skupocenih
bilbordova sirom Srbije porucuje - "suocite se sa istinom", uz
neskriven prizvuk da je srpski narod kriv; kada i sa ove skupstinske
govornice najvisi predstavnici drzave propagiraju "istorijski
diskontinuitet"; kada elektronski mediji svojim serijalima
tipa "katarze" vrse masovno ispiranje mozga naroda, bez presedana u
novijoj istoriji civilizacije; kada u ovom Domu (2) gotovo nezapazeno
prolaze medjunarodni ugovori sastavljeni samo na engleskom
jeziku... . U tim uslovima govoriti samo o ogrozenosti cirilice, bilo
bi zadrzavati se na posledicama, bezati od uzroka i sustine.
Ugrozenost cirilicnog pisma je samo vrh ledenog brega ispod koga se
krije sistematski proces denacionalizacije i dezorijentacije srpskog
naroda.
U dnevnom redu ove sednice Savezne skupstine ima 11 sporazuma o
zaduzivanju zemlje na razlicite iznose , od dva do 90 miliona Evra,
zakljucenih samo na engleskom jeziku. Improvizovani, neprofesionalni
prevodi, ne samo medjunarodnih sporazuma, vec neretko i zakona, ili
zakonskih odredaba iz inostranih izvora ne odrazavaju duh srpskog
jezika i cesto su povod primedaba pa i ostrih kritika poslanika.
I to govori o neprihvatljivom odnosu Vlade i njenih sluzbi prema
srpskom jeziku kao zvanicnom jeziku u Saveznoj Republici Jugoslaviji.
Taj jezik se ne moze ni delimicno supstituisati stranim jezikom, niti
losim prevodima na srpski. Dokumenta koja dolaze pred ovaj dom kao
zakonodavno telo, moraju imati originale na srpskom jeziku. Na to
obavezuje clan 15 Ustava Savezne Republike Jugoslavije koji glasi: "U
Saveznoj Republici Jugoslaviji u sluzbenoj upotrebi je srpski jezik."
Ne mozemo zastititi ni srpski jezik ni cirilicno pismo ako ovaj Dom ,
kao poslednja odbrana zakona i Ustava, popusti na tim principijelnim
stavovima. Nije ovde rec o lektorskim greskama, kako neko zeli da
predstavi citav problem. Nema lekture koja moze otkloniti krsenje
Ustava. Nije rec ni o tome gde je domicil, prebivaliste prevodilaca -
u Beogradu ili Podgorici. Za ovaj Dom bitno je koja dokumenta dobija
od Savezne vlade. Ko je sta od toga napisao, ili prevodio i gde - za
ovaj Dom nije od znacaja. (3)
Preoptereceni prevodioci
Ovi sporazumi, uveravam vas, bili bi vrlo lako ponisteni pred
Saveznim ustavnim sudom kao neustavni jer originali, pored engleskog,
moraju biti potpisani na srpskom jeziku.
Ne tako davno, gospodin potpredsednik Savezne vlade pozalio se , sa
ovog mesta, da je prevodilacka sluzba Savezne vlade suocena sa raznim
problemima, ukljucujuci i nedostatak prevodilaca, njihovu
preopterecenost, fluktuaciju i druge probleme. Time je pokusao da
objasni ozbiljne greske u prevodima tekstova sa engleskog, pa cak i
nekih zakona koje je Vlada dostavila Saveznoj skupstini na usvajanje,
a koji, ocigledno, sadrze i odredbe lose prevedene iz originala na
engleskom jeziku.
To je jedno fakticno pitanje, ali nije izvinjenje za nepostovanje
osnovnih pravila i profesionalnih standarda.
Predlazem da ovaj Dom zakljuci da se ono sto se Skupstini dostavlja
kao prevod sa engleskog, ili sa drugih jezika, na srpski jezik,
obavezno mora biti overeno od ovlascenih prevodilaca. Jer, ako je, na
primer, za postupanje opstinskih organa, po dokumentu na stranom
jeziku potreban prevod overen od ovlascenog sudskog tumaca, onda
utoliko vise ima razloga da prevodi koji se dostavljaju Saveznoj
skupstini budu overeni od ovlacenih prevodilaca. Inace, bicemo
suoceni sa stalnim razvodnjavanjem kriterijuma o postovanju zvanicnog
jezika i pisma, a srpski jezik i cirilica bice jos ugrozeniji nego
sada.
Napomena: Deklaracija o zastiti cirilice usvojena je u Vecu gradjana
velikom vecinom poslanika vladajucih i opozicionih partija, i pored
negativnog misljenja Savezne vlade.
(1) Deklaraciju su predlozili Ljiljana Colic, Zelidrag Nikcevic,
Ranko Kordic, Borivoje Mijatovic, Milos Jevtic i Aleksandar Pravdic -
poslanici u Vecu gradjana, i Radoje Prica i Rista Trajkovic,
poslanici u Vecu republika
(2) Odnosi se na Vece gradjana Savezne skupstine SRJ
(3) Potpredsednik Savezne vlade Miroljub Labus je sa govornice Veca
gradjana, pored ostalog, izjavio da je prevod sprazuma kritikovanog u
raspravi na sednici Veca, uradjen u Vladi Republike Crne Gore.