Informazione

(english / francais / deutsch /italiano)

Dal movimento contro la N.A.T.O.


1) L'agenda del movimento No War nei prossimi mesi (PATTO PERMANENTE
CONTRO LA GUERRA) /
L'appello contro la guerra uscito dall'assemblea del FSM a Belèm

[in particolare ricordiamo che tutte le informazioni in merito a
TARGET - Meeting internazionale di Vicenza (21-22 marzo) nel X
Anniversario dei bombardamenti della NATO sulla Repubblica Federale di
Jugoslavia - si trovano al sito:
https://www.cnj.it/24MARZO99/2009/TARGET/index.htm
E' imminente la pubblicizzazione del programma definitivo!
TARGET - International Meeting on the 10.th Anniversary of the NATO
bombing of the Federal Republic of Yugoslavia - VICENZA 21-22/3/2009:
https://www.cnj.it/24MARZO99/2009/TARGET/eng.htm

TARGET - Međunarodni miting povodom X godišnjice bombardovanja Savezne
Republike Jugoslavije od strane NATO - VICENZA 21-22.3.2009. god.:
https://www.cnj.it/24MARZO99/2009/TARGET/jug.htm ]


2) 21st Century Star Wars And N.A.T.O.'s 60th Anniversary Summit
(Rick Rozoff)

3) OTAN: le Pitbull Impérial
(Edward S. Herman)

4) A Letter to the editor of the Russian Information Agency Novosti,
January 22, 2009
(Rick Rozoff)

---

More recent analyses from the StopNATO newsletter:

# http://groups.yahoo.com/group/stopnato #

Eastern Partnership: West's Final Assault On Former Soviet Union
http://groups.yahoo.com/group/stopnato/message/37302

Balkans: Staging Ground For NATO's Post-Cold War Order
http://groups.yahoo.com/group/stopnato/message/37227

NATO In The Persian Gulf: From Third World War To Istanbul Cooperation
Initiative
http://groups.yahoo.com/group/stopnato/message/37164

NATO's, Pentagon's New Strategic Battleground: The Arctic
http://groups.yahoo.com/group/stopnato/message/37104

Proliferation Security Initiative And US 1,000-Ship Navy: Control Of
World's Oceans, Prelude To War
http://groups.yahoo.com/group/stopnato/message/37058

Global Military Bloc: NATO's Drive Into Asia
http://groups.yahoo.com/group/stopnato/message/36946

Global Energy War: Washington's New Kissinger's African Plans
http://groups.yahoo.com/group/stopnato/message/36874

EU, NATO, US: 21st Century Alliance For Global Domination
Rick Rozoff - Stop NATO - February 19, 2009
http://groups. yahoo.com/ group/stopnato/ message/37422

---

Demo gegen Nato-Sicherheitskonferenz
Weitere Proteste Anfang April

Mehr als 6.000 Menschen haben am 7. Februar in München gegen die
Nato-Sicherheitskonferenz demonstriert. Die Teilnehmerinnen und
Teilnehmer machten deutlich, dass die Kriegspolitik der Nato und die
deutsche Beteiligung an Kriegen nicht erwünscht sind. Auch Attac
München hatte – neben zahlreichen weiteren Gruppen – zu der Demo
aufgerufen. Sie wird in diesem Jahr nicht die einzige bleiben: Anfang
April feiert die Nato bei einem Gipfel in Strasbourg und Baden-Baden
ihr 60jähriges Bestehen. Auch zu jenem Anlass hat sich ein
internationales Bündnis aus Hunderten von Friedensorganisationen,
politischen und sozialen Bewegungen gebildet, das zu Protesten gegen
Krieg, Militärintervention, Rüstung und Militarisierung im Inneren und
für friedliche und soziale Alternativen aufruft...

Bericht: www.attac.de/news/2684
Attac Nato-Sonderseite: www.attac.de/nato


=== 1 ===

Da: info@...
Oggetto: L'agenda del movimento No War nei prossimi mesi
Data: 17 febbraio 2009 14:24:45 GMT+01:00

www.disarmiamoli.org

L'agenda del movimento No War nei prossimi mesi

Raccogliendo l' APPELLO CONTRO LA GUERRA DELL'ASSEMBLEA FSM DI BELEM ,
Il Patto permanente contro la guerra in Italia chiama alla
mobilitazione.

Si legge nell'appello:"Noi, movimenti per la pace e contro la guerra,
riuniti durante il FSM di Belem, dichiariamo: che la NATO è un
organismo militare il cui obiettivo è la dominazione militare,
politica ed economica degli Usa nel mondo; in tal senso respingiamo la
celebrazione del 60°anniversario della NATO che si terrà il 4 Aprile
2009 nella sede del Parlamento europeo nella città di Strasburgo in
Francia. Per questo motivo lanciamo un appello alla mobilitazione
mondiale per l'abolizione della NATO con manifestazioni in tutto il
mondo in quella giornata, e in particolare per l'Europa a Strasburgo.
Esigiamo lo smantellamento di tutte le basi militari straniere nel
mondo. ..

Per ciò che riguarda l'Italia " Ci opponiamo alla costruzione di nuove
basi come quella di Vicenza in Italia e di altre basi NATO in
Europa. .E condanniamo anche la creazione di Africom, come strumento
di controllo militare del continente africano,-il cui comando centrale
e le cui basi logistiche sono previste in italia ( Vicenza, Napoli e
Sigonella). ..
Condanniamo lo stato di Israele per le politiche di aggressione ed
occupazione nei territori palestinesi. Condanniamo i massacri
commessi a Gaza e chiamiamo ad una giornata d'azione in solidarietà
col popolo palestinese e per il boicottaggio, il disinvestimento e le
sanzioni (BDS) contro Israele programmato per il 30 marzo 2009,
giornata della Terra palestinese. Facciamo appello affinché in tutto
il mondo vengano realizzate azioni di BDS. Per fare di questa giornata
una giornata storica per il movimento antiapartheid vogliamo
concentrare l'attenzione su:

1) azioni contro le multinazionali israeliane e internazionali che
appoggiano l' occupazione e l'apartheid portati avanti da Israele;
contro il libero commercio e gli accordi preferenziali con Israele e
contro il commercio di armi con Israele;

2) azioni legali per mettere fine all'impunità di Israele e perseguire
i suoi crimini di guerra attraverso Tribunali Internazionali e
Nazionali."

In sintonia con queste istanze e questa volontà di lotta, il Patto
contro la guerra definisce la propria agenda di iniziative secondo il
seguente calendario:

- 18 febbraio 2009 a Roma, sit-in apiazza SS. Apostoli contro lo scudo
spaziale presso la sede del Parlamento europeo-con presidi anche a
Milano, Torino, Firenze, Trieste, Palermo, in collaborazione con la
campagna Europe for peace;

- 19 febbraio 2009 a Caltagirone-Niscemi in Sicilia, Assemblea-
seminario: I pericoli della militarizzazione -Dal potenziamento di
Sigonella alla costruzione del MUOS a Niscemi, in collaborazione con
la campagna per la smilitarizzazione di Sigonella;

- 14 marzo a NAPOLI- ASSEMBLEA NAZIONALE CONTRO LA GUERRA E CONTRO LA
NATO, in preparazione della mobilitazione a Strasburgo, per opporci al
vecchio Patto Atlantico con le sue nuove strategie di guerra, tra cui
l'installazione del nuovo comando per le guerre d'Africa in Italia a
Napoli ( e a Vicenza e Sigonella). Mobilitazione il pomeriggio presso
il porto nucleare di Napoli davanti al Comnando Centrale della NATO
in collaborazione col Comitato pace disarmo e smilitarizzaizone di
Napoli.

- 17 marzo, a Terni, nell'anniversario del primo morto per la protesta
contro il Patto Atlantico ( 1949) un operaio di Terni, iniziativa di
mobilitazione in corso di preparazione;

- 21 e 22 marzo a VICENZA - MEETING INTERNAZIONALE NEL X ANNIVERSARIO
dei bombardamenti della NATO sulla Repubblica Federale di Jugoslavia
"TARGET", promosso dal Coordinamento nazionale per la Jugoslavia e
dalle reti Disarmiamoli, Semprecontrolaguerra, RdbCUB e Forum di
Belgrado Italia.
[tutte le informazioni su:
https://www.cnj.it/24MARZO99/2009/TARGET/index.htm ]

- 30 marzo iniziativa per la PALESTINA in occasione della giornata
della Terra, meeting in corso di preparazione.

- 4 APRILE VERTICE DELLA NATO A STRASBURGO PER IL 60° ANNIVERSARIO DEL
PATTO ATLANTICO- MOBILITAZIONE EUROPEA "60 ANNI SONO GIA' TROPPI" per
lo scioglimento della NATO ed il disarmo in Europa e nel Mediterraneo.

Per la manifestazione europea di Strasburgo verranno organizzati
pullman in partenza da Milano e da Torino. Per ulteriori informazioni
vedi il sito DISARMIAMOLI.ORG.

PATTO PERMANENTE CONTRO LA GUERRA

---

L'appello contro la guerra uscito dall'assemblea del FSM a Belèm

"Noi, movimenti per la pace e contro la guerra, riuniti durante il FSM
di Belem, dichiariamo:

che il capitalismo vive una crisi globale, economica, ambientale,
energetica ed alimentare; ma la crisi più grande è quella vincolata
alla guerra permanente portata avanti in tutto il mondo e sostenuta
dagli Stati Uniti;

che una delle cause della crisi economica mondiale è stata la guerra
permanente e la sua preparazione;

che respingiamo qualsiasi intenzione di scatenare nuove guerre come
via d'uscita dall'attuale crisi;

che la NATO è un organismo militare il cui obiettivo è la dominazione
militare, politica ed economica degli Usa nel mondo; in tal senso
respingiamo la celebrazione del 60°anniversario della NATO che si
terrà il 4 Aprile 2009 nella sede del Parlamento europeo nella città
di Strasburgo in Francia. Per questo motivo lanciamo un appello alla
mobilitazione mondiale per l'abolizione della NATO con manifestazioni
in tutto il mondo in quella giornata, e in particolare per l'Europa a
Strasburgo.

Esigiamo lo smantellamento di tutte le basi militari straniere nel
mondo. Appoggiamo la lotta del paese ecuadoriano per la chiusura della
base di Manta ed esigiamo che non venga trasferita in nessun altro
paese dell'America Latina. Allo stesso modo esigiamo la chiusura della
base di Guantanamo e la sua restituzione al governo di Cuba, così come
ci opponiamo alla costruzione di nuove basi come quella di Vicenza in
Italia e di altre basi NATO in Europa. Condanniamo la riattivazione
della Quarta Flotta della marina di guerra degli Usa nei mari e fiumi
dell'America latina. Le sue attività hanno come obiettivo intimidire
i governi ed ostacolare le trasformazioni politiche e sociali degli
attuali processi latinoamericani. Condanniamo anche la creazione di
Africom come strumento di controllo militare del continente africano.

Esigiamo lo smantellamento unilaterale di tutti gli armamenti nucleari
nel mondo e lanciamo un appello a mobilitarsi in occasione della
conferenza sulle armi nucleari. Condanniamo inoltre tutte le azioni
che mirano alla costruzione di nuove armi nucleari in qualsiasi
continente.

Chiamiamo alla mobilitazione contro il vertice del G8 che si
realizzerà in Italia dall' 8 al
10 di Luglio 2009 nell'isola della Maddalena in Sardegna.

Chiediamo l'abbattimento di tutti i muri che ostacolano la libera
circolazione delle persone, specialmente del muro che divide la
Cisgiordania, di quello che separa il Messico dagli Stati Uniti, di
tutte le barriere militari e di polizia nel Mediterraneo.

Solidarizziamo con la lotta del popolo vietnamita per la pace e
giustizia nella campagna internazionale di appoggio alle vittime del
Napalm.

Condanniamo lo stato di Israele per le politiche di aggressione ed
occupazione nei territori palestinesi. Condanniamo i massacri
commessi a Gaza e chiamiamo ad una giornata d'azione in solidarietà
col popolo palestinese e per il boicottaggio, il disinvestimento e le
sanzioni (BDS) contro Israele programmato per il 30 marzo 2009,
giornata della Terra palestinese. Facciamo appello affinché in tutto
il mondo vengano realizzate azioni di BDS. Per fare di questa giornata
una giornata storica per il movimento antiapartheid vogliamo
concentrare l'attenzione su:
1) azioni contro le multinazionali israeliane e internazionali che
appoggiano l' occupazione e l'apartheid portati avanti da Israele;
contro il libero commercio e gli accordi preferenziali con Israele e
contro il commercio di armi con Israele;
2) azioni legali per mettere fine all'impunità di Israele e perseguire
i suoi crimini di guerra attraverso Tribunali Internazionali e
Nazionali."

(fonte: cpiano@...)


=== 2 ===

http://groups.yahoo.com/group/stopnato/message/36725

Stop NATO - January 15, 2009

21st Century Star Wars And NATO's 60th Anniversary Summit

Rick Rozoff

Regular contentions by US civilian and military
officials that the installation of projected third
position interceptor missile facilities in Poland and
the Czech Republic are aimed at so-called rogue states
like Iran and North Korea are a geographical,
geometrical and geopolitical absurdity.

In fact such plans are entirely aggressive in nature
and present the potentially most dangerous threat the
world has known.

Missile deployments in Poland and the linked missile
radar site in the Czech Republic are an integral,
indeed the central, component of a global (and more
than global) US-dominated system to neutralize
targeted nations' deterrence and retaliation
capabilities, both before and after the fact, for uses
of blackmail and actual implementation.

It's worthy of note that the two affected countries,
Poland and the Czech Republic, are two of the three
first nations incorporated into NATO since the end of
the Cold War, at the Alliance's 50th anniversary
summit in Washington in 1999 in an event that occurred
as NATO was launching its first war (in or out of
area), against Yugoslavia.

The third member inducted at the same time was
Hungary, where protests have halted the construction
of a projected NATO radar station.

In fact the American missile shield outposts in
Eastern Europe are an overt effort to implement the
Reagan era Strategic Defense Initiative (SDI),
infamously known as Star Wars.

The X-Band radar that is to be installed in the Czech
Republic will be shifted from the US Marshall Islands
where it is linked with the Reagan Test Site, and the
missile center, at the Vandenberg Air Force Base, from
which US (and allied) interceptor tests have been
regularly conducted in conjunction with a Sea-Based
X-Band Radar off the coast of Alaska and more
interceptor missiles at Fort Greely in the Alaskan
mainland is named the Ronald Reagan Ballistic Missile
Defense Site.

The floating X-Band Radar periodically moved off the
shores of Alaska for these exercises weighs 2,000 tons
and is 30 stories high.

Its permanent base is in Hawaii where a local
newspaper wrote, referring to the sea-based Aegis
component of the system, in June of 2008:

"The Missile Defense Agency co-manages the Navy's
Aegis program, partners with the Army on its
ground-based Patriot missiles and has primary
responsibility for other, developing anti-ballistic
missile technologies. It's an evolution of the
Strategic Defense Initiative begun by President Reagan
and has an $8.7 billion budget this year."

Similarly, the US Missile Defense Agency (MDA) is
based in Huntsville, Alabama, where the Pentagon
employed former German missile scientists in the 1950s
for its own Cold War programs and where last year the
MDA completed its Von Braun III building, a
$240-million, 900,000-square-foot facility.

The center is named, of course, after the founder of
Nazi Germany's missile program.

Upon completion of the Von Braun III building in April
of last year Alabama Senator Richard Shelby said that
naming the complex after Dr. Wernher von Braun was
"fitting."

"His spirit is with us here today," Shelby said, "and
certainly his vision continues because of the work
started here."

Despite the regular disclaimers that the current US
global missile shield program is not a so-called Son
of Star Wars, an Alabama newspaper reported in 2006
upon the completion of the earlier Von Braun II
building in Huntsville that:

"On the back wall of the lobby area are five pages,
hand-edited with scribbled notes and revisions, in a
simple wooden frame. It is the Star Wars speech given
by President Ronald Reagan on March 23, 1983...."

And as Reuters reported in the same month, "The Bush
administration and Republican allies in Congress are
again pushing for seed money to explore options for
putting a multibillion-dollar layer of
ballistic-missile interceptors in space [which was]
first floated in the 1980s as part of then-President
Ronald Reagan's Strategic Defense Initiative."

Time Magazine echoed that observation in November of
last year, stating that "President George W. Bush
promised to build a 'Star Wars' missile shield, and he
has kept that promise...."

With the above in mind, the extension of revamped US
Stars Wars installations to Eastern Europe, in the
case of Poland within immediate striking distance of
Russia, takes on ominous dimensions.

As the Russian Novosti agency's chief military
commentator remarked last November:

"[T]he strategic importance of these interceptor
missiles would increase were the U.S. to deliver a
first nuclear strike against Russia.

"In this scenario, interceptor missiles would have to
take on the limited number of missiles surviving the
first strike, which would allow the U.S. to hope for
success and, for the first time since the 1950s, for a
victory in a nuclear war."

And the official Chinese party newspaper People's
Daily reported in May of 2007:

"[T]he U.S. is seeking to deploy bases within [the
territory] of its
European allies [and], if it succeeds, in building
interceptor bases and radar bases.

"Then, its missile defense system takes the shape with
its homeland as its center and East Asia and Europe as
the two wings.

"[T]he existing layout is...targeted directly and
entirely at both Russia and China, and this is
precisely the reason to arouse strong the opposition
of Russia."

That is, the missiles in Poland have to be seen as
part of a first strike strategy in two respects in
which, if the threat doesn't work, the actual use
remains.

The ground-based missiles themselves can hit Russia's
two largest cities, Moscow and St. Petersburg, within
minutes.

Whether such missiles contain conventional or nuclear
warheads, a fact only the Pentagon would know, is a
distinction Russian air defenses and strategic forces
wouldn't have the time or luxury to evaluate.

Even to take the US at its word and to assume that
missiles with non-nuclear payloads would be used
against 'rogue states,' they could produce the
following results, in the words of the the Chief of
the Russian General Staff Yury Baluyevsky and
Ukrainian Defence Minister Anatoly Gritsenko,
respectively:

"Within a radius of 500 to 600 kilometers, depending
on the size of the interceptor's nuclear charge, an
electro-magnetic impulse will be generated and cause a
total power blackout, shutting down computers,
generating plants, gas works, water-pump stations,
radio and television, and dispatcher's offices in
airports and at railroad stations.

"A shock wave will destroy many buildings and
structures, while radioactive fallout will contaminate
the terrain for years. The Chernobyl disaster would
look like a child's prank." (December 2005)

ìNobody knows what can be inside these fragments [of
alleged intercepted missiles]. If it is not nuclear
bomb or nuclear warhead in a literal sense, it can be
a dirty bomb, for example, with radioactive agents
that in addition to the effects from Chernobyl nuclear
disaster may pollute our territory much more. It can
be also any virus or biological weapon.î (March 2007)

The first addition to the missiles in Poland, even
before their deployment, is the US's commitment to
station a Patriot battery with 96 warheads to Poland,
within striking distance of Russia's Kaliningrad
enclave and Belarus now that the Pentagon has
developed a Patriot Advanced Capability-3 (PAC-3)
system with a range of 120 kilometers.

And all of the above is only a small portion of the
integrated full spectrum global and space system the
US and its allies have already successfully tested and
are preparing to deploy, which include:

-Ground-Based Midcourse Defense (GMD)
-Exoatmospheric Kill Vehicle (EKV)
-Ground Based Interceptor (GBI)
-Forward Based X-Band Radars (FBXB)
-Terminal High Altitude Area Defense (THAAD)

These permit the destruction of other nations'
missiles in the launch, boost, midcourse and terminal
phases and in theory in the silo.

The global missile system also includes - in addition
to ground-based interceptor missiles - air, sea and
space components.

The sea-based element is the Aegis Ballistic Missile
Defense System, increasingly being deployed on US and
allied NATO and what has recently been termed Asian
NATO warships. Linked with the Pentagon's plans for a
"1,000-ship navy" and a complementary
US/NATO/Asia-Pacific NATO "3,000-ship navy," this
would provide Washington and its military allies the
ability to patrol all the world's waterways and
shipping lanes with missile killer capacities.

The spaced-based components include kinetic-energy
weapons, space lasers, space-based conventional
weapons space-based Interceptors, with the
Exoatmospheric Kill Vehicle an 'amphibious'
intermediate weapon.

Regarding the third leg of the US nuclear triad, not
even in theory a defensive one, the B-2 stealth bomber
is described by its proponents as being equipped with
"sixteen 2,400 lb (1,100 kg) B83 nuclear bombs in a
single pass through extremely dense anti-aircraft
defenses."

The Pentagon and the B-2's manufacturer, Northrop
Grumman, regularly boast that it can penetrate radar
and air defenses and strike "deep in the interior" of
a targeted state that possesses "strategic depth."

That description, given today's political reality, can
only pertain to Russia and China.

As authors Keir A. Lieber and Daryl G. Press,
referring to the general strategy of delivering
crippling first strikes, wrote in their paper "The
Rise of U.S. Nuclear Primacy" in Foreign Affairs, a
publication of the Council of Foreign Affairs, in its
March/April 2006 edition:

"It will probably soon be possible for the United
States to destroy the long-range nuclear arsenals of
Russia or China with a first strike.

"The U.S. Air Force has finished equipping its B-52
bombers with nuclear-armed cruise missiles, which are
probably invisible to Russian and Chinese air-defense
radar. And the air force has also enhanced the
avionics on its B-2 stealth bombers to permit them to
fly at extremely low altitudes in order to avoid even
the most sophisticated radar."

On the general strategy of so-called missile defense,
the Russian analyst Yury Rubtsov said late last
September:

"The pending deployment of interceptor missiles in
Poland is a link in the system of the global
anti-missile shield sweeping from Greenland to Alaska
created by the United States that does not conceal its
plans for setting up a fourth and a fifth position
area for its anti-missile shield.

"The system that Americans are forming is to include
offshore and on-land elements in Alaska, California,
Japan, Greenland and a number of European countries.
A naval base in the Aleutian Islands has been put back
in service to support sea-based radar mounted on a
re-built oil platform.

"The radar in turn will be a component of the
integrated system of the anti-missile shield alongside
the interceptor missiles deployed in Alaska.

"[M]ore than ten countries are involved in the
formation of the US anti-missile shield, including
Australia, Britain, Germany, the Czech Republic
Denmark, France, Japan, India, Israel, Italy, the
Netherlands, Poland, Taiwan and Ukraine."

All of the above are NATO members or partners except
for India and Taiwan - it would be too overt a
challenge to China to formalize partnerships with them
- but the latter two are also being progressively
integrated into the US/NATO international nexus.

This past September the Pentagon began its first-ever
permanent military deployment in Israel, to man an
X-Band missile radar site with a range of 1,240 miles;
that is, able to operate throughout the Middle East
and into Southern Russia.

In addition, outgoing US Missile Defense Agency
director Lt Gen Henry Obering has over the past
eighteen months either alluded to or been accused of
laying plans for deploying Star Wars missile and radar
bases in Azerbaijan, Georgia, Turkey and Ukraine.

At the last summit of NATO in Bucharest, Romania in
April of last year, all 26 member states endorsed US
missile system plans in Poland and the Czech Republic.

That support was reiterated at a NATO defense
ministers meeting last November (with the attendance
of the military chiefs of over sixty nations, over a
third of the countries of the world) and the following
month at a meeting of NATO foreign ministers, evoking
this response from Russia Defense Minister Anatoly
Serdyukov:

"The deployment of a U.S. missile shield in
central Europe would disrupt the strategic balance
among the world's nuclear powers."

With the upcoming NATO sixtieth anniversary summit on
April 3-4 of this year, and with the incoming Obama
administration naming former Bush administration NATO
Supreme Allied Commander James Jones as its National
Security Adviser, all indications are that US and
allied missile plans for Europe may expand yet
further.

While in Prague three weeks ago California
Congresswoman Ellen Tauscher, chairwoman of the House
of Representatives Strategic Forces Subcommittee, was
described by the Czech News Agency as having "long
been demanding that the system protecting the USA and
its allies against possible hostile missiles be
fully included in the NATO complex of defence."

The same agency reported the previous month that
"Czech Prime Minister Mirek Topolanek..said the
approval of the treaties would crucially influence the
defence capability of NATO."

And Polish Minister of Defense Radoslav Sikorski said
that the elements of the air defense shield which will
be deployed in Poland will become
part of the air defense shield of the entire NATO
bloc.

A sentiment shared by NATO Spokesman James Appathurai
last April in also calling for the integration and
expansion of the US interceptor sites into a broader,
continent-wide Alliance system.

Even more ominously, last month current NATO Supreme
Allied Commander General John Bantz Craddock affirmed:

"[T]he fact is there is strategic need and advantage
for nuclear weapons....The alliance has made the
decision to have them. There has been no debate to
retrograde them out."

And in reference to the 400 U.S. B-61 tactical nuclear
bombs stored at bases in several NATO countries,
including Germany, Italy, Turkey and the United
Kingdom, a Pentagon report released on December 8,
2008 stated:

"The presence of U.S. nuclear weapons in Europe
remains a pillar of NATO unity."

The combination of US nuclear warheads in Europe and
the expansion of the NATO Alliance and US missile
interceptor sites to encircle Russia on its eastern,
southern and western borders is a far more threatening
development than anything that occurred during the
Cold War.

Recent surveys show two-thirds of Czech opposed to the
US missile radar site with 71% demanding a referendum
on the issue and 54% of Poles in opposition to having
their nation turned into a potential ground zero in a
cataclysmic missile war.

Czechs and Poles clearly realize the danger that most
of the rest of the world has been oblivious but can no
longer remain indifferent to except at its own peril,
perhaps at the risk of its very survival.

The half century long stationing of US nuclear
warheads throughout Europe and current plans to deploy
US missiles and missile radar sites on the continent's
eastern perimeter would both be impossible, would be
inconceivable, if the nations and peoples of Europe
were not enchained by an increasingly ambitious and
expansive military bloc that places bases, nuclear
arms and missiles on their soil and sends their sons
and daughters to kill and die in 21st Century colonial
wars of conquest and domination.

As self-styled global NATO prepares its 60th
anniversary, first bi-national, summit in France and
Germany this April, the abolition of this, history's
first, attempt at an international aggressive military
axis must be brought to an end.


=== 3 ===

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2009-02-03%2015:27:34&log=invites

OTAN: le Pitbull Impérial

Edward S. Herman



L'un des clichés les plus fallacieux de l'histoire des pays
occidentaux après la Seconde Guerre mondiale est que l'OTAN fut créée
comme une organisation défensive pour contrer la menace d'une attaque
soviétique contre l'Europe de l'Ouest. C'est parfaitement faux !

Février 2009

Source: Z Magazine

Certes, la menace soviétique joua un rôle majeur dans la propagande
occidentale, mais bon nombre des plus grands dirigeants U.S. ou
d'Europe de l'Ouest reconnaissaient en coulisse que ladite invasion
soviétique n'avait rien d'une menace réelle. L'Union Soviétique venait
d'être dévastée et, bien que disposant d'une armée considérable, elle
était exténuée et avait besoin de temps pour récupérer. Les USA pour
leur part étaient en plein essor, la guerre avait revitalisé leur
économie, ils n'avaient subi aucun dommage de guerre et disposaient
dans leur arsenal d'une bombe atomique dont ils avaient démontré
l'efficacité à l'Union Soviétique en tuant un quart de million de
Japonais à Hiroshima et Nagasaki [ndt : soit quelque 250 000 personnes
en moins de 4 jours, dont une majorité de civils]. A Washington, on
envisagea sérieusement de frapper l'Union Soviétique avant qu'elle ne
se remette ou ne se dote elle-même de l'arme atomique, mais cette
option fut rejetée en faveur des politiques de « Containment », de
guerre économique et d'autres formes de déstabilisation. En avril
1950, le rapport NSC 68 [National Security Council Report 68], tout en
décriant la grande menace soviétique, appelait explicitement à un
programme de déstabilisation visant un changement de régime dans ce
pays, lequel se concrétisa finalement en 1991.

De fait, même un partisan de la ligne dure comme John Foster Dulles
déclarait en 1949 : « Je ne connais aucun haut responsable militaire
ou civil [...] dans ce gouvernement ou dans aucun autre gouvernement,
qui croie que les Soviétiques préparent actuellement une conquête sous
la forme d'une agression militaire ouverte ». On peut souligner ici
que Dulles parle seulement d'une « agression militaire ouverte ». Pour
les Occidentaux, la « menace » consistait davantage en un éventuel
soutien soviétique à des formations politiques de gauche en Europe de
l'Ouest. Le Sénateur Arthur Vandenberg, l'un des pionniers de l'OTAN,
déclarait ouvertement que le but d'un renforcement des dispositifs
militaires de l'OTAN « devait être avant tout l'objectif pratique
d'assurer une défense adéquate contre une subversion interne ». Bien
évidemment, le soutien infiniment plus conséquent des USA aux
formations de droite ne pouvait nullement sembler appuyer une
subversion interne ou constituer une quelconque menace pour la
démocratie. Seule une éventuelle aide soviétique à la gauche pouvait
s'inscrire dans cette catégorie. (Adlai Stevenson, en 1960,
n'appelait-il pas « agression intérieure » la résistance conduite au
Sud Vietnam par des populations hostiles au régime minoritaire imposé
par les Etats-Unis ?)

Les élites occidentales non-allemandes s'inquiétaient bien davantage
d'un possible réveil de l'Allemagne et d'une « menace allemande », et
étaient bien plus préoccupées à l'instar des responsables américains,
par le moyen de juguler la montée en puissance des forces de gauche en
Europe, que par une quelconque menace militaire soviétique. Les
Américains n'en pressaient pas moins les Européens de développer leurs
forces armées en achetant de l'armement aux industriels U.S. ! Bien
que délibérément exagérée, voire fabriquée de toute pièce, la menace
militaire soviétique était des plus utiles pour discréditer la gauche
en l'associant d'office à Staline, au bolchevisme et à une prétendue
invasion soviétique ou à un mythique projet de conquête mondiale.

En réalité, le Pacte de Varsovie était une organisation infiniment
plus défensive que l'OTAN. Il fut mis en place après la création de
l'OTAN et très clairement en réponse à celle-ci. C'était une union des
plus faibles et dont les membres étaient moins fiables. C'est
d'ailleurs elle qui finit par s'effondrer, tandis que l'OTAN gardait
une place centrale dans le processus à long terme de déstabilisation
et de démantèlement de l'Union Soviétique. Cela pour une bonne et
simple raison : la puissance et l'armement de l'OTAN faisaient partie
intégrante de la stratégie U.S. qui avait consisté à pousser les
Soviétiques à des dépenses colossales en armement, au détriment de
celles liées à l'amélioration des soins, de la qualité de vie et de
tout ce qui leur assurait le soutien de leurs populations. Au
contraire, parce qu'elle constituait une menace réelle pour la
sécurité, l'OTAN encourageait un niveau de répression aussi néfaste à
la loyauté envers l'Etat, qu'à la réputation de celui-ci sur le plan
international. Pendant toute cette première période, les dirigeants
soviétiques s'efforcèrent vainement de négocier des accords de paix
avec l'Ouest, quitte à céder l'Allemagne de l'Est, mais les USA comme
leurs alliés et clients dédaignèrent toute proposition de cet ordre.

Comme nous venons de le voir, le point de vue officiel aux Etats-Unis
– et de fait celui des médias – est que seule une intervention
soviétique en Europe de l'Ouest après la Seconde Guerre mondiale
pouvait sembler choquante ou représenter un risque de « subversion
interne ». Pour autant, dans un univers moins Orwellien que le nôtre,
on conviendrait volontiers que les USA dépassaient largement l'URSS en
matière de soutien, non seulement à une « subversion interne », mais
au terrorisme pur et simple, dès après 1945. Pour avoir réellement
combattu contre l'Allemagne nazie et l'Italie fasciste, la gauche
avait considérablement gagné en puissance au cours de la Seconde
Guerre mondiale. Les USA s'opposèrent donc par tous les moyens
possibles au pouvoir de la gauche et à sa participation politique, y
compris par les armes comme en Grèce [ndt : première utilisation de
bombes au napalm contre des civils], ainsi qu'en finançant massivement
les partis et personnalités politiques anti-gauche à travers toute
l'Europe. En Grèce, ils soutinrent l'extrême droite, et notamment bon
nombre d'ex-collabos fascistes, et parvinrent à mettre en place [ndt :
avec l'aide des Britanniques] un épouvantable régime autoritaire
d'extrême droite. Ils continuèrent aussi à soutenir l'Espagne fasciste
et acceptèrent le Portugal lui aussi fasciste comme membre fondateur
de l'OTAN, l'armement de l'OTAN permettant notamment au Régime des
Généraux portugais de poursuivre ses guerres coloniales [ndt : et à
Franco de continuer ses purges]. Un peu partout dans le monde, les
USA, puissance dominante de l'OTAN, soutinrent des hommes politiques
de droite et d'anciens nazis, tout en se prévalant bien sûr d'être
pro-démocratiques et de combattre les totalitarismes.

Le plus intéressant est sans doute le soutien des USA et de l'OTAN à
des groupes paramilitaires et au terrorisme. En Italie, ils
fonctionnaient main dans la main avec les factions politiques, des
organisations secrètes (Propaganda Due : la fameuse loge maçonnique
P-2), et des groupes paramilitaires d'extrême droite qui, forts du
soutien des forces de l'ordre, mirent en place ce qu'on appela la «
Stratégie de la Tension », dans le cadre de laquelle furent menées
diverses actions terroristes imputées ensuite aux activistes de
gauche. La plus célèbre fut l'attentat de la Gare de Bologne, en 1980,
qui fit 86 morts. L'entraînement et l'intégration d'anciens fascistes
et d'ex-collabos au sein d'opérations conjointes CIA-OTAN-police,
atteignit des sommets en Italie mais n'en était pas moins courant dans
le reste de l'Europe. (Pour ce qui concerne l'Italie, cf. Herman et
Brodhead « The Italian Context : The Fascist Tradition and the Postwar
Rehabilitation of the Right », dans l'ouvrage "Rise and Fall of the
Bulgarian Connection", New York: Sheridan Square, 1986). Concernant
l'Allemagne, cf. William Blum, "Germany 1950s," dans Killing Hope,
Common Courage, 1995).

L'OTAN prit notamment part à la dite "Opération Gladio", un programme
organisé par la CIA en collaboration avec les gouvernements des pays
membres de l'OTAN et l'establishment de leurs forces de l'ordre, qui
mit en place dans différents Etats européens des installations
secrètes et des caches d'armes, prétendument pour parer la menace
d'une invasion soviétique, mais en réalité destinées à une éventuelle
« subversion interne » et à disposition pour soutenir d'éventuels
coups d'Etat. Elles furent utilisées en diverses occasions pour mener
des opérations terroristes (tels que l'attentat de la gare de Bologne
[ndt : ou celui de la Piazza Fontana en 1969] et divers attentats
terroristes notamment en Belgique et en Allemagne). [ndt : la mise en
place des GAL en Pays Basque entre aussi dans ce cadre]. Les plans du
Gladio et l'OTAN furent aussi utilisés pour combattre une « menace
intérieure » en Grèce, en 1967 : à savoir, l'élection démocratique
d'un gouvernement de gauche. Pour y faire face, les militaires grecs
mirent en place un « Plan Prometheus », qui remplaça tout bonnement le
mode démocratique par une dictature militaire tortionnaire. L'OTAN et
l'administration Johnson n'y trouvèrent absolument rien à redire.
D'Italie ou d'ailleurs, d'autres forces du Gladio purent ainsi venir
s'entraîner en Grèce pendant cet interlude fasciste, afin d'y
apprendre les moyens de gérer une « subversion interne ».

En définitive, dès sa création, l'OTAN s'avéra être une organisation
offensive et non défensive, politiquement orientée, diamétralement
opposée à toute idée de diplomatie ou de paix, et intrinsèquement liée
à des opérations terroristes de très grande envergure ainsi qu'à
d'autres formes d'interventionnisme politique anti-démocratiques et
menaçant même directement la démocratie (et qu'on aurait évidemment
dénoncées comme ouvertement subversives si elles avaient pu être
imputées aux Soviétiques).


L'OTAN post-soviétique

Avec l'effondrement de l'Union Soviétique et du si menaçant Pacte de
Varsovie, l'OTAN perdait théoriquement sa raison d'être. Or, bien que
cette raison d'être n'ait jamais été qu'une supercherie pour que le
public reste dupe, l'OTAN devait redéfinir sa raison d'être et se
trouva aussitôt investie de prérogatives infiniment plus étendues et
agressives. N'ayant plus aucun besoin de soutenir la Yougoslavie du
fait de l'effondrement soviétique, l'OTAN collabora bientôt avec les
USA et les services allemands pour affronter puis démanteler cet
ancien allié de l'Ouest, violant au passage la Charte des Nations
Unies qui interdit les conflits transfrontaliers (c'est-à-dire les
guerres d'agression).

Curieusement, au beau milieu des bombardements de la Yougoslavie par
l'OTAN, en avril 1999, l'Alliance fêta son cinquantenaire, à
Washington, célébrant ses succès et rappelant, avec une rhétorique
typiquement Orwellienne, qu'elle avait vocation à imposer le respect
du droit international, alors qu'elle était en pleine violation
patente de la Charte des Nations Unies. En réalité, le texte fondateur
de l'ONU, de 1949, ouvrait précisément sur l'engagement solennel de
ses membres à « rester fidèles à la Charte des Nations Unies ». Dès
son article premier ils prêtaient serment « conformément aux règles de
la Charte des Nations Unies, de régler tous les conflits
internationaux par des moyens pacifiques ».

La session d'avril 1999 de l'OTAN rendit publique la nomenclature d'un
« Concept Stratégique » établissant le prétendu nouveau programme de
l'Alliance Atlantique, à présent que son rôle préventif de « défense
mutuelle » contre une invasion soviétique avait cessé d'être plausible
(à savoir : "The Alliance's Strategic Concept," Washington, D.C.,
April 23, 1999 (http://www.nato.int/docu/pr/1999/p99-065e.htm ).
L'Alliance y insiste toujours sur la « sécurité », mais elle s'y
déclare « dédiée à de nouvelles activités essentielles, dans l'intérêt
d'une stabilité élargie ». Elle y accueille ses nouveaux membres et de
nouveaux accords de « partenariat », bien qu'à aucun moment la
nécessité de cet élargissement ou de ces accords – et d'une telle
position de force des USA et de leurs plus proches alliés – n'y soit
clairement définie. Le document reconnaît qu'une « agression
conventionnelle de grande envergure contre l'Alliance demeure
extrêmement improbable », mais bien évidemment il élude totalement
l'éventualité d'une « agression conventionnelle de grande envergure »
PAR des membres de l'Alliance, et de célébrer le rôle de l'OTAN dans
les Balkans comme la plus parfaite illustration de son « dévouement à
une stabilité élargie ». Non seulement ce document officiel visait
seulement à légaliser une agression caractérisée – « illégale mais
légitime » selon l'euphémisme Orwellien de ses principaux apologistes
– mais contrairement à ses revendications, l'OTAN jouait un rôle
central de déstabilisation dans les Balkans, en stimulant la dimension
ethnique du conflit et en faisant obstacle à toute possibilité de
règlement diplomatique du conflit du Kosovo. Il justifiait de facto
l'attaque de la Yougoslavie et une campagne de bombardements d'ores et
déjà en cours au moment même où ce document était rendu public. (Pour
une analyse plus détaillée du rôle de l'OTAN, cf. Herman and Peterson,
"The Dismantling of Yugoslavia," Monthly Review, Oct. 2007:
http://monthlyreview.org/1007herman-peterson1.php )

Ce « Concept Stratégique » se prétend en outre favorable à une
limitation de l'armement. En réalité, depuis sa création l'OTAN a
toujours promu une politique inverse et tous les nouveaux membres, à
l'instar de la Pologne et de la Bulgarie, ont été contraints à
développer substantiellement leur armement « inter-opérable »,
c'est-à-dire à acheter plus d'armes et à les acheter aux Etats-Unis et
aux autres fournisseurs occidentaux. Depuis la publication de ce
document en 1999, l'élément leader de l'OTAN (les Etats-Unis) a plus
que doublé ses budgets militaires, et ses ventes d'armement à
l'étranger ont très fortement augmenté. Son programme militaire
spatial a considérablement avancé, il s'est retiré du traité ABM de
1972 [ndt : traité de limitation des missiles balistiques dont il
était signataire], refusé de ratifier le « Comprehensive (nuclear)
Test Ban » [ndt : nouveau moratoire international sur les essais
nucléaires (le précédent ayant été rompu par la France en 1995)], et
rejeté à la fois le traité concernant la production et l'utilisation
des mines antipersonnel et armes à sous-munitions et un Accord
International de l'ONU visant à réduire les ventes illicites d'armes
légères [ndt : celles qui font le plus de victimes dans les conflits
dits « de basse intensité » (Rwanda, Congo, Colombie, etc.)]. Forts de
l'appui de l'OTAN, les Etats-Unis ont lancé une nouvelle course aux
armements à laquelle nombre de leurs alliés et clients (et de leurs
adversaires ou cibles potentielles) n'ont pas manqué de se joindre.

Le document de 1999 rappelle aussi le prétendu soutien de l'OTAN au
Traité de Non-Prolifération Nucléaire, mais non sans insister au
passage sur l'importance de l'armement nucléaire dans ce qui fait la
puissance de l'OTAN. Il rejette donc de facto l'un des points
fondamentaux de ce traité, à savoir l'engagement des puissances
nucléaires d'œuvrer activement à l'élimination de ce type d'armement.
En clair, cela signifie que la non-prolifération à laquelle l'OTAN
demeure si attachée concerne exclusivement ses cibles et adversaires
potentiels (l'Iran par exemple). Les armes nucléaires « offrent une
contribution cruciale en rendant les risques d'agression contre
l'Alliance incalculables et inacceptables ». Mais si l'Iran possédait
de telles armes, « les risques d'agression » nucléaires par «
l'Alliance » – ce que les USA, membre de l'OTAN et Israël menacent de
faire – seraient-ils jugés inacceptables ? Bien sûr que non ! (1)

Au chapitre Sécurité, le « Concept Stratégique » déclare lutter pour
un environnement sécuritaire « reposant sur le développement
d'institutions démocratiques et sur un engagement à résoudre les
conflits pacifiquement, de sorte qu'aucun pays ne soit en mesure d'en
intimider ou contraindre un autre par la menace ou le recours à la
force ». Un tel degré d'hypocrisie laisse pantois. L'essence même des
politiques et des pratiques de l'OTAN est de menacer constamment de
recourir à la force, et la politique de Sécurité Nationale U.S. est
aujourd'hui parfaitement explicite sur l'intention des Etats-Unis de
maintenir leur supériorité militaire et de veiller à ce qu'aucune
puissance rivale ne puisse remettre en cause leur hégémonie, de façon
à pouvoir conserver leur emprise globale [ou mondiale]. En d'autres
termes, ils tiennent à gouverner par intimidation.

L'OTAN prétend aujourd'hui n'être plus une menace pour personne et
évoque même dans ce Concept Stratégique l'éventualité « d'opérations »
conjointes avec la Russie. Ici encore, le niveau d'hypocrisie est
ahurissant. Comme nous avons pu le voir dans de précédents articles,
en acceptant le principe de réunification de l'Allemagne, Gorbatchev
avait fait promettre aux Américains qu'en échange l'OTAN s'engageait à
ne pas avancer d'un centimètre plus à l'Est. Clinton et l'Alliance
Atlantique s'empressèrent de rompre cet engagement, en incorporant
dans l'OTAN toutes les ex-satellites soviétiques d'Europe de l'Est
ainsi que les Pays Baltes. Seuls ceux qui sont assez sots pour se
persuader du contraire et les propagandistes pourraient ne pas y voir
une menace directe pour la Russie, l'unique puissance de la région à
pouvoir, ne fût-ce que théoriquement, constituer une menace pour les
pays membres de l'OTAN. Mais le document de l'Alliance joue les idiots
et seules les menaces contre ses membres y sont prises en compte.

De même, bien que la nouvelle Alliance Atlantique se prétende très
préoccupée par « l'oppression, les conflits ethniques [et la]
prolifération des armes de destruction massive », ses relations avec
Israël restent des plus étroites. Aucune disposition, de quelque
nature que ce soit, n'est venue (ni ne saurait venir) faire obstacle à
l'oppression exercée par Israël, à son nettoyage ethnique, à son
arsenal nucléaire considérable (dont on reconnaît à peine
l'existence), ni bien sûr à sa nouvelle agression du Liban, en 2006 ou
à ses dernières attaques meurtrières contre Gaza. Il n'est pas plus
question de laisser ternir d'aussi bonnes relations que de voir
l'agression/occupation anglo-américaine illégale de l'Irak entamer le
moins du monde l'inaltérable solidarité des Etats membres de
l'Alliance. Israël étant de très loin le client privilégié des
Etats-Unis, il va sans dire que ce pays est parfaitement libre de
violer les nobles idéaux dont se prévaut le Concept Stratégique. En
2008, l'OTAN et Israël ont signé un pacte militaire. On verra donc
peut être bientôt l'OTAN collaborer aux opérations de sécurité
d'Israël à Gaza. Voilà plus d'un an que l'actuel Conseiller à la
Sécurité Nationale d'Obama, James Jones, réclame à cor et à cris
l'envoi de troupes de l'OTAN pour occuper la bande de Gaza et la
Cisjordanie. Et dans l'administration américaine, il est loin d'être
le seul...

Ce nouvel OTAN est littéralement le pitbull des USA et de l'OTAN. Il
contribue activement au réarmement mondial, encourage la
militarisation des Pays Baltes et des anciens satellites de l'URSS en
Europe de l'Est – qui soutiennent activement Israël, en tant que
partenaire de l'OTAN, dans son travail de nettoyage ethnique et de
spoliation de ses « untermenschen » – il aide son maître à établir aux
portes de la Russie, des Etats clients – endossant très officiellement
l'installation par les USA de missiles anti-balistiques en Pologne, en
République Tchèque, en Israël, et menaçant d'en installer davantage
ailleurs, très loin des Etats-Unis – et il fait son possible pour
arracher l'aval des pays membres sur les projets américains de «
bouclier » élargi de l'OTAN. Cette attitude accule littéralement la
Russie à des positions plus agressives et à un réarmement accéléré (à
l'instar de ce qu'a fait l'OTAN il y a quelques années).

Bien évidemment, l'OTAN soutient l'occupation américaine de l'Irak. Le
Secrétaire Général de l'Alliance, M. Scheffer, se flatte régulièrement
que tous les Etats membres sont engagés dans l'Opération Liberté
Irakienne, soit en Irak, soit au Kuwait. Tous les pays des Balkans, à
la seule exception de la Serbie, ont envoyé des troupes en Irak et en
envoient aujourd'hui en Afghanistan. Ces deux pays sont devenus des
terrains d'entraînement pour apprendre aux nouveaux « partenaires » à
être « inter-opérationnels », et permettent le développement d'une
nouvelle assise mercenaire pour les opérations « hors périmètre » de
l'OTAN, de plus en plus fréquentes depuis que l'OTAN s'investit plus
activement que jamais dans les campagnes américaines d'Afghanistan et
du Pakistan.

Comme on l'a vu plus haut, l'OTAN se targue du rôle qu'elle a joué
dans les guerres des Balkans, alors que celles-ci violaient la Charte
des Nations Unies au même titre que celles d'Afghanistan et du
Pakistan. L'illégalité fait manifestement partie intégrante du nouveau
« Concept Stratégique ». Succédant au concept frauduleux «
d'autodéfense collective », les pouvoirs sans cesse élargis de l'OTAN
l'autoproclament légitimement habilité à conduire des campagnes
militaires « hors périmètre » ou de prétendues missions « non-article
V », hors du territoire initial de l'OTAN. Comme l'observait en 1999
l'universitaire spécialiste du droit Bruno Simma, « le message dont
ces voix sont porteuses dans notre contexte est très clair : s'il
s'avère que le mandat ou l'aval du Conseil de Sécurité [de l'ONU] pour
de futures missions de l'OTAN `non-article V' engageant des forces
armées ne peut être obtenu, l'OTAN doit rester en mesure de poursuivre
ce type d'opérations. Sa capacité à agir de la sorte, l'Alliance en a
déjà fait la démonstration dans la crise du Kosovo ». ("NATO, the UN
and the Use of Force: Legal Aspects," European Journal of
International Law, Vol. 10, No. 1, 1999, accessible sur :
http://www.ejil.org/journal/Vol10/No1/ab1.html).

Le pitbull OTAN sert bien sûr avec joie les ambitions hégémoniques
planétaires de son maître. Outre qu'elle contribue à encercler et
menacer la Russie, l'Alliance accumule les « accords de partenariat »
et mène des manœuvres militaires conjointes avec les pays du prétendu
« Dialogue Méditerranéen » (Israël, Egypte, Jordanie, Maroc, Tunisie,
Mauritanie et Algérie). L'OTAN a aussi signé de nouveaux partenariats
avec le Conseil de Coopération des Etats du Golfe (Bahrayn, Kuwait,
Arabie Saoudite, Oman, Qatar et Emirats Arabes Unis) élargissant
d'autant ses ambitions militaires de la rive atlantique de l'Afrique
jusqu'aux confins du Golfe Persique. Dans le même temps, on a assisté
à un continuum de visites et de manœuvres militaires maritimes avec la
plupart de ces nouveaux partenaires, et à la signature l'année
dernière du premier traité militaire bilatéral officiel entre l'OTAN
et Israël.

Le pitbull a désormais toute latitude pour aider Israël à poursuivre
ses violations massives du droit et des conventions internationales,
pour aider les Etats-Unis et Israël à menacer voire attaquer l'Iran,
pour élargir son propre programme de coopération et de pacification
des lointaines populations d'Afghanistan, du Pakistan (et certainement
d'ailleurs), et tout cela dans le prétendu intérêt de la paix et de la
fameuse « stabilité élargie » évoquée dans le Concept Stratégique.
L'OTAN, à l'instar de l'ONU elle-même, offre en définitive une
confortable image de multilatéralisme à ce qui n'est en réalité qu'un
expansionnisme impérial totalement hors la loi et littéralement hors
de contrôle. Dans les faits, l'OTAN, comme bras armé mondial et
agressif des Etats-Unis et d'autres impérialismes affiliés, constitue
une très sérieuse menace contre la paix et la sécurité
internationales. A la veille de la célébration de son soixantième
anniversaire et alors qu'elle aurait dû être liquidée dès 1991,
l'Alliance Atlantique ne cesse de s'étendre et de s'affirmer dans le
rôle de menace permanente où la consacrait dès 1999 le texte du
Concept Stratégique, avec une satisfaction malveillante qui donne
vraiment froid dans le dos.


1. [ndt : En fait la phrase du document de l'OTAN est à double sens :
« ... en rendant les risques d'agression contre l'Alliance
incalculables et inacceptables » signifie en principe que la prise de
risque (pour l'agresseur) est trop grande pour être seulement
envisageable. C'est le « principe de dissuasion ». Mais si l'Iran
venait à se doter de telles armes, « les risques d'agression contre
l'Alliance » seraient alors jugés « inacceptables », d'où le projet
très officiel d'attaque nucléaire préventive contre l'Iran s'il
poursuit son programme nucléaire. La Turquie étant membre de l'OTAN et
frontalière de l'Iran, elle serait considérée comme directement
menacée et les autres pays membres tenus de réagir de par leurs
engagements]


Traduit de l'anglais par Dominique Arias

(Les notes entre [ndt : ...] sont du traducteur et n'engagent que lui)



=== 4 ===

http://en.rian.ru/letters/20090122/119743596.html

Russian Information Agency Novosti
January 22, 2009

Letters to the editor

There has been a disturbing silence in the Russian
media on the subject of the upcoming NATO sixtieth
anniversary summit on April 3-4 of this year.

Occurring as it will on the tenth anniversary of
NATO's first full-fledged military campaign, the war
against Yugoslavia, and the first complete integration
of former Warsaw Pact states into the Alliance, this
event is far more ominous than the lack of public
concern about it would indicate.

This past November 19-20 NATO held a meeting of its
Chiefs of Defense, its highest military authority,
which was attended by the defense chiefs of over sixty
nations; that is, of a third of all the countries of
the world. Current US ambassador to NATO Kurt Volker
boasted three years ago that in 2005 the bloc was
running eight operations in four continents.

And although General Secretary Jaap de Hoop Scheffer
and Spokesman James Appathurai have for years now
routinely referred to Global NATO, and the above
substantiates their claim, it's worth noting that at
the November defense ministers meeting there were
present the military heads of five NATO members and
six Partnership for Peace cohorts that border Russia.

The Partnership nations have proven willing to accede
to NATO demands to deploy troops to war and
post-conflict zones like Bosnia, Kosovo, Macedonia,
Afghanistan and Iraq, and there's no reason to doubt
that they may be equally obliging in regards to NATO's
plans for Russia.

Regarding the latter, although over the past decade
NATO has expanded into history's first international
military bloc with farflung outposts and compliant
partners around the world, a sensible observer would
recognize that its main target is Russia.

The same sensible person would realize that there are
but two reasons, though neither precludes the other,
for effecting a military encirclement of a nation.

To blockade and effectively starve it out or to lay
the groundwork for a military assault.

Anniversaries serve to restore a historical
perspective that is lost in day-to-day existence with
its mundane demands and in doing so help us to better
understand not only the past but the present.

In 1949 everyone knew that the world was a perilous
place; sixty years later far too few appreciate that
in many ways it's even more so.

Rick Rozoff
Chicago, USA


Foibe: revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica

presentazione del libro:
“Foibe: revisionismo di Stato
e amnesie della Repubblica”

dagli Atti del Convegno 'Foibe: la verità
Contro il revisionismo storico'
tenuto il 9 febbraio ’08 a Sesto S. Giovanni (Mi)

Ne discutiamo con

Alessandra Kersevan

coordinatrice del gruppo "Resistenza Storica"

Paolo Consolaro (Pol Vice)

autore di La foiba dei miracoli, indagine sul mito dei "sopravvissuti"


mercoledì 25 febbraio 2009 - ore 20.30

VICENZA sala riunioni circoscrizione 3, Villa Tacchi

viale della Pace 29 (ingresso a fianco del supermercato Billa)

 

Spesso i funzionari del potere mediatico usano la falsificazione della storia come una potente arma per manipolare le coscienze e orientare la cosiddetta "opinione pubblica" a favore dei propri scopi politici. In Italia da alcuni anni si stanno diffondendo in modo sempre più virulento e sfacciato le campagne finalizzate a diffondere stereotipi razzisti e nazionalisti, sostenute anche ai massimi livelli istituzionali.

Non sono cose di poco conto. Il ritorno prepotente della propaganda sui concetti di "patria", di "difesa", di "sicurezza" ecc., accanto a scelte politiche quali i "salvataggi" dei bancarottieri, gli investimenti in settori "strategici" come gli armamenti e le "grandi opere" di distruzione ambientale, le "missioni" neocoloniali a sostegno degli interessi imperialisti, la diffusione della povertà e lo sfruttamento bestiale del lavoro (non solo migrante), le strette repressive e la deriva autoritaria con gli scontri istituzionali e il progressivo accentramento dei poteri… Tutto ciò indica chiaramente la sostanziale continuità dell’attuale classe dirigente italiana con quella del ventennio fascista: infatti le risposte alla crisi incombente del sistema capitalistico sono le stesse (sia pure "aggiornate" nella forma e nelle alleanze) di quelle adottate negli anni Trenta - con le ben note catastrofiche conseguenze!

Entro questo quadro si situa la campagna di strumentalizzazione del tema storiografico delle "foibe", con le sue specificità, che ha dato luogo all’istituzione della Giornata del Ricordo. Al di là delle giustificazioni ufficiali, da anni constatiamo che essa serve alla peggiore propaganda neofascista e neo irredentista, invece che a serie riflessioni sulle tragiche conseguenze delle guerre e delle politiche espansioniste, specialmente sulle popolazioni "di frontiera".

Contro ogni semplificazione "a senso unico", dunque, crediamo che solo una verità integrale permetta di fare un passo avanti per riappropriarci della nostra storia e cominciare a costruire un futuro migliore.


 

Comitati antifascisti e antimperialisti vicentini



(italiano / english)

In memory of Harold Pinter

Lo scorso dicembre,
a 78 anni, moriva Harold Pinter, il più celebre drammaturgo inglese
contemporaneo, premio Nobel per la letteratura 2005.
Pinter era noto
anche per le sue prese di posizione contro la guerra e contro la
demonizzazione dei popoli e dei leader politici individuati come nemici
dall'imperialismo occidentale.
Per ricordare Harold Pinter, e
nell'approssimarsi del Decimo anniversario della aggressione NATO
contro la RF di Jugoslavia, cui Pinter si oppose pubblicamente e
limpidamente, riproponiamo testi e link relativi ad alcune di queste
prese di posizione.

1) Nobel-winning playwright Harold Pinter dies at
78
By Paisley Dodds (AP)

2) Harold Pinter unraveled the ‘Tapestry of
Lies’
By Heather Cottin (WW)

3) Playwright Harold Pinter presents a
powerful case in opposition to NATO bombardment of Serbia
By Ann Talbot
- 7 May 1999

4) ANNIVERSARY OF NATO BOMBING OF SERBIA - By Harold
Pinter (June 10th 2000) / Intervento di Harold Pinter alla Conferenza
dei Balcani del Comitato per la Pace, nella Sala Conway, il 10 Giugno
2000

5) E’ morto Harold Pinter, uomo libero e grande amico dei popoli,
grande amico del popolo serbo e jugoslavo
di Enrico Vigna (dicembre
2008)

6) Liberare Milosevic, dice Pinter (luglio 2001)


MORE LINKS /
ALTRI TESTI:

[icdsm-italia] Harold Pinter sul "tribunale" dell'Aia
H.
Pinter: non starò in silenzio - Intervista di Matthew Tempest - da The
Guardian, Venerdì 3 agosto 2001

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-
mailinglist/message/4743

[JUGOINFO] Harold Pinter, a friend of
Yugoslavia
the Nobel Prize speech / il discorso di accettazione del
premio Nobel / Discours de réception du Prix Nobel / Nobelpreis-Rede

Harold Pinter takes on Nato (June 1999)

http://it.groups.yahoo.
com/group/crj-mailinglist/message/4676

[icdsm-italia] Harold Pinter,
amico della Jugoslavia, Nobel
A Pinter il Nobel per la letteratura


http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4592


=== 1
===

Nobel-winning playwright Harold Pinter dies at 78

By PAISLEY
DODDS, Associated Press Writer Paisley Dodds, Associated Press Writer
-

LONDON - Harold Pinter, praised as the most influential British
playwright of his generation and a longtime voice of political protest,
has died after a long battle with cancer. He was 78.

Pinter, whose
distinctive contribution to the stage was recognized with the Nobel
Prize for Literature in 2005, died on Wednesday, according to his
second wife, Lady Antonia Fraser.

"Pinter restored theater to its
basic elements: an enclosed space and unpredictable dialogue, where
people are at the mercy of each other and pretense crumbles," the Nobel
Academy said when it announced Pinter's award. "With a minimum of plot,
drama emerges from the power struggle and hide-and-seek of
interlocution."

The Nobel Prize gave Pinter a global platform which he
seized enthusiastically to denounce U.S. President George W. Bush and
then-British Prime Minister Tony Blair.

"The invasion of Iraq was a
bandit act, an act of blatant state terrorism, demonstrating absolute
contempt for the concept of international law," Pinter said in his
Nobel lecture, which he recorded rather than traveling to Stockholm .


"How many people do you have to kill before you qualify to be described
as a mass murderer and a war criminal? One hundred thousand?" he asked,
in a hoarse voice.

Weakened by cancer and bandaged from a fall on a
slippery pavement, Pinter seemed a vulnerable old man when he emerged
from his London home to speak about the Nobel Award.

Though he had
been looking forward to giving a Nobel lecture - "the longest speech I
will ever have made" - he first canceled plans to attend the awards,
then announced he would skip the lecture as well on his doctor's
advice.

Pinter wrote 32 plays; one novel, "The Dwarfs," in 1990; and
put his hand to 22 screenplays including "The Quiller Memorandum"
(1965) and "The French Lieutenant's Woman" (1980). He admitted, and
said he deeply regretted, voting for Margaret Thatcher in 1979 and Tony
Blair in 1997.

Pinter fulminated against what he saw as the
overweening arrogance of American power, and belittled Blair as seeming
like a "deluded idiot" in support of Bush's war in Iraq .

In his Nobel
lecture, Pinter accused the United States of supporting "every right-
wing military dictatorship in the world" after World War II.

"The
crimes of the United States have been systematic, constant, vicious,
remorseless, but very few people have actually talked about them," he
said.

The United States , he added, "also has its own bleating little
lamb tagging behind it on a lead, the pathetic and supine Great Britain
."

Most prolific between 1957 and 1965, Pinter relished the
juxtaposition of brutality and the banal and turned the conversational
pause into an emotional minefield.

His characters' internal fears and
longings, their guilt and difficult sexual drives are set against the
neat lives they have constructed in order to try to survive.

Usually
enclosed in one room, they organize their lives as a sort of grim game
and their actions often contradict their words. Gradually, the layers
are peeled back to reveal the characters' nakedness.

The protection
promised by the room usually disappears and the language begins to
disintegrate.

Pinter once said of language, "The speech we hear is an
indication of that which we don't hear. It is a necessary avoidance, a
violent, sly, and anguished or mocking smoke screen which keeps the
other in its true place. When true silence falls we are left with echo
but are nearer nakedness. One way of looking at speech is to say that
it is a constant stratagem to cover nakedness."

Pinter's influence
was felt in the United States in the plays of Sam Shepard and David
Mamet and throughout British literature.

"With his earliest work, he
stood alone in British theater up against the bewilderment and
incomprehension of critics, the audience and writers too," British
playwright Tom Stoppard said when the Nobel Prize was announced.

"Not
only has Harold Pinter written some of the outstanding plays of his
time, he has also blown fresh air into the musty attic of conventional
English literature, by insisting that everything he does has a public
and political dimension," added British playwright David Hare, who also
writes politically charged dramas.

The working-class milieu of plays
like "The Birthday Party" and "The Homecoming" reflected Pinter's early
life as the son of a Jewish tailor from London 's East End . He began
his career in the provinces as an actor.

In his first major play,
"The Birthday Party" (1958), intruders enter the retreat of Stanley, a
young man who is hiding from childhood guilt. He becomes violent,
telling them, "You stink of sin, you contaminate womankind."

And in
"The Caretaker," a manipulative old man threatens the fragile
relationship of two brothers while "The Homecoming" explores the hidden
rage and confused sexuality of an all-male household by inserting a
woman.

In "Silence and Landscape," Pinter moved from exploring the
dark underbelly of human life to showing the simultaneous levels of
fantasy and reality that equally occupy the individual.

In the 1980s,
Pinter's only stage plays were one-acts: "A Kind of Alaska " (1982),
"One for the Road" (1984) and the 20-minute "Mountain Language"
(1988).

During the late 1980s, his work became more overtly
political; he said he had a responsibility to pursue his role as "a
citizen of the world in which I live, (and) insist upon taking
responsibility."

In March 2005 Pinter announced his retirement as a
playwright to concentrate on politics. But he created a radio play,
"Voices," that was broadcast on BBC radio to mark his 75th birthday.


"I have written 29 plays and I think that's really enough," Pinter said
. "I think the world has had enough of my plays."

Pinter had a son,
Daniel, from his marriage to actress Vivien Merchant, which ended in
divorce in 1980. That year he married the writer Fraser.

"It was a
privilege to live with him for over 33 years. He will never be
forgotten," Fraser said.

http://news.yahoo.
com/s/ap/20081225/ap_on_re_eu/eu_britain_obit_pinter


=== 2 ===

http:
//www.workers.org/2009/world/harold_pinter_0115/

Harold Pinter
unraveled the ‘Tapestry of Lies’

By Heather Cottin
Published Jan 11,
2009 5:20 PM
Harold Pinter, Nobel-prize-winning British playwright,
died of cancer on Dec. 24 at the age of 78.

Pinter was regarded as the
foremost representative of British drama in the second half of the 20th
century, but his 29 plays, numerous screenplays, prose and poetry made
the British bourgeoisie uncomfortable.

Pinter’s plays and poetry
exposed hypocrisy, corruption and viciousness. As one of his characters
said, “The present is truly unscrupulous.” [“No Man’s Land,” 1975]

An
outspoken critic of imperialism, Pinter spoke against the Gulf War, the
invasion and breakup of Yugoslavia and the war on Iraq. At a conference
on the Balkans in 2000, one year after NATO’s “humanitarian bombing” of
Yugoslavia, Pinter said, “The United States has opened up the way for
... more ‘humanitarian intervention’, more demonstrations of its total
indifference to the fate of thousands upon thousands of people.”
(haroldpinter.org)

When he received the Nobel Prize for literature in
2005 Pinter said, “The United States supported and in many cases
engendered every right-wing military dictatorship in the world. ... [It
has] brought torture, cluster bombs, depleted uranium, innumerable acts
of random murder, misery, degradation and death to the Iraqi people and
calls it ‘bringing freedom and democracy to the Middle East.’ ...


“Language is actually employed to keep thought at bay ... suffocating
your intelligence and your critical faculties.”

He saw that the U.S.
was openly creating what it called “full spectrum dominance”—control of
land, sea, air and space. In his Nobel lecture, he called the U.S.
“brutal, indifferent, scornful and ruthless,” exercising a “clinical
manipulation of power worldwide while masquerading as a force for
universal good.” (nobelprize.org)

He won’t be buried at Westminster
Abbey. The British establishment won’t allow it. (Telegraph, Jan. 3).


Articles copyright 1995-2009 Workers World. Verbatim copying and
distribution of this entire article is permitted in any medium without
royalty provided this notice is preserved.

Workers World, 55 W. 17
St., NY, NY 10011
Email: ww@...
Subscribe wwnews-
subscribe@...
Support independent news http://www.workers.
org/orders/donate.php

=== 3 ===

Playwright Harold Pinter presents a
powerful case in opposition to NATO bombardment of Serbia

By Ann
Talbot
7 May 1999

Playwright Harold Pinter, an outspoken opponent of
NATO's war against Serbia, presented a coherent and well-argued case
opposing the military action on BBC 2 television last Tuesday evening.
Using news footage and interviews specially recorded for the programme,
Pinter showed how the media are being manipulated, and that the
humanitarian justification for the war is false.

In a powerful
condemnation of the war, Pinter described the NATO onslaught against
Serbia as "a bandit action, committed with no serious consideration of
the consequences, ill-judged, ill-thought, miscalculated, an act of
deplorable machismo".

Pinter was shown questioning British Defence
Minister George Robertson at a news conference. The playwright, citing
the Geneva Convention outlawing military attacks on civilian targets,
demanded to know how the bombing of a Serbian TV station could be
described as anything other than murder. "Mr. Pinter has obviously got
a new occupation now but I know his views," was the arrogant reply from
Robertson. He justified the bombing by claiming that such targets were
the "brains behind the brutality", and "part and parcel of the
apparatus that is driving ethnic genocide".

Such claims--which have
been used repeatedly to justify whatever horrors NATO perpetrates--were
challenged in the programme. Former Labour Foreign Secretary Dennis
Healey rejected the idea that the expulsion of the Kosovar Albanians
was the same as genocide. He pointed out that NATO's actions were
contrary to the United Nations charter, which Britain had signed. NATO
was bombing a fellow UN member, without UN authority.

Jake Lynch of
Sky News explained how the news media are being manipulated to support
the aggressive war drive. When NATO bombed a refugee convoy there was a
delay of several days before the cockpit video, normally shown at the
next daily press conference, was released to the media. This was to
enable NATO to cause the maximum confusion, he explained. First NATO
claimed there had been two separate incidents. The next day this was
amended to one incident, and then later a US Brigadier General cited
the figure of two again.

Lynch said this was a graphic exercise in
news management. When the video was eventually shown, an audible murmur
went round the press conference--"that's a tractor". Lynch pointed out
that if it had been shown straight away, without the lavishly composed
graphics, the "PR impact would have been much more negative for NATO".
Reporters were sent to Brussels to report the war, not to help NATO,
yet there was a slippage in journalistic technique. NATO "confirms"
things have happened; Belgrade only ever "claims" things.

Pinter gave
a detailed account of the bombing of the Serbian television station. He
showed the letter in which NATO spokesman Jamie Shea had assured the
International Federation of Journalists only days before the bombing
that the television station would not be attacked. Philip Knightley,
author of The First Casualty--History of Propaganda, explained why the
TV station was targeted: "NATO didn't want it revealed that it had
bombed a civilian convoy and left to itself would never have revealed
it until the war was over. But they were forced to admit to the bombing
of the civilian convoy because Serbian TV said that it had happened,
then took Western reporters in a bus to show them the results of it."


NATO had rightly described the murder of an anti-Milosevic journalist
as a brutal act of repression, Pinter said, yet they have never
expressed any regret for the killing of those people who were told they
were safe at the TV station. "Both are ugly murders of human beings who
propagate words or images that somebody else doesn't like."

Turning to
the refugee crisis Pinter showed that there is a direct correlation
between the number of refugees and the amount of popular support for
NATO bombing. He derided the talk of moral authority, demanding to know
"who bestowed it on the NATO countries?... Bombs and power--that's your
moral authority." The moral position of the US was highly ambiguous, he
went on. "When human rights groups discovered US jets used by the
Turkish airforce to bomb Kurdish villages within its own territory the
Clinton administration found ways to evade laws requiring suspension of
arms deliveries. 1.4 million Kurds fled Turkish repression from 1990 to
1994. Yet Turkey is invited to the top of the table at NATO's birthday
party."

The US denied that genocide was taking place in Rwanda--with
800,000 dead--because it was not in the interests of the United States
to be part of a UN intervention force. But it calls the Serbian ethnic
cleansing "genocide" because it was politically expedient to do so, he
continued. He also made clear his disgust for Prime Minister Tony
Blair: "Under the rhetoric, Blair's real character has become clear.
There's nothing like a missile, there's nothing like power, it was
really worth waiting for!"

Pinter revealed the US record of complicity
with ethnic cleansing in the former Yugoslavia. The greatest single act
of displacement and ethnic cleansing in the entire Yugoslav war was
that of 200,000 Serbs from Croatia in 1995. He showed an extract from
an interview with the then US Secretary of State, Warren Christopher,
who said of this episode, "It always had the prospect of simplifying
matters." Pinter explained that the "operation was carried out by
officers trained by NPRI, an organisation of US army veteran commanders
and was armed with a great deal of US weaponry, in an attack of which
the US had full knowledge." Its purpose was "creating convenient
ethnically-pure maps without committing US ground forces."

In his
memoirs, US Ambassador Holbrook admits to encouraging Croatian assaults
on the Serbs, telling the Croatians to hurry up before the Serbs
regroup, and then merely rebuking the Croatian leader, Franjo Tudjman,
during their cosy chats. Madeline Albright, then US ambassador to the
UN, timed the release of aerial photos of mass graves of Muslims killed
by Serbs at Srebrenica for the same day as the Croats were expelling
the Serbs, in order to divert the world media's attention. These photos
had been taken weeks before by a US spy satellite but were held back in
order to mask one atrocity with another.

Pinter also showed the
cynical way in which the US government deals with the UN. In 1995 the
bombing of the Bosnian Serbs needed direct authority from the UN, but
Secretary General Boutros Boutros Gali was unwilling to grant it. So
Madeline Albright by-passed the secretary general, getting permission
from his deputy Kofi Annan, while Boutros Boutros Gali could not be
contacted as he was on a commercial flight. Kofi Annan effectively
secured himself the secretary general's job that day, Pinter declared.
Now, the US did not even bother to contact the UN.

The US had
exacerbated the situation in Kosovo, Pinter argued. He pointed out that
over the course of 10 years, before the West had begun negotiating with
the hard line KLA and despite the fact that war was often raging in
other parts of former Yugoslavia, Kosovo saw tension but little
bloodshed. In fact, a comparable number of people were killed there as
in Northern Ireland. However, once the KLA began their uprising 2,000
died in one year of violence.

Mark Almond of Oxford University, and a
writer on Balkan history, was interviewed about the Rambouillet talks.
"In a little-noticed annexe to the agreement, NATO insisted that its
forces should be allowed to have freedom of movement over the whole of
Yugoslavia, not just Kosovo. There was no real constraint over what
sort of forces there would be, and, to a great extent, what their
activities would be." Pinter explained what this meant: whether "you
are a dictator, the prime minister of a democratic country, or even
Mrs. Thatcher, and your sovereign territory is going to be occupied,
you might as well resist or your time in power is over."

Almond said
there was a cynical aspect to the build-up of the crisis, with
"deliberate provocation of reprisals by the KLA". He went on, "This
aspect has been neglected in the press. It wasn't simply unprovoked and
meaningless racial violence on the part of the Serbs--though we've seen
quite a lot of that too--but a complex struggle for power over Kosovo,
in which the loss of lives of ordinary Kosovo Albanians and others were
really treated as pawns."

Showing video footage of crowds on a bridge
over the Danube inside Serbia, Pinter commented, "Only two years ago
hundreds of thousands of young people were out on the streets against
Milosevic. Our blundering policy of bombing now finds them linking
hands on bridges waiting to be hit." He warned that if ground troops
were sent in, civilian casualties would mount and Kosovo would be made
a wasteland. "By the time NATO land forces will have finished their
work there will be nothing left to liberate". This was the "crazed
logic of escalation," he said.

Pinter brought together academics,
politicians and relief workers in condemning the war against Serbia.
The programme showed that opposition to it runs deep.

http://www.wsws.
org/articles/1999/may1999/pint-m07.shtml


=== 4 ===

Speech given at
the Committee for Peace in the Balkans Conference at The Conway Hall
June 10th 2000
http://www.haroldpinter.org/home/balk.html

Harold
Pinter

ANNIVERSARY OF NATO BOMBING OF SERBIA

I'd like to read you
an extract from Eve-Ann Prentice's powerful and important book about
the NATO action in Serbia One Woman's War.

"The little old lady
looked as if she had three eyes. On closer inspection, it was the
effect of the shrapnel which had drilled into her forehead and killed
her. One of her shoes had been torn off and the radishes she had just
bought at the market lay like splashes of blood near her outstretched
hand.

At first, the dead had seemed almost camouflaged among the
rubble, splintered trees and broken glass but once you began to notice
them, the bodies were everywhere, some covered in table cloths and
blankets, others simply lying exposed where they had fallen. There was
barely a square inch of wall, tree, car or human being which had not
been raked by shrapnel. Houses which had been pretty hours before, with
picket fences and window boxes bursting with blooms were now riddled
with scars from the strafing. Widows in black leant on their garden
gates, whimpering into handkerchiefs, as they surveyed their dead
neighbours lying amid the broken glass, gashed trees, smouldering cars
and crumpled bicycles. Plastic bags lay strewn near many of the dead,
spilling parcels of fruit, eggs and vegetables, fresh from the market
but now never to be eaten.

It was Friday 7th May 1999 in the southern
city of Nis and NATO had made a mistake. Instead of hitting a military
building near the airport about three miles away the bombers had
dropped their lethal load in a tangle of back streets close to the city
centre. At least thirty-three people were killed and scores more
suffered catastrophic injuries; hands, feet and arms shredded or blown
away altogether, abdomens and chests ripped open by shards of flying
metal.

This had been no "ordinary" shelling, if such a thing exists.
The area had been hit by cluster bombs, devices designed to cause a
deadly spray of hot metal fragments when they explode. The Yugoslav
government had accused the Alliance of using these weapons in other
attacks which had cut down civilians but the suggestion had been mostly
laughed to scorn in the West."

The bombing of Nis was no 'mistake'.
General Wesley K Clark declared, as the NATO bombing began: "We are
going to systematically and progressively attack, disrupt, degrade,
devastate and ultimately - unless President Milosevic complies with the
demands of the international community - destroy these forces and their
facilities and support". Milosevic's 'forces', as we know, included
television stations, schools, hospitals, theatres, old people's homes -
and the market-place in Nis. It was in fact a fundamental feature of
NATO policy to terrorise the civilian population.

I would ask you to
compare those images of the market place in Nis with the photographs of
Tony Blair with his new- born baby which were all over the front pages
recently. What a nice looking dad and what a pretty baby. Most readers
would not have connected the proud father with the man who launched
cluster bombs and missiles containing depleted uranium into Serbia. As
we know from the effects of depleted uranium used on Iraq, there will
be babies born in Serbia in the near future who won't look quite so
pretty as little Leo but they won't get their pictures in the papers
either.

The United States was determined to wage war against Serbia
for one reason and one reason only - to assert its domination over
Europe. And it seems very clear that it won't stop there. In showing
its contempt for the United Nations and International Law the United
States has opened up the way for more "moral outrage", more
"humanitarian intervention", more demonstrations of its total
indifference to the fate of thousands upon thousands of people, more
lies, more bullshit, more casual sadism, more destruction.

And the
government of Great Britain follows suit with an eagerness which can
only merit our disgust. We are confronted by a brutal, ruthless and
malignant machine. This machine must be recognised for what it is and
resisted.

Harold Pinter

---

Anniversario del bombardamento Nato
della Repubblica Federale Jugoslava

di Harold Pinter

Intervento
tenuto alla Conferenza dei Balcani del Comitato per la Pace, nella Sala
Conway, il 10 Giugno 2000
Fonte: http://www.resistenze.
org/sito/te/cu/po/cupo9a05-004263.htm

Gradirei leggervi un estratto
del libro, potente e importante, di Eve Ann Prentice, la Guerra di una
Donna, sull’azione della Nato in Serbia.

“La piccola vecchia signora
sembrava che avesse tre occhi. Ad un’analisi più attenta, era l’effetto
della granata che era finita sulla sua fronte e l’aveva uccisa. Una
delle sue scarpe era stata strappata via ed i rapanelli che lei aveva
appena comperato al mercato, giacevano come schizzi di sangue vicino
alla sua mano distesa.

Subito i morti sembravano pressoché camuffati
tra macerie, pezzi li legno e vetri infranti ma una volta che
cominciavi ad osservare, i corpi erano dappertutto, alcuni coperti con
tovaglie o lenzuola, altri che giacevano semplicemente esposti la dove
erano caduti. Non c’era un pollice quadrato di muro, albero, macchina o
essere umano che non fosse stato torturato dalla granata. Case che ore
prima erano state graziose, con i loro recinti di legno e le finestre
incorniciate dai fiori sbocciati, adesso erano crivellate dai colpi
dell’artiglieria. Vedove in nero, appoggiate al cancello del loro orto,
singhiozzando nel fazzoletto, osservavano i loro vicini morti, stesi
tra vetro rotto, alberi divelti, auto bruciate, biciclette contorte.


Proprio vicino ai cadaveri erano sparpagliate borse di plastica, con
sparsi attorno pacchetti, uova, frutta, freschi di mercato ma che ormai
non sarebbero più stati mangiati.

Era Venerdì 7 Maggio 1999 nella
città meridionale di Nis; e la Nato aveva commesso un errore. Invece di
colpire un edificio militare vicino all’aeroporto, a circa tre miglia,
i bombardieri avevano lasciato cadere il loro carico letale in un
groviglio di viuzze vicino al centro cittadino. Almeno trentatre
persone vennero uccise e un’altra ventina subì ferite tremende;
brandelli di mani, piedi, braccia completamente volati via, addomi e
toraci sventrati da frammenti di metallo volanti.

Questo non era
stato un bombardamento “ordinario”, se può esistere una cosa del
genere. L’area era stata colpita da bombe a grappolo, congegni
progettati per causare, alla loro esplosione, una dispersione mortale
di frammenti di metallo roventi. Il governo jugoslavo aveva accusato l’
Alleanza di aver usato queste armi in altri attacchi che avevano
abbattuto civili ma l’indicazione ad Ovest era stata irrisa con
sdegno”.

Il bombardamento di Nis non era nessun ‘errore’. Il generale
Wesley K Clark, all’inizio dei bombardamenti Nato, dichiarò: “noi
stiamo portando sistematicamente e progressivamente attacchi,
distruzione, degrado, devastazione e alla fine- a meno che il
Presidente Milosevic acconsenta alle richieste della comunità
internazionale- distruggeremo queste forze e le loro installazioni e i
loro appoggi”. Le ‘forze’ di Milosevic, come noi sappiamo, includevano
stazioni della televisione, scuole, ospedali, teatri, case di anziani-
e la piazza del mercato di Nis. Era in effetti una rappresentazione
fondamentale della politica della Nato per terrorizzare la popolazione
civile.

Io vi chiederei di comparare quelle immagini della piazza del
mercato di Nis con le fotografie di Tony Blair con suo figlio appena
nato che era contemporaneamente su tutte le prime pagine. Che bel papà
e che bel bambino. La maggior parte dei lettori non avrebbe messo in
relazione il padre orgoglioso con l’uomo che aveva lanciato bombe a
grappolo e missili all’uranio impoverito sulla Serbia. Come noi
sappiamo, dagli effetti dell’uranio impoverito usato in Iraq, nel
prossimo futuro in Serbia nasceranno bambini che non sembreranno così
carini come il piccolo Leone. Ma loro non avranno i loro ritratti nei
giornali.

Gli Stati Uniti furono determinati ad intraprendere la
guerra contro la Serbia per una e una sola ragione: affermare il
proprio dominio sull’Europa. E sembra molto chiaro che non si
fermeranno là. Nel mostrare il loro disprezzo per le Nazioni Unite e la
Legge Internazionale, gli Stati Uniti hanno aperto la via a più
oltraggi alla morale, più “interventi umanitari”, più dimostrazioni
della loro indifferenza al destino di migliaia e migliaia di persone,
più bugie, più stupidaggini, più sadismo casuale, più distruzione.

Ed
il governo della Gran Bretagna segue la causa con un’ansia che può
meritare solamente il nostro disgusto. Noi siamo di fronte ad una
macchina brutale, spietata e malvagia. Questa macchina deve essere
riconosciuta per quello che è e affrontata.


=== 5 ===

http://www.
resistenze.org/sito/te/cu/po/cupo9a05-004263.htm

www.resistenze.org -
cultura e memoria resistenti - poesia e letteratura - - n. 255

E’
morto Harold Pinter, uomo libero e grande amico dei popoli, grande
amico del popolo serbo e jugoslavo

di Enrico Vigna - portavoce del
Forum Belgrado per un mondo di Eguali, Italia

04/01/2009

Il 25
dicembre 2008 è morto all’età di 78 anni, un grande amico dei popoli,
considerato il più grande scrittore inglese del dopoguerra, poeta,
attore e regista. Ricevette nel 2005 il Premio Nobel per la
Letteratura, ma durante la sua vita furono decine le onorificenze e i
riconoscimenti internazionali, tra cui la Legion d’Onore francese, il
Premio Europeo per la Letteratura, il Premio Pirandello, il Premio
Shakespeare e il Moliere d’Onore. Vinse anche il Premio Fondazione
Serba della città di Kragujevac e nel novembre 2006 fu eletto d’onore
quale membro dell’Accademia delle Scienze e delle Arti Serba.

A causa
della sua totale libertà di pensiero ed il suo coraggio nel denunciare
i crimini e le ingiustizie contro i popoli, Pinter è sempre stato
osteggiato e denigrato dai più grandi mass media occidentali.
Nonostante questo, egli non ha mai disertato dal suo impegno di libero
pensatore e implacabile accusatore dei crimini e delle politiche
imperialiste statunitensi, inglesi e della NATO.

Egli diceva sempre
che avere l’ostilità della stampa asservita ai potenti, era per lui un
onore, come e più di ricevere un onorificenza: “... io so che sono
attaccato e denigrato perché penso con la mia testa... la tradizione
vuole che la gran parte degli scrittori di successo evitino di pensare,
accettino e scrivano... chi esce da questi confini e usa la sua testa
diventa scomodo o un nemico...”.

Pinter è sempre stato dalla parte
della giustizia, della verità e dei popoli, fino alla fine della vita,
con intatta coerenza. Egli fu il primo intellettuale inglese a
condannare pubblicamente con espressioni dure l’invasione USA dell’
Iraq, definendola: “... un atto di banditismo e di terrorismo di stato,
che dimostra l’assoluto disprezzo per il Diritto Internazionale...”.


Quando vi fu l’aggressione della NATO contro la Repubblica Federale
Jugoslava, la quasi totalità dell’elite intellettuale e politica
inglese si scatenò nei media britannici contro Pinter, il quale
pubblicamente e in vari articoli attaccò duramente Tony Blair (allora
primo ministro inglese), con veemenza: “...Come può Mr Blair, con la
sua ipocrita morale cristiana, definire le “cluster bombs” (bombe a
frammentazione, ndt), che fanno a pezzi bambini e civili, un atto di
civiltà contro la barbarie?... Queste bombe sono una barbarie! Così
come il bombardamento della RFJ è un atto illegale, immorale, pazzo e
stupido...”.

Più volte egli si è scontrato pubblicamente con l’ex
primo ministro inglese Blair, arrivando a definirlo un “genocida”. In
ogni manifestazione di piazza a Londra egli prendeva la parola per
smascherare i veri obiettivi della guerra contro la RFJ, dietro cui vi
erano solamente gli interessi dell’imperialismo USA ed occidentale, da
lui sintetizzati come un piano globale di “dominazione ed affermazione
brutale di potere”.

“...Diciamo noi la verità. La verità è che a
nessun Clinton, a nessun Blair interessa alcunché dei kosovari
albanesi...Questi bombardamenti e questa guerra, vogliono solo
barbaramente dimostrare chi è il più forte: il potere USA garantito
attraverso la NATO ed i suoi missili. Tutto ciò mira a consolidare una
cosa: l’egemonia statunitense sull’Europa. Questo deve essere capito ed
a questo bisogna resistere e impedirlo...”.

Pinter si schierò anche
contro l’illegale Tribunale NATO dell’Aja, aderendo al ICDSM e
denunciando il sequestro del Presidente jugoslavo Milosevic e la
brutalità dell’operazione del suo rapimento, completamente fuori da
qualsiasi legalità internazionale. Chi, come il sottoscritto, fu tra i
fondatori del CIDSM in Italia sa bene quanto era difficile allora avere
e tenere quella posizione, sommersi anche a sinistra da ingiurie e
accuse.

Questo e tanto altro è stato Harold Pinter, un coerente
militante della pace, della giustizia, della verità. Un intellettuale
libero che, nonostante ingiurie ed insulti ricevuti, si è sempre posto
negli avvenimenti della storia contemporanea, a partire dalla sua
coscienza e dalla parte della ragione degli aggrediti e delle vittime
dell’imperialismo, senza paura e senza timore di essere penalizzato nel
suo lavoro e nella sua carriera artistica. D’altro canto, egli ha
sempre affermato che: “...Non sono un artista, prima di tutto sono un
uomo...”.

E così sarà sempre ricordato dagli uomini liberi, dai
popoli aggrediti che lo hanno avuto al fianco, da chiunque cerca la
verità e la giustizia.


=== 6 ===

Nella primavera 2004 Pinter fu tra
i sottoscrittori dell'Appello di intellettuali ed artisti, promosso
dall'ICDSM, nel quale si chiedeva la liberazione di Milosevic, lo
scioglimento dell'illegittimo "tribunale ad hoc" dell'Aia, ed una vera
indagine e condanna dei crimini di guerra commessi in tutti questi anni
contro la Jugoslavia ed i suoi abitanti:
http://it.groups.yahoo.
com/group/icdsm-italia/message/68
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-
mailinglist/message/4592

Ma già nel 2001 Pinter si era espresso con
grande chiarezza e coraggio su questo tema:

(in english: FREE
MILOSEVIC, SAYS PINTER
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-
mailinglist/message/1215 )

Estratto da The Guardian, 28 luglio 2001


Liberare Milosevic, dice Pinter

di Fiachra Gibbons
(Fonte: http://www.
resistenze.org/sito/te/cu/po/cupo9a05-004263.htm )

Il drammaturgo
Harold Pinter è entrato a far parte di una campagna per liberare l'ex
leader serbo Slobodan Milosevic.

Pinter, che era un feroce oppositore
del bombardamenti NATO della Serbia e una volta ha definito la politica
degli Stati Uniti per la ex Jugoslavia come "bacia il mio culo o ti
darò un calcio in testa", ha detto che l'estradizione di Milosevic al
processo del Tribunale per crimini di guerra all'Aia è stata illegale.


"Credo che il suo arresto e la detenzione da parte del tribunale
penale internazionale è incostituzionale, e va contro la Repubblica
Jugoslava e il diritto internazionale. Essi non hanno il diritto di
processarlo", ha detto.

La sua decisione di dare il suo nome al
Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic, una
coalizione di attivisti di sinistra e dei diritti umani, e di
simpatizzanti Serbi, costituito nel mese di marzo, segue anni di
critica di ciò che egli vede come una moralità dell’occidente
differenziata per i Balcani e una " persecuzione " dei serbi...

...
Pinter dice anche che, se Milosevic deve essere giudicato, l'ex
presidente degli Stati Uniti Bill Clinton dovrebbe unirsi a lui sul
banco degli imputati per il lancio di milioni di "bombe a grappolo che
amputano a pezzi i bambini _ da quei coraggiosi bombardieri che volano
a 15000 piedi. E questo è un atto che [Tony] Blair, con il suo
cristianesimo moralista, applaude... ".

Egli ha inoltre indicato il
bombardamento della stazione televisiva di Belgrado da parte della NATO
come un "assassinio" e ha sentito "vergogna di essere britannico".


Alla petizione per liberare Milosevic hanno aderito finora circa 1.200
persone...tra i gruppi britannici la Campagna per la Pace di Cambridge
e i Cristiani contro l’aggressione della NATO, sono stati tra i primi a
firmare.

(francais / english.
Mentre in una circoscrizione di Parigi viene annullata di punto in bianco la prevista esposizione di disegni dei bambini serbo-kosovari, vittime dell'apartheid instaurato da NATO e UCK, il Ministro degli Esteri Bernard Kouchner si dice "deliziato" della situazione su quel territorio...)

Francia: razzismo antiserbo e appoggio all'apartheid kosovaro

1) LA MAIRIE DU XVIIe ARRONDISSEMENT DE PARIS ANNULE L’EXPOSITION DE DESSINS D’ENFANTS SERBES DU KOSOVO

2) France comments on this first anniversary of Kosovo independence


=== 1 ===


COMMUNIQUE
Suite à l’interdiction par la mairie du 17e arrondissement de Paris de l’exposition du dessin d’enfants du Kosovo, le associations “Vérité et Justice” et “Solidarité-Kosovo” ont déposé un recours en référé-liberté. Malheureusement le juge n’a pas audiencé l’affaire au motif que l’exposition a lieu ce vendredi et que le recours est tardif. C’est un prétexte fallacieux pour ne pas statuer puisqu’il a été saisi à temps et que l’exposition était prévue pour durer jusqu’au 28 février. Après la décision scandaleuse de Mme le Maire Brigitte Kuster, le justice française a préféré trouver le moyen de ne pas se saisir d’un dossier épineux.

Les deux associations s’emploient à organiser très prochainement l’exposition dans un autre local.
Vérité et Justice, Solidarité-Kosovo.

LA MAIRIE DU XVIIe ARRONDISSEMENT DE PARIS ANNULE
L’EXPOSITION DE DESSINS D’ENFANTS SERBES DU KOSOVO
QU’ELLE AVAIT ELLE-MÊME ANNONCÉE

 

Mme Brigitte Kuster, maire UMP du 17e arrondissement, a annulé  l’exposition de 50 dessins d’enfants du Kosovo organisée par les associations caritatives “Vérité et Justice” et “Solidarité-Kosovo”. L’exposition, dont les dessins avaient été mis en place le 13 février, devait durer du 16 au 28 février. Deux journées de rencontres, les 20 et 21 février, devaient permettre le compte rendu des voyages humanitaires de distribution d’aide sur place aux enfants, et une signature de livres par une quinzaine d’auteurs, comprenant des personnalités comme l’ex-ministre des Affaires étrangères Roland Dumas et le célèbre avocat Jacques Vergès. Les ambassadeurs d’une trentaine de pays avaient été invités au vernissage, et l’exposition avait été annoncée sur un grand nombre de sites internet. Mme Kuster a donné comme raison de son interdiction l’aspect “politique” de la manifestation, un aspect vivement contesté par M. Louis Dalmas, le président de “Vérité et Justice”  qui fait le récit des événements.

 

A la suite d’un concours organisé par la Société de l’amitié serbo-russe pour les enfants serbes du Kosovo âgés de 7 à 14 ans, un album de 230 de leurs dessins, choisis parmi des centaines de contributions, a été publié par le groupe de presse belgradois Vecernje Novosti.

Ces dessins sont particulièrement émouvants car ils ne représentent que bombardements, incendies, pillages, enceintes de barbelés et armes en tous genres. La vision du monde d’une génération entière traumatisée par la guerre et la haine ethnique.

Notre association “Vérité et Justice”, fondée en 2003, a sélectionné 50 de ces dessins et a conçu le projet d’en faire une exposition destinée à sensibiliser le public français sur la situation de ces enfants qui vivent dans de véritables ghettos, en butte aux exactions d’un entourage décidé à effacer toute trace de présence serbe dans la région, et à leur procurer quelques ressources supplémentaires dont ils ont grand besoin.

Nous avons été rejoints dans la réalisation de ce projet par l’association “Solidarité-Kosovo”  qui organise depuis des années des distributions de secours et de cadeaux aux enfants dans les enclaves serbes du Kosovo, et en est à sa huitième mission sur le terrain.

Le projet d’exposition est donc, par sa nature même, exclusivement humanitaire et caritatif.

 

Par lettre du 13 janvier 2009, accompagnée du dossier complet à remplir, le Directeur général de la mairie du XVIIe arrondissement de Paris, M. Pierre Bourriaud, nous a confirmé la concession de la salle des fêtes de la mairie pour deux journées, les 20 et 21 février 2009, au cours desquelles devaient avoir lieu :

1)    le vendredi 20 après-midi et soir, le vernissage de l’exposition et deux comptes rendus illustrés de projections des voyages caritatifs effectués sur place ;

2)    le samedi 21 toute la journée, la signature de leurs ouvrages par une quinzaine d’auteurs, venant en personne apporter leur soutien.

Par la suite, Mme Joelle Racary, représentante de Mme le Maire Brigitte Kuster, nous a indiqué que la mairie consentait à ce que l’exposition des dessins se tienne dans le hall du 1er étage du 16 au 28 février 2009. Elle nous a autorisé officiellement à accrocher à l’entrée de la mairie deux “kakemonos”  (grandes affiches de 2 m 50 de haut et de 1 m de large) annonçant cette exposition ; elle s’est engagée à mettre à la disposition du public des “flyers”  (tracts) reproduisant cette annonce et donnant le programme des deux journées de rencontres ; elle nous a indiqué que l’accrochage des 50 dessins pouvait se faire dès le vendredi 13 février.

Tout cela a été réalisé comme prévu sous son contrôle et avec son accord.

 

Sur la foi de ces engagements, nous avons procédé à des dépenses et entrepris une importante campagne de promotion.

Nous avons fait reproduire les 51 dessins aux dimensions requises pour l’exposition, nous les avons fait encadrer sous verre, nous avons fait imprimer le matériel d’information (kakemonos, flyers, cartes postales, invitations, etc.), nous avons passé commande des boissons et amuse-gueules pour le buffet du vernissage, nous nous sommes assurés le travail d’un professionnel des relations publiques, etc.

Les médias ont été largement informés par e-mail de la tenue de l’exposition. L’annonce a été reproduite sur de nombreux sites internet, dont le sites même du journal de la mairie du XVIIe. Les 1.770 abonnés du journal B. I. ont été avertis et un certain nombre d’entre eux ont projeté de venir de province pour visiter l’exposition. 72 invitations individuelles ont été envoyées à des personnalités de la diplomatie, de la politique ou des médias, parmi lesquelles les ambassadeurs de 36 pays. Les flyers ont été distribués en différents endroits et déposés dans plusieurs librairies. Les éditeurs des treize auteurs ont été prévenus, et les dispositions ont été prises pour la livraison des livres le vendredi après-midi.

A la demande de Mme Racary, parlant au nom de Mme le Maire, nous avons supprimé deux panneaux qui situaient l’exposition, au strict niveau des faits, dans le contexte historique et actuel du Kosovo, un panneau de présentation de l’association “Vérité et Justice” qui ne faisait que mentionner la publication des trois livres des éditions du Verjus, et un dessin d’enfant représentant un soldat de la KFOR tenant en laisse la colombe de la paix. La raison invoquée était que ces éléments “politisaient”  la manifestation. En les supprimant, nous avons prouvé notre accord avec le maintien de l’exposition au strict niveau caritatif.

 

Le 16 février, un coup de téléphone de Mme Racary nous annonçait que Mme Brigitte Kuster interdisait l’exposition et exigeait le décrochage immédiat des dessins et le retrait des annonces. L’interdiction a été confirmée par une lettre officielle en date du 16 février.
Mme Kuster la justifie par le fait que “certains éléments faisaient clairement la promotion d’un ouvrage de Slobodan Milosevic tant au niveau de l’exposition que dans la communication ayant trait aux conférences.”  La soi-disant “promotion” est la mention – dans un panneau décrivant en général les activités de l’association “Vérité et Justice”  – d’un des trois titres publiés par ses éditions Le Verjus avec la phrase suivante : “Ma Vérité, par Slobodan Milosevic. Ni une autobiographie, ni un plaidoyer, mais une analyse documentée de la dernière décennie, par un des principaux acteurs de la politique internationale”, ce qui est simplement énoncer le fait de la publication et résumer le sujet, sans prendre position sur le contenu. Est-il répréhensible d’éditer un ouvrage de référence historique en France ?
De toute façon, le panneau comportant cette phrase a été retiré, ce qui enlève toute valeur à l’argument.
Mme Kuster nous reproche de ne pas l’avoir “informée en amont de manière plus explicite de la teneur de cet événement.”  C’est un reproche sans fondement. Après deux mois d’entretiens explicatifs, un premier flyer a été remis en janvier 2009. Le 5 février, Mmes Racary et Clary (en charge du site web) ont reçu tous les documents relatifs à l’exposition, qui ont été complétés par de nouvelles précisions le 9 février. Mme Kuster était parfaitement au courant de la nature de la manifestation.
Sa décision scandaleuse, aux conséquences extrêmement dommageables, communiquée à la dernière minute après plus de deux mois de préparation en liaison avec les services de la mairie, ne fait que témoigner de son mépris pour les souffrances d’enfants que cette exposition humanitaire s’efforçait de soulager.

Louis DALMAS

Président de Vérité et Justice.

 

 

=== 2 ===



Embassy of France in Washington

February 20, 2009

France comments on this first anniversary of Kosovo independence

On this first anniversary of Kosovo’s independence, Bernard Kouchner is delighted to note the headway made by this new state and the region. As the international community hoped, independence has helped ease tensions within Kosovo and in the Balkans [?].

Kosovo’s new authorities have demonstrated responsibility and honored their commitments. The implementation of the constitution in accordance with European standards and values and the adoption of legislation encouraging the participation of minorities are both milestones towards establishing a rule of law for all its communities. 

Thanks to this very positive development, the United Nations Secretary-General has been able to reorganize the international presence with Security Council backing. The European Union is providing essential support with the deployment of the EULEX mission, which is helping set up institutions and establish the rule of law in Kosovo.

The growing number of States, especially in the region, which have recognized Kosovo, is contributing to the stability of the Balkans. 

While this first anniversary bears witness to the headway already made, it must also be an encouragement to continue. 

The effort to build the rule of law must be pursued with, in particular, effective decentralization and the organization of local elections. We are convinced that Serbia will be able to maintain a responsible attitude and focus efforts on future accession to the European Union, which will be a powerful stabilizing factor for the entire Balkan region.




(na srpskohrvatskom: 
SAOPŠTENJE ZA ŠTAMPU
CNJ ONLUS: ITALIJA I BALKAN - DANAS ISTO KAO U VREME FAŠIZMA
Februar 2008)

Un anno dopo la dichiarazione di "indipendenza" da parte dell'entità-gangster kosovara riproponiamo il nostro Comunicato Stampa.
Sulla storia del nazifascismo kosovaro si veda: https://www.cnj.it/documentazione/KOSMET/foto.htm

---


COMUNICATO STAMPA

CNJ ONLUS: ITALIA E BALCANI. UNA PERFETTA CONTINUITÀ CON LE POLITICHE DEL FASCISMO

Nel febbraio 2003 scrivevamo:
  
<<Il voto del Parlamento Federale Jugoslavo del 4 febbraio [2003] rappresenta un compimento simbolico del progetto revanscista sanguinario messo in atto ai danni del paese balcanico e dei suoi cittadini a partire dal 1990. 

Tale progetto, realizzato su procura delle consorterie occidentali da indegni rappresentanti politici (quelli oggi al potere in tutte le Repubbliche ex-federate), si è articolato in un arco di tempo simbolicamente collocabile tra il 5 novembre 1990 - quando il Congresso degli USA approvò la legge 101/513, che sanciva la dissoluzione della Jugoslavia attraverso il finanziamento diretto di tutte le nuove formazioni "democratiche" (nazionaliste e secessioniste) - al 4 febbraio 2003 - con la nascita di questa formale "Unione di Serbia e Montenegro" e la cancellazione dello stesso nome della "Jugoslavia" dalle cartine geografiche dell'Europa. 

[...] Il nuovo status è considerato transitorio ed è funzionale solo all'ulteriore disgregazione del paese, dunque alla creazione di nuove frontiere a dividere gli abitanti di quelle terre. Il voto del Parlamento Federale viene accolto con grande giubilo dall'ideatore di questa ennesima "impresa", Xavier Solana, già ben noto alle popolazioni locali per avere comandato la aggressione militare del 1999. Tutta questa soddisfazione, palese o malcelata, da parte dei responsabili politici internazionali e locali tradisce l'ispirazione profonda delle scelte criminali compiute in tutti questi anni, a partire dal riconoscimento diplomatico delle Repubbliche secessioniste. Scelte che hanno causato indicibili tragedie umane, ridisegnando i Balcani secondo protettorati coloniali come ai tempi dell'occupazione nazifascista, trasformandone i territori in servitù militari occidentali e bacini di sfruttamento delle risorse e della forza-lavoro, devastando le basi della convivenza civile e della cultura comune di quelle genti.

Per noi del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia quello che continua a svolgersi in Jugoslavia è un immenso e protratto crimine contro l'umanità, del quale ancora purtroppo non si vede la fine, e del quale dovranno rispondere quelli che ne portano la responsabilità. >> (1)


La facile "profezia" dell'ulteriore smembramento della "Unione di Serbia e Montenegro" si è regolarmente verificata, non solo con la secessione del Kosovo, ma già nel maggio 2006 con la secessione del Montenegro - altro micro-Stato retto dalle mafie - attraverso una farsa referendaria piena di irregolarità, eppure sostenuta e "legittimata" da NATO e UE. 

Tante altre facili considerazioni sono possibili adesso, prendendo spunto dalla vicenda del Kosovo. Ma in questo frangente, lasciando da parte valutazioni e note che pure divulghiamo e divulgheremo in innumerevoli occasioni e modi (2), riteniamo prioritario concentrarci sull'Italia. Benchè impegnati in campo internazionalista, sul fronte della conoscenza e dell'amicizia tra i popoli, siamo infatti una organizzazione con base in Italia, e dobbiamo pertanto necessariamente cominciare da quanto ci è più vicino. 

La responsabilità che l'Italia, attraverso il suo governo, si sta prendendo, è devastante, sia sul fronte internazionale che su quello interno.  

Le dichiarazioni di D'Alema, che da molte settimane va preannunciando l'intenzione italiana di riconoscere in ogni caso l'improbabile "Stato" del Kosovo, dimostrano cinismo e disprezzo sia nei confronti del diritto internazionale e dell'ONU, sia nei confronti dei rapporti con tanti Stati e popoli europei, sia nei confronti della democrazia, che nei confronti della pace e della convivenza. 
  

Il Kosovo viene riconosciuto come Stato da un governo dimissionario, spaccato al suo interno, con giustificazioni del tipo: "Se non riconoscessimo sollecitamente il Kosovo [i militari italiani della KFOR] non avrebbero la necessaria copertura politica e diplomatica per operare sul terreno" (3). Ma chi obbliga questi soldati ad "operare sul terreno" ad ogni costo? Evidentemente c'è qualcosa di inespresso. Bexhet Pacolli, magnate della finanza e leader del partito “Alleanza per il nuovo Kosovo”, ha dichiarato di aver «lavorato fino a tarda notte per mettere a punto la dichiarazione di indipendenza con l’ambasciatore italiano» (4). 

Il ruolo politico dell'Italia, dunque, in questa vicenda è di primo piano, come lo fu nel 1999 - quando questo paese fu base di lancio dei bombardamenti su ponti, piazze, case, industrie della Repubblica Federale di Jugoslavia. Allora furono centinaia i morti ammazzati per i quali nessuno dei responsabili ha scontato la colpa: i procedimenti penali sono stati tutti insabbiati secondo la peggiore tradizione mafiosa di questo paese. Un paese di "brava gente" che senza colpo ferire rimette in scena le politiche verso i Balcani già praticate dal nazifascismo nel 1941-1943.  

Ora come allora, il Kosovo è zona di occupazione militare dell'Italia e di altre potenze straniere. Ora come allora, tali potenze fomentano l'irredentismo pan-albanese e consentono l'instaurazione di un regime di apartheid. 

Ora come allora, si prospetta il miraggio della Grande Albania, con la messa a repentaglio dei confini di almeno altri tre Stati balcanici. 

Oggi, come durante il Fascismo, la politica estera italiana non disdegna allenze con i settori più criminali presenti sulla scena internazionale: come negli anni '30 si addestravano e finanziavano i terroristi ustascia perchè uccidessero il Re di Jugoslavia e spaccassero quel paese, così adesso si vezzeggiano e si sostengono in tutti i modi i killer dell'UCK, trafficanti di droga, armi ed esseri umani, aguzzini del loro stesso popolo al quale hanno fatto compiere un balzo indietro di almeno un secolo dal punto di vista civile e dei diritti, reintroducendo il "kanun" e stabilendo alleanze con le peggiori bande del globo - dai produttori di oppio afghani ai camorristi e mafiosi italiani.  

Sul fronte interno, ora come allora, l'occupazione militare e la guerra sono condotte con toni paternalistici carichi di menzogne. In realtà, è negato ogni controllo democratico: siamo in assenza di votazioni parlamentari, anzi di fronte a votazioni che impegnavano a non riconoscere dichiarazioni unilaterali di indipendenza (5). Peraltro, dopo i bombardamenti del 1999, siamo stati abituati a queste smaccate infrazioni del dettato costituzionale. In effetti, siamo di fronte al disprezzo della volontà popolare, che è contraria alla guerra e chiede solo il rientro dei soldati impegnati all'estero in missioni neo-coloniali che costano tra l'altro cifre esorbitanti al provato bilancio dello Stato.  

Ora come allora si dimostra assoluto disprezzo per le istituzioni internazionali: allora era la Società delle Nazioni; adesso sono l'ONU (essendo stata violata la Risoluzione 1244 ed essendo stato calpestato lo stesso Consiglio di Sicurezza), e persino la UE (dove si è determinata una netta frattura; il balordo ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner declama con paradossale soddisfazione: “ognuno è libero di fare la scelta che vuole circa il riconoscimento dello Stato del Kosovo”). 

Ora come allora si instaurano rapporti ostili con i paesi ed i popoli a noi più vicini: oltre alla persistente umiliazione della Serbia e dei serbi, ricordiamo le vibranti reazioni da parte croata e slovena per i toni irredentistici usati dalle autorità italiane in occasione del revanscista "Giorno del Ricordo". (6)
 

Per tutti questi motivi, la politica italiana nei confronti dei Balcani appare da una quindicina d'anni ricalcare le politiche imperialistiche ed ostili del Fascismo. Come Coordinamento dei soggetti impegnati, su tutto il territorio nazionale, in iniziative per la pace, l'amicizia e l'unità fraterna di tutti i nostri popoli, nutriamo profonda preoccupazione per quello che ci può ancora riservare il futuro.


Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus

Febbraio 2008


(1) https://www.cnj.it/POLITICA/serimo2003.htm


(2) Si veda tutta la documentazione raccolta sul sito e nell'archivio della newsletter del CNJ:

https://www.cnj.it/

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/


(3) Si vedano l'articolo ed il video:

http://www.repubblica.it/2008/02/sezioni/esteri/kosovo-indipendenza/riconoscimento/riconoscimento.html 

http://tv.repubblica.it/home_page.php?playmode=player&cont_id=17579&showtab=Copertina 


(4) Si vedano il Corriere della Sera e La Stampa del 17/02/2008 

(5) Camera dei deputati, seduta n. 252 di Giovedì 29 novembre 2007:

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5793


(6) https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/presidenti.htm




Kouchner : que pouvons-nous apprendre de cette affaire ?

Michel Collon

Interview vidéo réalisée par 
Grégoire Lalieu et Vanessa Stojilkovic 
pour Investig'Action 
www.michelcollon.info

Vous avez été plus de 250 à nous envoyer vos questions, remarques et témoignages sur Bernard Kouchner ! Nous avons donc pris le temps de lire et réfléchir soigneusement à vos messages. Quel a été le véritable rôle du "French Doctor" dans ces conflits : Gaza, Irak, Yougoslavie, Kosovo, Birmanie, Somalie, Darfour... ? Y a-t-il eu manipulation de notre info ?

Et pourquoi Bernard Kouchner a-t-il menacé Michel Collon d'un procès avant de reculer ? Que vaut son image humanitaire ? Y a-t-il, y aura-t-il d'autres Bernard Kouchner ? Une interview vidéo pour approfondir le débat. En deux morceaux qui forment un tout, avec à la fin quelques références de livres et de vidéos liées au sujet.

Kouchner en vidéo 1
http://www.youtube.com/watch?v=2l-FRVcg0Ew




(english / srpskohrvatski)

I piani "africani" del nuovo Kissinger

1) Rick Rozoff: Global Energy War: Washington's New Kissinger's African Plans / La guerra
globale per l'energia: un nuovo Kissinger a Washington. L'incarico del Generale dei Marine
USA James Jones

2) Manlio Dinucci: La conquista dell'Africa decolla da Vicenza. AFRICOM - Il Dal Molin nel
dispositivo USA


Nota del traduttore:
Dall'articolo di Rozoff e da quello di Dinucci, in allegato, si possono evincere alcuni dati
conclusivi:
1) l'amministrazione Obama, assegnando posizioni di prestigio a personalità, come il
generale Jones, che progettano l'espansione USA in Africa e nell'Est Europeo ed Euro-
Asiatico e l'utilizzo della NATO a protezione dei corridoi energetici, porta avanti le
politiche di colonizzazione imperialista delle passate amministrazioni per potere disporre
di risorse energetiche per il mondo Occidentale, sulla pelle di popoli da sempre sfruttati;
2) i governi italiani del passato e l'attuale sono attori comprimari ma comunque importanti
di questo Grande Gioco: l'Italia geopoliticamente è punta di lancia proiettata in direzione
dei paesi del Nord-Africa e del Sahel, dove i nostri interessi energetici sono ampiamente
coinvolti ed esercitati: è di qualche giorno fa la proposta del ministro degli esteri Frattini
di inviare due navi da pattugliamento per la sicurezza della compagnia petrolifera Agip nel
delta del Niger;
3) la base Dal Molin, per gli USA, per il Pentagono e per la NATO risulta centro cruciale di
controllo per l'utilizzo di rapido intervento sia in direzione dell'Est Europeo sia in direzione
Africana, e la città di Vicenza come centro di addestramento di truppe Africane per
mettere in sicurezza campi petroliferi, destinati allo sfruttamento Occidentale;
4) Prodi, Berlusconi, ed altri soggetti politici della loro corte, penso all'attuale commissario
Costa, per volere a tutti i costi imporre la loro determinazione a cedere agli USA questa
nuova base di Vicenza, quali interessi privati vogliono portare a buona realizzazione?
Penso che non si tratti solo di una posizione di "fedelissimi alla linea" della NATO e di
rispetto di patti internazionali, segreti solo a noi cittadini, ma anche di fedeltà forse a loro
pacchetti azionari e a compartecipazioni di portafoglio. Bisogna fare inchiesta a proposito!
Curzio Bettio


=== 1 ===

http://groups.yahoo.com/group/stopnato/message/36874

Stop NATO
January 22, 2009

Global Energy War: Washington's New Kissinger's African Plans

Rick Rozoff

Lost amid the national, and international, fanfare
accompanying the inauguration of the 44th president of
the United States two days ago is attention to the
person who is slated to be the latter's major foreign
policy architect and executor, retired US Marine
General James Jones.

In nearly identical phraseology that cannot be
construed as either fortuitous or without foundation,
the Washington Post of November 22, 2008 referred to
the then pending selection of Jones as US National
Security Adviser in these terms:

"Sources familiar with the discussions said Obama is
considering expanding the scope of the job to give the
adviser the kind of authority once wielded by powerful
figures such as Henry A. Kissinger."

And the following day's Israeli Ha'aretz wrote:

"Jones is expected to play a key role in the Obama
administration. According to U.S. press reports, he
will be as strong as Henry Kissinger, the all-powerful
national security adviser to President Richard Nixon."

The analogy is with the role of Henry Kissinger as
National Security Adviser to the first and second
Nixon administrations (1969-1977, continuing into the
Ford White House) and as both National Security
Adviser and Secretary of State during the second term;
that is, as a then unprecedentedly influential player
in determining US foreign policy.

A similar comparison can be made with the Carter
administration's National Security Adviser, Zbigniew
Brzezinski, the true power behind the foreign policy
throne from 1977-1981, with Secretaries of State Cyrus
Vance and, briefly, Edmund Muskie, largely figureheads
in relation to him.

James Jones is now the first career military officer
to hold the post as head of the National Security
Council since retired general Colin Powell did so in
the second Reagan administration and is the first
former NATO Supreme Allied Commander to do so.

Jones was appointed to the NATO post of Supreme Allied
Commander Europe (SACEUR) and the overlapping,
essentially co-terminous one of Commander, United
States European Command (COMUSEUCOM) in the first Bush
term and is part of the two-thirds of the Obama
administration's foreign policy triumvirate - National
Security Adviser, Secretary of State, Secretary of
Defense - inherited from the preceding administration.
The other is, of course, Defense Secretary Robert
Gates, who like Jones is a graduate of Georgetown
University, with a doctorate degree in Sovietology and
Russian studies.

As commander of the Pentagon's European Command
(EUCOM) Jones was in charge of the largest area of
military responsibility in world history, one that
encompassed anywhere from 13-21 million square miles
and included 92 of the world's 192 nations.

And as NATO's Supreme Allied Commander he was the
chief military commander of an expanding military bloc
of twenty six full members, two new candidates and
twenty three Partnership for Peace, six Mediterranean
Dialogue, six Gulf Cooperation Council and assorted
other military partners in South and Far East Asia and
the South Pacific, altogether on five continents.

While wearing both the above braided hats, Jones was
the major architect of what last October 1st was
officially launched as the first new US military
command in over half a century, Africa Command
(AFRICOM), whose chartered area of operations includes
fifty three nations.

AFRICOM's historical precedents were commented upon by
a Ghanian news source almost three years ago:

"Marine General James L. Jones, Head of the US
European Command...said the Pentagon was
seeking to acquire access to two kinds of bases in
Senegal, Ghana, Mali and Kenya and other African
countries.
"The new US strategy based on the conclusions of May
2001 report of the President's National Energy Policy
Development group chaired by Vice President Richard
Cheney and known as the Cheney report."
(Ghana Web, February 23, 2006)

And by a Nigerian commentator the following year:

"[In January of 2002 the African Oil Policy Initiative
Group] recommended that African oil be treated as a
priority for the national security of the US after
9/11, that the US government declares the Gulf of
Guinea an "area of vital interest" and that it set up
a sub-command structure for US forces in the region.
-In September 2002, the then US Defence Secretary,
Donald Rumsfeld, put forward a proposal to establish a
NATO Rapid Response Force (NRF) which was approved by
the defence ministers of NATO in Brussels in June 2003
and was inaugurated in October 2003."
(Leadership, November 22, 2007)

In keeping with the above, after his formal selection
as nominee for Nationl Security Adviser late last
year, Jones revealed that "[A]s commander of NATO, I
worried early in the mornings about how to protect
energy facilities and supply chain routes as far away
as Africa, the Persian Gulf and Caspian Sea."
(Agence France-Presse, November 30, 2008)

Or as a US daily newspaper put it later:

"During his 2003-2006 stint as NATO's supreme
commander, Jones stressed his view that energy policy
was a top national security matter for the United
States and a leading international security priority.
For the past year, Jones has been president and CEO of
the U.S. Chamber of Commerce's Institute for 21st
Century Energy. Until his Dec. 1 selection by Obama,
he also served as a board member of the Chevron Corp."
(Houston Chronicle, December 25, 2008)

The above reflected designs voiced earlier, as
evidenced by:

"NATO's top commander of operations, U.S. General
James Jones, has said he sees a potential role for the
alliance in protecting key shipping lanes such as
those around the Black Sea and oil supply routes from
Africa to Europe."
(Reuters, November 27, 2006)

And shortly before stepping down as both European
Command and NATO commander, Jones, addressing US
business leaders, said:

"Officials at U.S. European Command spend between 65
to 70 percent of their time on African issues, Jones
said....Establishing such a group [military task force
in West Africa] could also send a message to U.S.
companies 'that investing in many parts of Africa is a
good idea,' the general said."
[U.S. Department of Defense, August 18, 2006)

And, just as candidly, he and his NATO civilian cohort
declared:

"NATOs' executives are ready to use warships to ensure
the security of offshore oil and gas transportation
routes from Western Africa, reportedly said Jaap de
Hoop Scheffer, NATO's Secretary General, speaking at
the session of foreign committee of PACE
[Parliamentary Assembly of the Council of Europe].
"On April 30 General James Jones, commander-in-chief
of NATO in Europe, reportedly said NATO was going to
draw up the plan for ensuring security of oiland gas
industry facilities.
"In this respect the block is willing to ensure
security in unstable regions where oil and gas are
produced and transported."
(Trend News Agency, May 3, 2006)

Note that while speaking to those he assumes to be
interested and complicit parties, Jones is quite
candid in moving his finger across the map of the
world and indicating precisely where the Pentagon's -
not the State Department's, say, or the US Department
of Energy's - priorities lie.

And they are, as mentioned above, immediately in three
of the five areas of the world where hitherto
unexploited or underexploited massive oil and natural
gas deposits lie: Africa's Gulf of Guinea, the Black
and Caspian Seas and the Persian Gulf.

The other two contested zones and already current
battlegrounds between the West and Russia and other
emerging nations in this regard are the Arctic Circle
and the northern part of South America and the
Caribbean. Southeast Asia may be soon be another
candidate for the role.

The drive into Africa, from the Mediterranean north to
the South African way station to Antarctica and its
offshore environs (the sixth key global energy chess
piece) and from the war-torn northeast to the oil-rich
Atlantic west, is thus integrally linked to the
concomitant US and NATO military expansion into the
Black and Caspian Seas and Persian Gulf regions.

Mind, this is not a direct, reductionist 'war for
oil'; it is rather an international strategic bid by a
consortium of declining Western powers united under
the NATO aegis to seize and dominate world energy
resources and transportation lines to in turn maintain
and expand global economic and political hegemony.
(Indeed, the two nations most central to Western plans
for trans-Eurasian oil transit plans, Azerbaijan and
Georgia, have recorded the largest per capita and
percentile increases in military spending in the world
over the past five years. A case of oil for war rather
than the reverse.)

Jones' resume as top military commander of both US
European Command and of NATO gave him, and still gives
him, a pivotal role in what the State Department of
Condoleezza Rice (herself with a doctorate degree in
Sovietology and Russian studies) has referred to for
years as the "push east and south."

As the US armed forces newspaper Stars and Stripes
reported a year and a half ago:

"Five years ago, then-Defense Secretary Donald
Rumsfeld sent marching orders to Marine Gen. James L.
Jones, telling him that the U.S. European Command
needed an overhaul to meet the unique challenges of
the 21st century.
"Jones' plan, started in 2002, called for the moving
of thousands of troops from Europe back to the United
States, moving troops into Eastern Europe and setting
up forward operating sites in Africa."

What has occurred in the interim regarding the first
trajectory, the push to the east, is that the Pentagon
and NATO have selected seven military bases in
Bulgaria and Romania, after the latter two's NATO
accession in 2004, for land, naval and air 'lily pads'
on the Black Sea for operations in the Caucasus,
Ukraine, Central and South Asia, the Eastern
Mediterranean and the Persian Gulf.

The US and its Alliance cohorts have similarly turned
another Black Sea, and Caucasus, nation - Georgia -
into a military and strategic energy corridor heading
both east and south.

In fact Georgia is the central link in what Western
officials for years have touted as the "project of the
century": The Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) pipeline
transporting oil from the Caspian to the Mediterranean
Seas.

Along with its sister projects, the
Baku-Tbilisi-Erzurum gas pipeline and the
Kars-Tbilisi-Baku ("China to London") railway, the
West envisions plans to export oil and natural gas
from as far east as Kazakhstan on the Chinese border
over, around and under the Caspian Sea to the South
Caucasus and from there north to Ukraine and Poland to
the Baltic Sea and onto Western Europe, and south
along the Mediterranean to Israel to be shipped on
tankers through the Suez Canal and the Red Sea and
across the Arabian Sea to countries like India and
Japan. That is, back to East Asia where much of it
originated.

If any more grand (or grandiose) and far-reaching
geopolitical design has ever been contemplated,
history fails to record it.

Chinese military analyst Lin Zhiyuan summed up the
general stratgey over two years ago:

"[N]ew military bases, airports and training bases
will be built in Hungary, Romania, Poland, Bulgaria
and other nations to ensure "gangways" to some areas
in the Middle East, African and Asia in possible
military actions in the years ahead.
"More important, the United States will successfully
move eastward the gravity and frontline of its Europe
defense, go on beefing up its military presence in the
Baltic states and the central Asia region, and also
raise its capability to contain Russia by stepping
into the backyard of the former Soviet Union.
"James L. Jones, commander of the European command of
the US army [EUCOM, as well as NATO], acknowledged
that EETAF [Eastern European Task Force] would
"greatly upgrade" the capacity of coordinating the
forces of the U.S. and its allies, and the capacity of
training and operation in Eurasia and the Caucasian
region, so that they are able to make faster responses
in some conflict areas...."
(People's Daily, December 5, 2006)

The author was perhaps referring to an earlier
statement by James Jones, one reported on the US State
Department's website on March 10, 2006:

"[Jones] discussed ongoing shifts in troop levels, the
creation of rotational force hubs in Bulgaria and
Romania, and initiatives in Africa....Those forces
remaining in Europe will focus on being able swiftly
to deploy to temporary locations in southeast Europe,
Eurasia and Africa.
Along the Black Sea, recent basing agreements will
allow U.S. forces to start establishing an Eastern
European Task Force [which will] "significantly
increases" the ability of U.S. and partner forces to
coordinate and conduct training and missions in
Eurasia and the Caucasus....
Jones also described Caspian Guard, a program to
improve the capabilities of Azerbaijan and Kazakhstan
in a strategic region that borders northern Iran.
"Africa's vast potential makes African stability a
near-term global strategic imperative."

In the past week the Pentagon's Central Command chief
General David Petraeus visited Kazakhstan, Kyrgystan
and Turkmenistan, the first and third on both ends of
the Caspian Sea and the two largest producers of oil
and natural gas in Central Asia.

This is the further implementation of Jones' plan
which he bluntly articulated well over three years
ago:

"NATO's top military commander is seeking an important
new security role for private industry and business
leaders as part of a new security strategy that will
focus on the economic vulnerabilities of the
26-country alliance.
"Two immediate and priority projects for NATO
officials to develop with private industry are to
secure the pipelines bringing Russian oil and gas to
Europe...to secure ports and merchant shipping, the
alliance Supreme Commander, Gen. James Jones of the
U.S. Marine Corps said Wednesday.
"A further area of NATO interest to secure energy
supplies could be the Gulf of Guinea off the West
African coast, Jones noted...'a serious security
problem.' Oil companies were already spending more
than a billion dollars a year on security in the
region, he noted, pointing to the need for NATO and
business to confer on the common security concern."
(United Press International, October 13, 2005)

On the far western end of what British geographer and
proto-geostrategist Halford Mackinder called the World
Island (Africa, Asia, Europe, the Middle East) lies
the Atlantic Coast of Africa and the Gulf of Guinea.

It is here that then EUCOM and NATO top military
commander Jones arranged the foundation of the future
AFRICOM.

Though not without attending to the rest of the
continent as well during his dual tenure from
2003-2006.

In April of 2006 he already advocated the following:

"Jones...raised the prospect of NATO taking a role
to counter piracy off the coast of the Horn of Africa
and the Gulf of Guinea, especially when it threatens
energy supply routes to Western nations."
(Associated Press, April 24, 2006)

Two and a half years before NATO initiated the
Atalanta interdiction operation in the Horn of Africa
and the Gulf of Aden last autumn (NATO warships even
docked at the Kenyan port city of Mombasa), Jones was
laying the groundwork for the NATO cum European Union
mission of today.

As the Horn of Africa region was the only part of
Africa not formerly in EUCOM's area of responsibility
(in was in Central Command's), Jones was clearly
speaking of an AFRICOM that wouldn't appear for
another 30 months.

Also, in addition to bilateral military agreements
with Northern African states, Jones was NATO Supreme
Commander in 2004 when at the Istanbul summit NATO
upgraded the Alliance's seven Mediterranean Dialogue
members - the bulk of which are in North Africa
(Algeria, Egypt, Mauritania, Morocco and Tunisia) - to
an enhanced partnership status.

He also created the military wing of the US State
Department's Pan Sahel Initiative. The Pentagon's
website described it in early 2006 as follows:

"The 2002 Pan Sahel Initiative involved training and
equipping a least one rapid-reaction company in each
of the four Sahel states: Mali, Mauritania, Niger and
Chad. The current initiative involves those four
states and Algeria, Morocco, Senegal, Tunisia and
Nigeria.
"'U.S. Naval Forces Europe, (the command's) lead
component in this initiative, has developed a robust
maritime security strategy and regional 10-year
campaign plan for the Gulf of Guinea region.'
"'Africa's vast potential makes African stability a
near-term global strategic imperative,' Jones said."
(Defense Link, March 8, 2006}

In the following year an Algerian article called "U.S.
embassies turned into command posts in North Africa"
added this:

"[T]he countries involved in the U.S. embassies
command posts are Algeria, Morocco, Tunisia,
Mauritania, Niger, Mali, Chad and Senegal.
A major focus of AFRICOM will be the Gulf of Guinea,
with its enormous oil reserves in Nigeria, Equatorial
Guinea, Gabon, Angola and the Congo Republic....
-The U.S. is already pouring $500 million into its
Trans-Sahel Counterterrorism Initiative that embraces
Morocco, Tunisia, and Algeria in North Africa, and
nations boarding the Sahara including Mauritania,
Niger, Mali, Mauritania, Chad and Senegal."
(Ech Chorouk, October 17, 2007}

And in May of 2005 NATO began its first official
operation on the African continent, transporting
troops to the Darfur region of Sudan, thereby
beginning Western military intrusion into the Central
African Republic-Chad-Sudan triangle.

Yet the Gulf of Guinea remained the main focus of
attention.

No later than 2003 Western news sources reported on a
suspected unprecedented oil bonanza in the former
Portuguses possessions of Sao Tome and Principe in the
Gulf.

Shortly afterward there was talk of the Pentagon
establishing a naval base on Sao Tome.

The State Department estimated at the time that the US
was then currently importing 15% of its oil from the
Gulf of Guinea and that the figure would rise to 25%
in a few years.

Western Africa oil offers two key advantages to the
US. It's comparatively high-grade crude and can be
transported on tankers directly across the Atlantic
Ocean, thereby circumventing straits, canals and other
potential chokepoints and attendant customs duties and
taxes by littoral nations.

Throughout his time as EUCOM and NATO top military
commander Jones touted what he described as ongoing
and permanent US and NATO naval presence in the Gulf.

In June of 2006 NATO helds its first large-scale
military exercises in Africa, in fact initiating the
NATO Rapid Response Force, north of the Gulf in Cape
Verde.

Below are accounts of the drills:

"Hundreds of elite North Atlantic Treaty Organisation
(Nato) troops backed by fighter planes and warships
will storm a tiny volcanic island off Africa's
Atlantic coast this week in what the Western alliance
hopes will prove a potent demonstration of its ability
to project power around the world."
(Associated Press, June 21, 2006)

"Seven thousand NATO troops conducted war games on the
Atlantic Ocean island of Cape Verde on Thursday in the
latest sign of the alliance's growing interest in
playing a role in Africa.
"The land, air and sea exercises were NATO's first
major deployment in Africa and designed to show the
former Cold War giant can launch far-flung military
operations at short notice.
"'You are seeing the new NATO, the one that has the
ability to project stability,' said NATO
Secretary-General Jaap de Hoop Scheffer told a news
conference after NATO troops stormed a beach on one of
the islands on the archipelago in a mock assault on a
fictitious terrorist camp.
"NATO Supreme Allied Commander Europe James Jones, the
alliance soldier in charge of NATO operations, said he
hoped the two-week Cape Verde exercises would help
break down negative images about NATO in Africa and
elsewhere."
(Reuters, June 22, 2006)

Jones may have inveigled Reuters with concerns about
NATO's public image, but its rival agency was more
forthcoming:

"NATO is developing a special plan to safeguard
oil and gas fields in the region, says its Supreme
Allied Commander on Europe, Gen. James Jones.
"He said a training session will be held in the
Atlantic oceanic area and the Cabo Verde island in
June to outline activities to protect the routes
transporting oil to Western Europe....Jones said the
alliance is ready to ensure the security of
oil-producing and transporting regions."
(Associated Press, May 2, 2006)

That same month Jones was in the northern tip of the
Gulf, in Monrovia, the capital of the one nation on
the continent that seemed at first willing to host the
future AFRICOM's headquarters after Washington
assisted in the toppling of the Charles Taylor
government and the installation of former US-based
Ellen Johnson Sirleaf to head its successor.

A local paper reported:

"A United States military delegation today
met with President Ellen Johnson Sirleaf at her
Executive Mansion office in Monrovia.
The delegation was headed by General James Jones of
the US Marine Corps who is also the head of the US
government European Command.
"Also with General Jones today were seven members of
his delegation, who were in full US military uniform.
General Jones reaffirmed his government's support in
assisting the Liberian government in the formation of
the new Liberian army.
He said some members of his command, were due in
Liberia soon, to begin the training of the new
Liberian army, which is expected to begin in July.
(African News Dimension, June 2, 2006)

Two months before the US State Department reported on
another of Jones' African plans, the Gulf of Guinea
Maritime Security Initiative, and thereby tied
together a few threads in Washington's African
tapestry:

"'Left unattended, political instability in Africa
could require reactive and repeated interventions at
enormous costs, as in the case of Liberia,' Jones
said."
(Washington File, April 7, 2006)

And in the intervening month Jones reminded readers
that he still wore two commanders' caps and that his
energy and broader geopolitical strategy encompassed,
still, both south and east:

"'Our strategic goal is to expand...to Eastern Europe
and Africa....
-"'The United States is not unchallenged in its quest
to gain influence in and access to Africa.'"
(Stars And Stripes, March 9, 2006)

And so it remains.

The West, the US in the first instance, is waging an
unparalleled drive to retain and expand what military,
political and economic domination and monopolies it
has wrested from the rest of the world over the past
five centuries, and control of the globe's energy
resources and their transportation is a vital
component of that reckless campaign.

Africa is rapidly shaping up to be a major
battleground in that international struggle.

With James Jones as new US National Security chief,
complemented by the 'soft power' efforts of former
State Department Africa hand Dr. Susan Rice as
probable US ambassador to the United Nations, the
continent's and the world's guard must not be relaxed.

===========================
Stop NATO
http://groups.yahoo.com/group/stopnato
===========================

La guerra globale per l'energia: un nuovo Kissinger a Washington

L'incarico del Generale dei Marine USA James Jones

by Rick Rozoff

(Traduzione a cura di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Global Research, 2 febbraio 2009
Stop NATO


Sommerso dagli squilli di fanfare nazionali ed internazionali che hanno accompagnato
l'assunzione dei pieni poteri da parte del 44.esimo Presidente degli Stati Uniti, è passato
inosservato l'incarico assegnato alla persona designata a diventare il prossimo più
importante architetto ed esecutore della politica estera Statunitense, il Generale a riposo
dei Marine USA James Jones.
Con una quasi identica fraseologia, che non può essere costruita né casualmente e
nemmeno senza fondamento, il Washington Post del 22 novembre 2008 riferiva sull'allora
imminente scelta di Jones come Consigliere per la Sicurezza Nazionale USA in questi
termini:
"Fonti ben informate sulle decisioni importanti hanno riferito che Osama sta considerando
di allargare il raggio di azione dell'incarico al consigliere, in modo da conferirgli l'autorità
della stessa natura esercitata da potenti personalità, come, ad esempio, Henry A.
Kissinger."
E l'Israeliano Ha'aretz del giorno seguente scriveva:
"Ci si attende che giuochi un ruolo chiave nell'amministrazione Obama. Secondo notizie di
stampa dagli Stati Uniti, egli sarà potente tanto quanto Henry Kissinger, l'onnipotente
consigliere per la sicurezza nazionale sotto la Presidenza di Richard Nixon."
L'analogia viene fatta con il ruolo di Henry Kissinger come Consigliere per la Sicurezza
Nazionale durante la prima e la seconda amministrazione Nixon (1969-1977, continuando
anche con Ford alla Casa Bianca) e durante il secondo periodo sia come Consigliere per la
Sicurezza Nazionale sia come Segretario di Stato; quindi attore con un'influenza senza
precedenti nel determinare la politica estera degli USA.
Un raffronto consimile può essere fatto con il Consigliere per la Sicurezza Nazionale
dell'amministrazione Carter, Zbigniew Brzezinski, la vera potenza in politica estera che
stava dietro al trono nel periodo 1977-1981, con Segretari di Stato Cyrus Vance e, per
breve tempo, Edmund Muskie, assolutamente uomini di paglia rispetto a lui.

Ora, James Jones è il primo ufficiale militare di carriera ad assumere il posto di
reaponsabile del Consiglio per la Sicurezza Nazionale USA dal tempo del generale a riposo
Colin Powell, che aveva gestito questo incarico durante la seconda Amministrazione
Reagan, ed è il primo ex Comandante Supremo dell'Alleanza NATO a farlo.
Jones era stato designato nella NATO all'incarico di Comandante Supremo Alleato in
Europa (SACEUR) e quello in sovrapposizione, e sostanzialmente contemporaneo, di
Comandante del Settore Europeo per gli Stati Uniti (COMUSEUCOM) nel primo periodo
Bush, e attualmente fa parte del triumvirato per la politica estera dell'Amministrazione
Obama – il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, il Segretario di Stato, il Ministro della
Difesa – struttura ereditata dalla precedente Amministrazione. Un altro "triumviro" è il
Ministro della Difesa Robert Gates, che come Jones è un laureato della Georgetown
University, con un dottorato in Sovietologia e studi sulla Russia.
Come Comandante del Comando Europeo del Pentagono (EUCOM), Jones è stato il
responsabile militare della più vasta area nella storia del mondo, sui 20 milioni di miglia
quadrate, che comprendeva 92 delle 192 nazioni del mondo.
E come Comandante Supremo dell'Alleanza NATO in Europa è stato responsabile di un
blocco militare in continua espansione, costituito da ventisei membri a pieno titolo, da due
nuovi candidati e da ventitré Consociati per la Pace, sei del Mediterranean Dialogue, sei del
Consiglio per la Cooperazione nel Golfo, e che assortiva altri partner militari nel Sud
Asiatico e nell'Asia Orientale e nel Sud Pacifico, complessivamente in cinque continenti.

Mentre rivestiva entrambi gli incarichi fra loro intrecciati, Jones diventava il maggior
artefice di quello che lo scorso 1 ottobre veniva ufficialmente avviato come il primo nuovo
comando militare da oltre mezzo secolo, l'Africa Command (AFRICOM), la cui area abilitata
di operazioni comprende cinquantatre nazioni.
(Nota del traduttore: si raccomanda la lettura del testo al piede***)

Quasi tre anni fa, i precedenti storici dell'AFRICOM venivano così commentati da una fonte
di notizie del Ghana:
"Il generale dei Marine James L. Jones, Capo del Comando Europeo USA…ha dichiarato che
il Pentagono sta cercando di acquisire il diritto di accesso su due tipi di basi in Senegal,
Ghana, Mali e Kenya e in altri paesi dell'Africa.
La nuova strategia degli USA è stata impostata sulle conclusioni del documento del
maggio 2001 del gruppo per lo Sviluppo delle Politiche Energetiche Nazionali del
Presidente, presieduto dal Vice Presidente Richard Cheney, e noto come rapporto Cheney."
(Ghana Web, 23 febbraio 2006)
E, l'anno successivo, da un commentatore Nigeriano:
"[Nel gennaio 2002 il Gruppo per le Iniziative sulle Politiche Petrolifere in Africa]
consigliava che dopo l'11 settembre il problema relativo al petrolio Africano venisse
trattato prioritariamente come un problema di sicurezza nazionale, che il governo degli
Stati Uniti dichiarasse il Golfo di Guinea "area di interesse vitale", e che venisse costituita
nella regione una struttura di sotto-comando per le forze USA. Nel settembre 2002,
l'allora Ministro della Difesa, Donald Rumsfeld, formulava la proposta di insediare una
Forza di Risposta Rapida della NATO (NRF), che veniva approvata dai ministri della difesa
della NATO a Brussels nel giugno 2003 e veniva inaugurata nell'ottobre 2003."
(Leadership, 22 novembre 2007)

Per ritornare all'argomento iniziale, dopo la sua formale elezione alla fine dell'anno scorso
come Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jones faceva conoscere che "come
comandante della NATO, mi ero preoccupato immediatamente di come proteggere le
strutture energetiche e di procurare reti stradali in siti lontani, in Africa, nel Golfo Persico
e nel Mar Caspio." (Agenzia France-Presse, 30 novembre 2008)
In seguito, anche un quotidiano degli Stati Uniti dava enfasi a questo:
"Durante il suo periodo di servizio 2003-2006 come comandante supremo della NATO,
Jones ha sottolineato sempre il suo punto di vista, che le politiche energetiche costituivano
materia cruciale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dovevano essere prioritarie
per procurare la sicurezza internazionale. Nello scorso anno, Jones è stato presidente e
direttore generale dell'Istituto della Camera di Commercio degli USA per l'Energia nel XXI
secolo. Fino al conferimento del suo incarico da parte di Obama, l'1 dicembre 2008, è
stato anche membro del consiglio di amministrazione della Chevron Corp."(Houston
Chronicle, 25 dicembre 2008)
Tutto questo rispecchiava i progetti espressi in precedenza, come evidenziato da:
" Il comandante in capo delle operazioni della NATO, il Generale Statunitense James Jones,
ha riferito di considerare come potenziale ruolo per l'Alleanza la protezione di corridoi
chiave come quelli attorno al Mar Nero e delle vie marittime per la fornitura di petrolio
dall'Africa all'Europa." (Reuters, 27 novembre 2006)
E poco prima di lasciare gli incarichi sia del Comando Europeo sia di Comandante della
NATO, Jones, rivolgendosi ai leaders delle imprese USA, dichiarava:
"Ufficiali del Comando Europeo USA impiegano fra il 65 e il 70 per cento del loro tempo su
problemi Africani…Costituendo un gruppo opportuno [una task force militare in Africa
Occidentale] si potrebbe allora inviare un messaggio alle compagnie Statunitensi `che
investire in molte aree dell'Africa è una buona idea'" (U.S. Dipartimento della Difesa USA,
18 agosto 2006)

E, con molta schiettezza, Jones e la sua corte di personale in borghese della NATO
avevano affermato:
"Gli ufficiali della NATO sono pronti ad usare le navi da guerra per rendere sicure le vie di
trasporto marittimo di petrolio e di gas dall'Africa Occidentale" (Jaap de Hoop Scheffer,
Segretario Generale della NATO, parlando alla sessione della commissione esteri della
PACE – Assemblea Parlamentare del Consiglio di Europa).
"Il 30 aprile, il Generale James Jones, comandante in capo della NATO in Europa, da quanto
viene riferito, ribadiva che la NATO stava delineando un piano per rendere sicure le
strutture industriali del petrolio e del gas: `A questo riguardo l'Alleanza è determinata a
fornire sicurezza in quelle regioni prive di stabilità dove si produce e si trasporta petrolio
e gas naturale'" (Trend News Agency, 3 maggio 2006)

Da sottolineare che, mentre parla a quelli che lui presume essere le parti interessate e
complici, Jones è del tutto deciso nel muovere il suo dito sulla mappa del mondo e
nell'indicare con precisione dove si presentano le priorità del… Pentagono, come da lui
affermato, e non del Dipartimento di Stato, o del Ministero USA per l'Energia.
E, come citato in precedenza, queste priorità si presentano all'immediato in tre delle
cinque aree del mondo dove finora sono situati massicci giacimenti di petrolio e di gas
naturale non ancora sfruttati o poco sfruttati: il Golfo di Guinea in Africa, il Mar Nero e il
Mar Caspio, e il Golgo Persico.
Le altre due zone fatte oggetto di competizione, e già attualmente campi di contesa tra
Occidente e Russia ed altre nazioni emergenti su questo versante, sono il Circolo Polare
Artico e la parte settentrionale dell'America del Sud e i Caraibi. Anche il Sud-Est Asiatico
può rientrare in questa categoria.
Quindi, l'iniziativa in Africa, dal nord del Mediterraneo fino al suo estremo Sud Africa e
all'Antartico, e nei mari che la circondano (la sesta pedina chiave dell'energia mondiale), e
dal suo nord-est devastato dalla guerra alla zona occidentale sull'Atlantico ricca di
petrolio, è integralmente vincolata alla concomitante espansione militare USA e NATO
nelle regioni del Mar Nero, del Mar Caspio e del Golfo Persico.
Attenzione, questa non è una "guerra per il petrolio" limitata, riduzionista; piuttosto, tutto
ciò costituisce una strategia internazionale dichiarata da un consorzio di potenze
Occidentali in declino, sotto l'egida della NATO, per impadronirsi e dominare le risorse
energetiche mondiali e i corridoi del trasporto petrolifero, e quindi conservare ed
espandere la loro egemonia economica e politica globale. (Infatti, le due nazioni che si
trovano al centro dei piani Occidentali per i progetti di trasporto trans-Euroasiatico del
petrolio, l'Azerbaijan e la Georgia, hanno fatto registrare, per quel che concerne le spese
militari nel mondo negli ultimi cinque anni, gli aumenti più cospicui pro capite e in
percentuale – un caso di "petrolio per la guerra" più che il contrario!)

Il curriculum di Jones come comandante militare al vertice, sia del Comando Europeo USA,
sia della NATO, gli assegnava, e tuttora gli assegna, un ruolo centrale in quella che il
Dipartimento di Stato di Condoleezza Rice (anche lei con un dottorato in Sovietologia e in
studi sulla Russia) ha definito per anni "l'offensiva ad est e al sud".
Così, un anno e mezzo fa, il foglio notiziario delle forze armate degli Stati Uniti "Stars and
Stripes" riportava:
"Cinque anni fa, l'allora Ministro della Difesa Donald Rumsfeld inviava il ruolino di marcia
al Generale dei Marine Gen. James L. Jones, raccomandandogli che il Comando Europeo
USA aveva necessità di una revisione per affrontare le sole sfide importanti del XXI secolo.
Quindi, il piano di Jones, a partire dal 2002, prevedeva il movimento di truppe verso
l'Europa dell'Est e il trasferimento di migliaia di uomini dall'Europa verso gli Stati Uniti,
per un loro successivo impiego nei siti operativi in Africa."
Nel frattempo quello che è avvenuto rispetto alla prima direttiva, la spinta verso est, è che
il Pentagono e la NATO hanno selezionato sette basi militari in Bulgaria e Romania, dopo
l'ultimo ingresso nella NATO dei due paesi nel 2004, come "piattaforme" per forze di terra,
di mare e dell'aria sul Mar Nero per operazioni nel Caucaso, in Ucraina, nell'Asia Centrale
e Meridionale, nel Mediterraneo Orientale e nel Golfo Persico.
Allo stesso modo, gli USA e le loro coorti dell'Alleanza hanno indotto dalla loro parte
un'altra nazione dell'area Mar Nero - Caucaso, la Georgia, posta su un corridoio strategico
dal punto di vista militare ed energetico, diretto sia ad est che a sud. Infatti la Georgia
costituisce il punto di collegamento centrale in quello che per anni i funzionari Occidentali
hanno reclamizzato come "il progetto del secolo": l'oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC)
per il trasporto del petrolio dal Mar Caspio al Mar Mediterraneo.

Insieme a progetti analoghi, l'oleodotto Baku-Tbilisi-Erzurum e la rete ferroviaria Kars-
Tbilisi-Baku ("dalla Cina a Londra"), l'Occidente prevede di pianificare l'esportazione di
petrolio e di gas naturale tanto dall'estremo oriente che dal Kazakhistan al di là dei confini
Cinesi, attorno e sotto il Mar Caspio verso il Caucaso Meridionale e da qui, a nord, verso
l'Ucraina e la Polonia, verso il Mar Baltico e fino all'Europa Occidentale, e a sud lungo il
Mediterraneo verso Israele, per poi trasportarlo via mare tramite navi cisterna attraverso il
Canale di Suez e il Mar Rosso e quindi attraverso il Mare Arabico verso paesi come l'India e
il Giappone.
Se un qualche disegno geopoliticamente più importante (o grandioso) e di vasta portata
rispetto a questo sia stato mai contemplato, la storia manca di registrarlo!
L'analista Cinese di cose militari Lin Zhiyuan, oltre due anni fa, ha così sintetizzato questa
strategia generale:
"Nuove basi militari, aeroporti e centri di addestramento verranno insediati in Ungheria,
Romania, Polonia, Bulgaria e in altre nazioni, per assicurare "corridoi e transiti" verso
molte aree del Medio Oriente, dell'Africa e dell'Asia per possibili azioni militari negli anni a
venire.
Fattore più importante, gli Stati Uniti con buon esito sposteranno verso est il baricentro e
la linea del fronte di difesa in Europa, andranno a rimpolpare la loro presenza militare
negli stati del Baltico e nelle regioni dell'Asia centrale, ed inoltre innalzeranno le loro
potenzialità di contenere la Russia ad intervenire nel "cortile dietro casa" della ex Unione
Sovietica.
James L. Jones, comandante del Comando Europeo dell'esercito USA [EUCOM, vale a dire
NATO], riconosceva che l'EETAF [Task Force per l'Europa Orientale] avrebbe "arricchito di
molto" la capacità di coordinazione fra le forze Statunitensi e i loro alleati e le loro
potenzialità di addestramento ed operative in Eurasia e nella regione Caucasica, in modo
tale da essere in grado di dare risposte più immediate nelle eventuali aree di conflitto…"
(People's Daily, 5 dicembre 2006)

Forse l'autore si riferiva ad una precedente dichiarazione di James Jones, quella riferita dal
sito web del Dipartimento di Stato USA, il 10 marzo 2006:
"Jones ha discusso di dare luogo a spostamenti a livello truppe, di creare in Bulgaria e in
Romania dei centri nodali di forze di pronto intervento, ed iniziative in Africa...Queste
forze, pur rimanendo in Europa, saranno concentrate per essere in grado di venire
prontamente impiegate sul momento in zone dell'Europa sud-orientale, in Eurasia ed in
Africa.
Lungo il Mar Nero, sulla base di recenti accordi sarà concesso alle forze USA di mettersi in
moto con la formazione di una Task Force per l'Europa Orientale, che "aumenterà in modo
significativo" le potenzialità delle forze USA e dei loro alleati di coordinarsi e di condurre
addestramenti e missioni in Eurasia e nel Caucaso...Quindi, Jones ha descritto la "Caspian
Guard" [La Difesa del Caspio], un programma per accrescere le capacità militari
dell'Azerbaijan e del Kazakhstan in una regione strategica che confina a nord con l'Iran.
Il vasto potenziale dell'Africa rende la stabilità Africana un imperativo strategico globale."

Nella settimana scorsa, il comandante in capo del Comando Centrale del Pentagono,
Generale David Petraeus si è recato in visita in Kazakhstan, nel Kyrgystan e nel
Turkmenistan, il primo e il terzo su sponde opposte del Mar Caspio, e due dei più
importanti produttori di petrolio e gas naturale dell'Asia Centrale.
Questa è la prima applicazione del piano Jones, da lui direttamente articolato ben oltre tre
anni fa: "Il comandante militare al vertice della NATO è alla ricerca di un nuovo importante
ruolo per la sicurezza dell'industria privata e dei leaders delle imprese come parte di una
nuova strategia sicuritaria che si focalizzerà sulle vulnerabilità economiche dei 26 paesi
dell'Alleanza.
Il Comandante Supremo dell'Alleanza, il Generale James Jones del Corpo dei Marine USA
ha dichiarato mercoledì che due sono i progetti ad alta priorità ed urgenza per i funzionari
della NATO da sviluppare in sinergia con l'industria privata, quello di rendere sicuri gli
oleodotti che portano petrolio e gas della Russia verso l'Europa…e quello di rendere sicuri
porti e le marine mercantili.
Jones ha sottolineato che un'ulteriore area di interesse della NATO per rendere sicure le
forniture energetiche potrebbe essere il Golfo di Guinea, al largo della costa dell'Africa
Occidentale,…
"un serio problema di sicurezza".
Jones faceva notare che già le compagnie petrolifere stanno spendendo più di un miliardo
di dollari all'anno per la sicurezza in quella regione, puntualizzando la necessità per la
NATO e per le compagnie di coordinarsi su ciò che concerne la sicurezza comune." (United
Press International, 13 ottobre 2005)

All'estremità occidentale di quello che il geografo e proto-geostratega Britannico Halford
Mackinder denominava come "Isola del Mondo" (Africa, Asia, Europa, Medio Oriente) è
situata la Costa Atlantica dell'Africa e il Golfo di Guinea.
È qui che l'allora comandante in capo dell' EUCOM e della NATO, durante il suo duplice
incarico dal 2003 al 2006, predisponeva la fondazione del futuro AFRICOM, comunque,
non senza prestare attenzione al resto del continente.
Infatti, nell'aprile 2006, Jones patrocinava quel che segue:
"Jones...prospettava l'idea che alla NATO venisse assegnato l'incarico di combattere la
pirateria al largo delle coste del Corno d'Africa e del Golfo di Guinea, specialmente
quando vengono minacciate le rotte per i rifornimenti energetici alle nazioni Occidentali."
(Associated Press, 24 aprile 2006)
Due anni e mezzo prima che la NATO desse inizio all'operazione di interdizione "Atalanta"
nel Corno d'Africa e nel Golfo di Aden nell'autunno 2008 (navi da Guerra della NATO
venivano attraccate anche nel porto Keniano della città di Mombasa), Jones stava già
predisponendo il terreno operativo per la NATO in sinergia con la missione odierna
dell'Unione Europea.
Dato che la regione del Corno d'Africa era la sola parte dell'Africa non già nell'area di
responsabilità dell'EUCOM, Jones stava parlando chiaramente di un AFRICOM, che sarebbe
apparso in seguito dopo 30 mesi.
Inoltre, in aggiunta ad accordi bilaterali militari con Stati del Nord Africa, Jones, come
Comandante Supremo della NATO nel 2004, al summit della NATO ad Istanbul
promuoveva i sette membri al Dialogo Mediterraneo con l'Alleanza - la maggior parte dei
quali erano Stati Nord-Africani (Algeria, Egitto, Mauritania, Marocco e Tunisia) – ad uno
status di partnership più valorizzato.
Per questo creava l'ala militare della "Pan Sahel Initiative" del Dipartimento di Stato USA.
All'inizio del 2006, il sito web del Pentagono commentava la cosa come segue:
"La Pan Sahel Initiative del 2002 prevedeva l'addestramento e l'equipaggiamento di
almeno una compagnia di rapido intervento in ognuno dei quattro Stati del Sahel: Mali,
Mauritania, Niger e Chad. L'attuale iniziativa vede coinvolti ancora questi quattro Stati ed
inoltre l'Algeria, Marocco, Senegal, Tunisia e Nigeria.
Le Forze Navali USA in Europa, la componente il cui comando è alla guida in questa
iniziativa, hanno sviluppato una ponderosa strategia per la sicurezza marittima ed un
piano per una campagna decennale specifico per la regione del Golfo di Guinea.
Jones ha ribadito che il vasto potenziale dell'Africa rende la stabilità Africana un imperativo
strategico globale." (Defense Link, 8 marzo 2006}
L'anno seguente, un articolo Algerino, dal titolo "Le ambasciate USA in Nord Africa si
trasformano in posti comando", aggiungeva questo:
"I paesi interessati a che le ambasciate USA vengano trasformate in posti comando sono
l'Algeria, il Marocco, la Tunisia, Mauritania, Niger, Mali, Chad e Senegal. L'area di maggior
interesse
dell'AFRICOM sarà quella del Golfo di Guinea, con le sue enormi riserve di petrolio, in
Nigeria, Guinea Equatoriale, Gabon, Angola e la Repubblica del Congo…- Già gli Stati Uniti
stanno versando 500 milioni di dollari nella loro "Initiative Trans-Sahel" contro il
Terrorismo, che abbraccia il Marocco, la Tunisia, e l'Algeria nel Nord Africa, e le nazioni
del Sahara, Mauritania, Niger, Mali, Chad e Senegal." (Ech Chorouk, 17 ottobre 2007}
E nel maggio 2005 la NATO dava corso alla sua prima operazione ufficiale sul continente
Africano col trasportare truppe nella regione del Darfur in Sudan, dando così inizio
all'intrusione militare Occidentale nel triangolo Repubblica del Centro Africa-Chad-Sudan.

Tuttora il Golfo di Guinea costituisce il punto focale dell'attenzione.
Non più tardi del 2003, fonti di informazione Occidentali riportavano di un bacino
petrolifero, che si supponeva essere di dimensioni senza precedenti, negli ex possedimenti
Portoghesi di Sao Tome e Principe nel Golfo.
Immediatamente dopo veniva resa pubblica una decisione del Pentagono di stabilire una
base navale a Sao Tome.
Al tempo, al Dipartimento di Stato veniva valutato che gli USA allora importavano il 15%
del loro petrolio dal Golfo di Guinea e che la cifra sarebbe aumentata in pochi anni fino al
25%.
Il petrolio dell'Africa Occidentale presenta due importanti vantaggi per gli Stati Uniti.
Comparativamente è un greggio di prima qualità, e poi può essere trasportato mediante
navi cisterna direttamente attraverso l'Oceano Atlantico, quindi evitando stretti, canali ed
altri potenziali punti di controllo e conseguenti diritti doganali e tasse da parte di nazioni
costiere.
Per tutto il periodo in cui Jones è stato comandante militare al vertice sia dell'EUCOM che
della NATO, ha sempre sollecitato per una futura e permanente presenza navale degli USA
e della NATO nel Golfo di Guinea.
Nel giugno 2006, la NATO ha tenuto le sue prime manovre militari su larga scala in Africa,
a nord del Golfo, nel Capo Verde, di fatto inaugurando la Forza di Risposta Rapida della
NATO.
Di seguito vengono riportati resoconti sulle esercitazioni:
"Questa settimana, centinaia di uomini di truppe di elite dell'Organizzazione del Trattato
Nord-Atlantico (NATO), con l'appoggio di aerei da caccia e di navi militari, prenderanno
d'assalto una piccola isola vulcanica al largo della costa Atlantica dell'Africa in una
manovra che l'Alleanza Occidentale spera costituirà prova di una impressionante
dimostrazione della capacità di proiettare la sua potenza in tutto il mondo." (Associated
Press, 21 giugno 2006)
"Giovedì, settecento uomini delle truppe NATO sono stati impiegati in manovre militari
sull'isola dell'Oceano Atlantico di Capo Verde, e questa è l'ultima indicazione
dell'aumentato interesse dell'Alleanza nel giocare un ruolo decisivo in Africa.
Le esercitazioni per terra, aria e mare hanno costituito il primo importante dispiegamento
NATO in Africa e si propongono di dimostrare che l'ex colosso della Guerra Fredda può
scatenare operazioni militari a largo raggio quasi senza preavviso.
"Voi avete potuto osservare la nuova NATO, l'unica che ha la capacità di proiettare
stabilità", questo ha affermato il Segretario Generale Jaap de Hoop Scheffer ad una
conferenza stampa dopo che le truppe NATO si erano scatenate su una spiaggia di una
delle isole dell'arcipelago in un assalto simulato contro un fittizio campo di terroristi.
Il Comandante Supremo dell'Alleanza NATO in Europa James Jones, il Generale incaricato
delle operazioni della NATO, dichiarava di sperare che le esercitazioni di due settimane al
Capo Verde avrebbero aiutato a cancellare l'immagine negativa della NATO in Africa e in
altre parti." (Reuters, 22 giugno 2006)
Jones poteva aver impressionato la Reuters con la storia dell'immagine pubblica della
NATO, ma l'agenzia di informazioni rivale della Reuters andava ben oltre:
"La NATO sta sviluppando un piano particolare per mettere in sicurezza i campi petroliferi
e i giacimenti di gas nella regione, questo ha ribadito il Comandante Supremo
dell'Alleanza NATO in Europa, Gen. James Jones, che ha aggiunto come una manovra di
addestramento avrebbe avuto corso in giugno nell'area dell'Oceano Atlantico e nell'isola
di Capo Verde per evidenziare le attività di protezione dei corridoi per il trasporto del
petrolio verso l'Europa Occidentale…Jones ha assicurato che l'Alleanza è preparata per
mettere in sicurezza le regioni nelle quali avvengono la produzione e il trasporto del
greggio." (Associated Press, 2 maggio 2006)
Nello stesso mese, Jones si trovava nella zona nord del Golfo, in Liberia a Monrovia, la
capitale di una nazione del continente che da subito si è dimostrata disponibile ad
ospitare il futuro quartier generale dell'AFRICOM, dopo che Washington aveva dato tutta
l'assistenza per rovesciare il governo di Charles Taylor e per insediare al potere Ellen
Johnson Sirleaf appoggiata dagli USA.
Un foglio locale riportava:
"Oggi, una delegazione militare degli Stati Uniti si è incontrata con la Presidentessa Ellen
Johnson Sirleaf nel suo ufficio presso il Palazzo dell'Esecutivo a Monrovia. La delegazione
era guidata dal Generale James Jones del Corpo dei Marine USA, che è anche a capo del
Comando militare USA in Europa.
Ad accompagnare il Generale Jones in questa delegazione erano sette membri, tutti in alta
uniforme militare dell'esercito USA. Il Generale Jones riaffermava tutto l'appoggio del suo
governo nel dare assistenza al governo della Liberia nella formazione di un esercito
Liberiano di nuova concezione. Infatti, aggiungeva che alcuni membri del suo comando
presto si sarebbero recati in Liberia per dare inizio nel mese di luglio all'addestramento
del nuovo esercito Liberiano". (African News Dimension, 2 giugno 2006)
Due mesi prima, il Dipartimento di Stato USA dava notizia di un piano originale di Jones
per l'Africa, "the Gulf of Guinea Maritime Security Initiative", la Promozione della Sicurezza
Marittima nel Golfo di Guinea, con cui venivano annodati i fili dell'arazzo Africano da
parte di Washington:
"Jones ha dichiarato che, senza un opportuno controllo, l'instabilità politica in Africa
potrebbe richiedere interventi reattivi e reiterati a costi enormi, come nel caso della
Liberia." (Washington File, 7 aprile 2006)
E nel mese intercorso Jones ricordava ai lettori che egli rivestiva ancora i panni di duplice
comandante e che le sue energie per portare a compimento una strategia geopolitica di
largo respiro erano orientate sia a sud che a est:
"Il nostro obiettivo strategico è quello di una espansione…verso l'Europa Orientale e
l'Africa…Incontestabilmente gli Stati Uniti sono alla ricerca di accrescere la loro presenza e
la loro influenza in Africa." (Stars And Stripes, 9 marzo 2006)

E questo tanto basta!
L'Occidente, ed in prima linea gli Stati Uniti, stanno impegnandosi in un incomparabile
sforzo per conservare ed espandere quel dominio militare, politico ed economico e i
monopoli che avevano estorto con la violenza al resto del mondo negli ultimi cinque
secoli, ed il controllo delle risorse energetiche globali e il loro trasporto risultano una
componente vitale di questa sconsiderata e improvvida campagna. L'Africa sta
rapidamente configurandosi come il cruciale campo di battaglia di questa lotta
competitiva internazionale.
Con James Jones come nuovo responsabile della Sicurezza Nazionale USA, coadiuvato in
modo complementare dalla "gentile ma potente" azione della Dr. Susan Rice, già
specialista per le questioni Africane al Dipartimento di Stato, ed ora ambasciatrice USA alle
Nazioni Unite, la vigilanza sul continente e sul mondo non sarà sicuramente rilassata!

Rick Rozoff si è sempre impegnato in quarant'anni di attività contro la guerra e contro
ogni interventismo in varie organizzazioni. Vive a Chicago, nell' Illinois. È l'amministratore
della lista e-mail internazionale Stop NATO a: http://groups.yahoo.com/group/stopnato/

Rick Rozoff è assiduo collaboratore di Global Research.

Global Research Articles by Rick Rozoff

© Copyright Rick Rozoff, Stop NATO, 2009

L'indirizzo url di questo articolo a: www.globalresearch.ca/index.php?
context=va&aid=12143


=== 2 ===

(***)
Da "il Manifesto" del 7 febbraio 2009

La conquista dell'Africa decolla da Vicenza

AFRICOM - Il Dal Molin nel dispositivo USA

di Manlio Dinucci

Il giorno prima dell'occupazione dell'aeroporto Dal Molin per impedire la costruzione della
nuova base Usa, è giunta a Vicenza da Washington la vice-segretaria della Difesa per gli
affari africani, Theresa Whelan, per confermare che Vicenza avrà un ruolo sempre più
importante nella strategia statunitense.
Lo scorso dicembre, infatti, la Forza tattica nel Sud Europa (Setaf) è stata trasformata nello
U.S. Army Africa (Esercito Usa per l'Africa), componente del Comando Africa (AfriCom)
divenuto operativo in ottobre. In un seminario svoltosi alla Caserma Ederle, ora quartier
generale Setaf/U.S. Army Africa, la Whelan ha sottolineato che tale trasformazione
costituisce «un nuovo modo di guardare all'Africa».
La Whelan e il gen. William Garrett, comandante dello U.S. Army Africa, hanno spiegato
che il nuovo comando si concentra sull'addestramento di militari africani, fornendo anche
«la guida su come gestire le loro forze». In questo è affiancato dal Centro di eccellenza per
le Stability Police Units (CoESPU), istituito dai Carabinieri a Vicenza per addestrare forze di
«peacekeeping» in gran parte africane: la Wheelan vi si è recata in visita, intrattenendosi in
particolare col vice-direttore del Centro, il colonnello Charles Bradley dello U.S. Army.
Il quartier generale di Vicenza opererà nel continente africano con «piccoli gruppi»
(complessivamente, all'inizio, 600 uomini), ma sarà pronto, se necessario, a condurre
operazioni di «risposta alle crisi», servendosi della 173esima brigata aviotrasportata, di
stanza a Vicenza.
I «piccoli gruppi», comprendenti anche unità della Guardia nazionale e della Riserva,
attueranno in Africa «programmi di cooperazione», aiutando a «promuovere la stabilità
regionale e le relazioni tra civili e militari».
Nei prossimi anni, ha sottolineato il gen. Garrett, «lo U.S. Army Africa continuerà a
crescere». Crescerà di pari passo il ruolo del comando delle forze navali AfriCom, situato a
Napoli. Si tratta di un «impegno prolungato», frutto del «riconoscimento americano della
crescente importanza strategica dell'Africa».
A riconoscere tale importanza non sono però solo gli Usa. Lo dimostra l'affollamento di
navi da guerra lungo le coste del Corno d'Africa, con la motivazione della lotta contro i
pirati somali.
In quest'area strategica - comprendente il Golfo di Aden all'imboccatura del Mar Rosso
(dove, a Gibuti, è stazionata una task force statunitense) - incrociano la Combined Task
Force 151, una forza navale Usa cui partecipano unità di 20 paesi alleati; lo Standing Nato
Maritime Group 2, un gruppo navale Nato, e la EuNavFor Atalanta, una squadra dell'Unione
europea.
Ma sono presenti anche navi da guerra cinesi e russe, cui si aggiungeranno quelle
giapponesi.
E lo scorso dicembre il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha votato all'unanimità una
risoluzione, presentata dagli Usa, che autorizza a «inseguire i pirati all'interno della
Somalia». Qui, dopo il ritiro delle truppe etiopi (inviate nel 2006 in una operazione a regia
Usa), i movimenti islamici hanno ripreso il controllo del territorio.
In questa e altre zone - soprattutto l'Africa occidentale, ricca di petrolio e altre materie
prime strategiche - l'AfriCom fa leva sulle élite militari per portare il maggior numero di
paesi africani nella sfera d'influenza statunitense. Compito non facile, sia per la crescente
resistenza delle popolazioni (in particolare nel delta del Niger), sia per la crescente
concorrenza cinese.
La Cina è il secondo partner commerciale dell'Africa, dopo gli Stati uniti, ma i suoi
investimenti sono in forte crescita anche nei paesi più legati agli Usa.
In Etiopia, lo scorso gennaio, la China Exim Bank ha investito 170 milioni di dollari per la
costruzione di un complesso residenziale di lusso ad Addis Abeba, e un'altra società
cinese, la Setco, ha annunciato la costruzione della più grande fabbrica di pvc del paese.
In Liberia, la China Union Investment Company ha investito 2,6 miliardi di dollari nelle
miniere di ferro.
Società cinesi hanno effettuato grossi investimenti (2 miliardi di dollari per paese) anche
nei settori petroliferi di Nigeria e Angola, finora dominati dalle compagnie occidentali.
Ma la concorrenza cinese agli Usa non si limita al piano economico. Pechino sostiene
governi, come quelli dello Zimbabwe e del Sudan, invisi a Washington, ai quali fornisce
anche armi.
È una tacita, ma per questo non meno reale sfida agli interessi statunitensi e occidentali in
Africa, la cui «crescente importanza strategica» è chiara non solo a Washington ma anche
a Pechino.
Da qui il «nuovo modo di guardare all'Africa», cui l'Italia si accoda, che in realtà è solo un
modo nuovo di realizzare la vecchia politica coloniale.

TERRORISMO PSICOLOGICO


http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/cronaca/foibe-ricordo/polemica-opuscolo/polemica-opuscolo.html

Insegnati perplessi dalla consegna di un testo con l'immagine di un
uomo legato a falce e martello con del filo spinato

Il sindaco di Roma: "E' stato un errore, sarà ritirato e sostituito
con quello che avevamo deciso di distribuire"

Foibe, agli studenti con Alemanno un opuscolo sui comunisti assassini

TRIESTE - Il viaggio organizzato dal Campidoglio dedicato alla civiltà
istriano-dalmata e alla tragedia delle foibe si è concluso con una
polemica per un opuscolo consegnato agli studenti romani. Il testo,
intitolato "1945 nascita dello Stato comunista iugoslavo: la logica
del terrore", di Paolo Albertini della Lega nazionale di Trieste
(associazione di esuli italiani), ha come immagine di controcopertina
un uomo sofferente e legato a una falce e martello da un filo spinato.
"Un errore" ha detto il sindaco, Gianni Alemanno, assicurando che
l'opuscolo sarà "restituito, ritirato e sostituito con il libro che in
origine avevamo scelto di consegnare agli studenti".
Nonostante lo stesso sindaco nei giorni scorsi abbia dichiarato più
volte che il viaggio a Trieste e in Istria non voleva rappresentare
una condanna al comunismo, l'opuscolo ha suscitato delle perplessità
tra gli insegnanti che confidano nello spirito critico dei ragazzi.
"Non mi sembra un'immagine all'insegna della pacificazione", ha
osservato una docente del Convitto nazionale; "non è certo un simbolo
di riconciliazione - ha aggiunto un'insegnante dell'istituto Marco
Polo - penso ci vorrebbe una maggiore preparazione storica da parte di
chi organizza i viaggi. I testimoni che abbiamo sentito in questi
giorni si intuiva che fossero di parte, ma siamo venuti qui per
conoscere ed è comunque meglio esserci che non esserci".
Le insegnanti si preparano comunque a compiere nelle classi un "esame
critico", nella convinzione - ha osservato un'altra docente del
Convitto nazionale - che "i ragazzi sanno ragionare con la loro testa
e in questo viaggio ci hanno dato una lezione di vita".
Getta acqua sul fuoco l'assessore alle Politiche educative e
scolastiche, Laura Marsilio: "abbiamo distribuito l'opuscolo preso dal
Centro documentale della foiba di Basovizza per poter dare qualcosa ai
partecipanti al viaggio, in attesa di consegnare quello che abbiamo
scelto come testo ufficiale, 'Il lungo esodo' di Raul Pupo. E' un
prodotto elaborato da un'associazione, ma intendiamo fare un lavoro
più completo e un approfondimento. Ci è sembrato giusto fare ascoltare
le voci delle associazioni degli esuli, che hanno il loro vissuto, le
loro ferite, ma anche comunque mostrato la voglia di andare oltre il
dolore".
Il testo, un volume di 13 pagine costituito dagli atti di un convegno
che si è tenuto a Trieste nel 2004, è stato curato da Paolo Albertini,
il presidente della Lega nazionale, che è la maggiore associazione
nazionale di esuli e ha sede a Trieste. Lo stesso albertini è stato
uno dei collaboratori cui si è affidato il Campidoglio per organizzare
il viaggio ed è stato tra i relatori che hanno spiegato ai ragazzi
alcune delle tappe della visita.
(15 febbraio 2009)


Roma 9-10-11/2: NOI RICORDIAMO TUTTO

E' riuscita benissimo, con la partecipazione di moltissimi giovani, l'iniziativa antifascista promossa dagli studenti dell'Università di Roma. 

Di seguito riportiamo il testo dell'introduzione della serata alla Facolta' di Lettere (Convegno storico "Noi ricordiamo tutto", 11 febbraio), fattoci pervenire dagli organizzatori, ed un articolo sulle polemiche sollevate dalla destra nazista in merito all'omaggio ai partigiani jugoslavi, ex internati nei lager italiani, caduti per la Liberazione del nostro paese.

Cogliamo l'occasione per trasmettere le nostre congratulazioni ed esprimere la nostra gratitudine ai vari collettivi universitari romani che hanno saputo mettere a fuoco nel modo più corretto le tematiche-chiave della polemica in corso.
CNJ-onlus

---

Siamo giunti all’ultimo appuntamento di quella che abbiamo chiamato “Settimana antirevisionista”, settimana iniziata lo scorso 3 febbraio con la contestazione dell’iniziativa intitolata “Profumo d’Italia” organizzata in occasione del Giorno del Ricordo dalla Consulta degli studenti, organismo retto da una maggioranza di destra che pochi giorni prima aveva ignorato la Giornata della Memoria. L’iniziativa “Profumo d’Italia”, che non ha visto la partecipazione di storici ma solo di politici legati al Pdl, è stata finanziata con denaro pubblico: denaro pubblico, quindi, speso per fare propaganda elettorale ad esponenti della maggioranza, interessati a parlare “sulle foibe”, più che “delle foibe”. Riteniamo che questo modo di parlare di storia affidato a politici, privi di qualsiasi conoscenza sugli argomenti trattati, sia sempre più diffuso e che sia un elemento cardine della cortina revisionista che sta comprendo sempre di più l’Italia.
Ne abbiamo avuto una prova proprio ieri, quando la nostra iniziativa di deporre dei fiori al monumento-sacrario dedicato ai partigiani jugoslavi morti nel centro Italia nella lotta di liberazione del nostro paese è stata condannata da molti esponenti politici, fascisti o post-fascisti, che ci hanno accusato di omaggiare degli infoibatori e che hanno addirittura chiesto al Comune di rimuovere il monumento in questione. Premettendo che abbiamo deciso di omaggiare questi caduti per contrastare quel “mito”, proprio dell’Italia fascista e tornato in auge negli ultimi anni, che vede gli italiani sempre come “brava gente” e gli slavi – o, come spesso si sente dire, gli “slavo-comunisti” - come delle belve assetate di sangue, non capiamo davvero come si possano definire “infoibatori” degli uomini che, dopo essere stati prigionieri nei campi di concentramento fascisti, dopo l’8 settembre sono rimasti in Italia e sono morti – nell’Italia centrale, e dunque a centinaia di kilometri di distanza dal confine orientale - per la liberazione del nostro paese ancora prima che il fenomeno delle foibe si verificasse. Le accuse mosse da questi personaggi dimostrano ancora una volta come il revisionismo legato a celebrazioni come quella del Giorno del Ricordo abbiano comportato un appiattimento della memoria storica al punto che, in modo sempre più palesamene razzista, tutti gli jugoslavi possono essere definiti tout court come “infoibatori”. Si tratta di una vera e propria operazione politica di oblio e di cancellazione, non solo della memoria storica, ma proprio della storia stessa. Basti pensare che il Sottosegretario per la Difesa Mazzola, democristiano, quando nel 1978 inaugurò il monumento, a nome del governo italiano, parlò di “giovani jugoslavi che con spirito di abnegazione e di sacrificio diedero la loro vita per un ideale di libertà e di giustizia che li accomunava con i partigiani e il popolo italiano nella lotta alla dittatura fascista e ad i suoi alleati nazisti” e, ancora, “possa il loro sacrificio servire di esempio a tutti noi, alle giovani generazioni soprattutto, perché imparino sempre più ad apprezzare il valore supremo della libertà”. Davanti a queste parole, risultano evidenti i cambiamenti che, negli ultimi trent’anni, sono avvenuti nel sentire comune degli italiani se oggi esponenti  politici, dal dubbio passato (e spesso dal dubbio presente), possono permettersi di dire che sarebbe necessario eliminare questo presunto monumento agli “infoibatori” senza che nessuno, o quasi, gli faccia notare l’assurdità della loro posizione.
E, venendo all’argomento della nostra iniziativa di oggi, che abbiamo intitolato dal titolo “No ai ddl 1360 e 628, no all’uso politico della storia: noi ricordiamo tutto”, possiamo certamente affermare che questo cambiamento nel sentire comune degli italiani sia perfettamente espresso nei disegni di legge 628 (Disposizioni per il riconoscimento della qualifica di ex combattente agli appartenenti alla Guardia Civica di Trieste) e 1360 (Istituzione dell'Ordine del Tricolore e adeguamento dei trattamenti pensionistici di guerra) che sono stati presentanti da alcuni deputati (della maggioranza, ma anche del Partito democratico, anche se questi ultimi hanno in seguito ritirato la loro firma) e di cui è iniziata la discussione nella Commissione Difesa. Questi due disegni di legge che rappresentano un ulteriore, e forse definitivo, passo verso la totale equiparazione tra  partigiani e repubblichini, tra coloro che combatterono per la libertà e coloro che scelsero di sostenere gli invasori nazisti. Il ddl 628 si propone di riconoscere come “ex combattenti” i membri della Guardia civica di Trieste, corpo collaborazionista che giurava fedeltà ad Hitler con giuramento bilingue. Il ddl 1360, invece, propone la creazione di una nuova onorificenza, l’Ordine del Tricolore, con cui sarebbero decorati tutti coloro che combatterono durante la Seconda guerra mondiale, compresi gli aderenti alla Repubblica sociale italiana: questo disegno di legge si pone sulla stessa linea di tendenza del ddl 2244, presentato nel 2006, due legislature fa, e fortunatamente mai approvato, sul “Riconoscimento della qualifica di belligeranti a quanti prestarono servizio nella Repubblica sociale italiana (RSI)”. 
Questi due ddl si inseriscono in quel processo di pacificazione e di creazione di una innaturale memoria condivisa che ha lo scopo di minare le fondamenta antifasciste della Repubblica Italiana per poter cambiare la Costituzione che ne è alla base. Costituzione che, con il suo portato sociale, rappresenta un ostacolo per quella riorganizzazione dei rapporti economici, politici, istituzionali e sociali in chiave sempre più selvaggiamente capitalista e liberista, se non autoritaria, che è in atto in Italia da oltre venti anni. E, come il capitalismo italiano ha sempre dimostrato anche nel passato, non esita a ricorrere al fascismo (nella sua forma originale, “neo” o “post”), o ad una riabilitazione di esso, per raggiungere i suoi scopi. 
Se da un lato si cerca di sfumare l’incommensurabile differenza tra le scelte degli uni e quelle degli altri per indebolire la base antifascista della Repubblica, dall’altro la parte politica che a queste basi si è sempre mostrata avversa cerca di autolegittimarsi, concentrando l’attenzione pubblica sul lato umano dei repubblichini e sui crimini (veri o presunti) commessi dai partigiani comunisti, le cui azioni vengono descritte con toni sempre più truculenti. Non è un caso, quindi, se dopo anni in cui è stato orientato il sentire comunque degli italiani in questa direzione, il presidente del Consiglio può giungere a dire che la Costituzione italiana va cambiata in quanto scritta sotto l’influsso della Costituzione sovietica senza che l’opinione pubblica, spinta ormai ad un cieco odio “anticomunista”, si sollevi in difesa di essa. 
In questa temperie politica e culturale si è generata una gara a relativizzare il fascismo, a concentrare l’attenzione su “zone buie” della Resistenza e “triangoli rossi”, a insistere sulle foibe (dando numeri ridicoli, moltiplicando per fattore 100 o 1000 i morti), dimenticando genesi e contesto di quei fatti: un esempio su tutti sono i romanzi storici di Giampaolo Pansa, letti da migliaia di italiani che li hanno considerati come unici saggi “finalmente” attendibili sull’argomento, oppure l’istituzione del Giorno del Ricordo delle foibe o, ancora, la fiction “Il cuore nel pozzo”. Si tratta di quella che lo storico Angelo D’Orsi ha definito come una chiara operazione di “«rovescismo»: «basta prendere un fatto noto, almeno nelle sue grandi linee, un personaggio importante, [...] Poi si afferma che tutto quello che sappiamo in merito è una menzogna, o perché fondata sulla falsità, o perché basata sull’occultamento; di solito, responsabili delle menzogne e dei nascondimenti della verità, sono “i comunisti”». Le colpe del fascismo, invece, vengono sempre più sminuite e le ricerche sul colonialismo fascista e sui suoi crimini, come quelle di Angelo Del Boca o di Davide Conti, rimangono relegate in un circuito ristretto e mai portate all’attenzione dell’opinione pubblica. Documentari come “Fascist Legacy” e film come “Il leone del deserto” vengono censurati e non mandati in onda sulle reti italiani. 
Sulla scena pubblica, intanto, alcuni amministratori locali si sono dati da fare con la toponomastica per recuperare alle glorie patrie vecchi arnesi del Fascio, fino al punto di togliere la titolazione dell’aeroporto di Comiso a Pio La Torre, parlamentare comunista ucciso dalla mafia, per riattribuirla a Vincenzo Magliocco, generale nella guerra fascista di Etiopia. E così, giungiamo agli eventi più recenti: “il fascismo non è un male assoluto” sostiene  l’ormai sindaco post(?)-fascista di Roma Gianni Alemanno. E il suo compagno di partito Ignazio La Russa, Ministro della Difesa, afferma con nonchalance che farebbe un torto alla sua coscienza se non ricordasse «che altri militari in divisa, come quelli della Nembo [reparto militarmente organizzato della Repubblica di Salò, inserito organicamente nei quadri della Wehrmacht, ndR] dell'esercito della Rsi, soggettivamente, dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d'Italia».

Sono questi i motivi per cui oggi è sempre più difficile ricordare ed affermare che, parafrasando Calvino, il repubblichino più onesto, più in buona fede, più idealista, si batteva per una causa sbagliata, mentre anche il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, combatteva per una società più giusta. Ed è tenendo ben salda questa considerazione, ormai scomparsa dall’orizzonte culturale dell’opinione pubblica, che abbiamo deciso di organizzare un’iniziativa in cui poter discutere e riaffermare l’antifascismo e l’opposizione più netta verso ogni forma di revisionismo che miri a sovvertire i valori fondanti della consapevolezza storica e sociale, che miri a pacificare e confondere in una differenza indifferente oppressi ed oppressori. Perché, come ha ricordato ieri il Presidente della Repubblica, “la memoria che coltiviamo innanzitutto è quella della dura esperienza del fascismo e delle responsabilità storiche del regime fascista, delle sue avventure di aggressione e di guerra”.


Resistenza Universitaria (La Sapienza) – Militant – Collettivo Lavori in corso (Tor Vergata) – Collettivi universitari Roma3


---


Il Manifesto 11.02.2009

UNIVERSITÀ Tensione tra studenti. E oggi nuove polemiche per un dibattito alla Sapienza con Tranfaglia

I collettivi omaggiano i partigiani jugoslavi, la destra insorge

di Stefano Milani - ROMA

La polemica arriva anche quest'anno. Puntuale, allo scoccare di ogni anniversario delle foibe. Così capita che a Roma alcuni studenti dei collettivi universitari - ragazzi dell'Onda, altri della sigla Militant e il collettivo Senza Tregua - si rechino pacificamente al cimitero di Prima Porta a rendere omaggio al monumento che ricorda i partigiani jugoslavi, portandosi dietro le ire funeste degli studenti di destra. Che considerano il gesto come un «affronto alla memoria».
Due bandiere rosse, poste ai lati del mausoleo, alcuni garofani e una fascia che recita: «Cosa conta se si muore, partigiano vincerà». E una spiegazione: «Siamo andati a rendere omaggio ai partigiani jugoslavi che, come tanti altri combattenti stranieri, hanno lottato per la liberazione in Italia del nazifascismo. Con la vicenda delle foibe non c'entra niente, tutta la canea mediatica che si è scatenata contro questo gesto è fuori luogo». La «canea mediatica» è scatenata dal tris d'assi della destra studentesca (e non) italiana, Azione universitaria, Blocco studentesco e Casapound. Lo fanno in ordine sparso ma il concetto rimane uno: è una vergogna.
Il dissidio, però, nasce ventiquattrore prima. «Lunedì mattina c'è stata una vera e propria aggressione ai danni di uno studente», denunciano i collettivi. Il pretesto è un manifesto, affisso e sottoscritto dai collettivi stessi, in cui venivano pubblicizzate una serie di iniziative di carattere storico sulle foibe, in occasione della concomitanza della giornata del ricordo delle foibe istriane. «Al tentativo di difendere i manifesti, - continuano gli studenti - i fascisti hanno risposto aggredendo in sette lo studente. Non ci sono state conseguenze fisiche gravi, ma l'aggressione è andata molto oltre il livello verbale». Ma questo è solo l'ultimo di una serie di episodi che, dai famosi fatti di piazza Navona ad oggi, alimenta la tensione nel mondo universitario romano. «Stiamo assistendo a un'operazione politica precisa da parte del Blocco Studentesco - si legge su una nota degli studenti di RomaTre - che guarda ora al nostro ateneo come possibile terreno di aggregazione e propaganda. I loro tentativi di insinuarsi nel movimento studentesco e nella vita politica delle facoltà, è stato ripetutamente respinto in maniera determinata e pacifica dai collettivi e dagli studenti dell'ateneo, nonostante le numerose intimidazioni e minacce che si ripetono di continuo».
E oggi lo scontro potrebbe acutizzarsi ancora di più. Alle ore 16, nell'aula grande di storia della facoltà di Lettere de La Sapienza è in programma infatti un dibattito, a cui parteciperanno, insieme a una rappresentante dell'Anpi Nicola Tranfaglia, professore emerito di storia dell'Europa e del giornalismo nell'università di Torino, Davide Conti, storico, e Sandi Volk, membro della commissione consultiva del Comune di Trieste per il museo della Risiera di San Sabba. Dibattito che alla destra non va giù e che vorrebbe impedire con tanto di appello al rettore.

---

Il giorno 05/feb/09, alle ore 14:52, Coord. Naz. per la Jugoslavia ha scritto:



(per il calendario aggiornato delle altre presentazioni del libro "Foibe, revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica" si veda:
http://www.cnj.it/INIZIATIVE/milano090208.htm#presenta
Per il manifesto della Settimana antirevisionista di Roma si veda:
http://www.cnj.it/INIZIATIVE/RomaSettimanaAntirevisionista2009.htm )


Roma 9-10-11 Febbraio 2009
NOI RICORDIAMO TUTTO 
Settimana antirevisionista

Lunedì 9 febbraio: ore 17 - Baffo della Gioconda, v.degli Aurunci 40 (San Lorenzo)
Presentazione libro: Foibe, revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica
Con Sandi Volk (storico) e Davide Conti (storico)
 
Martedì 10 febbraio: ore 15 - entrata cimitero Prima Porta
Omaggio floreale al monumento per i partigiani jugoslavi
(http://www.cnj.it/PARTIGIANI/monumenti/index.htm#3)

Mercoledì 11 febbraio: ore 16 - Aula grande di Storia, facoltà di Lettere (Sapienza)
Convegno storico: Noi ricordiamo tutto
con Nicola Tranfaglia (storico), Sandi Volk (storico), Davide Conti (storico) e Bianca Bracci Torsi (ANPI)
 
 
Settimana antirevisionista promossa da:
 
Resistenza Universitaria - La Sapienza  (http://blog.libero.it/ResistUnivers)
 
Militant  (www.militant-blog.org)
 
Collettivi Universitari Roma3 
 
Collettivo Lavori in Corso - Tor Vergata  (http://clic.noblogs.org)

---
documento di presentazione




(srpskohrvatski / italiano)



22/1/2009: MILENA RICORDATA NELLA SUA ČAČAK

Nella notte tra il 25 ed il 26 febbraio 2004 
moriva a Roma Milena Čubraković.

Pittrice, poetessa e traduttrice di poesie, 
compagna carissima, fedele amica, 
innamorata della sua patria jugoslava e dell'Italia,
quasi una sorella maggiore per alcuni di noi.

Nata il 4 novembre 1924 "nel
Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni", 
come amava ricordare, Milena oggi 
riposa nella cittadina natale di Breznica, in Serbia. 

Artista molto stimata dell'Avanguardia storica jugoslava, 
fu maestra nel cinema di animazione
e donna di grande creatività ed intelligenza.

Fu attiva con noi, prima nella redazione della 
trasmissione radiofonica "Jugoslavenski Glas" su RCA e nel 
Gruppo romano per la verità sulle guerre jugoslave,
poi nel Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia.

Nel quinto anniversario della morte, a Milena è stata dedicata una serata multimediale presso la Galleria d'arte Nadežda Petrović, a cura della biblioteca di Čačak.
Sono usciti anche due articoli: sul giornale locale Čačaske Novine e su Politika.

---
---

Cacanske novine, 26. januar, i Politika, 2. februar ("Milena medju svojima", G.O)

Umetni
čka galerija Nadežda Petrović

Nirvana - među svojima

      U četvrtak, 22. januara, u Umetničkoj galeriji Nadežda Petrović, u organizaciji ove ustanove i Gradske biblioteke “Vladislav Petković - Dis”, održano je veče  posvećeno slikarki Mileni Čubraković (Bresnica, 1924 - Rim, 2004.)  i prikazan film Prosvetljenje o njenom životu i radu.

      O Mileni Čubraković nadahnuto je govorila Milica Baković, koja kaže: Između tajne rođenja i tajne smrti, koje su, nesporno, milost Neba,  Milena Čubraković veoma rano shvata da je tajna njenog zemaljskog postojanja umetnost u kojoj rođenje nije početak, a smrt kraj. U nebesku nirvanu rodne Šumadije, kako kaže Milica Baković, krenula je iz “večnog grada”!     

      Umetnica je umrla u Rimu 26. februara, a po sopstvenoj želji sahranjena je na Akšamovića groblju u Bresnici, 6. marta 2004. Spoznala je svet 4. novembra 1924. godine u Bresnici, gde je njen otac Svetomir bio učitelj. Osnovnu školu završila je u rodnom selu, a porodica se kasnije seli u Ćupriju, a 1936. u Beograd. Diplomirala je 1953. godine na Akademiji likovnih umetnosti u Beogradu, u klasi profesora Nedeljka Gvozdenovića. Pripada generaciji Stojana Ćelića i Mladena Srbinovića. Prvu samostalnu izložbu imala je u Galeriji Primenjenih umetnosti u Beogradu, a iste godine odlazi u Rim koji će pet decenija biti njeno slikarsko, a neretko i pesničko samoostvarenje. Pored brojnih grupnih izložbi u Rimu izlagala je i u Beogradu, Sarajevu i ljubljani, a u Čačku je učestvovala na VIII Memorijalu Nadežde Petrović 1974. godine.          

      Svakako najjača referenca iz njene umetničke biografije u rimskoj fazi jeste pristupanje Međunarodnoj grupi Ilumination. Ovu grupu osnovao je 1967. japanski umetnik Nobuya Abe (1913. - 1971.), a kojoj su kasnije pristupili poznata američka umetnica Marcia Hafif i dvojica Italijana, Paolo Patelli (1934) iz Venecije i Aldo Shmidt (Trente). Jednu od poslednjih izložbi imala je u martu 2003. u Galeriji Anelus Novus u Akvili, koju je kasnije prenela u Beograd. U nastavku večeri publika je imala priliku da vidi dokumentarni film o Mileni Čubrakovič  Prosvetljenje - režija i scenario Mihajlo Sekulić, produkcija Zastava film. Film je 2004. godine prikazan na 51-om Međunarodnom festivalu kratkometražnog i dokumentarnog filma. Na kraju treba pomenuti i to da umetnicu nisu zaboravili ni Rim, Čačak, a ni njena Bresnica. Naime slikar i vajar iz Italije Anna del Agata, poklonila je školi u Bresnici bareljef sa Mileninim likom, kao trajnu uspomenu i vezu između Bresnice, Čačka i Rima.    

Dušan Darijević 




Putignano (BA), 11 febbraio 2009

ORE 21.00 (botteghino 20.30)
CINEMA MARGHERITA
(INGRESSO: 7,00 Euro)

JASENOVAC, OMELIA DI UN SILENZIO

di e con DINO PARROTTA

Compagnia Primo Teatro
Elaborazione video: Paqui Polignano
Consulenza storica: Andrea Catone, Paolo Vinella


LA NOSTRA MEMORIA
 
Il 6 aprile 1941, con l'operazione "Castigo", le truppe nazifasciste di Hitler e Mussolini attaccarono ed invasero la Jugoslavia. I 4 anni di occupazione furono atroci: nella II guerra mondiale, dopo l'Unione Sovietica, la Jugoslavia ebbe il maggior numero di morti, civili, massacrati per strada o nei campi di sterminio, e partigiani combattenti. Milioni di uomini, donne, bambini di cui è stato possibile solo un calcolo approssimativo.
Gli ustascia,  nazionalisti cattolici filofascisti, sostenuti e finanziati dal regime di Mussolini, costituirono lo "Stato indipendente di Croazia", con a capo Ante Pavelic e la benedizione del Vaticano. Obiettivo principale della loro politica razzista fu lo sterminio dei serbi cristiano-ortodossi, una vera pulizia etnica. Per barbarie e ferocia, gli ustascia superarono le SS naziste.
Tristemente famoso, salvo che in Italia, divenne il campo di sterminio di Jasenovac, attivo, con esecuzioni giornaliere di decine, centinaia e migliaia di uomini, donne e bambini, dal 21 agosto 1941 al 22 aprile 1945. Comandante del campo di Jasenovac fu il frate francescano cattolico Miroslav Filipović-Majstorović, chiamato dal popolo ‘frate Satana’. Fra le sue prodezze personali, il 7 febbraio 1942, l'uccisione nella zona di Banja Luka di 2750 serbi ortodossi fra cui 250 bambini, in sole dieci ore. Se ne vantò durante il processo che subì in Jugoslavia dopo la guerra. Il Vaticano si limitò a sospenderlo a divinis.
La maggior parte dei massacri, oltre che nei campi di sterminio, avvenne, ad opera di bande ustascia comandate da preti e frati cattolici, nelle strade, nei villaggi, ovunque sotto gli occhi di tutti.  Fra le vittime anche 74.762  bambini, da quelli in fasce fino a quelli di 14 anni.
Durante la sua visita in Bosnia (22.06.2002) papa Giovanni Paolo II, dopo aver beatificato monsignor Stepinac, arcivescovo di Zagabria, complice con i crimini degli ustascia, chiese pubblicamente perdono per queste colpe commesse ‘dai figli della Chiesa Cattolica’. Solo in Italia non se ne è saputo niente. Cosi è rimasta nascosta l'intera vicenda del lager di Jasenovac, la Auschwitz dei Balcani 
(Bibliografia Minima: Marco Aurelio REVELLI, L’arcivescovo del genocidio. Monsignor Stepinac, il Vaticano e la dittatura ustascia in Croazia 1941-45, Milano 1999).


PASSAPAROLA
PER REPLICHE DELLA RAPPRESENTAZIONE  TEATRALE SCRIVERE A
Paolo Vinella: vinrom@...


È disponibile la mostra «Erano solo bambini. Jasenovac: Serbi, ebrei e rom nella "Auschwitz dei Balcani"». La mostra – 47 pannelli del formato 60x85 – è stata realizzata dal Museo delle vittime del genocidio di Belgrado in lingua serbo-croata e racconta la storia di oltre 19.000 bambini che perirono nell’inferno del campo di sterminio. La associazione Most za Beograd, con la collaborazione della compianta prof. Svetlana Stipcevic della cattedra di serbo-croato della Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Bari l’ha tradotta in italiano e riorganizzata parzialmente dal punto di vista grafico, presentandola nel gennaio-febbraio 2007, grazie al patrocinio delle amministrazioni comunale e provinciale di Bari, come di altri soggetti quali il consolato di Serbia, nella sala Murat di Bari. Alla conferenza di presentazione, alla presenza di un foltissimo pubblico, si tennero, introdotte e coordinate da Andrea Catone, le relazioni scientifiche di due storici del Museo delle vittime del genocidio di Belgrado, i professori Jovan Mirković e Dragan Cvetković, nonché quelle del prof. Luciano Canfora, della prof. Svetlana Stipcević, del prof. Antonio Leuzzi (Istituto di Storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea). Alcuni interventi sono disponibili in rete grazie al lavoro dei giornalisti di Telestreet-Bari al sito http://www.telestreetbari.it/content/view/268/15/. Per l’occasione, fu stampato in italiano il catalogo della mostra. Sono anche disponibili dei video fornitici dal Museo di Belgrado.
La mostra è stata poi presentata a Napoli, Trieste, Milano, Poggibonsi (Siena), e in alcuni centri della provincia di Bari (2008: Gravina, Putignano, 2009: Andria) in collaborazione con amministrazioni comunali e/o istituti scolastici e associazioni.


Most za Beograd – Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione culturale di solidarietà con le popolazioni jugoslave
via Abbrescia 97, 70121 BARI.          most.za.beograd@...
- conto corrente postale n. 13087754 - CF:93242490725
L’associazione opera per la diffusione di una cultura critica della guerra e il riavvicinamento tra i popoli con culture, etnie, religioni ed usanze diverse al fine di una equa e pacifica convivenza. Si impegna per la diffusione di un forte senso di solidarietà nei confronti della popolazione jugoslava e degli altri popoli vittime della guerra. Ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
In particolare l’associazione:
- promuove, attraverso raccolte di fondi e donazioni iniziative di solidarietà nei confronti delle vittime della guerra nel campo sanitario, scolastico, alimentare e in ogni altro campo.
- promuove iniziative di sostegno a distanza di bambini jugoslavi
- promuove iniziative di gemellaggio tra enti locali italiani e jugoslavi, tra scuole italiane e jugoslave
- promuove scambi culturali e di amicizia verso il popolo jugoslavo
- promuove iniziative di conoscenza della storia e della cultura jugoslave