A pochi ore dal voto il palazzo è nel panico. Se ne sentono di ogni colore. Da quel poveraccio di Giannino, caleidoscopio vivente, che si è inventato il master in America, e due lauree finte (esagerato!); a Bersani, che forse progetta di comprare un mazzo di grillini; a Berlusconi, che sogna il sorpasso come nel famoso film; a Monti che, sempre più ieratico, celebra la messa nel tempio bancario con corredo di cagnolini. Quest’ultimo, francamente, è il più comico della compagnia.
Hanno paura. Le sedie traballano. Il fatto è che non sono abituati ad avere un’opposizione, e adesso ne avranno più d’una: che immaginano composta di selvaggi sconosciuti e vocianti, orde di popolo che stanno per invadere il parlamento. Che fare? Ci sarà da piangere e da ridere. Questo conferma quanto dissi prima che cominciasse la campagna elettorale: che si sarebbe dovuto fare ogni sforzo per costruire una unica lista di opposizione; che c’erano le condizioni per mettere in pericolo il premio di maggioranza al Pd.
Comunque una chiara maggioranza non ci sarà. Meglio così che affondare come dei topi nella trappola europea, per giunta senza formaggio. Dunque sarà opportuno prepararsi a ballare nel mare in tempesta. Del resto anche “loro” si preparano. Avrete notato che Napolitano è stato convocato a Washington, da Obama, a pochi giorni dal voto. Siamo all’impudenza, visto che non mi sovviene nulla di analogo. Di che avranno parlato?
Io penso abbiano parlato del ‘pasticcio italiano’. Risulta che si è parlato anche delle basi americane e Nato, in Italia. E anche questo non è stato evento casuale. Ma non si sono limitati a questo. Certamente uno dei punti all’ordine del giorno è stato la ‘crisi di governo’ che uscirà dalle urne. Notato il paradosso? Le urne dovrebbero produrre le condizioni per fare un governo e, invece, produrranno una crisi di governo. E dunque perché stupirsi se Napolitano fosse andato da Obama a spiegargli che si appresta a cucinargli, e cucinarci, un altro ‘governo tecnico’? Certo non sarà un Monti-2, perché Monti finirà quarto, addirittura dietro Grillo. E potrebbe non essere nemmeno un Bersani-1, che al massimo sta nella parte del cameriere del Bar Sport Centrale (con annessa ricevitoria del Lotto) di Reggio Emilia.
Impresa che potrebbe costringerli, i manovratori, a inventare un nuovo maggiordomo Goldman Sachs. Che sarebbe il loro ideale organizzatore dello shopping dei gioielli industriali italiani, con una privatizzazione da fare quasi invidia a quella del 1992. Fatta a base di dollari falsi, cioè inventati.
Il fatto è che il primo tentativo di governo che faranno produrrà, loro malgrado, un ‘gabinetto di guerra’. Avete dimenticato la Siria? Male. Tenetela presente perché andremo in Siria a zampettare nel sangue. Avete dimenticato l’Iran? Male. Tenetelo a mente, perché incombe un attacco israelo-americano, checché ne dica, o finga di dire, Barack Obama. Napolitano gli ha sussurrato nell’orecchio che “noi ci saremo”. Come al solito, per non smentire ciò che si dice nei corridoi di Bruxelles, cioè che noi siamo considerati ilavapiatti della Nato. Niente di nuovo.
E così avremo occasione di misurare la statura dell’opposizione in Parlamento. Già, perché questa volta ci sarà un’opposizione. Anzi ce ne saranno tre. Quali?, direte.
Ci sarà il battaglione di Grillo, e sarà inopinatamente grosso. Tanto grosso, appunto, da terrorizzare i piani alti. Ci sarà il drappello di Ingroia, e potrebbe essere discreto. Ci sarà anche una parte dei “selliani”. Ora io non so cosa succederà a tutta questa gente dopo il 25 febbraio. Immagino considerevoli problemi nel tenere insieme le truppe del Movimento 5 Stelle. Prevedo che la lista Ingroia sarà soggetta a forti scossoni e laceranti nelle sue componenti dipietrista, verde slavato e falcemartellista. Ma prevedo anche che ci saranno maldipancia pre-diarrea anche in non pochi deputati entrati nella lista di Vendola con l’idea ingenua di fare da spalla sinistra a un programma di destra.
Vedremo. Ma non è difficile prevedere che per molti di queste new entry all’opposizione sarà molto scomodo, o proprio inaccettabile, andare in guerra. Alcuni – li conosciamo già per nome e cognome - in guerra ci andranno senza problemi, magari cantando inni di pace. Ma molti altri non ci andranno. Altri ancora, ingenui, ma onesti, avranno bisogno di molto Maloox per votare i provvedimenti del fiscal compact. Insomma c’è odore di bruciato. Il nostro prode Napolitano, tra una telefonata e l’altra a Mancino, ha sicuramente promesso a Obama che terrà il timone e poi lo passerà a persona fidata, ma potrebbe non poter mantenere le promesse.
Molto di quello che succederà dipenderà anche da quello che facciamo noi (che siamo fuori). Se riusciremo a far sorgere dal paese una forte protesta sociale, cioè se creeremo una solida ‘maniglia’, allora parecchi di questi homines novi all’opposizione potrebbero impugnarla, aggrapparvisi. Ma questo presuppone l’avvio della tessitura di una grande coalizione di ‘salvezza nazionale’. Quello che non si è saputo e potuto fare prima di questo voto, lo si potrebbe cominciare a fare adesso. E potrebbe essere molto utile in vista di possibili elezioni anticipate, o per le europee del 2014, o per fronteggiare la repressione che verrà. Sicuro che verrà. Se guardo alle notizie che vengono da oltre Oceano, che ci annunciano un piano per costruire 30 mila droni di sorveglianza, che saranno in grado di spiare sui cittadini americani 24 ore su 24, penso che laggiù preparano qualche offensiva orwelliana contro i loro cittadini.
Quelli che, qui, adesso, tremano stanno preparando, d’intesa con Washington, un “piano B”. Ma quando si ha paura si possono fare mosse false, anche senza volere. In questi casi – è accaduto nella storia – mentre ci prepariamo per difenderci, potremmo anche cominciare a pensare di poter vincere.